1° CORSO PER RAPPRESENTANTI DI CLASSE E ORGANI COLLEGIALI

1° CORSO PER RAPPRESENTANTI DI CLASSE E ORGANI COLLEGIALI

Come ogni anno nel mese di Ottobre, i genitori eleggono o riconfermano i rappresentanti di classe.

Ma il Rappresentante di Classe …. Cosa fa? A che serve? Cosa possono fare i genitori nella Scuola?

Si può cominciare dicendo che il rappresentante di classe è il principale intermediario tra i genitori e gli organi collegiali della scuola e a tutte le domande sopra riportate e a tutte quelle che vorresti fare per ricevere una risposta chiara e corretta, A.Ge. Vitorchiano e A.Ge. Sutri organizzano, per la prima volta nel Lazio, il 1° Corso per Rappresentati di Classe e Organi Collegiali che si terrano venerdì 7 e sabato 8 novembre 2014 a Vitorchiano.

Questo Corso è segnalato nelle tappe italiane della consultazione nazionale “La Buona Scuola” (https://labuonascuola.gov.it/dibattiti/mappa/?regione=Lazio) per offrire a tutti i cittadini la possibilità di formulare proposte serie e concrete offrendo, al contempo, l’opportunità di conoscere la normativa che riguarda la Rappresentanza dei Genitori nella Scuola.

Gli appuntamenti saranno così articolati:

Venerdi 7 Novembre 2014

ore 18,30 – 22,30

presso Sala Consiliare del Comune di Vitorchiano

Piazza Sant’Agnese, 16

“LA BUONA SCUOLA – FOCUS SUL RAPPRESENTANTE DI CLASSE”

Aperto a tutti.

Cena organizzata a cura degli organizzatori

 

Sabato 8 Novembre 2014

ore 8,45 – 12,45

presso l’Ex Chiesa di San Rocco

Borgo Cavour, 21 – Vitorchiano

“LA BUONA SCUOLA – FOCUS SUGLI ORGANI COLLEGIALI E L’OFFERTA FORMATIVA”

Per Associati A.Ge.e per chi vuole associarsi

Caffé e dolcetti offerti dagli organizzatori

 

Per informazioni scrivere a agevitorchiano@age.it e agesutri@age.it e prenotatevi in quanto i posti disponibili sono limitati.

 

A.Ge. vuol dire ASSOCIAZIONE GENITORI e l’A.Ge Sutri e l’A.Ge. Vitorchiano sono l’unica realtà di questo tipo della provincia viterbese e fanno parte di un gruppo di circa 200 associazioni sparse in tutta ITALIA che formano la federazione A.Ge. Onlus, riconosciuta dal Ministero della Pubblica Istruzione.

Le associazioni AGe raccolgono gruppi di genitori che, ispirandosi ai valori della Costituzione italiana, alle Dichiarazioni internazionali dei Diritti dell’Uomo e del Fanciullo e all’etica cristiana, operando volontariamente e senza scopo di lucro e perseguono vari scopi tra i quali il sensibilizzare i genitori e i cittadini alla partecipazione della scuola, della famiglia e della comunità sociale avvalendosi dell’operato volontario e a titolo gratuito dei suoi fondatori e degli associati..

…perché “l’importante è cercare di lasciare il mondo migliore di come lo abbiamo trovato”!!! (R.B.Powell)

Madri e maestre

MADRI E MAESTRE di Umberto Tenuta

CANTO 281 SCHOLA GREMII MATERNI (COMENIO, Scuola del grembo materno)

Le Maestre materne, sì, maestre amorose, ma non Madri, anche se lo volessero non potrebbero essere madri.

E le Madri?

Madri e Maestre, le madri sono le prime maestre dei bimbi.

Già nel grembo materno.

Ma anche dopo, nei primi anni vita, e poi…

 

SCUOLA E FAMIGLIA.

SOCIETà EDUCANTE.

Libri e capitoli innumerevoli della Storia della nostra Scuola.

L’Educazione non comincia e non si attua solo nella scuola.

La prima Scuola del bimbo è nel grembo materno, ove egli riceve carezze, nenie e musiche (Bach, Mozart…).

Dolci paroline che egli ascolta e sorride alla vita.

Mica finisce lì!

Il suo primo sguardo è riservato alla mamma sua.

Gli sorride.

Il mondo è bello!

Sorride anche il bimbo.

Sorride alla vita!

È bella la vita.

È bella, ed io la vivrò intera, tutta, nei suoi innumerevoli aspetti.

Il Cielo e la Terra mi appartengono.

Il Passato, il Presente, il Futuro, il mio futuro.

La Mamma lo asseconda.

Bimbo mio, tu sarai Grande.

Grande come te non ci sarà nessuno.

Io ho immensa fiducia in te.

Il bimbo se la prende, la fiducia di base che la mamma gli regale.

Fiducia di base che gli darà la forza per apprendere ad usare gli occhi per guardarsi vicino e lontano, là dove si confina l’orizzonte.

La forza per usare le mani, e prendere tutto ciò che gli capita tra le mani.

La forza per usare i piedi, e andare incontro a terre lontane.

Fiducia di base.

Manipolare, raccogliere, prendere, accarezzare il volto divino del mondo.

Pedipolare e tirare calci.

<<Quando si dice che noi siamo un pallone gonfiato! Ho quante volte nessuno lo riempie col proprio alito di vita, e quante volte qualcuno lo pungere con aghi sottili che squarci profondi provocano e sgonfino di ogni certezza, rendendo aleatorio il volo nei cieli delle speranze che ogni figlio di donna si porta nel cuoricino appena nato aprendo la bocca e gli occhi ai nuovi orizzonti della sua vita>> (CHISSà DA DOVE È VENUTO! Ma ci sta bene!).

Da brava Maestra, la Mamma la fiducia di base te la rinforza, mica te la distrugge con le parolacce: CRETINO, INETTO, GUASTAFESTE…!).

Maestra del corpo, la Mamma!

Educazione fisica?

No, educazione motoria: andare, salire e scendere le scale, correre, saltare, danzare, nuotare, volare…

Maestra di Lingua, la Mamma!

Napulitano, Italiano, Pakistano, Cinese, Francese…

Fonologia, morfologia, sintassi…

Avete mai sentito un bimbo dire: mamma miei?

Maestra di Matematica la Mamma!

UN DUE TRE… la figlia del re!

UNA testa, UNA capa, UNA bocca, per mia fortuna!

Non salire SOPRA la tavola, semmai gioca SOTTO la tavola…

TOPOLOGIA?

Sì, anche quella insegna la Mamma.

Prendi il CERCHIO di plastica e vattene a giocare nel cortile!

Tre BICCHIERI di aranciata ti sei bevuti, tutta intera la bottiglietta!

E la Geografia?

Guarda in CIELO, figlio mio!

Vedi il SOLE sorge là, sulla MONTAGNA!

Domani andiamo alla SORGENTE del TORRENTE!

Ma pure la STORIA?

IERI, OGGI, DOMANI.

Quanti guai hai combinato IERI!

DOMANI sari più bravo!

Debbo continuare?

Sì, domani ve le canterò, ad una ad una, gli insegnamenti delle Madri.

Madri, ascoltatemi almeno voi, che di materno amore i vostri figli amate!

Madri e Maestre voi siete.

Buona SCUOLA: facciamo sul serio, per favore

Buona SCUOLA: facciamo sul serio, per favore

Un minimo di esperienza ci ha suggerito che un’analisi seria del documento del governo
sulla scuola andasse fatta confrontandolo con il combinato-disposto della legge di stabilità.
Diversamente vorrebbe dire prendere per buone solo affermazioni gentiliane cioè azioni che si
realizzano per il solo fatto di essere state pronunciate. Circostanza, questa, cui il mondo della
scuola è ormai abituato ad assistere ad opera dei nostri politici “dell’annuncio” ma che forse in molti,
questa volta, erano convinti non si dovesse verificare più. Fatta questa doverosa premessa a cui
altrettanto doverosamente va aggiunta la nostra perplessità per l’enfasi posta sulla consultazione del
“Paese intero”, corredata da tour estenuanti di ministri e sottosegretari lungo tutto lo stivale,
questionari on-line, dibattiti in ogni dove quando poi i contenuti della Legge di stabilità approvati dal
Consiglio dei Ministri in questi giorni, che danno l’ossatura alle linee di politica scolastica del
Documento, hanno già determinato inequivocabilmente cosa fare.
Tanto rumore per nulla?
Individuiamo comunque i punti qualificanti proponendo per quelli che non lo sono alcune soluzioni.

Reclutamento
Apprezziamo il fatto che il documento condanni l’istituto perverso delle graduatorie ad
esaurimento considerate “un grave errore da non ripetere”. Si insiste però su errori noti e sono
analizzate poco o nulla le cause (es. il ruolo del sindacato), il che è certo un buon viatico per ripeterli
ancora. La grande, inevitabile, imbarcata di precari ha come naturale contropartita per il futuro, un
percorso di reclutamento per concorso e percorsi specialistici universitari, dove si annuncia,
opportunamente, un ritrovato valore dell’abilitazione come titolo di accesso al concorso,
restituendo un minimo di rigore alla selezione iniziale degli insegnanti.
Si propone inoltre, finalmente, il cambiamento dei criteri di assunzione inserendone di nuovi
come la verifica della psicoattitudinalità, le capacità pratiche, il tenere una lezione.
Auspichiamo, tuttavia, che la mega-assunzione dei 148.000 non si traduca in una sanatoria epocale
indiscriminata, perchè i danni che ne deriverebbero graverebbero sulla qualità della scuola almeno
per i prossimi 10 anni. Andrebbero comunque stabiliti requisiti minimi, che se non posseduti,
andranno formati (livello B2 di lingua, competenze informatiche, capacità didattiche etc.) e verificati
rigorosamente nell’anno di prova.
Non si dimentichi che il primo step della meritocrazia, nel resto d’Europa, si verifica all’atto
dell’assunzione.
Inoltre, è un errore pensare che dall’organico funzionale, costituito da questo esercito di
precari che entreranno in ruolo nel 2015, si potranno contestualmente, e senza colpo ferire,
sostituire i collaboratori dei dirigenti scolastici e i fiduciari dei plessi, cui la Legge di Stabilità
toglie gli esoneri. Si tratta di incarichi fiduciari che richiedono esperienza, conoscenza delle
problematiche di quella scuola, oltre che competenza, in sostituzione di un dirigente magari
reggente. Chi ha ipotizzato una tale soluzione non ha la minima idea di cosa sia la scuola reale.

Gli Insegnanti
Certo si fa una certa fatica ad individuare i punti qualificanti del documento nelle pieghe di
una retorica ridondante e, sinceramente, anacronistica per un settore che da almeno un ventennio è
stato sottoposto al bombardamento di riforme sempre “epocali” ma che sostanzialmente non hanno
riformato i gangli essenziali del sistema istruzione.
Tuttavia, esprimiamo apprezzamento per il fatto che gli insegnanti siano considerati centrali
e si dedichi tanto spazio al loro reclutamento, alle loro funzioni, alla carriera. Il documento sembra
aver recepito finalmente che “La buona scuola la fanno i buoni insegnanti”.
Infatti, la questione docente attende almeno dal 2000, anno in cui è entrata in vigore
l’Autonomia funzionale delle scuole che pure il documento rilancia come la “Riforma”. Ma, com’è
avvenuto in tutti i settori del Pubblico impiego, le riforme di tipo strutturale hanno sempre portato ad
una revisione dello Stato giuridico del personale, tranne che per gli insegnanti. Il documento assume
invece un impegno in questo senso che non possiamo che apprezzare ma rimaniamo in attesa delle
azioni concrete del Governo per realizzarlo.
Quanto alla questione, ovviamente condivisa, del riconoscimento del merito, dobbiamo dire
con forza che la presunta valorizzazione del merito proposta è totalmente non condivisibile.
Nel documento infatti invece di partire da ciò che serve alla Scuola, si propone una progressione
economica confondendola con una vera carriera degli insegnanti che dovrebbe essere incardinata
su ruoli funzionali definiti, (articolata in tre livelli: iniziale, ordinario e senior) a cui si dovrebbe
accedere per formazione certificata e crediti professionali.
Quella proposta nel documento, la premiazione a punti, i cosiddetti scatti di competenza costituiti da
crediti didattici, formativi e professionali del 66% dei docenti con 60 € ogni tre anni, è solo una mera
logica premiante non basata sulle reali necessità di nuove funzioni di cui la scuola oggi ha
bisogno. Non solo, viene anche ipotizzato che i docenti per conquistare il “premio” debbano
pianificare la loro attività soprattutto geograficamente alla ricerca della scuola “dove la qualità
dell’insegnamento è mediamente meno buona”. In questo modo con la mobilità geografica e quella
professionale, si dice che miglioreranno tutte le scuole. Ancora una volta si perde di vista il fatto che
il singolo docente, anche se bravo, non sarà mai in grado di cambiare il sistema, solo un lavoro
collaborativo tra i docenti potrà farlo. E’ necessario rivedere l’idea di insegnamento come attività
individuale e capire che le corse geografiche non possono davvero essere un incentivo per i docenti
a fare meglio. Chiunque “opera” attivamente nella scuola, dirigente o docente che sia, sa benissimo
che per gestire le nuove complessità, come ad esempio, la Valutazione e l’Autovalutazione d’istituto,
la progettazione dei curricoli, (dato che l’Autonomia è anche didattica e prevede una flessibilità
dell’offerta formativa che può arrivare fino al 40% del curricolo) occorrono competenze formate e
ruoli di coordinamento, come il citato docente mentor, a cui si associno responsabilità delle
decisioni: docenti con una preparazione specifica che costituiscano una leadership professionale
con funzioni di traino per tutti e attraverso cui far transitare quelle competenze che altrimenti, legate
al solo individuo-insegnante, si disperderebbero non divenendo patrimonio della scuola.
Ad esempio nella condivisibile proposta di una formazione in servizio obbligatoria
affinchè questa sia efficace e di qualità, va definita a livello di istituto. Serve quindi un responsabile
della didattica con competenze professionali per fare una ricognizione delle esigenze formative dei
docenti e che programmi una formazione d’Istituto, perchè va evitato il riprodursi dell’esperienza
fallimentare della tessera punti del contratto ’95-99. Infine, ribadiamo che costringere degli individui
che hanno l’alto compito di formare i nostri figli, al trasferimento di scuola in scuola per rientrare in
un 66% disponibile, sia una cosa tanto ingenua per chi l’ha proposta (anche alla faccia della
continuità didattica) quanto mortificante per gli insegnanti che, avendo una dignità, non faranno mai.
Letta attraverso i numeri della legge di stabilità, questa presunta inutile valorizzazione del
merito rinviata al 2018 e che porta con sè la soppressione degli attuali scatti di anzianità, unita al
blocco dei contratti pubblici (quello della Scuola è fermo dal 2009) frutterebbero alcune centinaia di
milioni di euro necessari a co-finanziare l’assunzione dei 148.000 precari. Diversamente sulle
carriere professionali andrebbero investite risorse fresche, come hanno sempre sostenuto i
sindacati in questi anni, ad ogni rinnovo contrattuale. A pensar male, diceva qualcuno…..
Riteniamo quindi che sia divenuto indifferibile che si legifichi sul nuovo Stato giuridico degli
insegnanti che, prevedendo uno sviluppo di carriera, realizzi il passaggio da una figura di docente
oggi ancora appiattita a quella di un professionista con più articolati profili necessari alle Scuole,
realizzando così un virtuoso intreccio tra merito e funzione, come avviene in tutte le professioni e
come avviene in Europa dove, del resto, il merito equivale a una fascia professionale differenziata,
legata allo svolgimento di funzioni più complesse.

I dirigenti scolastici e la governance
Anche i Dirigenti scolastici meriterebbero più valorizzazione e rispetto del loro ruolo. Non è
plausibile affermare che “Sono responsabili di (quasi) tutto; ma non hanno nelle loro mani le leve di
governo per assumere al meglio tali responsabilità” e non prevedere un team professionale di
docenti con ruoli definiti che lo affianchi. Per giunta la prevista eliminazione degli esoneri dei
fiduciari aggraverebbe immensamente questa situazione. Inoltre, con tutte le incombenze che gli si
riconoscono non si può pensare di retribuirli con un compenso che vale la metà di quello del
barbiere della Camera dei Deputati. Per attrarre le figure migliori bisognerebbe compensarli
adeguatamente. Siamo comunque decisamente d’accordo che i Dirigenti scolastici possano gestire
direttamente un 10% di risorse della scuola per remunerare i docenti.
E’ il minimo per una governace che sia realmente efficace.
Nel documento viene dato un grande risalto alla necessità di recuperare la flessibilità didattica,
finora ingessata delle scuole. Ma la progettazione di un curricolo di Istituto con materie opzionali e
alternative è possibile solo se vi sono competenze “alte” nei Dipartimenti, cioè docenti senior,
esperti, che costituiscano appunto quella leadership professionale che dovrebbe affiancare il DS
per fare tutto ciò.
Va previsto, inoltre tra gli OOCC, un Comitato tecnico scientifico di cui fanno parte
docenti senior. Anche il previsto Nucleo di Valutazione dovrebbe, a regime, essere costituito da
anche docenti senior. Da chi altri sennò?

La questione CLIL
Ancora ottime e condivisibilissime intenzioni. “L’uso del CLIL, già obbligatorio per il quinto
anno dei licei e degli istituti tecnici dal prossimo anno scolastico, va esteso significativamente anche
nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo grado”. Dato il ritardo degli italiani nella
conoscenza dell’Inglese il richiamo è più che mai opportuno. Tuttavia siamo nel libro dei sogni
perchè dato gli enormi ritardi del MIUR, dall’avvio della riforma (2010), nel formare i 18.000
insegnanti necessari, quest’anno il previsto svolgimento dell’esame di Stato con esami in lingua in
una disciplina non linguistica, è stato affidato, dalla nota del MIUR del 25 luglio scorso,
semplicemente alla capacità di arrangiarsi delle Scuole…

Prove di schizofrenia
cap.2 il documento pone, tra gli altri, come obiettivo quello di “valorizzare le associazioni
professionali” il cui ruolo come enti formatori per la formazione in servizio obbligatoria, viene
ritenuto necessario, come pure nella partita della autovalutazione delle Scuole dove le associazioni
professionali sono chiamate a sostenere le scuole nei piani di miglioramento (O.M. 11/2014).
Peccato che la legge di stabilità tagli le ultime residue 50 utilizzazioni del personale della Scuola per
effettuare questi compiti. O la schizofrenia di chi ha pensato questo documento e la legge di stabilità
è preoccupante, oppure bisognerebbe scegliere meglio i propri collaboratori….
cap.6 – Le risorse il documento cita:”Ridare centralità alla missione (?) formativa della scuola
merita, prima di tutto risorse pubbliche più ingenti e più certe…Basta guardare cosa è successo al
MOF e ai finanziamenti della Legge 440 del 1997… Se non interveniamo il MOF avrà da oggi a
regime ..solamente 689 milioni di euro.”
La legge di stabilità prevede un taglio dal 2015 di 54,8 milioni dal bilancio del MIUR a carico delle
Scuole superiori e di altri 30 milioni i fondi della legge 440, per l’arricchimento e l’ampliamento
dell’offerta formativa e per gli interventi perequativi, ormai ridotti al lumicino.
Perchè abbiamo il dubbio che con questo documento di buone intenzioni, alcune
certamente condivisibili, anche se scarsamente motivate pedagogicamente e scientificamente, e la
sua ridondante enfasi mediatica che richiede una consultazione globale, inutile, in quanto i contenuti
sono già decisi nella Legge di stabilità, si voglia solo mascherare una manovra economica? Va bene
la revisione della spesa ma i tagli lineari per l’istruzione sono una iattura.
E ad ogni dibattito questa consapevolezza si sta estendendo a macchia d’olio….

A.P.E.F. Associazione professionale del Forum presso il MIUR

#LABUONASCUOLA, DI MEGLIO: “IL 23 NOVEMBRE GILDA IN PIAZZA A FIRENZE”

#LABUONASCUOLA, DI MEGLIO: “IL 23 NOVEMBRE GILDA IN PIAZZA A FIRENZE”

“Il 23 novembre saremo in piazza a Firenze per dare voce alla protesta che serpeggia tra i docenti, e che stiamo raccogliendo nelle nostre assemblee in tutte le scuole, contro il progetto di riforma del Governo”. Così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, ha annunciato questa mattina, nel corso della conferenza stampa che si è svolta all’istituto alberghiero “Aurelio Saffi” di Firenze, la manifestazione nazionale in programma per domenica 23 novembre nel capoluogo toscano.

“L’abolizione degli scatti di anzianità e l’introduzione di una progressione di carriera basata su un sistema di ‘raccolta punti’ – ha dichiarato Di Meglio – è mortificante per gli insegnanti e dequalificante dal punto di vista professionale”.
Il coordinatore nazionale della Gilda ha poi definito “autoreferenziale” il roadshow sul documento “La buona scuola” che il ministro Giannini e altri esponenti del Miur stanno compiendo tra le scuole italiane, “un tour – ha detto Di Meglio – che non coinvolge chi in quelle scuole ci lavora ogni giorno”. “Oltre alla manifestazione che stiamo organizzando per il 23 novembre a Firenze, non escludiamo la possibilità di indire nei prossimi giorni uno sciopero generale”.

Facendo infine riferimento alla notizia, pubblicata oggi dal Sole 24 Ore, del dietrofront sull’Esame di Stato, le cui commissioni resterebbero dunque invariate, Di Meglio ha espresso soddisfazione: “Se questa retromarcia troverà conferma nel testo definitivo della Legge di Stabilità, la Gilda non potrà che accoglierla positivamente, perché la modifica della Maturità prevista dalla bozza, con l’impiego di soli commissari interni senza alcuna retribuzione aggiuntiva, rappresenterebbe soltanto un ulteriore taglio sulla pelle dei docenti”.

Fondo Non Autosufficienze: incontro al Ministero

Fondo Non Autosufficienze: incontro al Ministero

Dopo la diffusione della versione ufficiosa del disegno di legge di stabilità – non ancora giunta all’esame delle Camere – è stata dura e unanime la reazione da parte dell’ampio movimento delle persone con disabilità. Il taglio (-100 milioni) del Fondo per le non autosufficienze e il congelamento del Fondo per le politiche sociali vengono giustamente ritenuti uno “schiaffo” a molte istanze, attese e promesse.

Ne esce male il Governo: è dello scorso anno l’enfatizzata approvazione (con DPR) del Programma di azione per i diritti delle persone con disabilità, impegno ampio sottoscritto dal Governo a cui ora si fanno mancare le risorse. Risorse per l’inclusione sociale, per i diritti, per una vita improntata alla dignità e non alla dipendenza assistenziale.

Un brutto segnale che non promette nulla di buono e non favorisce l’avvio di politiche radicalmente innovative per le persone con disabilità.

Oggi le organizzazioni delle persone con disabilità (FAND, Comitato 16 novembre, FISH e AISLA con il vicepresidente Vincenzo Soverino) erano convocate al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali proprio sul tema del Fondo per le non autosufficienze. L’occasione per sottolineare – alla presenza dei sottosegretari al lavoro e all’economia, l’enorme distanza fra gli impegni espressi nel recentissimo passato e la drammatica concretezza del presente.

Franca Biondelli (politiche sociali) ha riportato il fatto che il Ministero aveva richiesto di inserire una previsione di spesa di 350 milioni sia sul Fondo Politiche Sociali che sul Fondo non autosufficienze. Vista la bozza che non raccoglie quelle richieste il Ministero ha nuovamente rafforzato la richiesta presso la Presidenza del Consiglio. Zanetti, del MEF, si augura che nel prosieguo dei lavori di discussione della legge di stabilità si possano adeguare entrambi i Fondi. Nessuna garanzia, quindi.

“Le politiche per la disabilità devono cambiare passando da una logica di spesa sottoposta agli umori del momento ad un pensiero di investimento strutturale e consolidato. – così commenta Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap – Gli obiettivi sono l’inclusione, la partecipazione, gli interventi contro la segregazione. Che liberano risorse e che trasformano le persone da ‘carne da assistenza’ a Cittadini attivi e con la loro intangibile dignità. Abbiamo espresso un no secco, rotondo e deciso ad ogni taglio ai Fondi chiedendo anzi un impegno che porti nel giro di tre anni lo stanziamento ad un miliardo unitamente all’avvio di politiche adeguate e strutturate.”

La FISH aveva espresso a Renzi la necessità di una sua presenza non simbolica all’incontro giacché sono sul tavolo scelte strategiche di enorme importanza per il Paese, decisioni che possono condizionare lo sviluppo svincolandosi da quella stessa austerità che più volte il Presidente del Consiglio ha stigmatizzato.

“Renzi ci ha risposto di confrontarci con i sottosegretari e i ministri. Lo abbiamo fatto per rispetto istituzionale e per senso civico. Ma – non avendo ottenuto alcuna svolta decisa – non ci resta che la via della mobilitazione e della piazza per attirare la giusta attenzione e un cambio di rotta, tanto più dopo l’incontro di oggi.”

Si va quindi verso una mobilitazione i cui dettagli saranno definiti nei prossimi giorni, ma che già si prefigura dagli accenti assai duri. Anche FAND esprime analogo intento. Nella stessa direzione anche il Comitato 16 novembre pronto ad un presidio sotto il Ministero dell’Economia.

Inviata alle scuole la direttiva sulla valutazione

da La Stampa

Inviata alle scuole la direttiva sulla valutazione

Un piano triennale per migliorare i livelli di apprendimento degli studenti

È stata inviata alle scuole la direttiva triennale sulla valutazione del sistema scolastico, con l’obiettivo di migliorare i livelli di apprendimento e rafforzare le competenze degli studenti.

 

Il provvedimento individua le priorità strategiche della valutazione e stabilisce «le modalità di avvio, con la relativa tempistica, e le azioni di accompagnamento necessarie per consentire a tutte le scuole, anche a quelle che non hanno ancora attivato, nell’ambito della loro autonomia, processi di autovalutazione, di predisporre gradualmente strumenti organizzativi e di acquisire competenze adeguate per il pieno sviluppo del procedimento di valutazione».

 

Il Sistema Nazionale di Valutazione prenderà il via da quest’anno: tutti gli istituti (statali e paritari) saranno coinvolti in un processo graduale che entrerà a regime entro l’anno scolastico 2016-2017. I primi rapporti delle scuole saranno pronti entro luglio 2015.

 

L’Invalsi (l’Istituto Nazionale di Valutazione del Sistema di Istruzione) fornisce alle scuole gli indicatori per autovalutarsi. Conteranno, ad esempio, le competenze degli studenti, ma anche l’organizzazione e la qualità della didattica, le dotazioni scolastiche e si terrà conto del contesto socio-economico. Le scuole avranno un quadro nazionale di riferimento e un preciso format per scrivere il loro Rapporto di autovalutazione.

 

Il Rapporto dovrà contenere gli obiettivi di miglioramento di ciascun istituto, uno strumento utile anche per le famiglie che potranno conoscere il piano di lavoro che ogni scuola metterà in campo per potenziare la propria offerta formativa.

 

Nel corso dell’autunno il ministero avvierà percorsi di formazione rivolti a dirigenti scolastici e docenti referenti per la valutazione di istituto. Alla fine del triennio (anno scolastico 2016/2017) le scuole diffonderanno i risultati raggiunti rispetto agli obiettivi di miglioramento programmati.

 

Ci sarà anche una valutazione esterna: dall’anno scolastico 2015-2016 nuclei di valutazione formati da ispettori ministeriali ed esperti di settore visiteranno ogni anno, per tutto il triennio coperto dalla direttiva, fino a un massimo del 10% di istituti.

 

Infine, da ottobre 2015, l’Invalsi produrrà ogni anno un Rapporto nazionale sul sistema scolastico tramite un’analisi approfondita del quadro nazionale con comparazioni internazionali.

Stranieri in classe: lezioni di italiano e insegnanti ad hoc per l’integrazione

da Il Corriere della Sera scuola

I FIGLI DI IMMIGRATI SENZA CITTADINANZA ITALIANA SONO IL 10% DEL TOTALE

Stranieri in classe: lezioni di italiano e insegnanti ad hoc per l’integrazione

Il ministro Giannini annuncia una nuova classe di concorso: «Saranno assunti docenti per insegnare la nostra lingua ai bambini immigrati». L’Arci: «Un bluff»

di Antonella De Gregorio

Legare la cittadinanza all’istruzione è un passaggio essenziale. Ne è convinta il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini. E non da oggi. La titolare del dicastero di viale Trastevere ha affrontato la questione – tornata alla ribalta dopo che il premier Renzi, nei giorni scorsi, ha espresso l’intenzione di introdurre in Italia uno «ius soli temperato», ovvero un diritto cittadinanza che «arriva prima dei 18 anni a condizione che si sia frequentato un ciclo scolastico» – in occasione degli Stati Generali della Lingua Italiana a Firenze. Iniziativa, quest’ultima voluta dal ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale in collaborazione con i ministeri dell’Istruzione e dei Beni culturali. «Ho parlato diversi anni fa di ius soli et culturae. È dunque un tema che non solo condivido ma che ritengo fondamentale per poter far sì che un giovane straniero nato in Italia o arrivato in tenera età, se compie un percorso di approfondimento, di conoscenza vera dell’identità culturale del Paese sia ritenuto, come è, un italiano a tutti gli effetti».

Fine ciclo
Un riconoscimento che riguarderebbe, in primo luogo, i 21.233 ragazzi con cittadinanza non italiana ma nati nel nostro paese che completeranno il I ciclo scolastico con l’esame di terza media a giugno del 2015. Poi i 25.940 che lo termineranno nel giugno del 2016. Il ministro ha infatti sposato le intenzioni del governo di associare la cittadinanza dei bambini e ragazzi stranieri con l’assolvimento del ciclo scolastico, almeno sino alla licenza media per chi è nato in Italia e il diploma di maturità per chi è giunto nella Penisola già adolescente.

«Bluff»
Una proposta che Filippo Miraglia, vicepresidente nazionale dell’Arci, definisce un «autentico bluff», che di fatto abbasserebbe solamente di due anni l’età di accesso alla cittadinanza. «Attualmente infatti chi nasce in Italia può presentare richiesta di cittadinanza al compimento della maggiore età» (ma deve dimostrare di essere stato in Italia “continuativamente”, mentre chi arriva dopo la nascita deve attendere dieci anni, per fare richiesta, ndr). Di fatto, quindi, «dalla nascita ai 16 anni i figli di immigrati continuerebbero a essere considerati stranieri nel Paese dove sono nati e cresciuti». Il vicepresidente dell’Arci ricorda inoltre che in parlamento giace da anni una proposta di legge di iniziativa popolare di riforma della cittadinanza che ha raccolto ben 200 mila firme grazie alla campagna «L’Italia sono anch’io». Una proposta di legge per cui lo ius soli è condizionato soltanto alla residenza di uno dei genitori da almeno un anno.

Il 10%
In un’anticipazione del rapporto sulla presenza di alunni figli di migranti nelle nostre classi – i dati definitivi verranno resi noti nel mese di marzo – pubblicata sul sito del ministero, si legge che sono 442.348 e 182.519, rispettivamente, gli iscritti al I e II ciclo. Allargando lo sguardo a tutta la popolazione scolastica non italiana, inclusi i bambini che frequentano le scuole dell’infanzia, il numero complessivo sale a 850mila circa: quasi il 10% del totale.

La lingua italiana per l’integrazione
Per tutti loro, «l’italiano deve diventare strumento di inclusione e integrazione». Come, lo si vedrà presto. Il ministro, intanto, ha annunciato – dopo un incontro con i componenti dell’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’intercultura, che è tornato a riunirsi dopo sette anni al Miur venerdì scorso – che nel progetto di riforma La Buona Scuola verrà inserito un capitolo ad hoc, il numero 13 dell’indice: un paragrafo che disciplinerà il tema dell’integrazione scolastica degli alunni con cittadinanza non italiana e che sarà dettato dall’Osservatorio. Nel frattempo, Giannini ha dichiarato che «verrà predisposta una classe di concorso specifica», per insegnanti di Italiano e che «nella riforma del sistema scolastico saranno trovate risorse per la formazione di docenti qualificati a insegnare la lingua italiana come lingua seconda» perché «non basta essere italofoni per fare al meglio questo mestiere, bisogna avere una preparazione ad hoc». E ha aggiunto: «Da parte degli insegnanti c’è una richiesta di attenzione a un tema su cui secondo me si gioca anche la credibilità di questa proposta, cioè la formazione obbligatoria, continuativa, permanente che dia la possibilità non solo di un miglioramento qualitativo della propria preparazione, ma anche di un miglioramento complessivamente qualitativo dell’offerta didattica. Da parte degli studenti – ha continuato – ci sono richieste mirate che riguardano gli spazi, la partecipazione. Mi sembra una richiesta più che inseribile».

I concorsi
Sollecitato dall’associazione anche in merito alla questione del reclutamento degli insegnanti e del personale amministrativo delle scuole italiane, la titolare dell’Istruzione ha dichiarato che in ottemperanza alla Legge europea del 2013 (la legge n.97 del 6 agosto 2013 in merito a «Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea»), il Miur non chiederà più il criterio della cittadinanza italiana nei bandi di concorso.

L’Osservatorio
Quanto all’integrazione della Buona Scuola, l’Osservatorio elaborerà le proprie proposte «in tempi brevissimi», fa sapere Vinicio Ongini, esperto di multiculturalità del Miur. E sempre a giorni verrà convocato un seminario nazionale al quale parteciperanno anche i dirigenti delle scuole più multiculturali d’Italia.

Il diavolo si nasconde nei dettagli…10 milioni di euro tolti all’Istruzione

da La Tecnica della Scuola

Il diavolo si nasconde nei dettagli…10 milioni di euro tolti all’Istruzione

Ormai, com’è naturale nei momenti di grande difficoltà economica, si cerca di racimolare soldi di qua e di là. E, a quanto pare, lo Stato, quando può, incamera soldini su soldini, vista la drammatica situazione di deficit in cui versiamo.

E indovinate a chi toglie? All’istituzione cui, programmaticamente, dovrebbe dare di più, la destinataria, teoricamente, del più grande investimento degli ultimi vent’anni: la scuola.

C’è un’altra sorpresina, infatti, nella Legge di stabilità, che viene svelata da Italia Oggi:  le somme che sono state versate alle scuole per i progetti nazionali e che non sono state utilizzate saranno incamerate dall’erario nell’ordine di 10 milioni di euro. In sostanza quelle somme che, incautamente non utilizzate, venivano rimesse in circolo,  adesso le trattiene lo stato.

Tanti euro che finanziavano il fondo per le competenze dovute al personale delle scuole, con esclusione delle spese per stipendi del personale a tempo indeterminato e determinato e il fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche oppure ancora gli interventi integrativi in favore dei disabili e il fondo per il miglioramento dell’offerta formativa (Mof), bene, adesso questi soldi finiranno nell’erario:  “Per l’anno 2015 quota parte pari ad euro dieci milioni delle somme versate all’entrata dello Stato rimane acquisita all’erario. Il Ministro dell’economia e delle finanze», si legge nel provvedimento, “è autorizzato ad accantonare e rendere indisponibili per l’anno 2015, nello stato di previsione del ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e a valere sulle disponibilità di cui all’articolo 1 comma 601 della legge 29 dicembre 2006, n. 296, la somma di euro 10 milioni al netto di quanto effettivamente versato”.

Il comma 601 così recita: “A decorrere dall’anno 2007, al fine di aumentare  l’efficienza e la celerita’ dei processi di finanziamento a  favore  delle  scuole statali, sono istituiti nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione, in  apposita  unita’  previsionale  di  base,  i seguenti fondi: “Fondo per le competenze dovute  al  personale  delle istituzioni scolastiche, con esclusione delle spese per stipendi  del personale a tempo  indeterminato  e  determinato”  e  “Fondo  per  il funzionamento  delle  istituzioni  scolastiche”.  Ai  predetti  fondi affluiscono gli  stanziamenti  dei  capitoli  iscritti  nelle  unita’ previsionali di base dello stato di previsione  del  Ministero  della pubblica istruzione “Strutture scolastiche” e “Interventi integrativi disabili”,  nonche’  gli  stanziamenti   iscritti   nel   centro   di responsabilita’ “Programmazione ministeriale e gestione  ministeriale del bilancio” destinati ad integrare i fondi stessi.”

Addio fondi per disabili, edilizia e istituzioni scolastiche. Dieci milioni di euro se li pappa lo Stato. Così poi via via assume i precari.

Legge di Stabilità, per i sindacati è un bluff

da La Tecnica della Scuola

Legge di Stabilità, per i sindacati è un bluff

Suona la carica Pantaleo (Flc-Cgil): si bloccano i contratti pubblici e si tagliano risorse, ma il paradosso è che si vogliono stabilizzare i precari mentre si licenziano altri precari. Per Di Menna, appena rieletto a capo della Uil Scuola, è scandaloso che fino al 2019 non vi sia alcun aumento, né per i pigri, né per i meritevoli. Pacifico (Anief): c’è da sperare che in Parlamento venga modificata, altrimenti a pagare saranno i più deboli.

È severo il giudizio dei sindacati per la Legge di Stabilità, la manovra di bilancio approvata dal Consiglio dei Ministri ed in questi giorni al vaglio dell’UE, ma anche dello staff del Capo dello Stato.

A suonare la carica è Mimmo Pantaleo, segretario generale Flc-Cgil, che leggendo i provvedimenti contenuti nella manovra prova profonda delusione: “si bloccano ulteriormente i contratti nei settori pubblici, si tagliano le risorse al diritto allo studio e a tutti i comparti della conoscenza. Gli scatti di anzianità nella scuola saranno cancellati con conseguenze catastrofiche per i salari di docenti e personale Ata. Il paradosso è che da un lato si intende stabilizzare una parte dei precari e dall’altro si licenziano altri precari a partire dal personale Ata”.

Forte è anche la critica di Massimo Di Menna, appena rieletto segretario generale della Uil Scuola, secondo cui la Legge della Stabilità porterà una “doppia penalizzazione per insegnanti e personale della scuola: blocco del contratto e blocco degli aumenti di anzianità”. Con il risultato di produrre “nessun aumento, né per presunti pigri, né per presunti meritevoli fino al 2019”.

Rincara la dose Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, che nel commentare la versione definitiva approvata dal CdM si sofferma sui tagli attuati al settore: “l’articolo 28 diventa il 29, ma la sostanza non cambia”, pechè vengono “cancellati gli esoneri dei vicari dei presidi, addio alle supplenze brevi, tagliati oltre 2mila Ata, spariscono i commissari esterni degli esami di maturità, sottratti 30 milioni dal fondo per le attività a supporto della didattica, tagliato di 100 milioni il Fondo per le non autosufficienze”.

“Alla fine della fiera – continua Pacifico – i provvedimenti tanto pubblicizzati dal Governo e dal Ministro, il potenziamento dell’alternanza scuola lavoro e l’assunzione di quasi 150mila insegnanti, verranno pagati dalla stessa Scuola. È evidente che ci troviamo davanti all’ennesima manovra a costo zero. Ora c’è da sperare che in Parlamento possa essere modificata, evitando che ancora una volta a pagare siano i più deboli”.

Personale Ata, allegato D3: nessuna nuova all’orizzonte

da La Tecnica della Scuola

Personale Ata, allegato D3: nessuna nuova all’orizzonte

Le funzioni su Istanze on-line per la scelta delle sedi continuano a non funzionare e il previsto sblocco, che sarebbe dovuto avvenire lunedì scorso, non c’è ancora stato. A questo punto si immagina una proroga dei termini, affinchè tutti gli interessati abbiano il tempo di trasmettere l’istanza senza sovraccaricare nuovamente il sistema

Dopo lo stop del 13 ottobre scorso delle funzioni per la trasmissione dell’allegato D3 per la scelta delle sedi nell’ambito delle graduatorie di istituto di III fascia del personale Ata, si attendeva una nuova comunicazione che informasse della riapertura della procedura. Riapertura che sembrava imminente, e che i Sindacati davano prevista per lunedì scorso.

Ma lo sblocco delle funzioni a tutt’oggi non c’è stato e nessuna informazione ufficiale è stata diramata per placare gli animi di chi non sa ancora bene quando potrà presentare l’istanza.

Circolano voci ufficiose circa la riapertura prevista per domani, 23 ottobre 2014, e la Flc Cgil, nel commentare l’ennesimo blocco del Sistema Sidi (di cui il Miur ha dato comunicazione ieri, 21 ottobre) , annuncia che la riattivazione della funzione su Istanze on line per l’allegato D3 è in via di risoluzione.

Intanto ci si chiede se il termine per la scelta delle sedi, fissato per l’ormai imminente 5 novembre, sarà prorogato, per consentire a tutti gli interessati di inoltrare l’istanza e alle segreterie di svolgere tutte le operazioni nei tempi necessari.

E i dubbi non finiscono qui: molti lettori infatti ci scrivono per sapere se le istanze presentate prima del 13 ottobre, cioè prima del blocco delle funzioni, saranno ritenute valide. La logica farebbe rispondere di sì, ma solo il Miur potrà dare le giuste rassicurazioni.

Vi terremo ovviamente aggiornati sul eventuali nuove comunicazioni ufficiali.

Edilizia, entro fine 2014 completeremo la piccola manutenzione di 7.200 istituti

da La Tecnica della Scuola

Edilizia, entro fine 2014 completeremo la piccola manutenzione di 7.200 istituti

Ad assicurarlo il ministro Giannini: 1.100 edifici a posto da fine settembre, 3.200 in via di ultimazione, il resto è in chiusura entro la fine dell’anno solare. Intanto, però, continuano a giungere periodiche notizie di trascuratezza.

I problemi di manutenzione meno gravi che affliggono migliaia di scuole italiane saranno superati entro la fine del 2014. Ad assicurarlo è stato, il 22 ottobre, il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, conversando a Bari con i giornalisti: “la piccola manutenzione riguarda 7.200 edifici in tutta Italia: 1.100 sono stati completati alla fine di settembre, 3.200 sono in corso di ultimazione”, mentre “il resto è in chiusura entro la fine dell’anno solare”, ha spiegato il responsabile del Miur.

Giannini lo ha aggiunto che “l’investimento per questo capitolo è stato di circa 380 milioni di euro. Poi c’è il pacchetto scuole nuove e scuole sicure” e “soprattutto la messa a norma”, che riguarda “un ammontare di circa 850 milioni”.

“Complessivamente – ha ricordato – a oggi abbiamo un miliardo e 300 milioni destinato a questo importante intervento sull’edilizia scolastica”.

“Nell’arco di un biennio – ha concluso Giannini – i circa 10mila interventi complessivi saranno completati, tenendo conto che siamo arrivati con un 40% di edifici non a norma”.

È bene, però, che gli interventi siano completati il prima possibile. Da Palermo, nella stessa giornata delle dichiarazioni del Ministro, sono giunte notizie di cronaca poco rassicuranti: una coppia di alunni di scuola prima è rimasta colpita dalla rottura della finestra del bagno. Uno dei due giovani è stato sottoposto a Tac.

L’Italia arranca con la scuola digitale

da La Tecnica della Scuola

L’Italia arranca con la scuola digitale

Se in Italia su 12 studenti c’è un computer, in Europa se ne registra 1 ogni tre studenti. Ma siamo davanti (confortiamoci dunque) a Grecia (uno per 17) e Turchia (uno per 22)

In media, pubblica Wired.it, in Europa ci sono dai 3 ai 7 studenti intorno a un solo computer, almeno secondo l’ultimo rapporto “Survey of school: ICT in Education 2013” redatto dall’Università di Liegi e da European Schoolnet e riferito all’anno scolastico 2011-2012.

Prendendo come esempio le scuole superiori, Danimarca (un computer per studente), Norvegia (un pc ogni due studenti) e Francia (uno ogni tre) sono in testa alle classifiche degli stati meglio equipaggiati. Mentre in fondo agli elenchi compaiono Italia (un computer ogni 12 studenti), Grecia (uno per 17) e Turchia (uno per 22).

Facendo un paragone tra le scuole italiane e la media europea, gli studenti che hanno minori possibilità di aver accesso a un computer sono quelli delle elementari, mentre i più fortunati sono gli allievi degli istituti superiori. Lo scarto si fa ancora più grande se si considerano i computer connessi a internet: per le elementari ce n’è 1 ogni 333 bambini.

La scarsità di computer soprattutto alle elementari e alle medie viene in parte bilanciata dalla presenza delle LIM, anche se le lavagne interattive non sono ancora presenti in tutte le classi, a differenza di quanto accade a Malta (ce n’è una ogni 18 studenti) in Danimarca (1 ogni 29 studenti) o in Irlanda (1 su 30 studenti).

In Europa i 2/3 dei computer sono collocati in laboratori dedicati. Pure in Italia sono poche le scuole che hanno dichiarato di avere computer in aula a uso degli studenti.

E i dati, precisa wired.it, lo confermano: l’80% dei PC si trova in aule dedicate, mentre solo il 10% entra nelle classi usato in prevalenza dalle insegnanti per compilare il registro elettronico. Alla scarsità e all’isolamento delle macchine si aggiunge l’ulteriore problema dell’operatività dei computer: se in Europa il 76% degli studenti frequenta una scuola con il 90% dei computer funzionanti, la percentuale si abbassa drasticamente in Italia, dove solo il 52% degli allievi si trova in una di queste scuole.

Domandando ai dirigenti scolastici delle scuole superiori, si scopre che in genere i computer sono funzionanti benché molto usati, dato che le scuole superiori italiane hanno in media 1000 allievi. Quello che invece manca sono macchine aggiornate, cosicchè la soluzione potrebbe essere “bring your own technology” per il futuro, ossia che ciascuno studente porti a scuola oltre all’astuccio anche il proprio computer portatile o il tablet. Così accade in paesi come Danimarca e Francia, che hanno usato questa strategia per diminuire il numero di studenti privi di computer. Ma le famiglie italiane sarebbero in grado di sostenere questo costo ulteriore?

Tra il 2009 e il 2013, scrive sempre wired.it, il budget previsto per la scuola è aumentato del 9%, di pari passo con l’indice dei prezzi che, secondo ISTAT, ammonterebbe all’incirca allo stesso intervallo. A ciò si aggiunga che la spesa per l’istruzione è rimasta invariata tra il 2012 e il 2013 e che, in ogni caso la voce che pesa di più è il costo del personale. Benché ci sia un leggero aumento nella spesa per il supporto tecnico (+ 1,5%), i budget per specifici programmi di supporto dell’educazione e per l’assistenza didattica, per gli studenti con bisogni speciali e per le minoranze linguistiche sono calati del 7%. Anche in questo caso la situazione è alquanto variabile tra i diversi stati europei e l’ammontare della spesa può cambiare da un anno all’altro anche in base al numero degli edifici da sistemare, ai finanziamenti europei, al numero degli allievi.

L’unica consolazione che resta è quella basata su ricerche trentennali che dimostrano come non vi sia alcuna correlazione tra il numero di risorse che gli studenti hanno a disposizione e l’apprendimento delle diverse discipline, ma piuttosto quanto sia determinante l’uso che se ne fa.

Entro il 24 ottobre l’aggiornamento dell’Anagrafe Nazionale Alunni

da La Tecnica della Scuola

Entro il 24 ottobre l’aggiornamento dell’Anagrafe Nazionale Alunni

L.L.

Ancora pochi giorni per completare l’inserimento dei dati di frequenza degli alunni per l’a.s. 2014/2015 e per operare ancora sui dati riferiti all’a.s. 2013/2014

 Come riportato nell’Agenda Scuola, si chiuderanno tra due giorni, il 24 ottobre 2014, le funzioni di “Avvio anno scolastico” per l’aggiornamento dell’Anagrafe Nazionale degli Alunni a.s. 2014/2015.

La procedura per effettuare la trasmissione delle informazioni, illustrata nella nota prot. n. 2348 del 26/9/2014, consente l’aggiornamento dei dati riferiti alla frequenza degli alunni (composizione delle classi, tempo scuola, indirizzi di studio).

Per la comunicazione si possono utilizzare sia il SIDI, sia i flussi per le scuole che utilizzano sistemi applicativi locali. È importante tener presente che le due modalità operative sono alternative tra di loro e che, una volta effettuata la scelta, questa è irreversibile.

Nella stessa nota il Miur comunica che entro questa data è ancora possibile operare anche sui dati dell’a.s. 2013/2014 ed eventualmente completare la trasmissione degli esiti e delle esperienze di alternanza scuola-lavoro.

Miur: Il digitale può essere grimaldello per cambiare la scuola

da tuttoscuola.com

Miur: Il digitale può essere grimaldello per cambiare la scuola

Il digitale può essere il grimaldello per cambiare la scuola“, ma da solo non basta. Occorrono anche “più docenti, più formazione e più autonomia delle scuole“, “tutti segmenti” affrontati nel piano “La buona scuola” del governo Renzi. In questo panorama poi il digitale “deve diventare il mainstream, uno strumento che permetta di trasferire maggiori opportunità agli studenti“. Lo ha detto il capo di Gabinetto del ministero dell’Istruzione, Alessandro Fusacchia, durante un incontro organizzato alla Luiss, nell’ambito del Festival della diplomazia, su “Generazione digitale”.

Per favorire la tecnologia a scuola, ha affermato il presidente di Confidustria digitale, Elio Catania, “l’industria è disposta a intervenire“. “Abbiamo un’immensa opportunità per il paese – ha aggiunto – siamo agli ultimi posti per investimenti nel digitale. Ci sono 20-25 mld di investimenti non fatti rispetto alla media europea. Se riuscissimo a investire 5 miliardi di euro l’anno, ci sarebbero 800 mila nuove assunzioni e il Pil crescerebbe di 2 punti percentuali. Abbiamo in mano la riprogettazione del paese“.

In generale, secondo l’amministratore delegato di Ibm Italia, Nicola Ciniero, per migliorare serve “un dialogo più presente tra pubblico e privato“. Inoltre, ha sottolineato il presidente e ad di Sogei, Cristiano Cannarsa, bisogna “evitare di spendere male” in tecnologia, “occorrono un modello e una strategia complessiva“.