Corso di aggiornamento

Corso di aggiornamento decentrato a cura del Centro Regionale S. Alessio

Il Centro Regionale S. Alessio Margherita di Savoia per i Ciechi terrà un Corso di Aggiornamento Decentrato a Civitavecchia, presso la Sezione UIC, Via Frangipane 6, nei giorni:
– 6/11/2014 dalle ore 13.30 alle ore 18.30.
– 3/12/2014 dalle ore 13.30 alle ore 18.30.
Il corso della durata di 10 ore complessive sarà tenuto dalla formatrice Rita Lamusta e tratterà i metodi e gli strumenti di osservazione, progettazione e valutazione educativa.

Organico funzionale

ORGANICO FUNZIONALE non solo risparmio

di Giuseppe Adernò

Tra le novità della “Buona Scuola” e le norme avviate nella Legge di stabilità si comincia il delinearsi un possibile percorso verso l’organico funzionale delle istituzioni scolastiche.
Se n’è parlato da tanto tempo e sono stati svolti a livello provinciale, regionale e nazionale numerosi seminari di studi, convegni, riunioni, progetti, ma tutto è rimasto in aria.
Ora la necessità di risparmiare ha segnalato l’urgenza ed eliminando112.000 supplenti, il Miur risparmierà 350 milioni di euro come scrive Paolo Damanti su Orizzonte Scuola, conteggiando i contratti delle supplenze brevi che assommano a 51mila nella scuola dell’Infanzia e Primaria, 31.500 nella scuola secondaria di primo grado e 35.700 nella scuola secondaria di secondo grado.
L’Organico funzionale abbatterà i costi delle supplenze brevi, che come abbiano più volte segnalato, sono inefficaci sul piano didattico, auspicando il “supplente stabile” specie per la scuola dell’infanzia e primaria.
La chiamata di una supplenza impegna tempo e personale (telefonate, fonogrammi, nomine, contratti…) e poi per poche ore di servizio scolastico, spesso circoscritto alla vigilanza e improduttivo ai fini della didattica e dell’apprendimento.
Ancora oggi l’autonomia scolastica, tanto attesa e celebrata, stenta a decollare, perché priva di risorse economiche e di una reale autonomia amministrativa.
L’organico funzionale costituisce il cuore dell’autonomia perché significa “risorse umane” valide e certe.
L’istituzione scolastica secondo la tipologia di ordine di scuola, d’indirizzo e di organizzazione, elabora un piano di organico indicando il personale necessario per svolgere nel modo migliore la “mission educativa”, interagendo con il contesto territoriale ed elaborando un servizio scolastico efficace ed efficiente.
Il numero delle risorse necessarie diventa indicativo per l’organico funzionale, così da consentire alla scuola di poter essere veramente “autonoma” e certa di conseguire traguardi e obiettivi, sviluppando negli studenti le competenze necessarie.
Ad esempio per gli istituti comprensivi che hanno docenti dei due ordini di scuola, ma spesso con le medesime competenze disciplinari (docenti laureati in lettere) è uno spreco dover ricorrere per due ore ad un docente di Lettere in servizio in più scuole, esterno, che viene a scuola solo per due ora la settimana come un “forestiero” ed estraneo alla vita scolastica, mentre quelle due ore potrebbero essere assegnate ad un docente interno dell’Istituto. (anche se del settore della scuola primaria)
Si eviterebbero così gli spezzoni di ore e l’economia delle risorse costituisce una ricchezza di potenzialità e di didattica efficiente.
L’assegnazione delle cattedre e lo sviluppo organizzativo della scuola costituiscono i capisaldi dell’organico funzionale che proprio nel nome indica efficienza e produttività.
La valorizzazione delle competenze professionali, che nella scuola primaria da anni è stata alimentata dall’organizzazione modulare, ed ha determinato tante spese per la formazione dei docenti nelle singole discipline, ora tende a scomparire e spesso si constata che ci sono docenti, chiamati a svolgere compiti d’insegnamento nei quali non hanno maturato esperienze didattiche significative. In alcune realtà scolastiche, dove anche il dirigente ha creduto nella professionalità dei suoi docenti, assegnando le cattedre per classi parallele è stato possibile, invece, mantenere la specificità delle competenze didattiche.
L’organico funzionale inoltre consente di assicurare la continuità dell’organizzazione delle classi a tempo pieno o prolungato, senza dover ogni anno aspettare autorizzazioni e assegnazioni che risultano provvisorie e prive di continuità.
L’organico funzionale, strumento indispensabile per l’autonomia scolastica, consente di progettare e di mettere in atto tutte le intenzionalità educative, favorendo lo sviluppo delle attività e iniziative didattiche in continuità e in un progressivo miglioramento nella qualità.
Sarà compito del Dirigente e degli Organi collegiali dell’Istituto pianificare la quantificazione delle risorse necessarie, puntando sulle risorse interne già esistenti e valorizzandole al meglio.
Nella logica dell’organico funzionale anche gli spostamenti o trasferimenti dovranno essere finalizzati e motivati da piena conoscenza e condivisione della progettualità dell’Istituto.
Si sono registrati ad esempio casi di trasferimento in scuole a tempo pieno o prolungato di docenti che non possono svolgere attività di servizio in orario pomeridiano e quindi l’efficacia dell’azione didattica ne risulta profondamente compromessa.
L’identità e la specificità della scuola dovrebbe caratterizzare la motivazione della scelta per gli eventuali trasferimenti o passaggi.
Ben venga l’organico funzionale, ma occorre aprire la mente e il cuore ad una visione di scuola che va ben oltre le strette esigenze personali o i diritti sindacali, reclamati quando fanno comodo.
Un organico potrà definirsi “funzionale” se consegue prima e meglio gli standard di qualità e di efficienza nell’ottica del miglioramento e della crescita della scuola.
La partita è avviata, cominiciamo a segnare il primo goal.

Scuola, la crisi blocca le gite: solo il 42% delle classi va in viaggio d’istruzione

da IlFattoQuotidiano

Scuola, la crisi blocca le gite: solo il 42% delle classi va in viaggio d’istruzione

 A lanciare l’allarme è l’Osservatorio Touring sul turismo scolastico: la diminuzione maggiore alle medie. Gli istituti cercano di far risparmiare più soldi possibili alle famiglie

Il miliardo di Renzi? Per precari, alternanza e wireless negli istituti

da Il Sole 24 Ore

Il miliardo di Renzi? Per precari, alternanza e wireless negli istituti

di Claudio Tucci

Il fondo di un miliardo di euro per il 2015 (e tre miliardi a decorrere dal 2016) servirà per assumere precari, potenziare l’alternanza scuola-lavoro e, novità delle ultime ore, anche per diffondere internet negli istituti.

La finalizzazione dei fondi per l’Istruzione stanziati nel ddl stabilità, firmato ieri da Giorgio Napolitano, e inviato alla Camera per l’avvio dell’iter parlamentare, arriva dalla relazione illustrativa. Che spiega, pure, voce per voce, tutte le misure su scuola, università e ricerca contenute nell’ex legge Finanziaria. Tagli compresi.

Assunzione docenti
I fondi previsti per l’Istruzione (un miliardo per il 2015 e tre dal 2016) serviranno per rafforzare l’offerta formativa e la continuità didattica, e per valorizzare i docenti e l’autonomia scolastica. Le risorse stanziate sono quelle previste per procedere «prioritariamente a un piano assunzionale per i docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento (Gae) nonché per i vincitori e gli idonei del concorso 2012», al fine di poter finalmente realizzare l’organico funzionale e dotare le scuole, ovvero le reti di scuole, del numero di docenti necessari sia allo svolgimento dell’attività didattica sia al potenziamento dell’offerta formativa a sostegno di attività aggiuntive e di progetti complementari. I numeri sono quelli contenuti nella «Buona Scuola», cioè oltre 148mila precari da stabilizzare a settembre 2015.

Riduzione supplenze
Il piano assunzionale, da realizzare compatibilmente con le risorse disponibili anche in relazione alle ricostruzioni di carriera, è scritto ancora nella relazione illustrativa, «consentirà, inoltre, di ridurre il numero di supplenze annuali e questo garantirà la continuità didattica e contribuirà a costituire un contingente stabile di docenti a disposizione delle scuole». Ciò in linea con quanto richiesto anche a livello europeo (a seguito della procedura d’infrazione sul lavoro a tempo determinato – la sentenza Ue è prevista per fine novembre) in merito alla necessità di evitare un ricorso e reiterato dello strumento dei contratti a termine, ristabilendo il principio costituzionale dell’accesso all’insegnamento esclusivamente attraverso concorso pubblico. Le risorse stanziate saranno utilizzate, anche, per varie attività di potenziamento del settore scolastico, con riferimento in particolare «all’alternanza scuola-lavoro e alla diffusione della connettività wireless nelle scuole».

Dai docenti di educazione fisica alla Scuola Ue di Parma, ecco la mappa dei tagli

da Il Sole 24 Ore

Dai docenti di educazione fisica alla Scuola Ue di Parma, ecco la mappa dei tagli

di Alessia Tripodi

La relazione tecnica al ddl di stabilità conferma gli interventi: meno fondi per il potenziamento dell’offerta formativa, stop alle risorse per la Scuola Jean Monnet

Meno fondi alla Scuola per l’Europa di Parma, giro di vite per i coordinatori delle attività sportive e stop ai fondi per l’istituto Jean Monnet. La relazione illustrativa al ddl stabilità conferma i tagli annunciati nei giorni scorsi, compresi quelli lineari che prevedono riduzioni di spesa pari a 148, 6 milioni.

Mappa dei tagli
L’articolo 28 del testo dell’ex finanziaria riduce di 200mila euro, a partire dal 2015, gli stanziamenti per il funzionamento della Scuola per l’Europa di Parma, attivata in via sperimentale nel 2004 con l’obiettivo di creare una struttura formativa sul modello di quelle europee. La scure dei tagli colpisce anche il fondo di finanziamento per il potenziamento dell’offerta formativa a vantaggio degli studenti (legge n. 440/97), che perde 30 milioni di euro. Viene sensibilmente ridotto, poi, il numero dei docenti di educazione incaricati del coordinamento dei progetti di avviamento alla pratica sportiva (e dunque esonerati dall’insegnamento): attualmente previsti nel numero di uno per provincia, i docenti (e i relativi esoneri) diventeranno uno per regione a partire dal prossimo anno scolastico. Fondi tagliati, inoltre, anche per la Scuola per la formazione europea Jean Monnet e per la nuova sede universitaria di Genova (istituto Erzelli): i previsti 5 milioni all’anno stanziati per il periodo 2016-2022 per quest’ultima confluiranno nell’FFo, il Fondo di finanziamento ordinario per l’università.

Più sacrifici per la scuola
Gli oltre 148 milioni di tagli aggiuntivi al bilancio del ministero dell’Istruzione per il 2015 riguarderanno in gran parte il settore dell’istruzione scolastica, al quale viene richiesto un contributo di 139,9 milioni che arriverà soprattutto da tagli alle scuole superiori (54,8 milioni). Riduzioni di spesa più contenute, invece, per la formazione universitaria, che subità tagli per 5,4 milioni, e per ricerca e innovazione, dove la forbice taglierà poco più di un milione.

Con le nuove supplenze in vista difficoltà organizzative e didattiche

da Il Sole 24 Ore

Con le nuove supplenze in vista difficoltà organizzative e didattiche

di Francesca Lascialfari

Il testo definitivo del ddl Stabilità 2015, dopo l’approvazione del Consiglio dei Ministri, ha ricevuto il via libera della Ragioneria Generale e ieri l’ok del Quirinale che l’ha inviato alla Camera. Tra gli interventi per la riduzione della spesa, si registrano quelli sulle supplenze brevi nelle scuole di cui ai commi 8 e 9, dell’art. 28, a partire dal prossimo anno scolastico. In particolare, il comma 8 esclude la sostituzione dei collaboratori scolastici per assenze di durata fino a 7 giorni prevedendo, altresì, che si provveda a garantire la copertura necessaria conferendo ore eccedenti al personale già in servizio nella scuola. Il costo relativo allo straordinario verrà coperto con il Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa (Mof), che avrà questa destinazione prioritaria. Per quanto riguarda gli insegnanti delle scuole dell’infanzia e primarie, il comma 9, inoltre, elimina la possibilità di assumere supplenti per la copertura delle assenze di un solo giorno.

La necessità dei supplenti nella scuola di base
Ad oggi, nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, è possibile nominare insegnanti supplenti anche in caso di assenze della durata di un solo giorno, pur nel rispetto dell’art.1, comma 78, della legge 662/96: i dirigenti scolastici, infatti, utilizzano innanzitutto le ore a disposizione per le supplenze interne, cambi turno, flessibilità dell’orario di insegnamento, eventuali disponibilità (sia economiche che professionali) per le ore eccedenti, per le quali è previsto un apposito finanziamento nel Mof che, tuttavia, ad oggi risulta inadeguato alle necessità. Solo nel caso in cui nessuna delle precedenti soluzioni sia applicabile, si attinge dalla graduatoria per le sostituzioni secondo quanto previsto dal D.M. 131/2007.
D’altra parte, la presenza di un docente in classe è indispensabile dato che gli alunni hanno un’età compresa tra i 3 e gli 11 anni e necessitano perciò di una costante e attenta sorveglianza, che l’Amministrazione ha il dovere di garantire nella maniera più ampia possibile. L’ultima strada percorribile, dunque, in assenza della possibilità di nominare personale supplente come previsto dal comma 9, sarà quella di aggregare gruppi di alunni ad altre classi della scuola, creando evidenti difficoltà di carattere didattico e organizzativo ma, soprattutto, di rispetto delle norme sulla sicurezza negli ambienti scolastici.

Personale ATA e ore eccedenti
Altrettanto delicata appare la questione relativa ai collaboratori scolastici: si pensi, ad esempio, a quegli istituti comprensivi costituiti da numerosi plessi (fino a 12-13) alcuni dei quali ospitano soltanto poche sezioni di scuola dell’infanzia o classi di primaria. Esistono perfino realtà in cui si ha un solo custode ed un solo insegnante per plesso in alcuni momenti della giornata: qui si evidenzia con maggior chiarezza come la presenza di un collaboratore scolastico sia essenziale per garantire il servizio all’utenza. Il dettato normativo che prevede l’attribuzione di ore eccedenti per la copertura delle supplenze brevi, con l’intento di regolamentare l’aspetto economico ed amministrativo, sembra peraltro non tener conto del CCNL di comparto vigente che impedisce di fatto la piena applicazione delle disposizioni contenute nel ddl Stabilità: non vi è infatti la possibilità concreta da parte del dirigente scolastico di disporre, in maniera unilaterale, l’effettuazione di ore eccedenti l’orario di servizio per il personale che non intendesse farlo per qualsivoglia motivo.
Infine, l’applicazione letterale del comma 8 relativamente alla destinazione del MOF, potrebbe privare di efficacia quella parte della contrattazione integrativa di istituto che regolamenta la destinazione del compenso accessorio del personale non docente.

Ora una riforma seria dell’esame di maturità

da Il Sole 24 Ore

Ora una riforma seria dell’esame di maturità
di Giorgio Allulli
Saranno in pochi a rimpiangere la cancellazione della proposta del governo che eliminava i commissari esterni, tranne il presidente, dalle commissioni degli esami di maturità. Questa proposta aveva infatti suscitato reazioni fortemente negative in uno schieramento molto vasto di insegnanti, presidi, e altri uomini di scuola e di cultura, da Tullio De Mauro ad Alessandro Cavalli, molti dei quali avevano anche sottoscritto una petizione per mantenere le commissioni miste che aveva raccolto 5.200 firme nel giro di pochi giorni. Anche molte associazioni professionali e sindacali di insegnanti e presidi si erano pronunciate in senso contrario.

Si trattava di una riforma che, pur essendo inserita in un dispositivo di legge finalizzato alla programmazione della finanza pubblica, avrebbe modificato profondamente gli equilibri nel sistema di valutazione della scuola italiana, espungendone qualunque meccanismo di verifica esterna del percorso degli alunni (il presidente della commissione, che si sarebbe dovuto dividere tra due commissioni, avrebbe al massimo svolto funzioni notarili), togliendo di fatto valore alla certificazione e inficiando lo stesso principio del valore legale del titolo di studio. Oltre agli evidenti limiti di merito, più volte ricordati su queste pagine, si trattava dunque di una norma che correva il rischio di travalicare i limiti costituzionali previsti per la legge di stabilità, anche perché avrebbe cambiato le regole della valutazione degli alunni ad anno scolastico già iniziato.
Scampato il pericolo della cancellazione, hic e nunc, della verifica esterna, non bisogna accantonare la questione dell’esame di maturità. Occorre però affrontarla impostando un serio ad ampio ragionamento sulle funzioni e sulle modalità dell’esame, che consideri nel loro insieme tutte le diverse esigenze cui deve rispondere questa prova: imparzialità, terzietà, considerazione del curriculum e delle attività svolte dagli alunni, anche in conseguenza delle modifiche introdotte dalla riforma Gelmini e dai successivi provvedimenti, tra cui quelli per promuovere l’alternanza scuola-lavoro. La riforma dell’esame di maturità dovrà anche tenere in considerazione i criteri indicati dal Quadro Europeo delle Qualifiche, in cui il titolo di maturità si inserisce (al livello 4), i diversi strumenti di accertamento di cui si dispone e le possibilità offerte dalla comunicazione informatica. Non è da escludere che da questo ragionamento complessivo possa emergere alla fine una soluzione che concili il rigore dell’esame e le altre esigenze prima ricordate con quelle del risparmio economico: in questo caso saremmo i primi a congratularci, purché non si tratti di un semplice tratto di penna sulla presenza dei commissari d’esame esterni.

«Presidi con pochi poteri, formazione e valutazione dei prof: i problemi da affrontare»

da Il Sole 24 Ore

«Presidi con pochi poteri, formazione e valutazione dei prof: i problemi da affrontare»

di Federico Fumagalli «L’inno della nostra scuola potrebbe essere Nessuno mi può giudicare, la canzone di Caterina Caselli». A parlare così Mario Rusconi, vicepresidente dell’Associazione nazionale dirigenti e alte professionalità delle scuole, che a «24Mattino», su Radio24, ha commentato il fatto di cronaca successo a Scarmagno, in provincia di Torino. Due maestre elementari sospese per una serie di episodi sconcertanti. Oltre a espliciti riferimenti sessuali e al lancio di temperini verso i loro alunni, le insegnanti avrebbero proposto ai bambini (della classe terza) un tema dal titolo choc: «Chi faresti morire prima tra tuo padre e tua madre?». La procura di Ivrea ha rilevato solo profili disciplinari, e non penali, a carico delle due donne e ha chiesto l’archiviazione del caso. «Il preside e il provveditorato hanno fatto bene a decidere per la loro sospensione», dice ancora Rusconi. «Che poi la giustizia abbia degli aspetti che a volte sfuggono, questo è un dato di fatto».

Da Scarmagno a Treviso
La vicenda di Scarmagno rimanda a un altro fatto di cronaca recente che si è consumato in ambienti scolastici. L’insegnate di Treviso sospeso perché accusato di avere metodi educativi violenti nei confronti dei suoi alunni di 6 e 7 anni, che prendeva regolarmente a calci e ceffoni. Lo stop del maestro però, è arrivato solo dopo molto tempo e troppe segnalazioni. «A volte ci sono delle insensatezze nella pubblica amministrazione (e la magistratura ne fa parte) che come cittadino ho difficoltà a comprendere», dice ancora Rusconi riferendosi ai fatti di Treviso, «soprattutto per quanto riguarda i bambini occorre sempre, e da parte di tutti, dimostrare una grande sensibilità. Nei confronti dei più giovani i giudici dovrebbero avere un atteggiamento unanime e univoco». Sulla possibilità di “fermare” gli insegnanti che a suo giudizio si siano macchiati di fatti gravi, dice Rusconi: «Un preside può sospendere un insegnante fino a dieci giorni. Oltre questo periodo di tempo interviene l’Ufficio scolastico regionale. Questo è l’unico strumento possibile. Ovviamente l’insegnante può rivolgersi al giudice del lavoro che può annullare il provvedimento».

Prof e nodo formazione
Sui maggiori difetti della scuola italiana: «Il vero problema è la formazione dei docenti. Se insegnanti di 58 e 60 anni (si riferisce all’età delle maestre di Scarmagno) dimostrano di non avere capito nulla della psicologia infantile, vuol dire che la formazione non esiste nel nostro Paese. Il ministero, i grandi sindacati, Cgil, Cisl e Uil e Snals l’hanno eliminata. È una fortuna che nel piano “La Buona Scuola” il Governo voglia reintrodurre per i docenti l’obbligo di formazione.

Insegnanti esenti da valutazione
Oltre alla formazione dei docenti, il secondo grande problema del nostro sistema scolastico è la valutazione di chi insegna: «La scuola, che comprende un milione di persone, è l’unico settore non valutabile». Con “La Buona Scuola” il Governo Renzi promette di introdurre anche un sistema di valutazione per i docenti, «ci vorrebbe, anche se quello previsto ora dall’esecutivo è un po’ incongruente» afferma Rusconi «speriamo non sia solo un effetto annuncio».

 

Scuola serali negate al Sud e a 3 milioni di analfabeti

da la Repubblica

Scuola serali negate al Sud e a 3 milioni di analfabeti

GLI insegnanti delle scuole serali, i moderni Cpia, Centri provinciali di istruzione degli adulti, segnalano il pericolo analfabetismo del Paese “per una percentuale crescente di italiani”. Gli insegnanti lo scrivono al presidente del Consiglio e al ministro dell’Istruzione: “In Italia la formazione degli adulti chiude l’accesso ai soggetti più deboli”.

Corrado Zunino

GLI insegnanti delle scuole serali, i moderni Cpia, Centri provinciali di istruzione degli adulti, segnalano il pericolo analfabetismo del Paese “per una percentuale crescente di italiani”. Gli insegnanti lo scrivono al presidente del Consiglio e al ministro dell’Istruzione: “In Italia la formazione degli adulti chiude l’accesso ai soggetti più deboli”.

L’ultimo rapporto dell’Ocse dice che il nostro paese tra gli adulti (16-65 anni) è ultimo su ventiquattro europei nelle competenze alfabetiche e penultimo in quelle matematiche. Il 5,6% degli italiani è al di sotto del livello uno, la soglia dell’analfabetismo. “Questo è il dato peggiore”. Più di tre milioni non superano o non raggiungono la capacità di lettura o scrittura della singola parola. Nei mesi scorsi una rete di insegnanti, sostenuti da docenti di dodici università italiane (tra loro Tullio De Mauro), ha avviato una campagna di sensibilizzazione sul tema dell’analfabetismo in età adulta. Molti degli utenti dei Centri di istruzione degli adulti vivono una condizione di analfabetismo funzionale o strumentale che rende difficili pratiche quotidiane semplici come iscrivere un figlio a scuola o comprendere un divieto su un cartello. Gli insegnanti serali segnalano preoccupati che il piano ministeriale per l’istruzione in età adulta non include le persone analfabete né prevede percorsi di istruzione legati ai saperi di base della scuola elementare.

Il ministro Stefania Giannini, presentando il suo piano

in tema, ha ricordato come in Italia ci siano 56 Cpia, che insieme ai Centri territoriali permanenti portano a 144 i luoghi di istruzione post-scolastica (non universitaria): quarantacinque in più di due anni fa. Diciannove Cpia sono in Lombardia, dieci in Piemonte, otto in Toscana, sette in Emilia Romagna, quattro in Friuli Venezia Giulia, due in Veneto, uno in Umbria e cinque in Puglia. Basta leggere questi numeri per rendersi conto che i centri per formare, o riformare educativamente, persone in età avanzata hanno lasciato scoperti pezzi interi del Paese, al solito il Sud (eccetto la Puglia). Angela Cortese, segretario della commissione Cultura in Regione Campania, ha fatto notare: “La nostra regione ha bisogno di formazione adulta come il pane”. Marcello Pacifico, presidente del sindacato Anief, dice: “Le zone dove non ci sono centri sono aree ad altissima percentuale di Neet, persone che non studiano e non lavorano, e hanno un’elevata presenza di ragazzi che abbandonano i banchi di scuola prima del tempo”. In Campania la dispersione scolastica è al 22 per cento, i Neet in tutta Italia sono invece 2,2 milioni. La nostra partecipazione ai corsi italiani per adulti resta tra le più basse dei paesi avanzati: gli italiani tra i 25 ed i 64 anni che si ri-formano sono appena il 6,6%. In Spagna, il 10,7%.

Sciopero del 24 ottobre, 100mila in piazza

da La Tecnica della Scuola

Sciopero del 24 ottobre, 100mila in piazza

I dati, ancora provvisori, forniti dall’Unicobas. Solo a Roma, dove si sono riscontrati i disagi maggiori per la contemporanea protesta dei dipendenti dei mezzi pubblici, hanno sfilato in 15mila. No categorico al Jobs-Act e alla ‘Buona Scuola’: 12 i punti contestati.

Sarebbe riuscito lo sciopero generale del sindacalismo di base, svolto il 24 ottobre, per dire no al Jobs-Act e alla ‘Buona Scuola’ del Governo Renzi. Un comunicato dell’Unicobas, che ha indetto la protesta assieme Usb e Orsa, definisce alta la “presenza in tutte le piazze italiane alle manifestazioni organizzate: 15.000 manifestanti hanno bloccato la capitale, 10.000 in piazza a Napoli, 9.000 a Torino e Bologna, 6.000 a Firenze, 4000 a Catania e Venezia (solo per citare i primi dati). Migliaia in piazza anche a Cagliari, Palermo, Vicenza, Alessandria, Campobasso, Terni, Trento, Potenza, Catanzaro”.

A Roma, complice lo sciopero dei mezzi pubblici, in diverse scuole i disagi si sono fatti sentire. Sia per la mancanza degli insegnanti, che hanno aderito allo sciopero,  sia perché in diversi casi gli allievi hanno preferito rimanere a casa.

Per quanto riguarda specificatamente la Scuola, sono diversi i punti contestati dai sindacati di base.

1) Renzi promette 150.000 assunzioni, come ‘generosa concessione’. In realtà, il Governo è obbligato ad assumere i precari da una sentenza della Corte di Giustizia Europea, che minaccia per l’Italia 4 miliardi di multa. Gli unici ‘beneficiari’ sarebbero i precari delle GAE (pure quelli che rifiutano incarichi da anni): tutti gli altri (anche con più anni di servizio), dovrebbero semplicemente cambiare lavoro. Ma gli assunti risulteranno infine molti di meno anche rispetto alle GAE (e verranno ‘regolarizzati’, però saranno sempre licenziabili, senza l’articolo 18), perché il Governo ha deciso di far “sparire” i posti vacanti ed alla fine assumerà solo sul turnover dei pensionati, obbligando il personale di ruolo a sostituire gratis gli assenti (calcolo a debito dei giorni di chiusura delle scuole). Quando le scuole non saranno aperte agli alunni entreranno in quella che Renzi chiama “banca delle ore”: così ogni docente dovrà restituirli integralmente lavorando in più (prevalentemente supplenze gratuite) in periodi decisi dal Dirigente o, se serve, anche durante le vacanze natalizie, pasquali ed estive, con mansioni diverse da quelle didattiche (La buona scuola, pp. 51 ss.).

2) Tutti i docenti perderanno la titolarità sull’istituto: con l’ ‘organico funzionale’ si verrà assegnati ad “una rete di scuole”, e uno dei Dirigenti di queste deciderà in quale si lavorerà e con che mansioni. Se necessario, il dirigente potrà obbligare il docente a sostituire gli assenti, anche in scuole diverse (La buona scuola, pp. 14 ss.).

3) Si potrà essere spostati su di un piano interprovinciale, oppure su cattedre relative a materie diverse dalla propria (purché “affini”!) (La buona scuola, pp. 27 ss.). Un gruppo di “esperti” del Governo definirà (in tre mesi – sic!) le “competenze dei docenti” (La buona scuola, pp. 45 ss.).

4) Gli insegnanti passeranno la vita a raccogliere ‘crediti’ da inserire in un PORTFOLIO “vagliato” discrezionalmente dal ‘Nucleo di Valutazione’ di ogni scuola, che potrà operare in modo diverso dai ‘nuclei’ delle altre (La buona scuola, pp. 51 ss.).

5) Aboliti tutti gli scatti di anzianità, rimarrà solo lo stipendio-base. Ogni 3 anni, se ‘graditi ai superiori’, avremmo (ammesso che ci siano i fondi) una mancia di €. 60 (meno per Medie e Primaria). Altrimenti, nemmeno quella. Infatti, solo 2 Docenti su 3 ne avrebbero diritto. Verrebbe stilata una classifica pubblicata on-line e solo i primi due terzi della classifica avrebbero quella mancia (La buona scuola, pp. 51 ss.).

6) Per premiare i “meritevoli” non viene stanziato un euro: è tutto autofinanziato con lo scippo degli scatti automatici. Il primo scatto di ‘merito’ si avrebbe solo nel 2018 grazie al recupero di quelli non pagati nel frattempo (La buona scuola, pp. 55 ss.).

7). Il Dirigente avrebbe fidati esecutori e controllori, chiamati mentor, scelti solo fra chi risultasse ‘meritevole’ per 3 ‘volte’ consecutive (ottenendo la ‘elargizione’ dei 60 € per 9 anni). I ‘mentor’ sarebbero al massimo il 10% della categoria, e guadagnerebbero una “indennità di posizione”, oltre agli scatti di merito (La buona scuola, pp. 57 ss.).

8) Cosa che non succede in nessun paese del mondo, il dirigente (che non ha i requisiti di terzietà richiesti) avrà mano totalmente libera nello scegliere fra docenti ed ata,premiando o penalizzando come meglio crede.

9) Le scuole private avranno più soldi e con più facilità.

10) Le Scuole Statali riceverebbero soldi da “Enti Locali, famiglie e privati”, che ne determinerebbero la linea educativa.

11) Il dirigente chiamerebbe nella propria scuola i docenti che vuole, scegliendoli dal Registro nazionale senza vincolo di graduatoria o diritti acquisiti, esattamente come nelle scuole private.

12) I Decreti Delegati, che nel 1974 hanno introdotto la democrazia elettiva nella scuola, verrebbero aboliti. Il Collegio dei Docenti diverrebbe un Consiglio meramente consultivo, adibito solo alla programmazione didattica. Tutto il potere andrebbe al Dirigente e al “Consiglio dell’Istituzione scolastica”, al quale parteciperebbero con diritto di voto i finanziatori privati. Insomma, esattamente quanto era già previsto dal disegno di legge Aprea di Forza Italia. Nella scuola, l’eliminazione dell’art. 18 per i neo-assunti s’incastra perfettamente con il piano di gestione privatistica che vuole Renzi, tutto incentrato sullo strapotere dei dirigenti, eliminando di fatto libertà d’insegnamento e d’apprendimento.

Quanto contano davvero i sindacati?

da La Tecnica della Scuola

Quanto contano davvero i sindacati?

Ci sarà domani quel milione di persone annunciato da Cgil? Eppure il 71% degli italiani non ha fiducia proprio nei sindacati, soprattutto i dipendenti pubblici. Tuttavia la domanda è: quanta Italia è rappresentata davvero dai sindacati?

In questi giorni, scrive Wired.it, da più parti viene sollevata la questione dell’obsolescenza dell’istituzione sindacale, una forma di tutela su cui gli italiani parrebbero riporre sempre meno fiducia. Per questo la domanda ricorrente è: quanta Italia è rappresentata davvero dai sindacati? E soprattutto, ha senso porsi la domanda sulla legittimità dell’istituzione sindacale dal punto di vista del numero degli iscritti?

Tuttavia, se vogliamo attenerci ai numeri ufficiali resi noti dai tre grandi sindacati CGIL, CISL e UIL, in realtà in certi casi i numeri rivelano addirittura una crescita rispetto al 2012. 5.686.210 italiani iscritti alla CGIL, 4.372.280 alla CISL e 2.216.443 alla UIL nell’ultimo anno di sui abbiamo i dati completi, il 2013.

In altre parole l’equivalente di tutti gli abitanti del nord-est, Emilia-Romagna compresa.

Se tuttavia è vero che rispetto al 2012 la CGIL pare rilevare una leggera flessione (-0,4%) sembra sia la CISL a sentire maggiormente il divario con una perdita dell’1,5%, mentre UIL ha rilevato addirittura un aumento dei tesserati (+0,47%), e una costante crescita dal 2009. Inoltre, c’è da dire che il calo degli aderenti a CGIL e CISL non riguarda tutte le regioni.

Nel nord Italia, specie a nord est il numero degli iscritti alla CGIL sarebbe addirittura complessivamente aumentato, mentre pare che ad abbassare le classifiche di CGIL e CISL siano i lavoratori del sud, che invece sembrano dimostrare più fiducia nella UIL.

Questa dunque la situazione per come viene fotografata dagli stessi sindacati a fine 2013.

Fare i conti precisi però non è semplice, anzi per quanto riguarda il privato, a detta degli stessi addetti ai lavori, purtroppo impossibile.

Come spiega ai microfoni di Wired Annalisa Scalco – responsabile dell’ufficio stampa di Confsal (Confederazione Generale dei Sindacati Autonomi dei Lavoratori), quarta confederazione generale italiana con 1 milione di iscritti – mentre nel pubblico ad oggi esiste un’agenzia, l’ARAN, che gestisce sistematicamente e per obbligo di legge la “conta” degli iscritti ai vari sindacati, e quindi definisce la loro vera rappresentatività e rappresentanza, ciò non avviene per il privato.

Numeri validi per il pubblico dunque, ma non per il settore privato, che non rappresenta certo una piccola fetta della presenza sindacale nel nostro paese.

Secondo il recente sondaggio Ixé realizzato per Agorà di Rai Tre , pubblica sempre wired.it, andato in onda lo scorso 3 ottobre secondo cui solo il 28% degli intervistati si sentirebbe rappresentato dall’istituzione sindacale in quanto lavoratore e il 71% avrebbe dichiarato di non avere fiducia nei sindacati.

I sondaggi paiono dunque raccontare una lenta agonia delle istituzioni sindacali, ma per avere realmente il polso della situazione italiana è necessario rifarsi ai dati precisi, dati che per quanto riguarda il privato purtroppo non ci sono.

Duemila Ata in meno: Giannini lo sa che deve cambiare la legge?

da La Tecnica della Scuola

Duemila Ata in meno: Giannini lo sa che deve cambiare la legge?

Si continua a parlare di taglio del personale Ata, ma per portare a termine l’operazione bisognerà rivedere le tabelle che però sono atto di legge. E che dire dei 10milioni di euro destinati alla digitalizzazione degli uffici? Al Miur lo sanno che corrispondono a 1.250 euro per ufficio?

Sempre più spesso accade che le decisioni della politica relative al nostro sistema di istruzione siano di così basso profilo da risultare pressochè incommentabili.
E’ il caso, a nostro parere, del punto della bozza della legge di stabilità riguardante il personale amministrativo e gli uffici delle segreterie scolastiche.
Secondo l’ipotesi attuale si prevede un taglio di più di 2mila posti che si potrà ottenere mediante una revisione delle tabelle con cui si calcola l’assegnazione del numero di assistenti a ciascuna scuola.
Forse, però, qualche decisore politico ha dimenticato (o trascurato) il fatto che la tabella sta all’interno di una legge dello Stato e quindi il “taglio” per diventare operativo deve essere accompagnato da un altro provvedimento normativo che modifichi la tabella A allegata al D.P.R. n. 119 del 2009.
In che modo si provvederà alla revisione dei parametri? Con un “collegato” alla finanziaria? E se sì quali saranno i tempi? Ma al Miur lo sanno che normalmente tra marzo e aprile si lavora per definire gli organici di diritto dell’anno successivo?
Quando pensano di lavorare alla modifica della tabella A (tabella che – ripetiamo – è atto di legge e non un semplice provvedimento amministrativo modificabile attraverso un decreto o una ordinanza)?
Il secondo punto incredibile riguarda il finanziamento previsto per la digitalizzazione delle segreterie scolastiche: il Ministro sta sbandierando che ci saranno risorse importanti e impegnative, ma alla resa dei conti si tratta di 10milioni di euro.
Ora se dividiamo questa somma fra  le 8mila scuole italiane ne viene fuori la fantastica cifra di 1.250 euro per ogni ufficio. Domanda banale: a Viale Trastevere lo sanno che un PC di fascia media non costa meno di 5-600 euro? Lo sanno che un router casalingo non sta sotto i 2-300 euro e che un access-point per una rete wireless non costa esattamente come tre risme di carta ? Francamente non sappiamo davvero cosa si fare con 1.250 euro per ufficio; a meno che non si tratti della solita stupidaggine all’italiana: ci sono 10milioni di euro e si parte con 2mila scuole. Peccato che in tal modo la dgitalizzazione degli uffici durerà 4 anni. Ma intanto i tagli del personale amministrativo ci saranno da subito.
Sarebbe come dire: tagliamo tutte le tredicesime del 10% ma al tempo stesso riduciamo il costo della benzina, ma solo in 10 città italiane. Chi ha la sfortuna di abitare in un’altra città si becca il taglio ma non il risparmio. Peggio per lui: evitentemente abita in una città sbagliata e al momento sbagliato.

La mappa dei tagli all’Istruzione

da La Tecnica della Scuola

La mappa dei tagli all’Istruzione

La relazione al ddl stabilità conferma i tagli annunciati nei giorni scorsi, compresi quelli lineari che prevedono riduzioni di spesa pari a 148, 6 milioni.

Ridotti di 200mila euro, a partire dal 2015, perfino gli stanziamenti per la Scuola per l’Europa di Parma, attivata in via sperimentale nel 2004 per creare una struttura formativa sul modello di quelle europee; e poi tagli di 30 milioni al fondo di finanziamento per il potenziamento dell’offerta formativa a vantaggio degli studenti (legge n. 440/97); ridotto il numero dei docenti incaricati del coordinamento dei progetti di avviamento alla pratica sportiva (e dunque esonerati dall’insegnamento): attualmente previsti nel numero di uno per provincia, i docenti (e i relativi esoneri) diventeranno uno per regione a partire dal prossimo anno scolastico; meno fondi anche per la Scuola per la formazione europea Jean Monnet e per la nuova sede universitaria di Genova (istituto Erzelli);

Gli oltre 148 milioni di tagli aggiuntivi al bilancio del ministero dell’Istruzione per il 2015, scrive Il Sole 24 Ore, riguarderanno in gran parte il settore dell’istruzione scolastica, al quale viene richiesto un contributo di 139,9 milioni che arriverà soprattutto da tagli alle scuole superiori (54,8 milioni). Riduzioni di spesa più contenute, invece, per la formazione universitaria, che subirà tagli per 5,4 milioni, e per ricerca e innovazione, dove la forbice taglierà poco più di un milione.

“Presidi con pochi poteri, formazione e valutazione dei prof: i problemi da affrontare”

da La Tecnica della Scuola

“Presidi con pochi poteri, formazione e valutazione dei prof: i problemi da affrontare”

Mario Rusconi, vicepresidente dell’Anp a 24Mattino, su Radio24, ha commentato alcuni fatti di cronaca che hanno visto insegnanti coinvolti e si è chiesto: come fermare questi prof?

Dai fatti di Scarmagno, dove due maestre hanno assegnato temi choc, all’insegnate di Treviso, sospeso perché accusato di avere metodi educativi violenti nei confronti dei suoi alunni di 6 e 7 anni,  “a volte ci sono delle insensatezze nella pubblica amministrazione (e la magistratura ne fa parte) che come cittadino ho difficoltà a comprendere”, dice Rusconi.

Sulla possibilità di “fermare” gli insegnanti che a suo giudizio si siano macchiati di fatti gravi, dice Rusconi: “Un preside può sospendere un insegnante fino a dieci giorni. Oltre questo periodo di tempo interviene l’Ufficio scolastico regionale. Questo è l’unico strumento possibile. Ovviamente l’insegnante può rivolgersi al giudice del lavoro che può annullare il provvedimento”.

Sui maggiori difetti della scuola italiana, continua Rusconi: “Il vero problema è la formazione dei docenti. Se insegnanti di 58 e 60 anni dimostrano di non avere capito nulla della psicologia infantile, vuol dire che la formazione non esiste nel nostro Paese. Il ministero, i grandi sindacati, Cgil, Cisl e Uil e Snals l’hanno eliminata”, ben venga dunque, sottolinea Rusconi, il piano “La Buona Scuola” del Governo che  reintroduce per i docenti l’obbligo di formazione.

Tuttavia, oltre alla formazione dei docenti, il secondo grande problema del nostro sistema scolastico è la valutazione di chi insegna: “La scuola, che comprende un milione di persone, è l’unico settore non valutabile”, speriamo che il Governo Renzi mantenga la promessa di introdurre anche un sistema di valutazione per i docenti, “ci vorrebbe, anche se quello previsto ora dall’esecutivo è un po’ incongruente”.

Sembra dunque che l’Anp, e i presidi che rappresenta, non veda l’ora di avere in mano un cartellino o una pagella o uno strumento di giudizio con cui, a seconda chi avvinghia, si possa spedire il docente nel girone di appartenenza, benchè, e ciò rende perplessi, non abbia fatto cenno a quei dirigenti che, presi da sacri furori, reputano la scuola “cosa loro”.

In proporzione al numero dei professori, commentò un sindacalista, accadimenti disdicevoli a carico dei presidi se ne registrano altrettanti.

La giusta proporzione è forse quella che manca per davvero.

Il 21 novembre si celebra la Festa dell’Albero 2014

da La Tecnica della Scuola

Il 21 novembre si celebra la Festa dell’Albero 2014

L.L.

Torna anche quest’anno la campagna di Legambiente per avvicinare e coinvolgere cittadini di tutte le età ai temi ambientali. Per aderire all’iniziativa e ricevere i materiali utili le scuole hanno tempo fino al 7 novembre

Anche nel 2014 il 21 novembre si celebra la Festa dell’Albero, l’iniziativa promossa da Legambiente sui temi ambientali.

Bambini, ragazzi, insegnanti, genitori, nonni, volontari e amministratori sono invitati a partecipare per restituire alla comunità locale spazi belli e accoglienti per una città più vivibile e sostenibile.

Il protagonista dell’edizione 2014 è l’abbraccio all’albero. L’obiettivo è battere il Guinness World Record  per il più grande abbraccio simultaneo agli alberi di tutta Italia (e non solo!). l’appuntamento è per le ore 12.

La scuola può mettersi in contatto con il Circolo di Legambiente più vicino e cercare, al fine della realizzazione dell’iniziativa, il supporto del Comune e dei vivai locali per avere un aiuto nel procurare piantine, semi e materiali per effettuare la piantumazione.

Le scuole hanno diverse opportunità per aderire: diventare Classe per l’Ambiente, con un contributo di 10 euro, Classe per l’Ambiente – Special, con un contributo di 15 euro (anziché 20) o Scuola sostenibile, con un contributo promozionale di 80 euro (anzichè 100).

A chi sceglierà l’adesione gratuita, da trasmettere entro il 7 novembre, saranno inviati 25 opuscoli della Festa dell’albero.

Per info: clicca qui