Buone pratiche (sperimentali) per una Buona Scuola

Buone pratiche (sperimentali) per una Buona Scuola

di Giancarlo Cerini

 

La funzione delle scuole sperimentali

Molti dei nodi irrisolti contenuti nel documento del Governo oggetto di consultazione pubblica (“La Buona Scuola”) potrebbero essere affrontati ascoltando le esperienze più innovative messe già in atto in molte scuole del nostro paese. In fondo, la “buona scuola” c’è già, ma non fa sistema: sono realtà frammentate, isole disperse, che devono essere aiutare a fare arcipelago e poi a diventare terraferma, cioè una base solida per l’intero sistema scuola.

E’ questo il caso delle tre scuole italiane appartenenti alla rete “Wikischool” (Scuola-città Pestalozzi di Firenze, Scuola Don Milani di Genova, Scuola Media “Rinascita” di Milano) che da anni sono impegnate in attività di ricerca e sperimentazione sull’organizzazione didattica e professionale, avvalendosi della “copertura” dell’art. 11 del Dpr 275/1999 che ancora consente di autorizzare sperimentazioni strutturali con un lieve incremento del numero dei docenti (organico funzionale).

Al di là di aspetti curricolari, didattici ed educativi (la continuità verticale, le tecnologie didattiche, la gestione della classe, i laboratori, ecc.) le tre scuole offrono interessanti suggestioni e soluzioni operative nel campo dello sviluppo professionale degli insegnanti e consentono di chiarire alcune delle questioni controverse che sono contenute nel documento del Governo. Ad esempio: come favorire un migliore raccordo tra bisogni della scuola e personale che chiede di insegnarvi, superando meccanismi automatici di assegnazione?; come far sì che la scuola diventi un luogo di “crescita” professionale dei docenti e con quali impegni, condivisioni, “patti”?; come favorire una dimensione collaborativa e collegiale del lavoro docente, valorizzando apporti e impegni dei singoli docenti, attuando un’idea non-competitiva di merito?

 

Cicli di vita professionale

Vediamo più nel dettaglio qual è il contributo che alcune innovazioni adottate nelle tre scuole sperimentali possono offrire all’intero sistema educativo italiano.

Abbiamo immaginato[1] un ideale ciclo di vita professionale, dalla formazione iniziale alla maturità, mettendo in relazione con le nuove proposte del Governo e le prospettive di una possibile generalizzazione delle innovazioni.

Le fasi dello sviluppo professionale Cosa dice “Buona Scuola”? Quali le esperienze delle Wiki-school? Cosa si dovrebbe generalizzare in ogni scuola? Quale è il ruolo di una rete di scuole-polo?
Formazione iniziale Dopo un percorso universitario scandito in 3+2 anni, sono previsti 6 mesi di praticantato a scuola, con la guida di un mentor interno. Le scuole sperimentali sono contesti operativi idonei ad ospitare tirocini formativi in accordo con le Università. Ogni scuola dovrebbe accreditarsi per accogliere tirocinanti, inserendo la loro formazione pratica tra i compiti istituzionali. Predisporre strumenti di osservazione e supervisione della pratica “guidata”. Formare figure di mentor, in collaborazione con Università
Assegnazione docenti alle scuole Favorire la individuazione di docenti per le esigenze ad hoc di ogni istituto (anche sulla base di un albo di docenti e di un portfolio pubblico). I docenti interessati partecipano ad un bando si sottopongono ad un colloquio attitudinale, dopo l’esame del loro curriculum (ad opera di una commissione). Sulla base di una dotazione organica di rete, ogni scuola favorisce l’incontro tra domanda-offerta di posizioni di insegnamento. Affinare le modalità di “matching” tra progetto della scuola e risorse professionali disponibili e motivate.
Formazione in ingresso Il docente in ingresso viene affiancato da uno o più tutor che lo supervisionano in passaggi “forti” del lavoro (didattica, laboratorio, consigli, ecc.) per almeno due anni. Ogni scuola si prende “carico” dei nuovi assunti con modalità di accompagnamento (tutoraggio, osservazione in classe, peer review, supervisione professionale). Messa a punto di figure ad hoc per il tutoraggio dei neo-assunti (mentor) e sperimentazione di metodi e modelli di accoglienza orientati alla dimensione collaborativa.
Formazione in servizio Sviluppare azione formative (obbligatorie) legate ai contesti e alle pratiche didattiche, meglio se in rete. L’attività formativa non consiste solo in frequenza di corsi, ma in “laboratorio adulto” di ricerca, formazione e produzione di ipotesi didattiche, in modalità collaborative. Le scuole in rete danno vita a laboratori di formazione-ricerca fortemente orientati alla pratica didattica ed alla soluzione dei problemi di gestione della classe. Alcune scuole si qualificano per la loro “specialità”. In ogni regione si costituiscono scuole-laboratorio come punti di riferimento per la formazione (art. 7/Dpr 275).Le scuole sperimentali storiche (assieme ad altre di solide tradizioni) costituiscono un “parco pedagogico” delle scuole innovative.
Valutazione/valorizzazione Introdurre progressioni economiche differenziate, per per premiare meriti ed impegni, resi visibili da un sistema di crediti formativi, professionali, didattici. La “valutazione” si riferisce alla verifica dell’impegno, dello stile e dei livelli di partecipazione del docente al progetto della scuola. Sulla base di criteri nazionali riferiti a standard professionali (standard di prestazioni –crediti- nelle aree della formazione in servizio, degli impegni gestionali, della didattica) la scuola accerta il raggiungimento delle soglie di qualità prescritte e “valida” lo sviluppo di carriera. Le scuole sperimentali diventano cantieri di ricerca per “profilare”   e descrivere le diverse tipologie di crediti con particolare riferimento alla qualità delle pratiche didattiche:autovalutazione

documentazione

rendicontazione.

Si tratta dei passaggi più significativi di un ciclo di vita professionale orientato al miglioramento continuo ed al dinamismo culturale e progettuale. L’intreccio con la comunità scolastica di appartenenza assicura un “imprinting” ed una visione collaborativa del lavoro docente nella convinzione che non solo i “buoni docenti” –che vanno adeguatamente formati, selezionati ed individuati- faranno una buona scuola, ma che una scuola con il suo stile, la sua storia, la sua identità è in grado di far crescere buone professionalità.

 

Un’emergenza: la formazione in ingresso

Un contributo significativo le tre wikischool lo possono offrire per la realizzazione di un sistema di formazione in ingresso dei docenti neo-assunti (28.000 quest’anno scolastico, presumibilmente 148.000 nel prossimo) che vada oltre la routine degli incontri di aggiornamento e delle esercitazioni sulle piattaforme digitali. Infatti, fin dal suo ingresso nella scuola il neo-docente potrebbe essere affiancato da figure di tutor (tutoraggio diffuso) che lo osservano in situazioni tipiche del lavoro: in aula, nei laboratori, nella progettazione, nei consigli di classe. Le scuole sperimentali hanno già provato appositi protocolli di osservazione dei comportamenti professionali, schede di sintesi con un giudizio espresso con un punteggio sulla base di apposite rubriche descrittive (ove si apprezza in particolare la capacità di lavorare con i colleghi)[2].

L’intenzione non è quello di enfatizzare il momento valutativo, ma di aiutare un insegnante in un processo di riconoscimento della propria professionalità (dei punti di forza e di criticità), di favorire l’autovalutazione convalidata da un occhio terzo, a scopo formativo e di miglioramento. Il percorso di accompagnamento prevede anche l’impegno a progettare una o più unità didattiche e a realizzare colloqui di supervisione con i propri tutor durante l’anno scolastico. Un patto per lo sviluppo professionale potrebbe suggellare questo impegno del docente ad arricchire la sua preparazione, in sintonia con la progettualità della scuola in cui opera[3].

Questi elementi potrebbero rappresentare la base per il rilascio di crediti didattici agli insegnanti: si potrebbe anche non entrare nel merito della qualità della didattica (anche per la difficoltà ad adottare criteri interpretativi univoci), ma limitarsi ad un incisivo protocollo metodologico. Cioè ottiene crediti didattici il docente che è disponibile a:

  • documentare una o più sequenze didattiche del proprio insegnamento (attraverso modalità cartacee, multimediali, prodotti autentici, ecc.);
  • discutere con un esperto delle caratteristiche della propria azione didattica;
  • accogliere in classe un collega per osservazioni formative (peer review) sulle strategie didattiche adottate;
  • condividere prove comuni di verifica e valutazione.

 

Rilanciare la “buona” ricerca

La descrizione di varie tipologie di crediti richiede che scuole particolarmente propense all’innovazione possano sperimentare strumenti, modelli, procedure fattibili. Qualcosa non convince nel meccanismo premiale dei 2/3 e 1/3 ipotizzato in “Buona Scuola”. Piuttosto che suddividere gli insegnanti in scaglioni prefissati rispetto ad una classifica (ranking) è opportuno definire delle soglie di accettabilità (rating) rispetto alle quali TUTTI i docenti possano aspirare a raggiungerle, marcando in questo modo un effettivo miglioramento delle caratteristiche dell’insegnamento. La valutazione del merito si assocerebbe così alla salvaguardia, anzi al potenziamento della dimensione collaborativa della funzione docente. Le scuole sperimentali WIKI possono dunque candidarsi nei prossimi mesi ed anni a promuovere le loro scuole come laboratori per lo sviluppo professionale, mettendo a fuoco soluzioni operative nello stile comunitario che le contraddistingue.

 


 

[1] Le presenti riflessioni scaturiscono dalla partecipazione all’incontro delle scuole sperimentali della rete Wikischool, tenutosi a Milano il 21 ottobre 2014 (Gruppo di lavoro: Reclutamento, formazione e valutazione).

[2] S.Bertone, M.Pedrelli, Il ruolo della comunità in un modello di valutazione professionale dei docenti, in “Rivista dell’istruzione”, n. 6, novembre-dicembre 2014, pp. 36-45, Maggioli.

[3] Un esempio di “patto per lo sviluppo professionale” adottato dalla Scuola Don Milani di Genova è ripreso in G.Cerini, Crediti e portfolio, Voci della scuola “La Buona Scuola 1”, Notizie della Scuola ¾, ottobre 2014, Tecnodid.

Coldiretti: bene lo stop delle Regioni ai cibi spazzatura nelle scuole

da La Stampa

 Coldiretti: bene lo stop delle Regioni ai cibi spazzatura nelle scuole
In Italia un bambino su quattro è in sovrappeso per l’alimentazione scorretta
roma«Fermare la vendita del cibo spazzatura nelle scuole a favore di alimenti locali, freschi e sani come spremute, frutta e verdura di stagione, anche da sgranocchiare e in grado di assicurare senso di sazietà e garantire un adeguato apporto idrico, può contribuire a sconfiggere i problemi di eccesso di peso e obesità». È quanto afferma la Coldiretti nel commentare positivamente il protocollo approvato dai 20 assessori all’agricoltura delle regioni italiane che vieta «la distribuzione ai minori, mediante distributori automatici e in ogni luogo aperto al pubblico di alimenti e bevande sconsigliati ovvero contenenti un elevato apporto totale di lipidi per porzione, grassi trans, oli vegetali, zuccheri semplici aggiunti, prodotti ad alto contenuto di sodio, nitriti e/o nitrati utilizzati come additivi, aggiunta di zuccheri semplici e dolcificanti, elevato contenuto di teina, caffeina e similari’’.

«Una svolta necessaria in un Paese come l’Italia dove quasi un bambino sui quattro (il 22,2 per cento) e in sovrappeso, mentre il 10,6 per cento e addirittura obeso secondo l’ultimo Rapporto “Okkio alla salute”» afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare il rischio che «i giovani di questa generazione potrebbero essere i primi a vivere meno dei propri genitori».

«Una situazione paradossale nella patria della dieta mediterranea che – sottolinea Moncalvo – ha fino ad ora garantito agli italiani una vita media di 79,4 anni per gli uomini e di 84,5 per le donne, tra le più elevate al mondo. L’aumento di peso – precisa la Coldiretti – è infatti un importante fattore di rischio per molte malattie come i problemi cardiocircolatori, il diabete, l’ipertensione, l’infarto e certi tipi di cancro».

«E le tendenze – continua la Coldiretti – non sono incoraggianti perché con la crisi il numero dei bambini e adolescenti che mangia frutta e verdura a ogni pasto è sceso al 35 per cento nel 2013 rispetto al 37 per cento dell’anno precedente, mentre quelli che la mangiano una volta al giorno sono passati al 35 per cento contro il 39 per cento e si registra anche un aumento di coloro che non l’assumono o lo fanno un massimo di 2 volte a settimana (31 per cento contro il 24 per cento)».

«La grande diffusione dei distributori automatici dove acquistano 23 milioni di italiani, tra i quali ben dieci milioni regolarmente, deve essere accompagnata – sostiene la Coldiretti – da una innovazione che punti a privilegiare prodotti naturali, di stagione e Made in Italy con obiettivi salutistici ma anche di formazione, soprattutto nelle scuole. Un obiettivo che – continua la Coldiretti – può essere sostenuto con l’aiuto dei nuovi distributori automatici di frutta e verdura snack che si stanno diffondendo e dove è possibile acquistare a prezzi calmierati frutta fresca, disidratata o spremute di origine nazionale senza aggiunte di zuccheri o grassi come alimento rompi-digiuno per una merenda sana alternativa».

«La Coldiretti è impegnata nel progetto “Educazione alla Campagna Amica” che coinvolge oltre centomila alunni delle scuole elementari e medie in tutta Italia che partecipano ad oltre tremila lezioni in programma nelle fattorie didattiche e agli oltre cinquemila laboratori del gusto organizzati nelle aziende agricole e in classe. L’obiettivo – conclude la Coldiretti – è quello di formare dei consumatori consapevoli sui principi della sana alimentazione e della stagionalità dei prodotti per valorizzare i fondamenti della dieta mediterranea e ricostruire il legame che unisce i prodotti dell’ agricoltura con i cibi consumati ogni giorno e fermare il consumo del cibo spazzatura».

Immissioni in ruolo sì. Ma non solo da Graduatorie ed esaurimento

da La Tecnica della Scuola

Immissioni in ruolo sì. Ma non solo da Graduatorie ed esaurimento.

Se ricostruiamo l’iter dei percorsi abilitanti in Italia, infatti, sostiene Silvia Chimienti, prima firmataria della proposta, ci accorgiamo di parecchie incongruenze e particolarità, che non fanno onore alla nostra legislazione scolastica.

Immissioni in ruolo sì. Ma non solo da Graduatorie ed esaurimento.
E’ questa la richiesta del M5S che, a tal proposito ha presentato, in data 20 ottobre,  un’interrogazione parlamentare al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
Perché, infatti, fare disparità di trattamento e distinguere tra abilitati di serie A e abilitati di serie B?
Se ricostruiamo l’iter dei percorsi abilitanti in Italia, infatti, sostiene Silvia Chimienti, prima firmataria della proposta, ci accorgiamo di parecchie incongruenze e particolarità, che non fanno onore alla nostra legislazione scolastica.
Infatti i percorsi di abilitazione all’insegnamento svoltisi dall’anno accademico 1999/2000 all’anno accademico 2008/2009 con le Scuole di specializzazione all’insegnamento secondario, le cosiddette SISS, prevedevano per gli abilitati, al termine di un percorso formativo di due anni accademici con annesso un tirocinio didattico educativo di complessive 300 ore da svolgersi nelle istituzioni scolastiche convenzionate affiancati da un insegnante/tutor e da un insegnante supervisore, un esame di Stato conclusivo che attribuiva in caso di superamento l’abilitazione nella corrispondente classe di concorso e l’accesso alle graduatorie permanenti.
A decorrere dalla legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006) le graduatorie permanenti sono state trasformate in graduatorie ad esaurimento. Ne è conseguito che, solo fino al biennio 2007/2008 -2008/2009 (IX ciclo SISS), sono stati consentiti nuovi inserimenti di personale abilitato nelle nuove graduatorie ad esaurimento; nel frattempo, nel 2010 il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca sospendeva il X ciclo SISS; nel 2012, a seguito dell’emanazione del decreto ministeriale n. 249 del 2010 concernente la “definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado, ai sensi dell’articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244” sono state attivate le nuove procedure per il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento.
E qui scattano le anomalie. Perché gli abilitati a seguito del superamento del suddetto tirocinio formativo attivo hanno avuto diritto all’inserimento nella seconda fascia delle graduatorie d’istituto, difformemente da quanto previsto per gli abilitati mediante il percorso analogo delle scuole di specializzazione all’insegnamento secondarie, per i quali era previsto l’accesso alle graduatorie permanenti e, successivamente, alle graduatorie ad esaurimento.
Da ingiustizia si generano a catena ulteriori ingiustizie. Nel documento “La buona scuola”, presentato il 3 settembre 2014 dal Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi, viene previsto un piano di assunzioni straordinarie per circa 148.100 docenti, in sostanza tutti gli attuali iscritti nelle Graduatorie ad esaurimento, da realizzarsi entro settembre del 2015. E fin qui va tutto bene. E gli altri abilitati non presenti nelle Gae?
Dal medesimo documento risulta che per i circa 166.400 docenti abilitati tramite tirocinio formativo attivo ordinario e percorsi abilitanti speciali, per i diplomati magistrali e i laureati in scienze della formazione primaria dopo il 2010-2011, l’unica via prospettata per conseguire l’immissione in ruolo e la stabilizzazione sia quella della partecipazione ad un nuovo concorso, che verrà bandito nel 2015.
Come mai sussiste dunque, a fronte di due percorsi abilitanti analoghi, una evidente disparità di trattamento tra cittadini abilitatisi entro il 2008/2009 con le SISS e i cittadini abilitatisi con tirocinio formativo attivo o percorsi abilitanti speciali a partire dal 2012, o che abbiano visto riconosciuto il valore abilitante del proprio titolo solo molti anni dopo averlo conseguito, come i diplomati magistrali?
Come mai per i primi è prevista la stabilizzazione entro il settembre 2015, per i secondi il mero accesso a un nuovo concorso?
Il M5S chiede dunque al ministro Giannini in che modo intenda sanare questa disparità di trattamento, valorizzando la professionalità di docenti già formati e già abilitati dallo Stato, che hanno dunque compiuto un percorso altamente qualificato e con costi onerosi in tutte le regioni d’Italia.
Chiede altresì che le immissioni in ruolo non si facciano solo dalle Gae, ma anche dalla seocnda fascia delle Graduatorie d’istituto. Sarebbe opportuno procedere ad immettere in ruolo tramite scorrimento delle graduatorie, in subordine all’assunzione dei docenti iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, anche i docenti abilitati attualmente inseriti nella seconda fascia delle graduatorie d’istituto, garantendo loro un doppio canale per l’accesso al ruolo e la certezza di essere assunti e non disperdendo le grandi competenze acquisite e già testate tramite i suddetti percorsi abilitanti.
Niente abilitati di serie A e di serie B, se la nostra Costituzione prevede l’uguaglianza di tutti i cittadini e pari opportunità per tutti i cittadini italiani.

Esame di Stato: resta tutto com’è, forse

da La Tecnica della Scuola

Esame di Stato: resta tutto com’è, forse

Per il momento tutti esultano. In particolare i docenti e soprattutto coloro che avevano firmato la petizione di Giorgio Allulli. esperto di valutazione dei sistemi formativi e tecnico dell’Isfol, per mantenere le commissioni esterne. Niente favoritismi alle scuole private, svaniti i timori per l’abolizione del valore legale del titolo di studio.

Esame di stato, che tormento. Il governo sembra non sapere più che pesci prendere. Un giorno ci sono i commissari esterni, un altro spuntano quelli tutti interni. Finalmente però la Giannini, intervistata da Rainews24, svela l’arcano.  “I commissari interni negli esami di Stato? Abbiamo un veicolo ideale per tutti questi temi che è il decreto scuola che sarà fatto a gennaio. Quella è la sede in cui parlare di tutto. Anche dei dettagli quindi, anche della composizione delle commissioni”
Insomma è tutto rinviato al freddo inverno.E in tempi sempre più vicini all’esame stesso. Come saranno strutturate le commissioni? Sarà introdotta una quarta prova nazionale? Saranno nome valide per il 2015 o operative dal 2016?
Certo è che nel testo presentato alla Camera non c’è più l’intervento previsto sulle commissioni di maturità con i soli commissari interni. La composizione dovrebbe restare quindi quella attuale con tre commissari interni e tre esterni. Dovrebbe, il condizionale è d’obbligo.
Sottolinea la Uil scuola: “Bene il ripensamento. Per la scuola, per rispettare insegnanti e studenti, occorre seguire una regola chiara: non si fanno cambiamenti in corso di anno scolastico.”
Perché forse in questa bailamme nessuno o pochi pensano ai veri protagonisti dell’esame, che sono gli alunni. A quale tipo di prova dovranno prepararsi? Saranno vantaggiati o svantaggiati dagli eventuali cambiamenti in itinere? Perché chi sostiene l’esame di maturità in Italia deve avere la fortuna di capitare nell’annata giusta?
Secondo Skuolanet 1 maturando su 3 si dice in preda all’ansia, mentre si definisce “arrabbiato” il 26% perché si considera penalizzato dalla situazione. La maggioranza degli studenti, 1 su 5, è preoccupato soprattutto in merito alla commissione d’esame, ma anche l’eventuale cambiamento del ruolo della tesina maturità o delle prove d’esame scritte turba i loro sonni.
Insomma le indecisioni e le voci di corridoio su commissari esterni (21%), sull’abolizione della tesina (20%), su eventuali modifiche sulla terza prova (19%) e l’improvvisa apparizione di una prova comune in lingua inglese (20%) creano ansia tra i giovani.
E’ evidente che la commissione tutta di interni aveva fatto la gioia degli alunni. Ben 2 su 3 dei maturandi 2015, infatti, avrebbero preferito non avere a che fare con prof esterni all’esame e il dato non cambia di molto chiedendo la stessa cosa a ragazzi che non sono ancora al 5° anno. Anche tra loro, infatti, la maggioranza (il 44%) vorrebbe una commissione totalmente interna.
E forse hanno anche di che ben sperare. Non a caso la Uil, commentando l’accaduto conclude: “Il Governo eviti di ripensarci di nuovo, non inserisca la norma in un altro provvedimento.”
Speriamo che quel che è uscito trionfalmente dalla porta, non rientri, beffardo, dalla finestra.

Anief contro cancellazioni esoneri per vicepresidi

da La Tecnica della Scuola

Anief contro cancellazioni esoneri per vicepresidi

Marcello Pacifico, presidente del sindacato, non ha dubbi: “Il Governo farebbe bene a ravvedersi, perché il loro ruolo è fondamentale per il buon funzionamento del servizio. Andando anche a stroncare l’unica forma di carriera del settore.”

Anche l’Anief dice la sua sull’abrogazione di esoneri e semiesoneri annuali dei collaboratori del dirigente scolastico. Perché la Legge di Stabilità non ha pietà proprio dell’Istruzione, l’ambito fondamentale per la crescita del paese: 1.200 scuole in reggenza, 600 sottodimensionate e altre 1.500 complesse o con un alto numero di iscritti perderanno l’unico punto di riferimento e organizzativo. Il tutto per far risparmiare 100 milioni l’anno.
Il testo di questo provvedimento, approvato dal CdM e contenuto nel comma 8 dell’articolo 29 della Legge di Stabilità, viene sintetizzato con l’eloquente titolo “Abrogazione esoneri e semiesoneri per i collaboratori del dirigente Scolastico”; esso prevede che “a decorrere dal 1° settembre 2015 e in considerazione dell’attuazione dell’organico dell’autonomia, funzionale all’attività didattica ed educativa nelle istituzioni scolastiche ed educative, l’articolo 459 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 è abrogato”.
Ricorda il Sole 24 Ore che “la norma che sta per essere abrogata (articolo 459 del Dlgs 297/94) prevede un esonero per i docenti di scuola materna ed elementare quando si tratti di circolo didattico con più di 80 classi. Per la ex scuola media scatta l’esonero quando si tratti di scuole con più di 50 classi, o il semiesonero, quando si tratti di scuole con più di 35 classi. Per gli istituti e scuole di istruzione secondaria occorrono più di 50 classi per l’esonero e più di 35 classi per il semiesonero. L’autorizzazione all’esonero o al semiesonero può essere anche disposta sulla base di un numero di classi inferiore di un quinto in caso di scuole o istituti che funzionano con classi di doposcuola, corsi di scuola popolare, corsi per lavoratori, corsi serali, o che attuino sperimentazioni autorizzate dal ministero o adottino doppi turni di lezione o abbiano plessi, succursali, sezioni staccate o sedi coordinate”.
Ora, però, sottolinea l’Anief, tutto questo decade.
In sostanza come verrà gestita la fase di transizione all’organico funzionale? Per l’Anief sarà caos: “Se la norma compresa nella Legge di Stabilità sull’abrogazione degli esoneri e semiesoneri annuali dei collaboratori del dirigente scolastico dovesse essere confermata anche in Parlamento, per migliaia di scuole saranno guai seri: su 8.400 scuole autonome complessive, quasi 1.200, attualmente in reggenza, affidate in pratica al dirigente scolastico di un altro istituto, dal prossimo anno scolastico saranno private anche del responsabile di sede. E lo stesso destino è quello che attende altre scuole 600 sottodimensionate, che per legge, a causa del basso numero di alunni iscritti, non possono più avere il loro capo d’Istituto. Poi ci sono circa tremila istituti che, invece per l’elevata presenza di allievi oppure per la presenza di sedi distaccate, a cui il Miur, tramite gli uffici scolastici periferici, ha concesso quest’anno il cosiddetto semiesonero: in pratica, il docente incaricato di questo ruolo, sempre individuato dal dirigente scolastico, svolge meno ore in classe per dedicarsi all’organizzazione scolastica”.

Le scuole finiranno nel caos?  “Basta immaginare un liceo con 70 classi. Chi affiancherebbe il preside nella gestione del quotidiano, tra richieste di alunni e docenti e lamentele dei genitori?”, scrive La Repubblica.
Addirittura l’Anief profetizza l’ingestibilità: “Se questa nuova norma non dovesse essere cancellata – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – l’anno prossimo in molte scuole, dai nostri calcoli almeno una scuola su tre, si potrebbero venire a determinare situazioni di vera ingestibilità. Chi conosce la Scuola, sa che già l’ex premier Mario Monti, nel 2012, tentò di dimezzare la valenza di questo servizio. Il Governo farebbe bene a ravvedersi, perché per le scuole quello dei collaboratori dei presidi è un ruolo fondamentale ai fini del loro buon funzionamento”.
“Questi insegnanti – continua il sindacalista Anief-Confedir – si caricano quotidianamente di incarichi e responsabilità enormi. In cambio, peraltro, di cifre annuali davvero irrisorie. È inaccettabile che, anziché valorizzarne il ruolo, ora vengano messi da parte. Molti di loro hanno una professionalità e delle competenze preziose, che non possono essere accantonate. Privando di migliaia di sedi rimarranno privi dell’unico elemento con capacità decisionale. Inoltre, è assurdo che anziché sviluppare nuove forme di carriera all’interno del sistema scuola, dove non esistono funzioni quadro, conclude Pacifico, si vanno a tagliare quelle poche già presenti”.
Che fine faranno i vicepresidi e i collaboratori del dirigente, ormai forti dell’esperienza di tanti anni? La revisione del modello di gestione degli organici richiede tempi lunghi e procedure complesse, mentre l’organizzazione delle scuole deve essere immediata. Pena il caos, l’ingestibilità ed evidenti danni per l’utenza. Forse sarebbe meglio ripensare all’abrogazione di esoneri e semiesoneri per i collaboratori del dirigente. E dove li trovano volontari così disponibili per un pizzico di potere e quattro spiccioli?

Perché mai i prof non danno mai 10?

da La Tecnica della Scuola

Perché mai i prof non danno mai 10?

Skuola.net riporta la lamentela di alcuni studenti che, pur rispondendo bene alle interrogazioni o negli elaborati scritti, non ottengono mai un voto come 10, ma al massimo un 7 o 8: è giusto?

Eppure il Miur raccomanda di usare tutta la gamma dei voti, da 1 a 10, ma nella da fare, e molti studenti, soprattutto quelli che aspirano al 100 e lode alla maturità, non la prendono bene.

Scrive infatti uno studente: “Non ritengo giusto che un professore valuti un compito non partendo da dieci, siccome alla fine dell’anno noi alunni siamo giudicati con un punteggio decimale che parte dal dieci, e valutazioni inferiori (per esempio da sette) abbassano la media scolastica e quindi anche i crediti ottenuti nel triennio”.

Organico funzionale, non solo risparmio

da La Tecnica della Scuola

Organico funzionale, non solo risparmio

Tra le novità della “Buona Scuola” e le norme avviate nella Legge di stabilità si comincia il delinearsi un possibile percorso verso l’organico funzionale delle istituzioni scolastiche.

Se n’è parlato da tanto tempo e sono stati svolti a livello provinciale, regionale e nazionale numerosi seminari di studi, convegni, riunioni, progetti, ma tutto è rimasto in aria.

Ora la necessità di risparmiare ha segnalato l’urgenza ed eliminando 112.000 supplenti, il Miur risparmierà 350 milioni di euro, conteggiando i contratti delle supplenze brevi che assommano a 51mila nella scuola dell’Infanzia e Primaria, 31.500 nella scuola secondaria di primo grado e 35.700 nella scuola secondaria di secondo grado.

L’Organico funzionale abbatterà i costi delle supplenze brevi, che come abbiano più volte segnalato, sono inefficaci sul piano didattico, auspicando il “supplente stabile” specie per la scuola dell’infanzia e primaria.

La chiamata di una supplenza impegna tempo e personale (telefonate, fonogrammi, nomine, contratti…) e poi per poche ore di servizio scolastico, spesso circoscritto alla vigilanza e improduttivo ai fini della didattica e dell’apprendimento.

Ancora oggi l’autonomia scolastica, tanto attesa e celebrata, stenta a decollare, perché priva di risorse economiche e di una reale autonomia amministrativa.

L’organico funzionale costituisce il cuore dell’autonomia perché significa “risorse umane” valide e certe.

L’istituzione scolastica secondo la tipologia di ordine di scuola, d’indirizzo e di organizzazione, elabora un piano di organico indicando il personale necessario per svolgere nel modo migliore la “mission educativa”, interagendo con il contesto territoriale ed elaborando un servizio scolastico efficace ed efficiente.

Il numero delle risorse necessarie diventa indicativo per l’organico funzionale, così da consentire alla scuola di poter essere veramente “autonoma” e certa di conseguire traguardi e obiettivi, sviluppando negli studenti le competenze necessarie.

Ad esempio per gli istituti comprensivi che hanno docenti dei due ordini di scuola, ma spesso con le medesime competenze disciplinari (docenti laureati in lettere) è uno spreco dover ricorrere per due ore ad un docente di Lettere in servizio in più scuole, esterno, che viene a scuola solo per due ora la settimana come un “forestiero” ed estraneo alla vita scolastica, mentre quelle due ore potrebbero essere assegnate ad un docente interno dell’Istituto. (anche se del settore della scuola primaria)

Si eviterebbero così gli spezzoni di ore e l’economia delle risorse costituisce una ricchezza di potenzialità e di didattica efficiente.

L’assegnazione delle cattedre e lo sviluppo organizzativo della scuola costituiscono i capisaldi dell’organico funzionale che proprio nel nome indica efficienza e produttività.

La valorizzazione delle competenze professionali, che nella scuola primaria da anni è stata alimentata dall’organizzazione modulare, ed ha determinato tante spese per la formazione dei docenti nelle singole discipline, ora tende a scomparire e spesso si constata che ci sono docenti, chiamati a svolgere compiti d’insegnamento nei quali non hanno maturato esperienze didattiche significative. In alcune realtà scolastiche, dove anche il dirigente ha creduto nella professionalità dei suoi docenti, assegnando le cattedre per classi parallele è stato possibile, invece, mantenere la specificità delle competenze didattiche.

L’organico funzionale inoltre consente di assicurare la continuità dell’organizzazione delle classi a tempo pieno o prolungato, senza dover ogni anno aspettare autorizzazioni e assegnazioni che risultano provvisorie e prive di continuità.

L’organico funzionale, strumento indispensabile per l’autonomia scolastica, consente di progettare e di mettere in atto tutte le intenzionalità educative, favorendo lo sviluppo delle attività e iniziative didattiche in continuità e in un progressivo miglioramento nella qualità.

Sarà compito del Dirigente e degli Organi collegiali dell’Istituto pianificare la quantificazione delle risorse necessarie, puntando sulle risorse interne già esistenti e valorizzandole al meglio.

Nella logica dell’organico funzionale anche gli spostamenti o trasferimenti dovranno essere finalizzati e motivati da piena conoscenza e condivisione della progettualità dell’Istituto.

Si sono registrati ad esempio casi di trasferimento in scuole a tempo pieno o prolungato di docenti che non possono svolgere attività di servizio in orario pomeridiano e quindi l’efficacia dell’azione didattica ne risulta profondamente compromessa.

L’identità e la specificità della scuola dovrebbe caratterizzare la motivazione della scelta per gli eventuali trasferimenti o passaggi.

Ben venga l’organico funzionale, ma occorre aprire la mente e il cuore ad una visione di scuola che va ben oltre le strette esigenze personali o i diritti sindacali, reclamati quando fanno comodo.

Un organico potrà definirsi “funzionale” se consegue prima e meglio gli standard di qualità e di efficienza nell’ottica del miglioramento e della crescita della scuola.

La partita è avviata, cominiciamo a segnare il primo goal.

Merendine e bibite gassate vietate a scuola

da La Tecnica della Scuola

Merendine e bibite gassate vietate a scuola

Gli assessori all’agricoltura delle Regioni italiane mettono al bando, in tutti i locali all’aperto, le macchinette con alimenti e bevande ricche di zuccheri, grassi e caffeina

Considerato che sono dannose per la salute, e soprattutto per quella dei giovani, saranno vietate le macchinette che distribuiscono alimenti e bevande ricche di zucchero nei locali pubblici, come appunto la scuola dove gli studenti ne fanno uso e forse anche abuso.

Starebbe per arrivare un protocollo d’intesa firmato dai 20 assessori regionali all’agricoltura che blocca la somministrazione ai minorenni di cibi spazzatura attraverso macchinette erogatrici, in tutti i locali all’aperto. A darne notizia è la Coldiretti.

Nel protocollo, come riporta Coldiretti, si legge che “è vietata la distribuzione ai minori, mediante distributori automatici e in ogni luogo aperto al pubblico di alimenti e bevande sconsigliati ovvero contenenti un elevato apporto totale di lipidi per porzione, grassi trans, oli vegetali, zuccheri semplici aggiunti, prodotti ad alto contenuto di sodio, nitriti e/o nitrati utilizzati come additivi, aggiunta di zuccheri semplici e dolcificanti, elevato contenuto di teina, caffeina e similari”.

Almeno 20 mila l’anno i figli degli immigrati alle scuole medie

da La Tecnica della Scuola

Almeno 20 mila l’anno i figli degli immigrati alle scuole medie

21 mila figli di immigrati nati in Italia prenderanno la licenza media a giugno. I protagonisti della  riforma della cittadinanza nei dati del Miur

Sono 21 mila i ragazzi con cittadinanza non italiana ma nati in Italia che completeranno il I ciclo scolastico con l’esame di terza media a giugno del 2015. A giugno 2016 saranno ancora di più, 26 mila.

Insieme alla lienza media potrebbero portarsi a casa anche la cittadinanza italiana, se andrà finalmente in porto la riforma della quale si torna a parlare in questi giorni. La regola su cui sembra ormai possibile un accordo tra la maggior parte delle forze politiche prevede infatti che possa diventare italiano chi completa un ciclo di studi.

Il Miur ha anticipato  alcuni  dati sulla presenza di figli di migranti nelle nostre classi, in vista di un report più ampio che arriverà nei prossimi giorni. Nell’anno scolastico appena cominciato sono 442.348 gli alunni con cittadinanza non italiana iscritti al I ciclo e 182.519 gli iscritti al II.

I dati del I e II ciclo

Per quanto riguarda l’anno scolastico 2013/2014 (dati consolidati) 453.013 alunni con cittadinanza non italiana hanno frequentato il I ciclo, 182.181 il II ciclo, per un totale di 635.194 ragazzi, pari al 6,2% della popolazione scolastica totale nel I ciclo e al 2,5% nel II ciclo. Il dato è in crescita: nel 2010/2011, quattro anni fa, i figli di migranti iscritti al I ciclo erano 412.212 (5,7% del totale degli alunni), 153.423 gli iscritti al II ciclo (2,1% del totale), per un totale di 565.635 studenti fra la primaria e le superiori.

I nati in Italia

Cresce visibilmente la quota di nati in Italia. Nell’anno scolastico 2013/2014 hanno frequentato il I ciclo di istruzione 246.653 alunni con cittadinanza non italiana nati nella nostra penisola, mentre in 27.790 erano iscritti al II ciclo. I nati in Italia sono ormai il 38,8% del totale dei figli di migranti iscritti al I ciclo di istruzione. La percentuale è del 4,4% nel II ciclo. Quattro anni fa, nel 2010/2011 queste percentuali erano del 30,5% e del 2,4%.