QUALCOSA SI STA MUOVENDO

DdL 1577/2014 E LA MORTE DELLA DIRIGENZA SCOLASTICA

QUALCOSA SI STA MUOVENDO

(purché non sia l’ombrello di Altan)

 

 

 

PRESENTATE ALCUNE PROPOSTE DI EMENDAMENTO ALL’ART. 10

 

1) UN INSERIMENTO FRETTOLOSO ?

Leggendo l’Art.10 del DdL 1577 non si può fare a meno di ricevere l’impressione che il famoso passaggio anti-DS sia in realtà un inserimento successivo, intervenuto dopo la stesura originale del testo.

DAL     D.D.L. 1577 “Riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” Art. 10

  1. Il Governo è delegato ad adottare….uno o più decreti legislativi in materia di dirigenza pubblica….I decreti legislativi sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
  2. a) istituzione del sistema della dirigenza pubblica, articolato in ruoli unificati e coordinati…
  3. b) con riferimento all’inquadramento:

   …. istituzione di un ruolo unico dei dirigenti statali….in cui confluiscono i dirigenti di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 30/3/2001, n. 165…………………..; esclusione dai suddetti ruoli unici della dirigenza scolastica; …..

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/798577/index.html

(cliccare su “disegno di legge” sul menù in alto a sinistra)

 

In effetti, se l’estensore fosse stato in grado di utilizzare un Italiano corretto avrebbe scritto: “esclusione, dal presente ruolo unico, della dirigenza scolastica”, visto che l’inserimento è collocato all’interno della parte espressamente dedicata al ruolo unico dei dirigenti statali (oltre all’errore singolare/plurale è da notare anche come nella parte iniziale dell’articolo è scritto “ruoli unificati”, non “unici”; espressioni semanticamente molto diverse). Colpa della fretta?

 

Conclusione analoga consegue all’analisi dell’impianto testuale dell’articolo: il passaggio anti-DS costituisce un inserimento fortemente anomalo rispetto alla strategia testuale dell’intero Art. 10 e per certi aspetti logicamente contraddittorio:

 

PARTE INIZIALE   DELLA LETT. “b” INSERIMENTO ANTI   DS
“istituzione di un ruolo unico dei dirigenti statali….in cui confluiscono i dirigenti di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, appartenenti ai ruoli delle amministrazioni statali….” “esclusione dai suddetti ruoli unici della dirigenza scolastica;

 

 

Ma come, prima affermi che confluiscono tutti i dirigenti, inclusi i DS, poi, molto dopo, affermi il contrario ? Anche un mediocre scriba avrebbe collocato l’esclusione nella parte iniziale, quella espressamente destinata alla definizione del profilo identitario.

Insomma, se si dovesse attribuire il voto di Italiano all’estensore dell’Art. 10, il risultato sarebbe: “bocciato” e, dal momento che stiamo parlando di norme dello Stato e non della lista della spesa, l’effetto è imbarazzante (NB: il DdL reca la firma di Matteo Renzi, Marianna Madia e Piercarlo Padoan).

 

2) LA POSIZIONE DELL’A.N.P.

L’ANP propone il seguente emendamento

 

All’art. 10, comma 1, lettera b):

sostituire le parole “esclusione dai suddetti ruoli della dirigenza scolastica” con le parole “inclusione nei suddetti ruoli della dirigenza scolastica”.

 

Come si vede, anche nell’emendamento ANP sono mantenuti i medesimi errori del testo originale;

resta comunque il fatto che ANP rivendica la collocazione dei DS nell’ambito del ruolo unico dei dirigenti statali.

 

3) LA POSIZIONE SINDACALE CONFEDERALE

E’ stato recentemente messo in circolazione materiale sindacale confederale nel quale si propone l’aggiunta, all’interno dell’Art. 10, di ulteriori ruoli destinati al “ripescaggio” delle attuali dirigenze non più previste dal DdL 1577: dirigenza scolastica, dirigenza medica etc.

Si tratta, come si vede, di dirigenze escluse in quanto contaminate da quella deprecabile “caratterizzazione tecnico-specialistica” che un aberrante teorema giuridico, mai dichiarato, considera impedimento a qualificare un determinato attore pubblico come dirigente. Secondo il predetto teorema, “vero” dirigente è solo ed esclusivamente il dirigente amministrativo (passacarte; ma non sono pochi a pensare che l’ispiratore degli errori presenti nell’Art. 10 sia proprio un alto dirigente amministrativo…) .

La soluzione confederale in sé, in un sistema professionale pubblico serio, potrebbe risultare anche interessante ma, conoscendo bene lo scenario italiano, si porta dietro un cattivo odore di retrobottega; il retrobottega dove stazionare gli scarti della dirigenza pubblica, quella non contigua al potere politico (ma non sono proprio i confederali ad aver sempre rivendicato la famosa “perequazione” dei DS ?).

 

4) UNA COSA CHE E’ SFUGGITA

Una cosa che sembra essere sfuggita ai più è la recente riformulazione dell’Art. 29 del D.L.vo 165/2001, per effetto dell’Art. 17 della L. 128/2013:

 

«Art. 29. – (Reclutamento dei dirigenti     scolastici). –

  1. Il reclutamento dei dirigenti scolastici si realizza mediante corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola nazionale dell’amministrazione. Il corso-concorso viene bandito annualmente per tutti i posti vacanti…… Al concorso per l’accesso al corso-concorso può partecipare il personale docente ed educativo delle istituzioni scolastiche…..in possesso del relativo diploma     di laurea….che abbia maturato un’anzianità complessiva…..di almeno cinque anni…….”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come si vede:

  1. a) i nuovi DS sono formati dalla medesima “scuola” che forma i dirigenti dello stato;
  2. b) l’accesso è riservato alla filiera docente.

Per effetto di quanto sopra vengono a cadere:

  • la pretesa esclusione dei DS dal ruolo unico dei dirigenti dello stato per presunto deficit di

profilatura, visto che i DS avranno il medesimo imprinting degli statali;

  • la pregiudiziale di talune sigle sindacali che temono, da un lato la preclusione di carriera

per i docenti, dall’altro il libero accesso alla dirigenza scolastica di chicchessia.

 

5) LA POSIZIONE DEI DS DI VITERBO

 

  1. A) LE SCUOLE MERITANO UNA “VERA” DIRIGENZA

La scommessa educativa si vince o si perde al livello dell’istituzione scolastica; il ruolo del MIUR è importantissimo, gli uffici periferici sono altrettanto importanti ma resta il fatto che la “vera” partita si gioca all’interno delle scuole.

E’ dunque nelle scuole che si debbono concentrare gli investimenti maggiori; e uno di questi investimenti certamente è di affidare le scuole ad un dirigente che, per competenze, inquadramento, formazione, selezione e reclutamento sia un dirigente di alto profilo.

Mettere a capo dell’istituzione scolastico una figura minore costituisce un pericoloso disinvestimento che può portare al collasso l’intero sistema dell’istruzione, in clamoroso contrasto con quanto dichiarato ne “la buona scuola”.

 

  1. B) PERCHE’ E’ DI FONDAMENTALE IMPORTANZA LA DIRIGENZA SCOLASTICA

La dirigenza scolastica realizza la convergenza di due funzioni altamente strategiche:

  1. Leadership educativa, per garantire la qualità intrinseca dell’offerta formativa;
  2. Leadership gestionale-organizzativa, per il coordinamento e l’ottimizzazione di tutte le variabili strumentali all’offerta formativa.

Non meno importanti sono quattro ulteriori ambiti gestionali:

  • Il DS è parte pubblica nelle relazioni sindacali e sottoscrive il contratto integrativo d’istituto;
  • Il DS è equiparato al “datore di lavoro” ai fini delle norme in materia di igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro;
  • Il DS è titolare delle relazioni interistituzionali con EE.LL., ASL, uffici territoriali e nazionali;
  • Le istituzioni scolastiche sono stazioni appaltanti.

Ad un non-dirigente sarebbe giuridicamente e tecnicamente possibile attribuire la funzione di “datore di lavoro” e di titolare delle relazioni sindacali ?

 

 

Viterbo 31/10/2014

Giuseppe Guastini

La “casa” senza reticolati dove i ragazzi autistici imparano l’autonomia

La “casa” senza reticolati dove i ragazzi autistici imparano l’autonomia

A Forlimpopoli la più grande realtà italiana dedicata all’autismo e al disagio psichico, dove i ragazzi vengono impiegati anche nella serra e nella stalla. Struttura residenziale e centro diurno voluti dalle famiglie Fornino e Valmori, che hanno dato vita all’omonima fondazione per il futuro dei loro figli

da Redattore Sociale

30 ottobre 2014

BOLOGNA – Quello che colpisce quando arrivi è che non ci sono cancelli. Chiaro che il giardino della villetta dove per un po’ abitano i ragazzi è recintato, ma per il resto nessuna gabbia. Questo perché alla Fondazione ForninoValmori, la più grande realtà italiana dedicata all’autismo e al disagio psichico, credono che agli ospiti servano “spazi senza reticolati” per potersi esprimere al meglio, “in un luogo che non sia chiuso in se stesso ma aperto a tutti all’insegna dell’integrazione con chiunque voglia venire a trovarci”, dice Vincenzo Fornino, uno dei due fondatori, intervistato per il numero 10/2014 di SuperAbile Magazine, la rivista dell’Inail sulla disabilità. E poi questo “villaggio protetto” inaugurato un anno fa è lontano dalla strada, immerso nel verde tra le campagne di Forlimpopoli e le colline di Bertinoro (in provincia di Forlì-Cesena), e i ragazzi autistici o con disagio psichico sono costantemente seguiti dagli operatori.

Così che Nicolò, Andrea, Roberto, Leonardo, Tiziano, Stefano e Davide, se vogliono, possono andare tranquillamente in giro per la serra, i campi sportivi e il maneggio sempre sotto l’occhio vigile di due psicologi, due educatori e tre operatori sociosanitari che si alternano nelle 24 ore. Ecco allora che capita di imbattersi in uno di loro che porta una carriola, mentre un altro sorride nel farsi spingere dentro un carrello. Ma gli ospiti sono liberi anche di guardare la tv, di prendersi un bicchiere d’acqua, di stare seduti sul divano o sul dondolo proprio come fossero a casa propria. Una casa che alla Fondazione ForninoValmori è una bella villetta su due piani dove ognuno ha la propria stanza e il proprio bagno, mentre la cucina e il salotto sono in comune. Infatti in questo centro residenziale con 20 posti letto (otto per l’autismo e dodici per il disagio psichico in due strutture separate), i ragazzi vivono insieme per qualche settimana o qualche mese scandendo il ritmo delle giornate – dalla sveglia ai pasti fino all’ora di andare a dormire – e seguendo le attività proposte dalla cooperativa sociale Insieme per crescere, creata ad hoc per gestire questa realtà.

La struttura, inoltre, funge anche da centro diurno per le persone con disagio psichico e da luogo di stage ai fini dell’inserimento lavorativo. Oltre al cosiddetto “sollievo”, “l’obiettivo delle famiglie che dal territorio ma soprattutto dal resto d’Italia portano qua i propri figli – e che possono fermarsi per qualche giorno soprattutto durante l’inserimento – è quello di aumentare o recuperare la loro autonomia personale e domestica nonché le capacità di relazione”, spiega Galeazzo Garavini, coordinatore socio sanitario. “Noi lavoriamo secondo progetti individualizzati e in base a un ventaglio di attività occupazionali che vanno dall’ippoterapia e dalla riabilitazione equestre a tutto quello che riguarda i prodotti della terra, dal laboratorio di ceramica al mantenimento delle abilità scolastiche, passando per un po’ di palestra e di sport all’aria aperta fino al portare la propria roba sporca in lavanderia. Inoltre una volta a settimana vengono un fisiatra, un terapista della riabilitazione e, a richiesta, un medico di base che è anche psichiatra”.

La struttura nasce grazie a due famiglie di imprenditori agricoli, i Fornino e i Valmori, decise a dare un futuro sia ai propri figli sia a quelli degli altri. Vincenzo Fornino è il papà di Antonio, un 42enne che soffre di disagio psichico, mentre Edo Valmori lo è di Nicolò, un ragazzo poco più che ventenne affetto da autismo. I due pian piano maturano l’idea di dover fare qualcosa per quello che viene chiamato il “dopo di noi”, perché non sono soddisfatti dei centri visitati fino a quel momento. Nei primi anni Duemila prende piede la convinzione che una fondazione sia la strada giusta, e così investono gran parte dei loro risparmi in questo progetto totalmente a capitale privato nonostante, da statuto, i futuri garanti della struttura – quando le due famiglie non ci saranno più – siano i comuni di Forlimpopoli e Bertinoro. “Abbiamo deciso di convertire i nostri averi in capitale sociale perché altrimenti sarebbero andati dispersi. E lo abbiano fatto aprendoci all’esterno. Un’apertura nuova che significa sia integrazione dei ragazzi con il territorio sia possibilità di autofinanziare la cooperativa Insieme per crescere”, commenta il signor Fornino. Da qui il ristorante Fiori di zucca, la vendita dei prodotti coltivati e magari anche di quelli di ceramica, le lezioni di equitazione per tutti, lo stallaggio dei cavalli, il noleggio dei campi da calcetto, basket, pallavolo e tennis, l’affitto degli spazi per feste, convegni o ambulatori, la raccolta di vestiti, mobili, giocattoli e libri. Ma anche un centro estivo per i bambini della zona, anche disabili, che ha funzionato da giugno a settembre. E in futuro la lavanderia (nonché stireria) dovrà trovare alcune commesse esterne, così come si lavorerà per rendere operativa anche una piccola sartoria. Senza nascondere i ritardi e le difficoltà di una realtà che, in fondo, ha appena compiuto il suo primo anno di vita.

Il villaggio in cifre. Finora otto ospiti residenziali (tutti autistici non verbali), cinque persone con disagio psichico seguite dal centro diurno e una decina di richieste per i mesi futuri. E poi 22 ettari di terreno tra maneggio – con una ventina di cavalli –, serra, farmer’s market, laboratorio di ceramica, campi sportivi, e 6mila metri quadrati al coperto tra appartamenti, palestra, spazio infanzia e per l’analisi comportamentale applicata, ristorante, lavanderia, parrucchiere, due sale convegni. (Michela Trigari)

 

A Forlimpopoli la più grande realtà dedicata all’autismo e al disagio psichico

Centro diurno e residenziale per disabili. Ma anche servizi per tutti. Dal 27 al 29 settembre tre giorni di festa per l’inaugurazione della struttura voluta dalle famiglie Fornino e Valmori e gestita dalla coop sociale “Insieme per crescere”

25 settembre 2013 – 15:58

FORLIMPOPOLI –  Sulle colline tra Bertinoro e Forlimpopoli, apre la più grande realtà italiana dedicata all’autismo e al disagio psichico: 6 mila metri quadrati di spazi coperti, 22 ettari di terreno e un nuovo modello di assistenza per le persone disabili basato sulla qualità della relazione umana, sul potenziamento delle autonomie, anche attraverso il lavoro, e sul coinvolgimento di famiglie, imprese e comunità intera. Gestita dalla cooperativa sociale “Insieme per crescere”, la Fondazione Fornino Valmori nasce per volontà delle omonime famiglie, unite da 34 anni di amicizia e dal bisogno di dare un futuro ai propri figli, Antonio e Nicolò, il primo soffre di disagio psichico e il secondo affetto da autismo. Un atto d’amore, l’ha chiamata Vincenzo Fornino, “quello che ogni padre e madre ha per i propri figli”. Ma con cui le due famiglie aiuteranno i figli di tutti. “Quando noi non ci saremo più, la fondazione passerà al territorio – ha precisato Fornino, che della fondazione è il presidente – mi auguro che avrà il sostegno dei Comuni”. Segnali positivi dai sindaci di Bertinoro, Nevio Zaccarelli, e Forlimpopoli, Paolo Zoffoli. Mentre Zaccarelli ha sottolineato come “il pubblico non basta più per rispondere alla domanda del sociale”, Zoffoli ha detto: “Faremo in modo che fondazione e servizi, comunali e sanitari, dialoghino sempre di più per garantire prese in carico personalizzate per le persone con disagio psichico e autismo”. A ottobre i primi inserimenti, già numerose le richieste da tutta Italia: da Torino a Trieste, da Firenze a Napoli. Dal 27 al 29 settembre sono in programma 3 giorni di festa per l’inaugurazione

Ci sono voluti 7 anni per realizzare il progetto. “Cinque di burocrazia e 2 per la costruzione – precisa Fornino – La colpa però non è degli enti locali, ma di uno Stato che ostacola il privato anche quando dona al sociale”. Preoccupati dal “dopo di noi” ovvero da chi si sarebbe occupato di Nicolò, 21 anni, e Antonio, 42, quando loro non ci saranno più, Edo Valmori e Vincenzo Fornino, hanno visitato alcune strutture in giro per l’Italia. “Ma  nessuna ci ha soddisfatto – ha precisato Valmori, vicepresidente della fondazione – Da qui l’idea di creare qualcosa di nuovo”. I due sono allora passati all’azione e hanno investito nel progetto tutto ciò che avevano. La famiglia Fornino, che gestisce un’azienda avicola dal 1968, ha messo a disposizione strutture e terreni, mentre i Valmori, titolari di un mangimificio dal 1955, tutti i loro risparmi. In totale, la struttura è costata 13,8 milioni di euro (di cui 6 per la costruzione, il resto è il valore del terreno). A pieno regime impiegherà una cinquantina di persone, da psicoterapeuti a chef, da operatori socio-sanitari alle stesse persone con disabilità.

La fondazione è un centro diurno e una struttura residenziale e semiresidenziale in cui, per qualche ora al giorno o periodi più lunghi, le persone con disturbo dello spettro autistico o con disagio psichico possono frequentare laboratori e servizi per acquisire abilità e competenze utili nella vita di tutti i giorni (fare la spesa, cucinare, ecc.) o potenziare le loro capacità relazionali, anche attraverso il lavoro o l’equitazione creativa. “Dare un futuro a persone non completamente autonome è un obiettivo perseguibile perché, se sostenute e inserite in un contesto educativo e lavorativo adeguato, queste persone possono sviluppare una propria identità personale e vivere con  maggiore serenità e benessere”, ha detto Pietro Berti, presidente della cooperativa sociale. La fondazione punta sull’integrazione con il territorio attraverso servizi aperti a tutti: un ristorante biologico a km zero, un impianto sportivo, tre maneggi con scuola di equitazione, un farmer’s market per vendere i prodotti dell’orto e della serra di 800 metri quadrati e poi sale per convegni, una lavanderia industriale che servirà asili e scuole materne del circondario per noleggio e lavaggio dei pannolini multiuso e uno spazio infanzia. Grazie alla collaborazione con l’Università di Bologna (cinque docenti fanno parte ‘a titolo gratuito’ del comitato scientifico), studenti dell’Alma Mater potranno seguire tirocini formativi all’interno della struttura.

Gli appuntamenti per l’inaugurazione partono il 27 settembre alle 18 con la presentazione del libro “Una notte ho sognato che parlavi”, in cui il giornalista e scrittore Gianluca Nicoletti racconta il rapporto con il figlio autistico. Il 28 settembre alle 9.30 è previsto il taglio del nastro con le autorità, mentre il 29 settembre sempre alle 9.30 la fondazione si apre alla cittadinanza con una tavola rotonda su approcci e metodologie di intervento per trattare i disturbi comportamentali e poi visita alle strutture. (lp)

Disabilità, a Forlimpopoli 22 ettari per il “dopo di noi”

Verrà inaugurata a fine settembre sulle colline romagnole una delle più grandi residenze d’Italia. Il progetto ha portato alla creazione di una Fondazione e di una cooperativa “Insieme per crescere” che gestirà i servizi. A regime impiegherà 50 persone

07 agosto 2013 – 12:27

FORLIMPOPOLI – Seimila metri quadrati di spazi coperti, 22 ettari di terreno. Cinquanta persone al lavoro quando sarà a regime. Potrebbe essere la struttura per il “dopo di noi” più grande d’Italia quella che verrà inaugurata a fine settembre sulle colline romagnole, tra Bertinoro e Forlimpopoli. Nata su iniziativa delle famiglie Fornino e Valmori, due imprenditori della zona che si sono trovati a condividere in famiglia un figlio con disabilità, la struttura – che ha già cominciato lentamente a lavorare – punta tutto sull’integrazione con il territorio. Così la grande mensa, per circa 200 pasti giornalieri, servirà anche aziende della zona, le palestre saranno aperte a tutti, la lavanderia industriale sta chiudendo accordi per il lavaggio dei pannolini degli asili e delle scuole materne dei comuni limitrofi, il maneggio, pensato per la pet-therapy, aprirà i cancelli a anche a tutti coloro che vorranno avventurarsi sulle colline a cavallo. Ma resterà, su tutto, la mission iniziale, il progetto che ha portato alla creazione di una Fondazione e alla nascita della cooperativa “Insieme per crescere” che gestirà tutti i servizi.
“La preoccupazione dei genitori nella difficile gestione della disabilità è anche quella legata al “dopo di noi” – si legge sul sito della Fondazione Fornino Valmori onlus –  a quella fase di incertezza derivante dalla preoccupazione che i propri figli non possano avere una piena identità personale. La Fondazione si configura quindi come risposta al ‘dopo di noi’, da realizzarsi nel ‘durante noi. I famigliari possono infatti essere accolti per periodi più o meno lunghi o permanere in specifici appartamenti messi a disposizione dalla Fondazione stessa”. Pietro Berti, presidente della neonata cooperativa, racconta dei tanti sacrifici che sono stati fatti per potere a termine questa grande operazione. E non si riferisce solo alla metratura: “Vogliamo partire un po’ alla volta – spiega – perché ci sentiamo addosso tutto il peso delle responsabilità. Abbiamo aperto un tavolo di collaborazione con il pubblico, ma partiremo in un primo tempo come struttura unicamente privata, e puntando molto a un nuovo modello di residenzialità per le persone disabili che vogliono, e possono, sperimentare percorsi di autonomia”.

Ogni settore della cooperativa dovrà dunque puntare all’autosufficienza, e non mancheranno le sperimentazioni: la prima, dove saranno impiegati anche operatori con disabilità, sarà l’apertura di un ristorantino biologico a km zero (il nome non c’è ancora), pensato anche per una clientela turistica. Poi lo spazio infanzia, che – da ottobre –  si occuperà anche di riabilitazione per bambini con disabilità. “Tutte le risorse necessarie sono state messe dalle due famiglie che hanno costituito la Fondazione – continua Berti – e solo saltuariamente abbiamo ricevuto fino ad oggi qualche donazione. La scommessa sarà andare avanti: cominceremo mettendo a disposizione sei posti nella struttura residenziale, e con una dozzina di operatori. Poi,  a Natale, dovremmo essere quasi a posto”. Inaugurazione il 28 settembre con le autorità della regione Emilia-Romagna, è stato invitato Vasco Errani, e i sindaci della zona. Il 29, domenica, open day per chi vorrà visitare la struttura. (mauro sarti)

 

30 ottobre Otto per mille per la Scuola

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della seduta del 30 ottobre, approva un decreto presidenziale che consente l’utilizzo della quota dell’otto per mille dell’IRPEF per “ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico ed efficientamento energetico degli immobili di proprietà pubblica adibiti all’istruzione scolastica”.

OTTO PER MILLE PER LE SCUOLE
Regolamento recante modifiche ed integrazioni in materia di criteri e procedure per l’utilizzazione della quota dell’otto per mille dell’IRPEF devoluta alla diretta gestione statale (decreto presidenziale – esame definitivo)

Su proposta del Presidente del Consiglio è stato approvato in via definitiva un regolamento che modifica ed integra la precedente normativa in materia di criteri e procedure per l’utilizzazione della quota dell’otto per mille dell’IRPEF devoluta alla diretta gestione statale. Con queste modifiche il Governo si adegua a quanto previsto dalla legge di stabilità per il 2014 che, all’articolo 1, comma 206, ha innovato la disciplina della destinazione della quota prevedendo l’aggiunta alle quattro tipologie già previste (fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali) di una quinta tipologia costituita da “ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico ed efficientamento energetico degli immobili di proprietà pubblica adibiti all’istruzione scolastica”.
Il  regolamento ha ricevuto il parere favorevole del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari di merito.

L’Indice di Povertà Educativa e il rapporto Save the Children

L’Indice di Povertà Educativa e il rapporto Save the Children: appunti sul ruolo educativo della Scuola

di Alessandro Basso

Il rapporto Save the Children “sulla povertà educativa in Italia non può non chiamare in causa una riflessione a tutto campo che vada ad investire il mondo della scuola.
Le opportunità offerte e soprattutto quelle non offerte da parte delle famiglie provocano una netta discriminazione all’interno della sfera educativa individuale intesa nel senso più globale del termine entro il campo delle scienze non esatte.
La definizione di povertà educativa tracciata come “ privazione da parte dei bambini e degli adolescenti della possibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni” investe segnatamente una vasta gamma di operazioni che la scuola volge per preciso mandato istituzionale.
I dati sono eloquenti, un milione di bambini vive in condizioni di povertà economica estrema, favorendo un fenomeno devastante quale il dilagare dell’impossibilità ad apprendere, proprio nel pieno svilupparsi della società della conoscenza.
Il ciclo economico con la sua congiuntura è la causa principale di questi dati, per i quali è necessario avviare un dibattito secondo criteri rivisitati rispetto al passato.
Il questo senso si muove la profilatura di un Indice di Povertà Educativa (IPE) individuato secondo indicatori ben precisi e proveniente da una lettura della realtà ad ampio spettro, coinvolgendo le responsabilità di molteplici soggetti dell’education.
La storia dell’Italia repubblicana è fortemente segnata dal processo di scolarizzazione di massa, indotta dall’introduzione, a più fasi e con esiti non sempre brillanti, dell’obbligo scolastico, costituzionalmente sancito e garantito.
Nel corso degli anni, il concetto di obbligo scolastico si è allargato a “diritto-dovere di istruzione e formazione” ed è proprio entro la sfera dei diritti che è necessario riflettere sulla base del rapporto Save the Children, rivedendo gli indicatori di “povertà culturale” all’interno della nostra società.
In passato, depauperamento culturale era sinonimo di miseria, disoccupazione, specie nelle aree a baso sviluppo economico e con un profilo sociale ancora non in evoluzione.
La conseguenza diretta si manifestava nell’analfabetismo e nell’incapacità a sviluppare un bagaglio di conoscenze scolastiche necessarie alla propria realizzazione personale al di fuori del bacino rurale quale tessuto sociale dominante del nostro paese.
Oggi non è certo l’analfabetismo il dramma sociale più emergente, perlomeno non è oggetto della nostra indagine, bensì la lontananza dall’apprendimento permanente, lo scarso sviluppo delle competenze di base (cd literacy), la dispersione scolastica e i NEET.
Certamente la scuola conserva e conserverà sempre un ruolo di fondamentale erogatore di un servizio di apprendimento, è altrettanto vero, però, che la scuola non è l’unica fonte ad occuparsi del sapere, inteso nella sua accezione formale-informale-non formale.
L’apprendimento, per risultare significativo, dev’essere life long Learning”, deve durare l’intero arco della vita per far sì che le conoscenze-abilità-competenze possano essere tenute al passo di una società che impone il cambiamento costante e la flessibilità come schema base.
Il mondo della scuola ha lanciato una sfida lungimirante con la creazione dei Centri provinciali per gli adulti, ora si tratta di riempire il contenitore e garantirne la reale e fattiva concreta reificazione.
Tornando al mondo dei giovani, l’imperativo donmilaniano “non uno di meno” trova una più complessa realizzazione in quanto lo sforzo istituzionale che si deve compiere deve superare le barriere delle aule scolastiche e addirittura spaccare le pareti delle scuole stesse, in quanto è il territorio la sede privilegiata dell’educazione.
La discriminazione più raffinata non consiste nella forbice studente/non studente ma tra persona e realizzazione dei propri sogni.
Sarebbe bello pensare che tutti i nostri giovani possano sviluppare dei sogni e aver la possibilità di tenerli nel cassetto per la loro realizzazione, non costringendoli ad abbandonarli ancora prima di averli programmati.
La differenza con il secolo passato sta proprio in questo, i giovani trovano difficoltà ad avere dei sogni perché non intravvedono quello spiraglio di luce che i loro coetanei novecenteschi potevano intravvedere nel dinamismo della società d’allora.
L’esperienza dei punti luce, allora, proposta da Save the Children può essere pensata come questa occasione per offrire un luogo dove pensare al futuro grazie al supporto della comunità educante.
È necessario porre un’ulteriore questione di fondo. Tutti i ragazzi possono, da qualsiasi punti di partenza, realizzare un percorso scolastico di qualità?
Il dato della disuguaglianza nelle opportunità è eloquente.
Il percorso scolastico di un alunno è determinato dalla posizione lavorativa dei genitori che, a sua volta, dipende dal loro livello di istruzione. Questo dato deve essere tenuto in debita considerazione per individuare i destinatari delle azioni formative mirate, senza aver paura di compiere delle scelte politiche coraggiose a favore di determinati segmenti della società o di determinate aree del paese.
Sono disponibili numerosi e significativi dati relativi agli esiti scolastici degli alunni, forniti dalle indagini internazionali sulle competenze di lettura-matematica-scienze nei quindicenni, emersi dall’indagine OCSE PISA, oppure dalle rilevazioni interne elaborate dal nostro Sistema Nazionale di Valutazione (INVALSI), attraverso le prove di italiano e matematica somministrate alle classi II-V primaria, III secondaria di I grado e II secondaria di II grado.
Il quadro che ne emerge e che è statisticamente confermato dal susseguirsi delle indagini è eloquente rispetto il divario tra aree diverse del nostro Paese, dal quale non è emerso, però, un dibattito politico e de massa altrettanto dinamico, come sarebbe potuto accadere in altre realtà europee.

Le opportunità da offrire ai ragazzi vanno incentivate mediante la creazione di reti con il territorio, così come bene evidenzia la recente consultazione sulla Buona Scuola licenziata dal Governo Renzi.
Ciò è realizzabile attraverso investimenti adeguati nelle strutture oltre che nel ripensamento dei tempi” e degli “spazi” scolastici, creando zone morbide ove garantire la presenza di un ragazzo a scuola, piuttosto che per strada, per usare le parole del rapporto, creare ambienti in cui “apprendere per vivere assieme” quale arma di contrasto alla povertà educativa.
Uno dei dati eloquenti del rapporto è costituito dal dato del tempo pieno alla scuola primaria, con il primato della Lombardia con il 47% delle classi.
Il dato è inequivocabile, anche se deve essere letto contestualmente ai provvedimenti governativi degli ultimi anni rispetto alla “razionalizzazione” del tempo scuola, che hanno fatto sì che molte scuole rivedessero la propria offerta oraria affinché la stessa risulti sostenibile per effetto della riduzione degli organici dei docenti.
Questi provvedimenti, al di là di un commento squisitamente di merito, sono entrati a regime: qualora si decidesse di rimettere in discussione questa operatività, è basilare farlo attraverso un confronto serio e lungimirante con le risorse disponibili e con l’”idea di scuola” che si vuole costruire. Tradotto in termini operativi, l’indicatore individuato dal Rapporto in merito al tempo scuola merita un approfondimento in termini meno assoluti.

Non si deve fraintendere questo concetto pensando di allocare alla scuola la responsabilità educativa esclusiva delle nuove generazioni anche per quel che riguarda il tempo libero, andando oltre ai già complessi e complicati oneri nel campo istruttivo e formativo.
È necessaria altresì un’attenta riflessione circa il ruolo di delega che le famiglie compiono nei confronti della scuola e delle amministrazioni nella società contemporanea, imponendo questa riflessione una mirata azione di coinvolgimento delle famiglie e allo stesso tempo la sottoscrizione di un chiaro “contratto” tra le parti.
Si devono trovare modalità chiare e trasparenti di comunicazione con le famiglie e percorsi amministrativi semplificati, rendendo maggiormente flessibili e meno onerosi gli adempimenti per le amministrazioni coinvolte in percorsi integrati: ovvero crederci e costruire le precondizioni necessarie affinché le scuole e i comuni possano interfacciarsi apportando ciascuna il proprio contributo.
Una delle strade possibili è costituita proprio dai modelli di scuola integrata, accompagnati dai comitati dei genitori, dal supporto dell’amministrazione comunale, dalla propulsione d’iniziativa che solo la scuola come centro di interesse culturale di una comunità può dispiegare.
Il ripensamento degli spazi deve far sì che inostri giovani possano godere di ambienti “appetibili” anche dal punto di vista funzionale, oltre che estetico, ove bilanciare attività di natura culturale con attività di svago, sport.
Le esperienze positive delle regioni più attive, si pensi ai progetti di alfabetizzazione motoria nelle scuole, devono diventare un’azione strutturale della sinergia politica scuola-territorio-istituzioni, prevedendo percorsi frutto di una seria e pluriennale cadenza, altrimenti la ricaduta in termini educativi è minima e lo sforzo organizzativo supera i risultati sperati.

Un altro percorso mutuabile è ricavabile dall’esperienza dei doposcuola, opportunamente adattati alle esigenze di giovani nativi digitali, che devono trovare in questi contesti anche le tecnologie minime necessarie per affrontare un pomeriggio integrato, sul modello odi alcuni doposcuola digitali che sono nati in alcune realtà, anche italiane.
Solo così si potrà incoraggiare la loro presenza, agganciarli nella costituzione di un contratto formativo adeguato e allo stesso tempo appetibile.
Si pensi, solo a titolo esemplificativo, ai benefici che ne otterrebbero tutti gli studenti con Bisogni Educativi Speciali, un termine coniato per ricomprendere una vastità di ragazzi verso i quali riversare attenzioni individuali che per la loro molteplicità e difficile individualità, spesso, non è sempre agevole trattare durante la mattinata scolastica.

Devono, inoltre, essere messe a disposizione opportune figure di riferimento.
Gli insegnanti, come detto, sono una fonte inesauribile di idee e di progettualità significative, ma gli interventi integrati necessitano anche di esperti in campo educativo e counselors, figure orientanti per affrontare le sfide educative più emergenti, sportelli di ascolto con professionalità adeguate all’ascolto dei ragazzi e delle loro famiglie, facendo uscire questi interventi dall’anonimato, a volte perché non ci sono le risorse per sostenere iniziative lodevoli e necessarie.
L’esperienza dei punti luce chiama in causa forti considerazioni nel campo della disponibilità delle risorse che devono, condicio sine qua non, essere certe, pluriennali, programmate con tempi certi, altrimenti ci troveremmo di fronte ad una catastrofe.

Tornando ai dati concreti, questo potrebbe essere un percorso efficace verso la lotta alla dispersione scolastica che ci trova fortemente impreparati all’obiettivo di Europa 2020 , dopo aver fallito quello precedente di Lisbona 2000.

“La buona scuola” del Governo e “La scuola giusta”

“La buona scuola” del Governo e “La scuola giusta” della FLC CGIL

La Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL lancia una campagna nazionale sulla scuola pubblica italiana.

Si tratta di un percorso di partecipazione parallelo al tour del Governo per la sua zuccherosa “Buona scuola”.
Per noi da sempre è importante conoscere l’opinione di chi la scuola la vive quotidianamente: insegnanti, dirigenti, collaboratori scolastici, assistenti amministrativi e tecnici, precari, che spesso, pure senza soldi per la carta igienica o i pennarelli, il laboratorio chiuso o, peggio, il tetto pericolante, mandano avanti le nostre scuole.

Su alcuni dei temi di cui il Governo pare non occuparsi, si è appuntata la campagna web, social e sul territorio della FLC CGIL:
più risorse, meno chiacchiere / Servono 17 miliardi in 5 anni per far funzionare a dovere le scuole italiane: didattica, edilizia, personale
sblocco dei contratti dei lavoratori della scuola, fermi dal 2007
obbligo scolastico a 18 anni / La scuola comincia dall’infanzia. Come si fa a parlare di “rivoluzione” senza capire che è necessario estendere il diritto alla scuola dall’infanzia alla maggiore età? Ciò significa dare una chance a tutti i bambini, che sono cittadini oltre a essere figli e hanno diritto a un futuro.
lavoratori ATA / Amministrativi, tecnici, ausiliari sono i lavoratori che tengono le scuole aperte e in ordine, le fanno funzionare. Eppure nella Buona Scuola non compaiono. Naturalmente FLC CGIL non è d’accordo.
Le nostre proposte  sono tutte contenute nei seguenti documenti: “La scuola vince in quattro mosse” del giugno 2013; “Proposta della FLC per il reclutamento e formazione iniziale dei docenti” del gennaio 2014; dossier consegnato alla Ministra Giannini nell’aprile 2014 e, infine, il documento “Il cantiere scuola della FLC CGIL”, presentato alla stampa nel luglio 2014.

Una parte importante della nostra campagna è Fai la Scuola Giusta: un sondaggio online per mettere a confronto le nostre proposte e quelle del Governo su alcuni temi chiave. Si tratta di una consultazione parallela a quella dell’Esecutivo, che si concluderà entro metà novembre.

Questo sondaggio si aggiunge alle migliaia di assemblee che il Sindacato ha indetto e dalle quali trarrà valutazioni su cosa pensano docenti, educatori, ATA (amministrativi, tecnici, ausiliari), dirigenti sul Piano del Governo e sull’idea alternativa di scuola giusta proposta da FLC CGIL.

È una sfida, giocata sul ring della Rete: in un angolo il Premier e il suo sbrilluccicoso apparato mediatico, nell’altro la FLC CGIL, il primo sindacato italiano della scuola per iscritti e rappresentanza.

Due visioni non del tutto inconciliabili, forse, ma certo parecchio lontane, ad oggi: al popolo del web che ha a cuore la scuola, il compito di giudicare chi ha ragione.

Link al sondaggio:
http://www.flcgil.it/speciali/fai-la-scuola-giusta/sondaggio.flc
Link alla pagina della campagna:
www.flcgil.it/failascuolagiusta

#SBLOCCACONTRATTO: “LA DEMOCRAZIA NON E’ IL WEB”

#SBLOCCACONTRATTO, GILDA A GIANNINI: “LA DEMOCRAZIA NON E’ IL WEB”

“Sbaglia il ministro Giannini a parlare di ‘rapporto di forze’, perchè l’obiettivo della nostra campagna di raccolta firme non è fare un muro contro muro ma dare concretamente voce al mondo della scuola e chiedere che chi lavora nella scuola venga realmente ascoltato. Qui il problema è una totale assenza di dialogo. Giannini si limita ad annunciare fantomatici incontri con i sindacati che poi non avvengono mai: da luglio dichiara di volerci convocare ma poi tutto tace, a novembre ha già annunciato per due volte questo leggendario incontro con i sindacati e il mese è finito senza che da viale Trastevere ricevessimo alcuna convocazione. E mentre il ministro continua imperterrito a proporre sondaggi on line, il livello di rabbia tra i docenti sale sempre di più”. Così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, commenta le esternazioni del ministro della Pubblica Istruzione, Stefania Giannini, in merito alla raccolta firme #sbloccacontratto presentata questa mattina dai sindacati scuola in una conferenza stampa in piazza Monte Citorio.

“Neanche nei tour che il ministro e il suo staff sta compiendo in giro per le scuole d’Italia – aggiunge Di Meglio – viene accettata la partecipazione dei rappresentanti degli insegnanti e si preferisce dialogare con gli esponenti locali della sua amministrazione”.

“Suggeriamo al ministro Giannini – conclude Di Meglio – di rileggere Aristotele il quale scriveva che quando si vuole parlare con tutti, come questo Governo sta facendo attraverso consultazioni web e cinguettii in 140 caratteri, in realtà si sceglie di parlare soltanto con se stessi. Il ministro ritiene che le raccolte firme e i cortei siano strumenti legati a una visione passata dei rapporti di forza, ma la democrazia reale non deve mai cedere il passo a quella virtuale”.

250mila firme non valgono forse 250mila tweet?

#SBLOCCACONTRATTO: LO SNALS-CONFSAL CHIEDE A RENZI DI ASCOLTARE LA VOCE DEI LAVORATORI DELLA SCUOLA

250mila firme non valgono forse 250mila tweet?

Roma, 30 ottobre. A Roma, questa mattina, i sindacati della scuola hanno presentato i risultati dell’operazione nazionale “#sbloccacontratto”, grazie a cui sono state raccolte finora 250.000 firme del personale scolastico. Un modo per far arrivare al premier Renzi – cui sono stati consegnati gli scatoloni con le firme – la voce di chi nella scuola lavora.

Oltre a dar voce alle giuste motivazioni di protesta contro alcune proposte  contenute nella legge di stabilità e nella “buona scuola”, lo Snals-Confsal rivendica per i lavoratori della scuola il diritto di ottenere il rinnovo del contratto e di mantenere gli scatti di anzianità.

Il governo non può, secondo il sindacato autonomo, cancellare questi ultimi per attribuire imprecisati e difficilmente attribuibili scatti di merito a una platea più ridotta, con l’ulteriore aggravante che i primi verrebbero cancellati da subito e i secondi partirebbero tra 5 anni con, in mezzo, un altro bel taglio lineare agli insegnanti e agli Ata! Sotto la magica parola di merito in realtà c’è ben altro.

Inoltre, lo Snals-Confsal, ovviamente favorevole alla stabilizzazione per 148mila lavoratori annunciata da Renzi per il 2015, evidenzia come la comunicazione governativa stia facendo passare come investimento ciò che in realtà corrisponde a 3 miliardi di risparmi per le casse dello Stato tra cancellazione della ricostruzione di carriera per i neoimmessi in ruolo e non riconoscimento per tutti dell’anzianità.

Dall’Unione europea spazio (e fondi) anche a istruzione e formazione

da Il Sole 24 Ore

Dall’Unione europea spazio (e fondi) anche a istruzione e formazione

di Claudio Tucci

Migliorare la qualità dell’istruzione e della formazione, contrastando efficaciemente l’abbandono scolastico. Favorire l’apprendimento permanente e la mobilità, incoraggiando innovazione, creatività e imprenditorialità. E puntare su un legame più stretto scuola-lavoro, e sul decollo della valutazione. L’accordo di partenariato sottoscritto ieri tra Italia e Unione europea (mette sul piatto 32,2 miliardi di finanziamenti per politiche di coesione nel periodo 2014-2020) riserva un capitolo ad hoc su istruzione e formazione, con le principali misure che ci si attende dal nostro Paese. Utilizzando fondi Ue, e quindi lavorando a stretto contatto con le regioni.

Contrastare l’abbandono scolastico
Tra i primi obiettivi c’è quello di contrastare la dispersione scolastica e formativa, rispetto alla quale «occorre intraprendere azioni più mirate e coordinate» per affrontare la sfida, «combinando prevenzione, interventi e misure compensative». La dispersione rimane, infatti, su valori ancora troppo elevati, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno. La percentuale di giovani in età 18-24 anni che abbandonano precocemente gli studi si attesta al 18,2% a livello nazionale e al 21,2% per il Mezzogiorno, a fronte di un target del 10% fissato per il 2020 dalla Strategia europea e declinato al 15-16%, quale obiettivo italiano, dal Pnr. Il tasso di abbandono è particolarmente marcato nel primo biennio delle scuole superiori e pregiudica, per i ragazzi in giovane età, non solo la possibilità di acquisire un titolo di studio, ma anche di maturare conoscenze e competenze fondamentali per adulti che dovranno adattarsi ad una società e ad un mercato del lavoro in continua trasformazione.

Migliorare le competenze
Altra area di intervento è il rafforzamento delle competenze chiave degli allievi e dell’innalzamento del livello di istruzione della popolazione adulta. I dati delle rilevazioni Ocse-Pisa evidenziano, infatti, come quote troppo elevate di studenti italiani abbiano scarse competenze in lettura e matematica (rispettivamente il 21 e il 24,9% dei quindicenni), attestandosi significativamente al di sotto della media dei Paesi Ocse. Il ritardo, confermato anche dalle prove Invalsi, assume valori particolarmente critici nelle regioni del Mezzogiorno (27,5 per cento e 33,5 per cento) che – nonostante gli importanti miglioramenti registrati – rimangono ancora lontane dagli Obiettivi di Servizio sulle competenze fissati per il 2013. È dunque necessario rafforzare, non solo le competenze di base (italiano, lingue straniere, matematica, scienza e tecnologie, competenze digitali), ma anche quelle trasversali (imparare a imparare, competenze sociali e civiche, spirito di iniziativa e imprenditorialità, consapevolezza ed espressione culturale) essenziali per lo sviluppo personale, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione. Il miglioramento dei livelli di apprendimento degli allievi può essere favorito e rafforzato, inoltre, dalla diffusione della società della conoscenza nel mondo della scuola della formazione e dall’adozione di approcci didattici innovativi, attraverso il sostegno all’accesso a nuove tecnologie e la fornitura di strumenti di apprendimento adeguati.

Rafforzare l’istruzione terziaria
Altro obiettivo è il miglioramento l’innalzamento della quota di popolazione con istruzione terziaria ad almeno il 40% (è fra gli obiettivi principali per il 2020). L’Italia, con una percentuale del 20,3%, si colloca lontano sia dal benchmark comunitario che dal target nazionale fissato al 26/27% dal Pnr. Un altro elemento di criticità è rappresentato dall’elevato abbandono degli studi universitari significativamente al di sotto della media Ue e indicativo della mancanza di adeguamento delle abilità/competenze alle esigenze del mercato del lavoro. I risultati attesi e le azioni in questo ambito puntano ad innalzare i livelli di competenze, di partecipazione e di successo formativo nell’istruzione universitaria e/o equivalente, dando priorità sostanziale ai percorsi disciplinari con maggiori ricadute sul mercato del lavoro, tanto in termini occupazionali (ingresso nel mercato del lavoro) quanto al fine di stimolare l’auto-imprenditorialità dei giovani laureati.

Più scuola-lavoro
Si ritiene necessario, poi, puntare su una maggiore qualificazione dell’offerta di istruzione e formazione tecnica e professionale, attraverso l’intensificazione dei rapporti scuola-formazione-impresa e lo sviluppo di poli tecnico professionali. In questo ambito, si tenderà a promuovere una maggiore partecipazione femminile alla filiera di istruzione e formazione tecnico – professionale, in cui le donne continuano a rappresentare una componente minoritaria. Assumono, inoltre, particolare importanza, anche alla luce degli ampi fabbisogni che contraddistinguono il territorio nazionale, gli interventi di riqualificazione degli istituti scolastici e formativi, in direzione del miglioramento della sicurezza, dell’efficientamento energetico, dell’attrattività degli ambienti scolastici, della fruibilità da parte dell’utenza disabile.

Far decollare il sistema nazionale di valutazione
Va poi migliorata la governance complessiva del settore di istruzione e formazione e a svolgere dunque una funzione strumentale al raggiungimento dei risultati attesi. In particolare, interventi di sistema, volti a sostenere e affiancare le istituzioni scolastiche e formative nel miglioramento delle capacità di auto-diagnosi, auto-valutazione e valutazione e delle capacità di innovare la propria didattica adattandola ai contesti. In linea con quanto previsto dal regolamento sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione, approvato dal consiglio dei ministri lo scorso 8 marzo 2013, l’estensione e la messa a regime su tutto il territorio nazionale del Sistema nazionale di valutazione svolgerà un servizio fondamentale di rafforzamento del sistema, aiutando ogni scuola/istituzione formativa a monitorare gli indicatori di efficacia e di efficienza dell’offerta formativa e a spingersi in direzione di un progressivo miglioramento. Il rafforzamento dei processi di valutazione in direzione di un ampliamento delle prove disciplinari volte a monitorare il rendimento degli studenti – attualmente ristrette all’italiano e alla matematica – anche in relazione ad altre competenze di base e trasversali, potrà inoltre offrire un importante contributo all’accrescimento delle competenze dei giovani, anche nella prospettiva del loro inserimento nel più ampio orizzonte del mercato del lavoro europeo e globale.

Graduatorie Ata aperte fino al 15 novembre

da Il Sole 24 Ore

Graduatorie Ata aperte fino al 15 novembre

di Gianni Trovati

C’è tempo fino alle ore 14 del 15 novembre per il personale tecnico amministrativo che vuole inserirsi o aggiornare la propria posizione nelle graduatorie di istituto di III fascia attraverso la compilazione del «modello D3». La proroga è stata comunicata dal ministero dell’Istruzione dopo che molti utenti avevano incontrato difficoltà nella procedura online , l’unica percorribile secondo le regole ministeriali.
Il modello serve per presentare la propria candidatura in 30 scuole di una stessa provincia, per i profili professionali per i quali si ha titolo. Dopo aver compilato e inoltrato gli allegati, il sistema genera automaticamente il modulo e lo invia all’Ufficio scolastico regionale. Molti utenti hanno incontrato difficoltà nella compilazione degli allegati e nell’inoltro dei moduli, anche perché il sistema informatico è stato preso d’assalto da più persone rispetto a quelle che poteva reggere. Anche ora, lamentano alcuni, il meccanismo inciampa spesso per problemi di sovraccarico.
La riapertura dei termini può interessare comunque anche chi ha già inoltrato la domanda con successo, dal momento che il ministero ha inserito nuove sedi rispetto all’elenco pre-proroga. In ogni caso, la scadenza del 15 novembre riguarda tutti gli eventuali aggiornamenti, nel senso che anche le istanze già inoltrate saranno “aperte”, e quindi modificabili, fino a quella data.

Sarà corsa al «click day» per accedere ai 350 milioni del fondo Kyoto

da Il Sole 24 Ore

Sarà corsa al «click day» per accedere ai 350 milioni del fondo Kyoto

di Massimo Frontera

In arrivo le regole per attingere ai 350 milioni del fondo Kyoto da utilizzare per interventi di efficientamento energetico di scuole, asili nido e università. È infatti pronto il Dm attuativo Ambiente-Economia-Sviluppo-Miur, che consente di chiedere i fondi. Si tratta anche delle ultime risorse nella disponibilità del fondo, al netto degli importi in corso di erogazione e di una quota di 70 milioni già prenotati per l’Ilva di Taranto. Lo schema di Dm è arrivato alla stesura finale. Venerdì prossimo è prevista l’ultima verifica tecnica con i ministeri coinvolti, oltre ai comuni e alle province. Se non ci saranno obiezioni, il testo inizierà l’ultimo giro di firme nei quattro dicasteri, segue la registrazione alla Corte dei Conti e infine l’uscita in «Gazzetta». I tecnici dell’Ambiente stimano che il cerchio si potrebbe chiudere tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre con il Dm pubblicato.

Dalla pubblicazione in GU 60 giorni per le richieste
Ma la pistola dello starter sarà la pubblicazione in «Gazzetta» di un comunicato del ministro dell’Ambiente, che farà scattare i 60 giorni per le richieste di finanziamento, da inoltrare a Cassa depositi e prestiti, gestore del Fondo (oltre che dell’Ambiente).
La misura, introdotta dall’articolo 9 del decreto n.91/2014, ha messo sul piatto un’ulteriore interessante opportunità di intervenire sul patrimonio pubblico destinato all’istruzione. Lo schema di decreto Ambiente-Economia-Sviluppo-Miur che sta per uscire segue ovviamente i criteri della norma madre (cioè l’articolo 9 del Dm 91/2014) definisce criteri e modalità.

Click day per prenotare i fondi
Prima di tutto, occhio alle scadenze. Il decreto rimanda a un comunicato del ministero dell’Ambiente, che verrà pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» (ovviamente dopo l’uscita del decreto attuativo). Dal giorno della pubblicazione, ci sono 60 giorni per inoltrare le richieste, via posta elettronica certificata: «farà fede per l’ordine cronologico la data e l’orario di accettazione della Pec da parte del gestore di servizio di posta elettronica», precisa lo schema di Dm attuativo. «Sono ammessi più invii purché nel primo invio sia specificato il numero degli stessi; in questo caso farà fede per l’ordine cronologico la data e l’accentazione della Pec riguardante il primo invio. I successivi invii dovranno avvenire entro un massimo di 60 minuti dal primo».
La scelta dello strumento del click day lascia prevedere una accesa competizione tra una platea potenzialmente vastissima di soggetti interessati. Peraltro, in lizza, accanto ai singoli enti ci sono anche i fondi immobiliari, interessati ad acquisire risorse per interventi di ampia scala. Le mail – firmate digitalmente – vanno inviate contemporaneamente al ministero dell’Ambiente e alla Cassa depositi e prestiti.

I beneficiari
Possono chiedere i fondi tutti i «soggetti pubblici competenti» che hanno disponibilità «di immobili di proprietà pubblica adibiti all’istruzione scolastica, ivi inclusi gli asili nido, e all’istruzione universitaria, nonché di edifici dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica».
Per soggetti pubblici competenti, spiega lo schema di decreto, «si intendono i soggetti che in base ad un titolo di proprietà o di possesso o di altro diritto reale immobiliare di godimento hanno in carico gli immobili pubblici destinati all’istruzione universitaria, all’istruzione scolastica, all’alta formazione artistica, musicale e coreutica e gli asili nido».
Gomito a gomito con le singole scuole ci sono – come si diceva – anche i fondi immobiliari. Questi dovranno proporre dei «progetti di investimento» sui quali chiedere il contributo del fondo Kyoto.

I «progetti di investimento» dei fondi immobiliari
Per «progetto di investimento» si intendono quelli promossi dai fondi immobiliari. Più precisamente il progetto di investimento – spiega lo schema di Dm – è da intendersi «il programma di valorizzazione riguardante gli immobili a destinazione pubblica, quali gli edifici scolastici, gli asili nido, gli edifici dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica (Afam) nonché gli edifici destinati alla istruzione universitaria, ricompresi nei fondi immobiliari», anche ad apporto, promossi o partecipati da operatori pubblici. Per ciascun edificio è necessario dichiarare: tipologia di intervento da attuare; costi totali dell’intervento, compresa diagnosi energetica, certificazione e progettazione; costi energetici e di esercizio dell’immobile successivamente alla realizzazione dell’intervento; tempi di ritorno stimato dell’investimento.
Per scongiurare incrementi di costi o oneri occulti, il Dm impone che il promotore pubblico non dovrà sopportare ulteriori oneri economici, oltre ai canoni imputati all’immobile antecedentemente l’attuazione degli interventi di efficientamento energetico.
Non è tutto. I progetti di investimento, oltre a garantire la convenienza economica ed efficacia dell’intervento, dovranno indicare anche i tempi di ritorno dell’investimento. «Tale dimostrazione dovrà essere rappresentata in un separato documento in cui saranno elencati i costi energetici delle singole componenti presenti nell’edificio e il costo totale dell’edificio nella situazione anteriore all’intervento e i corrispondenti costi energetici per singole componenti e totale a realizzazione definitiva dell’intervento».

I criteri minimi da soddisfare
Si possono chiedere contributi solo su immobili realizzati «alla data di entrata in vigore» del Dm attuativo. Escluse quindi le nuove costruzioni. Il Dm fissa inoltre una griglia con vari requisiti da soddisfare. Tra questi – ma non è una novità perché già indicato nella norma “madre” – ci sono la diagnosi energetica e la certificazione energetica dell’immobile.
I progetti inoltre dovranno dimostrare di conseguire – entro i tre anni massimo concessi per i lavori – un miglioramento di almeno due classi energetiche. Per i requisiti tecnici minimi e i costi unitari si rimanda al decreto del cosiddetto conto termico (28 dicembre 2012, pubblicato sulla Gazzetta del 2 gennaio 2013). Per beneficiare del contributo, gli immobili dovranno essere in regola con le norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e sulle norme antisismiche; in regola dovranno essere anche gli impianti. Infine, le scuole da mettere in efficienza dovranno contestualmente assicurare la bonifica dall’amianto.

Importi massimi
Nessuna novità sugli importi massimi, visto che i massimali sono stati già indicati dal decreto legge 91. Per il finanziamento della sola analisi e monitoraggio, il finanziamento agevolato potrà essere di massimo 30mila euro dilazionato in 10 anni.
Per gli interventi edilizi veri e propri il tempo massimo è di venti anni oppure – nel caso del fondo immobiliare – un periodo che non superi il periodo di vita del fondo. Per i soli interventi sugli impianti (incluse progettazione e certificazione energetica, ex ante ed ex post) si potrà ottenere fino a un milione di euro. Per la riqualificazione energetica che include l’involucro e posa in opera (incluse, anche in questo caso, progettazione e certificazione energetica) si potranno avere al massimo due milioni di euro.

Attuazione degli interventi
Al termine dei 60 giorni concessi per chiedere i fondi, Cassa depositi e prestiti stila la graduatoria, verificando la completezza delle domande, e la trasmette al ministero dell’Ambiente, cui spetta di formalizzare l’assegnazione dei fondi. Intanto Cdp notifica all’interessato l’accoglimento della richiesta, stipula il contratto di finanziamento ed eroga poi le somme. I soldi vengono trasferiti in più tranche: un primo 25% viene concesso entro 15 giorni dal contratto di finanziamento. Il resto delle somme viene concesso a Sal (stato di avanzamento lavori) in quote di almeno il 25% l’una.
I beneficiari devono aprire il cantiere entro massimo 180 giorni, inviando per mail a Cdp il verbale di consegna lavori. Devono poi completare l’intervento entro 36 mesi «a decorrere dalla data di perfezionamento del contratto di finanziamento agevolato».

Revoche
Dettagliatissimo il capitolo delle revoche, che scattano ad ogni minimo scostamento dalla tabella di marcia o dal mancato rispetto dei requisiti indicati. I soldi si perdono, per esempio, se il progetto realizzato è difforme da quello cofinanziato; se manca la certificazione che attesta la riduzione dei consumi energetici e che deve essere prodotta contestualmente al collaudo. Niente soldi se si scopre che i documenti contengono informazioni false o se vengono fuori «dati, notizie o fatti circostanziati (che) fanno ritenere l’intervento non realizzabile». Addio al contributo anche se non si apre il cantiere entro sei mesi e se si intervengono varianti in corso d’opera per motivi diversi da quelli ammessi dal codice dei contratti pubblici (articolo 132).

Torna il “Quotidiano in classe” ed è record di adesioni

da La Stampa

Torna il “Quotidiano in classe” ed è record di adesioni

Più di 2 milioni di studenti iscritti e oltre 45 mila insegnanti coinvolti nel progetto a cui partecipa anche La Stampa.

Saranno 2.082.504 gli studenti delle scuole secondarie superiori che nell’anno scolastico 2014/2015 prenderanno parte al progetto promosso dall’Osservatorio Permanente Giovani-Editori: “Il Quotidiano in classe”, giunto alla 15 esima edizione. “E’ un successo superiore al successo degli anni scorsi – ha detto il presidente dell’Osservatorio, Andrea Ceccherini – e il merito va riconosciuto interamente a quegli insegnanti italiani che si sono messi personalmente in gioco per conquistare al fascino dei dubbi quei giovani animati da solide certezze”.

 

Un altro record assoluto di iscritti che batte quello storico, raggiunto lo scorso anno, e che fissa un ulteriore primato di partecipazioni senza precedenti. Saranno oltre il 76% dei giovani italiani iscritti alle scuole secondarie superiori, oltre tre ragazzi su quattro, a partecipare a questa esperienza. Ad animare le lezioni in classe 45.172 insegnanti, che, dopo aver partecipato in questi 15 anni di esperienza, ad un apposito corso di formazione organizzato in collaborazione con alcune tra le più prestigiose Università italiane, avranno la possibilità di ricevere settimanalmente, le copie digitali o cartacee delle 16 testate giornalistiche.

 

Il progetto si basa su un’ora di lezione settimanale, in classe, dedicata alla lettura critica di più quotidiani a confronto. Gli iscritti hanno la possibilità di ricevere settimanalmente le copie digitali o cartacee de La Stampa, Corriere della Sera, Sole 24 Ore, Gazzettino, Nazione, Giorno, Resto del Carlino, Unione Sarda, Tempo, Adige, Gazzetta di Parma, Arena, Giornale di Vicenza, Bresciaoggi, Gazzetta dello Sport e Osservatore Romano oltre a Focus.

 

Il progetto è condiviso anche da 26 fondazioni bancarie oltre all’Acri. «Una buona scuola dovrebbe insegnare a imparare. E imparare a dubitare è una lezione che merita di essere appresa – spiega Ceccherini – È con questo spirito che portiamo una volta alla settimana, in classe, tre diversi giornali a confronto, per dimostrare ai ragazzi come la stessa notizia si possa dare diversamente. E quanto sia importante di conseguenza sapere che l’informazione non è verità infusa, ma una sua rappresentazione, nella migliore delle ipotesi resa in buona fede. Con questo esercizio, basato sul pluralismo delle opinioni che si confrontano, intendiamo allenare lo spirito critico e il senso civico dei più giovani, per farne dei cittadini più liberi, degli attori del cambiamento più partecipi, dei protagonisti di una democrazia in trasformazione. Vogliamo offrire agli insegnanti italiani – conclude Ceccherini – uno strumento in più per rilanciare un modello inedito di educazione civica, meno lento, e più rock»

“La Buona scuola”, i cittadini partecipano: oltre mille idee online e offline

da la Repubblica

“La Buona scuola”, i cittadini partecipano: oltre mille idee online e offline

Le proposte più gettonate quelle della “stanza dello Sblocca scuola”

di Salvo Intravaia

OLTRE 53mila questionari compilati e inviati al ministero dell’Istruzione e poco meno di mille e 200 proposte per “costruire insieme la Buona scuola”. La raccolta online di pareri dei cittadini sulle proposte contenute nelle 126 pagine presentate dal presidente del Consiglio un mese e mezzo fa si chiuderà il prossimo 15 novembre e a due settimane dal the end è possibile fare un primo bilancio. Da viale Trastevere si snocciolano i numeri di una consultazione che probabilmente si pensava più partecipata.

Il sito creato appositamente per raccogliere gli umori sia degli addetti ai lavori sia di coloro che hanno semplicemente interesse ad esprimere la propria opinione ha registrato 700mila contatti per circa 5 milioni di pagine visitate. Molte o poche? E dal ministero ci tengono a precisare che “la consultazione è sia online che offline, dunque non si limita ai soli questionari o agli accessi al sito”. “E’ una consultazione – spiegano da Palazzo della Minerva – che prevede la partecipazione attiva da parte dei cittadini che sta avvenendo attraverso i dibattiti organizzati sul territorio e la partecipazione agli eventi del tour del ministero (più di 40).

In generale – secondo gli organizzatori – la scuola sta apprezzando molto la parte offline con partecipazione attiva agli eventi Miur e organizzazione di eventi in proprio”. E sul sito cominciano anche ad arrivare le conclusioni degli 877 dibattiti organizzati – fino alle 18 di ieri sera – in tutte le regioni italiane. Tra le 1.179 proposte avanzate da insegnanti, dirigenti, enti no profit e organizzazioni c’è di tutto.

Le più gettonate, sono all’interno di quella che al Miur chiamano “stanza dello Sblocca scuola”, con 524 proposte e 11mila like. La più popolare in assoluto è quella che chiede la “presenza all’interno di ogni scuola di ogni ordine e grado di un Pedagogista ed un Educatore che costituiscano l’Unità di Educativa Scolastica  che ricoprano le Funzioni Strumentali attualmente svolte dai docenti svolgendo anche un ruolo di coordinamento e di supporto ai docenti, di consulenza pedagogica alle famiglie e di sostegno agli studenti”, che con oltre mille e 500 gradimenti (like) è in testa alle proposte sullo Sblocca scuola. Ma gli italiani chiedono anche classi meno affollate per “sbloccare davvero la scuola”. Tra le “stanze” più affollate troviamo anche quella in cui ci si confronta sulle proposte per “ridurre i costi delle famiglie connessi alla scuola”.

Tra le proposte più apprezzate troviamo la richiesta di “detraibilità delle spese scolastiche”, quella che porta avanti “la libertà di scelta della famiglia, nel pluralismo di scuole statali e paritarie, finanziate tutte con il “costo standard per alunno” in modo che i genitori non debbano pagare rette aggiuntive” e l’idea di inserire i genitori come “membri effettivi nei nuclei di valutazione d’istituto in quanto primi responsabili dell’educazione dei figli (ecco la loro presenza nel Consiglio d’Istituto) e di controllo, in quanto cittadini”. Ma anche”libri di testo disponibili online con licenza libera, i quali possono essere personalizzati dai docenti, divisi in fascicoli secondo i criteri per ciascuno più opportuni, e stampati a basso costo dalle famiglie”. Fantascienza o strade davvero percorribili?

Anche sulla possibilità di aprire le scuole nei pomeriggi e la sera, gli italiani si sono sbizzarriti. La stanza in questione è quella sul Manuale delle scuole aperte: “una guida su procedure, metodi e suggerimenti per aprire le scuole ad attività esterne in orario extra-scolastico e nei periodi di vacanza”. A spuntarla su tutte le altre proposte, finora, è quella sul “Project Management”. “L’insegnamento del “PM”, con l’ideazione ed il compimento di Progetti sponsorizzati da diverse fonti quali, fondi europei, tessuto lavorativo ed enti locali, potrà contribuire a colmare quel “gap” di formazione in termini di, acquisizione di un linguaggio del mondo lavorativo, di migliorare i comportamenti, di sviluppare un approccio alla progettualità ed all’imprenditorialità a prescindere dalla specificità del settore e quindi a sviluppare quelle le conoscenze, competenze ed abilità tipiche della disciplina della gestione progetti”.

Ma ci sono anche coloro che contestano l’idea di scuole sempre aperte, anche di sera. Perché “la scuola non può essere considerata una specie di parcheggio dove lasciare i propri figli perché non vi sono alternative o perché sono troppo costose”. C’è poi l’immancabile discussione sul potenziamento dei laboratori scolastici e sul modo di “rafforzare le competenze digitali”. Ma che fine faranno le proposte avanzate dagli italiani in tema di scuola? “Tutti i contributi saranno analizzati”, spiegano da ministero. “Da quelli più semplici da analizzare – chiariscono – (come i risultati del questionario o delle stanze pubbliche), a quelli più complessi (come le numerose mail ricevute). Stiamo in realtà già analizzando e organizzando i contributi in itinere, proprio per velocizzare la restituzione di tutti i risultati nelle due settimane successive alla chiusura della consultazione”.

Poi, stando alle prime conclusioni dei dibattiti, si passerà ai provvedimenti legislativi per dare sostanza alle proposte avanzate dal governo. La più attesa è l’assunzione di 148mila precari che andranno a formare l’organico funzionale. Anche la valutazione di scuole e insegnanti sembra una misura molto “temuta” dagli interessati e auspicata dai genitori. Ma quello che contestano in tantissimi è la penuria di risorse economiche – fatte salve quelle per assumere i 148mila precari – per dare vita a quella rivoluzione epocale che dovrebbe consentire al nostro paese di avere un sistema educativo di livello europeo, di rilanciare il lavoro giovanile, che latita letteralmente a tutte le latitudini, e che dovrebbe traghettare la scuola italiana nel terzo millennio. Su questo aspetto sembrano tutti d’accordo: genitori, presidi, studenti e insegnanti.

Fin qui, tutto quello contenuto nel sito istituzionale del ministero dell’Istruzione. Ma i documenti dei collegi dei docenti sembrano più drastici. Dal liceo Pasteur di Roma arriva una sonora bocciatura. Tra le critiche la penuria di risorse economiche per l’attuazione del Piano, “l’abolizione degli scatti di anzianità e l’accesso alle progressioni per il solo 66 per cento del personale” considerata penalizzante e mortificante per la totalità dei docenti” e il pericolo che la soluzione prospettata – gli “scatti di competenza” – possano minare “la cooperazione e la collaborazione” tra docenti, fattori “fondamentali per stimolare la didattica e la creazione di un ambiente di lavoro coeso e positivo”. Anche dal circolo didattico F. Parri di Torino piovono critiche. E si chiede “l’impegno del governo per un serio ed urgente piano di investimenti nella scuola statale” e il “reintegro dei fondi sottratti per l’offerta formativa (ancora meno del 50 per cento)”.

Sicurezza a scuola, non ci siamo: crolla il controsoffitto di altri due istituti

da La Tecnica della Scuola

Sicurezza a scuola, non ci siamo: crolla il controsoffitto di altri due istituti

Dal ministro Giannini arrivano parole rassicuranti, però nella stessa giornata si registrano pericolosi cedimenti in una scuola media di Lecco e una superiore di Siracusa. Gli studenti siciliani protestano e pubblicano su youtube i video dei disagi derivanti dalla pioggia: è una piaga, per monitorare i problemi strutturali delle scuole e favorire interventi tempestivi si completi in fretta l’anagrafe dell’edilizia scolastica.

Il Governo rassicura in continuazione sullo stato edilizio delle scuole italiane. Appena pochi giorni fa,il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, conversando a Bari con i giornalisti aveva detto che iproblemi di manutenzione meno gravi che affliggono migliaia di scuole italiane saranno superati entro la fine del 2014: “la piccola manutenzione riguarda 7.200 edifici in tutta Italia: 1.100 sono stati completati alla fine di settembre, 3.200 sono in corso di ultimazione”, mentre “il resto è in chiusura entro la fine dell’anno solare”, ha spiegato il responsabile del Miur.

Le notizie di cronaca ci dicono che però c’è poco da stare tranquilli. E che occorre fare in fretta a sanare le situazioni edilizie di pericolo. Lo stesso giorno, il 28 ottobre, sono infatti crollati i controsoffitti di due istituti.

Il primo riguarda un’aula di arte della scuola media Tommaso Grossi di Lecco: fortunatamente, nessuno è rimasto ferito, essendo terminate da ore le lezioni. Ad accorgersi dell’accaduto sono stati alcuni insegnanti riuniti dal pomeriggio in una vicina sala riunioni. Udito un tonfo, i docenti si sono recati nell’aula di arte e hanno trovato diverse lamiere a terra tra la polvere. Il 29 ottobre, quindi, lezioni sospese per consentire ai Vigili del fuoco di fare un sopralluogo completo dopo i primi interventi nell’immediatezza dell’accaduto.

Nelle stesse ore è venuto giù anche un in cartongesso dell’Istituto Superiore A. Rizza di Siracusa. In questo caso, decisivo è stato il ruolo della pioggia. Anche al liceo O.M. Corbino interi corridoi si sono allagati, ha spiegato Andrea Manerchia, coordinatore regionale Rete Studenti Medi Sicilia: “Il problema dell’edilizia scolastica – ha detto lo studente – è ormai da anni una delle principali piaghe della nostra regione. Da troppo tempo denunciamo lo stato disastroso dei nostri edifici scolastici, la cui vivibilità è sotto gli standard umani”.

L’ultimo episodio del cedimento del controsoffitto “è solo la punta di un mastodontico iceberg di problemi che gli studenti siciliani vivono nelle loro aule. Mancanza di riscaldamenti, classi pollaio e soprattutto locali non in sicurezza sono all’ordine del giorno nel panorama scolastico della nostra terra. Quando si tratta della sicurezza stessa degli studenti, crediamo che l’attenzione delle istituzioni debba essere immediata; per questo chiediamo da anni l’istituzione di un anagrafe regionale dell’edilizia scolastica, che possa monitorare in maniera precisa e capillare tutti i problemi strutturali delle scuole favorendo interventi tempestivi e mirati”.

Protesta anche Alberto Irone, portavoce nazionale Rete Studenti Medi: “dopo il primo investimento, ad inizio mandato, di questo governo in edilizia scolastica, ancora oggi alcuni cantieri stentano a partire ed è quanto mai palese che i soldi stanziati non sono sufficienti a coprire le tantissime situazioni di estrema gravità in cui versano le scuole italiane. Una buona scuola non crolla in testa agli studenti”.

Ricordiamo, infine, che il prossimo 22 novembre ricorre il sesto anniversario della morte di Vito Scafidi, lo studente allora 17enne rimasto vittima del crollo di un controsoffitto dell’aula del liceo Darwin di Rivoli: nei giorni scorsi la famiglia ha mostrato disappunto per la probabile assenza dei vertici del Governo e del Miur alla cerimonia di ricordo. Inoltre, la madre di Vito, ha denunciato che “i lavori al Darwin, sebbene ci siano i soldi, ben 500 mila euro dell’Inps, non sono ancora partiti”.


Su youtube, infine, sono stati ‘postati’ dei significativi video delle infiltrazioni nella scuola superiore Rizza di Siracusa. Chi è interessato a prenderne visione può cliccare sull’indirizzo sottostante:
https://www.youtube.com/watch?v=yrq2m-YboIM&list=UUhE8bK7Vux69nqrbjIkEUcg

 

https://www.youtube.com/watch?v=tC-UXp7cCkM&list=UUhE8bK7Vux69nqrbjIkEUcg&index=1

Assunzioni: non basta la legge di stabilità

da La Tecnica della Scuola

Assunzioni: non basta la legge di stabilità

 

Per dare il via all’organico funzionale e alle assunzioni non bastano nè il Piano “Buona Scuola” nè la legge di stabilità. Vanno cancellate le norme del DL 98/2011 e del DL 5/2012.
Ma le assunzioni ci saranno davvero?  E’ una bella domanda, alla quale – in questo momento – è difficile dare una risposta sicura.
Il premier Renzi e il ministro Giannini non perdono ormai occasione per ribadire che questo è un obiettivo prioritario per il 2015, ma purtroppo i dubbi permangono, alimentati anche da una legge di stabilità il cui testo letterale non aiuta di certo a chiarezza.
E’ vero che l’articolo 3 della bozza depositata in Parlamento parla di un miliardo di euro per il Piano “Buona Scuola” (con priorità alle assunzioni, dice la legge stessa). Ma poi in altre parti del provvedimento le contraddizioni sono più di una.
In realtà, nella relazione illustrativa della tabella n. 7 (quella relativa proprio al bilancio del Miur)  si legge soltanto: “Prioritaria appare la necessità di ridurre il precariato dei docenti attraverso un processo di ridefinizione dei criteri di determinazione dell’organico e l’introduzione dell’organico funzionale, abolendo  di fatto il meccanismo del doppio canale e riordinando le procedure di reclutamento fino a prevedere  ‘ingresso nella scuola solo per i vincitori di concorso”.
Se poi si vanno a vedere i dati analitici c’è di che restare perplessi.
Per quanto abbiamo potuto constatare fino a questo momento (la tabella 7 è fatta di centinaia di pagine fitte di numeri e dati), uno dei pochi punti in cui si parla esplicitamente di organico funzionale è nella “scheda obiettivo” n. 13  (Valorizzazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e della relativa governance).
L’attività relativa viene così descritta: “ottimizzare gli spazi di flessibilità degli istituti previsti dall’autonomia e dai nuovi ordinamenti, attraverso l’attuazione dell’organico funzionale e  incentivando l’utilizzo condiviso di risorse strumentali e umane tra reti di scuole”. Obiettivo finanziato con la somma di poco superiore a unmilione e 600mila euro all’anno che dovrebbero servire non certamente per le assunzioni ma più probabilmente per costitituire le reti di scuole (si tratta di 200 euro per ciascuna istituzione scolastica, ipotizzando una rete formata da 5 scuole si arriva a mille euro per ogni rete).
C’è poi il “rebus” delle somme stanziate per gli stipendi, di cui abbiamo già parlato, e che nasconde il problema vero: la legge di stabilità fa riferimento alla legislazione vigente e proprio per questo la tabella 7 non prevede un aumento delle spese per il personale docente a tempo indeterminato.
Il nodo sta tutto nel DL 98/2011 che all’art. 19 (comma 7) chiarisce che  “a decorrere dall’anno scolastico 2012/2013 le dotazioni organiche del personale docente, educativo ed ATA della scuola non devono superare la consistenza delle relative dotazioni organiche dello stesso personale determinata nell’anno scolastico 2011/2012 in applicazione dell’articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112”.
Disposizioni, è bene ricordarlo, integralmente e puntigliosamente richiamate anche nell’art.50 del DL 5/2012 approvato all’epoca del ministro Profumo contenente disposizioni sull’organico funzionale.
E, per il momento, nè Renzi nè tanto meno Giannini hanno ancora spiegato se, come e quando verranno abrogate le norme del DL 98/2011 e del DL/2012. Fino a quando queste resteranno in vigore l’organico funzionale resterà una chimera.

Dal 5 maggio 2015 tornano le prove Invalsi

da La Tecnica della Scuola

Dal 5 maggio 2015 tornano le prove Invalsi

L.L.

Reso noto il calendario delle rilevazioni degli apprendimenti che interesseranno le stesse classi dello scorso anno scolastico. Il 19 giugno si svolgerà la Prova nazionale nell’ambito dell’esame di Stato a conclusione della classe III della scuola secondaria di primo grado

Si svolgeranno come sempre a partire dal mese di maggio le prove Invalsi previste nell’ambito del Sistema Nazionale di Rilevazione.

Per l’anno scolastico 2014/2015 le prove sono state fissate nelle seguenti giornate:

  • il 5 maggio 2015 la prova preliminare di lettura (II primaria) e la prova d’Italiano (II e V primaria);
  • il 6 maggio 2015 la prova di Matematica (II e V primaria) e il questionario studente (V primaria);
  • il 12 maggio 2015la prova di Matematica, la prova d’Italiano e il questionario studente (II secondaria di secondo grado);

Fissata, invece, al 19 giugno 2015 la prova nazionale (Matematica e Italiano), inserita come di consueto all’interno dell’esame di Stato a conclusione della classe III della scuola secondaria di primo grado.

Prevista anche quest’anno l’individuazione di classi campione, all’interno delle quali saranno inviati gli osservatori esterni. Saranno estratte due classi campione negli istituti più grandi, mentre nelle scuole campione di piccole dimensioni la classe scelta sarà solo una.