“Tornami in mente”

“Tornami in mente” proposta dal Coordinamento Docenti Diritto ed Economia per la reintroduzione delle Discipline Giuridiche Ed Economiche nella scuola superiore italiana. In cinquanta, per ora, tra personalità note e meno note (tra cui l’attore-rivelazione della serie tv Gomorra, Marco D’Amore; Gianpaolo Fabrizio, il “Bruno Vespa” del tg satirico Striscia la Notizia; lo scrittore Antonio Pascale; i volti del teatro e del cinema Enrico Ianniello, Andrea Renzi, Tony Laudadio e Roberto De Francesco; il duo di Musica Nuda, Petra Magoni e Ferruccio Spinetti; il filosofo del diritto Giuseppe Limone della Seconda Università di Napoli; Alberto Vannucci, professore associato al Dipartimento di Scienze politiche all’Università di Pisa)hanno accolto l’invito del Coordinamento di realizzare “in casa” un selfie-video con la propria testimonianza sulle conseguenze negative che potrebbe avere sulla formazione culturale e sociale dei ragazzi la recente “riforma” della scuola che, nei fatti, ha escluso il Diritto e l’Economia dalla maggior parte dei programmi ministeriali.

Il video è consultabile al link:

I protagonisti del video hanno saputo evidenziare, con l’ironia della consapevolezza, i guasti che la mancata conoscenza delle “regole del gioco” giuridiche ed economiche della comunità produrranno (e stanno già cominciando a produrre) nelle giovani generazioni.

«Tornami in mente» è l’ invocazione, l’appello, al premier Matteo Renzi e al ministro dell’istruzione Stefania Giannini, affinché le materie giuridiche ed economiche ritornino nelle mente degli studenti. Un’invocazione ripresa in queste ore da alcune testate nazionali (tra cui “Il Sole-24 Ore” e il “Corriere della Sera”) e locali.

Per il Coordinamento dei Docenti di Diritto e di Economia
Massimo Macciò

I problemi irrisolti del contributo volontario

I problemi irrisolti del contributo volontario

di Cinzia Olivieri

 

Con le Note 7 marzo 2013 n. 593 e 20 marzo 2012, Prot. n. 0000312, parrebbe essersi esaustivamente articolata ogni questione in merito al contributo volontario. In realtà alcuni punti necessitano di ulteriore chiarimento.

 

Volontarietà, potere impositivo

Nessun dubbio ormai vi è più in merito al carattere volontario del versamento, anche in virtù del principio di obbligatorietà e gratuità dell’istruzione inferiore, come previsto dall’articolo 34 della Costituzione, ribadito dalla legge n. 296/2006 ed esteso fino ai primi tre anni dell’istruzione secondaria superiore.

Per le classi 4° e 5° della scuola secondaria di secondo grado, invece, fatti salvi i casi di esonero, l’iscrizione è subordinata esclusivamente al pagamento delle tasse scolastiche erariali, obbligatorie.

Questo perché in generale, come chiarito, l’ordinamento non riconosce capacità impositiva alle scuole, per cui la deliberazione dei consigli di istituto non è sufficiente a legittimare la pretesa di un versamento obbligatorio da parte delle famiglie. Infatti per l’articolo 23 della Costituzione “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge“.[1]

 

Conseguenze

Le istituzioni scolastiche, pertanto, anche per favorire la spontanea adesione, dovranno fornire adeguata informazione in merito alla destinazione e all’utilizzo delle somme, evitando qualunque comportamento volto ad esigere coattivamente il versamento di contributi.

Del tutto illecita risulta quindi la prassi di richiedere il pagamento quale condizione necessaria per l’iscrizione degli studenti, potendosi configurare nel caso, per i soggetti che sono responsabili della gestione, anche una grave violazione dei propri doveri d’ufficio.

Altrettanto illegittima risulta poi qualsiasi discriminazione collegata al mancato pagamento ovvero l’intimidazione di considerare questo al pari di una infrazione disciplinare.

 

Destinazione del contributo

Costituisce motivo di perplessità l’affermazione, contenuta nella nota del 2012, che le risorse raccolte con i contributi volontari delle famiglie devono essere indirizzate esclusivamente ad interventi di ampliamento dell’offerta culturale e formativa e non ad attività di funzionamento ordinario e amministrativo, che hanno una ricaduta soltanto indiretta sull’azione educativa rivolta agli studenti.

La successiva nota del 2013, pur rinviando alla pregressa disposizione, stabilisce che con tale contribuzione volontaria (ovvero “erogazione liberale”) le famiglie partecipano al miglioramento dell’offerta formativa e al suo ampliamento al di là dei livelli essenziali.

Tuttavia tale preclusione non pare trovare supporto normativo e sembra eccessiva non solo “in considerazione delle ben note riduzioni della spesa pubblica che hanno caratterizzato gli ultimi anni” come ammesso proprio dalla nota del 2013 ma altresì in quanto limita la riconosciuta autonomia delle istituzioni scolastiche.

Premesso che è proprio il funzionamento, prevalentemente oggi insufficiente a coprire le esigenze della scuola, a patire i maggiori tagli, occorre evidenziare che la Legge Bersani 40/07, nel disciplinare i requisiti per la detraibilità delle erogazioni liberali a favore delle scuole, ha condizionato quest’ultima alla indicazione in causale che tali erogazioni siano finalizzate all’innovazione tecnologica, all’edilizia scolastica e all’ampliamento dell’offerta formativa ed altresì a due specifiche modalità di versamento: bollettino postale o bonifico bancario.

Da ciò non si può desumere che il contributo volontario (ovvero l’erogazione liberale) debba essere finalizzato esclusivamente a questi tre specifici obiettivi, ma solo che altrimenti non è ammessa la detraibilità.

Del resto l’art. 1 del DI 44/01 ha stabilito nel suo ultimo capoverso “Le istituzioni scolastiche provvedono altresì all’autonoma allocazione delle risorse finanziarie derivanti da entrate proprie o da altri finanziamenti dello Stato, delle regioni, di enti locali o di altri enti, pubblici e privati, sempre che tali finanziamenti non siano vincolati a specifiche destinazioni”.

Invero, nelle note citate, da un lato si riconosce l’importanza del contributo per fronteggiare i tagli, dall’altro però poi si limita l’autonomia decisionale delle istituzioni scolastiche nel decidere come investire queste risorse liberalmente corrisposte dai genitori.

Ma tanto la normativa quanto ragioni evidenti di opportunità portano a concludere – ed andrebbe chiarito – che spetta alle scuole, e nello specifico ai consigli di istituto trattandosi di somme liberalmente versate dalle famiglie, determinarne in autonomia la destinazione sulla base delle esigenze delle stesse.

 

L’assicurazione integrativa, libretti delle giustificazioni ed altre spese effettuate “nell’interesse delle famiglie”

La nota del 2012 prevede “l’obbligo di rimborsare alla scuola alcune spese sostenute per conto delle famiglie stesse, come, ad esempio, quelle per la stipula del contratto di assicurazione individuale per gli infortuni e la responsabilità civile degli alunni, o quelle per i libretti delle assenze o per le gite scolastiche”.

Anche la nota del 2013 ha precisato “Qualunque somma, ulteriore alle tasse erariali e a quanto strettamente necessario per il rimborso di spese sostenute dalla scuola per conto delle famiglie (come già chiarito nella precedente nota n. 312), può essere quindi richiesta soltanto quale contribuzione volontaria”.

In pratica per le “spese sostenute per conto delle famiglie” sussisterebbe un obbligo di rimborso a carico delle stesse.

Ebbene, il consiglio di istituto può determinare l’entità e la destinazione del contributo che resta volontario, ma per lo stesso motivo, come appare evidente da quanto innanzi premesso, non può imporre in forma obbligatoria alcuna forma di pagamento (né può farlo il dirigente) anche perché non ha delega per agire “per conto” delle famiglie. Tanto non è contemplato nelle sue competenze previste normativamente (in particolare art. 10 Dlgs 297/94; art. 33 DI 44/01).

L’assicurazione integrativa (che peraltro ha una ricaduta positiva generale) come l’acquisto dei libretti delle assenze rientrano nell’attività negoziale della scuola che impegna quest’ultima (per il tramite del dirigente che la esercita) e non certo i genitori. Tanto vero che sebbene non tutti versino il corrispettivo importo (normalmente compreso nel contributo volontario) la scuola non può recuperare coattivamente tali somme ma è tenuta comunque al pagamento.

Ed invero per quanto riguarda le gite scolastiche, i viaggi di istruzione o qualsiasi progetto extracurricolare (o anche curricolare) i cui costi siano a carico delle famiglie, il pagamento è dovuto (anche in forma anticipata) solo da chi vi partecipa. L’adesione è volontaria.

Quindi anche questo punto andrebbe espresso con maggiore chiarezza.

 

Trasparenza

Pertanto è avvalorata l’affermazione che la trasparenza è la migliore opportunità per favorire la massima contribuzione. Ed infatti la nota del 2012 stabilisce che le famiglie dovrebbero essere “preventivamente essere informate sulla destinazione dei contributi, in modo da poter conoscere in anticipo le attività che saranno finanziate con gli stessi ed eventualmente decidere, in maniera consapevole, di contribuire soltanto ad alcune specifiche azioni” nonché in ordine alla possibilità di avvalersi della detrazione fiscale di cui all’art. 13 della legge n. 40/2007.

È bene quindi illustrare la necessità ed i vantaggi di talune spese, come appunto quelle relative all’assicurazione integrativa (che è a tutela e garanzia degli studenti) o del libretto delle assenze (che consente alle famiglie un monitoraggio sulle stesse) ed evitare “versamenti indistinti, il cui utilizzo sia rimesso esclusivamente alla decisione dell’istituzione scolastica” che se agevolano sotto il profilo pratico le famiglie, tuttavia rendono più difficile il vincolo certo di destinazione.

Frazionare i versamenti, invece, sotto il profilo gestionale, consente di “mettere in diretta correlazione le entrate e le spese riferibili a ciascuna attività, evitando di intraprendere azioni non sorrette da adeguata copertura finanziaria” ed assicura senz’atro maggiore trasparenza.

In tal modo si potrà ottenere quella “rendicontazione chiara ed esaustiva della gestione dei contributi, dalla quale risulti come sono state effettivamente spese le somme” che nei documenti contabili sono riportate nell’aggregato A05 (contributi da privati) e distinte in vincolate e non vincolate. La rendicontazione dovrebbe estendersi inoltre fino anche ad includere i benefici pratici conseguiti dall’utilizzo del contributo (nota del 2012).

Tuttavia certo non utilizzando la generica causale di pagamento prevista dalla L 40/07 si pongono dubbi sulla detraibilità delle relative liberalità. Ulteriore aspetto questo di necessario approfondimento.

 

In realtà tutto questi comportamenti non costituiscono ancora una pratica diffusa e affermata.

Inoltre occorrerebbe aggiungere alla trasparenza ex post anche e soprattutto la preventiva ed ampia condivisione nel momento della scelta delle finalità a cui destinare il contributo, in quanto maggiore è il coinvolgimento altrettanta sarà l’adesione.

 

Bolzano e Trento

Un breve sguardo, a scopo comparativo, alla normativa nelle due province autonome.

A Bolzano, l’art. 12 della LP 12/00 prevede che le entrate delle istituzioni scolastiche comprendono, tra l’altro, c) le tasse scolastiche determinate dalla Giunta provinciale e i contributi degli alunni e delle alunne che quindi sono espressamente richiamati.

L’art. 7 comma 3 della LP 20/95, come sostituito dall’art. 23, comma 1, della L.P. 16 luglio 2008, n. 5, stabilisce poi che Il Consiglio di istituto determina i contributi a carico delle alunne e degli alunni, nel rispetto dei criteri stabiliti dalla Giunta provinciale per le relative tipologie e per il relativo ammontare massimo. Non vi è riferimento alla liberalità.

A Trento invece (art. 16 LP 5/06) Le istituzioni possono prevedere il versamento da parte degli studenti e delle famiglie di contributi per il rimborso delle spese relative alla realizzazione di attività facoltative, integrative o di laboratorio con forme di esonero totale o parziale, in base al merito e alla capacità economica della famiglia.

Ed anche in tal caso tra le entrate delle istituzioni sono contemplati “d) i contributi di istituzioni, imprese o privati, ivi compresi i versamenti degli studenti o delle famiglie”.

Anche qui non vi è richiamo alla volontarietà del contributo.

 

In definitiva comunque costantemente in materia un ruolo determinante è svolto dai consigli di istituto e certamente un collegamento potrà favorire una maggiore diffusione delle migliori pratiche sull’argomento.

 

 

[1]

Contributo scolastico: tra volontarieta’, detrazione e vincolo

Contributo scolastico: obblighi, trasparenza, buone pratiche e opportunità

Buona e giusta scuola

BUONA E GIUSTA SCUOLA MA DOVE è LA SCUOLA DEL SUCCESSO FORMATIVO DI TUTTI FIGLI DI DONNA? di Umberto Tenuta

CANTO 285 Leggo tutto ciò che riguarda l’ennesima proclamata Riforma della Scuola.

Tutto trovo, tranne che la ragion d’essere della Scuola.

Senza il SUCCESSO FORMATIVO DA GARANTIRE A TUTTI I FIGLI DI DONNA, a norma della Costituzione e del Diritto positivo, non c’è ragion d’essere della Scuola.

Eppure del SUCCESSO FORMATIVO non si parla da nessuna parte!

 

Non è vero!

Ne parlo io da alcuni decenni.

Ma chi son io per essere ascoltato?

Certo, anche Papa Francesco ne ha parlato a Piazza San Pietro, ove sostava, per l’occasione, anche la Ministra dell’Istruzione.

Ed anche il Presidente con Consorte Professoressa.

Il diritto al SUCCESSO FORMATIVO è stato proclamato dalla Costituzione italiana del 1948.

È stato conclamato dal RAPPORTO FAURE:

<<Ogni uomo è destinato ad essere un successo e il mondo è destinato ad accogliere questo successo>>[1].

È stato disciplinato dal D.P.R. 8.3.1999, n.275−Art.1 (Natura e scopi dell’autonomia delle istituzioni scolastiche) <<2. L’autonomia delle istituzioni scolastiche …si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento>>.

La Scuola è buona se questo fa.

Se questo non fa, la Scuola non è né buona né giusta: semplicemente, non è SCUOLA!

Parlare di meritocrazia nella Scuola è una assurdità.

È come dire che i giovani debbono essere già uomini, e come tali capaci di intendere e di volere il proprio bene.

È il cane che si morde la coda.

L’Educazione li deve rendere autonomi, ma essi debbono essere autonomi e come tali capaci di impegnarsi a perseguire la propria autonomia, la propria autorealizzazione, la propria umanità.

Io, docente, ti debbo educare a comprendere ed a volere quello che è buono per te, ma tu, giovincello, devi essere capace di comprendere e di volere quello che è bene per te.

Ora, una Scuola che questo problema non si pone e che non riconosce che è BUONASCUOLA, solo se garantisce a tutti i giovani il SUCCESSO FORMATIVO, non è né BUONA né GIUSTA.

Ma di questo, dell’esigenza ineludibile di realizzare la SCUOLA DEL SUCCESSO FORMATIVO, non si parla da nessuna parte.

Gli STUDENTI ed i loro GENITORI sono tenuti fuori.

I Discorsi si fanno, sacrosantamente, per il PERSONALE DELLA SCUOLA.

Ma, anche in questi discorsi, il discorso del SUCCESSO FORMATIVO è assente, assente ingiustificato!

O miei volenterosi e solitari CINQUE LETTORI, continuiamo a gridarlo forte, nella speranza che qualcuno finalmente capisca che la Scuola non deve essere né BUONA né GIUSTA, ma deve essere la SCUOLA DEL SUCCESSO FORMATIVO DI TUTTI I FIGLI DI DONNA.

MATTEO, se vuoi cambiar verso, cambia nome alla Tua Riforma:

SCUOLA DEL SUCCESSO FORMATIVO DI TUTTI I FIGLI DI DONNA

 

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

[1] FAURE E, (a cura di), Rapporto sulle strategie dell’educazione, Armando-UNESCO, Roma, 1973, p. 249.

Il diritto all’arte e alla cultura tra letteratura e diritto

Il diritto all’arte e alla cultura tra letteratura e diritto

di Margherita Marzario

Abstract: L’Autrice si propone di indicare la strada attraverso la quale l’insegnamento e la scuola possano essere veramente liberi veicoli di cultura.

“L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”: così recita l’art. 33 comma 1 della Costituzione. Uno dei più begli incisi costituzionali, spesso disatteso. I pilastri della scuola dovrebbero essere: arte (da “muoversi verso qualcosa, compiere”), scienza (da “sapere”), libertà (da “piacere, gradimento”), insegnamento (da “segnare dentro” e, quindi, “imprimere nella mente”). Se la scuola realizzasse ciò non ci sarebbe nemmeno bisogno di continue e contraddittorie riforme legislative.
Per quanto difficile, è ancora possibile credere nella scuola e contribuirvi positivamente come mostra Dario Missaglia, tra l’altro ex-maestro elementare, in una sua raccolta di racconti sulla scuola, tra la realtà e la fantasia, dal titolo emblematico “Educo ergo sum”.
“Non è con la penna rossa che scongiuriamo gli errori; l’errore fa parte del nostro modo di apprendere. Tutti noi impariamo dagli errori; l’importante è individuarli, riflettere su che cosa abbiamo sbagliato e cercare di non ripetere lo stesso errore” (D. Missaglia). “Correggere” non deve essere “bacchettare”, ma “reggere, guidare, dirigere insieme o per mezzo di”: è questo il senso di orientare e consigliare che si dovrebbe applicare tanto a scuola quanto nella scuola della vita. “[…] impartire a quest’ultimo [il fanciullo], in modo consono alle sue capacità evolutive, l’orientamento ed i consigli necessari all’esercizio dei diritti che gli riconosce la presente Convenzione” (art. 5 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).
“Allora, a parte le norme, cominciamo a chiedere alla scuola di guardare al mondo che c’è, al bisogno del bambino di conoscere la realtà in cui vive, non quella finta e ideologica dei libri di testo; chiediamo di uscire qualche volta dall’aula affinché i bambini conoscano il quartiere, le persone, le fabbriche, gli uffici, i musei” (D. Missaglia). La scuola esca da se stessa e faccia uscire da se stessa perché “occorre preparare appieno il fanciullo ad avere una vita individuale nella società, ed allevarlo nello spirito degli ideali proclamati nello Statuto delle Nazioni Unite e in particolare nello spirito di pace, di dignità, di tolleranza, di libertà, di eguaglianza e di solidarietà” (dal Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). Ideali che non si ha modo di acquisire e sperimentare se si rimane solo nel chiuso dell’ambiente scolastico. I bambini hanno diritto “a frequentare musei, teatri, biblioteche, cinema e altri luoghi di cultura e spettacolo, insieme ai propri compagni di scuola” (art. 11 Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura).
“I nostri bambini devono imparare a scrivere correttamente perché diversamente rischiamo di non farci capire o di comunicare un’assurdità. Non è difficile, e quello che possiamo a scuola, potete divertirvi anche voi a farlo a casa. Se scrivo: “Ho fame, vorrei un po’ di pane” e sostituiscono la p con la c, viene fuori: “Ho fame, vorrei un po’ di cane”. I bambini ridono, hanno capito che la grammatica può essere un gioco, una sorpresa continua. È la grammatica della fantasia di Gianni Rodari di cui leggiamo insieme le bellissime poesie. Fatelo anche a casa, vi divertirete anche voi” (D. Missaglia). “Gli Stati parti devono rispettare e promuovere il diritto del fanciullo a partecipare pienamente alla vita culturale ed artistica ed incoraggiano l’organizzazione di adeguate attività di natura artistica e culturale in condizioni di uguaglianza” (art. 31 par. 2 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). La grammatica è l’arte delle lettere, della scrittura, ovvero l’arte che insegna a scrivere e quindi a parlare correttamente. Scrivere e parlare sono tra le principali attività della vita, quella vita (etimologicamente “attività, forza, vigore”) cui fa spesso riferimento la Convenzione Internazionale dei Diritti dell’Infanzia – a differenza della Dichiarazione dei Diritti del Bambino del 1959 -, definendola in vari modi da “vita individuale”, nel Preambolo, a “vita culturale ed artistica” (art. 31). Grammatica, pertanto, da intendersi come insieme di strumenti essenziali per la vita e non insieme di sterili regole. Perché, i bambini hanno diritto “a sviluppare, attraverso il rapporto con le arti, l’intelligenza corporea, semantica e iconica” (art. 4 Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura).
“Ecco, la scuola fino a oggi è stata come un calendario. Inizia con le foglie d’autunno, prosegue con il freddo dell’inverno, le rondini a primavera, i raccolti dell’estate. Una scuola ferma agli anni cinquanta, all’Italia contadina che non c’è più. Una scuola agreste per nascondere la durezza delle nostre vite, del lavoro, della nostra storia recente. Leggono ai bambini dei romani, degli assiri, dei babilonesi” (D. Missaglia). La scuola non deve essere stereotipata, perché i bambini hanno diritto “ad avere un sistema tra scuola e istituzioni artistiche e culturali, perché solo un’osmosi continua può offrire una cultura viva” (art. 10 Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura).
“È vero. La scuola, la scuola vera e non quella dei giornali o delle diverse retoriche è anche il luogo delle crisi esistenziali. Docenti magari un tempo bravissimi, sensibili, preparati che arrivati a un certo punto della loro carriera iniziano ad andare in crisi. Non ce la fanno più. È il «mal di scuola», colpisce i docenti, non gli studenti. L’insegnamento diventa stanco, ripetitivo e allora gli studenti si fanno inquieti, magari disturbano, comunque diventano disattenti. L’insegnante a quel punto, mentre interviene, dovrebbe anche porsi qualche domanda e invece arriva il momento che le domande non esistono più” (D. Missaglia). La scuola dovrebbe essere luogo di crisi esistenziali (nel senso profondo ed etimologico), di competenze emozionali e relazionali, luogo in cui raccontare e raccontarsi. Così si eviterebbe (o si limiterebbe) il burnout degli insegnanti, l’abbandono degli studenti, il dissenso dei genitori. La scuola sia scuola delle crisi, scuola delle domande. Tanti gli esempi, tra cui Danilo Dolci, “educatore della domanda”. La domanda instilla lo spirito di ricerca – in conformità all’art. 9 comma 1 Costituzione “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnologica” – e così la scuola sarebbe più “aperta a tutti” (art. 34 comma 1 Costituzione) e diventerebbe davvero scuola di ciascuno. “[…] ciascuno di voi ha il diritto soggettivo all’istruzione, e nessuno, adulto o coetaneo, può impedirgli con la forza di non fruirne. E allora, anche volendo realizzare iniziative come quelle che avete fatto, dovete tenere conto di questi due principi intoccabili che, tradotto per voi, vuol dire che a nessuno può essere impedito di entrare e che se si vogliono svolgere attività come dibattiti, seminari, ecc. bisogna avere la capacità di convincere i compagni e anche i docenti. È più impegnativo, lo immagino, ma è altrettanto evidente quanto sia molto più efficace e di valore un’iniziativa che sappia costruirsi con il consenso” (D. Missaglia). “Aprire” significa etimologicamente “togliere i serrami, gli impedimenti, gli ostacoli” e quindi “rendere visibile, palese”, pertanto “apertura” fa rima con “cultura” e ne ha la stessa natura. In tal modo si concretizza il diritto dei bambini “a frequentare una scuola che sia reale via d’accesso a una cultura diffusa e pubblica” (art. 17 Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura).
“È incredibile […] come i bambini ci manifestino l’immenso bisogno di una guida autorevole, affidabile, comprensiva e severa insieme. Cercano questo, non l’insegnante che ti dà la pacca sulla spalla e tira dritto, o il preside che ti scrive una nota sul registro e poi scompare tra le carte: queste presenze saranno cancellate ben presto dal loro presente e dalla loro vita; cercano un adulto che trovi il tempo per fermarsi un attimo, guardarli negli occhi, parlare con loro con la forza della sua esperienza e della sua saggezza. E seguirli nel loro cammino. Quando incontrano questi adulti, la risposta dei ragazzi è immensa, sorprendente” (D. Missaglia). Educare è promuovere, inculcare, preparare (dall’art. 29 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).
“[…] che i nostri bambini riescano gradualmente a capire la realtà che li circonda. Una realtà fatta di persone, luoghi, oggetti, storia, fantasia; fatta di lavoro, di vita, di sentimenti, di paure e gioie. Non servono i cartelloni con le lettere e gli esercizi a memoria per imparare a leggere e scrivere. I nostri cartelloni sono intorno a noi, basta cercarli, guardarli, riflettere tutti insieme e poi scrivere il pensiero che abbiamo scelto: allora le lettere diventano un senso, un significato, non se ne scorderanno mai” (D. Missaglia). “Il fanciullo ha diritto alla libertà di espressione. Questo diritto comprende la libertà di ricercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere, a prescinderne dalle frontiere, sia verbalmente che per iscritto o a mezzo stampa o in forma artistica o mediante qualsiasi altro mezzo scelto dal fanciullo” (art. 13 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). I bambini hanno diritto “a partecipare a eventi artistici e culturali con continuità, e non saltuariamente, durante la loro vita scolastica e prescolastica” (art. 8 Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura).
“Io ho iniziato a leggere loro delle poesie; le leggevo in classe con il trasporto della recitazione. Improvvisamente si sono fatti muti, seguivano le intonazioni, le emozioni. Io a volte ero trasportata da provare i brividi alla mia stessa lettura; ho alzato gli occhi e ho visto, nel silenzio generale, alcuni di quei ragazzoni con le lacrime agli occhi. E ho provato una grande commozione” (D. Missaglia). Poesia è produzione e la scuola può contribuirvi se torna ad essere così come era sorta, cioè “luogo in cui i maestri e i loro scolari si raccolgono per fine d’istruzione”, perché etimologicamente scuola è “intrattenimento, riposarsi dalla fatica fisica e avere tempo di occuparsi di una cosa per divertimento”, come nella scuola dell’antica Atene. La scuola non ha bisogno di progetti, perché essa stessa è un progetto impiantata su progetti umani. “I bambini hanno diritto ad avvicinarsi all’arte, in tutte le sue forme: teatro, musica, danza, letteratura, poesia, cinema, arti visuali e multimediali” (art. 1 Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura).
“[…] non c’è un solo modo di imparare; che l’interesse allo studio, quando non è dato dalle esperienze scolastiche precedenti o dalla vita familiare, può nascere attorno a ciò che concretamente stiamo facendo. Ma allora quell’interesse per la macchina, per l’oggetto, perché non diventa la chiave per un percorso di apprendimento dove ci inseriamo la comunicazione, la lettura, l’interpretazione, l’inglese, la storia? Non è difficile” (D. Missaglia). Le pareti della scuola anziché essere tappezzate di cartelloni si dovrebbero rendere trasparenti all’ambiente circostante perché così si entra in rapporto col territorio (etimologicamente da “possessore della terra”). I bambini hanno diritto “a frequentare le istituzioni artistiche e culturali della città, sia con la famiglia che con la scuola, per scoprire e vivere ciò che il territorio offre” (art. 7 Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura).
“[…] perdere un anno nella carriera scolastica non è certo piacevole ma non è neppure un evento drammatico, può far parte dell’esperienza di un adolescente che se vissuta con la giusta attenzione e responsabilità da parte degli adulti può permettere una nuova partenza; ma verso dove, questo è il problema vero” (D. Missaglia). Le esuberanze, le difficoltà degli adolescenti (da “colui che cresce”) sono incontenibili, insormontabili non a causa degli adolescenti ma a causa degli adulti (da “colui è cresciuto”) che non sono tali o non ci sono proprio in famiglia e a scuola. Nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell’infanzia si parla di “allevare” il fanciullo che significa “alzare verso”; per alzare il fanciullo occorre che vi sia qualcuno posto in alto e questo implica anche il recupero di una certa autorità (come “autore”, dal verbo latino “augere”, far crescere) da parte della famiglia e della scuola.
“[…] genitori apprensivi, iperprotettivi, incapaci di svolgere un ruolo educativo. Era difficile da spiegare ma era proprio così; come se a un certo punto le figure adulte si fossero ritrovate improvvisamente vuote, scariche. E reagivano a quella loro incapacità con atteggiamenti devastanti: coprivano ogni comportamento del proprio figlio per evitare qualsiasi resa dei conti con i loro fallimenti; giustificavano ogni cosa e reagivano con durezza a qualsiasi provvedimento fosse preso. In fondo delegavano alla scuola ogni loro responsabilità educativa ma non appena la scuola provava a misurarsi con i problemi, esplodeva il conflitto” (D. Missaglia). Dall’art. 5 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia si ricava la necessità della coralità e della corresponsabilità educativa.
“Nella scuola si consumava la crisi dei modelli educativi ma nessuno osava porre il problema. Meglio e più facile gridare al bullismo, sanzionare, bocciare, espellere” (D. Missaglia). Gli insegnanti non tanto devono avere modelli educativi quanto esserlo e cogliere nelle crisi le opportunità per creare nuovi modelli educativi. Creare nuovi modelli educativi e relazioni significative è dare senso alla libertà dell’insegnamento e all’insegnamento nella libertà (secondo il motto “educare alla libertà” dell’arte educativa dell’austriaco Rudolf Steiner, 1861-1925).
“Questa è la scuola vera, quella di cui la stampa non vuole o non è in grado parlare. Un luogo dove certo si muovono docenti che a un certo punto della loro anzianità di carriera non ce la fanno più; si trascinano come svuotati e non sono più in grado di animare un rapporto educativo. Una scuola oppressa ancora da circolari e decreti, da tagli e riduzione di risorse che scoraggiano chi vi lavora. E allora incontri il grigiore della routine, l’ossessione «per il programma», la nevrosi del voto e della media aritmetica, delle note scritte sui diari, delle sanzioni disciplinari. Ma anche una scuola dove tanti insegnanti raggiungono esiti imprevedibili, accendono passioni, interessi, smuovono situazioni impensabili. Non rinunciano alla critica verso la politica scolastica, l’abbandono della scuola pubblica, la mortificazione di un lavoro non riconosciuto, senza possibilità di arricchire la propria professionalità. Ma quando questi insegnanti sono di fronte ai loro ragazzi, si accende una straordinaria passione che non guarda né all’orologio né al salario. Questa scuola non fa notizia, resta nel segreto delle aule e delle storie individuali e anonime di tanti insegnanti e presidi. Storie che a volte rinascono, improvvisamente, quando un maestro o un professore incontra un ex alunno, e in quegli abbracci c’è il significato di tanti segreti mai raccontati perché non avrebbero fatto notizia o forse sarebbero stati sepolti da un’inutile retorica” (D. Missaglia). Insegnare non comporta solo l’immissione in ruolo ma l’adempimento di un ruolo (etimologicamente da “rotolo”, manoscritto arrotolato in cui erano scritti i nomi) e il totale coinvolgimento in un ruolo. “Queste poche cose mi piacerebbe vedere in un essenziale stato giuridico dei docenti; e da queste potrebbe nascere anche un codice deontologico che dia valenza etica a una professione che è inscindibile dalla relazione educativa. E la relazione educativa non è regolabile né per via contrattuale né per via legislativa” (D. Missaglia). I bambini hanno diritto “a vivere esperienze artistiche e culturali accompagnati dai propri insegnanti, quali mediatori necessari per sostenere e valorizzare le loro percezioni” (art. 12 Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura). Gli insegnanti sono soprattutto mediatori di emozioni e passioni, anche per questo l’insegnamento non è un comune lavoro ma una vera vocazione.
“Una certezza ce l’ho e la riscontro ogni giorno con i miei studenti. È una forza che mi fa dire che ce la faremo perché, vedi, questa società che oggi trionfa ha uno sguardo breve, punta sull’immediatezza dell’utile, mentre quando parlo con i ragazzi vedo che hanno sete di valori duraturi, forti. Certo vivono e subiscono le mode, i richiami del conformismo, ma avvertono che tutto ciò non basta, non li riempie, non li soddisfa. Resta un desiderio, una curiosità e percepiscono il valore delle cose più autentiche e durature. E allora la scuola mi sembra un meraviglioso serbatoio di nuove energie, nuove speranze, di un cambiamento possibile. Ce la faremo” (D. Missaglia). I valori non sono desueti ma è diventata desueta la pratica valoriale da parte degli adulti perché comporta impegno e coerenza. Occorre riprendere l’educazione valoriale quale legame col passato, base del presente e costruzione del futuro. “[…] inculcare al fanciullo il rispetto […] dei suoi valori culturali, nonché il rispetto dei valori nazionali del Paese in cui vive” (art. 29 lettera c Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). I bambini hanno diritto “ad avere un rapporto con l’arte e la cultura senza essere trattati da consumatori ma da soggetti competenti e sensibili” (art. 6 Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura). “E allora il maestro deve essere, per quanto può, profeta, scrutare i segni dei tempi, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che oggi noi vediamo solo in confuso” (don Lorenzo Milani). La scuola impari e insegni a coniugare i verbi al futuro, a coniugare un futuro migliore.
“Per essere in grado di comunicare in modo efficace, è necessario sconfiggere l’ignoranza che costituisce la tomba di ogni possibile relazione. I ragazzi italiani leggono pochissimo e usano un lessico piuttosto limitato: circa ottocento parole. Riempiono i loro discorsi di espressioni morte, di inutile intercalare, cercando termini che non affiorano sulle labbra. La parola e il discorso sono immagini dell’anima: se l’anima è vuota, le parole non si formulano. Svaniscono nel nulla. […] il fatto di non comunicare vita e bellezza è già un seminare tristezza e morte” (Valentino Salvoldi, teologo e scrittore). Lo sviluppo di una persona non è completo se non si cura l’aspetto spirituale, come richiamato negli articoli 17, 23, 27 e 32 della Convenzione Internazionale dell’Infanzia: ed è in questa direzione che occorre impegnarsi ed investire coniugando arte e cultura, fantasia e fiducia.
“La fiducia è inseparabile dalla credibilità della persona che ti è di fronte. E i giovani cercano disperatamente adulti in cui avere fiducia perché la fiducia è la risorsa che ti permette di guardare al futuro, di scoprire curiosità ed emozioni, di liberare energie creative. Poi, a volte, se sei fortunato, riesci persino a incontrare dei grandi vecchi rimasti giovani, con una sorprendente nostalgia del futuro” (D. Missaglia). E così la scuola, da quella familiare a quella istituzionale, diviene culla di cultura e civiltà (quest’ultima parola negletta ma espressa nell’art. 29 lettera c della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).

Bibliografia
“Educo ergo sum” di Dario Missaglia, Ediesse 2010, Roma

Tablet per maestre e bambini

TABLET PER MAESTRE E BAMBINI di Umberto Tenuta

CANTO 284 Tablet della Maestra, Tablet dei bambini.

Tablet per ricercare, Tablet per imparare, Tablet per divenire Grandi, Maestre e Bambini.

 

Il Signor TABLET è già nelle tasche di tutti, adulti, giovani e bambini.

Fuori dalla scuola, ovviamente.

Nella Scuola entra solo di contrabbando.

Oggi.

Domani sarà sovrano.

Domani sostituirà i libri di testo, le LIM, i Cartelloni…

Perchè aspettar Domani?

Perchè non OGGI?

Se NON OGGI QUANDO?

Lucia, Tu l’hai capito!

Tu l’hai portato a Scuola, il tuo piccolo Tablet.

I bambini ti hanno accerchiato.

Ti hanno gridato.

Anche TU, Maestra!

Anche tu, come noi, Bambina!

Ora te lo insegniamo noi il Tablet.

Vedi, Maestra, si fa così!

Non ti preoccupare, le foto le fai così.

Non ti preoccupare, le ricerche le fai così.

Maestra, è tutto facile!

Facile facile!

Per noi che lo sappiamo usare.

Per Te che da noi apprenderai ad usarlo.

Grazie, bimbi!

Grazie, questa volta io imparo da voi.

Sapete, mica la Maestra sa tutto!

Chi ve lo ha detto non vi ha detto tutta la verità.

Anche la Maestra impara.

Impara da sola.

Impara da voi.

Impara ad usare il Tablet.

Impara tante cose.

Impara a guardare il mondo con occhi innocenti.

Impara a guardare il mondo con occhi curiosi.

Impara a domandare.

Impara a porsi problemi.

Impara a non dare risposte.

Impara che cercare le risposte è il miglior modo di imparare.

Impara soprattutto che stimolare a cercare le risposte è il miglior modo di insegnare.

La gioia di ricercare è il dono più grande che i bambini ricevono da Madre Natura.

E questa gioia la Maestra non ve la toglie, o Bambini!

La Maestra si fa bambina tra i bambini.

E con Voi ricerca, impara, cresce.

Con voi diventa sempre più grande.

Siamo tutti Grandi noi, Maestra e Bambini.

Grazie, bambine, grazie bambini!

 

Scopro il mondo

283 SCOPRO IL MONDO di Umberto Tenuta

CANTO 283 IO SCOPRO IL MONDO

No so dove stavo.

Mi avete chiamato e sono venuto.

Per nove mesi la Mamma mi ha allevato nel suo grembo.

Che Scuola, ragazzi!

Che Musica, che Canti la mamma mia mi ha fatto ascoltare!

Mi trovavo in un mondo bello e tutto l’ho esplorato, con i piedini, con le manine, con tutto il mio corpicino.

 

Ora sono nato.

Festa grande in casa dei miei genitori!

Io sono al centro del mondo.

Tutti guardano me.

Tutti dicono che io sono bello, sono grande, sono un amore di bimbo.

Apro gli occhi ed una luce grande mi abbaglia.

Piano piano mi adatto.

Ora intravedo, ora vedo un mondo di mille colori, di mille odori, di mille forme, di mille suoni…

Mondo!

Mondo, io ti vengo a scoprire.

Ogni tuo terra io scoprirò.

Ogni tuo colore io scoprirò.

Ogni tua musica io scoprirò.

Ogni tua parola io scoprirò.

Tutto di tutto io di te scoprirò.

Mamma mia, che brava maestra mi è.

Mi dice che sono bello, che sono grande, che sono bravo a non farla dormire.

Sì, io sono bravo in tutto!

E bello, e grande, e intelligente, e affettuoso come me non c’è nessuno.

È vero.

Figurati, lo dice la Mamma mia!

E le attese della mamma mia io non deludo.

Tocco, guardo, ascolto, assaporo, odoro tutto, anche l’odore della mia pipì.

Mondo, tu mi appartieni.

Io ti esplorerò, ti conoscerò, mi farò una copia di te nella mia mente.

A un anno avrò già imparato a pattinare; a due anni parlerò due lingue come Montaigne e saprò leggere; a tre anni saprò suonare il violino.

A quattro anni sarò a metà del cammino verso la mia completa umanizzazione.

Quattro anni!

Ora la mamma non basta più.

Ora ho bisogno di una Maestra Grande.

Maestra amorosa come la mamma mia.

Maestra che ogni giorno mi chiama in disparte, come fa con tutti i miei compagni, e mi dice, come dice a tutti i miei compagni: <<Bello, Buono ed Esperto come te non c’è nessuno!>>.

Ed è vero.

Ed è vero anche per i miei amici.

Ognuno di noi è uno specchio colorato, colorato di uno dei miliardi di colori dello spettro elettromagnetico.

Specchio che riflette il mondo in un modo originale, irripetibile, unico.

Perciò, ciascuno di noi è unico, irripetibile, insostituibile nei miliardi di esseri umani che hanno popolato, popolano e popoleranno la Terra.

Cari amici, non fo’ per vantarmi, ma io sono unico, grande, irripetibile: come me non c’è nessuno!

Perciò, la mia Maestra mi vuole un bene infinito, come quello della Mamma mia, anche se un po’ diverso.

Ed è questo suo grande amore che mi conforta nella immensa fiducia che io ho in me stesso e che mi fa volare alto alto nei cieli, là dove osano solo le aquile reali.

Mai io deluderò la fiducia della Mamma mia!

Mai io deluderò la fiducia della Maestra mia!

Grazie alla vostra fiducia io sarò un uomo grande, ricco di virtù e di conoscenze.

Sì, come dice Ulisse:

<<Nati non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza>>.

Il BELLO, il VERO ed il BENE sono la mia bandiera tricolore.

Grazie, Papa Francesco, grazie di averlo ricordato anche alla mia Maestra!

Io sarò un uomo bello nel suo corpo e nella sua anima.

Io sarò un grande conoscitore delle cose umane, delle cose degli uomini che furono e che sono.

Io sarò un uomo che praticherà il sommo comandamento di Cristo.

Io amerò il prossimo mio come me stesso.

Grazie, o BUONASCUOLA della Mamma mia!

Grazie, o BUONASCUOLA della Maestra mia!

 

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html