Diritto alla vita

DIRITTO ALLA VITA è IL SUCCESSO FORMATIVO di Umberto Tenuta

CANTO 295 Il SUCCESSO FORMATIVO è il diritto a nascere uomini.

Uomini non si nasce ma si diventa solo attraverso l’EDUCAZIONE (Kant)

Ergo l’Educazione (SUCCESSO FORMATIVO) è un diritto di ogni figlio di donna.

Diritto che non può essere negato a nessun figlio di donna.

Come la VITA.

Perchè è la VITA.

La VITA UMANA.

Non la vita delle bestie, che non bisogna lasciare vivere nella Società.

È la Società che non vuole le bestie e che garantisce il SUCCESSO FORMATIVO, la formazione di uomini liberi.

 

 

È veramente strano che un simile discorso non venga compreso da chi pure di discorsi si proclama maestro.

Come fa un Dirigente o un Docente a non comprendere che il SUCCESSO FORMATIVO è un diritto soggettivo di tutti i loro studenti?

<<ogni uomo è destinato ad essere un successo e il mondo è destinato ad accogliere questo successo>> (FAURE E, (a cura di), Rapporto sulle strategie dell’educazione, Armando-UNESCO, Roma, 1973, p. 249).

<<L’autonomia delle istituzioni scolastiche …si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento>>.( D.P.R. 8.3.1999, n.275−Art.1−Natura e scopi dell’autonomia delle istituzioni scolastiche).

Non è necessario capire.

Le norme vanno osservate anche se non le si comprende.

La BUONASCUOLA deve cambiar nome.

Deve chiamarsi

SCUOLA DEL SUCCESSO FORMATIVO.

Successo formativo garantito ad ogni figlio di donna.

SUCCESSO FORMATIVO diritto soggettivo di ogni figlio di donna.

C’è bisogno di altri discorsi?

C’è bisogno di altri canti?

NO!

Solo bisogno c’è di cambiar norme alla BUONASCUOLA.

SCUOLA DEL SUCCESSO FORMATIVO GARANTITO AD OGNI FIGLIO DI DONNA.

Madri e Padri, chiedete questa targa all’ingresso delle scuole dei vostri figli.

Questo è un vostro diritto.

Questo è un vostro dovere.

La Costituzione Italiana ve lo garantisce.

<<È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli>>.

Genitori, voi educate.

La Scuola educa in nome vostro.

Sappiatelo!

 

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

 

Torino, successo dello sciopero e della manifestazione

Il corteo dei lavoratori e degli studenti in sciopero che si è svolto oggi a Torino ha visto una presenza numerosa e vivace.
Hanno sfilato i lavoratori e le lavoratrici aderenti ai sindacati di base ma anche i comitati a difesa dell’acqua pubblica, i comitati NO TAV, gruppi di lavoratori di diverse aziende con propri striscioni. In particolare erano presenti lavoratori della FIAT, di Comdata, di Auchan, delle cooperative sociali, insegnanti, postali, ospedalieri.
Sciopero generale e sciopero sociale, incontro fra diverse generazioni di lavoratori, fra lavoratori con posto fisso e precari, fra dipendenti e autonomi, fra sindacati di base e movimenti dei cittadini in difesa dell’ambiente e dei beni comuni.

La CUB Piemonte considera il successo dello sciopero e della manifestazione di oggi uno stimolo nella mobilitazione contro il Job Act, per i salario, la difesa del welfare e per la libertà sindacale e sociale.

Per la CUB Piemonte
Il Coordinatore Regionale

Stefano Capello

La “Buona Scuola” parla globale?

La “Buona Scuola” parla globale?
Il contributo delle ong di “Parlez-vous global?” al documento del Governo

Nell’ambito del progetto “Parlez-vous global?”, le ong CISV, ACRA-CCS, COOPI, COSPE – da anni impegnate nell’Educazione alla Cittadinanza Mondiale– partecipano alla consultazione pubblica sul progetto di riforma della scuola attraverso il documento “La Buona Scuola parla globale?”, in cui sottolineano l’importanza di raccogliere le sfide della complessità all’interno dell’educazione formale.

Le trasformazioni in atto nella nostra società fanno emergere nuovi bisogni formativi di “cittadinanza attiva globale”:
– la partecipazione alla vita democratica e la promozione della pace richiedono a ogni cittadino un alto grado di capacità di informazione, confronto e giudizio, nonché di iniziativa per essere protagonista in azioni individuali e collettive di cambiamento;
– le nuove tecnologie dell’informazione e il loro impetuoso sviluppo esigono dai giovani e dagli adulti, oltre che disponibilità all’adattamento, anche conoscenza critica degli scopi e delle conseguenze e capacità di controllo sugli stessi;
– il contatto fra popoli, culture e religioni diverse, a seguito della mondializzazione dell’economia e della informazione, richiede a singoli e gruppi sociali un radicamento più profondo e critico nella propria identità culturale e, al tempo stesso, apertura a comprendere e ad apprezzare forme di alterità;
– la salvaguardia della natura e delle risorse del pianeta, per la vita individuale e sociale e per le future  generazioni, comporta lo sviluppo di una conoscenza approfondita delle controverse questioni ambientali, nonché la capacità di condurre azioni conseguenti, prendendo decisioni individuali e collettive, assumendo responsabilità e rischi.

La buona scuola deve prendersi carico di questi nuovi bisogni e attrezzarsi per educare alla cittadinanza mondiale.

LA BUONA SCUOLA

Il liceo economico-sociale si prepara a debuttare alla maturità

da Il Sole 24 Ore

Il liceo economico-sociale si prepara a debuttare alla maturità

di Roberto Fini*

Si è svolto ieri a Roma un seminario riguardante il liceo Economico-sociale, le cui prime classi arrivano quest’anno all’esame di stato. Il tema del seminario, a cui hanno partecipato circa trecento fra docenti e dirigenti scolastici, era proprio legato all’esame, in particolare alle tematiche della seconda prova scritta, diversa a seconda l’indirizzo.

Tutte le novità
Per le quinte classi del liceo Economico-sociale si tratta di una novità in senso assoluto: quali saranno le discipline oggetto della seconda prova? Come si svolgerà? Che tipo di competenze serviranno per riuscire nell’esame? E, sul lato dei docenti: come gestire in modo efficace la formazione in vista dell’esame?
In realtà, si tratta di tematiche che non riguardano solo le classi quinte: più in generale il liceo Economico-sociale è un indirizzo innovativo che sta crescendo progressivamente grazie alla riflessione critica delle scuole che lo hanno attivato. È bene partire da un dato di fatto: questo indirizzo rappresenta una novità nel panorama delle scuole superiori italiane. Per la prima volta, infatti, discipline come il diritto o l’economia non vengono confinate in un percorso specialistico, ma sono diventate un indirizzo liceale, superando in questo modo una concezione tutta italiana secondo la quale non di scienze si tratta, ma di pure tecniche.
Un bel salto per una consolidata tradizione culturale! Potrebbe persino accadere che per questa via si riesca a recuperare qualche posizione nella alfabetizzazione economica, che secondo l’indagine Pisa sulle conoscenze economiche dei quindicenni ci vede al penultimo posto: peggio di noi fa solo la Colombia.

I temi caldi
Nel seminario sono state presentate alcune relazioni riguardanti i temi “caldi” delle discipline di indirizzo, che per i Les sono due: diritto/economia e scienze sociali (sociologia e metodologia della ricerca) inoltre è stato presentato un vasto programma di formazione che verrà attivato a partire dai prossimi giorni. In particolare si tratta di una quindicina di seminari on line che vedranno come primo momento il 27 novembre con una lezione di Tito Boeri della Bocconi. Gli interessati a seguire i seminari dovranno iscriversi e potranno poi seguire il seminario on line su un comune pc partendo dal sito nazionale dei Les (www.liceoeconomicosociale.it). Inoltre, sempre sul sito, sono già presenti delle schede di approfondimento curate da importanti docenti di economia che trattano argomenti di rilevante interesse didattico.
Nel seminario il Miur era rappresentato da Carmela Palumbo, direttore generale ordinamenti scolastici e da Francesco Branca, coordinatore del servizio tecnico-ispettivo del ministero. Inoltre hanno partecipato, tra gli altri, come relatori A. Montesano (Sie), F. Silva (Aeee-Italia), G. Di Cristofaro Longo (Sisus), F. Tracò (Fondazione Rosselli). Peri docenti presenti, il seminario ha costituito un momento di riflessione sulla problematicità di discipline che vanno insegnate secondo regole diverse rispetto alla didattica tradizionale.

*Presidente Associazione europea per l’educazione economica

Allarme scuola, il 32,5% degli edifici è a rischio. Trento provincia più sicura, Roma al 66° posto

da Repubblica.it

Allarme scuola, il 32,5% degli edifici è a rischio. Trento provincia più sicura, Roma al 66° posto

A dirlo è il XV rapporto ‘Ecosistema scuola’ di Legambiente. Il 41,2% delle strutture si trova in aree a rischio sismico, in calo gli edifici dotati del certificato di prevenzione incendi, diminuiscono le risorse per la manutenzione. La Capitale, fino all’anno scorso senza un censimento ufficiale, torna in classifica

di MONICA RUBINO

ROMA – È sempre più critica la condizione in cui versano le scuole italiane. Edifici trascurati, strutture fatiscenti e la mancanza di garanzie sulla sicurezza mettono a rischio l’incolumità di studenti, docenti e dipendenti. Per sbloccare l’Italia e darle un nuovo futuro bisogna ripartire dalla scuola, ma sul serio e non solo a parole: più di 41mila edifici scolastici hanno bisogno di interventi di riqualificazione e messa in sicurezza, come emerge dalla quindicesima edizione di “Ecosistema Scuola”, l’indagine annuale di Legambiente sulle strutture e i servizi della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado di 94 capoluoghi di provincia.

Anche quest’anno la fotografia scattata da Legambiente è poco rassicurante: il 58% delle scuole è stato costruito prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica del 1974. Il 32,5% necessita di interventi urgenti di manutenzione. Il 9,8% degli edifici si trova in aree a rischio idrogeologico, il 41,2% in aree a rischio sismico e l’8,4% a rischio vulcanico. Calano gli edifici dotati dei certificati essenziali come quello della prevenzione incendi (30,9%), mentre solo il 22,2% sono le scuole dove è stata effettuata la verifica di vulnerabilità sismica.

La crisi economica e la minore disponibilità dei Comuni ad investire, anche a causa dei vincoli posti dal Patto di Stabilità, ha portato a una diminuzione dei fondi destinati alla manutenzione ordinaria e straordinaria. In calo anche i servizi di scuolabus (22,5%) e pedibus 5,2%. Dati positivi arrivano, invece, dalle pratiche sostenibili come la raccolta differenziata.

A guidare la graduatoria della qualità dell’edilizia scolastica anche quest’anno sono sempre le città del nord con Trento in prima posizione seguita da Pordenone (2º) e Forlì (3º). Unica eccezione è la citta di Prato in quarta posizione, seguita da altre città del nord: Reggio Emilia (5º), Piacenza (6º), Sondrio (7º), Bergamo (8º), Verbania (9º) e Bolzano (10º). Il sud rimane ancora indietro e compare solo a metà classifica con Lecce (21°).

Tra le novità di quest’anno, c’è da segnalare invece il ritorno in graduatoria di Roma (che ha fornito dati sufficienti per essere inserita in classifica) e di Verona. C’è poi il nuovo ingresso di Aosta che per la prima volta ha partecipato all’indagine di Legambiente.

La “Buona scuola”, c’è tempo fino al 15 novembre per mandare proposte

Sicurezza, qualità e servizi. Temi chiave di questa XV edizione di Ecosistema Scuola, che raccoglie i dati relativi al 2013, sono la sicurezza degli edifici scolastici, la qualità del patrimonio edilizio legata alle diverse aree del Paese e agli investimenti, i servizi e le buone pratiche ecosostenibili. Tre ambiti sui quali Legambiente invita il governo Renzi a investire per uscire da un quadro che in quindici anni di indagine non risulta migliorato.

Per quanto riguarda il tema della sicurezza, su 6.648 edifici, circa il 58% è stato costruito prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica del 1974, mentre solo il 3,3% tra il 2001 e il 2013. In calo gli edifici scolastici dotati delle certificazioni essenziali. Scendono al 53,1% le scuole che hanno il certificato di agibilità (contro il 61,2% del 2012); al 30,9% quelle dotate del certificato di prevenzione incendi (nel 2012 erano il 35,9%); al 58,1% quelle con il certificato di agibilità igienico-sanitaria (nel 2012 erano il 73,8%). Rimangono, invece, stabili i dati relativi agli impianti elettrici a norma (83,9%), mentre crescono quelli relativi alle porte antipanico che passano dal 90,2% del 2012 al 96, 8% del 2013. Sul fronte della bioedilizia e della sicurezza sono solo 0,6% (dato uguale al 2012) le scuole costruite secondo criteri di bioedilizia e sono il 7,8% quelle edificate con criteri antisismici.

Quanto alla verifica della vulnerabilità sismica, sono il 22,2% gli edifici dove è stata effettuata contro il 27,3% del 2012; mentre se si considerano gli edifici dei soli Comuni a rischio sismico (zona 1 e 2) solo il 14,3% ha effettuato tale verifica (nel 2012 erano il 21,1%). In lieve crescita, invece, i dati sui requisiti in materia di accessibilità con l’84% degli edifici che ha i requisiti di legge; in calo quelli dove sono stati previsti interventi per l’eliminazione delle barriere architettoniche: si passa dal 16,4% del 2012 all’8,7% del 2013 a fronte di circa un 20% degli edifici che non possiede requisiti di accessibilità.

Dalla ricerca di Legambiente emerge, inoltre, che il 32,5% degli edifici scolastici necessita di interventi urgenti, mentre il 47,7% è stato oggetto di manutenzione straordinaria negli ultimi 5 anni. “La messa in sicurezza e la riqualificazione energetica degli edifici scolastici – dichiara Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente – devono essere obiettivi prioritari di questo Paese e un’occasione dalla quale partire per creare un altro sviluppo, per contribuire alla rigenerazione urbana, ma soprattutto per far uscire l’edilizia scolastica italiana dall’attuale stato di emergenza in cui si trova. Abbiamo bisogno di scuole più sicure ed energeticamente efficienti. Per questo proponiamo al governo Renzi di vincolare i prossimi finanziamenti, che erogherà alle amministrazioni, a progetti che uniscano messa in sicurezza e abbattimento dei consumi energetici del 50% rispetto ai consumi di partenza della scuola. Tra l’altro la stessa direttiva europea 2012/27 Ue sull’efficienza energetica chiede una riqualificazione annua del 3% degli edifici pubblici, un’opportunità che l’Italia non può perdere”.

“Sul piano dell’edilizia scolastica – aggiunge Vanessa Pallucchi, Legambiente Scuola e Formazione – rimane tuttora la grande assente, l’anagrafe scolastica, finora mai pubblicata”.

Patrimonio edilizio ed investimenti.
Per quanto riguarda la qualità del patrimonio edilizio dal rapporto di Legambiente emerge la disparità territoriale tra nord, sud ed isole del Paese. Nelle prime quindici posizioni della classifica nazionale troviamo, infatti, città medie e piccole del centro nord, mentre la maggior parte delle città metropolitane, esclusa Firenze al 17° posto e Torino al 23°, sono posizionate ben oltre la trentesima posizione. Indietro anche quest’anno il sud che compare solo a metà classifica con Lecce che è la prima città meridionale in graduatoria al 21° posto.

Alla disparità territoriale segue quella degli investimenti riguardanti sia la manutenzione straordinaria sia quella ordinaria. Nel primo caso le risorse diminuiscono dal 2012 al 2013 in media per ogni singolo edificio di circa 22mila euro. La manutenzione ordinaria, invece, vede in media per ogni edificio ridurre di quasi 2mila euro la cifra già esigua di 8808 euro dello scorso anno. La drastica diminuzione dei fondi destinati alla manutenzione ordinaria coinvolge anche quelle regioni storicamente virtuose come l’Emilia Romagna ed il Piemonte, che tornano a dichiarare interventi urgenti rispettivamente di circa il 20% e il 34% in più di scuole rispetto al 2009. Da segnalare come ancora una volta siano i comuni del nord e del centro a far da padroni nelle due top ten degli investimenti, mettendo più del doppio di euro a edificio rispetto alle regioni del sud, dove invece si registra una maggiore necessità degli interventi legati alla fragilità del territorio, al rischio idrogeologico, sismico e vulcanico.

Servizi per la scuola e buone pratiche ambientali. Nelle scuole diminuiscono i pasti interamente biologici, oramai presenti solo nel 4,8% delle mense scolastiche contro l’8,5% del 2012, così come la media di prodotti biologici che si attesta al 53,7%. Il 28,9% degli edifici è dotato di cucine interne alle scuole, mentre il 65,1% delle mense scolastiche serve l’acqua del rubinetto.

Fra i pochi dati positivi spiccano quelli relativi alla raccolta differenziata, che confermano il trend del 2012: plastica (76,8%), alluminio (57,8%), organico (67,9%), pile (58%), carta (83,4%), toner (64,4%). Unica eccezione il vetro che con il 68,8% risulta in calo rispetto all’anno precedente (73,3%). La raccolta di altri materiali come i RAEE (Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) si attesta al 3%.

Sul fronte dei servizi, crescono gli edifici dotati di strutture per lo sport: si passa dal 52,2% del 2012 al 60% del 2013. Diminuiscono, invece, le scuole con giardini o aree verdi disponibili (72,4%), le biblioteche per ragazzi all’interno delle scuole (34,7%), gli edifici in Ztl (4%) e in Zone 30, le aree dove il limite di velocità è di 30 chilometri orari (7,3%). In tema di mobilità casa-scuola e sicurezza urbana delle aree antistanti gli edifici scolastici, si registrano dati negativi complice la crisi economica e una minore disponibilità economica da parte dei Comuni. Calano infatti al 22,5% le scuole dotate di servizio scuolabus (contro il 30% del 2013) e pedibus che va dal 6,9% del 2012 al 5,2% del 2013. Diminuiscono, seppur lievemente, le aree di sosta per le auto vicino alle scuole (48,9%), gli attraversamenti pedonali (62,9%), i semafori pedonali (4,2%), la presenza di nonni vigili (16,6%), le piste ciclabili nelle aree antistanti le scuole (8,6%) e le transenne parapedonali (8,5%).

L’uso delle energie rinnovabili segna quest’anno uno stallo, fermandosi al 13,6%. Tra gli edifici che utilizzano rinnovabili, la maggior parte presenta pannelli fotovoltaici (78,1%), impianti solari termici (25,9%), impianti a geotermia e/o pompe di calore (3,3%), a biomassa (0,5%) e a biogas (0,1%). Cresce comunque la copertura dei consumi da fonti rinnovabili, con il 42,3%.

Per quanto riguarda gli edifici scolastici esposti a situazioni di rischio ambientale indoor e outdoor, il 92,2% dei comuni ha effettuato monitoraggi sulla presenza di amianto negli edifici scolastici. Preoccupa invece la diminuzione dei casi certificati di amianto che passano dal 10,5% del 2012 al 7,5% del 2013 e quelli relativi ai casi sospetti che scendono dal 2,2% del 2012 allo 0,1% del 2013. In flessione i dati sul radon, che viene monitorato dal 32% delle amministrazioni contro il 34,8% del 2012. I casi certificati restano costanti (0,5%), mentre non risulta significativa la crescita delle azioni di bonifica effettuate negli ultimi due anni. Segnali positivi e negativi si riscontrano per le fonti d’inquinamento ambientale esterne come elettrodotti, emittenti radio televisive, antenne dei cellulari. Se da una parte aumentano i controlli effettuati sugli elettrodotti posti in prossimità di edifici scolastici (10,7%) e sulle emittenti radio televisive (9,5%), diminuiscono invece quelli sulle antenne cellulari (20,5%), che tuttavia restano quelle maggiormente monitorate. In crescita i dati sugli edifici scolastici posti tra 1 e 5 km da aree industriali (13,3%), da strutture militari (2,8%), discariche (8,6%), aeroporti (10,3%). Più altalenanti quelli relativi a fonti d’inquinamento entro 1 km dagli edifici, con i parametri relativi alle aree industriali, alle discariche e agli aeroporti in crescita, mentre quelli attinenti alle strutture militari, alle autostrade e alle fonti d’inquinamento acustico sono in flessione. In crescita le scuole a meno di 60 metri da distributori di benzina (2,2%).

Graduatoria finale
. Come accennato prima, anche quest’anno si riconfermano in testa alla graduatoria nazionale di Ecosistema Scuola le città capoluogo del centro-nord (guarda la classifica completa in fondo all’articolo). Svetta al primo posto Trento, seguita da Pordenone (2º) e Forlì (3º), salite rispettivamente di due e cinque posizioni rispetto allo scorso anno. Ci sono poi Prato (4º), Reggio Emilia (5º), Piacenza (6º), Sondrio (7º), Bergamo (8º), Verbania (9º) e Bolzano (10º). Nella top ten da segnalare l’ingresso di Bergamo e Bolzano.

Indietro anche quest’anno il sud che compare solo a metà classifica con Lecce (21°), mentre per la prima città delle isole occorre scendere fino al 43º posto, dove troviamo Catania. A guidare la graduatoria regionale sulla qualità dei servizi e dell’edilizia scolastica è l’Emilia Romagna, con tre città tra le prime dieci. Tra i comuni in classifica, Bolzano e Reggio Emilia sono entrambi tra i primi dieci che investono di più sia in manutenzione straordinaria sia in quella ordinaria. Prato si distingue per l’installazione di impianti di energia rinnovabile, coprendo, negli edifici dove sono presenti impianti, il 100% dei consumi. Bolzano, Cuneo, Frosinone, L’Aquila e Pisa si caratterizzano invece per la somministrazione di pasti 100% bio. Sul fronte dei servizi, Frosinone, Imperia, Macerata, Olbia e Siena garantiscono il servizio di scuolabus a tutte le scuole; Bolzano e Treviso sono quelle con la maggior percentuale di edifici e alunni coinvolti nel servizio di pedibus.

Ad aprire la graduatoria delle grandi città c’è Firenze (17º), seguita da Torino (23º), Milano (36º) e Napoli (39º), ancora una volta prima tra le grandi città del sud. Nella parte bassa della graduatoria, salgono di diverse posizioni sia Bari (65º) sia Genova (75º), anche se quest’ultima risulta la più bassa in classifica tra le grandi città. Da segnalare infine il grande ritorno di Roma che, dopo diversi anni in cui presentava dati incompleti, torna finalmente in graduatoria occupando il 66esimo posto. La sua posizione, come per altri comuni, risulta sfavorita dalla carenza di alcuni dati che riguardano soprattutto i parametri ambientali.

Ecosistema Scuola 2014:
La graduatoria delle città capoluogo

POS COMUNI Punti % POS COMUNI Punti %
1 TRENTO 74,5 43 CATANIA 47,6
2 PORDENONE 73,3 44 VERONA 46,8
3 FORLI’ 72,4 45 COMO 46,8
4 PRATO 71,9 46 FERRARA 46,6
5 REGGIO EMILIA 71,4 47 PESARO 45,2
6 PIACENZA 71,3 48 LODI 45,0
7 SONDRIO 70,2 49 MANTOVA 44,9
8 BERGAMO 69,6 50 SALERNO 44,6
9 VERBANIA 69,1 51 OLBIA 44,4
10 BOLZANO 68,5 52 VENEZIA 44,3
11 BRESCIA 66,4 53 CAGLIARI 44,2
12 GORIZIA 64,5 54 RAGUSA 42,9
13 BIELLA 64,4 55 MASSA 42,8
14 MACERATA 64,2 56 CAMPOBASSO 42,5
15 PARMA 63,5 57 AOSTA 41,8
16 TERNI 63,5 58 NOVARA 40,6
17 FIRENZE 63,0 59 TORTOLI 39,8
18 ASTI 59,7 60 VICENZA 39,0
19 SIENA 59,6 61 CALTANISSETTA 38,6
20 LIVORNO 59,3 62 LA SPEZIA 38,1
21 LECCE 57,4 63 POTENZA 36,7
22 FROSINONE 57,2 64 GROSSETO 35,6
23 TORINO 56,7 65 BARI 34,5
24 TREVISO 56,6 66 ROMA 34,2
25 LECCO 56,3 67 MODENA 33,2
26 VERCELLI 54,6 68 PISA 33,0
27 BENEVENTO 54,1 69 SAVONA 29,2
28 PAVIA 53,6 70 CATANZARO 28,5
29 AREZZO 53,2 71 PESCARA 28,3
30 PADOVA 52,4 72 ROVIGO 27,7
31 L’AQUILA 51,9 73 TRIESTE 27,6
32 CREMONA 51,7 74 LATINA 23,8
33 PERUGIA 51,5 75 GENOVA 22,4
34 CUNEO 51,4 76 CROTONE 19,9
35 PISTOIA 51,4 77 TRAPANI 19,4
36 MILANO 50,5 78 LUCCA 18,7
37 VARESE 49,6 79 REGGIO CALABRIA 17,2
38 IMPERIA 49,5 80 TARANTO 17,1
39 NAPOLI 49,0 81 ENNA 16,6
40 ALESSANDRIA 49,0 82 FOGGIA 14,5
41 AVELLINO 48,5 83 MATERA 13,3
42 BELLUNO 47,8 84 SASSARI 8,4

Escluse dalla graduatoria per incompletezza dei dati: Ascoli Piceno, Chieti, Cosenza, Messina, Monza, Nuoro, Oristano, Siracusa, Teramo, Udine.

Italia tra gli ultimi Pesi in Ue per efficacia di insegnamento

da La Stampa

Italia tra gli ultimi Pesi in Ue per efficacia di insegnamento

Sotto la media per il numero di laureati e sopra per gli abbandoni scolastici
bruxelles

L’Italia è tra gli ultimi Paesi Ue per qualità ed efficacia di insegnamento a tutti i livelli. Emerge da un rapporto presentato dalla Commissione europea.

 

L’Italia è sotto la media Ue per efficacia di insegnamento ed il suo monitoraggio, percentuale di laureati e quella di chi trova lavoro dopo la laurea, ma anche utilizzo di nuove tecnologie. Sopra la media comunitaria, gli abbandoni scolastici e le scarse competenze “alfabetiche e numeriche” degli adulti, mentre la spesa pubblica per l’educazione è tra le più basse nell’Unione.

 

L’Italia destina all’educazione solo il 4% del Pil a fronte di una media europea del 5,3%. Peggio fanno solo Romania (3,0) Bulgaria (3,5) e Slovacchia (3,8). Il BelPaese è ultimo in Ue per percentuale di laureati, solo il 22,4% a fronte della media europea del 38%, mentre in Irlanda e Lussemburgo è del 51%.

 

Secondo il rapporto della Commissione, solo il 49% di chi consegue una laurea in Italia trova un impiego in tempi brevi a fronte di una media europea del 71%. Una situazione peggiore si registra solo in Grecia.

 

Il 17% degli studenti italiani tra i 18 e i 24 anni lasciano la scuola senza aver conseguito un titolo di studio. Si tratta di una delle percentuali più alte d’Europa e seconda solo a Grecia (23%), Malta (21%), Portogallo (19%) e Romania (18%).

 

Il 38% degli insegnanti è giudicato “non abbastanza qualificato” più o meno in linea con la media europea come la percentuale (31%) di chi utilizza le nuove tecnologie per il proprio insegnamento, mentre solo il 75% (media europea 85%) sta cercando di acquisire queste nuove competenze

Legambiente, serve manutenzione urgente per il 32% delle scuole

da La Stampa

Legambiente, serve manutenzione urgente per il 32% delle scuole

E soltanto il 22,9% ha effettuato la verifica di vulnerabilità sismica
roma

Il 32,5% delle scuole necessita di interventi di manutenzione urgente. Lo sottolinea Legamebiente nel suo “XV Rapporto Ecosistema Scuola”, indagine annuale sulla qualità dell’edilizia scolastica, delle strutture e dei servizi scolastici.

 

Inoltre, secondo l’associazione, nonostante il 41,2% degli istituti si trovi in aree a rischio sismico, soltanto il 22,9% ha effettuato la verifica di vulnerabilità sismica. Le scuole in aree a rischio idrogeologico sono invece il 9,8% del totale e quelle a rischio vulcanico l’8,4%.

 

Secondo Legambiente «diminuiscono in media gli investimenti per edificio sia nella manutenzione straordinaria sia in quella ordinaria» e, per quanto riguarda la situazione da un punto di vista geografico, il rapporto evidenzia che «il Nord guida la graduatoria della qualità dell’edilizia scolastica con Trento (1º), Pordenone (2º) e Forlì (3º). Roma (66º) torna dopo anni di assenza in classifica. Lecce (21°) è, invece, la prima tra le città del meridione».

 

L’associazione ricorda che «il 58% delle scuole è stato costruito prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica del 1974» sottolineando che «calano al 30,9% gli edifici dotati dei certificati essenziali come quello della prevenzione incendi».

 

La crisi economica e la minore disponibilità dei Comuni ad investire, anche a causa dei vincoli posti dal patto di stabilità, «ha portato inoltre ad un calo delle scuole che hanno servizi scuolabus (22,5%) e pedibus (5,2%). Dati positivi arrivano, invece, dalle pratiche sostenibili come la raccolta differenziata che registra il trend positivo del 2012. Diminuiscono invece i fondi destinati alla manutenzione ordinaria e straordinaria. La difficoltà delle scuole italiane – si legge ancora nel documento – è testimoniata anche dalle storie di ordinaria emergenza di molte scuole superiori, la cui competenza rimane alle province».

 

Tornando al tema della sicurezza, «su 6.648 edifici, solo il 3,3% è stato costruito tra il 2001 e il 2013. E scendono al 53,1% le scuole che hanno il certificato di agibilità (contro il 61,2% del 2012); al 30,9% quelle dotate del certificato di prevenzione incendi (nel 2012 erano il 35,9%); al 58,1% quelle con il certificato di agibilità igienico-sanitaria (nel 2012 erano il 73,8%). In lieve crescita, invece, i dati sui requisiti in materia di accessibilità con l’84% degli edifici che ha i requisiti di legge; in calo quelli dove sono stati previsti interventi per l’eliminazione delle barriere architettoniche si passa dal 16,4% del 2012 all’8,7% del 2013 a fronte di circa un 20% degli edifici che non possiede requisiti di accessibilità».

 

Dalla ricerca di «La messa in sicurezza e la riqualificazione energetica degli edifici scolastici – dice Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente – devono essere uno degli obiettivi prioritari di questo Paese e un’occasione dalla quale partire per creare un altro sviluppo, per contribuire alla rigenerazione urbana, ma soprattutto per far uscire l’edilizia scolastica italiana dall’attuale stato di emergenza in cui si trova. Abbiamo bisogno di scuole più sicure ed energeticamente efficienti. Per questo proponiamo al Governo Renzi di vincolare i prossimi finanziamenti, che erogherà alle Amministrazioni, a progetti che uniscano messa in sicurezza e abbattimento dei consumi energetici del 50% rispetto ai consumi di partenza della scuola. Tra l’altro la stessa direttiva europea 2012/27 Ue sull’efficienza energetica chiede una riqualificazione annua del 3% degli edifici pubblici, un’opportunità che l’Italia non può perdere».

Non se ne esce: quando si parla di scuola siamo ultimi in Europa!

da La Tecnica della Scuola

Non se ne esce: quando si parla di scuola siamo ultimi in Europa!

Secondo il rapporto della Commissione Ue “Education and Training Monitor 2014”, l’Istruzione del Belpaese è poco efficace e non adatta all’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Gli abbandoni dei banchi rimangono alti. Ma il dato più nero è la spesa pubblica per l’educazione (solo il 4% del Pil, a fronte di una media del 5,3%) e la percentuale di laureati (solo il 22,4%, mentre in Irlanda è del 51%). Pure i docenti non fanno una bella figura: 4 su 10 sono poco preparati e non tutti hanno desiderio di aggiornarsi.

Quando si tratta di andare a leggere le classifiche internazionali sulla scuola c’è da tremare: troppo spesso l’Italia si posiziona in fondo alle classifiche che mettono a confronto la qualità dell’istruzione nei vari Paesi interpellati. Così è accaduto anche in occasione di un rapporto presentato dalla Commissione europea sull’efficacia di insegnamento: secondo il rapporto “Education and Training Monitor 2014” pubblicato il 13 novembre dall’esecutivo comunitario, la scuola del Belpaese è poco efficace e non adatta all’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Il dato più nero è la spesa pubblica destinata all’educazione: tra gli ultimi in Europa

Il basso livello è a tutti i livelli di offerta formativa: il nostro Paese risulta sotto la media europea, infatti, sia per efficacia di insegnamento, sia per a percentuale di laureati e quella di chi trova lavoro dopo la laurea. E pure per l’utilizzo di nuove tecnologie.

E quando ci sono dei dati sopra la media comunitaria c’è poco da rallegrarsi, perché si tratta degli abbandoni scolastici e delle scarse competenze “alfabetiche e numeriche” degli adulti. Inoltre, il 17% degli studenti italiani tra i 18 e i 24 anni lasciano la scuola senza aver conseguito un titolo di studio. Si tratta di una delle percentuali più alte d’Europa e seconda solo a Grecia (23%), Malta (21%), Portogallo (19%) e Romania (18%). Tra le cause: “le basse competenze alfabetiche e numeriche” delle famiglie, almeno il 30% (media europea del 19%). Scarsa l’inclinazione al “lifelong learning” – 6,2% a fronte di un 10,5% Ue – e di mobilità.

Altra nota dolente è quella della spesa pubblica per l’educazione, che rimane tra le più basse in nell’Ue. L’Italia destina all’educazione solo il 4% del Pil, a fronte di una media europea del 5,3%. Peggio fanno solo Romania (3,0) Bulgaria (3,5) e Slovacchia (3,8). Il Belpaese è ultimo in Ue per percentuale di laureati, solo il 22,4% a fronte della media europea del 38%, mentre in Irlanda e Lussemburgo è del 51%.

Per quanto riguarda l’istruzione universitaria, l’Italia presenta la più bassa percentuale di laureati d’Europa, solo il 22,4% (media Ue del 38%), in Irlanda e Lussemburgo è addirittura del 51%. E i giovani che conseguono una laurea faticano a trovare lavoro: solo il 49% trova un impiego in tempi brevi, a fronte di una media europea del 71%. Una situazione peggiore si registra solo in Grecia. Infine, secondo il Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale (Cedefop), solo il 66% degli italiani svolge un lavoro a qualifica medio-alta. Una situazione peggiore si registra solo in Grecia.

L’ultima nota dolente è quella degli insegnanti: il 38% degli insegnanti è giudicato “non abbastanza qualificato”. Certo, è un dato più o meno in linea con la media europea come la percentuale (31%) di chi utilizza le nuove tecnologie per il proprio insegnamento, mentre solo il 75% (media europea 85%) sta cercando di acquisire queste nuove competenze. Anche su questo, sulla voglia di aggiornarsi e crescere da parte dei nostri docenti, purtroppo siamo indietro.

Buona scuola e organico funzionale: si partirà nel 2016/17?

da La Tecnica della Scuola

Buona scuola e organico funzionale: si partirà nel 2016/17?

I tempi sono sempre più stretti. Già per agosto Giannini aveva annunciato un provvedimento di legge sulla scuola. Ma adesso, se si vogliono davvero realizzare le proposte della Buona Scuola non è più possibile rimandare. A questo punto tutto potrebbe slittare di un anno.

Nella scuola, quando si arriva alle “vacanze di Natale”, si incomincia già a pensare all’anno scolastico successivo: nei primi mesi dell’anno solare, infatti, già si parla dei pensionamenti e del contratto sulla mobilità, mentre a marzo negli uffii del Miur si lavora alla definizio degli organici futuri.
Come dire che il 2015/2016 è vicino, fra due mesi bisognerà per forza occuparsene seriamente.
Eppure il Governo sembra non rendersene conto.
D’altronde che il Ministro Giannini non abbia molto il senso dei tempi della politica è ormai evidente.
Alla fine dello scorso anno scolastico annunciò che entro Ferragosto sarebbero stati varati provvedimenti di legge sulla scuola, poi disse che il piano sarebbe stato presentato a fine agosto.
La realtà fu assai diversa: il 3 settembre Renzi presentò il progetto “Buona Scuola” che non è certamente un disegno di legge ma semplicemente un documento in cui vengono elencate le “buone intenzioni” del Governo.
Immediatamente Giannini aggiunse che non c’era da preoccuparsi perchè le norme di legge sarebbero state inserite nella legge finanziaria 2015.

Sappiamo come sono andate le cose: nella legge di stabilità c’è scritto che si stanzia un miliardo di euro per la realizzazione della “Buona Scuola” (somma destinata principalmente alle assunzioni) ma nulla si dice su tutto il resto.
Pochi giorni fa Giannini ha dichiarato che a gennaio ci sarà un provvedimento di legge sulla scuola, senza peraltro precisare come sarà articolato.
Il fatto è che i tempi stringono e le scadenze amministrative (molbilità e organici soprattutto) non tollerano eccessivi ritardi.
A meno che l’idea, più o meno nascosta, del Ministro e del Governo non sia quella di rinviare l’effettivo avvio della riforma al 2016/2017. Organico funzionale compreso.

MASTER DSA

MASTER DSA
Disturbi Specifici dell’Apprendimento e difficoltà scolastiche

Durata e sede del corso
Febbraio – novembre 2015
600 ore complessive di formazione in presenza (Trento, Centro Studi Erickson) e online, studio individuale e elaborazione della tesi finale

Presentazione
Il Master DSA offre un percorso di specializzazione che risponde alle esigenze professionali di diverse figure (insegnanti, pedagogisti, educatori, logopedisti, psicologi…) fornendo conoscenze e strumenti per individuare tempestivamente e correttamente tali disturbi e impostare così un intervento mirato al potenziamento delle abilità deficitarie.In quest’ottica, accanto a una panoramica comune sui disturbi e sulle difficoltà di apprendimento, sulle raccomandazioni e sugli aspetti normativi, il Master DSA propone dei momenti formativi differenziati. Insegnanti, pedagogisti, educatori, logopedisti e riabilitatori affronteranno caratteristiche e difficoltà tipiche del bambino con DSA attraverso studio di casi e numerose esercitazioni, mentre psicologi e medici intraprenderanno un percorso diagnostico volto anche alla conoscenza di strumenti di valutazione specifici per i disturbi di lettura, scrittura e calcolo.

Tiriticco: l’attesa e la riforma degli esami di stato

da La Tecnica della Scuola

Tiriticco: l’attesa e la riforma degli esami di stato

La proposta di abbandonare un giudizio di maturità, sempre aleatorio e soggetto alla discrezione dei commissari, passando a un vero e proprio accertamento delle competenze acquisite dal candidato, sembra non interessare neanche questo governo.

Maurizio Tiriticco, su Eduscuola, analizza l’occasione perduta da parte del Governo Renzi di riformare un esame di stato ormai per certi versi privo delle sue effettive finalità.

L’attuale esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione è stato istituito alla fine del secolo scorso con la legge 425 del 1997 e si proponeva come fine il rilascio di certificazioni “al fine di dare trasparenza alle competenze, conoscenze e capacità acquisite… tenendo conto delle esigenze di circolazione dei titoli di studio nell’ambito dell’Unione europea” (art. 6).

Fino a quell’anno tale esame era disciplinato dalla legge 119 del 1969 che aveva “come fine la valutazione globale della personalità del candidato” (art. 5) e prevedeva che venisse “formulato, per ciascun candidato, un motivato giudizio, sulla base delle risultanze tratte dall’esito dell’esame, dal curriculum degli studi e da ogni altro elemento posto a disposizione della commissione” (art. 8).

Si trattava di una svolta non indifferente. Ci si proponeva di abbandonare un giudizio di maturità, in effetti sempre aleatorio e soggetto alla discrezione dei commissari, e di passare a un vero e proprio accertamento delle competenze acquisite dal candidato.

Inoltre, si abbandonava il sistema della valutazione decimale, anche questa sempre soggetta alla discrezione dei commissari, per introdurre il sistema dei punteggi, ancorato a prove che fossero oggettive.

La riforma riguardava il nostro Paese, ma era strettamente condizionata dalle vicende europee. Non va dimenticato che nel 1992 era stato approvato il Trattato di Maastricht con cui la Comunità economica europea, nata nel lontano 1957, diventava una vera e propria Unione politica, con ambizioni ben diverse da quelle che ci si era proposti negli anni Cinquanta. Se la Cee si proponeva compiti esclusivamente economici e si limitava alle politiche del lavoro, l’Ue si propose, invece, obiettivi molto più ambiziosi e, in materia di istruzione, si impegnò a realizzare una vera e propria “dimensione europea nell’educazione”, che avrebbe investito tutti i sistemi scolastici dei Paesi membri.

Furono anni di grandi speranze per la nuova Unione politica. Si giunse addirittura al varo di una Costituzione, sottoscritta solennemente in Roma il 29 ottobre del 2004. Però, dopo tante speranze ed attese, ebbe inizio un lento declino: la Costituzione non incontrò il favore di alcuni Paesi, per cui si ripiegò ad una soluzione molto meno impegnativa, a un semplice Trattato, di una valenza molto inferiore a quella data da una Costituzione, che venne sottoscritto a Lisbona il 13 dicembre del 2007,

Il declino che si ebbe nel campo politico ebbe serie ricadute anche nel campo dell’educazione e della scuola. Il “nuovo” esame di Stato, di fatto, procedette con molte incertezze, per quanto riguarda sia le prove che la certificazione delle competenze. Il Ministero dell’istruzione non riuscì a fornire indicazioni certe né sul concetto di competenza né sulle procedure da adottare per la certificazione Per cui si limitò a decretare con il dm 450/98 che le certificazioni attestano “la votazione complessiva assegnata, la somma dei punti attribuiti alle tre prove scritte, il voto assegnato al colloquio, l’eventuale punteggio aggiuntivo, il credito scolastico, i crediti formativi documentati” e che “i modelli delle certificazioni integrative del diploma hanno carattere sperimentale e si intendono adottati limitatamente agli anni scolastici 1998/99 e 1999/2000”.

Di fatto il Ministero si riprometteva di dare, nel giro di due anni, indicazioni precise sia in merito alle competenze che alle procedure per la loro certificazione. Però, i due anni sono diventati sedici e nulla è accaduto in merito. Per cui possiamo dire che attualmente non abbiamo né un esame di maturità né un esame centrato selle competenze.

Occorre ricordare che le Linee guida relative agli istituti tecnici e professionali descrivono chiaramente quali competenze siano proposte agli alunni alla fine del quinquennio, mentre molto sfumate e incerte, al proposito, sono le Indicazioni nazionali per i licei. E va anche ricordato che con la tornata di esami del 2015 vanno a regime sia le Linee guida che le Indicazioni nazionali, per cui, l’attuale Miur avrebbe dovuto dare indicazioni normative su come procedere per un esame che, finalmente, fosse effettivamente centrato sulla certificazione delle competenze.

Ma ciò non è avvenuto! Tutto tace! Abbiamo avuto solo esternazioni da parte del Ministro e dello stesso Presidente del Consiglio, ma su questioni di dettaglio e non mirate a rinnovare l’esame di Stato. Ciò che conta è la norma, e questa è assente. Non solo! Va sottolineato che ormai siano assolutamente fuori tempo debito. Con il Natale alle porte nessuna innovazione seria è possibile! Ma forse è chi ci dirige che non è affatto serio! Purtroppo!

Organico funzionale: stando ai numeri della Giannini non sarà da subito

da La Tecnica della Scuola

Organico funzionale: stando ai numeri della Giannini non sarà da subito

Giannini dichiara che a partire dal settembre 2015 ci saranno 750mila insegnanti “stabili”; ottima cosa, peccato che per fare l’organico funzionale ce ne vorrebbero almeno 40-50mila in più. I numeri stanno scritti addirittura nelle pubblicazioni ufficiali del Miur

Qualche giorno fa il ministro Giannini ha fatto una dichiarazione molto interessante sulla questione della stablizzazione dei precari ed ha affermato che a partire dal prossimo settembre avremo 750mila docenti “fissi”. Il numero fa impressione e fa pensare che, per davvero, oltre ai posti che già attualmente funzionano ce ne saranno altri in modo da realizzare quell’organico funzionale di cui si parla da anni.
Ma, per essere correttamente compresi e interpretati,  i numeri vanno esaminati bene e a fondo.
In questo caso, a dire il vero, di straordinario c’è molto poco: se si consulta la pubblicazione ufficiale del Ministero disponibile anche nel sito del Miur si scopre che per il 2014/2015 funzionano poco meno di 722mila posti (sostegno compreso) ai quali vanno però aggiunti circa 25mila posti di insegnante di religione cattolica: se si fa la somma si arriva appunto a 750mila.
La logica conclusione è molto semplice: Giannini vuole dire che a partire dal prossimo anno su tutti questi posti saranno in servizio docenti “stabili” e cioè di ruolo: se sarà così (ed è tutto da vedere) sarà certamente un’ottima cosa perchè vorrà dire che cesseranno le ben note “girandole” di supplenti e decine di migliaia di precari saranno immessi in ruolo.
Ma deve essere chiaro che anche con 750mila docenti stabili non sarà in alcun modo possibile realizzare l’organico funzionale che avrebbe bisogna almeno di 40-50mila docenti in più, come peraltro ammettono gli stessi estensori del documento “Buona Scuola”.

150mila assunzioni a settembre? Ma quando mai !

da La Tecnica della Scuola

150mila assunzioni a settembre? Ma quando mai !

Forse il piano durerà tre anni: al Miur stanno già lavorando in quest’ottica. D’altronde su diverse classi di concorso ci sono ancora molti esuberi e assumere è del tutto impossibile.

Sono indiscrezioni che non hanno la pretesa di essere notizie ufficiali, ma dall’interno del Miur filtrano notizie sulle prossime assunzioni dei precari storici. Infatti chi conosce bene gli ambienti ministeriali di viale Trastevere per averci passato una vita all’interno, sostiene che è allo studio l’idea di garantire l’entrata in ruolo di 150 mila precari delle graduatorie ad esaurimento non a partire dal primo settembre 2015, ma bensì nell’arco del prossimo triennio.
Questa notizia è circostanziata dalla precisazione  che per il 2015-2016 saranno possibili al massimo 50 mila assunzioni dalle Gae e la stessa cosa verrà garantita sia per il 2016-2017, sia per il 2017-2018. Quindi è evidente l’intenzione di sanare il possibile contenzioso che dovrebbe vedere l’Italia condannata  dalla Corte di giustizia europea, per avere abusato nella scuola dell’esercizio di contratti a tempo determinato per troppi anni, ma sarà difficile che questo possa avvenire in una sola tornata di assunzioni.
D’altronde è facile intuire, facendo un esempio figurato,  che se una bottiglia della capacità di un litro è colma, diventa impossibile aggiungere altri 150 millilitri, bisogna prima creare lo spazio per potere rabboccare la bottiglia. La stessa cosa vale per la scuola, dove ci sono ancora migliaia di docenti in esubero e dove l’organico è così rigido che di spazio non ce ne è proprio. Bisognerà prima creare un organico più flessibile, superando l’organico di diritto e di fatto, utilizzando un organico funzionale svincolato dai mille lacciuoli da cui attualmente è legato, per potere incominciare ad assumere nuovi docenti.
Bisogna specificare che, nella volontà del Governo  esiste l’impegno a stabilizzare tutto il personale precario, anche per evitare le eventuali multe per avere infranto la direttiva europea 1999/70. A quanto pare quindi al Miur si stanno preparando a spalmare su tre anni l’immissione in ruolo di tutti i docenti che stanno nelle graduatorie ad esaurimento ed hanno avuto più di tre contratti annuali a tempo determinato.
Un problema è anche quello di dovere assumere, come previsto dalla legge un corrispettivo 50% di docenti dalle graduatorie del concorso a cattedra. Come si porrà il governo nei confronti di chi ha legittimamente superato un concorso a cattedra ed essendo inserito nelle graduatorie di merito? Come potrà il Governo assumere in ruolo da una sola graduatoria senza rispettare la regola del 50% di immissioni anche dalle graduatorie del concorso? Un problema non di poco conto, che comunque al Miur stanno prendendo in considerazione, cercando una soluzione che possa andare bene per tutti. Resta il fatto che esiste una evidente discrasia   tra quanto è scritto nel documento “La Buona Scuola”, dove si garantiscono le 150 mila assunzioni dei docenti precari delle Gae a partire dal prossimo primo settembre, e quanto viene detto nei corridoi del Miur da chi la scuola la conosce bene dal punto di vista tecnico e burocratico. Una cosa e dire una cosa e fare, e poi come si dice: “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”.

Tfa sostegno: pubblicato il decreto per l’avvio dei percorsi di specializzazione

da La Tecnica della Scuola

Tfa sostegno: pubblicato il decreto per l’avvio dei percorsi di specializzazione

L.L.

Ammessi in soprannumero i candidati già inseriti nelle graduatorie di merito del primo ciclo, ma che non si erano collocati in posizione utile per frequentare il relativo percorso. Anche i candidati che, per qualsiasi motivo, abbiano sospeso la frequenza dei percorsi, possono a domanda riprendere la frequenza del percorso in un ciclo successivo, col riconoscimento dei crediti già acquisiti

Il Miur ha pubblicato il Decreto n. 832 del 10/11/2014 riguardante l’attivazione dei percorsi di specializzazione per le attività di sostegno.

I corsi saranno istituiti e attivati  dalle Università, anche in modalità interateneo. La loro istituzione è subordinata, oltre che al rispetto delle prescrizioni contenute dal decreto Miur 30 settembre 2011, anche all’acquisizione del parere favorevole del Comitato regionale di coordinamento, d’intesa con il Direttore dell’USR.

Resta ferma la distinzione dei percorsi tra scuola dell’infanzia, scuola primaria, scuola secondaria di primo grado, scuola secondaria di secondo grado.

Il decreto prevede, all’articolo 3, delle norme transitorie riguardanti i candidati già inseriti nelle graduatorie di merito del primo ciclo dei percorsi di specializzazione sul sostegno, ma che non si erano collocati in posizione utile per frequentare il relativo percorso: tali candidati sono ammessi in soprannumero ai percorsi di cui al nuovo decreto.

Inoltre, i candidati che, per qualsiasi motivo, abbiano sospeso la frequenza dei percorsi di specializzazione per le attività di sostegno, possono a domanda riprendere la frequenza del percorso in un ciclo successivo, col riconoscimento dei crediti già acquisiti.

Non vanno comunicati i compensi individuali pagati sul FIS

da La Tecnica della Scuola

Non vanno comunicati i compensi individuali pagati sul FIS

Nel rispondere ad un quesito dell’ANP, il Garante per la protezione dei dati personali conferma che sono oggetto di informazione successiva soltanto i “nominativi” dei dipendenti che hanno percepito compensi a carico del FIS, ma non gli importi da ciascuno ricevuti

In base alla disciplina di protezione dei dati personali, le informazioni concernenti i compensi accessori corrisposti al personale nell’ambito dei progetti finanziati con il fondo d’Istituto potranno essere oggetto di comunicazione sindacale solo in forma aggregata, indicandone l’importo complessivo, eventualmente “per fasce” o “qualifiche”; non potranno invece essere oggetto di comunicazione gli importi dei compensi riferibili a singoli lavoratori individuabili.

L’importante chiarimento è contenuto in un parere del 13 ottobre del Garante per la protezione dei dati personali in cui l’Autorità risponde ad un quesito dell’Associazione Nazionale Presidi del 4 giugno scorso sull’annosa vicenda della legittimità o meno della richiesta, avanzata da alcune Organizzazioni sindacali nei confronti della dirigenza scolastica, volta ad ottenere, in applicazione dell’art. 6, comma 2 del CCNL 29 novembre 2007, non solo i nominativi del personale utilizzato nelle attività e progetti retribuiti con il fondo d’istituto” (ipotesi espressamente prevista dall’art. 6, comma 2, lett. n), CCNL), ma anche i compensi erogati individualmente a ciascuno di essi.

In generale, il Garante osserva che, in base al Codice in materia di protezione dei dati personali, il datore di lavoro pubblico può trattare i dati personali dei lavoratori nei limiti in cui ciò sia necessario per la corretta gestione del rapporto di lavoro, nel rispetto delle previsioni che riguardano le proprie funzioni istituzionali e disciplinano il rapporto di lavoro, contenute in leggi, regolamenti, contratti e in accordi collettivi, ponendo in essere operazioni di trattamento proporzionate alle finalità perseguite.

Con specifico riferimento al caso oggetto del quesito, se da un lato il CCNL Scuola, nell’individuare le materie di informazione successiva alle organizzazioni sindacali, a livello della singola istituzione scolastica, consente che l’informativa sindacale venga effettuata in forma nominativa con specifico riguardo al personale coinvolto nelle attività finanziate con il fondo d’Istituto, tuttavia dal quadro normativa di riferimento non emerge alcuna specifica fonte normativa o negoziale che preveda espressamente la comunicazione dei compensi accessori erogati individualmente.

Pertanto, la comunicazione deve avvenire solo ed esclusivamente riportando l’importo complessivo dei compensi, al massimo aggregato per fasce o qualifiche, mentre è assolutamente esclusa la possibilità di comunicare le somme corrisposte ai singoli lavoratori.