Sportello voce”: le pratiche della pensione spiegate nella Lis

da Il Redattore Sociale
16 novembre 2014

Sportello voce”: le pratiche della pensione spiegate nella Lis

A Roma, zona Tuscolano e Eur, i due primi sportelli Inps per persone sorde, gestiti da dipendenti sordi. Useranno la lingua italiana dei segni e saranno affiancati da esperti. Tre mesi di sperimentazione, poi estensione a tutto il territorio nazionale. Sono 42.671 gli utenti Inps con disabilità uditive

ROMA – “Inps”, nella lingua dei segni italiana, si indica con tre battiti di dita su una mano: rappresenta il gesto di mettere le marche da bollo su un documento. Una parola ripetuta tante volte all’inaugurazione dello “Sportello Voce” della sede Eur dell’Istituto di previdenza Sociale: il secondo, a una settimana da quello della sede Tuscolano.

I battiti di mani si mescolano alle mani alzate e ruotate per applaudire. L’entusiasmo è palpabile, gli otto addetti al servizio, dipendenti sordi dell’ente, si sentono investiti di un compito importante e simbolico, dare consulenza alle persone sorde per quanto riguarda le questioni pensionistiche utilizzando la Lis (Lingua dei segni italiana), caso unico in Italia. Sono infatti 42.671 gli utenti Inps italiani con disabilità uditive, quasi quattromila nel solo Lazio. “In passato capitava che dovessi correre per fare da interprete per qualche persona allo sportello – racconta Felice, uno degli addetti – e c’era sempre il rischio di qualche equivoco nell’interpretazione”.

Il servizio è partito in via sperimentale nelle due sedi romane, ma il direttore generale Mauro Nori ha già dichiarato di voler estendere il servizio a tutta l’Italia. A tutti gli utenti potenzialmente interessati al servizio sarà inviata una lettera con la comunicazione dell’avvio dell’iniziativa, la sede, gli orari e i giorni di apertura dello Sportello (primo e terzo mercoledì del mese a Tuscolano, secondo e quarto giovedì all’Eur) oltre alla mail e i numeri di telefono DTS (telefoni con dattiloscrittura) ai quali possono far riferimento per prendere un eventuale appuntamento con l’Inps.
Ogni sede sarà aperta due volte al mese, una su appuntamento e una ad accesso libero  oggi gli incontri fissati sono otto.

“Un incontro è durato due ore, in altri casi, quando si tratta di spiegare semplicemente il funzionalmento del pin per accedere ai servizi online, si fa anche in mezz’ora”, spiega Rita Di Paola, direttrice della sede Eur – ma è doveroso farlo, si è realizzata un’integrazione interna, fra dipendenti, e con l’esterno, verso persone che avevano sempre subito barriere comunicative. Mi ha colpito la partecipazione e i sorrisi che vanno ben al di là del dovere lavorativo”. “Abbiamo fatto dei corsi di formazione specifici – racconta Anna Muscio, della sede Tuscolano – molto interessanti, per poter venire incontro alle esigenze dell’utenza, e poi siamo affiancati da un esperto tecnico della materia”.
Rita Mazzocchi provò otto anni fa a fornire un servizio per persone sorde “ma a titolo del tutto personale – racconta -, avevo studiato arabo e poi la Lis. Invece ora stiamo portando avanti un progetto strutturato, che valorizza le conoscenze delle persone sorde che lavorano nel nostro ente”.

“Fino ad ora i dipendenti sordi rischiavano di essere sottoutilizzati – dice Mena Paola Ciarmela, responsabile del team per l’utenza disagiata – mentre con questo sportello vengono valorizzate le loro professionalità”. E gli otto addetti ne sono ben consapevoli, nello spiegare l’importanza di questo piccolo passo verso l’abbattimento delle barriere, unico in Italia (unica in Europa a non aver riconosciuto la Lis come lingua), nel sottolineare che si dice “sordi” e non “sordomuti o non udenti – sottolinea Marco Gobbi – e se gli stranieri hanno diritto a un interprete non vedo perché noi no, per questo faremo una manifestazione nazionale il prossimo 20 novembre”, e che quando è nata l’idea di questo sportello tutte le persone sorde dell’Inps hanno aderito entusiasticamente, conoscendosi già tramite l’Ente e l’Istituto statale dei Sordi.

“Si sta perdendo il sentimento pubblico e lo si ritrova in questo servizio – commenta Ivano Spano, commissario dell’Istituto nazionale dei Sordi, che ha collaborato a prendere i primi appuntamenti e si dichiara disponibile a una collaborazione ad ampio respiro -, dove ogni cittadino può essere attivo e partecipe nella gestione della cosa pubblica, con lavoratori che vivono sulla propria pelle, come gli utenti, il disagio dell’accessibilità”.
La sperimentazione, nata a costo zero grazie a una riorganizzazione delle risorse umane, durerà tre mesi, per poi essere estesa a tutto il territorio nazionale  con l’uso della comunicazione virtuale tramite Lis in videochiamata sul web.

Né con Eco né con Ichino

Né con Eco né con Ichino

di Maurizio Tiriticco

Pare che da qualche tempo sia diventata una moda quella di sparare a zero sul liceo classico da un lato e, dall’altro, di difenderlo a spada tratta. Quindi non stupisce la recente polemica tra Umberto Eco e Andrea Ichino che si sono recentemente scontrati al Teatro Carignano di Torino, l’uno a favore, l’altro contro (vedi l’articolo di Vera Schiavazzi su “la Repubblica” del 15 novembre u. s.). Del resto anche a Roma nello scorso mese di aprile si sono incrociate le spade a un convegno organizzato dai tre licei classici storici, il Virgilio, il Visconti. Il Giulio Cesare.

Tra tanto rumore, sembra che nessuno si voglia ricordare della lezione di Martha Nussbaum che da anni è impegnata in una grande battaglia perché nelle scuole dei Paesi cosiddetti avanzati non ci si debba dimenticare della cultura umanistica, che però è ben altra cosa rispetto ai noti contenuti del nostro liceo classico [1]. La Nussbaum, partendo da un confronto tra i sistemi scolastici di due grandi Paesi, l’India e gli Stati Uniti, ha dimostrato come in questi ultimi, e del resto in tutti i Paesi a capitalismo avanzato, i sistemi scolastici non sono finalizzati alla formazione del “cittadino”, nella sua completezza, bensì alla formazione meramente strumentale del “consumatore”: in una società che ha costruito una scuola capace soltanto di riprodurre se stessa! Una scuola che vuole formare, pertanto, “cittadini” ubbidienti! Il ricordo va ad Althusser, quando definì la scuola come uno dei più forti “apparati ideologici di Stato”: una scuola che “amministra” una formazione tutta a danno di quella Humanitas che invece, dovrebbe costituire il fondamento educativo e civile di ciascun vivente. Se il suggerimento della Nussbaum è corretto, ne consegue che nulla osta, e deve ostare, contro gli studi umanistici! Ma che siano di tutti! E che non sono il liceo classico!

Comunque, il problema dei nostri studi secondari di secondo grado è un altro! A mio avviso, occorre superare quella separatezza a canne d’organo che tuttora esiste tra istruzione liceale, istruzione tecnica e istruzione professionale! Una separatezza che viene da lontano e che ha origini storico-sociali, ed economiche soprattutto, ben precise. Con l’Unità, nel lontano 1861, si volle dar vita ad una Nazione in grado di concorrere con potenze europee che da secoli avevano costruito la loro unità nazionale ed economica, anche se fondata su rigide separazioni di classe. Nel nostro Paese finalmente unito occorreva costruire da un lato un gruppo dirigente colto e dall’altro tecnici in grado di condurre e sostenere quella trasformazione industriale che allora costituiva l’acme di tutti i Paesi avanzati. Competere con la Francia, l’Inghilterra, la Confederazione germanica, tutte orientate ad una rapida seconda industrializzazione, non era affatto facile, e occorreva anche far presto! Anche perché si trattava di Paesi che non solo potevano fruire di materie prime in loco, ma anche dell’apporto dato da veri e propri imperi coloniali. Ci si proponeva una sfida non da poco. Più che giustificato allora nel nostro Paese l’avvio di un sistema di istruzione che, per le fasce basse di età, garantisse che tutti sapessero leggere, scrivere e far di conto, e che, per le fasce successive, garantisse la formazione sia di un solido e convinto gruppo dirigente che di una manodopera in grado di passare rapidamente… dalla falce al martello! Dai campi alla fabbrica! Occorreva anche costruire su scala nazionale una classe del tutto nuova, la classe operaia.

Di qui la scelta dell’istruzione liceale e dell’istruzione tecnica: una scelta che passò più o meno indenne per tutta l’esperienza politica di fine e inizio secolo, attraverso i De Pretis, i Crispi, i Giolitti; una scelta confermata poi e rafforzata dalla Riforma Gentile del 1923: i licei, i tecnici, i magistrali e, a chiudere, la “scuola complementare di avviamento professionale”. Venne poi la Costituzione del’47, che affida alle Regioni “l’istruzione artigiana e professionale”, proprio perché un percorso ritenuto legato alla realtà lavorativa locale, quindi di secondaria importanza. E in seguito il “novellato” Titolo V non solo non ha azzerato questa separatezza, ma l’ha addirittura accentuata, affidando alle Regioni la competenza legislativa esclusiva in materia di “istruzione e formazione professionale”.

Pertanto, nonostante gli anni e le stesse riforme costituzionali, la musica è sempre la stessa! Per cui, questa triade a discendere, per cui i licei sono per i pochi eletti, i tecnici per i “così così” e i professionali per gli “sfigati”, sopravvive e nessuno di fatto osa metterla in discussione! Come fosse un atto di fede! A fronte di questa realtà, qualche intellettuale di grido si diverte a discutere sul liceo classico!!! Ma iI problema dei nostri studi secondari non è questo! E l’ho scritto più volte! In una società avanzata – a prescindere dall’attuale situazione di stallo che investe quasi tutti i Paesi europei e non solo il nostro – in cui la tradizionale distanza tra lavoro intellettuale e lavoro manuale si va sempre più assottigliando e l’istruzione riguarda tutti e per tutta la vita, la separazione in tre canali secondari, ereditata da una tradizione fortemente classista, non regge più!

Ciò che, invece, occorre garantire, e a tutti, sono reali processi di EDUCAZIONE, FORMAZIONE e ISTRUZIONE che garantiscano a ciascuno il suo personale SUCCESSO FORMATIVO (dpr 275/99, art. 1). Dissertare su “classico SI’, classico NO” significa soltanto non aver capito nulla di ciò che sono le esigenze civili e culturali di ciascun cittadino, oggi, nei Paesi ad alto sviluppo. La formazione umanistica – che non coincide affatto con gli studi classici tout court – sostenuta dalla Nussbaum, riguarda tutti… non uno di meno! Occorre dar vita a processi di scolarizzazione iniziale in cui ciascuno possa maturare le sue personali vocazioni e, in seguito a forti attività di orientamento e di riorientamento, possa scegliere quali discipline caratterizzino la sua vocazione professionalizzante e il proseguimento degli studi. In tale prospettiva, la sacra trimurti indiana del “liceo” del “tecnico” e del “professionale” finalmente scomparirà, e per sempre. Pertanto, non affronterà il latino e il greco solo chi “è destinato” a entrare nell’élite dirigente, e a digerirseli per ben cinque anni, per diventare poi o letterato o chirurgo o architetto, o avvocato (che belle le “professioni liberali”!!!), ma solo chi veramente matura un interesse per queste discipline.

Recentemente ho scritto – in una prospettiva di riordino generalizzato dell’intero “Sistema educativo di Istruzione e Formazione” (leggi 30/2000 e 53/2003) – che occorre giungere a un effettivo “superamento dell’attuale separatezza culturale dei tre percorsi di istruzione secondaria di secondo grado, in forza della quale, com’è noto, le iscrizioni degli alunni avvengono più in forza della loro estrazione sociale che delle loro motivazioni e aspettative” [2]. Insomma, in un complessivo riordino, l’istruzione di secondo grado offrirà una pluralità di percorsi e un pluralità di discipline soprattutto opzionali ed elettive. Al termine degli studi, da fissare al compimento dei 18 anni di età, l’esame terminale dovrà essere centrato sull’accertamento e sulla certificazione delle competenze che ciascun alunno ha conseguito nelle attività elettive: poche discipline, ma liberamente scelte! Come avviene in altri Paesi del resto! E competenze che, per altro, dovranno tenere debito conto del livello quarto dell’European Qualifications Framework. E non vi sarà più alcuna “differenza di classe” tra chi opta per il latino e il greco e chi opta per trasporti e logistica o abbigliamento e moda.

Solo così, e nella prospettiva di costruire assetti sociali fondati sempre più sulla conoscenza e su una vasta pluralità di competenze, sarà liquidata quelle millenaria separazione tra il lavoro intellettuale – il dottore, appunto – e il lavoro manuale – lo scopino, pardon, l’operatore ecologico. A parole ci teniamo tanto a nobilitare certi lavori e certe deprivazioni! Un handicappato è un diversamente abile; un cieco un non vedente! Un vecchio come me, un non giovane!!! A parole siamo maestri nel liquidare le distanze! Nell’istruzione no! Occorre unificare i tre percorsi in una pluralità di curricoli di pari dignità e di pari impatto culturale, in cui si possa esprimere una pluralità di opzioni ed elezioni. Sono sogni? Forse! Ma occorre anche preparali. E adoperarsi per realizzarli. E lancio un appello a tutti i partecipanti al duello milanese, Eco, Canfora, Dionigi, Spataro, a riflettere ulteriormente su quanto ci insegna la Nussbaum e a quanto accade nel mondo del lavoro dei nostri giorni.

E suggerisco loro di rileggere quell’aureo libretto di Tullio De Mauro (letterato) e Carlo Bernardini (fisico), Contare e raccontare, dialogo sulle due culture, Laterza, Bari, 2005, autori che in tempi non lontani già avevano posto le premesse per superare per sempre, appunto, le cosiddette “due culture” [3].

 


 

[1] Si veda la mia recensione al volume di Martha Nussbaum, “Non per profitto, perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica”, introduzione di Tullio De Mauro, pagine 166, Il Mulino, Bologna, 2011, pubblicata in Tiriticcheide, www.edscuola.it.

[2] Si veda “Per un riordino complessivo del sistema educativo di istruzione”, in Tiriticcheide, www.edscuola.it.

[3] Si veda la mia recensione in www.educationduepuntozero.it: http://www.educationduepuntozero.it/racconti-ed-esperienze/non-profitto-difesa-dell-umanesimo-405244583.shtml.

Fame di vivere

298 FAME DI VIVERE FAME DI ALIMENTARSI FAME DI IMPARARE di Umberto Tenuta

CANTO 298 Il desiderio di vivere è nel fondo di ogni essere vivente, vegetale od animale che sia.

Le piante lo esprimono assorbendo le sostanze nutritive dalla terra e dalla luce del sole.

Gli animali si alimentano di sostanze minerali, vegetali ed animali.

In quanto animale, l’uomo si alimenta come gli altri animali.

Ma, in quanto essere razionale, l’uomo si nutre anche e soprattutto di cultura.

 

È la cultura che ha fatto e fa uomo l’uomo!

Senza cultura l’uomo è il peggiore degli animali, perchè non possiede gli istinti che regolano la vita degli animali.

L’uomo ha bisogno di cultura, come fondamento della sua vita.

Negare la cultura all’uomo significa condannarlo alla morte.

Alla sua morte ed a quella dei suoi simili.

Le guerre passate e presenti ne sono testimonianza.

L’educazione è la prima esigenza dell’umanità.

Occorre garantire l’educazione ad ogni figlio di donna che nasce alla vita sul pianeta Terra.

Il diritto all’educazione è il diritto a vivere come uomo.

Non può essere negato, né limitato, né rifiutato.

Ne consegue che la scuola non può essere luogo della mortalità umana, mortificando e bocciando.

Signori miei, non si tratta di dare un posto di lavoro.

Si tratta di dare un posto nella vita.

Il filo d’erba che dalla pietra si erge verso il sole esprime la sua sete di vita.

Il bimbo che ti fissa con gli occhi curiosi vuole imparare ad essere un uomo come te, più di te.

Foglie assetate di luce.

Uccellini implumi con le bocche aperte all’arrivo della madre.

Bimbi che aprono gli occhi assetati di conoscere il mondo.

I bimbi non nascono svogliati.

I bimbi nascono con la voglia di alimentarsi, di conoscere di crescere, di divenire adulti.

Docenti, non spegnete questa fame!

Non spegnetela con cibi indigesti.

Coi cibi inscatolati nelle vostre misere enciclopedie, nelle vostre guide d’accatto, nelle vostre mappe concettuali.

Con amore di madre offrite loro gli alimenti che natura crea.

Il sorriso del vostro volto.

Il sorriso della natura che intorno a voi si squaderna in questa bella famiglia di pietre, d’erbe e di animali

bella d’erbe famiglia e d’animali,

e quando vaghe di lusinghe innanzi

a me non danzeran l’ore future,

né da te, dolce amico, udrò piú il verso

e la mesta armonia che lo governa,

né piú nel cor mi parlerà lo spirto

delle vergini Muse e dell’amore,

unico spirto a mia vita raminga…

 

…in questa bella famiglia di uomini che hanno creato e creano la cultura.

I venticinque bimbi che stanno inchiodati nei banchi allineati in tre file saranno domani il vostro Re, la vostra Regina, il vostro Einstein, il vostro Leopardi, il vostro compagno di viaggio.

Ora hanno fame.

Non imboccateli!

No affogateli coi vostri bocconi omogeneizzati!

I cibi debbo essere assimilati da chi li mangia.

Date loro i vermigli melograni, le erbe, i fiori, le piante, i lombrichi, le lumache, i criceti…!

Aprite le finestre al mondo che intorno si squaderna…!

Fate riscoprire loro quello che i Padri hanno scoperto nel corso dei Millenni!

Noi sappiamo solo quello che abbiamo scoperto da soli.

Il dolore, la gioia, la felicità…

Il VERO, il BELLO, il BUONO!

Maestre e Maestri, non imponete ai vostri giovani studenti di sedere alla tavola che nel corso dei Millenni gli Uomini hanno imbandito.

Non togliete loro la gioia di rifare il cammino dei loro Padri.

Solo questo loro fare, riscoprire, inventare, costruire li farà diventare uomini.

Non marionette, non robot!

 

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

 

M. Couto, La confessione della leonessa

Africa e no

di Antonio Stanca

coutoQuest’anno dalla casa editrice Sellerio di Palermo è stato pubblicato il romanzo La confessione della leonessa dello scrittore mozambicano Mia Couto con traduzione dal portoghese di Vincenzo Barca (pp.234, € 16,00). L’opera era comparsa nella versione originale nel 2012 ed era stata l’ennesima del Couto che oltre a romanzi ha scritto poesie, racconti e articoli sempre in lingua portoghese. Egli è nato a Beira nel 1955 da genitori portoghesi che erano emigrati nella vecchia colonia. Aveva intrapreso gli studi di Medicina e li aveva abbandonati perché attirato dalla letteratura e dal giornalismo. In seguito studierà Biologia e si laureerà. Adesso lavora come biologo a Maputo ma quest’attività non lo ha allontanato dall’altra della scrittura che costituisce la sua preferita.

Nel 1980, a venticinque anni, Couto aveva esordito in letteratura con componimenti poetici compresi in un’antologia, nel 1983 aveva pubblicato il suo primo libro di poesie ed in seguito si era dedicato alla narrativa iniziando con racconti e continuando con romanzi. Molti e importanti riconoscimenti avrebbe ottenuto per le sue narrazioni. Tra questi il Premio Camões, il più ambito per gli autori in lingua portoghese, e il Premio Internazionale Neustadt o “Nobel americano”. Il suo romanzo Terra sonnambula del 1992 sarebbe risultato uno dei dodici migliori romanzi africani del XX secolo. Molto tradotto è Couto e apprezzato è il suo stile perché in modo particolare usa egli la lingua portoghese. Crea, fa esistere con le parole scritte, procura al lettore la possibilità di assistere ad una serie d’immagini vere, concrete, la sensazione di partecipare della vicenda rappresentata. Rende visibile, dà corpo alla vita del pensiero, ai fantasmi della memoria, del sogno, alle aspirazioni, alle speranze.

In quest’ultimo romanzo, La confessione della leonessa, l’ambiente è come altre volte quello della sua terra, il Mozambico, il tema quello di alcune vicende che lì si sono verificate. Si dice di quanto avviene in uno sperduto villaggio mozambicano, Kulumani, dove da qualche tempo la popolazione è vittima degli assalti di leoni provenienti dalla foresta circostante che in poco tempo hanno ucciso molte persone. Si fanno le ipotesi più diverse circa la spiegazione del fenomeno, circa i motivi che avrebbero mosso i leoni a rivolgersi contro il villaggio e intanto si provvede ad inviare a Kulumani degli esperti cacciatori perché eliminino le belve e mettano fine al grave pericolo che comportano. Un cacciatore, Arcanjo Baleiro, era già stato chiamato dall’amministrazione locale per cercare di contenere il problema prima che giungessero gli altri suoi compagni. Arcanjo arriva sul posto e si lega a Mariamar, una ragazza conosciuta in precedenza ed ora ritrovata.

Il romanzo risulterà composto dalle voci dei due giovani che si alterneranno nel corso dell’opera per dire degli sviluppi della situazione, di come veniva considerata nel villaggio, di tutto ciò che faceva parte della vita di questo, della sua storia dai tempi della colonizzazione portoghese a quelli della guerra civile, di quali erano i timori, i pensieri, le speranze per il futuro soprattutto da parte delle giovani donne del posto. Mariamar e Arcanjo diventeranno lei la testimonianza di una condizione umana, quella femminile africana, destinata ad essere vissuta fin dalla nascita in uno stato di schiavitù, ad essere esposta a continue privazioni e violenze, lui l’incarnazione di quel desiderio di un mondo, di una vita migliore, diversa che le donne africane nutrono. Attraverso Mariamar e Arcanjo lo scrittore mostrerà in modo diretto, immediato, farà vedere quel che succede in una parte del Sud-Est africano. Dell’assalto dei leoni si servirà per trarne una metafora quanto mai originale circa la difficile condizione femminile vissuta in un estremo angolo del mondo ed esposta a soprusi di ogni genere. Come le donne in Africa devono subire senza alcuna difesa la forza, la brutalità degli uomini così la popolazione di Kulumani deve subire la crudeltà dei leoni. Questo è il significato che Couto si propone di raggiungere col suo romanzo, un significato che vuol essere pure un atto di protesta, di denuncia, e ci riesce dal momento che in continuazione combina la realtà con l’allegoria, la verità con la fantasia, Kulumani con quant’altro si vuole, si cerca. I due elementi, i due piani s’incrociano sempre: un luogo dove la vita dell’uomo giunge a confondersi con quella animale, vegetale, acquatica, con la vita dei morti, dove valgono i presagi, le fatture, avvengono visioni, si hanno allucinazioni, è sempre confrontato con altri dove si vive diversamente, dove la realtà vale più di ogni supposizione, dove la vita è solo dell’uomo.

Per dire di questi due modi, di queste due vite stavolta Couto ha creato due narratori e li ha fatti interpreti di ognuna di esse. Singolare è la sua invenzione anche perché non intende risolvere in maniera definitiva il problema ma sospeso lo lascia come è necessario che avvenga quando i termini sono così distanti.

Psicologo d’istituto e radio liceo Le tremila idee di prof e studenti

da Corriere.it

Psicologo d’istituto e radio liceo  Le tremila idee di prof e studenti

Terminate le consultazioni in Rete per la «Buona scuola». La richiesta: più inglese. Tra i suggerimenti le detrazioni fiscali sull’istruzione come sui costi per la salute

di Valentina Santarpia

Due mesi di consultazioni online, un milione di accessi al sito, 100 mila questionari compilati, 170 mila partecipanti alle discussioni, 1.650 dibattiti organizzati in tutta Italia (con l’Emilia-Romagna in testa con 256 incontri), 100 organizzazioni e istituzioni che hanno inviato le proprie proposte, oltre 3 mila idee messe sul piatto.
Si conclude così, a distanza di due mesi esatti, la consultazione per la «Buona scuola», il piano di riforma in cui il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha condensato tutte le novità per riorganizzare il sistema educativo italiano. Non sono forse i numeri attesi – considerato che la popolazione studentesca è di 7,8 milioni e che i soli prof sono più di 800 mila – ma danno il segno comunque dell’interesse per un dibattito che riguarda trasversalmente tutte le generazioni e le classi sociali.
Moderni e sentimentali
I più «partecipanti» sono gli insegnanti, è evidente: i temi dell’abilitazione, dei criteri per procedere alle 100 mila assunzioni annunciate, delle ore di lavoro scolastico, degli scatti di merito (che dovrebbero sostituire quelli di anzianità), delle classi di concorso da prendere in considerazione per il prossimo ingresso, sono quelli più «cliccati», proposti e dibattuti. Ben 755 le proposte su norme e procedure da abolire, per lo più sui compiti e i modi di valutare e formare i prof, con oltre 26 mila «mi piace».

Le nuove materie

Ma non mancano nemmeno idee e spunti per svecchiare le classi, introducendo nuove materie (non solo economia e storia dell’arte, ma anche ecologia e mafia), rafforzando le lingue e l’informatica (anche a discapito della religione), istituendo laboratori in tutti gli istituti.
È una scuola laica e moderna, quella che emerge dalle centinaia di proposte che scorrono sullo schermo ( labuonascuola.gov.it) , con un grande bisogno di agganciare l’Europa e i suoi standard di preparazione, ma anche un disperato richiamo alla necessità di non perdere la funzione psicologica, intima, emotiva, dell’educazione: e così si spiegano i consigli, seguiti con interesse, per introdurre l’educazione all’interiorità e alla conoscenza di se stessi. Oppure la spinta -condivisa da centinaia di «like» – a introdurre un pedagogista o un educatore in ogni istituto, per tenere il legame indispensabile tra scuola e famiglia.

La rivolta digitale

Connessione affidabile, veloce e sicura in ogni aula: in forme diverse, il suggerimento di considerare Internet per le scuole al pari dell’acqua o dell’elettricità è diffusissimo, e sono quasi 400 le proposte per innovare la scuola in senso digitale. Una realtà che aveva spinto il ministro Stefania Giannini, che oggi a Matera chiuderà ufficialmente le consultazioni, a chiedere nella legge di Stabilità un fondo ad hoc (45 milioni in tre anni) per dotare le scuole di reti wi-fi. Obiettivo fallito, per ora: ma forse la domanda dal basso servirà a rimescolare le carte. C’è chi propone una «radio liceo», chi di inserire un tecnico informatico in ogni istituto, chi di «usare» gli studenti universitari per lo sviluppo di software, chi chiede costi di connessione non a carico delle scuole, chi punta sulla formazione dei docenti, e chi consiglia di adottare il KeyBook, un libro in cui coesistono contenuti che oggi troviamo su vari strumenti (libri cartacei e digitali, web, social network). Veloce, utile, economico.

I costi per le famiglie

Quello dei costi sostenuti dalle famiglie è uno dei temi caldi. In cima ai pareri, la detraibilità fiscale delle spese scolastiche, anche quelle cosiddette «volontarie» che già oggi le famiglie versano per le spese della frequenza, dai libri ai sussidi, dalle uscite didattiche ai viaggi d’istruzione.
Ma le indicazioni si sprecano: i mezzi gratuiti per gli studenti, la biblioteca del libro usato, i testi e le dispense autoprodotte dai docenti, l’adozione di costi standard, come per la sanità. O l’introduzione del servizio volontario civile, per permettere a genitori, studenti, cassintegrati, di dare il proprio contributo. Perché, come ripetevano ieri gli studenti in piazza, «la buona scuola siamo noi».

Il metodo Montessori diventa interattivo dalle “favole” alle app e al design tecnologico

da Repubblica.it

Il metodo Montessori diventa interattivo dalle “favole” alle app e al design tecnologico

Nella città natale della grande pedagogista il 28 e 29 novembre studiosi di tutti i Paesi a confronto per capire come lavagne interattive, tablet e app possano essere efficacemente utilizzati nel rispetto del percorso educativo indicato dalla scienziata di Chiaravalle: permettere al bambino di autoeducarsi, rispettandone tempi, interessi e creatività

di ROSARIA AMATO

ROMA – Quando Maria Montessori pubblicò i primi scritti sul suo metodo, più di 100 anni fa, i computer non esistevano. Eppure “molti materiali montessoriani sembrano un’anticipazione del digitale, è incredibile per esempio come sia riuscita a spostare sulle forme concetti di matematica”, assicura Tommaso Ragnisco, direttore artistico della prima trasposizione digitale della “favola cosmica”, un grandioso racconto che parte dal Big Bang per arrivare all’uomo, una sorta di “genesi laica” pensata per spiegare ai bambini le origini dell’Universo, della Terra e dell’umanità. La app verrà presentata il 28 e il 29 novembre al convegno “I processi cognitivi, le tecnologie interattive e il medoto Montessori”, che si terrà al Teatro Valle di Chiaravalle, città natale della grande pedagigosta, con la partecipazione di esperti in arrivo da ogni parte del mondo.

Il metodo Montessori si applica infatti in oltre 20.000 scuole di tutti i continenti: tra i relatori stranieri ci sono il direttore esecutivo dell’Association Montessori Society di New York, Richard A. Ungerer, tra gli italiani il presidente dell’Accademia dei Lincei Lamberto Maffei. La domanda alla quale gli esperti cercheranno di dare una risposta è come il metodo montessoriano può avvalersi efficacemente dell’apporto delle nuove tecnologie, mantenendo la propria struttura e la propria forza. Magari dando una mano a tutte le scuole che utilizzano lavagne interattive e iPad: le sperimentazioni sono all’ordine del giorno, racconteranno infatti la propria esperienza con tablet e app alcuni rappresentanti dell’istituto comprensivo Bruno da Osimo (di Osimo, in provincia di Ancona), inserito dal ministero dell’Istruzione tra le “22 eccellenze educative nazionali per le sperimentazioni e i progetti di innovazione della didattica anche attraverso le nuove tecnologie”.

“Prima ancora di sapere come utilizzare l’iPad, parliamo di processi cognitivi. L’aspetto interessante delle tecnologie attuali è che sono interattive: quando mia figlia era bambina, guardava i cartonianimati, ponendosi come spettatore passivo. Adesso possiamo fare in modo che i bambini interagiscano, costruiscano un loro percorso di formazione, di autoeducazione. Altrimenti il rischio è che si possa tutti essere fagocitati da questi strumenti”, osserva Lucio Lombardi, direttore della fondazione Chiaravalle-Montessori.

Il progetto naturalmente ha subito suscitato l’attenzione della Apple, che parteciperà al convegno con alcuni workshop. Anche se a realizzare la prima app “montessoriana” è stato invece il team di educatori-tecnici dell’associazione romana “Tabula Fabula”, che sperimenta continuamente il proprio lavoro presso la scuola primaria di via Tito Livio, a Roma. “Il lavoro – spiegano gli autori – si è avvalso della sinergia di diverse figure professionali, educatori, designer, animatori, programmatori, che hanno dato vita a un prodotto sicuro e di altissima qualità, che accompagna i bambini all’esplorazione delle potenzialità digitali in un contesto protetto dalle insidie della rete e dai rischi che potrebbero conseguire a una condivisione indiscriminata e fuori controllo. Una favola sempre nuova da inventare con i genitori, in alternativa alla semplice lettura di una storia, ma anche un gioco che il bambino può gestire in totale autonomia, sviluppando sempre più l’aspetto educativo, oltre a quello ludico, con la crescita”. La app della favola cosmica è già stata tradotta in dieci lingue, le principali europee più cinese e giapponese.

La modernità del metodo Montessori non sta soltanto nella costruzione di percorsi autonomi di istruzione che permettono al bambino di apprendere anche da solo, nel rispetto dei propri tempi e dei propri interessi, ma anche nella presisposizione di uno spazio a misura di bambino che è parte integrante del sistema educativo. Una sedia non è appena una sedia, le pareti sono suddivise per aree scientifiche, anche la luce gioca un ruolo fondamentale: è stato detto che in questa visione dello spazio e nella creazione dei “materiali” didattici Maria Montessori ha anticipato il moderno design. E infatti due architetti di Flowerssori, azienda che progetta mobili ecologici per bambini ispirati al metodo Montessori, presenteranno un “Format di Scuola Chiaravalle Montessori”, cioè una scuola modello, spiegano Hans Kruger Goffi e Angelica Meucci, “che non sia solo a misura di bambino, ma anche sensoriale, innovativa, esteticamente accattivante ed economicamente sostenibile”. Cioè economica: è difficile immaginare le scuole italiane che investono in nuovo mobilio. Eppure, i visitatori potranno vedere in pratica come è fatta una scuola dove banchi e sedie non sono rimediati e in avanzato stato di deterioramento ma vengono pensati e costruiti “per potenziare le capacità cognitive del bambino”.

Boschi a sorpresa: i risultati della Buona Scuola saranno presentati la prossima settimana

da La Tecnica della Scuola

Boschi a sorpresa: i risultati della Buona Scuola saranno presentati la prossima settimana

Mentre il titolare del Miur, Stefania Giannini, da Matera prendeva tempo (i due mesi di contributi on line confermano che “c’è una grande voglia di innovazione” ma siccome la consultazione è una cosa seria non anticipo nulla), il ministro delle Riforme spiazza tutti: entro settandue ore vi faremo sapere l’esito della consultazione. L’impressione è che si tratti di un’uscita incauta: come si possono sintetizzare così tanti dati in così poco tempo?

Chiuso il tempo della consultazione nazionale sulla ‘Buona Scuola’ ideata dal Governo Renzi, è già tempo di tirare le somme. Che per il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, non possono essere che positive.

“I risultati de ‘La Buona Scuola’ sono sia in senso qualitativo sia in senso quantitativo straordinari: c’è una grande voglia di innovazione, non di stravolgimento”, ha detto il Ministro a Matera, la città designata Capitale europea della Cultura per il 2019 e prescelta dal dicastero dell’Istruzione come luogo ideale per l’ultima tappa del tour ministeriale sul tema.

“Non parlo tanto – ha aggiunto il Ministro – di quello che è venuto fuori perché la consultazione è in corso e quindi. Poiché è una consultazione seria, non vogliamo dare indicazioni a chi è sul sito e a chi lo farà nelle prossime ore. Le stanze del sito web – ha proseguito Giannini – sono luoghi dove si può raccontare la propria idea di scuola e sono le più visitate, le più riempite di idee, di suggerimenti e anche di osservazioni critiche che riguardano le competenze che la scuola deve dare”.

Riferendosi al “tema dei laboratori dell’alternanza scuola-lavoro che abbiamo messo al centro”, il ministro ha sottolineato che “la parte che riguarda gli studenti e l’interazione con il mondo esterno è un tema molto sentito”. Per la parte dei docenti, “e cioè cosa fa e cosa deve fare l’insegnante di domani, sembrerà strano – ha evidenziato – ma c’è una grande voglia di meritocrazia e di quel lavoro che è stato un po’ trascurato”.

Nessuna anticipazione, quindi, sui pareri espressi da docenti, studenti, cittadini comuni. A sorpresa, però, qualche ora dopo, il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, da Catanzaro si lasciava sfuggire qualcosa. “Oggi si conclude la consultazione pubblica sulla riforma della scuola ed i risultati saranno presentati all’inizio della prossima settimana dal ministro Giannini”. Il quale, però, aveva preso tempo. Giustamente, visto che lo stesso Miur ha tenuto a fare sapere che a poche ore dalla fine della consultazione bimestrale erano altisonanti i numeri di adesioni al progetto: più di un 1 milione di accessi al sito, oltre 170mila partecipanti on line e 100mila questionari, circa 1.650 dibattiti organizzati in tutto il Paese con un primato in Emilia Romagna, circa 3.500 proposte pubbliche, 16.000 commenti e oltre 90.000 voti nelle stanze della sezione “Costruiamo insieme la Buona Scuola”. Ora, il ministro Boschi ci dice che la decodifica di tutti questi contributi giungerà entro tre-quattro giorni.  Qualcosa non torna: l’impressione è che quella del ministro delle Riforme sia stata un’uscita incauta.

Intanto, all’esterno dell’auditorium “Gervaso” della Città dei Sassi, il responsabile del Miur ha subìto delle contestazioni da parte da alcuni rappresentanti di alcuni sindacati del comparto, che hanno esposto alcuni striscioni di protesta contro il Ministro e distribuito volantini contro la ‘Buona Scuola’.

Contrariati si dicono, intanto, i rappresentanti della Rete degli studenti medi: come associazione studentesca, “abbiamo fin da subito organizzato una contro consultazione, capillare e orizzontale. Gli studenti hanno parlato della loro Buona scuola, di come vorrebbero che fosse e quello che è emerso è molto diverso da quello che propone il governo col suo piano”, ha detto Alberto Irone, portavoce nazionale dell’associazione.

“E’ sempre più quanto gli studenti e una larga fetta di insegnanti non vogliano questo provvedimento e abbiano molte cose da cambiare. Il governo si ostinerà ad andare avanti su questa strada oppure permetterà ai cittadini di essere incisivi e realmente partecipi? In questo non aiuta la presentazione di una legge delega, invece che di un ddl, a modificare quanto è già stato scritto. Vogliamo che la nostra scuola – ha concluso Irone – sia buona per davvero, solo con noi si può fare”.

Assunzioni 29.401 docenti, Ata e Ds: arriva il D.P.R.

da La Tecnica della Scuola

Assunzioni 29.401 docenti, Ata e Ds: arriva il D.P.R.

 

Il provvedimento, pubblicato il 12 novembre 2014, ratifica l’immissione in ruolo dei 28.781 docenti, educatori, Ata e 620 dirigenti scolastici già assunti all’inizio dell’anno scolastico in corso: il testo è ora in corso di registrazione presso la Corte dei Conti, poi sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

Si sta lentamente realizzando la ratifica, attraverso apposito Decreto del Presidente della Repubblica del 12 novembre 2014, per l’assunzione dei 28.781 docenti, educatori, Ata e 620 dirigenti scolastici, tutti già assunti all’inizio dell’anno scolastico in corso.

Le già avvenute assunzioni hanno avuto il via libera finale solo in queste ore, attraverso l’autorizzazione al MIUR, da parte del Presidente della Repubblica, ad assumere a tempo indeterminato per l’anno scolastico 2014/2015 “n. 15.439 unità per il personale docente ed educativo, n. 4.599 per il personale ATA, n. 13.342 per il personale docente da destinare al sostegno degli alunni con disabilità, n. 620 dirigenti scolastici”.

In particolare nel D.P.R. del 12/11/14 si precisa che per l’anno scolastico 2014/2015 il Ministero potrà assumere a tempo indeterminato 29.401 unità, così suddivise:

– n. 15.439 unità per il personale docente ed educativo;

– n. 4.599 per il personale ATA;

– n. 13.342 per il personale docente da destinare al sostegno degli alunni con disabilità;

– n. 620 dirigenti scolastici.

Il D.P.R. è ora in corso di registrazione presso la Corte dei Conti, poi sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

“Quota 96” diffida Renzi e Giannini: applicate la sentenza del giudice

da La Tecnica della Scuola

“Quota 96” diffida Renzi e Giannini: applicate la sentenza del giudice

Una diffida nei confronti del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e della ministra dell’istruzione, Stefania Giannini, è partita dallo studio legale, dove si appoggia la gran parte del personale della scuola del Comitato civico “Quota 96”, per l’applicazione immediata della sentenza del giudice del lavoro che ha riconosciuto il diritto alla quiescenza

Così scrive l’avv. Naso: “Sono stato incaricato di diffidare la Presidenza del Consiglio dei Ministri in persona del Suo Presidente del Consiglio e il Ministero dell’Istruzione ell’Università e della Ricerca affinché, ognuno per quanto di competenza, provvedano ad emanare i necessari e conseguenti atti normativi e/o amministrativi finalizzati all’applicazione del contenuto dispositivo della sentenza n. 31595 del 3 novembre 2014, pronunciata dal Giudice del lavoro del Tribunale di Salerno”.

Legambiente: gli istituti siciliani disastrosi

da La Tecnica della Scuola

Legambiente: gli istituti siciliani disastrosi

E’ disastrosa la situazione relativa all’efficienza delle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado in Sicilia. A dirlo sono i dati del XV rapporto di Legambiente presentato in questi giorni. Si aggiunge inoltre il mancato invio dei dati delle scuole di Palermo che in questo modo evita gli ultimi posti lista

L’allarme è stato rilanciato dal Movimento 5 Stelle, che attraverso il deputato Chiara Di Benedetto, ha ricordato come nei precedenti due rapporti Palermo non avesse certo brillato, piazzandosi nel 2012 al terz’ultimo posto (su 89 Comuni) e l’anno scorso negli ultimi dieci posti.

“Non vorremmo – ha detto Chiara Di Benedetto – che Orlando abbia voluto fare il furbo. Si tratta della sicurezza dei bambini, è giusto che i palermitani conoscano le condizioni degli istituti dove mandano i loro figli. Vedremo di recuperare noi questi dati”.

Per fare questo, Di Benedetto e gli altri parlamentari palermitani alla Camera e all’Ars  predisporranno nei prossimi giorni una richiesta di accesso agli atti. Il rapporto annuale di Legambiente è il risultato finale della somma dei dati relativi alle informazioni generali sugli edifici, sulle certificazioni, la manutenzione, i servizi messi a disposizione delle istituzioni scolastiche, sull’esposizione a fonti di inquinamento ambientale interne ed esterne.

Se Palermo piange, il resto della Sicilia non ride, Per trovare la prima città sicula si deve scorrere la graduatoria degli 84 Comuni che hanno  inviato i dati fino al 41° posto, dove troviamo Catania.

Poi è una corsa verso il fondo, con Ragusa al 54° posto, Caltanissetta al 61°, Trapani al 77° ed Enna al terz’ultimo.

Poche sono le scuole siciliane che negli ultimi 5 anni hanno goduto di manutenzione straordinaria,   34,9% a fronte di una media nazionale del 51,6%.

Le scuole siciliane non praticano in gran misura la raccolta differenziata: Catania è l’unico comune che coinvolge tutte le scuole in questo tipo di impegno.

“Questa – hanno detto i deputati palermitani – purtroppo non è una novità. Al Sud la raccolta differenziata non è mai decollata, tant’è che proprio di recente abbiamo denunciato il Comune di Palermo alla corte dei Conti”.

Secondo dati Istat, infatti, a Palermo la differenziata si sarebbe attestata in un range che oscilla dal 6,2 per cento del 2003 al 10,2 per cento del 2012, valori nettamente distanti dagli obiettivi stabiliti dalla normativa vigente in materia di riciclo dei rifiuti solidi urbani (range previsto per quegli anni dal 35% al 65%).

Il preside eletto, l’esperienza tedesca e i requisiti d’accesso alla dirigenza in Italia

da La Tecnica della Scuola

Il preside eletto, l’esperienza tedesca e i requisiti d’accesso alla dirigenza in Italia

di Fabio Guarna

Il dibattito, lanciato dal nostro sondaggio, sulla possibilità di una figura eletta dai docenti con le funzioni di preside è senz’altro interessante ma per completezza sarebbe giusto introdurre una riflessione sulla figura del capo d’istituto nei vari Paesi europei.

Una sorta di comparazione che è possibile fare sinteticamente, perchè la scelta dei “dirigenti scolastici” (usiamo l’espressione italiana) nonostante abbia caratteristiche diverse per ciascun paese, è accomunata da diversi elementi.

In premessa però, è giusto osservare, che qualche anno fa in una comunicazione intitolata “Migliorare le competenze per il 21° secolo” la Commissione Europea ha messo in evidenza come le scuole dell’Europa, divenute “organizzazioni sempre più complesse ed autonome”, necessitano di capi d’istituto che siano in grado di coniugare gli aspetti di management scolastico del loro ruolo con quelli di una leadership focalizzata sull’apprendimento”.

Aspetti questi ultimi che in maniera marcata in alcuni casi e più lieve in altri, si ritrovano nei criteri di reclutamento dei dirigenti scolastici di ogni paese d’Europa.

Pertanto sarebbe opportuno, per chi propone di affidare ai docenti la scelta del proprio dirigente attraverso una modalità che rappresenta senz’altro una grande prova di maturità e democrazia, assicurare che i “candidati” siano in grado “di coniugare gli aspetti di management scolastico del loro ruolo con quelli di una leadership focalizzata sull’apprendimento”: in sostanza si dovrebbero inserire dei requisiti minimi d’accesso per chi si candida a dirigere una scuola.

Un modello di reclutamento, che nonostante non abbia i caratteri elettivi, presenta momenti di partecipazione delle varie componenti del mondo scolastico (insegnanti, genitori, alunni) nella selezione dei dirigenti lo troviamo in Germania.

Lo Schulleiter, con cui si indica in generale il capo di istituto che ha un nome specifico a seconda del livello d’istruzione che a sua volta può cambiare nei diversi Lander (ad es. Rektor nella primaria, Realschulrektor nella secondaria inferiore) è un impiegato dello Stato.

La messa a bando dei posti disponibili di Schulleiter viene periodicamente resa pubblica attraverso bollettini ministeriali e fra i requisiti considerati per l’aspirante vi sono quelli di avere un certo numero di anni d’insegnamento; quindi si valutano le capacità e abilità in campo amministrativo e didattico nonché la valutazione dei risultati ottenuti in qualità di docente.

Circostanza quest’ultima che richiama un tema, quello della valutazione dei docenti, molto attuale e che pur non affrontato in questa sede è utile non trascurare anche sotto il profilo di una sua possibile applicazione nella direzione della scelta dei dirigenti futuri.

Vero è che in genere, in Germania, a fare domanda per diventare Schulleiter sono coloro che hanno assunto le vesti nel corso degli anni di vice capo di istituto. In diversi Lander nel processo di selezione sono chiamati gli enti locali che sono anche coloro che finanziano le scuole pubbliche e la Schulkonference, ovvero un organo consultivo scolastico che vede la partecipazione della componente docenti, genitori e studenti.

In alcuni Lander il coinvolgimento della Schulkonference consiste nel diritto di proporre una candidatura mentre in altre di escludere un candidato. L’ultima parola, comunque, resta all’ispettorato scolastico. Messe da parte le mansioni del dirigente scolastico in Germania molto simili a quelle italiane: amministrative e pedagogico didattiche, è giusto rilevare come lo Schulleiter continua ad esercitare l’attività d’insegnamento ma con un orario ridotto perchè evidentemente impegnato in altre funzioni.

Adottare un modello di reclutamento dei dirigenti simile in Italia non è escluso possa appassionare i sostenitori del “preside elettivo”, anche se, “scimmiottare” esperienze d’altri spesso si rivela poco efficace. Vero è che in Germania che ha un modello di gestione scolastica diverso dall’Italia, una figura di dirigente più versato alla didattica che al “management scolastico” è giusto immaginarlo come espressione di una scelta partecipata e non frutto di una decisione esclusivamente meritocratica, basata su un concorso. In Italia i dirigenti scolastici, per i compiti che a loro sono stati affidati e considerato il contesto (la cd autonomia) in cui operano, devono per forza di cosa essere o diventare più “manager” dei colleghi tedeschi.

Trovare un manager è difficile però. Non basta un concorso a cui si può partecipare per avere un certo numero di anni di esperienza di docenza, né è sufficiente un corso-concorso perché è difficile credere che un corso possa rivelarsi sufficiente a compensare i limiti per alcuni derivanti dalla mancanza di conoscenze in campo economico e giuridico necessarie per diventare un dirigente manager.

Negli enti locali, per fare un esempio, un ingegnere che per tanti anni ha retto l’ufficio tecnico del comune, non matura il titolo per partecipare al concorso per segretario comunale, destinato a laureati in materie giuridiche, economiche o equipollenti. Perchè invece nella scuola basta essere un insegnante con alcuni anni d’esperienza per poter diventare preside-manager?

Se dunque non cambieranno i requisiti d’accesso per il reclutamento dei futuri dirigenti scolastici, l’idea del preside elettivo non sarebbe in fondo così cattiva e forse potrebbe produrre migliori risultati.

Fabio Guarna

Graduatorie III fascia Ata: nuova tempistica per scuole e UST

da La Tecnica della Scuola

Graduatorie III fascia Ata: nuova tempistica per scuole e UST

L.L. 

Il Miur ha modificato il calendario delle operazioni: prenotazione delle graduatorie provvisorie dal 5 dicembre 2014, graduatorie definitive dal 15 gennaio 2015

Come avevamo annunciato, il Miur ha disposto una rettifica del calendario delle procedura in carico alle scuole e agli Uffici scolastici territoriali per la gestione delle domande per le graduatorie di istituto di III fascia del personale Ata. Si tratta di una modifica resasi necessaria a causa dei continui malfunzionamenti del sistema Sidi.

Di seguito la nuova tempistica delle operazioni

  • presa in carico allegato D3 entro il 5 dicembre;
  • prenotazione graduatorie provvisorie (UST) dal 5 dicembre 2014;
  • prenotazione massiva delle graduatorie provvisorie per gli UST che non hanno provveduto autonomamente (sistema informativo) dal 12 dicembre 2014;
  • procedura di attribuzione automatica della scuola che ha valutato la domanda agli aspiranti che a conclusione delle attività di acquisizione e quadratura domande-sedi non hanno ancora alcuna sede attribuita alla domanda (UST) dal 22 dicembre 2014;
  • esame reclami e rettifiche a seguito dei reclami accolti (scuola) entro il 15 gennaio 2015;
  • convalida esame reclami Allegati D1 e D2 (scuola) entro il 15 gennaio 2015;
  • prenotazione graduatorie definitive (UST) dal 16 gennaio 2015;
  • prenotazione massiva delle graduatorie definitive per gli UST che non hanno provveduto autonomamente (sistema informativo) dal 26 gennaio 2015.