AA.VV., Autovalutazione d’Istituto & professionalità docente

La valutazione d’istituto: un volano per la crescita delle scuole

di Carlo De Nitti

 

autovalutazioneFare uscire dalle secche dell’autoreferenzialità, da un lato, e dell’immobilismo, dall’altro, il sistema pubblico di istruzione e formazione – due facce della medesima medaglia – è la finalità principale della non ancora conclusa stagione riformatrice che ha attraversato la scuola italiana a partire dall’inizio degli anni ’90 del secolo scorso.
Conseguire questa finalità significa porre mano alla risoluzione di due problematiche fondamentali che attanagliano il mondo della scuola e la società tutta: all’origine ed a conclusione del processo educativo: la valutazione delle istituzioni scolastiche autonome e la professionalità dei professionisti che vi operano.
A questi due temi è dedicato il recentissimo volume collettaneo Autovalutazione d’Istituto & professionalità docente. Proposte Modelli strumenti operativi, curato da Tommaso Montefusco, che ha visto la luce a Bari, in quest’ultimo scorcio del 2014, per i tipi delle Edizioni dal Sud.
In esso, gli Autori – Valeria Brunetti, Mario De Pasquale, Giovanna D’Onghia, Tommaso Montefusco – tutti protagonisti a vario titolo della stagione riformatrice, sebbene con ruoli e funzioni differenti, mettono a disposizione dei lettori e dei professionisti della scuola, oltre che un inquadramento sia teoretico che storiografico delle problematiche focalizzate, quanto di più operativo possa essere necessario alla scuola militante, come recita il sottotitolo del lavoro Azione resa meritoria dall’emanazione da parte del MIUR della Direttiva n° 11 del 18.09.2014 che detta, per il prossimo triennio, le priorità strategiche della valutazione del Sistema educativo di istruzione e formazione, i criteri generali per l’autonomia del contingente ispettivo ed i criteri generali per la valorizzazione delle scuole del sistema scolastico nazionale, statali e paritarie, nel processo di autovalutazione.
A Mario De Pasquale, nel saggio di apertura del volume L’autovalutazione come mezzo di sviluppo professionale e civile, si deve l’inquadramento del problema teoretico dell’autovalutazione d’istituto, in quanto propedeutico allo sviluppo della scuola e del suo ruolo all’interno della società italiana del terzo millennio: esso “si propone come uno strumento di aiuto alla formazione di una cultura della valutazione, al superamento di resistenze diffuse” (p. 13) soprattutto tra gli operatori del settore.
E’ ampiamente noto come l’Italia sia un Paese dove alla conseguita autonomia funzionale delle istituzioni scolastiche – or è un quindicennio – non abbia finora corrisposto un efficace esercizio di valutazione né interna né esterna delle performances delle istituzioni scolastiche: “una democrazia matura si avvale di una responsabile cultura della valutazione per pianificare il miglioramento della qualità del servizio […] La scuola è un’organizzazione complessa e particolare. Ogni organizzazione funziona come un tutto organico” (pp. 15 – 19). La recente Direttiva MIUR 11/2014 ha il precipuo obiettivo di sgombrare il campo da qualsivoglia equivoco intorno alla finalità promozionale delle singole scuole dell’autonomia nella valutazione. Ogni scuola è un microcosmo che non può non essere organicamente interconnesso con gli altri.
Tommaso Montefusco, nel suo saggio Una storia lunga un quarto di secolo. La normativa della valutazione/ autovalutazione (pp.163 – 181), ricostruisce da par suo la storia della valutazione delle scuola a far data dal 1990, allorquando l’allora Ministro della P.I., on. Sergio Mattarella, organizzò una Conferenza nazionale della scuola: in essa, in nuce, tutte le tematiche che sono state, e sono, al centro del dibattito politico e culturale sull’argomento, al punto da confluire anche nelle più recenti proposte governative in discussione in queste settimane.
​L’ottimo excursus fa conoscere o rammemora (chi scrive, illo tempore, era un docente under trenta in ruolo da pochi anni) le fasi cruciale della storia recente della scuola italiana: dal Testo Unico sulla Scuola (D. Lgs. 297/94) alla Direttiva 307/1997, l’anno di avvio dell’autonomia scolastica, alle Raccomandazioni sulla valutazione della qualità dell’insegnamento scolastico del 2001 dell’Unione Europea, senza dimenticare che “nel 2000, forse troppo prematuramente rispetto alla consapevolezza di massa dei docenti, il concorsone del ministro Luigi Berlinguer” (p. 170).
Oggi, con rinnovata consapevolezza, ancorché abbastanza circoscritta nei numeri, del mondo della scuola è in fase di attuazione il DPR 80/2013 che, sulla scorta delle precedenti esperienze sperimentali di valutazioni – ultima delle quali il Progetto VALeS, che ha coinvolto trecento scuole che volontariamente vi hanno aderito – avvia in Italia il Sistema Nazionale di Valutazione.
All’aspetto ‘storiografico’ non può non essere connesso quello ‘militante’ dell’operatività nell’oggi, nel presente di chi opera nella scuola a tutti i livelli: non a caso, amplissima è la gamma di strumenti per la valutazione, a cura di T. Montefusco, che il volume offre (pp. 73- 161) al fine di ‘coadiuvare’ le scuole – e tutti coloro i quali in esse esercitano la propria professione – nel far crescere la propria capacità di essere efficaci, utilizzando tutte le competenze che afferiscono ai rispettivi profili professionali.
In particolare, Giovanna D’Onghia, nei suoi contributi, Che cosa si intende per professionalità docente? (pp. 183 – 192) e Il ruolo del Dirigente scolastico e del Collegio dei docenti nella valorizzazione della professionalità docente (pp. 217 – 228), tematizza la professionalità docente quale fulcro dell’azione di una scuola che supera la partizione meramente disciplinarista dei suoi operatori (come faceva già nel 2007 il CCNL tuttora vigente) per attingere ad una dimensione di riflessività nell’ambito della poliedricità dinamica della professione. “La riflessione sul proprio lavoro permette al docente di: verificare le proprie capacità e migliorarle, mettere in discussione i valori impliciti in quelle pratiche e riconsiderare gli obiettivi e gli scopi, valutare l’appropriatezza delle strategie didattiche e dei materiali scelti” (p. 191). Ciò che rende peculiare la professionalità del/i docente/i è la declinazione ‘al plurale’: ogni docente vive la sua professione ed esprime la sua professionalità sempre un momenti collegiali, i.e. Consigli di classe, Collegio dei docenti, Dipartimenti per assi culturali. La valorizzazione delle competenze di ogni singolo docente è un passaggio pressoché obbligato per la valorizzazione e la crescita dell’istituto scolastico tutto. In questo, un ruolo fondamentale ricoprono tanto il Collegio dei docenti, che “ha potere deliberante in materia di funzionamento didattico del circolo o dell’istituto. In particolare cura la programmazione dell’azione educativa […] esercita tale potere nel rispetto della libertà di insegnamento garantita a ciascun docente” (D. Lgs. 297/1994, art. 7), quanto il dirigente scolastico, che la valorizzazione delle risorse umane annovera tra i suoi compiti, così come definiti dalla vigente normativa (cfr. pp. 219 – 221), ma anche tra i suoi obiettivi al fine di realizzare forme di leadership diffusa, vitali per il miglior funzionamento possibile dell’istituzione scolastica cui è preposto. Dirigente scolastico e Collegio dei docenti hanno in solido “il compito di creare gli spazi e le occasioni di scambio osmotico affinché le competenze di ciascuno possano emergere” (p. 224).
Un’organizzazione complessa come un’istituzione scolastica di ogni ordine e grado autonoma non può non avere necessità che i suoi membri abbiano competenze diversificate e, possibilmente, anche certificate. Dell’argomento, nel volume di cui qui si discorre, se ne occupa Valeria Brunetti nei saggi Le competenze professionali per la scuola (pp. 193 – 202) ed Il nodo della certificazione delle competenze del docente: chi certifica cosa (pp. 203 – 216). Anche per i docenti, le competenze possono essere distinte tra formali (certificabili), informali ne non formali, tutte parimenti importanti nell’esercizio della professione. L’idea della costruzione di un Portfolio delle competenze professionali è certamente funzionale ai bisogni di documentazione della crescita professionale di ognuno: “Nella definizione di un Portfolio, infatti, si potranno inserire le competenze acquisite e le esperienze fatte, con particolare attenzione a tutte le qualità, ma soprattutto alle potenzialità. Una sorta di vetrina personale che consente di mettere in luce la propria individualità” (p. 202).
La valorizzazione delle singole personalità docenti in un processo plurale di concrescita professionale è, nei fatti, azione prodromica alla realizzazione di Piani di miglioramento della scuola quali quelli postulati dalla recente normativa, già approntati e messi in atto dalle scuole di ogni ordine e grado, che hanno partecipato, motu proprio, al Progetto VALeS, lanciato nel 2012 dal MIUR, mirante ad individuare un meccanismo di valutazione delle scuole dell’autonomia e della dirigenza scolastica.
A chi scrive piace concludere questo breve testo con le significative parole del curatore del volume, T. Montefusco: “La professionalità dei docenti e l’autovalutazione d’istituto sono temi di cardinale importanza che vanno visti e vissuti come strumenti di miglioramento del sistema italiano d’istruzione e formazione globalmente inteso, come riposizionamento della didattica adeguata agli allievi del terzo millennio ed anche come riconoscimento dei ruoli e dei meriti, dell’impegno e del lavoro degli operatori scolastici nella conduzione dei processi formativi ed educativi” (p. 7).
Per uscire dalle secche dell’immobilismo e dell’autoreferenzialità, finalmente!

Educazione di tutti i figli

EDUCAZIONE DI TUTTI I FIGLI DI TUTTE LE DONNE DI TUTTI I PAESI DEL MONDO di Umberto Tenuta

CANTO 334 Se uomini si diventa solo attraverso l’educazione, l’EDUCAZIONE è un diritto soggettivo di tutti i figli di tutte le donne del mondo.

 

REPETITA NECESSITANT!

Detto e ridetto, scritto e riscritto.

Ma non è bastato.

Ancora ci sono figli di donna che a scuola non vanno.

Ancora ci sono figli di donna che la scuola non educa.

Ancora ci sono figli di donna che la scuola respinge.

Ancora ci sono figli di donna ai quali la scuola non garantisce il successo formativo.

Ancora ci sono figli di donna ai quali la scuola nega la piena formazione della loro personalità.

Non dite di no.

Le mie affermazioni sono confermate dal Ministro dell’Istruzione.

Le mie affermazioni sono confermate dai docenti.

Le mie affermazioni sono confermata da me.

Da me, mutilato!

La SCUOLA mi ha negato di essere Leopardi.

La SCUOLA mi ha negato di essere Mozart.

La SCUOLA mi ha negato di essere Pavarotti.

La SCUOLA ha negato a me. Umberto Michele Roberto, di essere Roberto Bolle.

La SCUOLA ha negato a me, figlio di Raffaele, di essere Raffaello.

Mutilato!

Eppure sono contento.

Sono contento di essere mutilato.

Mutilato anziché morto.

Mortificato mi aveva la SCUOLA.

Mi aveva mortificato con indecorose aggettivazioni.

Mi aveva mortificato rimandandomi a mia madre analfabeta perchè mi insegnasse Lei, Madre amorosa, il Francese…

Solo la dea Fortuna, nella quale non credo, mi salvò.

Mi salvò il Maestro Giuseppe che mi restituì l’orgoglio dicendo a mio padre che ero un ragazzo intelligente.

Ma io sono un’eccezione.

I miei fratelli e le mie sorelle sono andati a scuola.

Ma la SCUOLA li ha respinti.

Mia Madre, generosa madre, fu accusata di non averli partoriti già cresciuti, adulti, alimentati di cultura.

Quanti fratelli ho nel Mondo!

Fratelli che mai sono diventati adulti.

Fratelli ai quali la SCUOLA ha negato il diritto al SUCCESSO FORMATIVO.

Ma ora BASTA!

BASTA con le mortificazioni quotidiane.

Settimanali, mensili, trimestrali, annuali.

Ora la SCUOLA, la BUONASCUOLA deve garantire ad ogni figlio di donna, di qualsiasi paese del mondo, il SUCCESSO FORMATIVO.

Sì, MALALA, sorella cara, il diritto all’istruzione e all’educazione.

All’ISTRUZIONE EDUCATIVA!

Combatterò con TE.

Combatteremo assieme, Malala!

 

Tutti i Canti ed altro sono pubblicati in

http://www.edscuola.it/dida.html

Altri saggi sono pubblicati in

www.rivistadidattica.com

 

Ragazzi che lavano i vetri

333 RAGAZZI CHE LAVANO I VETRI anziché ANDARE A SCUOLA di Umberto Tenuta

CANTO 333 Ragazzi che lavano i vetri anziché andare a scuola… Ragazze che si …

Ho sentito or ora Papa Francesco!

 

Un fremito mi ha preso!

Ho sentito le lacrime negli occhi.

La colpa è mia, anche mia.

Perchè non ho fatto, perchè non faccio tutto quello che potrei fare.

Perchè scrivo un solo Canto al giorno.

Perché non pubblico tutti i miei saggi.

Perchè ho cessato di andare di PON in PON.

Perché mi risparmio, e mi giustifico con la mia inveneranda età.

Amici cari!

Qualcosa bisogna fare.

Bisogna fare!

Bisogna fare, non perchè tutti vadano a scuola.

Ormai tutti i giovani ci vanno.

Ma perchè la BUONASCUOLA li faccia diventare uomini.

Perchè la BUONASCUOLA garantisca loro il SUCCESSO FORMATIVO.

Tutti i giovani vengono trasportati a Scuola.

E la Scuola li mortifica, li rimanda, li respinge.

Fatica di Sisifo!

Tu li porti a Scuola.

Io, Scuola, li respingo!

Oddio ma è semplice, no?

Promuoviamo tutti!

Nessun respinto.

Il gioco è fatto.

Rien ne va plus, les jeux sont faits!

Noooooooo, Signori miei!

No, No, No, e poi No…

I giochi sono tutti da fare.

Da fare nella BUONASCUOLA.

Nella BUONASCUOLA, che buona non è perchè assume i precari…

Nella BUONASCUOLA, che buona non è perchè premia i meritevoli…

La BUONASCUOLA buona scuola è solo se garantisce a tutti i figli di donna il SUCCESSO FORMATIVO.

La PIENA, INTEGRALE, ORIGINALE FORMAZIONE DELLA LORO PERSONALITà.

<<ogni uomo è destinato ad essere un successo e il mondo è destinato ad accogliere questo successo>> [1] −<<L’autonomia delle istituzioni scolastiche …si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento>>[2].

Nessuno nella BUONASCUOLA sarà meritevole se il SUCCESSO FORMATIVO non sarà garantito a tutti i figli di donna.

E l’anatema di Papa Francesco cadrà su di me, su di te, su tutti gli uomini di scuola!

 

[1] FAURE E, (a cura di), Rapporto sulle strategie dell’educazione, Armando-UNESCO, Roma, 1973, p. 249.

[2] D.P.R. 8.3.1999, n.275−Art.1(Natura e scopi dell’autonomia delle istituzioni scolastiche)

 

Il sociale nel 2014. La disabilità è ancora un “peso”

da Redattore Sociale
27 dicembre 2014

Il sociale nel 2014. La disabilità è ancora un “peso”

Bilancio 2014. Dalla scuola al lavoro, dai fondi alle celebrazioni: il 2014 è stato per la disabilità un anno di speranze deluse. Risorse tagliate e poi reintegrate, ma a spese della famiglia. Giornate celebrate, ma solo con “pochi intimi”. Trasmissioni di successo, ma in seconda serata

ROMA – Assente dalle politiche, esibita nei palinsesti televisivi, ma in seconda serata. L’anno che si chiude è stato tutt’altro che felice per le persone disabili e le associazioni di cui, in numero sempre maggiore, tante di loro fanno parte. Tante occasioni perse e un’attenzione ancora troppo bassa, nonostante le pressanti richieste di famiglie che, tramite le associazioni, diventano ogni giorno più attive, protagoniste nel rivendicare un welfare che guardi alla disabilità non come un “peso” da sopportare, ma come una “limitazione funzionale” a cui dare sostegno e opportunità, con opportune politiche e nell’interesse di tutti.

Partiamo dalla fine: il 3 dicembre, Giornata internazionale: la grande novità è l’evento organizzato, per la prima volta, dal governo a Palazzo Chigi: grandi le aspettative, verso questo primo segno di attenzione e protagonismo in una giornata che non si vorrebbe meramente celebrativa. Peccato che la realtà spenga presto ogni ottimismo: l’iniziativa è “a inviti”, riservata a pochi eletti e ospitata in una stanza prestigiosa ma poco capiente (la Sala verde) e ancora meno confortevole per chi ha disabilità motoria. Poche le persone disabili presenti in sala, quasi nulli i riferimenti alla disabilità nel breve discorso del presidente Renzi, tutto incentrato su riforma del terzo settore e 5 per mille. In poche parole, un’occasione mancata.

Occasione mancata anche quella dell’incremento dei fondi: anche qui, grandi speranze, prontamente deluse. Anzi, in questo caso si tratta di un “ballo a tre passi”: si inizia con il taglio del fondo per la non autosufficienza, programmato nella legge di stabilità (da 350 a 250 milioni). Seguono le proteste di piazza e la levata di scudi delle associazioni, tutte d’accordo nel denunciare la gravità di questa scelta del governo, seppure con metodi come al solito differenti: chi in piazza (Comitato 16 novembre), chi seduto ai tavoli con le istituzioni (Fish e Fand). Le proteste centrano però il bersaglio: è il secondo passo, l’incremento dei fondi da 250 a 400 milioni. Soddisfazione ed esultanza durano però pochi giorni, fino a quando, cioè, non si diffonde la notizia che le risorse restituite ai fondi sociali saranno sottratte alle annunciate politiche familiari. Sconcerto, delusione, frustrazione. Insomma, un’altra occasione mancata.

La scuola, poi, è per la disabilità forse l’occasione mancata per eccellenza: a dispetto di un modello d’integrazione e relative normative che fanno invidia a tutto il mondo, la vera inclusione è ancora tutta da inventare. Ci ha provato, il governo, con “La buona scuola”, in cui però la disabilità è rinchiusa in due scarne paginette dove non c’è traccia di impegno concreti, se non l’incremento degli insegnanti di sostegno reso possibile dalle nuove assunzioni. Niente di fatto, invece, per quel “superamento della delega al sostegno” in favore di un modello d’integrazione vera, in cui la disabilità sia questione, pertinenza e competenza dell’intero corpo docenti. Niente di fatto, ancora, per la proposta, tutta praticabile, dell’Osservatorio per l’integrazione, che da anni, presso il Miur, pensa a prassi e riforme che favoriscano la realizzazione di un modello inclusivo. In particolare, l’idea di una formazione adeguata sulla disabilità per tutti gli insegnanti non trova per ora attuazione. Nessuna risposta per l’offerta di esperti, disponibili gratuitamente per realizzare questa formazione: di nuovo, si preferisce il vecchio modello del bando, a cui soprattutto gli atenei rispondono istituendo corsi che non sembrano avere nulla di nuovo. E che, peraltro, sono riservati a chi è già abilitato. Intanto, l’anno scolastico, a settembre, è iniziato tra mille disagi e carenze per gli studenti con disabilità: al suono della prima campanella, tanti insegnanti di sostegno ancora eerano assenti. E’ la terza occasione persa.

E veniamo al lavoro: l’inserimento lavorativo, regolato da una legge che da anni si chiede di cambiare (la 68/99), pare impantanato nelle maglie di una crisi che investe l’intero settore occupazionale. Ma c’è una notizia che, sul finir del 2014, pareva proprio la ciliegina sulla torta: il fondo per il diritto al lavoro dei disabili, previsto dalla legge 68/99 sul collocamento obbligatorio, non sarebbe stato rifinanziato per l’anno 2015: dopo due anni consecutivi di incremento delle risorse, dunque, non ci sarebbero stati più soldi né per dare contributi ai datori di lavoro che assumono lavoratori disabili a tempo indeterminato attraverso le convenzioni né per concedere i rimborsi parziali delle spese sostenute dalle aziende per l’adattamento del posto di lavoro. Era questo l’intendimento del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, presso il quale la legge 68/99 aveva istituito il fondo e che ha il compito ogni anno di procedere al riparto delle somme fra le regioni.

La notizia arrivava in un momento particolarmente critico per il lavoro delle persone disabili: la Relazione al Parlamento sull’attuazione della legge 68/99 ha fotografato nel biennio 2012-13 una riduzione dei nuovi avviamenti (calati nel 2013 al minimo storico, poco più di 18 mila) a fronte di un numero di iscritti alle liste del collocamento obbligatorio che rimane molto alto (oltre 676 mila disabili) e ad un numero di posti scoperti rispetto alle quote di riserva che arriva fra pubblico e privato a superare quota 41 mila. Più che un’occasione mancata, si annunciava un passo indietro di notevole portata. Registrate e prime reazioni negative al provvedimento, però, è degli ultimi giorni del 2014 la notizia che quel fondo forse ci sarà e disporrà di 20 milioni di euro: lo prevede uno degli emendamenti alla legge di stabilità.

Intanto, non meraviglia che, tra un’occasione persa e l’altra, le famiglie delle persone con disabilità continuino a impoverirsi. Impossibile misurare con esattezza la tendenza, visto che dati ufficiali continuano a mancare. Ma diamo credito all’ipotesi avanzata dalla Fish, secondo cui almeno il 50% delle famiglie con disabilità è a rischio povertà. “Ma è un dato sottostimato”, commenta il presidente, Vincenzo Falabella. L’Istat, invece, non ha dati aggiornati sul rischio impoverimento di queste famiglia: l’ultimo disponibile è l’elaborazione che ha fornito lo scorso anno a Redattore sociale, su dati relativi al periodo 2004-2011: tratti dall’indagine Eusilc sulle condizioni di vita degli italiani, quei dati parlavano di un 21% delle famiglie con componenti disabili a rischio povertà. Il problema, però, secondo la Fish e “secondo le denunce e le segnalazioni che riceviamo dalle famiglie, è molto più esteso: il primo fattore di impoverimento è la consistente spesa per l’assistenza, dovuta all’insufficienza della risposta sociale da parte delle istituzioni. Ecco perché una famiglia con un componente disabile ha una forte tendenza all’impoverimento, che poi significa marginalità e perfino segregazione. Da anni stiamo evidenziando questo dato – ricorda Falabella – e ora torniamo a chiedere a istituzioni e ministri competenti un’attenzione particolare alle persone disabili e alle loro famiglie”. In questo caso, più che un’occasione persa, un’attenzione che continua a mancare.

Grande è stata invece l’attenzione riscossa da quello che si può definire uno dei casi televisivi dell’anno: “Hotel 6 stelle”, la docu-fiction che ha raccontato al grande pubblico un’esperienza di inserimento lavorativo di persone con disabilità. Prodotta da Magnolia, la trasmissione è stata realizzata con la collaborazione dell’Aipd, l’Associazione italiana persone down e con la regia di Claudio Canepari. Grande successo di ascolti per la trasmissione, acclamata dal pubblico tanto da dover concedere un bis: non solo con la replica della prima edizione, ma anche con la realizzazione della seconda edizione, girata in Sardegna e andata in onda, proprio nelle ultime settimane dell’anno, sempre su RaiTre. Un successo, quello di Hotel 6 stelle, che da un lato testimonia il crescente interesse “mediatico” verso la disabilità, dall’altro però simboleggia anche la fatica e la resistenza a porre la questione in primo piano. O, semplicemente, in “prima serata”. (cl)

Principio della conoscenza

Perché PRINCIPIO DELLA CONOSCENZA di Umberto Tenuta

CANTO 332 I MILLE perché DEI BAMBINI

Docenti, partite dai PERCHé degli studenti!

 

Forse non occorre studiare volumi e volumi di Psicologia, di Pedagogia e di Didattica.

Bastano alcuni criteri semplici semplici.

Il primo potrebbe essere quello di partire sempre dai PERCHé degli studenti.

Ricordo che lo consigliava Guido Petter nelle sue indimenticabili e pur dimenticate CONVERSAZIONI DIDATTICHE.

Docente, entra in aula e sbatti sulla cattedra un oggetto qualsiasi!

Gli occhi dei tuoi alunni si fisseranno su di esso.

Se lasci libertà di parola, ti chiederanno subito: Maestro, che cosa è?

Ecco, li hai motivati!

Ora, non approfittare dell’attenzione che ti hanno regalata per somministrare loro una tua esauriente esposizione.

Invece −se sei un intelligente maestro − accresci la loro curiosità, girando e rigirando l’oggetto, invitando ad osservarlo da vicino, a toccarlo, ad annusarlo.

Mille perché sbocceranno.

E da te, caparbio docente, risposte non avranno.

Sommessamente dici loro che le risposte essi le daranno.

E se non le daranno, le cercheranno.

Tu sei un bravo docente vagabondo.

Mica sei un docente errabondo!

Errabondi saranno i tuoi alunni, di qua e di là.

Cercheranno, or qua or là.

Altri PERCHé si porranno.

I loro PERCHé, mica i tuoi!

Mica quelli delle MAPPE CONCETTUALI che di qua e di là gratis si spandono!

Oh che sforzo per te, docente saccente!

Non dare risposte.

<<Egli (l’insegnante) avrà soprattutto il coraggio di non dire −e questo è il punto più difficile− tutto ciò che sa sulle questioni trattate>>[1].

Horribili dictu!

Il docente che tace!

L’insegnante che non fa segni!

E che fa?

Che fa, se è pagato?

Pagato perchè gli alunni cerchino le risposte, le risposte alle loro domande!

Taci, insegnante!

Taci!

 

Taci. Su le soglie

del bosco non odo

parole che dici

umane; ma odo

parole più nuove

che parlano gocciole e foglie

lontane.

E andiam di fratta in fratta,

chi sa dove, chi sa dove!

E piove su i nostri volti

silvani,

piove su le nostre mani

ignude,

su i nostri vestimenti

leggeri,

su i freschi pensieri

che l’anima schiude

novella,

su la favola bella

che ieri

m’illuse, che oggi t’illude,

o Ermione.

( Gabriele D’Annunzio).

 

Taci, Insegnante!

Lascia parlare le gocciole e le foglie!

Falli andare di fratta in fratta, i tuoi studenti!

Sentiranno la pelle accapponarsi, leggendo la PIOGGIA NEL PINETO.

Con Archimede, grideranno: EUREKA!

Insegnanti, ai vostri alunni non togliete questa gioia, la gioia della SCOPERTA.

Inventio, in Latino!

E leggetevi Tommaso D’Aquino.

<<vi è un doppio modo di acquistare la scienza: uno quando la ragione naturale da se stessa giunge alla conoscenza di cose ignote − e questo modo si chiama invenzione; l’altro quando la ragione naturale viene aiutata da qualcuno dall’esterno −e questa maniera si chiama dottrina (insegnamento)>>.

Ed aiutare significa creare le situazioni perchè gli alunni possano rispondere ai loro PERCHé.

Se non vi basta, leggetevi:

http://www.edscuola.it/archivio/didattica/ricerca.html

 

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

 

[1] DELESSERT A., Alcuni problemi che interessano la formazione degli insegnanti di matematica, in SITIA C., La didattica della matematica oggi −Problemi, ricerche, orientamenti, Pitagora, Bologna, 1979, p. 367.

Che fine fanno i soldi pubblici? Dal 2015 la risposta arriverà on line

da La Tecnica della Scuola

Che fine fanno i soldi pubblici? Dal 2015 la risposta arriverà on line

Il Governo vara il sito internet soldipubblici.gov.it. Renzi ci mette la faccia: vogliamo mettere tutte le spese on line, perché contro la corruzione non c’è miglior strumento del monitoraggio e del controllo dei cittadini. E ancora: entro qualche settimana arrivano anche i dati di tutti i ministri, facciamo trasparenza piena, totale, senza trucchi. Al momento, tuttavia, sono presenti solo macro-spese e qualche grafico.

Il Governo prova a rendere trasparenti le spese della pubblica amministrazione. Lo fa attivando il sito internet soldipubblici.gov.it: il varo è arrivato qualche giorno prima di Natale. Con tanto di promozione del premier Matteo Renzi.

“Il sito è un impegno mantenuto di questo 2014. Per un’Italia semplice e trasparente”. Così il presidente del Consiglio ha presentato su Twitter il portale del Governo che pubblica on line le spese dell’Amministrazione.

Per sapere cosa offre il sito internet, siamo andati a provarlo. E a leggere cosa c’è scritto nella sua presentazione. “Digitando, ad esempio, ‘pennarelli’ – riporta il sito web ministeriale – il sistema visualizzerà la codifica gestionale 1341, relativa a “Cancelleria e materiale informatico e tecnico”, la più probabile a ricomprendere il termine cercato. Ma spesso le codifiche proposte possono essere più di una. Digitando “personale” i risultati ottenuti saranno 10, ad indicare i diversi dettagli nei quali si articolano i pagamenti. Le voci da approfondire, con il tasto “+” si aggiungono a un’area di selezione e, per ciascuna di esse, è possibile visualizzare una serie di informazioni utili ad analizzare il dato nel suo contesto”.

Al momento, tuttavia, sono presenti solo le macro-spese dei vari enti pubblici coinvolti. “Entro qualche settimana – ha rassicurato Renzi, – arrivano anche i dati di tutti i ministri: facciamo trasparenza piena, totale, senza trucchi”.
“Come avevamo promesso – ha proseguito il presidente del Consiglio – vogliamo mettere tutte le spese on line, perché contro la corruzione non c’è miglior strumento della trasparenza, del monitoraggio e del controllo dei cittadini”.

“Vedere quanti soldi sono stati spesi per la refezione dei propri figli a scuola, o quanto è costata la piazza appena riqualificata, o più semplicemente quanto è stato speso in carta nel proprio Comune, dà alle persone uno strumento pazzesco di pressione nei confronti della PA per dare conto di cosa si è fatto con i nostri soldi e per chiedere servizi migliori”.

“In fondo – conclude Renzi – la trasparenza è il modo più incisivo per educare i nostri politici ad essere buoni amministratori. È il modo con il quale si fa davvero la spending review”.

I propositi sono buoni. La realizzazione del progetto, tuttavia, sembra ancora alla fase embrionale: se si cercano informazioni sulle mense scolastiche, ad esempio, appaiono solo dei numeri sulla spesa complessiva che un Comune o una Regione hanno affrontato. E qualche grafico a supporto. La trasparenza, invocata da Renzi, è francamente un’altra cosa. Prima di dare un giudizio definitivo, però, aspettiamo qualche settimana.