Diagrammi e competenze

Diagrammi e competenze

di Bruno Santoro

Devo essere grato ad un mio antico insegnante di applicazioni tecniche perché in anni non sospetti di costruttivismo sociale e di apprendimento cooperativo, ci insegnò a lavorare in gruppo per il gruppo facendoci realizzare dei progetti con la costruzione di oggetti invece di limitarsi a spiegare i principi, scegliendo quindi la strategia dell’attività diretta cioè dell’imparare facendo, ma imponendoci nel contempo uno stile di lavoro ed un ‘sapere procedurale’ il cui scopo non era solo quello di sviluppare lo ‘spirito di gruppo’e la disponibilità alla condivisione del risultato, ma soprattutto quello di fissare gli interventi pratici e coordinati del gruppo in una serie logica e possibilmente ottimizzata di piccole attività.
Al progetto generale, realizzato attraverso una descrizione testuale, seguiva infatti la richiesta di un disegno anche in prospettiva dell’oggetto da realizzare. Il “foglio di lavorazione” che avrebbe guidato l’esecuzione pratica del compito assegnato al gruppo doveva essere però sviluppato in ogni sua parte: il materiale necessario, il dettaglio degli elementi costitutivi con misure esatte e costi, l’esploso progressivo del montaggio. La “nettezza mentale” di quel lavoro mi è rimasta impressa, l’ho sempre utilizzata, in seguito, ovviamente in contesti diversi: è diventata una capacità costitutiva della mia ‘abilità manuale. Una competenza.

Possibile utilizzare anche solo per realizzare oggetti di tipo diverso? Per prodotti, diciamo così, astratti? Mi provo qui ad applicarla per un momento a questioni apparentemente teoriche ma la cui sistematizzazione ha poi un’enorme ricaduta nella vita pratica di un professionista o di un artigiano dell’istruzione quale mi penso.
Non sono d’accordo con chi afferma che ogni ulteriore esplicitazione del problema delle competenze sia ormai superflua (Bardi), vista l’abbondanza di letteratura in proposito.
Personalmente non trovo che ci sia concordanza funzionale su concetti e definizioni ma in generale penso invece che il discorso, a livello sia pratico che metodologico, non sia stato in realtà ancora valorizzato per la sua reale portata orientativa. 
Sono molti ad esempio i docenti che entrando in classe al mattino o preparando una lezione si chiedono onestamente: quale argomento del programma, quale parte del mio programma stiamo svolgendo? non trovando in ciò assolutamente niente di contraddittorio o di problematico rispetto ad una programmazione che, almeno sulla carta e secondo le indicazioni ministeriali dovrebbe essere una pianificazione delle competenze.
La corretta elaborazione di una didattica per competenze dovrebbe invece portare a chiederci, diversamente: a quali competenze, a quali capacità tra quelli a cui abbiamo deciso di lavorare, lavoreremo? E con quali attività?
Per poterlo fare non solo come fatto di carattere formale ma nucleo orientativo di tutta l’azione didattica occorre però, oltre ad una pianificazione accorta (conosciamo l’angoscia dei tempi, della burocrazia, delle interruzioni impreviste, delle attività corollarie, dell’orientamento…) anche un quadro sinottico di riferimento che riassuma l’analisi strategica degli obiettivi, delle priorità e quindi delle soluzioni e delle tecniche da adottare.
Senza questa sorta di ‘foglio di lavorazione’, che peraltro permette un insegnamento collaborativo e coordinato degno di questo nome, senza questo (o simili) lavoro di ‘mappatura delle direzioni’ il discorso sulla pianificazione resta più difficile da visualizzare e quindi da rendere concretamente operativo.
D’altra parte le ‘mappe mentali’ di Tony Buzan o le mappe concettuali sono entrambe molto utili per disegnare una sorta di ‘architettura delle idee’ che, visualizzate, forniscono però una interessante disposizione bipolare, una sorta di interattività tridimensionale: la mappa realizza la rappresentazione mentale del modello operativo ma il valore aggiunto è dato dal fatto che modificando la mappa esterna cambia e si aggiorna anche la rappresentazione mentale.
 Una sorta di post-it neuronale, insomma, per dirla in modo scherzoso e ascientifico.

Personalmente, ma non è certo l’unica soluzione, uso dei diagrammi.
Il riferimento più prossimo a questo tipo di rappresentazione grafica sono i diagrammi di flusso usati in informatica, solo in questo caso, privi di… flusso, visto che non si tratta di routines o di istruzioni obbligate: uso invece dei connettivi dinamici che indicano, per amore di semplicità, solo due direzioni possibili oltre le etichette riassuntive: in e out.
Il diagramma realizza quindi uno schema semplificato per cui abilità, attitudini e capacità risultano gli elementi afferenti e costruttivi che concorrono alla strutturazione di una competenza, la quale, ricordiamolo, non è altro che una capacità essa stessa, proiettata attraverso l’esperienza in direzione della risoluzione di un problema. 
Un fatto dinamico, insomma, e che poi dinamicamente potrà essere valutato con opportune prove di prestazione.

Il problema principale in una didattica per competenze sta quindi, individuata la competenza a cui si sta lavorando con i propri colleghi , nel decodificarla, cioè nell’indicarne gli snodi interni in termini di abilità costitutive.
È appena il caso di ricordare che tutti gli insegnanti, in una didattica per competenze, lavorano a tutte le competenze di cittadinanza.

Una volta identificati questi elementi (sub-competenze? abilità? attitudini evidentemente da valorizzare con il medesimo obiettivo) è possibile compilare il vero ‘foglio di lavorazione’ cioè realizzare il progetto di attività attraverso la quale ci si propone di sviluppare (magari in passaggi reiterati, progressivi o ripetuti a distanza di tempo a seconda della strategia didattica più opportuna) quella o quelle determinate abilità.
Lo schema operativo è dunque il seguente:
competenza abilità attività
uno schema rovesciato, come si vede, perché si tratta appunto di una pianificazione a ritroso (Comoglio) che deve però ogni volta essere adattato al contesto e che non può, per sua stessa natura, essere applicato senza una preventiva, anche sommaria, analisi strategica destinata ad identificare il problema da affrontare.

Il ruolo dell’insegnante all’interno di una concezione didattica moderna è a mio avviso quello di ‘esperto che affronta e risolve problemi di apprendimento’ ovvero di un professionista (ma si potrebbe parlare sicuramente e senza offesa di un artigiano) che cerca le soluzioni sia nel proprio bagaglio di esperienza e competenze che in luoghi e occasioni e materiali che possano aiutarlo in questo compito (consiglio di classe, colleghi, forum, blog, libri, convegni, seminari…).
La strategia di lavoro può essere così ‘messa a progetto’: definito il problema si può dichiarare le ipotesi di soluzione, ovvero cambiarle quando ad una successiva verifica i risultati non fossero soddisfacenti.
Viene così evitata quella vaghezza progettuale che non permette né l’identificazione del disagio fomativo problemi né la concreta possibilità di soluzione.
Sono così peraltro il professionista può valutare il proprio lavoro e magari sottoporsi senza particolari remore ad una valutazione esterna: che è poi la valutazione della propria prestazione, dunque suscettibile di miglioramenti nel tempo e con l’esperienza come per tutti i bravi artigiani, non certo il giudizio sulla propria intelligenza di professionista o sulla propria sensibilità di persona.

Competenza questa, la capacità di accogliere la valutazione sul proprio lavoro, che non sempre viene sviluppata dai professionisti dell’istruzione: che invece a volte reagiscono con stizza ai suggerimenti e con chiusura ai consigli come fossero solo indebite intromissioni alla propria libertà d’insegnamento oppure critiche e giudizi al valore della propria persona.
Il nostro foglio di lavorazione ci suggerisce invece costantemente quello che il vero obiettivo dell’azione didattica e cioè di ottenere un insegnamento efficace ed un apprendimento il più possibile significativo.

A titolo di esempio ecco un diagramma generale delle competenze così come fu elaborato dal team di lavoro del progetto Let’s Net! nel 2009: si trattava di una prima classe dell’Itis Marconi di Jesi, la particolarità sta nella decisione strategica di considerare prioritarie e quindi centrali, le competenze socio-relazionali.
Il lavoro conseguente fu quello di decodificare le singole competenze e quindi creare occasioni di apprendimento e attività adatte a sviluppare le abilità e i costituenti delle competenze generali.

Il sito www.letsnet.it sviluppa praticamente una esperienza continuativa di didattica per competenze in Italiano e Storia.

Diagrammi e competenze

 

GLI EFFETTI DELLA SENTENZA EUROPEA SUL PRECARIATO

La Corte di giustizia europea il 26 novembre 2014 ha sancito l’illegittimità della reiterazione dei
contratti a tempo determinato che rendono la precarietà una condizione permanente per docenti
ed Ata italiani.
Allo scopo di fare chiarezza sulle opportunità aperte da tale sentenza e alla luce di diverse
sentenze recentemente emesse da vari tribunali italiani, il CESP e i COBAS nel ribadire la
necessità di mantenere alta l’attenzione sulla condizione del precariato con la costante
mobilitazione di lavoratrici e lavoratori precari, promuovono il

CONVEGNO DI STUDIO
GLI EFFETTI DELLA SENTENZA EUROPEA SUL PRECARIATO
NELLA SCUOLA PUBBLICA STATALE E COMUNALE

Presiede e coordina i lavori
Prof. Francesco AMODIO – vPresidente CESP, già componente CNPI
Intervengono
Dott. Paolo COPPOLA – Giudice del Foro di Napoli
estensore della questione di pregiudizialità alla Corte di
Giustizia Europea in merito ai contratti a tempo determinato settore scuola
Dott. Luigi DE MAGISTRIS – Sindaco di Napoli
Avv. Giuseppe Maria Villano – Giuslavorista
Parteciperanno giuristi e legali impegnati nella tutela del lavoro
Segue dibattito

LUNEDI’ 23 FEBBRAIO ore 16.00
ANTISALA DEI BARONI–Maschio Angioino-Napoli

Il convegno è di interesse per tutti coloro che hanno un servizio pre-ruolo nella
scuola e nel pubblico impiego, anche se stabilizzati.

Autismo, al via progetto europeo per omologare gli approcci terapeutici

da Redattore sociale

Autismo, al via progetto europeo per omologare gli approcci terapeutici

Una grande iniziaitva finanziata dall’Unione Europea intende superare la “giungla” di approcci diagnostici e assistenziali nei vari Paesi europei. Coinvolti enti e associazioni di 14 nazioni. Per l’Italia l’impegno è della fondazione Stella Maris di Pisa

FIRENZE – Un grande progetto europeo sull’autismo che vuole superare la “giungla” disomogenea di approcci diagnostici, terapeutici, assistenziali e sociali esistenti non solo tra i diversi Paesi europei ma anche all’interno dei singoli Paesi, con lo scopo di arrivare a standard in grado di migliorare la qualità di vita e di dare risposte coerenti ai bisogni speciali dei bambini e delle persone con autismo.

E’ il progetto Asdeu (Disturbi dello Spettro Autistico in Europa), portato avanti dalla fondazione Stella Maris di Pisa. Un progetto importante che coinvolge i più avanzati centri di 14 nazioni. Scopo del progetto è quello di sviluppare politiche assistenziali unitarie e condivise per le persone con autismo in tutto l’arco della loro vita. Prevalenza, diagnosi precoce, impatto economico, formazione dei professionisti, protocolli clinici saranno i temi sviluppati nei 14 paesi coinvolti. Il progetto è stato finanziato dall’Unione Europea e ha coinvolto e riunito università, enti di beneficenza e istituzioni specialistiche di 14 paesi europei si sono riunite per sviluppare insieme un nuovo importante programma che potrà dare una spinta alla comprensione dell’autismo.

Asedu, nello specifico, è un programma triennale gestito da un consorzio di 20 gruppi provenienti da 14 paesi. Il progetto ha ricevuto oltre 2 milioni di euro dal  Directorate-General of Health and Consumers of the European Commission per aumentare la comprensione e per migliorare le risposte all’autismo. Studierà la prevalenza dell’autismo in 12 paesi dell’Unione europea; analizzerà i costi economici e sociali dell’autismo; revisionerà gli accordi nazionali esistenti e svilupperà proposte di programmi per la diagnosi precoce; definirà la formazione dei professionisti; validerà i biomarker del distrubo; e migliorerà la comprensione della diagnosi, della comorbidità, delle cure efficaci e del supporto per adulti ed anziani con autismo.

Revisione delle minorazioni civili e semplificazione: nuova circolare INPS

da HANDYLEX

Revisione delle minorazioni civili e semplificazione: nuova circolare INPS

Nell’agosto dello scorso anno è stata approvata una importante norma (la legge 114/2014) che, fra l’altro, aveva l’intento di semplificare le procedure di accertamento e di revisione delle minorazioni civili.

Una novità particolarmente rilevante riguarda proprio le visite di revisione. Nella normativa previgente alla legge 114/2014 lo status relativo alla minorazione civile e all’handicap (legge 104/1992) decadeva in occasione della scadenza dei relativi verbali di accertamento anche se l’interessato era in attesa di visita di revisione. A causa dei ritardi “tecnici” di verifica della permanenza dei requisiti sanitari, all’indomani della scadenza eventualmente indicata nel verbale venivano sospese le provvidenze economiche (pensioni, assegni, indennità), si perdeva il diritto alle agevolazioni lavorative (permessi e congedi) e non si poteva accedere ad altre agevolazioni quali, ad esempio, quelle fiscali finché non fosse stato definito un nuovo verbale di accertamento.

Il GdL di Padova accoglie i ricorsi

Il GdL di Padova accoglie i ricorsi ANIEF: il reinserimento in GaE dei docenti cancellati per non aver prodotto domanda è un diritto che il MIUR non può negare

 

Nuova conferma della validità delle tesi da sempre sostenute dall’ANIEF: il Giudice del Lavoro di Padova dà piena ragione al nostro sindacato e reinserisce una nostra iscritta cancellata nel 2009 per non aver prodotto domanda di aggiornamento. Gli Avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli, coordinando con la solita competenza i nostri legali sul territorio, ottengono ragione sul Ministero dell’Istruzione che continuava a negare, nonostante le successive domande di reinserimento prodotte dall’interessata, il diritto della docente ad essere reinserita nelle graduatorie ad Esaurimento.

 

Il Tribunale del Lavoro di Padova accoglie il ricorso patrocinato dall’Avv. Filippo Viglione, legale di fiducia dell’ANIEF sul territorio, e stabilisce il reinserimento nelle Graduatorie d’interesse della nostra iscritta. Il Giudice dà piena ragione alle tesi sostenute dall’ANIEF e conferma che “l’art. 1, c.1 bis del d.l. 97/04, conv. Con la l. 143/04, stabilisce, con riguardo alle graduatorie permanenti allora in vigore, che la mancata presentazione della domanda di aggiornamento comporta la cancellazione dalla graduatoria per gli anni scolastici successivi; tuttavia, a domanda dell’interessato, da presentarsi entro il medesimo termine, è consentito il reinserimento nella graduatoria”. In sentenza il Giudice ha confermato, infatti, che “tale disposizione non è stata abrogata da successivi interventi legislativi, né è incompatibile con la trasformazione delle graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento”.

 

In altre parole, dunque, come da sempre sostenuto dal nostro sindacato, il MIUR non può negare il reinserimento, a domanda, dei docenti che erano stati inclusi nei precedenti aggiornamenti sostenendo il carattere ad esaurimento delle graduatorie; in sentenza si legge, infatti, che “a fronte di una norma primaria tutt’ora in vigore, vanno disapplicati gli atti normativi secondari che la contraddicono”. La nostra iscritta ha, perciò, ottenuto il riconoscimento del diritto, previsto dalla legge, al reinserimento nelle graduatorie di interesse e potrà, così, partecipare alle prossime procedure di immissione in ruolo previste dal Governo. Nuova vittoria per l’ANIEF, dunque, ed ennesima sconfitta del MIUR, sempre soccombente e condannato a pagare 4000 Euro di spese di lite oltre accessori.

LA BUONA SCUOLA: INCONCLUDENTE INCONTRO CON IL MINISTRO GIANNINI

LA BUONA SCUOLA: INCONCLUDENTE INCONTRO CON IL MINISTRO GIANNINI

Nigi: “Abbiamo ripassato i titoli ma niente sui contenuti. Ma che decreto sarà?”

Nell’incontro di ieri sera con i sindacati, il ministro Giannini ha solo ribadito quanto noto , cioè la volontà del governo:
·         di stabilizzare i precari, anche alla luce della recente sentenza europea, con un piano di assunzioni a tempo indeterminato, partendo da tutti coloro che sono inseriti nelle GAE e facendo seguire immediatamente l’avvio di una regolare  e continua procedura concorsuale;
·         di coniugare questo fatto con un miglioramento della qualità della scuola anche grazie a percorsi di valutazione e di formazione dei docenti;
·         di affiancare ai percorsi per anzianità quelli per merito.
Per Marco Paolo Nigi, segretario generale dello Snals-Confsal, “l’intervento del ministro è stato generico e non ha fornito, seppur sollecitato, nessun elemento di chiarezza sui contenuti dei provvedimenti attuativi della ‘buona scuola’. Questo dopo gli esiti della consultazione e alla vigilia di due atti, decreto legge e disegno di legge, i cui rispettivi contenuti sono rimasti vaghi, lasciando il sospetto che la decretazione riguarderà aspetti su cui invece il sindacato ritiene necessario ulteriore dialogo e approfondimento”. Il ministro ha annunciato che il decreto sarà presentato tra la fine di febbraio e i primi di marzo.
Soprattutto, Nigi ha chiesto con forza “un vero confronto sui contenuti dei provvedimenti e non solo sull’indice degli argomenti”.
Ha poi richiamato gli obiettivi prioritari, necessari per migliorare il servizio scolastico, per cui lo SNALS-CONFSAL si batte da tempo e la necessità del rinnovo del contratto di lavoro, unica sede in cui operare interventi riguardanti il personale sia per la parte economica che per quella normativa. Nel suo intervento Nigi ha riaffermato “la volontà dello Snals-Confsal di difendere tutto il personale della scuola e la disponibilità a sostenere un progetto riformatore basato sulla serietà degli studi, sulla dignità professionale dei lavoratori e sull’autorevolezza della scuola”.
Negli interventi di parte sindacale è stata richiamata la necessità di valorizzare anche il ruolo del personale ATA e di risolvere positivamente e tempestivamente alcune tematiche economiche contingenti riguardanti sia il personale ATA, posizioni economiche, sia i dirigenti scolastici, finanziamento del FUN.

Campus Internazionale sulla Comunicazione e l’Informatica per giovani ciechi e ipovedenti

Campus Internazionale sulla Comunicazione e l’Informatica per giovani ciechi e ipovedenti – ICC 2015

Si informa anche quest’anno l’Unione ha aderito al Campus Internazionale sulla Comunicazione e l’Informatica per giovani non vedenti – ICC (http://www.icc-camp.info/). L’edizione 2015 si terra’ dal 27 luglio al 5 agosto presso l’Istituto Bartime’us di Zeist, in Olanda e accogliera’ un gruppo di giovani ciechi e ipovedenti italiani tra i 16 e i 21 anni con il loro coordinatore. Possibili eccezioni ai limiti di eta’ saranno valutate caso per caso.
Si allega un annuncio (reperibile a breve anche nella “Bacheca” delle attivita’ internazionali sul sito dell’Unione) con ulteriori informazioni su tale avvenimento.
Questa Sede Centrale auspica che, come di consueto, venga data dovuta pubblicita’ a tale evento presso i possibili interessati. Dato che il numero di partecipanti e’ limitato, chi fosse interessato a partecipare a tale evento e’ pregato di inviare la propria candidatura che includa
• i dati personali (nome e cognome, data di nascita, visus, recapito email e telefonico)
• un testo in lingua inglese di almeno 200 parole con una presentazione di se’, degli hobby e delle motivazioni per cui si desidera partecipare all’iniziativa
al Coordinatore Nazionale per ICC 2015, Matteo Salandri, all’e-mail salandri88@gmail.com e in copia a Francesca Sbianchi, Coordinatrice del Comitato Nazionale Giovani dell’Unione all’email francyh9@hotmail.com al piu’ presto e comunque preferibilmente entro il 25 aprile 2015.
Cordiali saluti.
IL SEGRETARIO GENERALE
(dr. Alessandro Locati)

DSA: Informatica per l’autonomia

Informatica per l’autonomia

Sezione di riferimento: Brescia

Il corso intende promuovere l’autonomia dei ragazzi con dsa attraverso l’uso di tecniche e strumenti offerti dalle nuove tecnologie.

Destinatari

Ragazzi frequentanti la Scuola Secondaria di Primo Grado e il quinto anno della scuola primaria ( massimo 12)

Obiettivi

  • essere motivati ad utilizzare il computer ai fini dello studio
  • capire i benefici dell’uso del computer
  • essere in grado di utilizzare programmi facilitatori della lettura, della scrittura e dell’organizzazione delle conoscenze

Contenuti:

Programmi software LeggiXme_SP, PdfXChengeViewer, MindMaple.

Tempi:

3 incontri pomeridiani di due ore ciascuno, nei giorni 27 febbraio, 2 e 6 marzo 2015 dalle 14:30 alle 16:30.

Sede

Scuola Media “Venturelli” di Gussago (Brescia), via Larga 23.

Docenti

Giuliano Serena, Fabio Bianchi

Quota di partecipazione

€ 35 da versare al ricevimento della conferma dell’ammissione al corso

Versamento o bonifico agli estremi indicati:

Conto corrente postale n.159400 intestato a Associazione Italiana Dislessia A.I.D

Coordinate bancarie: Banca Prossima Milano – IBAN IT 31G0335901600100000019052

Associazione Italiana Dislessia – Piazza dei Martiri, 1/2 – 40121 Bologna.

Specificare la causale “ Corso Informatica per l’autonomia Bs”

Iscrizioni

Si effettuano on line sul sito www.aidlombardia.it con la compilazione del modulo d’iscrizione in alto a destra in questa pagina. Il corso verrà attivato solo al raggiungimento di minimo 10 iscrizioni. Non è necessaria la presentazione della diagnosi.

DSA: Imparare può essere difficile

AID Grosseto. Imparare può essere difficile

La sezione AID di Grosseto organizza per venerdì 27 febbraio 2015, il convegno provinciale sui DSA dal titolo:
“Imparare può essere difficile”
Un’occasione di formazione e di incontro per poter riflettere su un tema che accomuna la scuola, le famiglie e i servizi.
La sede del convegno sarà l’Aula Magna del Polo Bianciardi in piazza de’Maria 2 a Grosseto.

Riforma, caos sulle graduatorie. Scontro sul merito coi sindacati

da Corriere della sera

Riforma, caos sulle graduatorie. Scontro sul merito coi sindacati

In arrivo un decreto d’urgenza e un disegno di legge delega, ma i contorni restano ancora indefiniti. Sindacati sul piede di guerra: «Solo confusione, martedì protesta»

Valentina Santarpia

Il ministro Stefania Giannini parla di «incontro concreto e costruttivo», i sindacati di «fumata nera»: la riforma della Buona scuola in dirittura d’arrivo è ancora nel caos. Dopo l’incontro tra Cgil, Cisl e Uil, e lo staff dirigenziale del ministero dell’Istruzione – in prima fila il ministro Giannini accompagnato dai capi gabinetto Luccisano, Bono Chiappetta – sono ancora tanti i punti oscuri. Di certo c’è solo che ci saranno due provvedimenti, che Renzi annuncerà domenica prossima, nel corso di un incontro allo Spazio eventi di via Palermo a Roma: uno spazio ampio, per ospitare i «mille» esempi virtuosi che il premier ha invitato a partecipare alla riforma. Si tratterà di un decreto d’urgenza, che conterrà il maxi piano di assunzioni dei 149 mila precari delle Graduatorie ad esaurimento, e di un disegno di legge delega, che invece dovrà definire nei dettagli tutti gli altri aspetti contenuti nel volume della Buona scuola, dall’accesso alla professione al rafforzamento delle materie scolastiche.Entrambi dovrebbero finire sul tavolo del Consiglio dei ministri del 27 febbraio: «Entro la fine del mese li approveremo», assicura Renzi in assemblea Pd. Anche se la Giannini si tiene più «larga» di maniche: «Entro la prima settimana di marzo saremo pronti».

I precari da assumere

«La sensazione generale è che brancolino ancora nel buio», dice Mimmo Pantaleo (Cgil). E in effetti se si entra nei dettagli, i contenuti non sono così chiari come sembra, a partire dal piano assunzioni, che, secondo le poche anticipazioni date dal ministro, conterrà non solo tutele per i precari delle Gae, ma anche per quelli di seconda fascia, che abbiano lavorato complessivamente per 36 mesi. Un obbligo per ottemperare alla sentenza della Corte europea di giustizia, e che verrebbe incontro alle esigenze dei sindacati, ma che si scontrerebbe contro le norme della Pubblica amministrazione che non prevedono assunzioni per insegnanti che non abbiano superato concorsi o corsi abilitanti. Un vero dilemma, che si scontra anche con i costi: un miliardo per le assunzioni, quello stanziato in Legge di Stabilità, dovrebbe coprire solo le assunzioni stabilite per i precari di prima fascia, e la coperta è fin troppo corta per pensare di estenderla ad altri precari. «Forse stanno pensando ad un piano in due fasi proprio per tutelare tutti i precari», immagina Francesco Scrima (Cisl), ma dal Miur non ci sono conferme né smentite.

Il rebus della valutazione e della formazione

Altrettanto problematico l’altro elemento che dovrebbe rientrare nel provvedimento d’urgenza, che riguarda la formazione continua e obbligatoria e la valutazione degli insegnanti. «Non possono riformare gli scatti, trasformandoli da scatti di anzianità in scatti di merito, senza rinnovare il contratto», avvisa Massimo Di Menna.«Il modo in cui sarà valutato il lavoro degli insegnanti deve essere discusso in primo luogo coi sindacati», tuona Scrima. Ma l’opposizione dei sindacati, che martedì saranno in piazza, non smuove il governo. Francesca Puglisi, Pd, assicura: «Ci sarà anche questa parte nel decreto d’urgenza». In che forma? Non è ancora chiaro, sono ancora indecifrabili i fondi con cui si affronterà la questione- visto che in Stabilità le risorse ad hoc non sono state stanziate – ma è evidente che l’intento di Renzi e delle «sue» parlamentari al lavoro sul testo (il presidente stesso ha ammesso che si tratta per lo più di donne) è quello di legare l’immissione in ruolo dei precari ad una formazione che permetta loro di essere adeguati al compito che andranno a svolgere. Evitando che il piano di assunzioni si trasformi in un boomerang, come pronostica la Fondazione Agnelli,con prof impreparati e studenti senza vie d’uscita.

De Mauro: Renzi copi la primaria

da ItaliaOggi

De Mauro: Renzi copi la primaria

L’ex ministro e linguista: riorganizzare lo spazio classe, i laboratori e promuovere la scrittura. È il modello vincente da esportare alle medie e superiori

Emanuela Micucci

Inclusiva, senza bocciati, con spazi pensati per favorire l’interattività, dimensione laboratoriale valorizzata e discipline scolastiche strumentali alla crescita intellettuale degli studenti. Queste le caratteristiche di qualità della scuola primaria italiana che andrebbero replicate alle medie e alle superiori secondo il linguista Tullio De Mauro, ministro dell’istruzione tra il 2000 e il 2001. Una scuola primaria, dunque, modello per la Buona Scuola. Invece, le linee guida proposte dal governo Renzi per la riforma della scuola «sono vuote di contenuti», a oggi «non c’è niente di concreto». «La scuola italiana è una scuola di qualità, soprattutto le scuole dell’infanzia e elementari», spiega De Mauro a ItaliaOggi a margine del primo convegno sulla flipped classroom organizzato a Roma dalla Fondazione Mondo digitale con l’associazione Flipnet, «ma hanno bisogno di più investimenti pubblici, a cominciare dagli spazi. Il disastro comincia negli ultimi anni delle scuole superiori». Quando le caratteristiche proprie della scuola primaria vengono abbandonate, «il risultato», osserva De Mauro, «è l’andamento negativo, dal 1970 a oggi, degli apprendimenti dei ragazzi italiani in uscita dalle superiori». Impietoso il confronto internazionale. «Gli studenti medio-superiori giapponesi hanno competenze di conoscenza della propria lingua, scrittura, calcolo e tecnologie informatiche superiori a quelle dei nostri laureati. Sono più bravi loro a 18 anni dei nostri 23-24enni laureati». La Buona Scuola dovrebbe guardare proprio ai «sistemi scolastici che funzionano meglio nel mondo dal punto di vista della qualità dei risultati degli studenti». Invece, «questo disegno non è legato a una conoscenza effettiva dei problemi della scuola, ma a pregiudizi».

Analizzando i tre sistemi scolastici migliori nelle rivelazioni internazionali, si scoprirebbe che «in Finlandia, Giappone e Corea tutti arrivano al diploma di scuola superiore e con i livelli più alti»: «i sistemi più inclusi del mondo sono quelli con i risultati qualitativamente migliori». E l’Italia in questo non fa eccezione: la scuola primaria, «il settore della scuola italiana di migliore qualità», è quello in cui «non ci sono bocciati». «Contro quello che pensano i politici inclusività massima e qualità massima necessariamente stanno insieme». Ma questa caratteristica, prosegue De Mauro, si perde alle secondarie. Come le altre 3 proprie della primaria: «l’utilizzazione dello spazio per favorire l’interattività per gruppi di alunni e dei gruppi tra di loro», che comporta una «riorganizzazione dello spazio classe»; «la dimensione laboratoriale» nella didattica; le discipline strumentali alla crescita intellettuale degli studenti» con l’insegnante accanto a ciascuno alunno.

«C’è poca e cattiva informazione sulla scuola», osserva De Mauro , «si parla di scuola come se fosse tutto un unico e indifferenziato e avesse bisogno di una rifondazione. Un buon governo dovrebbe invece intervenire sul triennio della scuola superiore». E promuovere la scrittura continua «come elemento formativo».

La riforma impoverisce i prof

da ItaliaOggi

La riforma impoverisce i prof

Le risorse andranno a premiare i collaboratori dei presidi, per gli altri poche briciole. Gli stipendi potrebbero subire perdite fino a mille

Carlo Forte

La riforma della Buona scuola abbassa lo stipendio dei docenti. Ormai è certo: il nuovo sistema di calcolo degli scatti di anzianità servirà, prioritariamente, a risarcire, almeno in parte, i docenti collaboratori dei dirigenti scolastici. Che si sono visti sfilare sotto gli occhi l’indennità di mansioni superiori, cancellata con un colpo di spugna dalla Finanziaria 2013 (si veda l’articolo 14, comma 22 della legge 135/2012). Saranno loro, infatti, gli unici a maturare, più o meno automaticamente, il diritto ad incassare i gradoni dell’era Renzi. Tutti gli altri dovranno dire addio agli aumenti di stipendio certi a scadenze fisse. E dovranno accontentarsi di una sorta di lotteria, che premierà chi collezionerà incarichi, corsi di perfezionamento e master. Ma anche in questo caso gli aumenti andranno solo ad alcuni. Perché i nuovi gradoni, che scatteranno ogni tre anni, saranno corrisposti, comunque vadano le cose, a non più dei due terzi dei docenti. Se ne sono accorti i sindacati, che stanno valutando azioni di protesta unitarie. E se ne sono accorti anche i docenti, dopo aver letto il documento sulla Buona scuola diffuso dal governo.

Dall’esecutivo trapelano voci di possibili modifiche che dovrebbero reintrodurre gli scatti di anzianità, ma per una percentuale dell’ammontare complessivo dell’intero finanziamento del 20%-25%. Si tratta, dunque, di accorgimenti tecnici che non cambiano la sostanza del problema. E cioè che il governo intende abbassare gli importi delle retribuzioni di fatto dei docenti. L’attuale sistema, infatti, consente agli insegnanti di ottenere aumenti di stipendio da 150 a 200 euro, mediamente, ogni 7 anni. La nuova progressione di carriera, invece, nella migliore delle ipotesi, consentirà di recuperare circa la metà di quello che si ottiene oggi. E non sarà consentito a tutti. D’altra parte la situazione è più grave di quanto si potesse immaginare. Il contratto (e dunque gli stipendi) sono fermi dal 2009. E rimaneggiare al ribasso il sistema dei gradoni significa rendere strutturale l’attuale processo di impoverimento della categoria.

Ogni anno di servizio non valutato, infatti, fa perdere mediamente 1000 euro di retribuzione annua, con effetti anche sull’importo della pensione e della buonuscita. Per quanto riguarda gli stipendi, gli esiti sono immediatamente tangibili. Sulla pensione e sulla buonuscita le conseguenze si vedranno nel tempo. Ma un dato è certo: i lavoratori della scuola che andranno in pensione con il sistema contributivo andranno incontro ad una perdita di salario pari a non meno del 40%. Ciò vale solo se il governo non cambia le regole per il calcolo degli importi degli stipendi. Ma se si passa dai gradoni fissi e per tutti a quelli aleatori e solo per i due terzi della categoria, la situazione non può che peggiorare. Renzi, però, va avanti come un treno. Sebbene, almeno questa volta, la consultazione on line non abbia dato i risultati sperati.

I docenti, infatti, hanno reagito compattamente, ponendo in luce i gravi problemi di cui soffre la scuola. Tanto gravi da indurre la maggior parte dei dirigenti scolastici a battere cassa direttamente presso i genitori. La richiesta di contributi alle famiglie insieme alle iscrizioni è diventata ormai prassi. E a nulla è servito il monito del ministero che, tra note, avvisi e comunicati, non è riuscito a far cessare questa consuetudine. Segno evidente che la situazione è ormai diventata insostenibile. Resta il fatto, però, che i governi che si sono succeduti negli ultimi vent’anni hanno fatto del merito la loro bandiera. Merito inteso in senso quantitativo. E cioè nel collegamento tra straordinario e compenso accessorio.

In buona sostanza, si è preferito deprezzare la prestazione ordinaria, utilizzando i fondi altrimenti destinati ad incrementi stipendiali, per finanziare lo straordinario.

Ok ai precari nelle Rsu. Ma la contrattazione perde peso

da ItaliaOggi

Ok ai precari nelle Rsu. Ma la contrattazione perde peso

Con il taglio ai fondi di istituto e gli interventi legislativi, lo spazio per i sindacati si è ridotto

Carlo Forte

Ok definitivo all’accesso dei precari alle candidature Rsu. Il 9 febbraio scorso è stato sottoscritto il nuovo contratto collettivo quadro che regola la costituzione delle Rsu per il personale dei comparti delle pubbliche amministrazioni e per la definizione del relativo regolamento elettorale. L’accordo modifica il contratto quadro del 1998, consentendo anche ai precari la possibilità di candidarsi alle elezioni per il rinnovo delle rappresentanze sindacali unitarie (cosiddetto elettorato passivo). L’accesso alle candidature vale solo per i titolari di incarichi di supplenza almeno fino al 30 giugno. E si giustifica in forza del principio di non discriminazione tra lavoratori equivalenti. Principio contenuto nella normativa comunitaria sul quale, a sua volta, si fondano le sentenze di condanna dell’amministrazione a risarcire i docenti precari ultra-triennalisti inflitte dalla prevalente giurisprudenza di merito.

Va detto subito che la giurisprudenza non è concorde su questo punto. Anzi, la Corte di cassazione è di avviso contrario. E anche la Corte di Giustizia europea la pensa diversamente. La Cassazione ritiene che i risarcimenti non vadano corrisposti, perché nella scuola il cumulo dei contratti a termine viene valorizzato attraverso la corresponsione di un punteggio. E tale punteggio è la moneta che consente di acquistare il diritto alla stabilizzazione tramite lo scorrimento delle graduatorie a esaurimento. L Corte di giustizia europea si è limitata a dichiarare illegittimo il cumulo dei contratti fino al 31 agosto. Sulla questione, peraltro, pende anche un giudizio di legittimità costituzionale. E dunque, in materia di elettorato passivo le parti hanno preferito prevenire l’insorgenza di contenzioso aprendo le porte anche ai precari. La decisione adottata al tavolo negoziale risponde, peraltro, alla malcelata necessità di reperire risorse fresche da destinare alle candidature.

Negli ultimi anni, infatti, l’istituto della contrattazione integrativa ha perso appeal. Ciò per due motivi essenziali. Da una parte la disillusione degli stessi rappresentanti sindacali, costretti a subire, più o meno passivamente, le decisioni dei dirigenti scolastici. Che in caso contrario possono decidere di non firmare il contratto e procedere in via autoritativa. Dall’altra parte, la forte riduzione delle risorse del fondo dell’istituzione scolastica che, ormai, serve in via prioritaria a reperire le somme per retribuire i collaboratori del dirigente scolastico. L’apertura ai precari per le candidature alle Rsu va ascritta, dunque, alla categoria delle necessità finalizzate alla sopravvivenza del sistema delle relazioni sindacali a livello di istituzione scolastica. Relazioni messe a rischio dalla progressiva scomparsa dei fondi e non solo. Si pensi alla contrattazione sull’articolazione dell’orario di lavoro e sulla mobilità interna. Materie rilegificate d’autorità per effetto della riforma Brunetta. Oppure all’informazione preventiva e successiva. Di qui la necessità di ampliare il novero degli aventi titolo alle candidature con l’ingresso dei supplenti. Anche se l’eventuale elezione dei precari va considerata comunque a termine. La scadenza del contratto, infatti, comporta la cessazione del rapporto di lavoro e anche la decadenza dalla Rsu.

Fioroni: oltre la metà dei supplenti annuali non sono nelle Gae Non possono essere tenuti fuori, serve un piano biennale

da ItaliaOggi

Fioroni: oltre la metà dei supplenti annuali non sono nelle Gae Non possono essere tenuti fuori, serve un piano biennale

L’ex ministro dell’istruzione: per risolvere il precariato occorre una soluzione articolata

Alessandra Ricciardi

La Buona scuola ha il merito di aver rimesso in campo un serio intervento contro il precariato, nella convinzione che i docenti hanno necessità di stabilità didattica nel rapporto con gli studenti. L’importante ora è una riflessione approfondita per non vanificare questa straordinaria opportunità», dice Beppe Fioroni, deputato pd, presidente della commissione d’inchiesta sul caso Moro, ex ministro dell’istruzione del governo Prodi.

Domanda. Il premier Matteo Renzi è stato chiaro, per scrivere la parola fine al precariato si deve partire dalla chiusura delle graduatorie a esaurimento.

Risposta. Io da ministro ho scritto in una legge che le graduatorie permanenti andavano chiuse per uscire dall’emergenza e avere un sistema di reclutamento certo. Ma c’è un presupposto oggi da cui non si può prescindere: quest’anno le supplenze annuali sono state 137 mila, di queste 59mila sono da graduatorie ad esaurimento e 78.500 dalla seconda fascia delle graduatorie di istituto.

D. I docenti delle graduatorie di istituto, salvo ripensamenti, sono fuori dalle assunzioni del decreto sulla Buona scuola.

R. Ecco perché dico che c’è bisogno di una soluzione complessiva. Per una parte dei docenti con contratti annuali, e che sono iscritti nelle graduatorie di istituto, scatta tra l’altro la sentenza della Corte di giustizia europea contro l’abuso di supplenze reiterate per tre anni su posti vacanti e disponibili, ossia nomine fino al 31 agosto. Se il governo dovesse mantenere questa esclusione dal piano, ci sarebbero ricadute pesanti in termini di didattica, perché verrebbero messi fuori docenti che ad oggi insegnano, magari a favore di chi è iscritto nelle Gae ma in questi anni ha fatto altro. E poi si esporrebbe lo stato italiano a ricorsi di massa, con il rischio di dover attuare sentenze di condanna all’assunzione e anche al risarcimento economico. Serve una soluzione complessiva, che contemperi le svariate situazioni.

D. Sta emergendo che non tutti i precari iscritti nelle Gae sono abilitati per le classi di concorso di cui c’è effettivamente bisogno.

R. È sempre complesso far coincidere le persone, con le loro specificità, con i posti disponibili. Ecco perché sono convinto che per dare soluzione definitiva ai problemi sia necessario ipotizzare per le stabilizzazioni un processo più articolato e di durata almeno biennale.

D. Un percorso di due anni per fare cosa?

R. Per far corrispondere le risorse umane con il fabbisogno della scuola, dare risposta ai docenti delle graduatorie ad esaurimento, ma anche ai precari aventi titolo alla luce della sentenza della Corte Ue e iscritti nelle liste di istituto, e ai vincitori di concorso. Un anno in più tra l’altro consentirebbe, e non è poco, di fare tutto questo ragionando sui dati di fatto e non sulle ipotesi.

D. Quali dati di fatto?

R. Per esempio, capire quanti docenti precari sono effettivamente disposti a trasferirsi in altra regione in cambio dell’assunzione.

D. Lei ha provato a chiudere le graduatorie. Sono passati sette anni e si sono ulteriormente ingolfate. Non c’è il rischio che a forza di prendere tempo il problema non si risolva?

R. Sono stati fatti due errori in questi anni: aver pensato che l’organico dei docenti fosse determinato dalle risorse e non dagli studenti. E aver lasciato che le graduatorie a esaurimento mantenessero questo nome consentendo al contempo, in modo strumentale e demagogico, nuovi accessi. Evidentemente era utile avere tanti precari con il cappello in mano invece che docenti certi e stabili. Questo governo sta facendo un’altra cosa, vuole dire basta alla differenza tra organico di diritto e fatto, vuole evitare il sistema precarizzante, e lo vuole fare subito. Io credo che sia importante farlo e farlo bene. E se serve un anno in più, con risorse certe e un programma definito, ok, significa fare il bene della scuola.