Questa sperimentazione non s’ha da fare!

Questa sperimentazione non s’ha da fare!

di Maurizio Tiriticco

 

Non vuole essere una intimazione manzoniana! Non sono un bravo di Don Rodrigo, ma… veramente la sperimentazione lanciata dalla cm 3 mi preoccupa e non poco. In precedenti scritti, sempre reperibili in edscuola.it, ho sottolineato gli elementi di debolezza dei modelli di certificazione proposti alle scuole del primo ciclo, che voglio brevemente riassumere:

  1. non sono affatto considerate le competenze che sono richieste all’alunno al termine dell’obbligo decennale di istruzione. In altri termini, le competenze intermedie di fine primo ciclo non possono non ancorarsi a quelle terminali dell’obbligo: se il nostro Pierino, o Gianni che sia, a 16 anni di età, deve raggiungere le competenze di CITTADINANZA e CULTURALI di cui al dm 139/07, al termine del primo ciclo quelle stesse competenze come devono essere “lette” e “curvate” al “saper fare” di un 14enne? I livelli di età sono ovviamente indicativi, stante il fatto che si potrebbero avere anticipi o ritardi. In effetti la norma prevede 10 anni di istruzione obbligatoria per tutti [1]; e non, come a volte si dice, di “obbligo scolastico”;
  2. perché “profilo delle competenze” e non, invece, “competenze” chiare e tonde? Perché riandare al linguaggio generico dei “traguardi per lo sviluppo delle competenze”, di cui alle Indicazioni nazionali? Se nelle Indicazioni i traguardi possono avere un senso al fine di lasciare agli insegnanti, nelle loro progettazioni, di evincere dai traguardi le competenze da proporre, accertare e certificare, in sede di modello finale il termine profilo suona equivoco e vanifica, di fatto, la descrizione di una competenza tout court; tant’ è vero che non sono pochi gli insegnanti che hanno visto nei profili una sorta di copia e incolla dei traguardi; e non sono pochi gli insegnanti che vi hanno visto una sorta di riedizione dei “giudizi analitici” di buona memoria;
  3. raccordare le competenze culturali con le competenze chiave di cittadinanza costituisce un errore grossolano: un ottimo architetto può essere a servizio della mafia; e un modesto architetto, invece, può essere un onestissimo cittadino. In effetti, per quanto riguarda il compimento dell’obbligo di istruzione, le due serie di competenze sono ben distinte (dm 139/07), desunte per altro da due altrettanto distinti documenti europei: la Raccomandazione del 18 dicembre 2006 (Cittadinanza) e la Raccomandazione del 23 aprile 2008 (il Quadro europeo delle qualifiche, recepito dalla Conferenza Unificata il 20 dicembre 2012);
  4. la scelta di quattro livelli di indicatori, e non di tre, come nella certificazione dell’obbligo di istruzione e come in altre esperienze, e non solo italiane, è veramente un “fuor, d’opera”! E l’espressione del livello iniziale D: “se opportunamente guidato/a” che cosa “ci azzecca” con una competenza acquisita? Una competenza c’è o non c’è. Non potremmo mai dire che un chirurgo, o un cuoco, se opportunamente guidato, “svolge il suo compito semplice in situazioni note”. Sarebbe stato più opportuno scrivere, come avviene in tutti i descrittori di competenze: “Nel caso in cui non sia stato raggiunto il livello base, è riportata l’espressione ‘livello base non raggiunto’, con l’indicazione della relativa motivazione”. Forse, non si è voluta compromettere l’ammissione dell’alunno all’esame finale. E allora, saranno tutti ammessi?
  5. non si capisce perché le competenze siano certificate dai consigli di classe prima dell’esame di Stato. E’ arcinoto che la certificazione di competenze non può essere lasciata alla casualità di una prova d’esame (basta un mal di pancia per mandare a monte un esame, o un felice copio copias per superarlo). La certificazione di competenze è l’esito di un processo più o meno lungo di apprendimenti seguiti e costantemente sollecitati, osservati, misurati e valutati in itinere. Si tratta di due esiti finali che confliggono. Comunque, il conflitto poteva essere superato lasciando alla commissione d’esame (in effetti ai consigli di classe in altra sede formale) il compito della certificazione. Ma l’esame di terza media ha una sua disciplina data dalla normativa vigente. In effetti una CERTIFICAZIONE di competenze non è un ESAME finale. Si tratta di due logiche valutative terminali assolutamente diverse.

In conclusione, la cm 3 propone alle istituzioni scolastiche e ai consigli di classe la compilazione di un documento finale ibrido, in cui non c’è alcun profilo che corrisponda a una specifica competenza. Mi piace copiare testualmente il profilo 12 relativo alla terza media: “Ha cura e rispetto di sé, come presupposto di un sano e corretto stile di vita. Assimila il senso e la necessità del rispetto della convivenza civile. Ha attenzione per le funzioni pubbliche alle quali partecipa nelle diverse forme in cui questo può avvenire: momenti educativi informali e non formali, esposizione pubblica del proprio lavoro, occasioni rituali nelle comunità che frequenta, azioni di solidarietà, manifestazioni sportive non agonistiche, volontariato, ecc.”. Quante competenze reali sono sottintese!?!? E a quali livelli? In effetti, possono riguardare sia un adolescente maturo che un “buon cittadino” adulto! Dov’è la specificità di un quattordicenne?

Concludendo, si lancia una sperimentazione di durata triennale proposta e condotta su basi che di scientifico hanno poco o nulla. Ma la cosa grave è che per tre anni i consigli di classe saranno tenuti a faticose esercitazioni su un terreno assolutamente fuorviante rispetto al fine che si dovrebbe realizzare.

Per queste ragioni sono sempre più convinto che le uniche competenze da verificare sono quelle di fine obbligo e che per realizzare tale obiettivo occorre al più presto adottare quel curricolo decennale verticale e progressivo di cui si parla da anni, ma che ancora è impossibile realizzare, per due precise ragioni: a) la tripartizione di scuola primaria, media e primo biennio; b) il fatto che non si abbia il coraggio di abolire quei dispositivi di legge che prevedono che siano certificate competenze alla fine della scuola primaria e della scuola media. Certificare competenze è una cosa seria e implica indicazioni normative diverse da quelle attuali. E va anche considerato se sia opportuno e significativo certificare competenze quando ancora l’età evolutiva non ha maturato il suo corso.

Mah! Così va il mondo, diceva il Manzoni! Comunque, una via di uscita ci sarebbe: rivedere la proposta sperimentale e ancorare le competenze richieste ad alunni di 14 anni a quelle che sono loro richieste al compimento dei 16 anni. E va anche considerato che, qualunque sia il livello di competenza raggiunto dall’alunno della scuola media, il valore è formalmente inesistente, perché il primo titolo di istruzione formalmente valido è quello conclusivo di un obbligo decennale, da otto anni ad oggi.

 

[1] Va anche considerato che l’obbligo continua. Si veda il diritto/dovere “all’istruzione e alla formazione, per almeno 12 anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica entro il 18° anno di età” (legge 53/03, art. 2, comma 1, lettera c).

Se tutti parlassero in Lis, lo spot senza barriere che commuove il web

da Redattore sociale

Se tutti parlassero in Lis, lo spot senza barriere che commuove il web

La campagna di Samsung Turchia sta diventando un caso. Oltre 7 milioni di visualizzazioni in pochi giorni per il video che riprende la giornata di un ragazzo sordo in una città in cui tutti comunicano con lui attraverso la lingua dei segni

ROMA – Vivere una giornata senza barriere, in cui tutti, dal fruttivendolo, al tassista fino al panettiere, comunicano anche in Lis. L’evento eccezionale è successo a Muharrem, un ragazzo sordo, protagonista suo malgrado di uno spot prodotto da Casta Diva pictures, per Samsung Turchia. Il ragazzo è stato seguito per tutta la giornata con delle telecamere nascoste che hanno ripreso il suo stupore nel vedere l’intera città parlare con lui attraverso la lingua dei segni. Ora lo spot, che sta commuovendo il web, è diventato un caso per l’alto numero di visualizzazioni: in poche settimane è stato visto infatti da 7.627.592 persone sulla pagina Facebook di Samsung Turchia.

https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=otUJzNtRPhw#t=0
Il video, intitolato Hearing Hands, ha lo scopo di annunciare un nuovo servizio di Samsung dedicato ai non udenti: un video call center. Dopo un mese di preparazione che ha compreso posizionamento di telecamere nascoste e corsi intensivi di linguaggio dei segni per tutti gli attori Muharrem, ha avuto la sua giornata senza barriere. Il ragazzo è  stato selezionato grazie alla collaborazione con l’Associazione turca dei sordi, ed è stato tenuto all’oscuro di tutto.

Lo spot è stato girato a Istanbul nell’arco di una giornata. Si vede così Muharrem alle 8 del mattino:  uscire dicasa con la sorella, complice del team di produzione, e incontrare un passante che lo saluta utilizzando il linguaggio dei segni. Poi anche il panettiere, un ragazzo dal fruttivendolo e una ragazza che “casualmente” lo urta per strada, si rivolgono a lui sempre utilizzando il linguaggio dei segni. Muharrem è incredulo. Infine il taxista, che lo accoglie sempre utilizzando la Lis lo conduce davanti a un totem interattivo; sullo schermo compare una ragazza che finalmente fa chiarezza a Muharrem: Samsung l’ha scelto come testimonial per lanciare Samsung Duyan Eller, un video call center per aiutare i non udenti.

Firmato Protocollo comune sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento

Firmato Protocollo comune sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento

http://www.provincia.bz.it/news/it/news.asp?news_action=4&news_article_id=489263

Firmato questa mattina a Palazzo Widmann il Protocollo d’intesa tra il Dipartimento alla salute ed i tre Dipartimenti alla scuola e cultura per la rilevazione, l’intervento precoce, l’accertamento ed il supporto per bambini e studenti con disturbi specifici dell’apprendimento.

La Legge n. 170/2010, recepita anche a livello provinciale, riconosce la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia come Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) ed assegna al sistema scolastico il compito di individuare modalità d’intervento per osservare e valutare le prestazioni scolastiche nei vari ambiti d’apprendimento interessati.

Il Protocollo d’intesa firmato questa mattina (13 marzo) dagli assessori alla scuola e cultura Christian Tommasini, Philipp Achammer, e Florian Mussner, e dall’assessora alla sanità ed alle politiche sociali, Martha Stocker, definisce il quadro di riferimento entro il quale, i singoli Dipartimenti per l’istruzione attivano le modalità e gli strumenti idonei da adottare per la rilevazione precoce dei casi sospetti di DSA e per le attività d’intervento più efficaci.

Con la firma di questo provvedimento, che resterà in vigore per tre anni,  si completa l’iter attuativo della Legge 170 dell’8 ottobre 2010 relativa a “Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico”. Il termine DSA si riferisce ai soli disturbi delle abilità scolastiche e in particolare a dislessia, disgrafia, disortografia, discalculia, che si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali.

Già nella scuola dell’infanzia possono essere osservati determinati segnali e “sintomi”. Nella scuola primaria le prove di rilevazione forniscono una conoscenza dei livelli di competenza sui quali condurre l’attività di recupero delle proposte didattiche. Interventi precoci mirati sono opportuni in presenza di difficoltà di lettura, ortografia e calcolo.

Nel corso del suo intervento l’assessore provinciale alal scuola e cultura di lingua italiana, Christian Tommasini, ha sottolineato l’importanza del Protocollo d’intesa raggiunto tra i tre Dipartimenti provinciali alla scuola e cultura ed il Dipartimento alla salute anche a fronte delle cifre piuttosto significative di alunni per i quali negli ultimi anni scolastici sono stati diagnosticati disturbi dell’apprendimento.

“La loro percentuale si aggira intorno al 5% del totale e si tratta di un dati indubbiamente impostante sia per le nostre scuole che per la società nel suo complesso. Questo aumento è legato ad una maggiore attenzione esercitata dalle scuole e dalle famiglie ed è quindi necessario dare delle risposte efficaci a queste esigenze di sostegno degli alunni con diagnosi di DSA.

È inoltre importante che vi sia un Protocollo comune per intercettare il prima possibile gli alunni con difficoltà di apprendimento facendo bene attenzione a distinguere tra chi ha delle difficoltà e chi ha un effettivo disturbo di carattere neurologico.

Quello che vogliamo mandare alle famiglie con questo Protocollo è quindi un messaggio che vuole tranquillizzare e far sapere che la scuola rivolge tutto il suo impegno in questo ambito, ora anche grazie ad una rete capillare ramificata sul territorio e con una specifica formazione dei docenti”.

Analoghi concetti sono stati ribaditi anche dagli assessori Martha Stocker, Philipp Achammer e Florian Mussner che hanno confermato l’esigenza di una messa in rete della problematica e di un sostegno che coinvolga le famiglie, le scuole e le strutture socio-sanitarie del territorio.

Il Protocollo d’intesa è stato elaborato da un gruppo di lavoro composto da rappresentanti delle scuole dei tre gruppi linguistici, Franz Lemayr, Maria Rita Chiaramonte, Carla Comploj, del Servizio sanitario, direttori dei Servizi psicologici di Bolzano e Bressanone, Maria Antonietta Mazzoldi e Roland Keim, con il sostegno di Andreas Conca, coordinatore provinciale della rete di psichiatria dell’età evolutiva, Christian Savegnago, medico psichiatra presso l’ospedale di Bolzano e di Christa Messner, ispettrice, responsabile dell’Ispettorato per le scuole dell’infanzia di lingua tedesca.

A livello nazionale si stima che gli alunni in difficoltà di apprendimento nella scuola siano circa il 20% del totale e che almeno un 3 – 4% di essi presenti un DSA. Si stima che venga mediamente accertato quasi 1 ragazzo/a ogni 25 alunni.

La richiesta di accertamento di un eventuale disturbo specifico di apprendimento può essere trasmessa non prima della fine del processo di apprendimento della lettoscrittura – di norma nel 2° semestre della 2a classe della scuola primaria, nel caso di sospetto di dislessia, disortografia, disgrafia e non prima della fine del 1° semestre della 3a primaria nel caso di sospetto di discalculia.

I singoli Dipartimenti per l’istruzione definiscono le linee guida per l’individuazione precoce di possibili problemi legati allo sviluppo o ai DSA nelle scuole dell’infanzia e nelle scuole (procedure e strumenti per riconoscere segnali precoci su indicatori di rischio e interventi didattici precoci mirati a ridurre il rischio di difficoltà di lettura, scrittura e/o calcolo).

Da parte sua, in base al Protocollo d’intesa, il Servizio Sanitario provinciale  garantisce l’applicazione di standard diagnostici;  un’efficace descrizione del profilo di funzionamento dell’alunno/a; la conclusione di richieste di accertamento complete di norma entro 90 giorni o comunque al più tardi entro 180 giorni, in caso di adeguata collaborazione da parte dei familiari; una serie di accordi con i servizi di riabilitazione al fine di assicurare un sostegno terapeutico tempestivo; il suo sostegno alle scuole nella ricerca, scelta, nello sviluppo e nell’applicazione di strumenti adatti alla rilevazione precoce dei DSA attraverso la nomina da parte della Direzione dell’Azienda sanitaria dell’Alto Adige di una persona esperta che collabori nel gruppo di lavoro specifico istituito presso le singole intendenze scolastiche; l’attualizzazione della diagnosi, di norma, a ogni passaggio, al più presto però alla fine del 3° anno, o qualvolta sussistano osservazioni o indicazioni da parte della scuola o di uno dei partner interessati, che richiedano cambiamenti delle misure di supporto.

Che fine ha fatto la Giornata Europea dei Genitori e della Scuola?

CHE FINE HA FATTO LA GIORNATA EUROPEA

DEI GENITORI E DELLA SCUOLA?

 

 

La scarsa attenzione del Ministero per i genitori si riconferma con la XIII Giornata Europea dei Genitori e della Scuola, che da ottobre, quando doveva essere celebrata, è slittata a febbraio, poi è stata rinviata causa maltempo e adesso rischia di passare definitivamente in cavalleria. Non che la manifestazione prevista a febbraio fosse di una qualche utilità: nell’avviso si parlava unicamente di didattica e le tematiche affidate ai relatori si occupavano di educazione, ma di genitori proficuamente impegnati all’interno delle scuole non se ne parlava proprio, per cui si falliva il fine prioritario, che è quello di coinvolgere i genitori e di stimolarne la partecipazione offrendo validi contenuti.

“Appena un anno fa contestavamo l’autoreferenzialità di questi riti per pochi iniziati, proprio lì, nella sede del Ministero –ricorda Rita Manzani Di Goro, presidente dell’Associazione Genitori A.Ge. Toscana e relatore per la XII Giornata Europea, celebrata a Roma nel dicembre 2013- ma a quanto pare questi signori del Ministero hanno fatto ancora una volta orecchie da mercante alle richieste che vengono dalla base, perché in questi quindici mesi non è stato fatto nulla di concreto per sostenere chi si impegna attivamente nella scuola”.

Infatti, in previsione dell’intervento all’interno della XII Giornata Europea, l’A.Ge. Toscana ha fatto una ricognizione dei bisogni formativi dei genitori, sia di quelli eletti all’interno degli Organi collegiali della scuola che di coloro che si impegnano nei Forum regionali e provinciali delle associazioni dei genitori nella scuola. Precise le richieste pervenute dalla base: attivazione dei Forum quali organi propulsivi e un “piano di formazione a cascata in tutte le province d’Italia, per rendere effettiva la partecipazione dei genitori e porre le condizioni per il ben-essere a scuola degli alunni e, quindi, per il loro successo scolastico”. Perché “è impossibile non chiedersi per quale motivo la “comunità educante”, questo stato di particolare grazia strettamente correlato con il “successo formativo”, sia concesso solo a una minima percentuale di studenti e non a tutti o, comunque, alla maggior parte di loro. (Essa) dipende da un certo numero di fattori e uno di questi, l’avere rappresentanti dei genitori preparati e motivati, potrebbe essere nella nostra immediata disponibilità, se solo lo volessimo”. Invece inutili, se non dannosi, i presidi manager e i docenti mentor.

E’ evidente che il sito Apritiscuola, blindatissimo ed attualmente accessibile unicamente ai presidenti dei Consigli d’istituto, dei comitati e delle consulte, solo dietro registrazione da parte delle scuole (che per lo più non è stata effettuata), la scuola non la apre affatto: il classico modo per non fare fingendo di fare, e per di più sperperando soldi pubblici. E poi, che cosa ci sarà dentro? Chi ha gli strumenti per valutarlo, come le Associazioni di genitori, non lo sa, perché non vi può accedere.

Il massimo sforzo della Direzione Generale per lo Studente in tutti questi mesi è stato un concorso bluff,
bandito a ridosso del Natale, con pochissimi giorni per presentare un progetto niente meno che su una tematica centrale come il gender: 425.000 euro da spartire fra un numero irrisorio di scuole (al massimo 23 in tutta Italia, ma più probabilmente la torta sarà spartita fra 8 soli concorrenti). Non sarebbe stato meglio destinare anche una parte di quei soldi alla formazione dei genitori, invece di coinvolgere marginalmente le associazioni come partner eventuali nel progetto?
Un decimo di questa spesa e una buona dose di volontariato sarebbero bastati e avanzati per una formazione capillare dei genitori impegnati nelle scuole di tutta Italia, e la ricaduta sarebbe stata enormemente superiore. Ma già, troppo bello e troppo facile…

Richiesta differimento data votazioni CSPI

Roma, 17 marzo 2015

Dott. Alessandro Fusacchia
Capo di Gabinetto
MIUR

Dott.ssa Carmela Palumbo
Direzione generale per gli ordinamenti
MIUR

Oggetto: richiesta differimento data votazioni CSPI (OM 7/2015).

Le scriventi organizzazioni sindacali, in considerazione dei tempi strettissimi intercorrenti tra la pubblicazione della ordinanza ministeriale 7/2015 e la data di svolgimento delle elezioni del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, fissata per il 28 aprile 2015, chiedono con la presente un breve differimento della data del voto e di quella fissata al 27 marzo di presentazione delle liste elettorali, al fine di favorire la più ampia partecipazione dei lavoratori della scuola.

Con la presente chiedono inoltre un incontro urgente per un esame dei contenuti dell´OM richiamata in oggetto, su passaggi poco chiari o di difficile applicazione della stessa.

Rimanendo in attesa di urgente riscontro, cogliamo l´occasione per porgere

Cordiali saluti

Domenico Pantaleo
Francesco Scrima
Massimo Di Menna
Marco Paolo Nigi
Rino Di Meglio

Immissione in ruolo in subordine alle GaE

Al Presidente del Consiglio

Al Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Alla VII Commissione della Camera dei Deputati

Alla VII Commissione del Senato della Repubblica

Agli Onorevoli Deputati e Senatori del Parlamento

 

Oggetto: I “Superstiti delle SSIS non inseriti in GaE” chiedono l’immissione in ruolo in subordine alle GaE.

Gentilissimi Onorevoli e signori delle Istituzioni,

Siamo i cosiddetti “Superstiti delle SSIS non inseriti in GaE”, e vi ripetiamo qui con fermezza la nostra giusta richiesta di non essere dimenticati. La nostra situazione, che ormai conoscete bene, non è ancora stata risolta. Siamo in pochi (circa 500) e quindi politicamente forse poco rilevanti; tuttavia, a livello giuridico, esistiamo come gruppo molto ben definito, che non può e non deve tacere l’ennesima ingiustizia che potrebbe essere perpetrata nei suoi confronti.

Il Governo, nelle Linee Guida della Buona Scuola del settembre 2014, ha prospettato la possibile assunzione in ruolo dei “Superstiti SSIS” (soggetti di cui all’art. 15 comma 17 del DM 249/2010 e art. 1 comma 19 del DM 11/11/11) e degli abilitati di SFPVO, in subordine alle eventuali rinunce degli iscritti nelle GaE. Sappiamo che il Parlamento si trova, in questi giorni, a decidere l’immissione in ruolo di oltre 100mila docenti precari. I beneficiari di tale provvedimento dovrebbero essere i docenti in GaE e i docenti vincitori del concorso 2012. Perché escludere nuovamente i “Superstiti SSIS” dal piano straordinario di immissione in ruolo?

Ricordiamo a voi tutti che alcuni abilitati con TFA in sovrannumero ai sensi dei succitati art. 15 comma 17 del DM 249/2010 e art. 1 comma 19 del DM 11/11/11 sono già oggi in GaE o perché iscritti illegittimamente con riserva nelle GaE dal 2009 o perché inseriti negli ultimi due anni dai giudici amministrativi e del lavoro. Costoro beneficerebbero dunque del piano straordinario di assunzioni. Immettere in ruolo tutti gli iscritti in GaE significa assumere alcuni nostri colleghi che hanno seguito esattamente lo stesso nostro percorso: docenti che, dopo aver superato il concorso per l’ammissione alla SSIS, hanno dovuto sospendere la frequenza della SSIS e conseguire quindi l’abilitazione tramite TFA.

Perché perpetrare una tale ingiustizia nei confronti di quei pochi che, nel pieno rispetto della lettera del DM 42 del 8/4/2009, che consentiva l’iscrizione in GaE soltanto a chi sapeva di poter conseguire l’abilitazione completando il corso SSIS entro il 30 giugno 2009, non si sono iscritti allora e non sono riusciti, per tanti motivi, compresa la lentezza della giustizia ed i suoi costi che mal si conciliano con le loro precarie condizioni economiche, a ottenere il riconoscimento del loro diritto tramite i giudici?

Siamo dunque qui a rappresentarvi tutto il nostro sconcerto e la nostra delusione per il fatto che la situazione grottesca nella quale si trovano intrappolati i soggetti di cui all’art. 15 comma 17 del DM 249/2010 e art. 1 comma 19 del DM 11/11/11 non sia assolutamente presa in considerazione nel disegno di legge “La Buona scuola” approvata dal CdM il 12 marzo scorso.

Ricordiamo pertanto al Parlamento che questa nostra condizione aporetica e paradossale, tale da farci passare nel vostro stesso linguaggio da “congelati” a “superstiti”, è stata determinata dal cattivo funzionamento dell’Amministrazione pubblica, dal comportamento non uniforme dei vari Uffici Scolastici, dalle indicazioni contraddittorie del MIUR, dalle sovrapposizioni e stratificazioni legislative, e soprattutto dalla situazione di vuoto normativo conseguente alla chiusura delle SISS durante il Ministero Gelmini, che voi ben conoscete, e della quale i presenti non sono responsabili e non devono pertanto pagare le conseguenze.

L’Esecutivo si era impegnato a produrre un provvedimento normativo per risolvere la situazione dei cosiddetti “Congelati SSIS non inseriti in GaE”. Tali impegni sono agli atti del Parlamento dal novembre del 2013 sotto forma di due ordini del giorno, entrambi con parere favorevole del Governo (S.9/01150/063 Ruta, (PD) e C. 9/01574-A/84 Palmieri (FI – PdL) e la risposta del Sottosegretario Toccafondi all’interrogazione n. 3-00441 della senatrice Montevecchi (M5S).

Ci auguriamo pertanto che il lavoro del Parlamento possa riguardare anche l’immissione in ruolo, anche in subordine alle GaE (sebbene non sia questa posizione marginale quella che di diritto e di buon senso ci spetterebbe), di tutti i soggetti di cui all’art. 15 comma 17 del DM 249/2010 e art. 1 comma 19 del DM 11/11/11, come già previsto dalle linee guida “La Buona scuola” del settembre 2014, così da rimediare all’ingiustizia e alla mancanza normativa di cui fino a oggi siamo state vittime.

Ringraziando dell’attenzione porgiamo cordiali saluti

Diritto all’istruzione e centralità della scuola pubblica

Il 20 marzo all’I.S. “Insolera” di Siracusa,  convegno provinciale CESP di aggiornamento professionale su Diritto all’istruzione e centralità della scuola pubblica: quello che è importante sapere sui gravi cambiamenti che il governo Renzi vuole attuare in una scuola che sarà sempre più povera e sempre meno libera; sulle prospettive per i precari dopo la sentenza della Corte Europea; su una proposta alternativa di riforma che sarà illustrata dalla parlamentare M5S Maria Marzana.

A Parigi incontro dei Ministri Ue dell’Istruzione

Scuola, Giannini a Parigi all’incontro
dei Ministri Ue dell’Istruzione

Educazione alla cittadinanza e ai valori della tolleranza, della libertà e della non discriminazione. Saranno i temi della riunione informale dei Ministri Ue dell’Istruzione che si terrà a Parigi e alla quale prenderà parte il Ministro Stefania Giannini.

L’incontro è stato organizzato dal Ministro francese Najat Vallaud-Belkacem, insieme alla Presidenza di turno lettone del Consiglio dell’Unione europea e alla Commissione europea. La riunione sarà un momento di confronto sul ruolo della scuola nella formazione dei cittadini di domani, anche alla luce dei recenti fatti di cronaca che hanno coinvolto la Francia.

I ministri illustreranno le buone pratiche dei rispettivi Paesi e firmeranno una dichiarazione comune sui valori fondanti dell’educazione in Europa.

La buona scuola: caro collega, ora siamo tutti precari a vita! #graziematteo

da Il Fatto Quotidiano

La buona scuola: caro collega, ora siamo tutti precari a vita! #graziematteo

di

Caro collega precario, sei pronto? Ora tocca a te cercare il preside amico per farti assumere e tenerti per più di tre anni nella stessa scuola. Il premier Matteo Renzi ti aveva avvertito: basta graduatorie. Sarà così, non preoccuparti: il 28 di agosto non andrai più all’ufficio scolastico provinciale. Non dovrai più fare la coda all’happening del precario. Non sarai più un numero. Finirai in un albo e una sola persona, il dirigente, ti sceglierà. Ancora non si è ben capito sulla base di quali criteri ma non ti preoccupare: il preside li dovrà pubblicizzare. Lo dice il comma 3 dell’articolo 7 del disegno di legge che finirà nelle mani del parlamento. E una volta finito nelle mani di quel preside, zitto e mosca: sarai un operaio alla catena di montaggio dell’industria dell’istruzione.

Non metterti in testa di avere come datori di lavoro i tuoi bambini, d’ora in poi sarà il “sciur padrun” dell’ufficio di presidenza a decidere se andrai bene nella ditta della scuola.

Un consiglio: procurati tre almanacchi, a partire dalla data dell’assunzione perché ogni anno che passa dovrai ringraziare il buon Dio e il terzo anno dovrai accendere un cerino al santo preside perché sarà lui ogni tre a decidere se sarai da rinnovare o da rottamare.

Ora non mettiamoci a lamentarci: il posto fisso in una scuola non è un nostro diritto. E nemmeno la continuità didattica su una classe lo può essere.

Finalmente diventeremo tutti interinali. Saremo a tempo. Potremo scadere. Chissà forse nasceranno delle agenzie anche per noi: “Offresi posto da professore di matematica nella ditta della scuola di Monza. Contratto immediato, durata tre anni”. Renzi è riuscito a renderci precari a vita. Saremo dei nomadi: passeremo da paese in paese, da scuola in scuola. Dovremo procurarci delle carovane per casa.

Funzionerà tutto alla perfezione: se sei un professore di Mantova, e nell’albo territoriale della tua zona, non ci sarà più posto per te, andrai a lavorare a Livigno se il dirigente di quella città ti pescherà dall’albo.

Avevo immaginato una chiamata diretta. Avevo sognato, come in ogni colloquio di lavoro, un responsabile delle risorse umane o un collegio di persone che mi avrebbe chiamato, chiesto di presentare un curriculum, conosciuto per poi affidarmi a quella scuola e crescere all’interno di quella comunità. Speravo di non avere a che fare con un contratto a tempo e un “padrone” ma di essere licenziato qualora avessi dimostrato di non saper fare il mio lavoro.

Avevo immaginato una scuola dove l’insegnante avrebbe potuto godere veramente di prestigio, di dignità, di rispetto. E invece, ora, ci sentiremo tutti più precari. Ci sentiremo come l’insegnante di “Baradel” che cantava Enzo Maolucci nell’ “Industria dell’obbligo”: “Il preside dagli occhi morali di chi non fa mai l’amore ha controllato temi e registri vari e ha deciso che così non va. Io me ne frego Baradel però ti dico chi comanda”.

Una “rivoluzione culturale” nella scuola: apprendistato a partire dai 15 anni

da Il Sole 24 Ore

Una “rivoluzione culturale” nella scuola: apprendistato a partire dai 15 anni

di Claudio Tucci

Maria Chiara Carrozza si era fermata a ipotizzare un “percorso sperimentale” e limitato al 2016 e agli studenti di quarta e quinta superiore degli istituti tecnici e professionali (cioè per i ragazzi a partire dai 17 anni). Ma un pò dopo le aperture del Jobs act che ha rivisto l’intero apprendistato di primo livello (in ossequio al modello duale tedesco), un pò le “nuove convinzioni” dei partiti di maggioranza, Pd in testa, sull’importanza del legame scuola-lavoro, nella bozza di ddl «Buona Scuola» entra, un pò a sorpresa, una norma “rivoluzionaria” per il mondo dell’istruzione. Almeno fino a qualche anno fa. La possibilità per tutti gli alunni «a partire dal secondo anno dei percorsi di istruzione secondaria di secondo grado» (vale a dire da 15 anni) di poter svolgere «periodi di formazione in azienda attraverso la stipulazione di contratti di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale».

Legame scuola-lavoro più forte
Il ddl varato la scorsa settimana dal Governo manda in soffitta la sperimentazione Carrozza, sopprimendo l’articolo 8-bis del dl 104. A oggi, in base a questa norma, l’esperienza di apprendistato nei tecnici e professionali ha interessato solo Enel che a settembre 2014 ha assunto circa 150 studenti-apprendisti. Ma il Jobs act ha cambiato verso. Lo schema di Dlgs di riordino dei contratti ha rinnovato l’apprendistato di primo livello (collegando istruzione e formazione professionale) a partire dai 15 anni. E così il Miur sembra essersi adeguato: la bozza di articolo 4, comma 6, del ddl ammette per i 15enni la possibilità di sottoscrivere un contratto d’apprendistato per la qualifica o per il diploma. E non solo negli istituti tecnici e professionali. Ma in tutti gli indirizzi delle superiori (quindi anche nei licei). I programmi sperimentali avviati dal dl Carrozza sono fatti salvi, «fino alla loro conclusione».

Sacconi: si spezza ogni pregiudizio sul lavoro
La norma inserita nel ddl, a quanto si apprende, è stata fortemente voluta dall’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ed estensore del Tu sull’apprendistato del 2011. «La riforma spezza definitivamente ogni pregiudizio nei confronti della valenza educativa del lavoro – spiega a Scuola24, Maurizio Sacconi -. Più che di alternanza si deve parlare di integrazione tra sapere pratico ed apprendimento teorico. In particolare sarebbe utile a conclusione del ciclo di scuola media consentire tanto l’apprendistato, quando è antidoto all’abbandono scolastico, quanto l’integrazione con esperienze che non costituiscono rapporto di lavoro».

Appello al Governo: «Non scordiamoci degli istituti tecnici»

da Il Sole 24 Ore

Appello al Governo: «Non scordiamoci degli istituti tecnici»

di Claudio Tucci

Più flessibilità nei “curricula” per adattarli meglio ai contesti settoriali e territoriali di riferimento. Maggiore autonomia gestionale e un collegamento rafforzato con il mondo del lavoro (per integrare apprendimento teorico e pratico).

I nuovi tecnici
A giugno vedremo i primi diplomati dei “nuovi” istituti tecnici, riformati nel 2010 da Mariastella Gelmini (a seguito dei lavori della “commissione De Toni” istituita dal precedente ministro, Giuseppe Fioroni). Ma in 5 anni il Miur non ha mai provveduto a monitorare tali percorsi; e anche il ddl «Buona Scuola» approvato la scorsa settimana dal Governo Renzi snobba questo fondamentale segmento di formazione che, è bene ricordarlo, nel dopoguerra ha concorso allo sviluppo del Paese «dotando il sistema produttivo di competenze qualificate attraverso periti industriali, geometri, ragionieri, grazie ai quali oggi l’Italia può vantare di essere il secondo Paese manifatturiero dopo la Germania», ha spiegato Gelmini, che assieme alla responsabile Scuola di Fi, Elena Centemero, ha chiesto all’Esecutivo un rilancio dell’istruzione tecnica.

Calo iscritti
Dal 2010 a oggi c’è stato un calo dei ragazzi che hanno scelto i tecnici (dal 33,5% al 30,5% del totale iscritti alle superiori). Frutto di mancata attenzione da parte degli ultimi Governi: Maria Chiara Carrozza, in ossequio alla spending review, ha soppresso la cabina di regina ministeriale scuola-lavoro. Ma anche di uno strabismo tutto italiano: l’incidenza dei tecnici sul totale degli occupati è intorno al 20% – e ci sono circa 50mila posti “introvabili” mentre il tasso di disoccupazione giovanile supera il 40 per cento. A testimonianza che «l’espansione dell’offerta formativa senza specializzazioni e senza collegamento con la domanda delle imprese crea solo disoccupati», ha evidenziato Ermanno Rondi, coordinatore education del Club dei 15 di Confindustria (che raccoglie gli istituti tecnici più d’avanguardia). Il problema è urgentissimo: «A breve – ha aggiunto Rondi – quando si uscirà dalla crisi e dagli effetti della riforma delle pensioni Monti-Fornero c’è il rischio di non aver pronti giovani preparati a coprire il turn-over».

Rilancio dell’istruzione tecnica
Per questo, oltre al ripristino di una struttura interdipartimentale per l’istruzione tecnica, annunciata il 17 marzo scorso da Stefania Giannini, ma rimasta finora lettera morta, sono urgenti altri aggiustamenti: più attività laboratoriali, decollo dei poli tecnico professionali, e riconoscimento dell’alternanza nella seconda prova della maturità. «Non ci scordiamo dell’istruzione tecnica – ha detto l’ex ministro Luigi Berlinguer -. Vanno valorizzate le competenze trasversali e il collegamento con il lavoro. Negli altri paesi Ue la formazione on the job è una cosa seria, deve diventare così anche in Italia». D’accordo pure l’ex titolare del Lavoro, Cesare Damiano: «L’indirizzo tecnico va valorizzato perchè è il settore dell’istruzione che può offrire un accesso più immediato al lavoro. E l’alternanza, assieme all’apprendistato, sono esperienze fondamentali».

Scuola più digitale La nuova ricetta punta sulle reti

da ItaliaOggi

Scuola più digitale La nuova ricetta punta sulle reti

Prevista la collaborazione con le imprese e il territorio

Emanuela Micucci

La buona scuola digitale si fa con imprese, associazioni, università e Terzo settore. Alla loro collaborazione per sviluppare le competenze digitali degli studenti si rivolge una delle 5 azioni del nuovo “Piano nazionale Scuola digitale” previsto nella riforma della scuola varata, giovedì scorso, dal governo. A partire dal prossimo anno scolastico tutte le scuole, nell’ambito dell’organico dell’autonomia, avvieranno attività didattiche e formative su logica e pensiero computazionale, utilizzo e applicazione dei dati, cittadinanza digitale ed educazione ai media, artigianato e produzione digitale, ricorrendo anche alla collaborazione di università, associazioni, organismi, aziende e Terzo settore. Offerta formativa digitale delle scuole, dunque, si amplierà coinvolgendo il territorio. Il disegno di legge sulla Buona Scuola stanzia 50 milioni di euro per l’aggiornamento del Piano nazionale Scuola digitale, risorse che arriveranno dal fondo per il funzionamento. Cinque le azioni previste per sviluppare e migliorare le competenze digitali degli studenti, grazie alla programmazione europea e regionale e al Piano nazionale banda ultra larga, approvato lo scorso 3 marzo dal Consiglio dei ministri.

Oltre allo sviluppo delle competenze digitali degli alunni, tra i punti più importanti c’è la formazione: quella dei docenti per l’innovazione didattica, quella di dirigenti scolastici, assistenti amministrativi e tecnici per l’innovazione digitale nell’amministrazione e per funzioni di supporto all’innovazione tecnologica. Si implementeranno inoltre gli strumenti organizzativi, tecnologici e didattici necessari a migliorare i processi di governance, la trasparenza e la condivisione di dati e informazioni da parte delle scuole e del Miur nelle sue diverse articolazioni amministrative. Digitalizzare non solo per smaterializzare i processi e risparmiare sugli acquisti, ma anche per far diventare più efficiente l’amministrazione scolastica migliorandola. In arrivo, infine, più wi-fi nelle scuole. Sentita la Conferenza Stato-regioni, infatti, si potenzieranno le infrastrutture di rete, puntando in particolare alla connettività e al wi-fi nelle scuole.

Un punto questo su cui il Miur cambia rotta rispetto al passato. Il piano “Scuola digitale”, dal 2008, concentrava l’attenzione su 3 obiettivi: diffusione delle Lim, le lavagne interattive multimediali, nelle scuole; l’allestimento di classi tecnologicamente avanzate con il progetto Cl@assi 2.0; la realizzazione di un modello di didattica avanzato per le zone territorialmente disagiate attraverso il progetto Isole in rete. Azioni poi rafforzate nel Piano eGov, nel 2009, e nell’Agenda digitale italiana del 2012, dove è stato introdotto il nuovo Piano nazionale Scuola digitale. Questo prevede, oltre al rafforzamento delle 3 linee precedenti, anche la costituzione di centro scolastici digitali per garantire l’offerta formativa anche in contesti territoriali svantaggiati e l’introduzione dei testi scolastici digitali dall’anno scolastico 2014/15. Il Ddl ora aggiorna il Piano puntando non più sulle strumentazioni tecnologiche quanto sulle infrastrutture di rete.

Quelli a cui la riforma piace

da La Tecnica della Scuola

Quelli a cui la riforma piace

Secondo Compagnia delle opere, Diesse, Disal e Il Rischio educativo, il ddl potrebbe rappresentare l’alba di un ‘buon’ giorno e rivelarsi foriero di novità se Parlamento e Miur non ne modificheranno le linee di fondo: pollice alto per autonomia, offerta formativa, assunzioni e formazione, dirigenza, edilizia e semplificazione amministrativa. Positivo pure il giudizio dei Comuni: inversione di tendenza, dopo tanti anni di tagli.

Non solo critiche e contestazione. C’è anche a chi la riforma della scuola piace. Sono un gruppo di associazioni: la Compagnia delle opere, Diesse, Disal e Il Rischio educativo. E sostengono, assieme, che il testo del ddl sulla scuola “opportunamente scelto come strumento legislativo al posto di un decreto legge per consentire un aperto confronto, potrebbe rappresentare l’alba di un ‘buon’ giorno e potrebbe rivelarsi foriero di novità per una ‘buona’ scuola se le aule parlamentari e le stanze ministeriali non ne modificheranno le linee di fondo durante l’iter di approvazione”.

Le associazioni apprezzano le “disposizioni in materia di autonomia scolastica, offerta formativa, assunzioni e formazione del personale docente, dirigenza scolastica, edilizia scolastica e semplificazione amministrativa’ ovvero i giusti ‘ingredienti’ che, se opportunamente tradotti in legge, valorizzati e finanziariamente supportati, possono consentire ai soggetti educativi di fare scuola”.

Secondo le associazioni, la traduzione normativa del disegno di legge dovrà “dimostrare la volontà di trasformare un’ autonomia a oggi solo funzionale in autonomia reale, svincolata da inopportune procedure burocratiche e da eccessivi vincoli centralistici”, “definire con maggior precisione, gli spazi di responsabilità della nuova dirigenza e i relativi controlli di ‘contrappeso'”, “snellire le procedure per l’alternanza scuola-lavoro e introdurre forme di esperienze lavorative anche nel biennio degli istituti tecnici e professionali”, introdurre “opportuni controlli sulla qualità dei docenti assunti”, chiarire le modalità di accertamento del merito degli insegnanti “attraverso procedure semplici che garantiscano corresponsabilità dei soggetti coinvolti nel giudizio e trasparenza di azione” ed estendere la detrazione fiscale per le paritarie anche agli alunni della scuola superiore.

Anche ai Comuni, la riforma non dispiace. Almeno, secondo il delegato Anci all’Istruzione, politiche educative ed edilizia scolastica, Giovanni Di Giorgi, sindaco di Latina: rappresenta una “positiva inversione di tendenza che vede, dopo tanti anni di tagli, l’incremento degli investimenti nel sistema educativo di istruzione e formazione del nostro paese. Un’iniezione di risorse umane, tecnologiche e finanziarie è, infatti, auspicata da tempo dai Comuni per promuovere la qualità del servizio scolastico e per migliorare le condizioni degli edifici dove tale servizio si svolge”.

“Positivo anche – aggiunge Di Giorgi – il previsto potenziamento dell’autonomia scolastica e le finalità che in tale contesto si intendono perseguire. Tra queste, di particolare interesse degli enti locali, una maggiore aderenza al territorio, la promozione del rispetto della legalità e dell’ambiente, dei beni e delle attività culturali e dei beni paesaggistici, il potenziamento delle iniziative di contrasto del fenomeno della dispersione scolastica, il potenziamento degli interventi per l’inclusione e la valorizzazione della scuola come comunità del territorio”.

“Le norme sull’edilizia scolastica – prosegue Cristina Giachi, vicesindaco di Firenze e presidente della commissione Istruzione dell’Anci – proseguono opportunamente nel percorso di finanziamento della riqualificazione del patrimonio edilizio e nella semplificazione delle norme e delle procedure, anche se lo sforzo economico non raggiunge ancora i livelli necessari e neppure le cifre, pur insufficienti, annunciate all’inizio della legislatura. Particolarmente positiva la previsione del potenziamento dell’apertura pomeridiana delle scuole e la possibilità, anche in considerazione delle complesse normative antincendio, di riduzione del numero degli alunni per classe”.

Il fondo di istituto ha ormai i mesi contati

da La Tecnica della Scuola

Il fondo di istituto ha ormai i mesi contati

Il fondo di istituto sarà pesantemente ridotto, forse sparirà del tutto: lo stabilisce un contratto firmato fra Aran e sindacati nell’agosto 2014.

Sulla questione del fondo di istituto continuiamo a ricevere lettere e segnalazioni da parte dei nostri lettori. Purtroppo non possiamo fare altro che confermare quanto da tempo andiamo ripetendo: il fondo subirà ulteriori tagli e riduzioni.
Non siamo noi a dirlo, perchè la previsione sta scritta a chiare lettere nel contratto nazionale sottoscritto fra Aran e sindacati il 7 agosto 2014, contratto resosi necessario per garantire il riconoscimento degli scatti stipendiali al personale della scuola.
I numeri stanno lì nero su bianco e non è difficile comprenderne il significato.
Il contratto stabilisce che la copertura va trovata, fra l’altro per 350 milioni di euro “a valere sulle risorse annualmente destinate ai compensi accessori del personale scolastico a decorrere dall’esercizio finanziario 2015”.
Il contratto fornisce anzi i dettagli di tale riduzione
267,83 milioni di euro sul fondo di istituto vero e proprio
22,35 milioni sulle risorse destinate alla pratica sportiva
34,39 milioni sul fondo destinato alla retribuzione delle funzioni strumentali
9,87 milioni sulle risorse per il pagamento delle funzioni specifiche Ata
14,85 milioni sui fondi per le aree a rischio
0,71 milioni sulle risorse per retribuire il personale comandato.
Il contratto del 7 agosto 2014 è chiaro: si tratta di riduzioni con decorrenza 2015 e che proseguono anche per gli anni successivi.
I sindacati, giustamente dal loro punto di vista, rivendicano d essere riusciti a mantenere gli scatti di anzianità; ma è bene sapere che questo andrà a scapito del fondo di istituto che è così destinato a sparire quasi del tutto.

Scuola in ospedale e a domicilio: anche così si combatte la dispersione

da La Tecnica della Scuola

Scuola in ospedale e a domicilio: anche così si combatte la dispersione

Questo genere di corsi hanno riguardato quest’anno 72.765 studenti: se ne parlerà dal 18 al 20 marzo a Roma, durante un workshop nazionale. Ad aprire i lavori sarà il ministro Giannini; le conclusioni affidate al sottosegretario Faraone. Ci saranno studiosi, docenti universitari, esperti, ds e docenti.

La scuola in ospedale ha coinvolto quest’anno 72.765 alunni e studenti: partendo da questo dato numerico rilevante, dal 18 al 20 marzo si svolgerà a Roma un workshop nazionale sulle prospettive di questo filone dell’offerta formativa della scuola italiana.

L’iniziativa è promossa dal Miur (Direzione Generale per lo Studente, la Partecipazione e l’Integrazione), in collaborazione con il Politecnico di Milano e con il Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche, Istituto tecnologie didattiche di Genova). Ad aprire le tre giornate di studio, sarà il ministro Stefania Giannini. Mentre le conclusioni, venerdì 20, saranno affidate al sottosegretario Davide Faraone. Ai lavori prenderanno parte studiosi, docenti universitari ed esperti da anni impegnati nel settore. Quasi 250 i dirigenti scolastici e i docenti accreditati.

“La scuola in ospedale è oggi diffusa in tutti gli ordini e gradi del percorso formativo e la sua presenza nelle strutture ospedaliere garantisce ai bambini e ai ragazzi ricoverati – sottolinea una nota ministeriale – il diritto all’istruzione, oltre a essere un valido strumento contro la dispersione scolastica. Sono 72.765 gli studenti e oltre mille i docenti coinvolti nel progetto Scuola in ospedale (dati anno scolastico 2013-2014)”.

Dal 2003 si è diffuso anche il servizio d’istruzione domiciliare per i bambini e i ragazzi colpiti da gravi patologie: sono 1.235 gli studenti coinvolti, 3.448 i docenti e oltre mille le scuole (dati 2013-2014). Il workshop del 18-20 marzo sarà l’occasione per presentare le nuove frontiere dell’insegnamento a distanza, della “scuola fuori della scuola”, con cui il Miur assicura il diritto all’istruzione anche a chi è impossibilitato a frequentare per gravi motivi di salute. La prima giornata (18 marzo) è rivolta ai dirigenti scolastici delle scuole ospedaliere e ai rappresentanti degli Uffici scolastici regionali. Il 19 e il 20 il workshop coinvolgerà i docenti e i dirigenti scolastici delle scuole polo regionali.

Nel corso dei lavori sarà presentata anche la nuova area del portale web della scuola in ospedale (http://pso.istruzione.it ) dedicata alla Formazione per la Scuola in Ospedale; uno spazio all’interno del quale saranno presenti nuovi materiali e contributi dedicati alla formazione in servizio dei docenti in ospedale e una sezione sperimentale per la creazione e l’attivazione di classi virtuali a supporto dei processi formativi e didattici degli studenti ospedalizzati e/o a domicilio.