Festival dei Bambini

Scuola, a Firenze la seconda edizione del “Festival dei Bambini”
Indire partner scientifico con due eventi su stampanti 3D e Coderdojo

Dal 17 al 19 aprile Firenze ospita la seconda edizione del Festival dei Bambini: tanti gli eventi gratuiti programmati per “trasformare” le piazze e i palazzi del centro storico in luoghi di incontro e di divertimento, di espressione creativa e di apprendimento. Una festa a misura di bambino che avrà come fil rouge l’Anno Internazionale della Luce, decretato dalle Nazioni Unite.

Indire è partner scientifico della manifestazione e organizza gli eventi di venerdì 17 e sabato 18 aprile dedicati a due attività di ricerca: “Progettazione e realizzazione di oggetti con la stampante 3D” e “Programmazione di codice in classe attraverso il CoderDojo, ovvero insegnare ai bambini ad essere utilizzatori attivi delle nuove tecnologie”.

Il primo appuntamento è previsto venerdì 17 dalle 9.30 alle 16.30 alla Scuola-Città Pestalozzi (via delle Casine, 1). Il laboratorio, seguito dal ricercatore di Indire Lorenzo Guasti, vedrà il coinvolgimento di alunni della scuola primaria e secondaria inferiore in un “gioco” di progettazione e realizzazione di oggetti di uso comune con la stampante 3D; allo stesso tempo verranno illustrate agli insegnanti le potenzialità didattiche di questi strumenti. L’obiettivo è di condurre uno studio approfondito sulle modalità di osservazione e progettazione di oggetti tridimensionali da parte dei bambini, sia dal punto di vista “ingegneristico” che “cognitivo”, e verificare la comprensione della prospettiva e l’uso dell’intelligenza spaziale. La stampante 3D è messa a disposizione da Paleos, partner di Indire per il progetto maker@scuola.

Sabato 18, a partire dalle ore 15, nella sala Balducci della Biblioteca delle Oblate (via Dell’Oriuolo, 26), il ricercatore di Indire Giovanni Nulli introdurrà un incontro curato da CoderDojo Firenze (http://firenze.coderdojo.it), rivolto a 40 studenti dai 7 ai 14 anni. I CoderDojo sono dei club gratuiti, nati con lo scopo di insegnare la programmazione informatica ai più piccoli, con metodi innovativi di apprendimento. I giovani attraverso il gioco imparano ad utilizzare in modo attivo la tecnologia e ad adattarla ai propri bisogni, impiegando i linguaggi di programmazione per creare piccoli videogiochi o progettare hardware.

Il Direttore Generale di Indire, Flaminio Galli, dichiara: «L’Istituto partecipa con entusiasmo al “Festival dei Bambini” per mettere a disposizione di studenti, famiglie, scuole e addetti ai lavori la sua pluriennale esperienza di ricerca. L’adesione di Indire – continua Galli – intende inoltre rafforzare la collaborazione con il Comune di Firenze, città dove l’Istituto è stato fondato 90 anni fa e dove svolge il suo ruolo in favore dell’innovazione dell’intero sistema scolastico italiano».

Convegno nazionale dei docenti di tedesco Goethe-Institut

Al Goethe-Institut il convegno nazionale dei docenti di tedesco parla di lingue e lavoro. 17 e 18 aprile a Roma si riuniscono rappresentanti della scuola e del mondo delle imprese.

Roma, 15 aprile 2015 – I prossimi 17 e 18 aprile presso il Goethe-Institut di Roma si terrà il convegno nazionale dei docenti di tedesco nella scuola italiana. La manifestazione, organizzata dallo stesso Goethe-Institut, sarà centrata sul tema “lingue e il lavoro” e vedrà tra i suoi partecipanti anche rappresentanti di imprese tedesche, quali Bosch e Lufthansa, e italiane come la IFI SpA di Pesaro.

In Italia i docenti di tedesco che insegnano nelle scuole primarie e secondarie sono circa 4mila. La lingua di Goethe, che nelle scuole è in terza posizione dopo il francese e lo spagnolo, è però tra le maggiormente richieste nei corsi post diploma. La sezione corsi del Goethe-Institut negli ultimi cinque anni ha quasi raddoppiato i propri iscritti*, cambiando radicalmente il proprio target di riferimento.

Oggi lo studente medio di un corso di tedesco è un giovane under trentacinque, laureato o laureando prevalentemente in materie scientifiche (ingegneria o medicina) e desideroso di migliorare la propria situazione lavorativa o di fare un’esperienza di lavoro in uno dei Paesi di area linguistica tedesca.

A tal proposito osserva il rettore dell’Università Orientale di Napoli, Elda Morlicchio, tra i relatori del convegno: “Come ci ricordano spesso sondaggi e articoli sulla stampa, un profilo professionale che prevede anche competenze linguistiche ha maggiori possibilità di successo nel mercato del lavoro. Infatti nell’attuale società globale servono soggetti che siano in grado di interagire con persone di culture e lingue diverse, che sappiano comunicare in un contesto internazionale”.

Il mercato del lavoro è diventato più flessibile, i datori di lavoro non offrono più la garanzia del posto fisso per la vita. Grazie ad una sempre maggiore competitività i lavoratori devono aggiornarsi continuamente e tenersi al passo con la richiesta di nuove competenze.

Per il prof. Hermann Funk dell’Università di Jena, anche lui tra gli ospiti del convegno, “le realtà sono sempre più complicate e il mercato del lavoro e delle imprese, specialmente in Europa, è contraddistinto da un plurilinguismo funzionale: la lingua del Paese d’origine delle imprese, la lingua degli immigrati, l’inglese come lingua franca del management, la lingua dei clienti. I sistemi scolastici nazionali che ignorano questa molteplicità, orientando lo studio della lingua verso un unico idioma, non fanno gli interessi delle imprese e tanto meno quelli dei giovani”.

E per avvicinare i giovani al mondo del lavoro e vice versa, da tre anni il Goethe-Institut ha lanciato il progetto Piazza Affari Tedesco, un concorso per scuole e imprese che ha già visto partecipare 40 scuole e altrettante imprese, da Lavazza e Golden Lady fino a Volkswagen e Osram.

Nei due giorni di convegno gli insegnanti avranno l’opportunità di informarsi sulle partnership tra scuola e impresa e di partecipare a numerosi workshop di aggiornamento professionale.

Il programma prevede anche una tavola rotonda da titolo “La lingua nelle scuole e nelle professioni”. La tavola rotonda si terrà il 17 aprile dalle ore 15.30 presso l’Auditorium del Goethe-Institut in Via Savoia 13, e prevede i seguenti relatori:

 

Stefania Chimienti Istituto Tecnico e Professionale

“Luca Paciolo” Bracciano, ANP

Fabrizio Faraco Fondo Formazione PMI

Hermann Funk Università Friedrich Schiller di Jena

Petra Morfeld Lufthansa Flight Training, ERFA-Netzwerk

Wirtschaft Sprache

Gianfranco Tonti IFI S.p.A.

Roberto Zecchino Robert Bosch S.p.A.

Testimonianze di studenti, apprendisti e giovani professionisti

Modera Gabriella Lepre RAI

I giornalisti interessati ad assistere alla tavola rotonda possono farlo accreditandosi al seguente indirizzo ufficiostampa@rom.goethe.org.

 

*Cresce l’interesse nei confronti del tedesco.

Numero dei corsisti presso il Goethe-Institut e degli esami di certificazione negli ultimi cinque anni

Numero dei corsisti GI

2010: 3.855

2011: 4.312

2012:         5.065

2013: 6.145

2014:         6.500

 

Esami di certificazione

 

2010: 12.908

2011: 14.601

2012: 15.301

2013: 15.138

2014: 17.198

Pon 2014/2020 inviata circolare operativa alle scuole

Pon 2014/2020 inviata circolare operativa alle scuole Giannini:
“Oltre 3 miliardi per migliorare il sistema di istruzione”

Oltre tre miliardi di euro per il potenziamento dell’offerta formativa, il rafforzamento delle competenze degli studenti, l’innovazione degli ambienti di apprendimento (anche in termini di edilizia scolastica) e della didattica. Li prevede il Programma Operativo Nazionale (PON) 2014-2020 “Per la Scuola – Competenze e ambienti per l’apprendimento” che prende il via ufficiale con la circolare operativa inviata alle scuole dal Miur. “Le risorse del Pon – sottolinea il Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini – sono una straordinaria occasione per qualificare ulteriormente il sistema di istruzione italiano in coerenza con quanto previsto dal governo nel disegno di legge ‘La Buona Scuola’.
Si tratta di finanziamenti che ci consentiranno di attivare azioni mirate per agire sui livelli di competenza dei nostri studenti favorendo così una ricaduta anche in termini di sviluppo socio-culturale e di crescita occupazionale del Paese – spiega il Ministro – Grazie ai fondi Pon, offriremo ai nostri ragazzi una risposta migliore anche in termini di ambienti di apprendimento, con un’attenzione all’edilizia scolastica e agli strumenti per una didattica innovativa. Partiamo oggi con una circolare informativa alle scuole ma già nei prossimi giorni avremo il primo bando che riguarda il cablaggio degli istituti”.
La circolare inviata oggi, attraverso una descrizione dettagliata del Programma, punta a mettere le istituzioni scolastiche in condizione di conoscere le opportunità offerte dal Pon. Un Programma plurifondo (unisce stanziamenti del Fesr – Fondo europeo di sviluppo regionale – e dell’Fse – Fondo sociale europeo) con il 40% di risorse in più per il 2014-2020 rispetto alla programmazione precedente.
Le risorse saranno destinate per il 70% alle Regioni meno sviluppate (Calabria, Campania, Sicilia, Puglia e Basilicata), per il 23,6% a quelle più sviluppate (Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria e Lazio) e per il 6,4% a quelle cosiddette in ‘transizione’ (Abruzzo, Molise e Sardegna). Per la prima volta il Pon Istruzione riguarda tutto il Paese e non solo le Regioni in via di sviluppo.
Quattro sono gli assi sui quali dovranno svilupparsi gli interventi finanziati con i fondi Pon: Istruzione (Asse I), Infrastrutture per l’istruzione (Asse II), Capacità istituzionale e amministrativa (Asse III), Assistenza tecnica (Asse IV).
Sarà dedicata una particolare attenzione ad alcune tipologie di azioni: contrasto alla dispersione scolastica, potenziamento delle competenze chiave, alternanza scuola-lavoro, formazione professionale dei docenti, competenze dei docenti in ambiti specifici, promozione delle eccellenze, attività laboratoriali, sviluppo dei CPIA (Centri per l’Istruzione degli adulti) e rafforzamento delle competenze degli adulti. Altro ambito di intervento sarà quello del potenziamento delle dotazioni tecnologiche e degli ambienti di apprendimento.
Ogni Ufficio scolastico regionale avrà una struttura idonea e personale dedicato per garantire supporto alle scuole e l’efficacia delle attività programmate dalle istituzioni che decidono di sfruttare le opportunità offerte dai Fondi Ue.

infografica_pon

Dottorato di ricerca e retribuzione docenti precari

L’ANIEF fa condannare il MIUR in tribunale: in caso di dottorato di ricerca, negare la retribuzione ai docenti precari è palese violazione di norma comunitaria

La battaglia di civiltà condotta dall’ANIEF in questi anni per la completa tutela dei diritti dei lavoratori precari della scuola italiana ha dato nuovamente i suoi frutti: il Tribunale di Ferrara accoglie senza riserve il ricorso patrocinato dall’avvocato Tiziana Sponga e riconosce il diritto di una nostra iscritta a percepire le retribuzioni che il Ministero le aveva negato con l’ignobile giustificazione che la docente era “solo” una lavoratrice con contratto di lavoro a tempo determinato.

La circolare MIUR n. 15 del 22 febbraio 2011 non può, infatti, che essere definita ignobile dall’ANIEF, nella parte in cui il Ministero dell’Istruzione ha “ritenuto opportuno precisare” che le disposizioni normative che riconoscono il diritto di tutti i dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni ad usufruire del congedo retribuito per dottorato di ricerca, per i lavoratori precari della scuola potevano avere effetto “esclusivamente sotto il profilo giuridico (riconoscimento del servizio ai fini previsti delle vigenti disposizioni) non ritenendosi che le stesse possano esplicare la validità sotto il profilo economico (conservazione della retribuzione per il periodo di frequenza del dottorato)”.

Con la dovizia e la competenza che da sempre contraddistingue il suo operato, il legale ANIEF Tiziana Sponga ha pianamente dimostrato che nella normativa primaria (art. 2 della L. 476/1984), “non è contenuta alcuna espressa distinzione tra personale dipendente a tempo determinato e personale a tempo indeterminato” e che, quindi, il Ministero dell’Istruzione stava perpetrando un vero e proprio abuso nei confronti della nostra iscritta, dovendo riconoscere anche nei confronti dei docenti con contratto di lavoro a tempo determinato la medesima conservazione del “trattamento economico, previdenziale e di quiescenza in godimento da parte dell’amministrazione pubblica presso la quale è instaurato il rapporto di lavoro” riconosciuta a tutti gli altri lavoratori.

Il Giudice del Lavoro di Ferrara non ha avuto dubbi sulle ragioni patrocinate dall’ANIEF e, con una sentenza esemplare, ha constatato che l’equiparazione dei diritti tra docenti precari e di ruolo “si impone peraltro alla luce del principio di “non discriminazione” derivante dalla normativa comunitaria (v. punto 1 della “clausola 4” dell’Accordo Quadro attuato con la Direttiva 1999/70) e quale diretta espressione di principi costituzionali (art. 3, 36 e 97 Costituzione)”, condannando il MIUR “a corrispondere alla ricorrente le retribuzioni contrattualmente a lei dovute per il periodo dal 01.09.2011 al 30.06.2012 e dal 10.09.2012 al 30.06.2013, a titolo di aspettativa retribuita per motivi di studio (dottorato di ricerca), oltre alla tredicesima mensilità, al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, oltre agli interessi legali dal dovuto al saldo” e alle spese di giudizio liquidate in più di 4.500 Euro.

L’ANIEF, da sempre unico sindacato che si è opposto e si oppone a spada tratta contro le disposizioni ministeriali, contrattuali e normative che continuano a discriminare senza ritegno i lavoratori precari della scuola, esprime piena soddisfazione per questa ulteriore vittoria conseguita ed esorta tutto il personale con contratto di lavoro a tempo determinato ad unirsi al nostro sindacato e ad “alzare la testa” contro un Ministero dell’Istruzione che si dimostra sempre più sordo e cieco riguardo i loro diritti. I docenti e gli ATA con contratto di lavoro a tempo determinato non sono e non possono essere trattati come “lavoratori di serie B”: lo dicono disposizioni imperative eurounitarie; lo dice la nostra Costituzione e, se il MIUR non vuole o finge di non capirlo, l’ANIEF lo farà ribadire in tribunale.

Scuola, “servizi sociali” per i bulli: preside impone volontariato in casa di riposo

da Il Fatto Quotidiano

Scuola, “servizi sociali” per i bulli: preside impone volontariato in casa di riposo

Un’intera classe di 25 studenti di Conegliano, in provincia di Treviso, deve assistere gli anziani quattro ore al giorno, per una settimana, dopo avere sbeffeggiato gli insegnanti. Una decisione del dirigente scolastico condivisa coi genitori dei ragazzi

Studenti italiani scontenti e impreparati, l’Ocse chiama in causa i prof

da Il Sole 24 Ore

Studenti italiani scontenti e impreparati, l’Ocse chiama in causa i prof

di Alessia Tripodi

Un focus sui test Pisa rivela: il nostro Paese agli ultimi posti nel mondo per voti in matematica e livello di soddisfazione tra i banchi

Studenti poco preparati (soprattutto in matematica), svogliati e insoddisfatti del rapporto con gli insegnanti. E, dall’altra parte, docenti che appaiono troppo concentrati sulle performance e sui voti e meno sul benessere dei ragazzi in classe. E’ il ritratto della scuola italiana tracciato dall’Ocse in un focus sui risultati Pisa appena pubblicato, che analizza quanto le buone relazioni con i prof influenzino i livelli di profitto dei ragazzi. E scopre, com’è intuibile, che più gli studenti sono felici tra i banchi e più i loro voti sono brillanti. Ma anche che tra gli oltre 60 Paesi coinvolti nell’indagine l’Italia si piazza al di sotto della media Ocse, sia per quanto riguarda la preparazione dei ragazzi che per la loro soddisfazione.

La classifica
Insieme a Paesi come Argentina, Grecia, Russia e Stati Uniti, l’Italia resta sotto la media Ocse sia per il livello dei voti ai test Pisa di matematica (485 contro 494) che per la percentuale di studenti che si dichiarano «felici» di andare a scuola (75% contro 80%). Mentre Giappone, Cina, Liechtenstein e Singapore – con una media dei voti tra 550 e 600 e una percentuale di studenti contenti che arriva sfiorare il 90 per cento – dimostrano la relazione diretta tra soddisfazione e pagelle brillanti. Su un altro fronte c’è anche l’Indonesia, dove i ragazzi sono sì poco preparati (voto Pisa 375) ma molto contenti (96%): non a caso, sottolinea l’Ocse, lo stato asiatico vanta il maggior numero di scuole (quasi il 100%) in cui i presidi sono convinti che il benessere sociale ed emotivo degli studenti sia importante quanto lo sviluppo di competenze specifiche. In Italia i dirigenti che la pensano allo stesso modo sono decisamente più rari (nel 60% delle scuole, agli ultimi posti della graduatoria mondiale) e il nostro Paese è quartultimo (davanti solamente ad Argentina, Francia e Liechtenstein) anche nella classifica che valuta il benessere a scuola in base alla qualità del rapporto studenti-insegnanti.

Un nuovo approccio
In Italia «gli insegnanti pensano soprattutto alle performance dei ragazzi e una delle ragioni può essere che nel Paese uno dei principali obiettivi è cercare di migliorare la preparazione degli studenti», spiega Francesca Borgonovi, economista Ocse autrice dello studio. Ma trascurando il benessere dei ragazzi, la scuola finisce per incidere negativamente anche sull’apprendimento che si vorrebbe migliorare, rischiando così «un paradossale corto circuito» dice Borgonovi, che diventa volano per l’insoddisfazione e si traduce, dice l’Ocse, nell’alto numero di assenze e ingiustificati ritardi registrati dagli studenti italiani.
Secondo Borgonovi «spesso i ragazzi si annoiano sui banchi di scuola» e per questo è necessario cambiare l’approccio pedagogico, superando «l’insegnamento frontale che è
anacronistico e poco legato all’apprendimento, oltre che poco legato al wellbeing dei ragazzi» e sperimentando, invece «l’insegnamento per progetti, facendo lavori di gruppo, dando ai ragazzi la possibilità di fare domande, come avviene in Giappone». Ma prima di tutto «dovrebbero essere dati agli insegnanti gli strumenti per realizzare questo nuovo approccio» conclude Borgonovi.

Il 22 aprile arriva l’anagrafe dell’edilizia scolastica

da Il Sole 24 Ore

Il 22 aprile arriva l’anagrafe dell’edilizia scolastica

di Eu. B.

Crollo colposo e lesioni. Sono i reati che la Procura di Brindisi ipotizza, al momento a carico di ignoti, in relazione al crollo che si è verificato lunedì nella scuola elementare Pessina di Ostuni (Br). Dove ieri si è recato in visita il sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, che ha annunciato per il 22 aprile il varo dell’anagrafe dell’edilizia scolastica attesa da 19 anni.

Gli sviluppi dell’inchiesta
L’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Pierpaolo Montinaro, è affidata al commissariato di Ostuni che ha già depositato una prima informativa con l’indicazione delle imprese che hanno effettuato i lavori di ristrutturazione dell’edificio che è stato riaperto a gennaio dopo quattro anni di chiusura. La polizia giudiziaria ha segnalato alla Procura di Brindisi i nomi di cinque persone che potrebbero avere avuto un ruolo nel crollo di un pezzo di intonaco in cui sono rimasti feriti due bambini e un’insegnante. Si tratta del capo Ufficio tecnico del Comune, del direttore dei lavori, dei titolari delle due ditte che hanno eseguito le opere di ristrutturazione e del collaudatore. Ma al momento, a quanto si apprende, non vi è stata alcuna iscrizione nel registro degli indagati, né avviso di garanzia.

La posizione del Miur
Durante la sua visita di ieri nella scuola elementare “Pessina” il sottosegretario Davide Faraone ha annunciato che il 22 aprile sarà presentata l’anagrafe dell’edilizia scolastica «in cui tireremo fuori casi come questo, e anziché tenerli secretati nei cassetti del ministero, li renderemo pubblici. I cittadini – ha aggiunto – devono sapere dove portano i loro bambini, gli insegnanti devono sapere in che scuole entrano». Nel sottolineare che «chi ha delle responsabilità deve pagare», Faraone ha sottolineato che «abbiamo il dovere dell’assoluta chiarezza». Qualche ora prima lo stesso sottosegretario si era soffermato sulle risorse che il governo ha messo a disposizione per gli interventi di edilizia scolastica:«Abbiamo investito 4 miliardi in due anni, tra il 2014 e il 2016. Alcuni interventi – ha specificato – sono stati realizzati, altri cantieri sono partiti e non si sono conclusi, altri inizieranno alla fine di quest’anno. Se sono sufficienti? No, sono una importante boccata d’ossigeno, ma la situazione delle scuole in questo Paese e’ molto grave. Servirebbero 12 di miliardi? È una stima plausibile».

Alunni stranieri in «costante e significativa» crescita

da Il Sole 24 Ore

Alunni stranieri in «costante e significativa» crescita

di Nicola Barone

Crescono in modo «costante e significativo» le iscrizioni degli alunni stranieri. Dal 2001/02 al 2013/14 essi sono quadruplicati se si considera che si è passati da 196.414 (il 2,2% della popolazione complessiva) a 802.844 allievi (il 9% del totale). Sono alcuni dei dati del Rapporto “Alunni con cittadinanza non italiana. Tra difficoltà e successi” elaborati da ministero dell’Istruzione e la Fondazione Ismu. Gli iscritti stranieri fra il 2009/2010 e il 2013/2014 sono cresciuti con ritmi del 19,2% a fronte di un decremento del -2,0% nelle presenze di alunni italiani. Gli allievi italiani sono diminuiti in tutti i livelli scolastici, mentre gli alunni stranieri sono cresciuti in tutti gli ordini e gradi, soprattutto nelle scuole dell’infanzia e nelle scuole secondarie di secondo grado. Negli ultimi 5 anni si è assistito a un aumento delle presenze di stranieri nelle scuole non statali (+16% nel 2013/14 rispetto al 2009/2010). Per quanto riguarda gli italiani, nello stesso periodo, il declino numerico che li caratterizza è più accentuato nelle scuole non statali (-7,5% in 5 anni) rispetto a quelle statali (-1,1%).

Più numerosi i rumeni
Nella graduatoria delle presenze figurano in testa i romeni (154.621), gli albanesi (107.847) e i marocchini (101.176). Le femmine sono meno numerose dei maschi e corrispondono al 48% del totale (385.365), una percentuale di poco inferiore a quella osservata tra gli italiani (48,3%). La componente femminile prevale solo nelle scuole secondarie di secondo grado.

Svetta la Lombardia
La Lombardia si conferma come la prima regione per maggior numero di alunni stranieri (197.202), ma anche per il numero più alto di alunni in generale (1.409.671), seguita da Emilia Romagna (93.434), Veneto (92.924), Lazio (77.071), e Piemonte (75.276).

I nati in Italia sono la maggioranza
Un dato «particolarmente significativo» da segnalare è che i nati nel nostro Paese costituiscono ormai la maggioranza di questi alunni. Infatti nell’anno scolastico considerato costituiscono il 51,7% (415.283) degli alunni stranieri. Tra il 2007/8 e il 2013/14 si evidenzia una crescita esponenziale di nati in Italia nelle scuole secondarie, in cui questi alunni si sono quasi triplicati (scuole di primo grado) o più che triplicati (secondarie di secondo grado). Un approfondimento specifico sulla distribuzione territoriale evidenzia che il primato lo detiene il Nord-Ovest, che accoglie nell’anno scolastico 2013/14 167.182 nati in Italia (40,2%), seguito dal Nord-Est (123.142, 29,6%), dal Centro (93.094 pari al 22,4%), e dal Sud e dalle Isole (31.865, 7,8%). La Lombardia è la regione con il maggior numero di alunni nati in Italia (oltre 110mila unità).

Preferiscono gli istituti tecnici ai professionali
Per la prima volta dagli inizi degli anni Duemila, nell’anno 2013/14 gli istituti tecnici rappresentano l’indirizzo maggiormente scelto dagli alunni stranieri (38,5%). Gli istituti professionali perdono quindi il primato degli anni precedenti, passando al secondo posto (37,9%), seguiti dai licei (23,5%). Questo maggior spostamento verso le scelte liceali risulta prevalentemente influenzato dalle scelte degli alunni nati in Italia, che si orientano maggiormente verso istituti tecnici (41,1%) e licei (29,6%).

Scuola, per essere assunti i prof meridionali si apprestano a un nuovo esodo al Nord

da Repubblica.it

Scuola, per essere assunti i prof meridionali si apprestano a un nuovo esodo al Nord

Effetto delle centomila assunzioni previste: i posti liberi sono in maggioranza nelle regioni settentrionali mentre i precari sono prevalentemente al Sud. Secondo le proiezioni almeno in diecimila dovranno trasferirsi per non rinunciare alla cattedra

di SALVO INTRAVAIA

Migliaia di precari meridionali con la valigia pronta alla conquista di una cattedra al Nord. E al ministero  dell’Istruzione si lavora per evitare l’ennesimo esodo di supplenti del Sud nelle regioni settentrionali.

La riforma scolastica voluta dal premier Matteo Renzi per rilanciare l’economia del Paese e gettare le basi della scuola italiana del terzo millennio è approdata in Parlamento da qualche giorno e tutti sperano in una rapida conversione in legge del testo presentato dal governo il mese scorso. Perché, tra i punti di maggiore interesse c’è il piano da 100mila assunzioni attraverso il quale il governo intende chiudere l’esperienza del precariato della scuola nel nostro Paese. Un’occasione unica per oltre 100mila aspiranti docenti in attesa da anni di una sistemazione definitiva. Ma, dai primi conteggi, il grosso dei posti disponibili è nelle regioni settentrionali, mentre per tradizione è al Sud che le graduatorie provinciali sono affollatissime.

E tra i tanti problemi che l’esecutivo si trova ad affrontare in questi giorni c’è anche quello di un possibile trasferimento in massa di precari verso le regioni padane. Perché l’immissione in ruolo che fra qualche settimana verrà offerta a decine di migliaia di inclusi nelle liste ad esaurimento rappresenta l’ultima chance per ottenere la cattedra attraverso il meccanismo del precariato. Coloro che rifiuteranno l’assunzione, magari a centinaia di chilometri da casa, non avranno altre opportunità. E, se vorranno continuare ad inseguire una cattedra nella scuola, dovranno passare   attraverso il nuovo concorso pubblico che dovrebbe essere bandito nel 2016.  Per questa ragione, in parecchi stanno mettendo in conto qualche anno di sacrifici al Nord, lontani dalla famiglia.

Per comprendere il complesso fenomeno della distribuzione dei 100mila posti del mega piano di assunzioni della Buona scuola, basta partire dalla relazione tecnica allegata al disegno di legge, che snocciola una serie di numeri. Le 100.701 cattedre che saranno assegnate dal prossimo primo settembre risultano dalla somma dei posti lasciati liberi dai pensionamenti  –  18.536 in tutto  –  dalle assunzioni del cosiddetto Piano Carrozza per la stabilizzazione degli insegnanti di sostegno  –  altri 8.895 posti  –  dalle 24.458 cattedre vacanti occupate a vario titolo dai supplenti e da 48.812 cattedre dell’Organico dell’autonomia con il quale la coppia Renzi-Giannini intende modernizzare la scuola italiana. Ma, senza quote compensative  –  in base ad una elaborazione di Repubblica su dati forniti dal Miur  –  oltre 45 cattedre su cento saranno disponibili nelle regioni settentrionali perché è proprio al nord che si sono registrati più pensionamenti e che il Piano Carrozza prevede di assumere più insegnanti di sostegno. E ancora: oltre metà dei 24mila posti vacanti, occupati quest’anno dai supplenti, sono nelle regioni del Nord.

Soltanto i 48mila posti dell’organico dell’autonomia potranno equilibrare in parte la prevalenza di posti al Nord. Se la distribuzione dei posti dell’organico dell’autonomia  –  che in totale conta quasi 49mila posti  –  avverrà sulla base delle classi, le regioni meridionali e quelle settentrionali riceveranno lo stesso numero di posti: poco meno di 20mila. Ma al sud potrebbero andare più posti per contrastare la dispersione scolastica. Si tratta della quota perequativa su cui stanno lavorando i tecnici del ministero che da giorni effettuano simulazioni sulla distribuzione dei 100.701 posti del piano di assunzioni. Il problema è che 45 precari della scuola su cento sono inseriti nelle liste delle province meridionali, dove dovrebbero essere assegnate 33mila cattedre. La restante parte, circa 12mila supplenti, dovrebbe accettare un posto in una regione diversa da quella in cui è  iscritto e dove probabilmente risiede. E anche se il ministero dovesse spostare 2mila cattedre da Nord a Sud per contrastare la dispersione scolastica, saranno almeno 10mila i supplenti meridionali che dovranno organizzarsi per una lunga permanenza al Nord.

Giannini: “Basta accuse. Stiamo mantenendo tutti gli impegni presi”

da La Stampa

Giannini: “Basta accuse. Stiamo mantenendo tutti gli impegni presi”

Il ministro: nessun taglio rispetto ai 3,7 miliardi stanziati un anno fa per l’edilizia scolastica. Ci assumiamo le responsabilità, gli enti locali facciano altrettanto
flavia amabile

roma

«La scuola deve essere un luogo in cui stare sicuri», prometteva un anno fa il premier Matteo Renzi. Stefania Giannini, ministra dell’Istruzione, era al suo fianco.

Ministra Giannini, quella frase sembra una beffa dopo un anno in cui abbiamo assistito ad una media di un crollo al mese e ieri anche al ferimento di due bambini.

«Sono stati assunti impegni molto precisi da parte del governo. Ad aprile di un anno fa è partito il piano di finanziamento dell’edilizia con impegni che stanno scorrendo nell’agenda di governo con grande regolarità. Programmiamo e finanziamo tutto quello che è stato previsto in modo tale da mettere in sicurezza i 42 mila edifici scolastici italiani».

Nel frattempo, però, le scuole crollano.

«Il governo sta mantenendo i suoi impegni. Per quel che riguarda Ostuni, ci siamo attivati immediatamente perché è nostro compito essere al fianco di bambini, genitori, insegnanti. dirigenti, ma bisogna anche ricordare che non ci troviamo di fronte ad un caso di mancati lavori o di trascuratezza come è accaduto in passato quando non siamo riusciti ad arrivare in tempo».

Che cosa è successo invece in questo caso?

«Ci troviamo di fronte ad un cantiere che si è chiuso a dicembre. Come il governo si assume le sue responsabilità altrettanto devono fare gli enti locali competenti in questa vicenda. So che l’amministrazione ha attivato un’indagine, ed è chiaro che è fondamentale capire che cosa è successo davvero. Noi saremo lì con il sottosegretario Faraone e daremo il nostro sostegno ma se l’edificio ha avuto una ristrutturazione anomala o dei lavori o un collaudo non perfetti, il principio di responsabilità vale per tutti. E chi è responsabile dovrà pagare».

Forza Italia vi accusa di aver annunciato molto più di quello che avete realizzato: 3,7 miliardi di stanziamenti ma ne avete sbloccato solo uno.

«Se si sommano tutti gli interventi previsti si arriva esattamente alla cifra di 3,7 miliardi. È chiaro che si tratta di finanziamenti che sono spalmati dal 2014 al 2017 ma la cifra c’è tutta se si prendono in considerazione i fondi stanziati per gli interventi per le Scuole Belle, quelli per le Scuole Sicure e quelli per le Scuole Nuove, i mutui agevolati concessi dalla Bei, i fondi Pon e quelli previsti nel ddl della Buona Scuola».

Eppure Sel denuncia la scomparsa di 489 milioni di fondi dall’ultima manovra.

«Voglio essere positiva e pensare che non ci sia stata malafede ma semplicemente una cattiva interpretazione delle bozze del Def. Mi era arrivato infatti un campanello d’allarme su questa scomparsa e ho voluto controllare. Credo che qualcuno abbia fatto confusione tra le bozze che ha portato alla scomparsa di un fondo che è nell’esercizio di bilancio del Ministero delle Infrastrutture e che comunque è già stato utilizzato nel 2010 e nel 2012, non è un finanziamento che compete a questo governo».

Ma in che condizioni sono davvero le scuole italiane?

«Lo diremo dopo 18 anni di silenzio il 22 aprile anche se ancora sei regioni sono in ritardo nella consegna dei dati».

Uno dei primi atti del governo in materia di edilizia scolastica è stata la creazione di un’Unità a Palazzo Chigi per affiancare e comunque gestire competenze che fino ad allora erano appartenute al Miur. In pratica vi hanno commissariato…

«No, è stato piuttosto un rafforzamento della squadra, ed è stato importante gestire tutta la materia dell’edilizia con l’Unità di missione. Stiamo affrontando dossier silenti da anni, stiamo facendo un lavoro che è davvero straordinario recuperando una serie di temi che finora non hanno funzionato per vari motivi. Il lavoro di squadra e l’integrazione delle nostre competenze sono assolutamente necessari».

Che cosa non ha funzionato in passato?

«Detto in due parole: scegliere e decidere. Il compito della politica deve essere proprio il saper scegliere, la creazione di una scala di priorità. Non ha funzionato. Da quanti anni non si sentiva parlare di scuola con questa ossessività? Poi si possono criticare i contenuti e la democrazia è un terreno fertile su questo, ma non è in discussione la centralità della scuola per questo governo».

Lasciare la scuola costerà caro

da ItaliaOggi

Lasciare la scuola costerà caro

Al prof che cambia amministrazione 500 in meno al mese

Antimo Di Geronimo

I  docenti che sono stanchi di insegnare potranno chiedere di passare in altre amministrazioni dello stato. A patto che siano disposti a rinunciare a tutti gli scatti di carriera fin qui maturati e che si accontentino di uno stipendio più basso. È quanto si evince dalo schema di decreto predisposto dalla Funzione pubblica in vista dell’avvio della discussione davanti alla conferenza unificata, che dovrebbe cominciare nei prossimi giorni.

Il provvedimento, malgrado tutto, sembrerebbe andare incontro alle attese di molti docenti che aspirano a cambiare lavoro.

Negli ultimi decenni, il costante peggioramento della qualità della vita nelle classi ha determinato un aggravamento dell’onerosità della prestazione. E a ciò ha fatto seguito anche un forte inasprimento del rapporto gerarchico verticale tra docenti e preside. Tanto per fare un esempio, mentre fino a qualche anno fa il preside poteva sospendere autonomamente un alunno indisciplinato, mentre doveva chiedere l’intervento di un’autorità superiore per sospendere un docente, adesso le cose si sono capovolte: il dirigente scolastico può sospendere un docente, senza il concorso di altra autorità, ma non può sospendere un alunno che si comporta male. In quest’ultimo caso, infatti, è necessario un provvedimento collegiale del consiglio di classe.

Il risultato è che, secondo recenti statistiche derivanti dall’esame di dati Inpdap sulle richieste di pensione per inabilità, la categoria dei docenti sarebbe due volte più soggetta a patologie da burn out rispetto alla categoria degli impiegati. Il dato non deve sorprendere.

Allo stress dovuto alle dinamiche relazionali tipiche della professione va aggiunto anche il peso di un alto tasso di pendolarismo, che pesa direttamente sull’onere della prestazione. Di qui la legittima aspirazione di andare a lavorare in altre amministrazione dello stato. Che al di là dei luoghi comuni, è molto più diffusa di quanto si creda. La prospettiva di un lavoro ad orari fissi (flessibili al bisogno) senza l’assillo della correzione dei compiti e dello studio casalingo per preparare le lezioni, le ferie anche in periodi diversi dall’estate e, soprattutto, la stabilità della sede di lavoro, rendono la mobilità intercompartimentale particolarmente appetibile.

Ma chi opterà per questa soluzione dovrà prepararsi ad accettare uno stipendio più basso: i docenti delle secondarie saranno inquadrati nel ruolo dei funzionari (area C) e gli insegnanti di scuola dell’infanzia e della primaria nel ruolo degli impiegati di concetto (area B). Ma riceveranno uno stipendio pari a quello di un vincitore di concorso neoassunto. La perdita salariale, dunque, potrà arrivare fino a 500 euro in meno, netti mensili. Per la mobilità volontaria, infatti, la bozza di decreto non prevede la possibilità del cosiddetto assegno ad personam. E cioè il mantenimento dello stesso stipendio che si percepiva nell’amministrazione di provenienza (ma con il blocco degli scatti di anzianità). Quest’ultima ipotesi, però, non è applicabile alla scuola. Perché la legge consente il mantenimento del diritto a continuare a percepire lo stesso importo retributivo maturato solo nel caso in cui la mobilità intercompartimentale avvenga in sede di ricollocazione di personale in esubero. E ciò avviene solo quando non vi è possibilità di ricollocazione nella stessa amministrazione dove il lavoratore presta servizio.

Nella scuola, infatti, la ricollocazione avviene tramite le utilizzazioni. E ciò preclude l’insorgenza (peraltro non auspicabile) delle condizioni per la mobilità intercompartimentale coattiva. Va detto inoltre che la mobilità intercompartimentale a domanda è un diritto che può essere soddisfatto solo in presenza del previo nulla osta dell’amministrazione di appartenenza e dell’accettazione da parte dell’amministrazione ricevente. Che può essere negata. Anche se la legge vieta alle amministrazione la possibilità di mettere posti a concorso in assenza del previo tentativo di coprire i posti accettando le domande di dipendenti provenienti da altre amministrazioni.

Buona scuola, ecco le prime modifiche

da ItaliaOggi

Buona scuola, ecco le prime modifiche

La relatrice Coscia (Pd) annuncia: anno di transizione per i nuovi incarichi ai prof e criteri ai dirigenti

Alessandra Ricciardi

È stata la relatrice, Maria Coscia (Pd), a individuare i primi filoni di intervento che saranno concretizzati nei prossimi giorni in emendamenti, il cui termine ultimo è stato fissato per sabato 18 aprile, anche se «con possibilità di modifica, se necessario», come precisa la Coscia. Al termine delle audizioni l’obiettivo della maggioranza parlamentare resta quello di licenziare il testo entro gli inizi di giugno, «se prevarrà la responsabilità di tutti i gruppi», precisa Francesca Puglisi, responsabile scuola del Pd. Tra le modifiche che si annunciano, la previsione di incarichi provvisori per il primo anno per i docenti che saranno assunti grazie alla riforma: dovrebbe consentire, precisa la Coscia, di gestire meglio la mobilità.

Nel mirino la previsione che a proporre l’incarico ai 110 mila neo assunti, un incarico triennale e rinnovabile, siano direttamente i dirigenti scolastici. Dalla formulazione della norma, sembrerebbe che la proposta di incarico possa riguardare anche i vecchi assunti e non solo quanti di questi faranno domanda di mobilità andando a ricadere nella nuova regolamentazionene. «Ancora più in generale, occorrerà chiarire come si coordini la previsione di attribuzioni di incarichi triennali con la previsione che destinatario di tali incarichi risulti personale assunto a tempo indeterminato». La stessa perplessità è stata sollevata dai sindacati: cosa fare nel caso di un docente a cui non arrivano proposte di incarico oppure ne arrivano da più dirigenti?

Secondo la Coscia, è opportuno limitare anche discrezionalità dei dirigenti (un altro dei punti del ddl bersagliato da sindacati e associazioni professionali di categoria), definendo «criteri di carattere generale da indicare ai dirigenti per l’individuazione dei docenti da reperire». Si prefigura poi come necessario anche un emendamento sull’indicazioni obbligatorio da parte dei neo assunti di un ordine di preferenza tra tutti gli albi territoriali in cui essere iscritti, per garantire «il corretto funzionamento del meccanismo di assegnazione dei posti «e anche per evitare che nel caso di indisponibilità di cattedre vuote «non si proceda all’assunzione». Sarà certamente oggetto di numerosi emendamenti anche il divieto di assegnare incarichi di supplenza per più di tre anni, così come è prevedibile uno scontro sul destino degli iscritti in graduatoria di istituto. «Da parte nostra c’è la disponibilità a valutare i miglioramenti proposti da tutti i gruppi parlamentari, fermo restando l’impianto generale del provvedimento», promette la Coscia.

Forza Italia, Sel e M5s hanno chiesto lo stralcio della parte riguardante le assunzioni dei docenti precari, ma la relatrice lo respinto precisando che con lo stralcio del piano assunzionale «verrebbe meno la riforma».

Sicurezza, gli insegnanti devono sapere in che scuole entrano

da La Tecnica della Scuola

Sicurezza, gli insegnanti devono sapere in che scuole entrano

A dirlo è stato il sottosegretario Davide Faraone, a Ostuni dove sole poche ore prima è crollato un pezzo di intonaco in un’aula: dobbiamo recuperare, dopo anni di abbandono e incuria. Tra pochi giorni ci occuperemo dell’anagrafe edilizia. L’altro sottosegretario, Angela D’Onghia, invoca la riforma degli appalti pubblici per restituire trasparenza ed efficienza. Intanto, mentre in un istituto di Olbia si stacca una plafoniera andando a finire su un banco vuoto, per accertare le responsabilità della ‘Pessina’ la procura di Brindisi ipotizza reati di crollo e lesioni.

“Il 22 aprile ci occuperemo dell’anagrafe edilizia in cui tireremo fuori casi come questo, e anziché tenerli secretati nei cassetti del ministero, li renderemo pubblici. I cittadini devono sapere dove portano i loro bambini, gli insegnanti devono sapere in che scuole entrano”. A dirlo è stato il sottosegretario all’Istruzione, con delega all’Edilizia scolastica, Davide Faraone, parlando con i giornalisti ad Ostuni dove sole poche ore prima è crollato un pezzo di intonaco in un’aula della scuola primaria ‘Pessina’, causando il ferimento di due alunni e di una maestra.

“La buona scuola – ha aggiunto Faraone – è anche edilizia scolastica. Noi abbiamo un patrimonio immobiliare in questo Paese che non è stato curato negli anni, la manutenzione delle scuole e delle strade sono sempre stati un fatto quasi secondario. Noi crediamo che sia una priorità, ma dobbiamo recuperare, dopo anni di abbandono e di incuria. Quindi – ha concluso – anche quando investiamo quattro miliardi di euro sull’edilizia scolastica, e invertiamo la tendenza, può sembrare poco ma è già un grande intervento”.

Le parole del sottosegretario sono arrivate subito dopo che la procura di Brindisi ha subito disposto il sequestro della scuola primaria. Intanto, va avanti nell’attività investigativa e ha ipotizzato reati di crollo e lesioni, al momento a carico di ignoti. La polizia che, con i vigili del fuoco, ha terminato il primo giro di audizioni e accertamenti, ha sottoposto al vaglio del pm inquirente, Pierpaolo Montinaro, cinque nominativi di persone che potrebbero essere in qualche modo chiamate a chiarire la propria posizione. Si tratta del capo dell’Ufficio tecnico di Ostuni, del direttore dei lavori, dei responsabili delle due ditte che li hanno eseguiti e del collaudatore. Sarà il magistrato a decidere se iscriverli nel registro degli indagati, se limitarsi alla rosa indicata dagli investigatori o se considerare anche altre posizioni.

E sarà una valutazione che si dovrà fare velocemente, per procedere poi con le notifiche delle informazioni di garanzia per un accertamento tecnico irripetibile che la procura intende disporre al più presto. Una perizia tecnica all’interno della scuola elementare di piazza Italia per verificare con precisione cosa ha provocato il distaccamento di un pezzo di soffitto dal diametro di cinque metri, spesso tre centimetri.

Luca, il bambino che aveva subito le conseguenze più preoccupanti, intanto, è tornato a casa. “Ha trascorso una nottata tranquilla – ha raccontato la madre, Patrizia – è dolorante e gli è stata diagnosticata la frattura al setto nasale. Torneremo in ospedale per una nuova visita giovedì”.

E mentre si pensa ora al luogo dove ricollocare per la fine dell’anno scolastico i 687 alunni del “Pessina”, emerge che l’edificio utilizzato provvisoriamente durante la ristrutturazione della loro scuola, durata dal 2010 fino al dicembre 2014, era stato dichiarato inagibile subito dopo per gravi carenze strutturali.

In mattinata la visita del sottosegretario all’Istruzione, Angela D’Onghia: “Se in una scuola crolla il soffitto di sicuro non è un problema di risorse, anche perché quest’ultime ci sono e stono state nuovamente previste nel ddl La Buona Scuola nella parte dedicata all’edilizia scolastica. Piuttosto dovremmo chiederci come mai esistono strutture che risalgono agli anni ’30 perfettamente solide e lavori di ristrutturazione degli stessi edifici che durano soltanto qualche settimana. Sono d’accordo con il ministro Delrio e con il presidente dell’Autorità Nazionale per l’anticorruzione Cantone sulla riforma degli appalti pubblici per restituire trasparenza ed efficienza all’intero sistema”, ha concluso D’Onghia.

Intanto, su quando riprenderanno le lezioni non ci sono ancora precisi ragguagli. Giovedì mattina sono previste ulteriori riunioni per valutare almeno un paio di soluzioni. In ogni caso si dovrà chiedere ospitalità ad altri istituti. Il sindaco è fiducioso: “la campanella potrebbe tornare a suonare già lunedì”.

Ma i casi di cronaca sul fronte dell’edilizia scolastica non si fermano più: il 14 aprile si registrato un nuovo crollo in un istituto di Olbia. Nel pomeriggio nella scuola elementare “Maria Rocca” una plafoniera si è sganciata dal soffitto ed piombata su un banco vuoto, trascinando con sé anche una seconda lampada. Al momento dell’incidente una quindicina di studenti si preparava con la maestra a lasciare l’aula. Si tratta della stessa scuola, ora dichiarata inagibile, colpita dall’alluvione del novembre 2013, con gli alunni che riuscirono miracolosamente a salvarsi dalla forza distruttrice dell’acqua.

Per l’Anief è grave che nel Def 2015 sia previsto che nel periodo 2015-2019 il fondo “La Buona Scuola”, in questi giorni all’esame del Parlamento, il finanziamento per il decoro e la funzionalità degli oltre 40mila plessi scolastici italiani sia pari ad appena 130 milioni di euro: “certo, per l‘edilizia scolastica sono previsti anche altri fondi, ma per comprendere la pochezza del provvedimento basta pensare che, nello stesso periodo, le scuole paritarie avranno risorse per 1 miliardo di euro”, sostiene il sindacato autonomo. Che ricorda anche comeil modesto investimento del Governo per il comparto scuola” sia “in palese contraddizione con quanto espresso 14 mesi fa dallo stesso Esecutivo, che ha messo al primo posto dell’agenda di interventi proprio la riqualificazione dell’istruzione pubblica a partire dal risanamento dell’edilizia scolastica”.

Sciopero a metà maggio? Le regole non lo consentono

da La Tecnica della Scuola

Sciopero a metà maggio? Le regole non lo consentono

In realtà fino al 19 maggio non si potranno più fare altri scioperi.
C’è chi parla di una confluenza sulla data del 12 maggio, già scelta dai Cobas per uno sciopero di docenti e Ata della secondaria. Ma l’ipotesi appare molto improbabile.

I sindacati confederali stanno parlando di uno sciopero da farsi entro la metà di maggio, ma forse non hanno fatto bene i conti.
Le norme attuali, infatti, prevedono che fra un’azione di sciopero e l’altra debbano intercorrere almeno 7 giorni.
Il primo sciopero programma è quello dell’Unicobas del 24 aprile, quindi quello successivo potrebbe essere lunedì 4 maggio; ma siccome il 5 e il 6 sono già programmati due giorni di sciopero dei Cobas, in concomitanza delle prove Invalsi, bisognerebbe slittare alla settimana successiva.
A quel punto, però, si incrocia un nuovo sciopero Cobas (12 maggio) rivolto alla scuola secondaria, sempre in concomitanza con le prove Invalsi.
Ed ecco che la prima data davvero utile è quella del 19 maggio, quando però il disegno di legge sulla scuola potrebbe essere già stato approvato dalla Camera.
Per la verità è già da qualche giorno che circola la voce che potrebbe esserci addirittura una convergenza sulla data del 12 maggio, ma l’ipotesi sembra molto improbabile.
Oltretutto è molto difficile che Cisl, Uil e Snals possano decidere per uno sciopero da farsi esattamente nella giornata delle prove Invalsi; nel corso di una recente assemblea dei “lavoratori autoconvocati”, Mimmo Pantaleo si è mostrato possibilista, ma questo significherebbe un ulteriore allontanamento dagli altri sindacati rappresentativi (peraltro sarebbe inusuale la convergenza di Flc su una data già decisa dai Cobas).
In realtà le parole spese fin qui dai sindacati su un ipotetico sciopero sembrano più un “segnale” inviato al Governo che non un serio tentativo di chiedere a docenti e Ata di incrociare le braccia.
In ogni caso se vogliono davvero andare in questa direzione è bene che facciano in fretta perchè non è detto che qualche altro sindacato minore non proclami uno sciopero per l’ultima settimana di maggio.  A quel punto non si sarebbe più spazio per nessun’aaltra azione.