Disegno di legge “la buona scuola”
PERCHE’ E’ NECESSARIO STARE DALLA PARTE DEI DOCENTI
Gli emendamenti al DDL: la logica è quella del compromesso fra i poteri (del nulla) all’interno della scuola
di Giuseppe Guastini
Dopo lo sciopero del 5 maggio il governo, per il tramite di esperti del PD, ha dichiarato la disponibilità a patteggiare alcune modifiche al testo del DDL 2994 la “buona scuola” (molti ormai lo chiamano la “bona scuola”).
Tra gli emendamenti proposti il più osservato riguarda la “scelta” dei docenti da incaricare nella singola istituzione scolastica.
http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0029700.pdf
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Art. 2
9. Il piano triennale dell’offerta formativa è elaborato dal dirigente scolastico, sentiti il collegio dei docenti e il consiglio d’istituto nonché con l’eventuale coinvolgimento deiprincipali soggetti economici, sociali e culturali del territorio.
Art. 7
3. L’attribuzione, da parte dei dirigenti scolastici, degli incarichi ai docenti, avviene nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri:
a) attribuzione di incarichi di durata triennale rinnovabili…..;
b) pubblicità dei criteri che ciascun dirigente scolastico adotta per selezionare i soggetti cui proporre un incarico, tenuto conto del curriculum del docente;
c) pubblicità degli incarichi conferiti e della relativa motivazione…..e pubblicità del curriculum nel sito internet istituzionale della scuola;
4. I ruoli del personale docente sono regionali, articolati in albi territoriali, suddivisi in sezioni separate per gradi di istruzione, classi di concorso e tipologie di posto. |
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CHI PUO’ AVERE INTERESSE A UMILIARE I DOCENTI ?
Le relazioni inter-professionali prima del DDL potevano essere riferite al modello detto della comunità professionale, ossia un’organizzazione:
- a) pensata per integrare competenze diverse (DS, docenti, personale ATA) in funzione della
comune mission educativa;
- b) consistente non nella semplice sommatoria degli individui che la compongono ma dotata di una
propria identità globale, in grado di influenzare (nel bene e nel male) i comportamenti dei singoli
(vedi i sistemi complessi secondo E. Morin).
Questo modello ha funzionato poco e male ma soprattutto a causa delle gravi carenze delle politiche governative (potrei farvi un elenco sterminato di gravi e gravissimi errori governativi ma dovrei scrivere un libro; per cui fidatevi di quello che vi dico).
Il DDL 2994 sconvolge completamente il modello della comunità professionale collocando la funzione docente nella triste posizione del dover “essere scelto” (non importa da chi) per tre anni e, eventualmente, rinnovato nell’incarico.
Chi può avere interesse a trasformare la funzione docente in un prodotto da bancone dove andare a fare shopping ? Si può ragionevolmente presumere che l’idea governativa alla base di siffatto modello sia questa: la necessità di essere preferiti e rinnovati spingerà i docenti a migliorarsi continuamente e l’intero sistema ne beneficerà.
Insomma, dopo la legge elettorale, ci troviamo di fronte ad un ulteriore modello pedagogico (nel senso che “insegna” agli insegnanti a migliorarsi).
Se ci fate caso, il nuovo sistema di reclutamento ricorda vagamente il caporalato.
Ma il ragionamento governativo mostra le natiche: tutte le teorie delle organizzazioni e le buone pratiche attestano infatti che sono i sistemi cooperativi e non quelli competitivi ad essere i più produttivi.
La vera soluzione al problema della qualificazione dei docenti sta, ancora una volta, nel buon governo della scuola; chi ha responsabilità di governo deve assicurare:
- a) chi accede alla funzione docente deve essere in possesso del profilo di competenze necessario
per esercitare questo mestiere;
- b) la manutenzione costante del predetto profilo.
Un buon governo non può operare in deficit rispetto a queste elementari regole e poi delegare ad altri il compito di scegliere.
Tra l’altro, tutti i docenti riportati negli albi territoriali dovranno, in un modo o in un altro, essere tutti scelti; quindi…..
IL NOCCIOLO DELLA QUESTIONE
Dai resoconti giornalistici si ricava la sensazione che il criterio-guida alla base degli emendamenti governativi corrisponde non tanto a esigenze di qualità, funzionalità o dignità professionale quanto a trovare un compromesso fra poteri, in particolare tra quelli del dirigente scolastico e docenti.
L’intento evidentemente è quello di acquietare (o magari dividere) i sindacati.
Si tratta di un atteggiamento mentale tipico del politico medio italiano, sviluppato attraverso l’esercizio continuo ed estenuante della mediazione fra interessi.
E’ del tutto evidente però che la vera questione non è “chi” sceglie ma il fatto che si dia luogo alla scelta. La circostanza che gli emendamenti governativi potranno comprendere il compromesso di affiancare al DS uno o più “comitati” rappresentativi degli interessi dei docenti non cambia la sostanza: il docente da attore della comunità scolastica viene sospinto oltre la frontiera sud, quella della forza-lavoro a chiamata, scelto da un potere superiore e privo di una identità scaturente dalla appartenenza.
La comunità scolastica, a sua volta, sarà sempre più ricondotta a anonima sommatoria di scelti (talvolta desiderati, talaltra imbucati), sempre meno in grado di determinare quel valore aggiunto che solo l’identità comunitaria può esprimere.
Tutto questo non farà certamente bene alla scuola italiana.
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