DELLA CREDIBILITA’ DI RENZI E DELLA SCUOLA CHE VA IN MALORA

DELLA CREDIBILITA’ DI RENZI E DELLA SCUOLA CHE VA IN MALORA

 

Dopo l’improvvido annuncio democristiano da Prima Repubblica, fortunatamente Matteo Renzi sembra averci ripensato.

Addirittura una Conferenza nazionale sulla scuola, ma di un solo giorno! Del tutto inutile e controproducente: per sentirsi ridire da una pletora di vocianti sigle coalizzate, vieppiù amplificate dai riflettori dei mass media, che la madre di tutte le riforme non s’ha da fare, punto! E che bisogna solo stralciarvi il piano assunzionale di un proliferante precariato – composto sicuramente da docenti super qualificati, ma anche da chi nelle scuole non ci mette piede da anni e/o da chi, casualmente, si è trovato a calpestarne i pavimenti per un lasso temporale più o meno ragguardevole. Insomma, dentro tutti e poi si vedrà quello che sapranno o potranno fare; con buona pace di coloro che aspirano all’insegnamento percorrendo la via maestra del concorso ordinario, tracciata dall’articolo 97 della Costituzione, ma le cui porte resterebbero sbarrate per almeno un ulteriore triennio. E per il resto? Per il resto del disegno riformatore – opinabile quanto si voglia – la competenza, naturalmente, è dei tavoli negoziali, cioè un affare privato, siccome l’intera materia incide sul sacro rapporto di lavoro: dunque sottratta al Parlamento, vale a dire all’organo rappresentativo della sovranità popolare: certamente inclusiva di quelle centinaia di migliaia di strenui oppositori domestici, ma non di meno dei cinquantanove milioni di cittadini silenziosi, che pure hanno un interesse, diretto o indiretto, per una scuola decente e che non vada in malora.

Sembra dunque averci ripensato, il nostro presidente del Consiglio. E tra quarant’otto ore – salvo l’ennesimo revirement – sarà pronto un maxi emendamento su cui porre la fiducia e così chiudere la partita.

Allo stato degli atti è l’unico strumento a disposizione per la sua sopravvivenza.

Ma non sappiamo quanto rimarrà della buona scuola in esito al prezzo che dovrà aver pagato alla sua turbolenta minoranza interna che fa da sponda alle centrali sindacali di comparto e sindacatini autonomi, dei cui numeri ha bisogno per non rischiare di dover far fagotto.

E più che amputare i superpoteri del preside, un’autentica balla spaziale e furbescamente un falso bersaglio, si vocifera – a proposito del prezzo – che sarà decretato il de profundis degli albi territoriali e della correlata, e coerente, individuazione dei docenti ritenuti idonei dal dirigente scolastico – supportato o meno da comitati e/o organi interni professionali – alla realizzazione, con inerente vincolo, del Programma, o Piano dell’offerta formativa, triennale.

Perché il vero obiettivo dei sindacati della scuola è lo smantellamento degli istituendi albi territoriali che, in concorso con i potenziati poteri del dirigente e la creazione dell’organico dell’autonomia, sgretolano – in fatto – il barocco apparato impiegatizio su cui hanno fin qui fondato il loro potere, delle crescenti e ramificate tutele di un personale remunerato sì da pezzente, ma posto al riparo da qualsivoglia valutazione delle proprie prestazioni; apparato fatto di punteggi, di precedenze, di numero della prole, di riavvicinamenti al coniuge e familiari, di infinite graduatorie, in una parola di tutti quegli automatismi che dovrebbero, ancora e sempre, consentire di spostarsi ogni anno per trasferimento, assegnazione provvisoria, utilizzazione, così come di svincolarsi liberamente da un incarico o nomina, sempre a base volontaria ovvero attraverso passaggi democratici negli organi collegiali o nei debordanti contratti d’istituto, e sempre liberamente rinunciabili, punto o poco importando la prosecuzione di un progetto o la vanificazione di una sperimentazione in corso, attesoché non esistono – per definizione – diritti degli alunni o studenti, derubricati in varie ed eventuali.

Se questo sarà il prezzo della sopravvivenza di Renzi, è certo che a pagarlo sarà interamente la scuola-impieghificio. Che resterà irrimediabilmente nella palude in attesa di una sua naturale consunzione, che i venti della vicina Grecia potrebbero accelerare.

Se i posti sono vacanti, vanno coperti. Inaccettabile il ricatto del governo

Scuola. Se i posti sono vacanti, vanno coperti. Inaccettabile il ricatto del governo

Le immissioni in ruolo sui posti vacanti e il potenziamento dell’organico di docenti e Ata sono necessità vitali per il funzionamento delle scuole. Per questo sono urgenti.

L’ennesima minaccia del Presidente del Consiglio Renzi di non procedere alle stabilizzazioni se il disegno di legge sulla brutta scuola non viene approvato è una ripicca non solo contro i lavoratori, ma anche contro le famiglie e gli studenti.

Abbiamo dimostrato che i posti realmente disponibili sono, solo per i docenti, 134.000 a prescindere dall’organico potenziato. Nessun regalo dal Governo, quindi, ma il riconoscimento a chi per anni, da precario, ha consentito il regolare svolgimento delle lezioni.

Per queste ragioni continuiamo a chiedere lo stralcio delle assunzioni e tempi più distesi per cambiare radicalmente il pessimo disegno di legge che cancella diritti, libertà e democrazia. Fino a ora non vi è stato alcun cambiamento reale del provvedimento che trasforma le istituzioni scolastiche in aziende, accentua le disuguaglianze sociali, nega il diritto allo studio e cancella contratti e contrattazione. Non garantisce nemmeno un piano di stabilizzazioni per tutti i precari docenti e Ata, anzi molti precari rischiano di perdere le supplenze per le norme assurde contenute nel disegno di legge. Non solo, la legge di stabilità 2015 taglia 2020 unità organiche Ata. Le deleghe consentono al Governo di procedere in maniera unilaterale su aspetti fondamentali per il futuro della scuola pubblica. Il sistema di istruzione ha bisogno di maggiori risorse, di valorizzazione delle competenze e delle conoscenze e di tanta partecipazione per favorire veri miglioramenti nella qualità dell’offerta formativa. Non cederemo ai ricatti e un provvedimento imposto non avrà facile applicazione.

Da domani si ritorna nelle piazze perché la scuola pubblica è organo costituzionale e non una proprietà privata del Governo e di alcune lobby.

Manifestazioni unitarie per la difesa della scuola pubblica sono previste nei giorni 23, 24 e 25 giugno.

Certificazione sperimentale delle competenze nel primo ciclo d’istruzione

Certificazione sperimentale delle competenze nel primo ciclo d’istruzione (CM 3/15)

di Salvatore Nocera

In attuazione di norme europee e ministeriali e di una sperimentazione selezionata avviata nel 2014, il MIUR ha emanato la C.M. n° 3/15 che generalizza la sperimentazione della certificazione delle competenze nella scuola del primo ciclo in vista di collegarla con quella relativa all’adempimento dell’obbligo scolastico, prevista alla fine del 2° anno delle scuole secondaria di secondo grado, e alla conclusione degli studi in modo da poter renderla obbligatoria a partire dall’a.s. 2016-2017.

La certificazione delle competenze si aggiunge alla valutazione delle conoscenze e delle abilità di cui al DPR n° 122/09, che è l’unica valutazione avente valore legale, e serve a verificare la capacità degli alunni nel saper applicare nei contesti di vita le conoscenze e le abilità acquisite durante i vari cicli di studio. Tale certificazione assume un’importante valore ai fini della spendibilità delle stesse a livello europeo potendo valere per l’inserimento lavorativo a parità di condizioni in ciascuno Stato; infatti lo schema di certificazione ha gli stessi contenuti in ogni paese dell’UE e quindi indica situazioni equivalenti di capacità indifferentemente mente su tutto il territorio dell’UE.

Le caratteristiche del sistema sperimentale della certificazione delle competenze indicate dalla C.M. n° 3/15 sono le seguenti:

“- ancoraggio delle certificazioni al profilo delle competenze definito nelle Indicazioni Nazionali vigenti (DM n. 254/2012);

– riferimento esplicito alle “competenze chiave” individuate dall’Unione Europea, così come recepite nell’ordinamento italiano;

– presentazione di indicatori di competenza in ottica trasversale, con due livelli di sviluppo (classe quinta primaria, classe terza secondaria I grado);

– connessione con tutte le discipline del curricolo, evidenziando però l’apporto specifico di più discipline alla costruzione di ogni competenza;

– definizione di 4 livelli, di cui quello “iniziale” predisposto per favorire una adeguata conoscenza e valorizzazione di ogni allievo, anche nei suoi progressi iniziali e guidati (principio di individualizzazione);

– mancanza di un livello negativo, attesa la funzione pro-attiva di una certificazione in progress delle competenze che, nell’arco dell’obbligo, sono in fase di acquisizione;

– presenza di uno o due spazi aperti per la descrizione di competenze ad hoc per ogni allievo (principio di personalizzazione);

– sottoscrizione e validazione del documento da parte dei docenti e del dirigente scolastico, con procedimento separato rispetto alla conclusione dell’esame di Stato;

– presenza di un consiglio orientativo, affidato alla responsabile attenzione dei genitori.”

 

Importantissimi sono inoltre gli allegati alla Circolare costituiti dai modelli di certificazione per la scuola primaria e secondaria di I grado e le linee guida per la loro compilazione di cui si suggerisce un’attenta lettura.

 

I modelli di certificazione sono costituiti da 4 colonne:

 

  1. la prima colonna riporta le competenze indicate dal Profilo finale dello studente previsto dalla Indicazioni Nazionali per il curricolo del 2012. Sono previste 12 competenze specifiche, più una 13° riga dove indicare eventuali altre competenze dell’alunno.

 

  1. La seconda colonna mette in relazione le competenze del Profilo con le competenze chiave definite dalla Raccomandazione del Quadro Europeo per le Qualifiche (EQF) emanata nel 2008 dal Parlamento europeo.

 

  1. La terza colonna indica le discipline che prevalentemente concorrono a sviluppare e a raggiungere le competenze del Profilo.

 

  1. La quarta colonna riporta infine i livelli da attribuire a ciascuna competenza.

 

I livelli possibili per ciascuna competenza sono:

A – Avanzato

L’alunno/a svolge compiti e risolve problemi complessi, mostrando padronanza nell’uso delle conoscenze e delle abilità; propone e sostiene le proprie opinioni e assume in modo responsabile decisioni consapevoli.

 

B – Intermedio

L’alunno/a svolge compiti e risolve problemi in situazioni nuove, compie scelte consapevoli, mostrando di saper utilizzare le conoscenze e le abilità acquisite.

 

C – Base

L’alunno/a svolge compiti semplici anche in situazioni nuove, mostrando di possedere conoscenze e abilità fondamentali e di saper applicare basilari regole e procedure apprese.

 

D – Iniziale

L’alunno/a, se opportunamente guidato/a, svolge compiti semplici in situazioni note.

 

Agli alunni con disabilità la Linee guida dedicano una particolare attenzione, in quanto stabiliscono che:

“Il modello nazionale per gli alunni con disabilità certificata viene compilato per i soli ambiti di competenza coerenti con gli obiettivi previsti dal piano educativo individualizzato (PEI).”

 


OSSERVAZIONI

1.

Il criterio adottato per la formulazione delle certificazioni delle competenze per gli alunni con disabilità è perfettamente coerente con la sentenza n° 215/87 della Corte Costituzionale secondo la quale capacità e merito degli alunni con disabilità non sono valutabili secondo criteri standard, ma sulla base delle loro personali peculiarità.

In pratica quindi chi dovrà compilare le certificazioni per questi alunni dovrà verificare in concreto quali profili disciplinari della prima colonna della scheda poter segnare, in quanto previsti dal PEI dell’alunno e quali no.

Rimane comunque il tredicesimo campo libero in cui posso essere indicate delle specifiche competenze di ciascun alunno.

Quanto ai livelli di competenza da indicare nella quarta colonna, sicuramente il livello “D – Iniziale” deve poter essere compilato, perché sulla base del PEI, sia pure a livelli minimali, tenuto conto del contesto conosciuto, ogni alunno, anche con disabilità molto grave, riesce ad esprimere le proprie competenze raggiunte.

 

2.

A tal proposito, sia pure rispettando la logica sperimentale dell’attuale certificazione, sembra eccessivamente prudenziale la annotazione di non individuare l’ipotesi di non raggiungimento neppure del livello “D – Iniziale”, anche perchè ciò non descrive l’effettiva realtà di singoli alunni, con o senza disabilità, che in quel momento non raggiungono in certi profili le competenze minimali.

 

3.

Come espressamente detto in questo complesso normativo risulta determinante la formazione dei docenti, sia curricolari che per il sostegno, sull’acquisizione delle capacità valutative delle competenze. Questo aspetto probabilmente potrebbe essere risolto quando verrà approvato il DDL sulla “Buona Scuola” che espressamente prevede l’obbligo di formazione in servizio per tutti i docenti.

Ripartiamo dal budget di salute

FISH a Lorenzin: ripartiamo dal budget di salute

Da quasi 700 giorni i fratelli Biviano conducevano la loro protesta vivendo in una tenda in Piazza Monte Citorio. Vittime anch’essi del raggiro noto con il nome “Stamina”, chiedevano dapprima di potersi “curare” con quel “protocollo” poi totalmente smontato dalla comunità scientifica e dalla stessa Magistratura.

Ma quando le infondate speranze diffuse da Vannoni e da “testimonial” compiacenti si sono rivelate a tutti per ciò che erano, è rimasta l’evidenza della condizione di abbandono dei fratelli Biviano, simile a moltissime altre storie di vita di persone con gravi patologie. In questo caso si tratta di distrofia facio-scapolo-omerale. I Biviano, assieme ad altre due sorelle, anch’esse con una grave patologia, vivono a Lipari e da anni denunciano l’assenza di servizi socio-sanitari adeguati.

“A distanza di quasi due anni esprimiamo soddisfazione constatando che almeno questo caso sembra essersi risolto e che i fratelli Biviano, grazie ad alcune rassicurazioni di alto profilo istituzionale e ad uno specifico progetto (che ci auguriamo non sia di mera teleassistenza), possono tornare alla loro casa.” Vincenzo Falabella, Presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, commenta così il comunicato ufficiale del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin.

Nel comunicato si legge infatti: “Il progetto del Ministero mette a disposizione della famiglia Biviano tutta la tecnologia più avanzata e personalizzata alle varie, imprevedibili, disfunzioni del sistema nervoso. Il sistema verrà governato da una centrale operativa che h24 gestirà il monitoraggio dei parametri vitali e manterrà adeguati i livelli di cure mediche sotto forma di farmaci e riabilitazione. È il tipo di risposta che vogliono i malati. Dobbiamo garantire loro la migliore qualità della vita possibile.”

Ma il Ministro Lorenzin va oltre il caso in sé con affermazioni che suonano come un impegno preciso anche per altri: “Questi malati ci chiedono di non essere abbandonati, di essere impegnati in un lavoro sostenibile, che dia loro dignità. Il progetto parte con la famiglia Biviano e potrà essere riprodotto in scala per tutte le persone affette da questo tipo di patologia. È un progetto che realizza gli obiettivi che ci siamo fissati: umanizzazione e cure domiciliari, che vuol dire assistenza in ambienti migliori, come la propria casa, a costi nettamente inferiori per il Sistema Sanitario Nazionale.”

Ed è su tali ipotesi che si concentra l’attenzione della FISH: “Questa affermazione, proprio nei giorni in cui la revisione dei nuovi Lea sanitari e socio-sanitari e del Nomenclatore degli ausili fermo dal 1999 viene messa in dubbio per mancanza di fondi, appare come una gradita sorpresa. Leggiamo dichiarazioni che sono in controtendenza rispetto a molte politiche nazionali e regionali. Si giunge al sospirato riconoscimento che il supporto alla domiciliarità, in alternativa al ricovero e alla segregazione, è un vantaggio anche economico per il Servizio Sanitario Nazionale. Abbiamo sempre affermato che si possa dignitosamente rimanere a casa propria solo grazie ad una rete di servizi socio-sanitari, perseguendo una reale integrazione socio-sanitaria e sostenendo efficacemente, ove richieste o necessarie, anche forme di assistenza indiretta. Le persone – ce lo ricorda l’articolo 19 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità – devono poter scegliere dove e con chi vivere.”

E prosegue il Presidente di FISH: “Il pensiero va ad un generale ripensamento dei servizi e delle politiche per l’inclusione e, quindi, a tutti gli interventi contro la segregazione delle persone. Se i timori sono quelli delle risorse, sappiamo che queste sono troppo spesso frammentate e disperse. La reale integrazione socio-sanitaria, la possibilità di attingere anche all’ambito sanitario per garantire l’inclusione, il coinvolgimento diretto della persona nell’elaborazione e realizzazione del suo progetto di vita sono possibili adottando modelli organizzativi già sperimentati con successo come il ‘budget di salute’: un patto fra Cittadino e servizi che offre tutte quelle garanzie con efficacia, trasparenza, equità.

Al Ministro Lorenzin chiederemo quali siano le procedure che le migliaia di altre persone nella condizione dei Biviano devono seguire per ottenere analoghi servizi, ma prima ancora quale sia lo scenario futuro in questi ambiti che riguardano la qualità della vita di migliaia di persone.”

Scuola, nuova lite governo-sindacati

da Il Sole 24 Ore

Scuola, nuova lite governo-sindacati

di Marzio Bartoloni

Sulla scuola il premier Renzi non molla e attacca: chi blocca la riforma blocca le assunzioni. Avanti dunque in Parlamento, nonostante le migliaia di emendamenti a cui il Governo risponderà quasi sicuramente con la fiducia, per varare la riforma al Senato entro la prossima settimana e incassare l’ultimo sì alla Camera con un’altra probabile fiducia entro metà luglio, termine ultimo per far scattare il piano da 100mila assunzioni su più tappe, ma comunque già da settembre.

«Non siamo noi che vogliamo fermarci, ma le assunzioni hanno senso solo se cambiamo la scuola, se c’è un nuovo modello organizzativo», ha scritto sabato scorso Renzi sulla sua newsletter enews dove ha ribadito la volontà di portare avanti tutte le riforme, a partire da quelle istituzionali che sfocieranno in un referendum costituzionale nel 2016. Ma è la scuola quella che finora gli sta riservando più spine: il premier ai suoi ha ricordato come le assunzioni «non siano certo un obbligo di legge, ma una intuizione di questo governo che ha scelto di investire sulla scuola a differenza del passato». «Ma assumere senza riorganizzazione – questo lo sfogo di Renzi – significa parcheggiare settantamila persone in un angolo a scuola per dare uno stipendio ai precari». Morale: «Se non passa la riforma saranno assunti solo i precari in base alla normativa vigente». E cioè circa 20mila del turn over.

Sabato sono stati i sindacati ad alzare di nuovo la pressione: serve subito un confronto, prima di nuovi passi avanti del Ddl, hanno ribadito unitariamente Cgil, Cisl e Uil. Che hanno rilanciato la richiesta di assicurare «comunque subito le assunzioni tramite decreto». Il piano dei sindacati è quello di continuare con le iniziative di protesta: a cominciare da martedì 23, giorno in cui in commissione cultura del Senato è prevista la ripresa dell’esame del testo. I due relatori, Francesca Puglisi (Pd) e Franco Conte (Ap), in realtà si incontreranno il giorno prima per limare il pacchetto di modifiche da inserire in un maxi emendamento che dovrebbe tener conto, anche, di alcune richieste delle opposizioni e della minoranza dem. Aggiustamenti che però non soddisfano i sindacati. «È chiaro che nel momento in cui procede a un maxiemendamento e alla fiducia, il Governo rifiuta il confronto con le organizzazioni sindacali e il mondo della scuola», ha detto il segretario della Cgil, Susanna Camusso. I sindacati ricordano che l’impegno, assunto dal Governo il 12 maggio, di avviare un confronto costruttivo per modificare i punti critici del testo di legge «si è risolto in un nulla di fatto». Da qui la richiesta di puntare subito allo scorporo dal Ddl delle 100mila assunzioni per inserirle in un decreto. È proprio il tema delle assunzioni ad essere al centro delle polemiche: «Assumere i precari è una assoluta priorità», ha detto il presidente della Commissione Lavoro alla Camera Cesare Damiano. Stefano Fassina, tra i dissidenti anti renziani della prima ora nel Pd, accusa Renzi per l’«imbarazzante raggiro» sulla conferenza nazionale sulla scuola annunciata dal premier per inizio luglio praticamente «a legge approvata». Fassina parla anche di «aggiustamenti cosmetici» a un Ddl inviso «alla stragrande maggioranza della scuola».

Ma quali sono gli aggiustamenti che saranno contenuti in questo maxi-articolo su cui si chiederà una quasi scontata fiducia che il presidente del Senato Pietro Grasso ha consigliato di «evitare se possibile»? Dopo le modifiche apportate dalla Camera dei deputati i nuovi possibili correttivi interesseranno le tre questioni chiave della riforma: merito e valutazione dei docenti, autonomia dei presidi nella gestione dell’istituto, e school-bonus. Per quanto riguarda poi il maxi-piano assunzionale da 100.701 posti si dovrebbe procedere “per tappe” e con una sorta di “clausola di salvaguardia” per consentire al ministero di stabilizzare in tranche le persone nel corso dell’anno scolastico 2015-2016: per chi non andrebbe subito in ruolo a settembre, si autorizzerebbe cioè una assunzione solo in termini “giuridici” per salvaguardare la posizione dell’interessato, per la carriera e la pensione, ma l’incarico a tempo indeterminato, dal punto di vista economico, scatterebbe solo a settembre 2016.

La mobilità forzata del dirigente pregiudica i processi di qualificazione dell’offerta formativa

da tuttoscuola.com 

La mobilità forzata del dirigente pregiudica i processi di qualificazione dell’offerta formativa

Tra le integrazioni al testo approvato alla Camera e in discussione al Senato è stato previsto l’inserimento di un dispositivo, proposto dalla relatrice di maggioranza, sen. Francesca Puglisi, che prevede un triennio di durata dell’incarico dirigenziale, confermabile per un ulteriore triennio.

Tre+tre al massimo.

Circa un mese fa era stato Sergio Cofferati ad affermare che i nuovi poteri riconosciuti al capo d’istituto, secondo il ddl Buona Scuola, lo avrebbero esposto concretamente al rischio di operare per l’interesse proprio o di altri, anziché per quelli della scuola.

L’ex-sindacalista aveva osservato che l’unico comparto pubblico sostanzialmente immune da interventi esterni finalizzati a soddisfare richieste non legittime ed estranee all’interesse pubblico è, a tutt’oggi, quello della scuola. Con il nuovo ruolo del dirigente, non più, secondo Cofferati.

Sull’onda di quell’ipotesi tutta da dimostrare, diversi esponenti dell’opposizione, anche all’interno del PD, hanno cavalcato quel timore, rendendo più arduo il ruolo di chi sarà chiamato a caricarsi sulle spalle la responsabilità della autonomia scolastica.

Non solo sceriffo, sindaco, podestà, ma anche… corruttibile.

E la maggioranza, forse per tacitare quelle pregiudiziali verso la dirigenza scolastica, ha pensato di disancorarlo il più possibile dalla sede di servizio, per evitare che metta le radici e, quindi, si esponga al rischio di gestire un potere asservito ad altri. Movimento, movimento…

Meglio, dunque, un dirigente di passaggio che non ha nemmeno il tempo di organizzare la scuola, impostare la programmazione educativa, conoscere e valorizzare le risorse umane affidategli?

E come si potrà pretendere che risponda dei risultati i cui processi sono stati avviati e gestiti da altri?

E se invece si puntasse sull’accountability (chi è colto in fallo e chi non raggiunge gli obiettivi viene rimosso) e sui controlli?

Se vi sarà il maxiemendamento, riteniamo necessario non inserire questa prospettata durata breve dell’incarico (oppure stabilire un periodo ancora più lungo, ad esempio tre mandati triennali) e prevedere, invece, controlli e verifiche sul raggiungimento dei risultati attesi.

Nuovo Comitato valutazione. Bene i criteri, male la composizione

da tuttoscuola.com 

Nuovo Comitato valutazione. Bene i criteri, male la composizione

Il comma 4 dell’art. 13 del Ddl prevede che dall’anno scolastico successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, l’articolo 11 del testo unico (decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297), è sostituito dal seguente: “Art. 11. – (Comitato per la valutazione dei docenti). – 1. Presso ogni istituzione scolastica ed educativa è istituito, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, il comitato per la valutazione dei docenti. 2. Il comitato ha durata di tre anni scolastici, è presieduto dal dirigente scolastico ed è costituito dai seguenti componenti individuati dal consiglio di istituto: a) due docenti dell’istituzione scolastica; b) due rappresentanti dei genitori, per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione; un rappresentante degli studenti e un rappresentante dei genitori, per il secondo ciclo di istruzione. 3. Il comitato individua i criteri per la valorizzazione dei docenti sulla base: a) della qualità dell’insegnamento e del contributo al miglioramento dell’istituzione scolastica; b) dei risultati ottenuti dal docente o dal gruppo di docenti in relazione al potenziamento delle competenze degli alunni e dell’innovazione didattica e metodologica; c) delle responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico”.

I criteri per la valorizzazione dei docenti (valorizzazione intesa come valutazione positiva) sono condivisibili e, tutt’al più, è opportuno che siano cogenti ai fini di una corretta applicazione.

Quel che, invece, va messa in discussione, è la composizione del Comitato e l’organo competente alla designazione. Genitori e studenti sono adatti a valutare i docenti? Del comitato, presieduto dal dirigente, non è più opportuno che facciano parte soltanto docenti, designati dal collegio dei docenti?

Non ci risulta che in organismi di altre categorie professionali (es. ordine dei medici) siano presenti rappresentanti dell’utenza. Perché nella scuola sì?

La soluzione delle classi-pollaio non rientra nei poteri dell’autonomia scolastica

da tuttoscuola.com 

La soluzione delle classi-pollaio non rientra nei poteri dell’autonomia scolastica

Il comma 3 dell’art. 2 del ddl S.1934 elenca una serie di obiettivi formativi rimessi alla scelta delle istituzioni scolastiche autonome.

Ma, mentre taluni obiettivi rientrano effettivamente nelle potestà organizzative di ciascuna scuola (ad esempio, l’apertura in orario pomeridiano, lo sviluppo/potenziamento di particolari competenze nel quadro degli insegnamenti o l’incremento dell’alternanza scuola-lavoro), vi sono, invece, altri obiettivi che vanno ben oltre l’ambito di intervento della singola scuola.

Ci riferiamo ad uno degli obiettivi indicati nella lettera n), laddove si pongono sullo stesso piano organizzativo l’“apertura pomeridiana delle scuole e la riduzione del numero di alunni e di studenti per classe”.

Si tratta di un tentativo un po’ semplicistico di risolvere il problema delle classi pollaio, un problema che è questione di sistema e che, quindi, ha le sue radici (e le possibili soluzioni alternative) a livello nazionale.

L’elevato numero di alunni per classe non ha la sua causa all’interno della singola scuola, ma ha origine a livello (nazionale e regionale) di assegnazione delle risorse umane.

Chiedere, pertanto, ad una scuola di impiegare una quota del proprio organico aggiuntivo per sdoppiare una classe è iniquo rispetto ad altra scuola con uguale quota aggiuntiva di organico che non ha necessità di sdoppiamento.

Ad invarianza di spesa generale è necessario, piuttosto, rivedere nell’immediato la distribuzione dell’organico secondo logiche perequative. La norma potrebbe essere introdotta subito  impegnando (con verifica) l’Amministrazione scolastica a darvi pronta e corretta applicazione.