Olimpiadi Internazionali di Informatica 2015: tre medaglie per la squadra italiana

Olimpiadi Internazionali di Informatica 2015: tre medaglie per la squadra italiana

Un argento e due bronzi l’eccellente bottino della partecipazione alla competizione che si è svolta in Kazakhstan nei giorni scorsi

Foto Team Olimpici con medaglie - small
da sinistra: William Di Luigi, Deputy Leader, Giorgio Audrito, Team Leader, Dario Ostuni, Francesco Milizia, Marco Donadoni, Filippo Baroni e la loro guida.

Milano, 3 agosto 2015 –  AICA, Associazione Italiana per l’Informatica ed il Calcolo Automatico e il MIUR – Ministero per l’Istruzione, l’Università e La Ricerca – annunciano con grande soddisfazione l’ottimo risultato della squadra italiana alle Olimpiadi Internazionali di Informatica 2015. Sono tornati infatti con tre medaglie al collo i quattro ragazzi che si sono battuti contro i migliori talenti del digitale, provenienti da 80 paesi del mondo, nei giorni scorsi ad Almaty in  Kazakhstan.

Filippo Baroni, studente del Liceo Scientifico Gandini di Lodi ha ottenuto la medaglia d’argento; Marco Donadoni, del Liceo Scientifico Lussana di Bergamo e Francesco Milizia, proveniente dall’Istituto Tecnico Industriale E. Majorana di Brindisi hanno ottenuto la medaglia di bronzo, che nel caso di quest’ultimo si aggiunge all’argento che aveva conquistato nell’edizione 2014 della competizione. La squadra era composta anche da Dario Ostuni, dell’Istituto Tecnico Industriale Cannizzaro di Rho.

Alle Olimpiadi Internazionali di Informatica le medaglie sono assegnate secondo fasce di punteggio ottenuto complessivamente nelle prove sostenute: per questo più ragazzi possono ottenere una medaglia dello stesso “metallo”. Riconoscimenti che testimoniano capacità di altissimo livello, conquistate attraverso mesi di allenamento, sostenuto da talento personale e dal costante sostegno da parte degli insegnanti che accompagnano gli studenti nelle varie fasi delle selezioni che li portano poi a competere a livello mondiale.

Le tre medaglie conquistate dalla squadra italiana quest’anno appesantiscono il nostro paniere di riconoscimenti ottenuti da quando, quattordici anni fa, anche il nostro paese ha iniziato a prendere parte alle Olimpiadi: ora è composto da ben 40 medaglie –  2 ori, 14 argenti e 24 bronzi.

Cosa sono le Olimpiadi Internazionali di Informatica (IOI)

Le Olimpiadi Internazionali di Informatica (IOI) sono una delle olimpiadi scientifiche internazionali promosse dall’Unesco, riservate agli studenti di scuola superiore fra i 14 e i 20 anni. Lanciate nel 1989, sono giunte alla ventisettesima edizione.  La competizione prevede due giornate di gara, affrontate individualmente da ogni componente della squadra, e richiede la soluzione di problemi complessi ottenuta creando un algoritmo in grado di risolverli tramite un programma informatico in linguaggio Pascal, C o C++.

L’organizzazione delle Olimpiadi Italiane e la partecipazione dell’Italia alle competizioni internazionali è organizzata da MIUR e AICA  – Associazione italiana per l’Informatica e il Calcolo Automatico.

UNO DEI TANTI EPISODI DI CATTIVA AMMINISTRAZIONE

UNO DEI TANTI EPISODI DI CATTIVA AMMINISTRAZIONE DEL MIUR SU CUI SAREBBE BENE FARE CHIAREZZA

Alla c.a. dei Sigg. Senatori e Deputati del Parlamento italiano
Gentilissimi,
a  volte  sono le piccole cose a illuminarci sulla credibilità, la correttezza, l’affidabilità di chi governa o amministra. Per questo si  intende dare conto di un comportamento del MIUR che, pur di portata limitata, desta sconcerto.  Saranno Loro a valutare  se è il caso di intervenire.

Come forse Loro  sapranno, la Legge 23 dicembre 1998, n. 448 e successive modificazioni, prevede, all’art. 26 comma 8, comandi annuali di docenti e dirigenti scolastici secondo questi criteri:
1) n. 50  ad associazioni professionali  dei dirigenti scolastici e dei docenti  impegnate nel campo della formazione e della ricerca educativa e didattica;
2) n. 100 a enti e associazioni  che svolgono attivita’ di prevenzione e cura  del disagio psicosociale e della tossicodipendenza.

La legge citata afferma inoltre che sull’attuazione dei comandi  “il Ministro della pubblica istruzione presenta annualmente una relazione al Parlamento”.

Orbene, non solo non  risulta che  sia mai stata presentata una relazione al Parlamento, ma i comandi  vengono sistematicamente “occultati”.

Per avere l’elenco nominativo dei comandi, l’ADI si è dovuta rivolgere al TAR del Lazio e finalmente con sentenza  n.838 del 23/01/2014,  è riuscita ad avere i nominativi.
Si tenga conto che sulla base del Decreto Legislativo 14 marzo 2013, n. 33, tali elenchi dovrebbero essere pubblicati sul sito del MIUR.

I motivi dell’”occultamento” sono molto semplici: i comandi sono spesso  terreno di spartizione, per così dire, clientelare.
A riprova solo alcuni esempi relativi all’a.s. 2014-2015:
1)     Uno  all’ex sottosegretario MARCO ROSSI DORIA, che avrebbe costituito un’associazione dall’originale titolo SI CAMBIA, di cui non si trova traccia,
2)    Uno all’ex deputata PD MARIA LETIZIA DE TORRE  sistemata presso PAFOM , Pia Associazione Femminile Opera di Maria.
Poi  comandi a direttrici d’orchestra che girano il mondo, giornalisti, nonché ad Enti di formazione professionale, Sindacati che non dovrebbero usufruirne. Ci sono poi associazioni che hanno avuto un solo comando , ma avendo qualche santo in Paradiso, ne hanno  avuto un secondo  a livello regionale.
All’ADI è stato attribuito un solo  comando,  mentre ad altre associazioni professionali, appartenenti come ADI al FORUM delle Associazioni Professionali riconosciuto dal MIUR, ne sono stati dati molti di più: 6 ad AIMC (Associazione Italiana Maestri Cattolici), 6 ad UCIIM (Unione Cattolica Italiana Insegnanti Medi), 3 al CIDI (Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti).
E veniamo agli attuali comandi,  formalizzati a fine luglio 2015. L’ADI non è ancora in possesso di tali elenchi, ma ha già avuto comunicazione di averne avuto nuovamente  solo uno .  E’ veramente sconcertante che il merito non sia mai valutato e che non esistano criteri obiettivi di attribuzione. L’ADI da anni svolge una fruttuosa attività, realizzata anche in termini comparativi e collaborativi con altri Paesi europei. Di tutto il lavoro dell’associazione è testimonianza il sito, esplorato da milioni di visitatori, e fonte ricchissima di documentazione  non solo per docenti e dirigentiscolastici, ma  anche per studenti universitari e dottorandi. A tutto ciò vanno aggiunti i numerosi corsi di formazione svolti in tutta Italia.

I comandi alle associazioni potrebbero costituire uno strumento importante per lo sviluppo della professionalità docente e dirigente, l’elaborazione di strategie didattiche e l’approfondimento di  aspetti importanti della riforma ecc.., se solo venissero utilizzati come indica la legge.

Per tutto quanto esposto si confida  che qualche membro di Camera e/o Senato voglia indagare su questa vicenda, conoscere i criteri di attribuzione e il lavoro di analisi svolto sui singoli soggetti richiedenti,  su procedure e risultati  di cui il Parlamento dovrebbe essere annualmente informato. Per quel che  riguarda l’ADI  si è certi che non è stato nemmeno aperto il plico inviato  , considerato che il comando è stato attribuito al vecchio nome dell’Associazione (Associazione Docenti Italiani anziché Associazione Docenti e Dirigenti scolastici Italiani).

Ringraziando fin da ora per la disponibilità ad esaminare la questione, si inviano i migliori saluti

Alessandra Cenerini
Presidente nazionale ADi, Associazione Docenti e Dirigenti scolastici Italia

Z. Bauman – E. Mauro, Babel

Una conversazione di alto profilo sulla babele del mondo contemporaneo

di Maurizio Tiriticco

 

Zygmunt Bauman, Ezio Mauro, Babel, Laterza, Bari, 2015, pp. 166, € 16,00

“Un tempo, in alcuni regimi, bisognava difendere l’autonomia dell’individuo davanti alla totalità pervasiva del sistema che lo annullava. Oggi bisogna dare un valore alla solitudine del singolo, renderla intelligente, consapevole: anche in questo caso autonoma, sia pure per un processo inverso. Conservare la libertà di scegliere significa tenere aperte opzioni diverse, cioè lo spazio dell’azione, dell’azione politica. Il problema sembra addirittura fisico, è invece culturale” (p. 152).

 

babelIl volume raccoglie una lunga, articolata e documentata conversazione sui problemi del mondo contemporaneo tra un autorevole “lettore” della società di oggi e un giornalista di alto profilo. Il focus è la complessa fenomenologia di un mondo che nel giro di qualche decennio ha subito mutamenti radicali nell’economia, nella politica, nei comportamenti di ciascuno di noi, e soprattutto nei processi di comunicazione.

Il processo di globalizzazione e tutti quei fenomeni che rendono la nostra società sempre più “liquida” non solo sembrano essere irreversibili, ma subiscono giorno dopo giorno sempre più sensibili accelerazioni. In effetti sono le stesse coordinate spazio/temporali, su cui si intrecciano da sempre le relazioni interpersonali, a subire profonde modifiche, le quali si ripercuotono sui campi di comunicazione e sui comportamenti. E’ ozioso alludere ai cellulari e ai social network, che costituiscono i terminali tecnologici di un sistema di relazioni assolutamente nuovo. Ciò che conta e che costituisce spunti di analisi interessanti nella conversazione di Babel è l’insieme delle profonde ricadute che i sempre più veloci cambiamenti a livello planetario impongono sull’economia, sul lavoro, sulla politica, sui modi stessi di pensare e di essere – soprattutto di essere – di noi tutti, cittadini del terzo millennio.

L’accelerazione sempre più intensa delle comunicazioni fisiche – i trasporti – e delle informazioni sta modificando profondamente le coordinate stesse dello spazio e del tempo e della percezione che ciascuno di noi ne ha. E’ come se fossimo “schiacciati” su uno spazio sempre più piccolo e su un tempo sempre più ravvicinato. Il “lontano” non sembra più esistere e il futuro è letteralmente schiacciato su di un presente che sembra ignorare lo stesso passato.

Quando Romolo tracciava il solco a due passi dal Tevere ignorava l’esistenza stessa di un Po e il futuro del suo regno era legato al volo augurale di dodici avvoltoi. Il gruppo degli allevatori e degli agricoltori delle origini della nostra storia viveva e operava nel suo piccolo spazio, e nel tempo si scandivano le regole dei comportamenti che garantivano la coesione e la continuità del gruppo. La trasmissione costante e continua delle leggende – era il ruolo delle mamme e delle nonne – e il culto degli antenati garantivano l’identità e la coesione del gruppo, il suo presente e il suo futuro: un piccolo spazio, ma un tempo estremamente dilatato. Oggi il grande gruppo planetario non conosce più confini e limiti spaziali, ma il tempo si restringe al semplice succedersi delle giornate. Non c’è passato e il futuro è solo quello del giorno dopo. E troppo spesso l’Ecstasy lo suggella per sempre.

E’ una fenomenologia assolutamente nuova e complessa, nella quale e per la quale si allentano anche i vincoli che in genere sono, anzi, erano dati dalla necessità dello “stare” insieme” e insieme garantire la sopravvivenza e il futuro del gruppo.

E le funzioni stesse della comunicazione interpersonale subiscono profonde modifiche. Jakobson ci ha insegnato che le funzioni del comunicare sono sei, che qui non è il caso di ricordare, ma… solo una, purtroppo, è oggi quella dominante, quella fàtica: si ha quando ci si preoccupa soltanto che l’interlocutore ci sia, qualsiasi cosa si dica o si ascolti! L’importante è esserci, inviare e ricevere messaggini a iosa, faccette e altri emoticon, marcare il territorio, possiamo dire. Di qui le centinaia di “amici” sempre nuovi, come scalpi da aggiungere alla propria cintura. Gli oggetti del comunicare diventano sempre più poveri, ma i soggetti che comunicano sul nulla e di nulla sono sempre più numerosi.

In parallelo si va sempre più perdendo la dimensione sociale dello stare insieme e del comunicare; si allenta lo spirito pubblico e si logora la stessa democrazia. Il numero sempre più basso di votanti – fenomeno non solo italiano – è indicativo di un ripiegarsi di ciascuno sul proprio Io. “In questo strappo del patto tra Stato e cittadino c’è una condanna, come se la democrazia fosse una forma temporale della costruzione umana e non riuscisse a governare il nuovo secolo appena incominciato, arenata nel Novecento” (p. 19). Questa instabilità politica e sociale si coniuga con un’altra instabilità, che riguarda il lavoro.

“In passato i lavoratori potevano combattere con un minimo di successo contro gli attacchi dei capitali fissi al loro standard di vita; oggi sono del tutto disarmati di fronte a ‘investitori’ straordinariamente mobili, ondeggianti, capricciosi, inquieti e imprevedibili, continuamente a caccia di più alti profitti e pronti a volare dove la pubblicità fa intravedere fugaci opportunità favorevoli”. Così, assistiamo impotenti a un costante e progressivo logorio dei rapporti sociali e, purtroppo, anche di quelli interpersonali. A valori che si stanno perdendo non corrispondono valori nuovi. E il futuro ci si presenta sempre più liquido, stando all’ultima pubblicazione di Bauman, “Il futuro liquido”, edito da Feltrinelli.

Concludendo, Babel è un libro molto molto amaro: “Viviamo in mare aperto, sotto l’onda continua, senza un punto fermo che misuri il peso e la distanza delle cose” (risvolto di copertina). Forse può fargli da controcanto l’ultimo libro di Edgar Morin, “Insegnare a vivere, manifesto per cambiare l’educazione”, Raffaello Cortina, 2014. Ma in un mondo liquido o che si sta liquefacendo, è possibile un rilancio dell’educazione? Come se questa potesse essere immune dall’assalto della marea liquida? Chissà!

Il volume lascia il lettore abbastanza sconcertato. Possibile che anche la politica sia essa stessa soggetto di liquidità? Le recenti vicende di una Grecia al tappeto in effetti non sono confortanti. Sono un fenomeno a sé, oppure una pericolosa linea di tendenza? Una deriva dalla quale nessuno potrà uscire?

Il libro che ho letto è veramente sconcertante. Le seguenti osservazioni di Ezio Mauro, a mio vedere, costituiscono il senso e il significato dell’intero volume: “Siamo arrivati a Mefistofele: la parola prende completamente il posto del pensiero. In realtà anche la parola viene sempre più spesso ridotta a segno, o almeno a segnale: pensa all’abuso di acronimi. Se ieri il medium era il messaggio, ora il medium può fare a meno del messaggio. I ragazzi si scambiano col cellulare segnali vuoti per salutare, sollecitare, confermare, e l’impulso riassume definitivamente la parola e il vuoto, sostituendoli. D’altra parte, se la tua identità è quella di un punto in una rete e il tuo sistema è fatto a nodi, la questione vitale diventa quella di pulsare, partecipare al grande battito più che al vecchio dibattito, non perdere il ritmo, non uscire dal cerchio. Sentire è necessario più che capire, è una facoltà e non uno sforzo. Al centro della rete – ognuno è al centro e alla periferia del web – io vivo connesso alle emozioni altrui, alle sensazioni degli amici, alle reazioni di sconosciuti, alle informazioni del flusso, alle selezioni prodotte dai social network, alla ‘folla delle impressioni vaganti e volatili’, come dici tu. Io sento, dunque sono. Io sono in rete, dunque sento” (p. 117).

E’ il rovesciamento del “cogito” cartesiano! Dall’affermazione del Sé al suo rovinoso declino…