La pochezza culturale de La buona scuola

La pochezza culturale de La buona scuola

di Enrico Maranzana

 

 

Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione” è il titolo della legge 107/2015, la cui articolazione elude i vincoli posti dal concetto “sistema”.

 

Unitarietà, orientamento, interazione con l’ambiente e tra componenti, feed-back caratterizzano l’approccio sistemico alla realtà.

 

 

INTERAZIONE CON L’AMBIENTE

La scuola vive in un contesto dinamico e complesso: non è possibile prefigurare lo scenario con cui interagirà lo studente che accede alla secondaria.

La legge 107 banalizza la problematica costringendola nel rapporto scuola-mondo del lavoro.

Prospettiva di lungo periodo VS Visione di breve periodo

 

ORIENTAMENTO

L’indeterminabilità della mission della scuola è stata affrontata e risolta dall’art. 2 della legge 53/2003 che finalizza il servizio scolastico al raggiungimento di elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità, generali e specifiche..”.

La legge 107 elenca le competenze specifiche necessarie per entrare in azienda.

Scuola con cardine le qualità degli studenti VS Scuola asservita all’azienda

 

UNITARIETA’

Unico è l’orientamento di un sistema, espressione della sua finalità. L’ordinamento vigente, riconosciuta la complessità del problema educativo, l’ha approssimata scomponendola in traguardi formativi (rapporto scuola-società), traguardi educativi (requisiti individuali, necessari per conquistare le mete formative), traguardi dell’istruzione (obiettivi che garantiscono la convergenza di tutti gli insegnamenti verso gli aspetti concordati); la corrispondente struttura decisionale è stata introdotta nel 1974, confermata nel 1994 e nel 1999.

La legge 107 segmenta l’output di sistema in competenze specifiche: linguistiche, matematico-logiche e scientifiche, digitali .. l’assenza di una struttura unificante fa degenerare il sistema in un insieme disarticolato.

Top-down VS Bottom-up

 

INTERAZINE TRA COMPONENTI

Gli elementi di un sistema non hanno significato proprio: esso deriva dal loro contributo a un piano comune, ideato per conquistarne la finalità.

La legge 107, premiando i singoli docenti, introduce una struttura parcellizzata, foriera d’individualismo e di competitività.

Scienze dell’organizzazione VS Gestione del potere

 

FEED-BACK

Il governo dei sistemi si fonda sulla capitalizzazione degli scostamenti che separano gli obiettivi programmati dai risultati conseguiti.

La legge 107 affida a un organo terzo la valutazione dell’efficacia del servizio delle singole scuole.

Autogoverno VS Eterodirezione

FINALMENTE…

FINALMENTE…

L’ANDIS saluta con viva soddisfazione la conclusione delle interminabili vicende relative al concorso a
dirigente scolastico in Lombardia e Campania.
Finalmente si chiude l’estenuante telenovela del concorso 2011 in Lombardia con la pubblicazione in
data odierna degli esiti del corso intensivo di formazione e della relativa prova scritta finale, a cui si
son dovuti sottoporre ‐ secondo la procedura di sanatoria prevista dal comma 88 della legge 107 – sia i
492 colleghi già in servizio quest’anno sia i 109 tra vincitori e riservisti esclusi nella riedizione del
concorso.
L’ANDIS esprime apprezzamento non solo per le soluzioni individuate dal Legislatore nei commi 87 e
89 della legge di riforma, ma anche per l’efficienza dimostrata in questa fase dall’amministrazione
scolastica lombarda.
Congratulazioni ai colleghi della Lombardia che, affrontando con serenità ed impegno il corso
intensivo di formazione, hanno dato prova anche questa volta di meritare a pieno titolo il posto di
dirigente scolastico.
Oggi si chiude anche l’altra assurda odissea del concorso 2011 in Campania: con la pubblicazione in
data odierna della sentenza del Consiglio di Stato del 15 luglio scorso, che in sede giurisdizionale ha
confermato la piena validità della graduatoria dei vincitori, la direzione scolastica campana viene
messa in condizione di procedere alle immissioni in ruolo e non potrà più accampare perplessità e
tentennamenti di sorta.
Felicitazioni e auguri di buon lavoro, quindi, ai vincitori del concorso in Campania, messi a dura
prova da un assurdo, interminabile quanto doloroso calvario giudiziario.
L’ANDIS esprime piena soddisfazione per la chiusura delle procedure concorsuali in Campania anche
perchè centinaia di istituzioni scolastiche potranno avere finalmente un dirigente a pieno titolo ed
evitare così un altro anno di reggenza.
L’ANDIS si impegna a sostenere e valorizzare i nuovi dirigenti scolastici, così come continuerà a curare
lo sviluppo professionale di tutti i colleghi in servizio, a maggior ragione nel prossimo anno che si
annuncia particolarmente difficile e complesso.
Siamo certi che i dirigenti scolastici sapranno affrontare le nuove sfide con competenza e passione, in
modo da poter rispondere adeguatamente alle istanze di innovazione e di qualità poste dalla legge di
riforma.

Il Presidente NAzionale

Paolino Marotta

Buona Scuola, Berlinguer: “Il governo Renzi ha copiato da me”

da Il Fatto Quotidiano

Buona Scuola, Berlinguer: “Il governo Renzi ha copiato da me”

L’ex ministro della Pubblica istruzione approva la riforma che vede come un rilancio della sua senza “alcuni ostacoli che c’erano allora”. E le proteste? “Non è apprezzata dai Cobas che rappresentano il 2% dei lavoratori italiani”

In aumento i fondi per sport, digitale e integrazione dei disabili

da Il Sole 24 Ore

In aumento i fondi per sport, digitale e integrazione dei disabili

di Cl. T.

Più fondi per il digitale, lo sport, i progetti per l’integrazione dei disabili. Ma anche maggiori risorse per rafforzare l’alternanza scuola-lavoro, la musica, il teatro, le lingue.

In attesa che la «Buona Scuola» sdogani definitivamente l’autonomia scolastica (e la progettualità dei singoli istituti), il Miur ha deciso, quest’anno, di giocare d’anticipo, arricchendo gli importi per ampliare l’offerta formativa a vantaggio degli studenti (e tarandoli in coerenza con le priorità della riforma). Lo strumento utilizzato è l’ex legge 440, che il ministro Stefania Giannini, a sorpresa, ha deciso di far “rinascere” aumentando la dote a disposizione, che sale da 56 a 93,2 milioni di euro, oltre a riorganizzarne le misure.

Un deciso cambio di rotta, visto che questa legge negli ultimi tempi è stata utilizzata un po’ come un “pozzo di San Patrizio” per tamponare le emergenze (lo scorso anno sono stati sottratti 20 milioni per affrontare il nodo dei circa 11mila esuberi di addetti alle pulizie delle scuole, gli ex Lsu – nel 2010 la legge 440 fu saccheggiata per rifinanziare le missioni internazionali).

La maggior parte delle risorse 2015, oltre 51 milioni di euro su 93, sono per gli studenti. Più di due milioni vengono stanziati per l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità. Ci sono poi 500mila euro per l’insegnamento dell’italiano agli studenti figli di migranti e 2,5 milioni per la scuola in ospedale, che lo scorso anno ha offerto una risposta a 74mila ragazzi coinvolgendo 4mila docenti. Oltre 4 milioni finanziano la partecipazione studentesca, di questi 1 milione è destinato all’organizzazione di una giornata nazionale della scuola per la realizzazione e la diffusione di buone pratiche didattiche. Il Piano nazionale per lo sport a scuola raddoppia i fondi: due i milioni per finanziarlo. Più di 5 milioni sono destinati ad un programma nazionale per la promozione dell’educazione alimentare e per la partecipazione delle scuole ad «Expo 2015». Vengono stanziati per la prima volta due milioni per la promozione dell’educazione teatrale e un milione per la diffusione della musica. Con 3,4 milioni si potranno potenziare i progetti per la promozione della cittadinanza attiva e dell’educazione alla legalità. Mentre un milione va al contrasto di bullismo e cyber-bullismo. Fra le novità assolute, l’iniziativa «Scuole accoglienti»: con un milione di euro saranno recuperati spazi inutilizzati per farne laboratori e cantieri di creatività. Altra novità: 3 milioni per la diffusione della conoscenza del Made in Italy. Con 19 milioni si finanzia l’alternanza scuola-lavoro. Due milioni vanno al contrasto della dispersione scolastica. Con 400mila euro saranno realizzate per la prima volta summer schools destinate alle eccellenze; e con 3 milioni viene istituito un fondo per supportare gli istituti in caso di emergenze, per esempio gravi atti di vandalismo.

In Italia crescono le ore di matematica e i risultati migliorano

da Il Sole 24 Ore

In Italia crescono le ore di matematica e i risultati migliorano

di Giuliana Licini

Più tempo sui banchi di scuola a fare matematica per garantire una migliore preparazione ai ragazzi? Può aiutare (e in Italia lo fa), ma non basta. Entrano in gioco anche fattori qualitativi e l’equità dei sistemi d’istruzione che spesso finiscono per dare maggiori opportunità di apprendimento agli studenti che partono già avvantaggiati. Mentre si avvicina l’apertura dell’anno scolastico, un rapporto dell’Ocse si concentra sui tempi di insegnamento della matematica – materia sempre più importante, ma più spesso croce che delizia per i ragazzi – e sul loro impatto sull’apprendimento.

I risultati della ricerca
In base all’analisi dell’Organizzazione, nel 2013 i 15enni dei 34 Paesi dell’area hanno seguito in media ogni settimana 3 ore e 38 minuti di lezioni di matematica, con un aumento di 13 minuti rispetto al 2003. Le differenze tra Paesi sono consistenti: gli studenti cileni arrivano a 6 ore e 40 minuti, i loro coetanei bulgari, croati e ungheresi si fermano a meno di 2 ore e mezza. L’Italia è sopra la media, con 3 ore e 50 minuti circa e un aumento di 18,7 minuti rispetto al 2003. La Penisola è anche tra i Paesi in cui un’ora aggiuntiva di matematica si traduce in un miglioramento significativo dei risultati nei test accademici: con 21 punti in più nelle valutazioni Pisa, l’Italia è al quinto posto nell’Ocse. Al primo c’è la Grecia dove ogni ora di matematica aggiuntiva vale ben 96 punti.

I risultati qualitativi
Ma l’analisi dei dati è più complessa di quel che appare a prima vista. Si può pensare che i Paesi in cui gli studenti passano più tempo a fare matematica sono quelli in cui le performance sono migliorate. Ma non (sempre) è cosi. «Il punto dello studio è che in generale esiste una correlazione positiva tra un numero maggiore di lezioni di matematica e le performance degli studenti. Però stare sui banchi a fare matematica non porta automaticamente a migliori risultati. Dipende anche dall’approccio pedagogico, dal curriculum utilizzato, dalla scuola, come viene organizzata, come è usato il tempo dai ragazzi, sia a scuola che fuori.
L’aspetto qualitativo ha altrettanta importanza di quello quantitativo», spiega Francesca Borgonovi, economista dell’Ocse, co-autrice dello studio. Inoltre, se da un lato è vero che l’Italia è uno dei Paesi in cui c’è una correlazione maggiore tra la differenza di punteggio in matematica e un’ora di lezione in più, «è anche vero che si tende a far passare più tempo sulla matematica agli studenti che hanno già le performance migliori», di fatto quelli che frequentano indirizzi scolastici che prevedono anche più ore di italiano, come i licei. Nelle scuole che hanno un minore numero di lezioni di matematica o dedicate alla comprensione dei testi di italiano, come gli istituti professionali o tecnici, le performance accademiche sono di solito inferiori. A prevalere in questo caso pare essere l’impostazione che un’approfondita conoscenza della matematica non sia necessaria a quell’indirizzo formativo. In altri sistemi scolastici, invece, alti livelli di competenza in matematica sono ritenuti fondamentali per qualunque tipo di percorso, sia che abbia uno sbocco universitario o un obiettivo più immediatamente professionale. La matematica – sottolinea Borgonovi – è «uno degli strumenti fondamentali per fare in modo che le persone, indipendentemente dalla scuola che hanno frequentato, abbiano le competenze che permettano loro, anche tra decenni, di re-inventarsi e ri-inserirsi nel mercato del lavoro a seconda delle esigenze che emergeranno. È una questione estremamente importante».

I casi particolari
Lo studio, d’altro canto, evidenzia il caso del Canada, Paese che è al primo posto per l’aumento delle lezioni di matematica, con un’ora e mezza in più in un decennio per un totale di 5 ore e 15 minuti la settimana, dove c’è un peggioramento della performance. In Polonia, invece, dove le lezioni invece sono diminuite di 7 minuti, la performance è migliorata. Non esiste, insomma, «una relazione a livello di Paese tra il cambiamento del numero di minuti per settimana passati a studiare matematica e il miglioramento o il peggioramento delle performance del sistema stesso», sottolinea Borgonovi. Interessante il caso di Shanghai, in cui un’ora in più di matematica la settimana si traduce in un deciso peggioramento del punteggio Pisa (quasi 20 punti in meno). Ma questo probabilmente avviene – rileva l’economista – perché l’ora aggiuntiva rientra in un meccanismo correttivo che prevede più ore di lezione per gli studenti ritenuti “deboli” rispetto agli standard cinesi che – va sottolineato – rappresentano il top mondiale.
Sotto questo profilo, il miglioramento del punteggio registrato dall’Italia per l’ora aggiuntiva di lezione può essere letto anche nel senso inverso: «Alla migliore performance corrisponde un rinforzo da parte del sistema che ti fa fare più matematica, mentre anche gli studenti che hanno più difficoltà avrebbero bisogno di maggior tempo e di un approccio qualitativamente superiore», rileva Borgonovi. Quello italiano, per altro, è tutt’altro che un caso isolato. In Argentina, Giappone e Taipei gli studenti delle scuole avvantaggiate passano 76 minuti in più in lezioni di matematica degli studenti delle scuole svantaggiate.

L’equità del sistema scolastico
Il tempo di apprendimento in classe, se non è automaticamente determinante rispetto alla performance, incide sull’equità del sistema scolastico. «Le variazioni di performance legate al background socio-economico degli studenti tendono a essere inferiori nei sistemi in cui si passa più tempo a studiare la matematica a scuola e i compiti a casa contano meno», spiega Borgonovi, ricordando proprio il caso dell’Italia dove – come è emerso da un precedente studio Ocse – gli studenti sono tra i più impegnati al mondo nello svolgimento dei compiti a casa. «Quando un sistema tende a privilegiare quello che accade nel tempo scolastico, sono l’insegnante e la scuola stessa a farsi carico di garantire che gli studenti raggiungano gli obiettivi che il sistema educativo si prefigge. Invece in un sistema che delega il raggiungimento di questi obiettivi più a quello che succede fuori dalla scuola (i compiti, ma anche le lezioni private), il background socio-economico ha un peso maggiore, perché i genitori che hanno i mezzi economici, ma anche culturali per farlo, possono dare un supporto molto maggiore ai ragazzi», è la riflessione dell’economista. In Italia il 25% della variazione totale di performance di matematica si spiega con il diverso background degli studenti e delle scuole. In Canada è il 12% e in Finlandia, che è tra l’altro ai primi posti mondiali per le competenze in matematica dei suoi liceali, solo il 10%. Riassumendo: le maggiori ore di lezione non migliorano necessariamente la performance di matematica degli studenti, ma tendono a promuovere l’equità del sistema.

Va sempre provato il danno per la mancata assegnazione delle ore di sostegno

da Il Sole 24 Ore

Va sempre provato il danno per la mancata assegnazione delle ore di sostegno

di Andrea Alberto Moramarco

Se l’istituto scolastico non assegna correttamente all’alunno disabile il monte ore di sostegno a lui spettante, il risarcimento del danno patito dal minore non avviene in maniera automatica e in via equitativa, ma le conseguenze pregiudizievoli della mancata assegnazione devono essere adeguatamente provate, nonché rapportate alle limitate risorse finanziarie degli istituti scolastici. Questo è in sintesi il contenuto della sentenza del Consiglio di Stato 3400/2015.

La vicenda
La questione era sorta in seguito al ricorso presentato dinanzi al Tar dell’Abruzzo dai genitori di un ragazzo disabile, volto a ottenere il risarcimento del danno sofferto per la non completa assegnazione delle ore di sostegno. La scuola, infatti, aveva assegnato al minore per i primi 4 mesi dell’anno scolastico soltanto 9 ore di sostengo, a fronte delle 18 a lui spettanti. I giudici amministrativi di primo grado avevano riconosciuto il diritto al risarcimento del danno e lo avevano quantificato in via equitativa in 5mila euro.
Di diverso avviso si è mostrato invece il Consiglio di Stato che ha ribaltato la decisione del Tar e ha fornito alcune precisazioni sulla prova del danno e sul diritto all’assistenza scolastica.

È necessaria la prova del danno patito dal minore
In primo luogo, i giudici ritengono che il danno non patrimoniale subìto dal minore in conseguenza della mancata assegnazione dell’esatto monte ore di sostegno a lui spettanti non può essere considerato in re ipsa, ma per addivenire a una riparazione per equivalente è necessario dare la prova, anche per presunzioni, «che il minore abbia subìto “micro-pregiudizi”per effetto della mancata assegnazione di un numero sufficiente di ore». Nel caso di specie, il Consiglio di Stato evidenzia come i genitori del minore non abbiano assolutamente dimostrato che la mancata assegnazione di un numero congruo di ore di sostegno ha provocato un pregiudizio all’apprendimento scolastico del figlio, il quale non ha subìto per ciò «deficit cognitivi che abbiano pregiudicato il suo corso di studi».

La parità di bilancio e l’assistenza scolastica
Ciò posto, i giudici sottolineano un aspetto importante della vicenda, ovvero il corretto rapporto che deve sussistere tra il diritto all’assistenza scolastica e le esigenze finanziarie dell’amministrazione. Per il Consiglio di Stato, infatti, il primo non è un diritto incondizionato «dovendo coniugarsi e essere posto in giusta e ragionevole proporzione con le esigenze generali rivenienti dalla limitatezza delle risorse finanziarie degli istituti scolastici», non potendo in tal caso rimproverarsi l’istituzione scolastica di non essersi adoperata per far fronte alle esigenze assistenziali di cui il minore aveva bisogno.

In ogni scuola 2 prof in meno del previsto

da Il Messaggero

In ogni scuola 2 prof in meno del previsto

Sguarnito l’organico del “potenziamento”, quello che dovrebbe accrescere l’insegnamento di materie scientifiche, arte e inglese. Impossibile per quest’anno coprire 15mila dei posti in più voluti dalla riforma. Per lo Stato un risparmio inaspettato di 340 milioni

ROMA Assenti in cattedra, per l’intero anno. E la scuola parte in salita: potrebbero infatti mancare all’appello quasi 15mila docenti. Circa due in meno per ogni scuola. Si tratta di quegli insegnanti che la riforma ha destinato all’organico del potenziamento e che dovrebbero far decollare la Buona Scuola. La legge 107 infatti ne prevedeva 55mila in tutta Italia con una media di 7 docenti in più per ognuno dei circa 8000 istituti da Nord a Sud. Ma così non sarà: non ci sono i precari da assumere e, per l’anno scolastico 2015-2016, non è possibile dare questi ruoli ai supplenti. E non si tratta di ruoli da poco. I docenti del potenziamento infatti, secondo quanto previsto dalla riforma, serviranno ad accrescere l’insegnamento di materie come l’inglese, la matematica e l’informatica. Oltre ad introdurre nuovi corsi di arte e storia dell’arte, di storia della musica e strumento e dell’attività sportiva con tutte le sue applicazioni dal corretto stile di vita fino all’educazione alimentare. Non senza contare le lezioni rivolte al contrasto del bullismo e della dispersione scolastica. Nell’organico del potenziamento c’è poi spazio anche per il sostegno e per il ruolo di collaboratore del preside. I docenti neoassunti saranno destinati infatti anche all’amministrazione della scuola: a far le veci dei vicepresidi che, da quest’anno, non avranno più l’esonero dall’insegnamento. Il nuovo organico deve, in altre parole, aiutare il dirigente scolastico nella gestione dell’istituto, proprio per limitare i disagi dovuti a quella norma contenuta nella legge di stabilità 2014 per cui tutti i docenti devono stare in classe, anche i vicari del preside. Compresi quelli che fino ad oggi, in circa 2000 scuole, hanno assunto il ruolo del preside che non c’è. Sia nei rapporti con i docenti sia in quelli con le famiglie, sostituendo in tutto e per tutto il dirigente mai nominato per mancanza di personale da assumere

LE PREVISIONI
C’è di tutto, quindi, nell’organico del potenziamento. Ma a mancare potrebbero essere proprio i docenti. Secondo stime sindacali, infatti, mancherebbero soprattutto docenti di sostegno e di matematica. L’Anief ne ha calcolati quasi 15mila e deriverebbero dalla mancata inclusione nel piano straordinario previsto dalla riforma degli abilitati tramite i diversi canali come Tfa, Pas e scienze della formazione primaria e all’estero. Un esercito di precari che, negli anni, ha accumulato abilitazioni e specializzazioni non senza costi onerosi e che si è visto chiudere la porta della stabilizzazione perché non inserito nelle graduatorie ad esaurimento: ben 12.840 docenti hanno pagato 3 mila euro per specializzarsi sul sostegno e altri 10.489 per l’infanzia, 11.163 docenti si sono abilitati invece nelle materie scientifiche e 2.759 nella sola classe A59, la classe di concorso esaurita per l’insegnamento di matematica nella scuola media. Di cui ora gli uffici scolastici regionali vanno a caccia.

IL RICORSO
Già 7mila precari hanno presentato ricorso al Tar del Lazio per chiedere l’inserimento nel piano straordinario di assunzione, varato dal governo Renzi, e aspettano una risposta per rientrare già nell’anno 2015-2016. La soluzione infatti potrebbe arrivare proprio dal tribunale visto che, per legge, quelle 10-15 mila cattedre concentrate soprattutto nelle regioni del Nord non possono essere date in mano ai supplenti. Non esiste infatti la possibilità di supplenze brevi, lunghe e annuali sui posti del potenziamento: a chiarirlo è il comma 95 della legge di riforma scolastica.

IL RISPARMIO
Se la scuola trema, di fronte ad un anno che si preannuncia difficile, sorridono invece le casse del ministero dell’economia che andranno a risparmiare ben 340 milioni di euro. Un bel risparmio, almeno per quest’anno.
Lorena Loiacono

Nuovo concorso, posti nazionali

da ItaliaOggi

Nuovo concorso, posti nazionali

Miur al lavoro in vista del bando: 80 mila cattedre, dentro le 15 mila avanzate dal piano Renzi. Le assegnazioni regionali definite in una seconda fase

Alessandra Ricciardi

Non è ancora finita con il mega piano assunzionale. Eppure ai piani alti di viale Trastevere la sensazione è che il peggio sia ormai passato. Nonostante tutti i problemi legati all’esodo forzoso dei neo assunti e l’incognita di quanti effettivamente saranno immessi in ruolo con l’organico potenziato, oltre 80 mila immissioni saranno fatte con il piano Renzi e al massimo per metà novembre ciascun docente sarà in cattedra.

Intanto al Miur la prossima settimana entreranno nel vivo i lavori del gruppo che dovrà stendere il bando per il prossimo concorso: è questa la sfida del 2016 del ministro dell’istruzione Stefania Giannini.

E se quella delle assunzioni è stata giocata in larga misura in punta di politica a palazzo Chigi, sul nuovo reclutamento è la Giannini che dovrà metterci la faccia. Su un punto il ministro è stato chiaro con i suoi: entro il primo dicembre il bando deve essere pronto, senza nessuno slittamento. Solo così si dimostra che il piano assunzionale si inseriva per davvero in un progetto politico chiaro di abbattimento della precarietà e di stabilizzazione della scuola.

In palio andrebbero circa 80 mila posti, giacché al fabbisogno triennale calcolato in 65 mila docenti si vanno ad aggiungere, secondo le stime al momento disponibili, le 15 mila cattedre che con le immissioni di quest’anno non sarà possibile coprire per carenza di candidati titolati. Gli 80 mila nuovi ingressi dovrebbero riuscire anche a dare risposta quasi definitiva ai precari Gae e agli abilitati di medie e superiori, mentre rimarrebbe il problema per l’infanzia e le elementari, le cui graduatorie sono in overbooking cronico. Le richieste che arriveranno dalle scuole per il potenziamento saranno la traccia, è un’altra delle piste di lavoro, su cui definire i fabbisogni del nuovo reclutamento.

Ma c’è un’incognita che rende comunque difficile stabilire gli esatti contingenti e soprattutto la loro destinazione territoriale ed è la mobilità che sarà fatta il prossimo anno. Mobilità alla quale parteciperanno in massa i docenti assunti quest’anno su sedi distanti da quella di residenza. Definire i posti da mettere a gara a livello regionale senza sapere quanti di quelli disponibili oggi saranno coperti con trasferimento nel 2016 è impresa pressoché impossibile.

Salvo non stabilire che le procedure concorsuali sono regionali, ma i posti sono definiti a livello nazionale.E poi ripartiti sul territorio in una seconda fase. Un’ipotesi che è stata già formulata al Miur e che ora tocca ai tecnici esaminare in quanto a sostenibilità, visto che si tratterebbe di un intervento a normativa invariata.

Vicari senza esonero, per i dirigenti corsa su più sedi

da ItaliaOggi

Vicari senza esonero, per i dirigenti corsa su più sedi

Il pasticcio innescato dalla legge di riforma

Carlo Forte

Dal 1° settembre prossimo i dirigenti scolastici dovranno sopportare maggiori carichi di lavoro. Perché la possibilità di attribuire l’esonero al docente collaboratore vicario non esiste più. E dunque, per sopperire a tale situazione, i dirigenti scolastici saranno costretti a fare la spola, quotidianamente, tra i vari plessi e le sezioni staccate di cui si compongono le istituzioni scolastiche a cui sono preposti. Comprese le istituzioni scolastiche sottodimensionate affidate in reggenza. Per avere un’idea della dimensione del problema può essere utile considerare che le istituzioni scolastiche sono 8519, articolate in 41.383 sedi scolastiche (identificate da codice meccanografico), distribuite su tutto il territorio nazionale. E l’organico dei dirigenti scolastici prevede 8mila posti, ma in realtà i presidi attualmente in servizio, secondo quanto risulta a Italia Oggi, non superano le 7800. Va detto subito che i capi di istituto, una volta costituito l’organico dell’istituzione scolastica (cosiddetto organico dell’autonomia) potranno individuare fino a un 10% di docenti ai quali delegare compiti organizzativi o gestionali. Ma la legge non prevede espressamente la possibilità di attribuire l’esonero dall’insegnamento ai docenti collaboratori, se titolari di incarico di insegnamento su posti vacanti e disponibili. Tanto più che la copertura dei posti vacanti e disponibili è prioritaria rispetto a quella dell’organico del potenziamento. E l’istituto dell’esonero è stato espressamente abrogato dall’articolo 1, comma 329, della legge n. 190/2014. Non di meno, la legge 107 consente al dirigente scolastico di individuare i propri collaboratori anche tra i docenti assegnati all’istituzione scolastica con l’organico del potenziamento. In tali casi, l’esonero risulterebbe da una situazione di fatto.

Ma il prossimo anno saranno pochissime le scuole che potranno fruire di posti in più. Perché nella stragrande maggioranza dei casi i neo immessi in ruolo della fase C prenderanno servizio non prima del 1° luglio 2016, dopo la scadenza dei contratti di supplenza. Meno praticabile sembrerebbe la tesi secondo la quale il dirigente scolastico potrebbe disporre la sostituzione del docente già assegnato alle classi con altro docente dell’organico di potenziamento, mutando in corso d’opera le mansioni dei docenti in forza nell’organico dell’autonomia. L’assegnazione dei docenti all’organico di diritto o all’organico di potenziamento, infatti, non sembrerebbe rientrare tra i poteri del dirigente scolastico, non essendo prevista espressamente da alcuna norma (salvo che per il futuro, a seguito dell’entrata regime della chiamata diretta dagli ambiti territoriali). Milita in favore di questa tesi un’ulteriore considerazione: l’assegnazione dei docenti dell’organico del potenziamento sarà disposta una volta che il termine del ventesimo giorno dopo l’inizio delle lezioni sarà abbondantemente decorso. E dunque, almeno per quest’anno, tale soluzione non sembrerebbe giuridicamente praticabile. Perché trattandosi di un vero e proprio provvedimento di mobilità (professionale) risulterebbe formato in violazione del divieto previsto dall’articolo 461 del testo unico, il quale prevede, al comma 1, che non si dà luogo a spostamenti di personale dopo il ventesimo giorno dall’inizio dell’anno scolastico, anche se riguardano movimenti limitati all’anno scolastico medesimo e anche se concernenti personale delle dotazioni organiche aggiuntive. E in più, al successivo comma 2, dispone che i provvedimenti che comportino movimenti di personale già in attività di insegnamento, adottati dopo il ventesimo giorno dall’inizio dell’anno scolastico, salvi gli effetti giuridici, sono eseguiti, per quanto riguarda il raggiungimento della nuova sede, dopo l’inizio dell’anno scolastico successivo.

Corsa ad agguantare la supplenza

da ItaliaOggi

Corsa ad agguantare la supplenza

Viale Trastevere sollecita gli uffici periferici a fare in fretta: si chiuda entro l’8 settembre. Senza i neoimmessi in ruolo dovranno trasferirsi subito

Antimo Di Geronimo

Assunzioni a tempo determinato, è corsa contro il tempo. Nei primi giorni del mese di settembre, sul sito del ministero, www.istruzione.it, sarà pubblicato l’avviso della disponibilità sul sistema informativo delle proposte di nomina in ruolo della fase B del piano straordinario di assunzioni previsto dalla legge 107/2015. E dunque, se prima dell’accettazione della proposta i docenti interessati non avranno stipulato un contratto di supplenza fino al 30 giugno (o comunque, di durata non inferiore al termine delle lezioni) non potranno fare altro che accettare l’immissione in ruolo e prepararsi a partire per la provincia di destinazione. Pena: il depennamento dalle graduatorie. È quanto ribadito da un avviso pubblicato il 21 agosto scorso sul sito: http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/istruzione/dettaglio-news/-/dettaglioNews/viewDettaglio/36090/11210. L’amministrazione ha spiegato che su «istanze on line» sarà operativa una funzione di interrogazione per la consultazione. Sempre attraverso questo portale, gli interessati dovranno provvedere all’accettazione o alla rinuncia della proposta entro il termine perentorio di 10 giorni dalla data di pubblicazione dell’avviso.

Il dicastero di viale Trastevere ha ricordato «che la mancata accettazione entro il predetto termine perentorio produce gli stessi effetti della rinuncia». Dell’esito della partecipazione alla fase B sarà data notizia per posta elettronica alla casella e-mail indicata nella domanda. Fermo restando che le comunicazioni dovranno avvenire esclusivamente attraverso l’uso del sistema informativo. I docenti che accetteranno la proposta di immissione in ruolo potranno ritardare di un anno la presa di servizio nella nuova provincia di destinazione ad una condizione: avere ottenuto un incarico di supplenza fino al termine delle attività didattiche o fino al termine delle lezioni prima che scada il termine per l’accettazione della proposta di assunzione a tempo indeterminato. Pertanto, se gli uffici e i dirigenti scolastici non riusciranno a formulare le proposte di incarichi di supplenza in tempi brevi, ai docenti neoimmessi in ruolo nella fase B non resterà che preparare le valigie. Il rischio, infatti, vale essenzialmente per i docenti che saranno assunti nella fase destinata all’assegnazione di incarichi a tempo indeterminato sulle cattedre vacanti e disponibili residuate dalle immissioni in ruolo della fase ordinaria (fase 0 = e fase A).

Perché le assunzioni sull’organico del potenziamento (fase C) secondo il calendario predisposto dal ministero dell’istruzione, saranno disposte nel mese di novembre. E cioè in un momento in cui tutte gli incarichi di supplenza sono già a regime. Compresi quelli che vengono disposti dai dirigenti scolastici sugli spezzoni fino a 6 ore oppure al seguito dell’esaurimento delle graduatorie provinciali gestite dagli uffici scolastici. Un ulteriore elemento di incertezza è costituto dai tempi di gestione della mobilità annuale (utilizzazioni e assegnazioni provinciali). In modo particolare per quanto riguarda la mobilità interprovinciale.

Insomma il rischio che la proposta di immissione in ruolo arrivi prima dell’incarico di supplenza è reale. E proprio per cercare di scongiurarlo il più possibile, l’amministrazione centrale, dopo essere intervenuta con la nota 1515 dell’11 agosto, per sollecitare gli uffici a fare presto, a distanza di pochi giorni ha emanato un altro provvedimento sullo stesso argomento (1548 del 20 agosto). Con la nota 1515 il ministero aveva manifestato agli uffici periferici «l’esigenza di concludere improrogabilmente, entro e non oltre l’8 settembre 2015, le operazioni di conferimento delle supplenze». E con la nota 1548 l’amministrazione ha chiarito che le supplenze dovranno essere conferite, oltre che sui posti in organico di fatto « anche su quelli che si siano resi successivamente disponibili dopo la comunicazione dei contingenti fissati per le nomine a tempo indeterminato». In ogni caso, secondo quanto risulta a Italia Oggi, in prima battuta gli uffici dovranno conferire incarichi di supplenza fino al 30 giugno. A conclusione della fase B, una volta accertato il numero reale dei posti coperti dal personale assunto a tempo indeterminato, le amministrazioni periferiche dovranno calcolare il numero di contratti a tempo determinato conferibile fino al 31 agosto. E poi dovranno procedere alla trasformazione al 31 agosto, nei confronti dei docenti primi in ordine di graduatoria, di altrettanti contratti già stipulati al 30 giugno.

Più bravi in matematica grazie agli ormoni della mamma

da La Stampa

Più bravi in matematica grazie agli ormoni della mamma

i dati di una a ricerca olandese su bimbi seguiti fino ai 5 anni

Più o meno abili a far di conto per merito o per “colpa” della mamma. I figli di donne che, durante la gravidanza, presentano bassi livelli di ormone tiroideo sono il 60% più inclini a prendere brutti voti nei test di aritmetica a scuola, rispetto ai coetanei nati da mamme con livelli normali dell’ormone. Insomma, gli ormoni materni hanno un ruolo cruciale nell’abilità matematica dei figli.

È quanto emerge da uno studio olandese pubblicato sull’European Journal of Endocrinology’ Gli scienziati avevano già scoperto che livelli relativamente bassi dell’ormone tiroxina nelle donne in gravidanza erano legati a un ridotto sviluppo cognitivo dei bambini. Ma finora non era chiaro in che modo questo si riflettesse sulle performance scolastiche.

Il team di Martijn Finken del VU University Medical Center ha studiato 1.196 bambini sani, seguendoli dalla nascita a 5 anni. A 12 settimane di gravidanza il gruppo di studiosi ha registrato i livelli di tiroxina materni, mentre in seguito i ricercatori hanno esaminato i risultati dei test di linguaggio e capacità matematiche fatti a scuola.

La ricerca mostra che i bambini le cui mamme presentavano bassi livelli dell’ormone alla fine del primo trimestre di gravidanza erano almeno due volte più inclini ad avere risultati al di sotto della media nei test aritmetici, rispetto ai coetanei.

Quando i ricercatori hanno tenuto conto dello status socio-economico familiare e dello stato di salute alla nascita, il rischio è sceso un po’: i bambini avevano il 60% in più di probabilità di incappare in un punteggio basso. Nessun problema, invece, per i test sul linguaggio.

«Resta da vedere – afferma Finken – se questi problemi persistono nell’età adulta. È possibile che questi bambini beneficino di integratori ormonali per aiutare il loro sviluppo mentale in utero – suggerisce – Un simile trattamento però è stato tentato in passato, ma non aveva migliorato le abilità cognitive».

Anief, scuola al via con 1700 istituti senza preside

da La Stampa

Anief, scuola al via con 1700 istituti senza preside

1 scuola ogni 5 sta per essere affidata dagli Uffici regionali alla gestione di dirigenti e Dsga di altre istituti

Nuovo anno con 1.700 istituti “acefali”, ovvero che partiranno senza preside, vicario e direttore. È quanto segnala il sindacato Anief. «Ecco come il Miur tradisce la scuola autonoma – denuncia Anief – a pochi giorni dall’avvio delle lezioni, una scuola ogni cinque sta per essere affidata dagli Uffici regionali alla gestione di dirigenti e Dsga di altre istituti. E in tutte le sedi mancherà anche il vicario, la storica e preziosa figura cancellata nell’ultima legge di Stabilità per risparmiare un pugno di milioni di euro».

«L’esito del nuovo anno scolastico si presenta a dir poco problematico – sostiene Marcello Pacifico (Anief-Cisal-Confedir) – perché è vero che con le nuove norme sono previsti tre membri dello staff a sostegno del dirigente scolastico, ma nessuno con la funzione di vicario. Con l’aggravante che si impianterà con un anno di ritardo. Urge l’avvio di un concorso per presidi e direttori dei servizi generali ed amministrativi».

«Lo stesso concorso che si attende da quasi vent’anni per il Dsga, la figura professionale, che tra le altre cose gestisce i bilanci delle scuole e il personale Ata, valorizzata solo dalle norme ma mai nei fatti: a oggi, infatti, questo ruolo – osserva l’Anief – continua a essere coperto dall’abnegazione di migliaia di assistenti amministrativi, che senza nemmeno la dovuta preparazione (e nemmeno gli adeguati compensi) vengono caricati di responsabilità enormi e compiti complessi».

Ocse: fare più ore di matematica migliora i risultati

da La Tecnica della Scuola

Ocse: fare più ore di matematica migliora i risultati

Non basta fare più ore a scuola, ma quando sono di matematica migliorano i risultati: è quanto emerge da uno studio Ocse-Pisa sull’apprendimento in rapporto alle ore passate in classe.

Dallo studio è merso che gli studenti italiani dal 2003 al 2012 hanno studiato la matematica a scuola un po’ di più – circa 20 minuti aggiuntivi – ed in questo modo hanno migliorato i propri risultati scolastici.

Detto questo, per i ricercatori dell’Ocse il semplice allungamento dell’orario scolastico non consente di migliorare sistematicamente le performance degli studenti. Va abbinato – suggerisce – a programmi adeguati, insegnanti di qualità e ambienti favorevoli all’apprendimento. Per quanto riguarda l’Italia, in ogni caso, il rapporto tra il maggior tempo passato a studiare la matematica in classe e i risultati è positivo: il nostro Paese, a guardare la classifica fornita dall’Ocse si piazza al settimo posto dietro Grecia, Turchia, Croazia, Lituania, Slovenia e Belgio.

Tuttavia in molti Paesi non esistono correlazioni significative tra il tempo dedicato all’apprendimento e le performance in matematica. Per di più il tempo medio trascorso dagli studenti a seguire le lezioni di matematica non è in generale correlato al risultato globale quando poi si mettono a confronto differenti sistemi educativi.

Un altro indicatore della riuscita di un sistema d’istruzione, secondo l’Ocse, riguarda il suo grado di equità: il livello socio-economico degli alunni tende ad avere minore incidenza sui loro risultati nei sistemi dove trascorrono un tempo relativamente importante a studiare matematica; è nei paesi dove il tempo di insegnamento è inferiore alla media che la correlazione positiva tra il tempo di apprendimento e il grado di equità emerge in maniera più evidente.

Faraone: basta fango, stiamo realizzando la più grande assunzione di tutti tempi

da La Tecnica della Scuola

Faraone: basta fango, stiamo realizzando la più grande assunzione di tutti tempi

Non tarda ad arrivare le replica del sottosegretario Davide Faraone alle proteste dei precari per le modalità del piano assunzioni, culminate con 1.500 e-mail che chiedono le sue dimissioni.

“Stiamo effettuando la più grande assunzione di tutti i tempi eppure non si sente che parlare di deportazione, esodo biblico, emigrazione di massa”, scrive Faraone il 25 agosto sul proprio profilo Facebook. Per poi ricordare che “con una disoccupazione giovanile al 44,2% vogliamo ancora gridare contro chi cerca di fare ripartire il paese investendo, garantendo posti di lavoro a tempo indeterminato nello Stato, offrendo stabilità economica e professionale (oltre che continuità e qualità della didattica)?”. E che la mobilità all’interno di un Paese “è sempre esistita ed è sempre stata salutare”.

“Un giovane su due al Sud è disoccupato – continua il sottosegretario -, mentre il tasso generale è del 12,7%. Giovani laureati e preparati, che il lavoro l’hanno perso o non sono mai riusciti a trovarlo. Di questi, tre su quattro si dicono pronti a partire. In cinque anni 700 mila persone sotto i 35 anni hanno lasciato, per esempio, la Sicilia. Direzione soprattutto l’estero. Un vero e proprio esodo drammatico, che non mi pare – osserva Faraone – abbia provocato indignazione sociale”.

Per Faraone risultano “poco comprensibile quindi il susseguirsi di lamentele e di toni da allarme sociale. Sono già entrati in ruolo circa 30 mila docenti sul turn over e sui posti che finora erano occupati da supplenti annuali. Assumeremo tra settembre e novembre e poi, con il concorso che sarà bandito il primo dicembre, altre 130 mila persone, dando un’opportunità anche agli abilitati in II fascia d’istituto. Che tradotto vuol dire stabilità, mutuo, garanzie previdenziali per 160 mila persone che avranno un impiego nella Pubblica Amministrazione, firmando un contratto con lo Stato per fare il mestiere che hanno sempre sognato”.

“E se le assunzioni sono su tutto il territorio nazionale – aggiunge Faraone – non è per un capriccio di Renzi, del Ministro Giannini o del sottosegretario Faraone. Al Sud ci sono troppi docenti e meno alunni (e continuano a diminuire) mentre al Nord mancano i docenti e gli alunni aumentano. Cosa avremmo dovuto fare? Spostare gli alunni e le loro famiglie dal Nord al Sud?”.

“Siamo consapevoli del fatto che – assicura Faraone – per chi ha avuto un incarico di supplenza per anni nel paese dove abita, possa essere difficile allontanarsi dalla famiglia. Non è semplice fare i bagagli e spostarsi altrove, magari a 45 anni, lasciando i figli a casa. Proprio per questo non abbiamo smesso di lavorare durante tutta l’estate per trovare soluzioni tecniche che evitassero il più possibile i trasferimenti. Abbiamo mandato una circolare che anticipa l’assegnazione delle supplenze al prossimo 8 settembre. In questo modo ogni scuola avrà gli insegnanti di cui ha bisogno già da inizio anno, a differenza del passato”.

E ancora: “se a te docente viene assegnata una supplenza a Palermo, anche se ricevi un’assunzione per Milano, per il prossimo anno scolastico potrai rimanere dove hai ottenuto la supplenza. Nella stessa direzione va la decisione di salvaguardare le preferenze degli insegnanti durante la fase C. E la legge 107/2015 – ‘La Buona Scuola’ – prevede per il prossimo anno una mobilità straordinaria che consentirà a tanti che sono fuori dalla propria regione di rientrare, anche a coloro che hanno accettato da anni di lavorare lontano pur di avere un posto a tempo indeterminato”, conclude il sottosegretario. Che quindi conferma, come da noi preventivato, che il Governo non ha alcuna intenzione di rivedere il piano di assunzioni.

Scuola infanzia: niente posti, in attesa del progetto 0-6

da La Tecnica della Scuola

Scuola infanzia: niente posti, in attesa del progetto 0-6

La mancanza di posti per le assunzioni di docenti di scuola dell’infanzia sta provocando non poche proteste, soprattutto fra i precari più direttamente interessati.
In realtà la questione non nasce oggi perchè nella legge 107 stava chiaramente scritto che, almeno per ora, l’organico potenziato non riguarda la scuola dell’infanzia, anche perchè per questo ordine di scuola è prevista di una specifica revisione ordinamentale.
Il comma 180 della legge, infatti, attribuisce al Governo una apposita delega finalizzata alla “istituzione  del  sistema  integrato  di  educazione e di istruzione dalla nascita fino a  sei  anni,  costituito  dai  servizi educativi per l’infanzia e dalle scuole  dell’infanzia, al  fine di garantire ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura,  relazione  e  gioco,  superando  disuguaglianze  e barriere territoriali, economiche, etniche e  culturali, nonche’  ai fini della conciliazione tra tempi di vita, di cura e di  lavoro  dei genitori, della promozione della qualità  dell’offerta  educativa e della continuità tra i vari servizi  educativi e scolastici e la partecipazione delle famiglie”.
Su questa delega si sono sviluppate già proteste e polemiche perchè c’è da parte di molti il timore (qualcuno, per la verità ne è persino certo) che la scuola dell’infanzia venga assimilata agli asili nido con conseguente abbassamento del livello qualitativo del servizio stesso.
In realtà il dettato legislativo dice esattamente il contrario e cioè prevede che, semmai, siano gli asili nido ad essere equiparati alla scuola dell’infanzia.
La legge, infatti, stabilisce esplicitamente “l’esclusione dei servizi educativi per  l’infanzia  e  delle scuole dell’infanzia dai servizi a domanda individuale”  e prevede anche la generalizzazione della scuola dell’infanzia.
Il problema vero di questo progetto riguarda più che altro i tempi e i costi; per adottare i decreti legislativi necessari il Governo avrà infatti 18 mesi di tempo (ma potrebbe esserci una proroga di altri tre mesi) a partire dal luglio 2015; i costi non sarebbero poi del tutto marginali: un analogo progetto di legge presentato a inizio legislatura dalla senatrice Francesca Puglisi parla di un impegno di spesa non inferiore a 6 miliardi di euro.
Fra tutte le deleghe previste dalla legge 107, questa è certamente la più onerosa e non sarà facile tradurla in fatti concreti.