Agli amici Dirigenti scolastici…

Agli amici Dirigenti scolastici che si dannano l’anima e la vita 

di Domenico Sarracino

Come pugili suonati, prendendo pugni da tutte le parti, tappano buchi, rimediano, elemosinano e corrono, corrono da tutte le parti spesso come trottole impazzite o viandanti senza bussola; hanno il tempo e la testa per “dirigere” solo poco o niente; corrono rischi tutti i santi momenti per cose che spesso non dipendono da loro e che devono correre se non vogliono fermare la baracca… A “dirigerli”, quasi sempre, è l’emergenza, l’imprevisto, l’ennesima lacuna di questa o quella norma, annunciata con le fanfare a tutto spiano, ma subito difficile da applicare, rinviata, corretta, in attesa di interpretazione e chiarimenti. Così spesso anche i migliori, quelli che si dannano tutti i giorni, e che credono nella straordinaria importanza della scuola, finiscono con il trascurare quello che dovrebbe essere il cuore della loro “mission”, e cioè ciò che si fa nelle classi, gli apprendimenti-insegnamenti che,effettivamente si praticano, quello che succede nei consigli di classe, etcc.. Si dice ( e si dicono) che devono essere “responsabili”, che devono sempre volgere al meglio tutte le situazioni, essere costruttivi e positivi. E lascio stare i pavidi e quelli che per vocazione si nascondono dietro gli altri o dietro le citate giustificazioni. A questo punto, però, mi domando che cosa sia veramente costruttivo e positivo per gli alunni, le scuole e se stessi. Qualche volta l’unico vero modo per essere costruttivi è dire apertamente come stanno le cose, anche a rischio di non essere graditi e di perdere la benevolenza di chi sta più su.

Sulla formazione degli insegnanti

Sulla formazione degli insegnanti

di Maurizio Tiriticco

 

E’ noto il modello che Harold Lasswell adottò nel lontano 1948: “Who says What in Which channel to Whom with What effect?”, ovvero “Chi dice cosa attraverso quale canale, a chi e con quale effetto?”. E che costituisce la regola di ogni buon giornalista, ovvero, a mio parere, oggi, di chiunque voglia dire e scrivere qualcosa… nonché – e non è cosa strana – insegnare. Si apriva così quella grande stagione dei mass media che nel 1964 Marshall McLuhan suggellò con quell’Understanding Media: The Extensions of Man, che ha rivoluzionato i modi dello scrivere – e del pensare e del comunicare – in un’epoca che mandava in soffitta i caratteri mobili di Gutemberg. E oggi il Pc e le Tic hanno fatto il resto… e continuano, e con maggiore insistenza, per giunta!

La ricerca scientifica e tecnologica procede sempre più spedita e in misura sempre più geometrica. Gli stessi saperi si arricchiscono sempre più. Nascono discipline sempre nuove, perché si moltiplicano i modi stessi e le forme del reale con cui ci misuriamo giorno dopo giorno. Ebbene, in questo scenario così mobile e sempre cangiante, la nostra scuola o meglio il nostro “Sistema nazionale di istruzione e formazione” – è l’epigrafe della legge 107/2015 – non solo stenta a diventare Sistema, ma rischia anche di non essere più neanche Scuola. Il Pasticciaccio brutto si è trasferito da Via Merulana a Viale Trastevere! E la cosiddetta Buona scuola, così come delineata in 212 commi di un unico articolo 1, sfugge davanti ai nostri occhi come quella cometa che in questi giorni Gaspare, Melchiorre e Baldassarre stanno inseguendo per raggiungere la grotta del Salvatore. E non è un caso che oggi editori su editori stanno facendo a gara per presentare vulgate della legge per renderla accessibile non dico ai più, ma agli stessi uomini e donne che la scuola la fanno giorno dopo giorno… e forse anche agli anonimi che l’hanno scritta.

Il fatto è che la legge non affronta per nulla il necessario riordino di quei gradi e di quegli ordini di scuola che da sempre spezzettano in verticale e in orizzontale percorsi di studio e discipline che, invece, dovrebbero essere ricondotti ad una vision unitaria e a finalità omogenee, pur nella differenziazione di quelle COMPETENZE – le maiuscole sono d’obbligo – di cui tanto si parla, ma che nessuno sa bene che cosa siano e come debbano essere CERTIFICATE. E’ una legge che, invece di andare verso una direzione da sempre attesa e necessaria, va da tutt’altra parte, a impasticciare ulteriormente una macchina organizzativa che invece necessiterebbe di coraggiosi alleggerimenti.

Comunque, a prescindere da ogni valutazione di merito, mi piace ricordare che la FCS, la Formazione Continua in Servizio degli insegnanti, viene formalmente sancita come obbligatoria in due commi della citata legge, il 121 e il 124. In quest’ultimo leggiamo testualmente: “Nell’ambito degli adempimenti connessi alla funzione docente, la formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale. Le attività di formazione sono definite dalle singole istituzioni scolastiche in coerenza con il piano triennale dell’offerta formativa e con i risultati emersi dai piani di miglioramento delle istituzioni scolastiche previsti dal regolamento di cui al dpr 80/2013, sulla base delle priorità nazionali indicate nel Piano nazionale di formazione, adottato ogni tre anni con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentite le organizzazioni sindacali rappresentative di categoria”.

Indubbiamente è positivo il fatto che venga sancito l’obbligo di una formazione che, oggi e sempre più domani, deve durare per tutta la vita, e non tanto per legge, quanto per necessità. Come si suol dire, la zappa ha resistito millenni, ma il cellulare cambia giorno dopo giorno. Il problema si pone oggi per qualsiasi operatore, dal dentista al chirurgo, dall’impiegato mezze maniche al meccanico che da tempo ha cessato di essere “vile”, e financo all’insegnante. Anzi, soprattutto all’insegnante, che non ha che fare con oggetti o con carte da riempire – anche se, purtroppo ne deve riempire sempre di più – ma con cervelli sempre più “informatizzati” e con personalità in sviluppo/crescita/apprendimento sempre più complesse. La società oggi non ci “regala” più solo Gianni e Pierini – per dirla con Don Lorenzo – ma una casistica di alunni che portano con sé bisogni sempre più articolati, dai disagi famigliari alle culture e alle lingue sempre più diverse. Forse la stessa ricerca pedagogica oggi non è in grado di fornire strumenti adeguati. Bruner e Morin forse volano troppo alto. Anche il buon Piaget e i suoi 4 stadi sembrano aver fatto il loro tempo; e la polemica con Vygotskij sembra roba da preistoria, se è lecito scherzare con i santi!. In uno scenario così ricco, la stessa differenza tra formazione iniziale e formazione continua sembra superata: ormai la formazione è continua, comunque, da sempre e per sempre. E non è obbligatoria per legge, ma obbligatoria di fatto.

I nodi fondanti della formazione docente, oggi, iniziale o continua che sia, a mio giudizio sono molti, ma… E’ doveroso ricordare in premessa che in qualsiasi interazione umana il campo della comunicazione e i ruoli sociali condizionano fortemente lo scambio delle informazioni. Un contesto famigliare e il ruolo di un padre, come un contesto lavorativo e il ruolo di un capo, come un contesto scolastico e il ruolo di un insegnante sono sempre variabili da considerare. E le stesse “distanze interpersonali”, di cui alla prossemica di Edward Hall, non sono affatto indifferenti. Per non dire poi della cronemica [1]. Fatto sta che una informazione ex cathedra resa alle 9 del mattino non ha lo stesso valore o peso della stessa informazione scambiata in pizzeria alle 9 di sera.

Contesti e ruoli sono, quindi, le prime variabili di cui l’insegnante di una vera Buona scuola deve tener conto. In altri scritti ho sempre accennato ai tradizionali condizionamenti delle tre C, la Cattedra, la Classe e la Campanella. La cattedra rende prigioniera una disciplina; la classe imprigiona le età e crea, di fatto e di diritto, promozioni e bocciature; la campanella veicola tempi eguali per tutti indipendentemente dalle reali necessità di apprendere. Il fatto è che, dopo l’Unità, i governi savoiardi si son dati un gran da fare per rendere obbligatori la scuola e il servizio militare, e hanno costruito caserme e scuole con analoghi criteri. Oggi, a tanti anni di distanza le caserme le abbiamo dismesse, ma le scuole resistono, e come, anche se spesso, sotto il profilo edilizio, cadono a pezzi. E la legge 107, purtroppo, eroga fondi per l’edilizia scolastica, ma lascia inalterati gli ordinamenti di sempre.

In tale contesto sostanzialmente immutato sotto il profilo ordinamentale e organizzativo non sarà facile avviare attività di formazione insegnanti che incidano come si dovrebbe su abitudini inveterate e che solo contesti “altri” e “diversi” metterebbero in seria discussione. Già riuscire a rendere chiare ed evidenti le tre W di Lasswell sarebbe un ottimo avvio. Ma lo spazio è tiranno e l’hardcore del mio pensiero e una concreta proposta operativa, li rinvio, come si suol dire, a una prossima puntata.

 


 

[1] Si veda quel bel volume di Bruno Zucchermaglio, Dalla cronemica all’aptica, la percezione del tempo e dello spazio per una didattica interculturale, Booksprint Edizioni, Salerno, 2012.

Scatti di anzianità ai precari

Scatti di anzianità ai precari: l’ANIEF ottiene il rimborso del pregresso e il diritto all’aumento anche nelle retribuzioni successive.

 

Vittoria piena per l’ANIEF presso il Giudice del Lavoro di Torino con la consacrazione del diritto di una docente precaria a percepire non solo quanto il MIUR non le aveva mai corrisposto nel corso degli anni come progressione stipendiale, ma anche l’effettivo adeguamento stipendiale, in base alla pregressa anzianità già maturata con contratti a termine, anche per le retribuzioni successive, pur se a tempo determinato. Gli Avvocati Fabio Ganci, Walter Miceli e Giovanni Rinaldi, con una sentenza esemplare nella sua chiarezza, ottengono giustizia per i docenti precari e la condanna del MIUR per evidente disparità di trattamento in violazione di norme comunitarie. Grazie ai ricorsi ANIEF i docenti precari possono ottenere giustizia e un aumento stipendiale mensile correttamente commisurato alla propria anzianità di servizio.

 

Nella sentenza, ottenuta grazie all’estrema perizia e alla competenza dei legali ANIEF, il Giudice del Lavoro di Torino ricostruisce con chiarezza l’evidente abuso perpetrato dal Ministero dell’Istruzione nei confronti dei lavoratori precari, riportando che “nel corso dei rapporti a termine per cui è causa, la parte ricorrente ha sempre percepito la retribuzione corrispondente al trattamento economico iniziale. La stessa contesta la legittimità di tale condotta di parte convenuta alla luce del principio del diritto europeo che vieta la disparità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e a tempo indeterminato, chiedendo la completa valorizzazione in termini di anzianità dell’attività lavorativa prestata sulla scorta degli allegati contratti a termine”. Il Tribunale del Lavoro, dunque, non ha dubbi sulla validità delle tesi patrocinate dal nostro sindacato ed evidenzia come “la condotta denunciata e la normativa che l’autorizza si pongono effettivamente in aperto contrasto con la normativa comunitaria e precisamente con la clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato recepito dalla direttiva 1999/70 del Consiglio dell’Unione Europea, così come interpretata dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee in numerose sentenze”.

 

Rilevando che il MIUR non è riuscito a giustificare tale illecita condotta, e che “non sono state allegate né sono comunque emerse, infine, circostanze specifiche e concrete che giustificherebbero una disparità di trattamento tra dipendenti pubblici a termine e a tempo indeterminato in punto anzianità tali da poter integrare le “ragioni oggettive” di cui alla clausola 4”, il Giudice del Lavoro constata che non sono “ravvisabili motivi di incompatibilità tra la natura del contratto a termine e le varie previsioni di legge e di contratto che danno rilevanza all’anzianità nei rapporti di lavoro a tempo indeterminato” e specifica che “tali norme impongono di riconoscere alla parte ricorrente ai vari effetti giuridici ed economici un’anzianità di servizio sin dal primo rapporto a termine dalla stessa valorizzato negli stessi esatti termini in cui la stessa sarebbe stata riconosciuta se fosse stata immessa in ruolo sin da tale momento”. Per tali motivi, il ricorso risulta integralmente accolto con la condanna del Ministero dell’Istruzione “a pagare a parte ricorrente la somma lorda di € 3.208,34 oltre interessi legali dalla maturazione delle singole differenze mensili al saldo ed a riconoscere lo scatto mensile di euro 177,50”. La soccombenza del MIUR in giudizio, consta anche del pagamento delle spese di lite, quantificate in € 1.800 oltre accessori.

 

Grazie al ricorso patrocinato dall’ANIEF, dunque, una docente precaria si vedrà riconosciuto non solo quanto mai percepito come progressione stipendiale, ma anche lo scatto di anzianità in ogni singola retribuzione futura che sarà aumentata, nel suo caso specifico, di ben 177,50 Euro al mese. Dove il MIUR è fallace, l’ANIEF interviene a sanare le ingiustizie con azioni legali mirate ed efficaci, ottenendo giustizia e imponendo al MIUR, ancora una volta, pieno rispetto per i lavoratori precari della scuola.

Stabilità: reperiti i fondi per il diritto allo studio delle persone con disabilità

Stabilità: reperiti i fondi per il diritto allo studio delle persone con disabilità

La Camera ha approvato, nel corso dell’esame sulla legge di stabilità, un emendamento significativo per il diritto allo studio delle persone con disabilità dando ragione, quindi, alle istanze promosse negli ultimi mesi soprattutto da FISH (oltre che da Ledha, FederHand, AIPD, ANFFAS, UICI), in numerosi confronti con i Ministeri.

Il tema è quello dei servizi di supporto scolastico rimasti “orfani” dopo che la legge 7 aprile 2014, n. 56 ha soppresso le competenze delle Province e ha assegnato alle Regioni il compito di redistribuirle alle Città metropolitane ed ad altri enti.

Ricostruiamo la questione: il decreto legislativo 112/1998 (art. 139, comma 1 c) attribuiva alle Province il compito di garantire assistenti educativi e della comunicazione (AEC). Il loro supporto è essenziale soprattutto nel caso di alunni sordi, non vedenti o ipovedenti o con altre disabilità. Il loro ruolo è espressamente previsto dalla legge quadro 104/1992 (art. 13) e dalla legge 67/1993. Inoltre le stesse Province dovevano assicurare (gratuitamente) il trasporto scolastico alle persone con disabilità nelle scuole superiori.

Queste competenze ora a chi spettano? Teoricamente alle Regioni o alla Città metropolitane, ma mancano anche i trasferimenti dei fondi necessari per garantire questi servizi. Una prima compensazione provvisoria è avvenuta nell’estate scorsa con una prima destinazione di 30 milioni di euro (decreto legge sugli enti territoriali).

Ma quella destinazione è largamente insufficiente.

La Camera ha dunque approvato un primo emendamento, presentato dal Governo, che ribadisce, una volta per tutte, l’attribuzione delle competenze: vanno alle Regioni, a meno che queste non abbiano già deliberato l’attribuzione a Province, Città metropolitane o Comuni singoli o associati. La stessa disposizione prevede uno stanziamento di 50 milioni.

Ma è stato approvato anche un subemendamento (primo firmatario On. Elena Carnevali) con cui sono stati reperiti altri 20 milioni (70 totali) attingendo alla tassazione sulle cosiddette slot machines.

“Esprimiamo soddisfazione per il raggiungimento di questo traguardo che riguarda un diritto fondamentale come quello allo studio – commenta Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap – Ora però le Regioni, che non hanno più scusanti, devono metterci la loro parte. E lo stesso diritto deve essere garantito in modo omogeneo in tutta la Penisola senza discriminazioni né rallentamenti. Su questo vigileremo come abbiamo fatto finora, ricorrendo a tutti gli strumenti e i mezzi a disposizione.”

Test (a sorpresa) anti alcol anche per gli insegnanti

da La Stampa

Test (a sorpresa) anti alcol anche per gli insegnanti

In Piemonte applicata una delibera regionale del 2012
maria teresa martinengo

TORINO

Come i chirurghi, i piloti, i responsabili di depositi di fuochi d’artificio, i macchinisti di treni ad alta velocità. Gli insegnanti piemontesi, in base a una recente delibera regionale che ha rinnovato le prescrizioni di un precedente atto del 2012 mai davvero messe in pratica, dovranno sottoporsi a visita medica per individuare l’eventuale dipendenza da alcol. Il medico competente, responsabile della sorveglianza sanitaria nei luoghi di lavoro, deciderà poi chi dovrà fare (a sorpresa) anche il test alcolimetrico. Della questione si è parlato nei giorni scorsi nelle conferenze di servizio convocate dall’Ufficio scolastico regionale e da allora le scuole – che per «povertà» avevano fin qui ignorato la delibera – hanno un problema in più e, in prospettiva, molti soldi in meno. Già nel 2012 i conti, per una scuola da mille allievi, ammontavano ad almeno 4000 euro l’anno. Per i presidi, uno spreco: individuare e sottoporre a visita medica un dipendente etilista è possibile senza costosi test a tappeto.

La scelta

Perché il Piemonte si trovi a fronteggiare questo problema, lo riassume Antonietta Di Martino, referente per la sicurezza dell’Usr: «Nel 2006 la Conferenza Stato-Regioni ha stilato l’elenco delle mansioni a rischio e ha inserito gli insegnanti, dal nido alle superiori, in quanto a loro sono affidati gli allievi. L’articolo 41, comma 4 bis del Testo Unico del 2008 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro ha poi demandato alla Conferenza di definire le modalità dell’accertamento». La maggioranza delle regioni, in attesa di indicazioni, si è fermata. La giunta Cota, invece, aveva interpretato la legge come operativa. «La delibera del 2012 aveva definito le linee di indirizzo – visita annuale per tutti e test ogni tre anni – stabilendo un periodo di osservazione di un anno a cui sarebbe seguito un nuovo provvedimento, arrivato in ottobre».

Le novità

La nuova delibera alleggerisce un po’ le prescrizioni, ma di fatto le rende operative. «Il medico decide chi sottoporre al test sulla base della visita solo se sospetta alcoldipendenza. L’Usr – aggiunge Antonietta Di Martino – ha chiesto alla Regione di chiarire formalmente la periodicità delle visite, costose. Il vero obiettivo, però, è di arrivare ad eliminare l’insegnamento dall’elenco vista la sproporzione tra rischio e misure da adottare». In questo senso pare si possa ben sperare. «In novembre il ministero della Salute ha inviato un nuovo elenco di attività da sottoporre alla Conferenza unificata: l’insegnamento non c’è». Resta da chiarire quando la Conferenza potrà occuparsi della faccenda.

Intanto, osserva il preside Tommaso De Luca, presidente dell’Asapi, Associazione scuole autonome del Piemonte, «ci sono medici che non accettano l’incarico dalle scuole perché dicono che se non si procede con le visite si è in posizione di illegittimità. Per le scuole di base la spesa è enorme, per tutte è denaro che può essere usato molto meglio». Per Teresa Olivieri, segretaria Cisl Scuola Torino, «se il problema c’è, ci sono già anche i mezzi per affrontarlo. Essere messi tutti sotto accusa con il sospetto è inaccettabile». E Cosimo Scarizi della Cub Scuola ricorda l’unico caso di visite svolte a Torino: «Per renderle economiche erano state fatte in modo inaffidabile. E noi avevamo organizzato un brindisi davanti alla scuola».

Mobilità: la questione diventa politica

da La Tecnica della Scuola

Mobilità: la questione diventa politica

La questione della mobiità è ad una svolta decisiva: i sindacati scrivono al Ministro e chiedono un intervento politico.
Per lunedì 14 era già previsto un incontro fra tecnici del Miur e sindacati sulla questione della mobilità. Stante il fatto che la trattiativa risulta di fatto interrotta, tutti si aspettavano che in occasione dell’incontro il Ministero avrebbe annunciato di voler regolare la materia con un atto unilaterale.
E invece la lettera che i segretari dei 5 sindacati rappresentativi del comparto hanno scritto al ministro Giannini rimette tutto in gioco.
Al’incontro di domani 14 dicembre i sindacati non si presenteranno, in attesa di essere convocati dal Ministro.
Alla resa dei conti, la “mossa” sindacale potrebbe essere più che altro un tentativo di prendere tempo perchè difficilmente il Ministro potrà accettare la richiesta sindacale di rinviare di un anno l’applicazione della legge.
Intanto sorgono dubbi sulla “tenuta” della posizione attuale dei sindacati che sembrerebbero intenzionati a non firmare il contratto integrativo sulla mobilità.
La mancata firma, infatti, vorrebbe dire lasciare nelle mani del Ministero ogni decisione su tutta la materia, compresi i trasferimenti del personale Ata che mal digerirebbe una decisione sindacale che potrebbe danneggiare decine di migliaia di dipendenti.

Con la prossima mobilità cessano per i docenti i trasferimenti da scuola a scuola

da La Tecnica della Scuola

Con la prossima mobilità cessano per i docenti i trasferimenti da scuola a scuola

Il CCNI sulla mobilità per il 2016/2017 è in pieno altomare ma pochi sembrano rendersi conto di cosa questo significhi.

Le numerose mail e i molti messaggi che ci arrivano da amici e lettori ci fanno capire che tanti docenti non si sono ancora resi conto che ormai i tempi dei trasferimenti da scuola a scuola sono ormai terminati.
Le prossime domande di mobilità potranno infatti riguardare solamente il passaggio dalla propria sede di servizio ad un albo territoriale; per andare a finire in una scuola precisa bisognerà proporsi al dirigente scolastico di quella scuola; ma sapendo che il dirigente non avrà nessun obbligo di seguire graduatorie o anzianità diservizio.
Quindi l’insegnante di primaria titolare nel comprensivo X di Milano che vorrà (o dovrà) spostarsi nel comprensivo Y della stessa città necessariamente chiedere il trasferimento sull’albo di cui fa parte il comprensivo Y e “sperare” di essere chiamata dal dirigente scolastico.
Nonostante il gran parlare che si è fatto da aprile-maggio in avanti, il nuovo meccanismo è ancora molto poco conosciuto e sono davvero tanti i docenti che pensano che i trasferimenti verranno effettuati quest’anno secondo le vecchie regole.
In effetti fino a un mese fa pareva che per il prossimo anno tutto sarebbe rimasto invariato, ma il Miur ha fatto sapere di essere intenzionato a istituire gli albi in tempi rapidissimi e quindi ben prima del termine del 30 giugno 2016 fissato dalla legge 107.
Tutto questo vale solamente per i docenti, in quanto la legge non introduce nessuna modifica alla titolarità di sede del personale Ata che potrà continuare a partecipare alle operazioni di mobilità secondo le vecchi regole.

Renzi: “Più dettati e più riassunti”, ma alle scuole manda docenti di educazione fisica

da La Tecnica della Scuola

Renzi: “Più dettati e più riassunti”, ma alle scuole manda docenti di educazione fisica

Dal palco della Leopolda, Renzi si improvvisa pedagogista: “Più dettati e più riassunti già dalle elementari”.

Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi non ha dubbi: per rilanciare il nostro sistema scolastico bisogna sostenere l’insegnamento della lingua italiana, fin dalla scuola primaria.
E allora già dai primi anni avanti tutta con dettati e riassunti.
Ma il Presidente guarda lontano e aggiunge che in vista del 2021, quando ricorrerà il settecentismo anniversario della morte di Dante Alighieri, bisogna non solo sostenere la diffusione della lingua italiana all’estero ma anche rilanciare lo studio della nostra lingua nelle scuole del nostro paese.
In linea generale non si può non essere d’accordo con Matteo Renzi, ma due osservazioni vanno fatte.
Prima osservazione: ma siamo sicuri che dettati e riassunti servano davvero, fin dai primi anni della primaria?  Non sarebbe meglio che su una questione così squisitamente didattica si esprimessero pedagogisti e linguisti?
Seconda questione: ma se davvero Renzi è convinto che bisogna sostenere l’insegnamento dell’italiano, per quale motivo ha messo in piedi un meccanismo di “potenziamento” degli organici per il quale alle scuole che chiedono qualche insegnante di italiano in più vengono invece mandati docenti di educazione fisica, di diritto o addirittura di steno-dattilografia?

Linee guida del PTOF: scuola della separazione o dell’inclusione?

da La Tecnica della Scuola

Linee guida del PTOF: scuola della separazione o dell’inclusione?

Claudio Berretta

Nelle linee guida del MIUR relative al PTOF, contenute nella nota 2805 del 11 dicembre 2015 troviamo un passaggio a dir poco sconcertante

Si legge nelle linee-guida: “L’adozione di modalità che prevedano di poter lavorare su classi aperte e gruppi di livello potrebbe essere un efficace strumento per una didattica individualizzata e personalizzata”
Un’affermazione che richiama l’idea delle classi differenziali di triste memoria e che contrasta, oltre che con i risultati delle esperienze del passato, con le evidenze scientifiche presenti in letteratura, come gli studi citati nel Rapporto sulla scuola in Italia 2011, della Fondazione Agnelli,[1] o il lavoro di John Hattie[2] nel quale, nei dati emersi da meta-analisi che hanno coinvolto 240 milioni di studenti, su 150 elementi presi in considerazione, i gruppi di livello all’interno delle classi risultano al 120° posto, le classi differenziate per abilità al 131° e le classi aperte al 145°.

Una scelta del genere rappresenta peraltro un’inversione di rotta clamorosa rispetto alle scelte orientate verso la costruzione di una scuola inclusiva.
Subito dopo il testo della nota MIUR prosegue come segue: “Si pensi alle esperienze, già ampiamente sperimentate, di recupero e/o potenziamento in orario curricolare basate anche su modalità peer to peer (…) alla didattica basata sull’apprendimento cooperativo …”
Si citano quindi modalità di lavoro diametralmente opposte a quelle della separazione tra allievi capaci e meno capaci. Si tratta infatti di modalità di lavoro che creano condizioni in cui chi ha maggiori abilità lavora insieme a chi è in difficoltà, in un’ottica di di solidarietà, aiuto reciproco e inclusione.
Si spera si tratti di una “svista” del MIUR alla quale si trovi rapidamente rimedio con un “Errata corrige”

 


[1]     Fondazione Giovanni agnelli,  Rapporto sulla scuola in Italia 2011, Editori Laterza, Bari, 2011, p. 51 e p. 94.

[2]     Hattie J., Visible Learning, Routledge, New York, 2009. Hattie J., Visible Learning for teachers, Routledge, New York, 2012.

Come utilizzare i docenti del potenziamento e il ruolo del ds

da La Tecnica della Scuola

Come utilizzare i docenti del potenziamento e il ruolo del ds

E’ scoppiato il caso, prevedibile, della modalità di utilizzazione dei docenti assunti in fase C sull’organico di potenziamento. Max Bruschi spiega quale deve essere il ruolo del dirigente e quello che i nuovi professori non sono tenuti a fare.

Sulla sua pagina fb Max Bruschi, ispettore presso il Ministero della Pubblica Istruzione, Ufficio scolastico regionale della Lombardia e Dipartimento per l’istruzione, ed ex Consigliere del Ministro durante il dicastero di Mariastella Gelmini, prova a dare alcune “istruzioni per l’uso”, frutto di una sua personalissima lettura delle norme e sensibilità didattica, cercando di guardare le cose da “lato della scuola”.
E’ evidente  che “in fase di assegnazione dell’organico ‘da fase C’, è successo di tutto. Sia a livello di classi di concorso, sia a livello di ‘assegnazioni’ totalmente scombinate, sia a livello di utilizzazioni. Posta l’indicazione politica di dare soddisfazione alla gran parte delle domande inoltrate, e di farlo privilegiando le province di appartenenza, il risultato era in parte scontato. In parte… continuano a sfuggirmi le logiche in base alla quale, in una stessa città, sia stato assegnato un docente di fotografia a un classico, e uno di A/52 a un artistico. O altri casi simili. Metto anche da parte tutte le enormi problematiche (collegate) connesse all’anno di prova. Se non quale testimonianza di come, more solito, deroghe e strappi ai principi generali, procedure costruite intorno a esigenze non (totalmente) compatibili, abbiano ricadute sull’intero sistema. Vedi anche le prese di servizio pari a ‘0’ in molte scuole, o i problemi connessi al periodo di formazione e prova di un docente della secondaria di II grado piazzato non in un comprensivo… ma in un circolo didattico.”

Per quanto riguarda invece l’organico dell’autonomia, come sperimentalmente attribuito alle scuole a partire dal 1 dicembre, secondo Bruschi la chiave di volta è proprio il Ds: “Un dirigente è il responsabile della gestione del personale della struttura cui è preposto. Ha dei paletti posti dalla normativa (che deve conoscere), per i resto deve finalizzare la gestione agli obiettivi”.
Che cosa allora non si deve fare? Secondo l’ispettore “non si deve usare un fase C per coprire le supplenze su cattedre curricolari, tranne le ‘brevi’, salvo nel caso di supplenti già in servizio su quei posti nella scuola di assegnazione. In tale caso, togliere loro le classi sarebbe grottesco e senza alcuna ratio normativa. Ricordo che anche i posti rimasti liberi da fase C vanno dati a supplenza… Col ‘deve’ tra virgolette, intendo anche riaffermare l’uso del buon senso. Perché, giuridicamente, l’organico dell’autonomia e le conseguenti disposizioni non ci sono… Le cattedre assegnate su supplenza ‘lunga’ già da settembre, ad esempio, non si toccano: supplenze da GAE o da I e II fascia GI dovevano essere assegnate in questo modo. I DS che le hanno assegnate sino ad AD (salvo i casi di dimensionamento) hanno sbagliato. Più complesso il caso delle attuali supplenze da rinnovare, anche sulla base delle fasce aggiuntive delle GI. La prima cosa, ovviamente, è stare strettamente ancorati alle classi di concorso; la seconda è tenere conto della continuità didattica. Se ho Tizio sino ad AD, e dalle convocazioni Tizio risulta l’avente diritto su quelle classi, è opportuno usarlo su quelle classi per OVVI motivi di continuità didattica. Se ‘perdo Tizio’, ho Sempronio da fase C sulla stessa classe di concorso e Caio come possibile supplente, non c’è nulla di male ad usare Sempronio sulla cattedra e Caio sul potenziamento, o a costituire situazioni ‘miste’. Ma, e occorre ribadirlo, in servizio sulla scuola ci vanno sia Caio che Sempronio… Non è la scelta su ‘chi’ lavora, nelle mani del DS, ma sul ‘come’, sulla base della contemperazione degli interessi. In effetti, potrebbe capitare che Sempronio finisca per l’anno scolastico successivo nell’ambito territoriale della stessa scuola, e a quel punto l’incontro tra domanda e offerta potrebbe utilmente verificarsi.. così come la continuità didattica (in particolare, sugli ‘spezzoni’)”.

L’altra domanda ricorrente è poi: come attuare il potenziamento?
Secondo Bruschi “la prima cosa da ricordare è che, per ciascun istituzione scolastica, l’organico è unico e unitario, sulla base del comma 5, art. 1 della 107. Il che consente una notevole duttilità. Ciò non toglie che ho sentito report ‘folli’. ‘Non so cosa farvi fare perché non ho progetti…’; utilizzazioni spericolate e prive di buon senso; i soliti progettini per la ‘legalità’ per i docenti di diritto ed economia. Non si possono, ovviamente, andare a creare delle ‘gabbie’ tassonomiche. Che i primi giorni siano di assestamento, è naturale. Ma che ci vogliano settimane se non mesi per raccapezzarcisi, lo trovo inaccettabile. E deriva da una abitudine mentale conformata ai ‘sacri riti’ del corpo mistico dell’organico. Qui si è in mare aperto. Piazzare il docente a far fotocopie o su temi non suoi significa gestire pessimamente il personale… Perché non prendere in mano il CV, passare una mezz’ora con lui, raffrontare con le priorità del ‘rapporto di autovalutazione’? Lo ripeto sempre a lezione: i docenti sono persone, non codici meccanografici a SIDI. Possono essere validi o non validi. Ma occorre metterli alla prova e metterli nelle condizioni di fare il loro lavoro”.

E qui, davvero, indicazioni precise non ce ne possono essere. Ma anche in questo caso, qualche esempio. Docente di diritto ed economia in percorsi ove non è previsto, perché anziché imbrigliarlo nei frusti progettini, non utilizzarlo come potenziamento all’ultimo anno per gli studenti che hanno in testa di iscriversi a facoltà economico-giuridiche? Una mia amica DS, di quelle brave, ha usato un docente di fotografia, inopinatamente capitatole al Liceo classico sulla base di non so quale logica, a collaborare col docente di Storia dell’Arte; e non parliamo di educazione musicale con letteratura o arte. Poi, ci sono casi di “patologia” (se corrisponde al vero, un docente di Filosofia assegnato a un sopravvissuto “circolo didattico”). Ma già operare per bene sulla fisiologia non sarebbe male.

Insomma l’augurio è che i nuovi docenti abbiano un ruolo adeguato e una funzione. E non diventino un itinerante jolly della scuola.

Decreto Direttoriale 14 dicembre 2015, n. 3265

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per la Formazione Superiore e per la Ricerca
Direzione Generale per il coordinamento, la promozione e la valorizzazione della ricerca

IL DIRETTORE GENERALE

 

VISTO il Decreto Legge n. 85 del 16 maggio 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 121 del 14 luglio 2008, istitutivo, tra l’altro, del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR);

VISTO il decreto direttoriale n. 2488 del 4 novembre 2015, con il quale è stato emanato il bando per i progetti di ricerca di interesse nazionale per l’esercizio finanziario 2015 (bando PRIN 2015);

CONSIDERATE le sostanziali novità del bando PRIN 2015, nonché le numerose richieste di proroga, pervenute per le vie brevi, del termine di scadenza per la presentazione dei progetti, fissato al 22 dicembre 2015 (art. 4, comma 1, del citato D.D. n. 2488 del 4 novembre 2015);

RITENUTO, al fine di favorire una più ampia e migliore partecipazione, di assentire alle richieste di proroga, spostando il termine per la scadenza dei progetti al 15 gennaio 2106;

VISTO il decreto legislativo n. 165 del 30 maggio 2001 e successive modifiche e integrazioni;

DECRETA

Articolo unico

L’art. 4, comma 1, del decreto direttoriale n. 2488 del 4 novembre 2015 è così modificato:

“1. La domanda è presentata dal PI, entro e non oltre le ore 15 del 15 gennaio 2016, pena l’impossibilità di poter accedere alla procedura e la conseguente esclusione del progetto dal bando,  esclusivamente attraverso procedure web-based. Sul sito http://prin.miur.it/ sono resi disponibili tutti gli allegati al presente bando e il fac-simile per la presentazione delle domande; la modulistica compilabile è resa disponibile a partire dalle ore 15 del 12 novembre 2015.”

Il presente decreto è inviato alla Corte dei Conti per la registrazione e pubblicato sul sito internet del Ministero all’indirizzo http://prin.miur.it/.

 

IL DIRETTORE GENERALE
(dott. Vincenzo Di Felice)

Nota 14 dicembre 2015, AOODGCASIS 4798

Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca
Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali
Direzione Generale per i contratti, gli acquisti e per i sistemi informativi e la statistica
Ufficio Statistica e Studi

Ai Dirigenti/Coordinatori scolastici delle scuole di ogni ordine e grado statali e non statali
Ai Referenti Regionali e degli Ambiti Territoriali delle Rilevazioni sulle scuole
e p.c.
Ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali
Ai Dirigenti degli Uffici Scolastici Territoriali
Al Sovrintendente Scolastico per la Provincia di Trento
Al Sovrintendente Scolastico per la scuola in lingua italiana di Bolzano
All’Intendente Scolastico per la scuola in lingua tedesca di Bolzano
All’Intendente Scolastico per la scuola delle località ladine di Bolzano
Al Sovrintendente Scolastico per la Regione Valle d’Aosta
Loro Sedi

Oggetto: Rilevazione sulle scuole statali e non statali – A.S. 2015/2016

A partire dal 15 dicembre p.v. e fino al 16 gennaio 2016 vengono rese disponibili sul Sidi le funzioni di Rilevazione “Dati generali” per le scuole, statali e non statali, dell’Infanzia, Primarie e Secondarie di I grado (Area “Rilevazioni” – “Rilevazioni sulle scuole” – “Dati generali (ex Integrative)” – “Acquisizione dati”).
Per le scuole Secondarie di II grado, l’attività di rilevazione si avvia il 28 gennaio 2016 e termina il 27 febbraio.
Le sezioni della rilevazione vanno compilate secondo l’ordine di prospettazione e, laddove sia presente, va utilizzato il tasto “Precompila scheda” che propone, in automatico, i dati, in versione aggregata, già inseriti dalle scuole nell’area “Gestione alunni”.
E’ fondamentale, prima di eseguire la rilevazione, verificare la correttezza dei dati presenti in Anagrafe alunni con particolare riguardo all’anno di nascita e alla cittadinanza.
Per gli altri riquadri, relativi ad informazioni non desumibili dall’Anagrafe alunni, la compilazione va effettuata con l’inserimento diretto dei dati.
Ogni sezione deve essere salvata; si ricorda che, se il sistema blocca il salvataggio segnalando incongruenze nelle tabelle precompilate, la correzione dei dati va effettuata prima in Anagrafe alunni per poi procedere nuovamente al “Precompila scheda”.
Si precisa che è necessario aprire la sezione relativa agli alunni con cittadinanza non italiana ed effettuare, anche in assenza di alunni stranieri, il “Precompila scheda”. Ciò al fine di consentire l’esatta acquisizione dei dati in relazione a questo specifico fenomeno in coerenza alle informazioni presenti in Anagrafe alunni.
Le scuole non statali sono tenute ad inserire anche le informazioni riguardanti il personale in servizio presso la scuola.
Le credenziali di accesso al portale SIDI (Username e Password) per le scuole non statali di nuova istituzione devono essere richieste accedendo al sito www.istruzione.it al percorso:
Istruzione – “Sidi: richiesta utenze” – “Vai all’applicazione”.
Relativamente ad aspetti tecnici dell’applicazione è disponibile il numero verde del gestore del sistema informativo del Ministero (800 903 080).
Per il supporto alle scuole a livello territoriale è possibile contattare i referenti presso gli Uffici Scolastici Regionali e gli Ambiti Territoriali.
Per chiarimenti sui contenuti delle schede di rilevazione è possibile chiedere assistenza ai funzionari dell’Ufficio Statistica e Studi.
Le modalità operative sono descritte nelle guide disponibili nell’area “Procedimenti Amministrativi” del SIDI.
La presente attività di rilevazione è prevista dal Piano Statistico Nazionale e pertanto si richiede l’affissione della presente nota e dell’informativa allegata all’Albo dell’istituzione scolastica e la pubblicazione, ove presente, nel sito web della scuola.

Il Direttore Generale
Marco Ugo Filisetti


Informativa per il trattamento dei dati personali

 

Il titolare del trattamento dei dati personali della presente rilevazione è il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca; responsabile del trattamento dei dati personali è il Direttore Generale per i Contratti, gli Acquisti e per i Sistemi Informativi e la Statistica
al quale è possibile rivolgersi per l’esercizio dei diritti degli interessati di cui all’art. 7 del decreto legislativo 30 giugno 2003 n.196, inviando apposita richiesta a: MIUR – Direzione generale per i Contratti, gli Acquisti e per i Sistemi Informativi e la Statistica, viale Trastevere, 76/a 00153 Roma. I dati trattati nell’ambito della presente rilevazione, tutelati dal segreto statistico e sottoposti alla normativa sulla protezione dei dati personali, potranno essere utilizzati, anche per successivi trattamenti, esclusivamente per fini statistici dai soggetti del Sistema Statistico Nazionale e potranno, altresì, essere comunicati per finalità di ricerca scientifica alle condizioni e secondo le modalità previste dall’art. 7 del Codice di deontologia per i trattamenti di dati personali effettuati nell’ambito del Sistema statistico nazionale. I medesimi dati saranno diffusi in forma aggregata, in modo tale che non sia possibile risalire ai soggetti che li forniscono o a cui si riferiscono.

L’obbligo di fornire dati statistici per la presente rilevazione è previsto dall’ art.7 del D.Lgs. 6 settembre 1989, n.322. Non rientrano nell’obbligo i dati personali sensibili e giudiziari di cui all’art. 4, comma 1 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196.

   Riferimenti normativi sul segreto statistico e sulla protezione dei dati personali

  • Decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322 e successive modifiche e integrazioni – “Norme sul Sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell’Istituto nazionale di statistica “, art. 6-bis (trattamenti dei dati personali); art. 7 (obbligo di fornire i dati statistici); art. 8 (segreto d’ufficio degli addetti agli uffici di statistica); art. 9 (disposizioni per la tutela del segreto statistico); art. 13 (Programma statistico nazionale);
  • Decreto legislativo 30 giugno 2003, n.196 “Codice in materia di protezione dei dati personali” – art. 2 (finalità), art. 4 (definizioni), artt. 7-10 (diritti dell’interessato), art. 13 (informativa), artt. 28-30 (soggetti che effettuano il trattamento), artt. 104-110 (trattamento per scopi statistici o scientifici);
  • “Codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati personali a scopi statistici e di ricerca scientifica effettuati nell’ambito del Sistema statistico nazionale” (all. A.3 del Codice in materia di protezione dei dati personali – d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196).
  • D.P.R. 24 settembre 2015 -Approvazione del Psn 2014-2016 e del relativo aggiornamento per gli anni 2015-2016 con gli annessi elenchi delle rilevazioni con obbligo di risposta da parte dei soggetti privati.

 

Nota 14 dicembre 2015, AOODGOSV 13386

Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca
Dipartimento Sistema educativo di Istruzione e formazione
Direzione generare Ordinamenti scolastici e valutazione Sistema scolastico
Uff. I

Ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali
LOROSEDI
Al Sovrintendente agli Studi per la Regione Autonoma della Valle d’Aosta
Al Dirigente del Dipartimento Istruzione della Provincia di Trento
Al Sovrintendente Scolastico per la Provincia di Bolzano
All’Intendente Scolastico per le scuole delle località ladine di Bolzano
All’Intendente Scolastico per la scuola in lingua tedesca di Bolzano

Nota 14 dicembre 2015, AOODGOSV 13386

OGGETTO: “Matematica Senza Frontiere” anno scolastico 2015/2016