Concorso a Cattedra 2012: Graduatorie di Merito da rifare

Concorso a Cattedra 2012: Graduatorie di Merito da rifare. Il MIUR doveva valutare i titoli dichiarati dai candidati nella domanda di partecipazione

Nuovo pasticcio del MIIUR nell’ultimo concorso a cattedra bandito ex D.D.G. n. 82/2012: l’ANIEF ha dimostrato in tribunale l’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione nella parte in cui ha escluso la valutazione dei titoli culturali se dichiarati unicamente nella domanda di partecipazione al concorso, pretendendo tale dichiarazione in una aggiuntiva “scheda dei titoli valutabili”. L’Avv. Salvatore Russo, con una sentenza esemplare nella sua chiarezza, ha ottenuto dal TAR Lazio la conferma che il Ministero dell’Istruzione non poteva discostarsi da quanto espressamente previsto dal Bando e la condanna delle Amministrazioni ad attribuire il giusto punteggio ai titoli posseduti da una nostra iscritta anche se dichiarati unicamente nella domanda di iscrizione al concorso. Attese per il nuovo anno altre centinaia di sentenze simili che potrebbero stravolgere le immissioni in ruolo finora decretate dal MIUR.

 

La situazione era chiara sin dall’inizio: nella domanda di partecipazione al Concorso, bandito ex D.D.G. n. 82/2012, ed elaborata dal MIUR, era possibile dichiarare non solo il titolo di accesso, ma anche alcuni titoli culturali quali diploma, laurea e abilitazione all’insegnamento. Molti candidati, affidandosi a quanto riportato nel Bando e alla formulazione della domanda di partecipazione online al concorso, hanno dichiarato immediatamente tutti i titoli posseduti e valutabili ai sensi della “Tabella valutazione Titoli” allegata al Bando. Il MIUR, invece, solo a operazioni avviate, ha modificato la procedura e richiesto la compilazione di una aggiuntiva “scheda dei titoli valutabili” che, però, non ha reso disponibile sin dal primo momento. Solo all’atto della pubblicazione delle Graduatorie di Merito del Concorso, quindi, alcuni candidati si sono ritrovati con “punti zero” per i titoli posseduti rilevando, anche, la circostanza della mancata valutazione addirittura del titolo di accesso utile ai fini della partecipazione al concorso che era già stato oggetto di controllo proprio da parte degli USR. Alcuni Uffici Scolastici Regionali, appoggiati dal MIUR, pur a seguito di numerose segnalazioni e diffide presentate dai candidati, non hanno voluto sentire ragioni e, a fronte della mancata compilazione della “dichiarazione aggiuntiva dei titoli” da parte degli aspiranti docenti, si sono trincerati sulle loro posizioni costringendo l’ANIEF ad intervenire immediatamente impugnando per tempo le graduatorie con azioni legali mirate proprio a correggere questa ulteriore ed evidente stortura.

 

Il Bando di Concorso 2012, infatti, non prevedeva alcuna “scheda dei titoli valutabili” da presentare in aggiunta alla domanda di partecipazione e l’Avv. Russo in udienza ha pianamente e con estrema perizia dimostrato come, al contrario, l’art.3 del Bando “prevedeva chiaramente che, una volta presentata la domanda di partecipazione (esclusivamente) con modalità online i candidati dichiarassero, sotto la propria responsabilità, oltre al possesso dei requisiti di partecipazione, anche i titoli specifici di ammissione e i titoli valutabili ai sensi dell’art.12”. Il TAR Lazio ha, dunque, sposato in pieno le tesi sostenute dal legale ANIEF constatando come fosse inconfutabile che la ricorrente avesse “dichiarato nella domanda di partecipazione presentata online, nella Sezione C – come espressamente richiesto dal bando – anche i titoli espressamente riportati nel ricorso introduttivo: pertanto, alla predetta non può essere opposta la mancata compilazione della successiva “scheda dei titoli valutabili”, resa disponibile soltanto dal 22 ottobre 2012 ossia sedici giorni dopo l’avvio delle procedure di inserimento online delle domande di concorso” e ha bacchettato il Ministero dell’Istruzione e le sue diramazioni periferiche regionali con una pesante condanna alle spese pari a € 2.500 oltre accessori, ricordando loro, inoltre, che “la Commissione Giudicatrice, ai sensi dell’art.12 comma 2 del medesimo Bando aveva l’obbligo – e il dovere – di valutare (esclusivamente) i titoli dichiarati nella domanda di partecipazione”. Il Tribunale Amministrativo, pertanto, ha dato piena ragione al nostro sindacato e annullato le graduatorie di merito definitive interessate dall’azione legale “nella parte in cui non contemplano la valutazione dei titoli dichiarati dalla ricorrente nella domanda di partecipazione”.

 

In attesa di sentenza ci sono, ancora, centinaia di ricorsi instaurati per la medesima problematica che potrebbero stravolgere le immissioni in ruolo operate dal MIUR sin dal 2013. Il Ministero dell’Istruzione, infatti, dovrà rettificare le Graduatorie di Merito e molti nostri iscritti, che si sono affidati con fiducia all’operato dei nostri legali, potranno rivendicare l’immissione in ruolo negata o la retrodatazione di quella già intervenuta, in quanto, se il punteggio dei titoli culturali fosse stato correttamente attribuito sin dall’inizio, sarebbero rientrati nel contingente degli aventi diritto alla stipula di contratto di lavoro a tempo indeterminato anche in anni precedenti. Ancora una volta l’ANIEF, dunque, è intervenuta efficacemente e ha dimostrato di saper sempre vigilare sulla correttezza dell’operato del MIUR. Il nostro sindacato, forte di questa ulteriore e soddisfacente vittoria, assicura ai propri iscritti che continuerà a vigilare e non permetterà neanche nel futuro concorso che il Ministero dell’Istruzione operi parzialità o illegittimità di nessun tipo.

Graduatorie d’Istituto e laureati in Scienze Politiche vecchio ordinamento

Vittoria al TAR del Lazio: l’ANIEF apre le Graduatorie d’Istituto ai laureati in Scienze Politiche vecchio ordinamento

 

Il Tribunale Amministrativo dà piena ragione all’ANIEF e annulla il Decreto Ministeriale 353/2014 che non riconosceva la validità della laurea in scienze politiche vecchio ordinamento, conseguita successivamente all’a.a. 2000/2001, ai fini dell’accesso alla III fascia delle Graduatorie d’Istituto per la classe di concorso A019. L’Avv. Irene Lo Bue ottiene per il nostro sindacato la prima vittoria del nuovo anno con la conferma che le determinazioni ministeriali erano palesemente irragionevoli e non supportate da alcuna ratio apprezzabile. Grazie all’azione legale promossa dall’ANIEF, dunque, ora il MIUR non potrà più negare a questa categoria di aspiranti docenti l’accesso all’insegnamento.

 

Il Tribunale Amministrativo, infatti, ha constatato come le ragioni supportate con estrema perizia e competenza dal nostro legale fossero assolutamente condivisibili anche “considerata l’identicità del piano di studi tra coloro che hanno conseguito il titolo entro l’a.a. 2000/01 e coloro che lo hanno conseguito successivamente”. L’irragionevolezza dell’operato del MIUR è apparso evidente soprattutto considerando che “lo stesso Miur con riferimento ai criteri di accesso ai TFA con nota Prot. n. 9361 del 18.09.2014 ha mostrato di non ritenere sussistente alcuna differenza, ammettendo che “La laurea in Scienze Politiche di vecchio ordinamento, conseguita dopo l’anno accademico 2000/2001, può essere considerata titolo di ammissione al TFA per la classe di concorso A019”(ovvero, titolo di accesso ai fini dell’inserimento nella II fascia d’istituto e accesso ai concorsi a cattedra)”.

 

Il MIUR, dunque, come perfettamente dimostrato in udienza dall’Avv. Lo Bue, ha agito in palese contraddizione con se stesso e la sentenza riporta chiaramente che, se il Ministero dell’Istruzione “ha riconosciuto la possibilità per chi è in possesso di una laurea in scienze politiche vecchio ordinamento, di ottenere l’abilitazione all’insegnamento nella classe di concorso A019, al fine di accedere alla seconda fascia d’istituto, ne consegue l’illogicità della previsione che nega a tali docenti l’inserimento nella III fascia della Graduatoria di Circolo e d’Istituto” al fine di poter usufruire delle c.d. “supplenze brevi” da stipularsi con docenti non abilitati, ma in possesso di valido titolo di accesso all’insegnamento. Ricorso ANIEF accolto, dunque, e, per l’effetto, dichiarato nullo il D.M. n. 353/2014 “nella parte in cui, richiamato il DM 39/98 e il DM 22/05, all’art. 2, comma 1, C1 – punto I), non viene riconosciuto il diploma di laurea in scienze politiche – vecchio ordinamento – conseguito successivamente all’a.a. 2000/2001, ai fini dell’accesso all’insegnamento nella classe di concorso A019 – discipline giuridiche ed economiche per l’inserimento nella III fascia delle graduatorie di circolo e di istituto”.

 

L’ANIEF ha nuovamente dimostrato in tribunale come il Ministero dell’Istruzione agisca troppo spesso in modo irragionevole e ottiene una sentenza che per la prima volta conferma il diritto all’accesso alla III fascia delle Graduatorie d’Istituto per gli aspiranti docenti in possesso di laurea in Scienze Politiche vecchio ordinamento conseguita successivamente all’a.a. 2000/2001. Il nostro sindacato ha dato prova, ancora una volta, di saper sanare con perizia e azioni legali vincenti le storture e le ingiustizie poste in essere dal Ministero dell’Istruzione.

Alfabeto a rischio?

ALFABETO A RISCHIO?

 di Luigi Manfrecola

File 02-01-16, 06 19 06E’ l’interrogativo che si pone il Prof. Vertecchi nell’ultimo suo articolo comparso sul sito web di Academia.edu , non dissimulando la sua preoccupazione che si tratti di una prospettiva incalzante e reale. Intendo partecipare al dibattito con solo poche  osservazioni che valgano a dagli ragione in larga parte. Solo in parte perché,  mentre condivido la sostanza dell’analisi ampiamente dettagliata nel testo completo che qui non posso riprodurre interamente, non ritengo che la situazione rappresentata sia la conseguenza di una precisa volontà politica, figlia di un disegno chiaro e conclamato.

Se pure essa lo è o lo diviene, non è tanto per un disegno consapevolmente criminogeno , ma per una sorta di convincimento culturale da ascrivere geneticamente ad una cultura élitaria e selettiva fatta ormai propria perfino da forze che pretenderebbero di iscriversi “a sinistra” del panorama politico: frutto di febbrile  insipienza carismatica che grida la sua devozione al verbo “meritocratico”, non distinguendo il talento naturale e le doti di impegno personali  dalle condizioni di nascita, di appartenenza e di contesto sociale che  -oggi più di ieri- agiscono a monte come  fattore discriminante, creando forbici incolmabili di svantaggio socio-culturale.

E’ una “cultura di destra” – volendo cedere alla semplificazione- quella che si va inesorabilmente affermando, alla faccia di Coleman, di Don Milani e di quella stessa Rivoluzione Francese alla quale malinconicamente il Professore fa riferimento.

Vero è, come Egli afferma, che ciò che chiamavamo “analfabetismo di ritorno” si va ripresentando con tassi di incremento preoccupantissimi. Vero è che  la cultura iconica ed ipertecnologica  imperversa senza fine, sostituendo il codice analogico della immediatezza e della emotività a quello sequenziale, digitale, argomentativo della parola scritta ; e ciò con  conseguenze nefaste. Vero è che la prontezza delle menti dei “nativi digitali” , che pur eccelle nella flessibilità e nella simultaneità d’uso dei pluricodici  ha perso e va perdendo in attitudine riflessiva, in profondità dell’analisi ed in capacità logico-argomentativa. Da questo punto di vista i riscontri che si vanno ottenendo non possono meravigliare né me né Lui. Tuttavia è forse il caso di invitare i nostri lettori a reperire anche altrove delle tesi che possano avallare i nostri convincimenti, anche al di fuori del nostro recinto di pedagogisti. Volendosi unicamente soffermare sul materiale immediatamente attingibile , mi va di segnalare un articolo comparso sul Corriere della Sera (e  reperibile già in Internet) a firma di Ruggiero Corcella circa gli studi condotti dal neuroscienziato Daniel J. Levitin sugli effetti collaterali del sovraccarico di stimoli informativi al quale i nostri ragazzi sono sottoposti.

In una folla è fin troppo facile smarrirsi e l’eccesso di informazione non coincide affatto con la cultura, anzi genera la falsa certezza e boriosa dell’ignorante inconsapevole d’esserlo. Ma infine, per ritornare a studi a noi più vicini e – guarda caso- a “letture affascinanti” non posso fare a meno di invitare al recupero di un testo eccezionale, pubblicato nelle vecchie edizioni Armando Armando, che anticipava,  ben più di trenta anni fa,  la denunzia di cui è qui cenno. Mi riferisco al testo di Neil Postman “Ecologia dei Media”.

Ciò premesso, riporto una stralcio significativo dell’articolo del Prof . Vertecchi al quale ho fatto riferimento.

” Stiamo tornando a una stratificazione sociale nella quale il fattore discriminante è costituito, ancora una volta, dal possesso di competenze alfabetiche. La prospettiva della dealfabetizzazione riguarda, infatti, la parte crescente di popolazione che esercita attività più modeste, ma è del tutto estranea alla parte restante,quella che, proprio tramite la cultura alfabetica, è in grado sia di esprimere il proprio potenziale creativo,sia di esercitare funzioni d’indirizzo e di controllo della vita sociale. Quella che sta assumendo i caratteri di una grande regressione  illetterata è, al tempo stesso,espressione di un disegno politico, che trova nell’educazione una delle condizioni per ristabilire quella distanza fra le classi che l’alfabetizzazione generalizzata sembrava aver contenuto. In molti paesi i segni della regressione illetterata si osservano non solo in età adulta, ma già durante  il percorso di educazione formale,nelle scuole destinate alla maggioranza della popolazione. In tali scuole sta attuandosi la sostituzione di una cultura propriamente educativa, prevalentemente alfabetica, con una presa a prestito dall’organizzazione delle aziende. Le attività sono parcellizzate, il ricorso a dotazioni tecnologiche riduce la responsabilità progettuale degli insegnanti, i termini di riferimento sono quelli forniti dal sistema produttivo, le aspirazioni personali sono ridotte a esibizioni consumiste. Per gli allievi degli strati favoriti della popolazione si sono costituiti, o si stanno costituendo, sistemi paralleli di  educazione formale, che continuano a far riferimento,in un quadro di cultura alfabetica, alla capacità degli insegnanti di stabilire interazioni verbali complesse. Un giornale di  pedagogia critica non può che invitare alla riflessione quanti perseguano autonomamente intenti educativi (da Academia.edu by Benedetto Vertecchi  del 30/12/2015)

Lettura olistica della Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura

Lettura olistica della Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura

di Margherita Marzario

Abstract: Attraverso una lettura “etimologica” dell’atto, il contributo illustra le connessioni e le interdipendenze tra arte e cultura nel percorso di crescita e di educazione dei bambini

 

Le parole “bambino” (etimologicamente “colui che balbetta”) e “infanzia” (etimologicamente “non avere l’uso della parola”) fanno riferimento all’incapacità di parlare; genitori e educatori devono perciò insegnare/educare a parlare, istruire ai linguaggi della vita e fornire i linguaggi necessari alla vita. In questa direzione sono fondamentali l’arte (etimologicamente da “andare verso”) e la cultura (etimologicamente da “coltivare”), connaturali all’età dell’infanzia e a tutta la vita.

Si potrebbe proporre a genitori e educatori una “lettura itinerante” – corredata di annotazioni di psicologia, pedagogia, filosofia e letteratura – della “Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura” (18 articoli o, meglio, principi, che si potrebbero suddividere in triadi per collegamenti testuali), anche se non ha valenza normativa, perché non contenuta in una legge e priva di sanzioni, ma elaborata dall’associazionismo e presentata a Bologna il 3 marzo 2011.

“I bambini hanno diritto a partecipare all’arte in tutte le sue forme ed espressioni, a poterne fruire, praticare esperienze culturali e condividerle con la famiglia, le strutture educative, la comunità, al di là delle condizioni economiche e sociali di appartenenza”: il principio di base che ha ispirato la Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura per dare senso e significato al diritto del bambino a partecipare liberamente e pienamente alla vita culturale ed artistica, locuzione unica e significativa dell’art. 31 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia ed anche ai principi costituzionali, a cominciare dall’art. 2 Costituzione, in modo tale che la vita artistica e culturale sia un modus vivendi e non lo stile di vita di pochi. Illuminanti le parole dell’economista Luigino Bruni: “La poesia e tutta l’arte vera non fanno altro che ricordarci che non siamo noi i padroni della nostra vita. Ci sono dimensioni come la bellezza, la poesia, che apparentemente non «servono» ma hanno un valore intrinseco, ricordando «l’eccedenza» del mondo rispetto all’utile e, quindi, sono profondamente legate alla speranza. Se vogliamo avere, in futuro, una generazione di persone capaci di vita spirituale, e non solo di clienti o consumatori, dobbiamo instillare nei giovani il senso della poesia, della bellezza e dell’arte. Il formare una generazione, dopo la nostra, ancora capace di grandi sogni dipende dall’educazione che oggi siamo in grado di dare ai giovani”. Se si tenesse conto della plusvalenza economica dell’arte e della cultura e al tempo stesso del loro valore catartico e terapeutico (dall’arteterapia all’artcounselling), si toccherebbe con mano quella solidarietà politica, economica e sociale che, il più delle volte, rimane solo scritta nell’ultima parte dell’art. 2 della Costituzione. Così si declinano nella realtà l’apprendimento esperienziale (Experiential Learning promosso dall’educatore statunitense David Kolb) e l’educazione estetica (teorizzata già dal filosofo Friedrich Schiller nel 1795).

“I bambini hanno diritto ad avvicinarsi all’arte, in tutte le sue forme: teatro, musica, danza, letteratura, poesia, cinema, arti visuali e multimediali; a sperimentare i linguaggi artistici in quanto anch’essi saperi fondamentali” (artt. 1 e 2 Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura): affermazioni che hanno portato al livello dei bambini la statuizione dell’art. 33 comma 1 della Costituzione: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. Arte è fare, scienza è sapere, libertà è piacere e volere: perché insegnare deve elevare alla libertà interiore, alla massima espressione della persona, di ogni persona. “[…] la poesia educa il cuore, la poesia fa la vita, riempie magari certe brutte lacune, alle volte anche la fame, la sete, il sonno – scriveva la poetessa Alda Merini – . Magari anche la ferita di un grande amore, un amore che è finito, oppure un amore che potrebbe nascere”.

“I bambini hanno diritto […] a essere parte di processi artistici che nutrano la loro intelligenza emotiva e li aiutino a sviluppare in modo armonico sensibilità e competenze” (art. 3 Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura). I bambini non conoscono le regole della grammatica formale, ma applicano la grammatica del cuore e compito degli adulti è quello di stimolare quest’uso e non di formalizzare o frenare entro canali prefissati. “Ama le nuvole, le macchine, i libri, ma prima di tutto ama l’uomo. Senti la tristezza del ramo che secca, dell’astro che si spegne, dell’animale ferito che rantola, ma prima di tutto senti la tristezza e il dolore dell’uomo” (il poeta Nazim Hikmet)[1]. Educare all’empatia è anche educare a sentire la tristezza e il dolore dell’uomo, comuni ad ogni uomo: nutrire l’intelligenza emotiva e sviluppare sensibilità e competenze (art. 3 Carta dei diritti). “Affinché Pinocchio sia accettato nel mondo dei grandi, gli si chiede di abiurare. Nessuno di noi ha mai fatto questo per scelta, ma solo per piegarsi alle esigenze della «maturità» e diventare come i grandi volevano. Per nostra fortuna, non manca chi riesce ad avvicinarsi alla condizione infantile, chi sa che – prima che il bambino si adatti a noi – occorre che gli si vada incontro, assicurandogli ciò di cui l’essere umano di ogni tempo e luogo ha sempre avuto bisogno: nutrimento, protezione, contatto affettuoso, gioco, amore e storie, tante storie” (lo psicologo e psicoterapeuta Fulvio Scaparro). Ogni bambino ha il diritto e il bisogno di vivere la sua infanzia ed uno dei processi più importanti in cui si realizza l’infanzia è il racconto, attraverso cui passano informazioni e soprattutto emozioni. “Senza misericordia non c’è vita familiare, e la famiglia può diventare addirittura un inferno. La misericordia è invece scuola di una comunicazione fatta di prossimità e silenzi, abbracci, lacrime e sorrisi: tutte forme che non si imparano sui libri, ma si ricevono in dono, si respirano. Un linguaggio del corpo e del cuore che poi impariamo a nostra volta a parlare” (la sociologa Chiara Giaccardi). “Linguaggio del corpo e del cuore”: quei «linguaggi artistici» che nutrono l’«intelligenza emotiva» e aiutano i bambini a sviluppare in modo armonico sensibilità e competenze (dagli artt. 2 e 3 Carta dei diritti), le cosiddette competenze trasversali necessarie per la vita. La famiglia deve essere anche culla dell’arte e della cultura: l’arte della vita e la cultura dell’infanzia e della persona. La scrittrice Susanna Tamaro descrive: “Eppure, il nostro cuore è sempre lì, nella calma e nel silenzio aspetta di parlarci. La sua energia è immutata, come la sua luce: forse è proprio questo che ci fa paura. In qualsiasi momento può svegliarsi e, come un vulcano rimasto troppo a lungo in sonno, iniziare a eruttare, sconvolgendo così le nostre vite e distruggere la pesantezza, le convenzioni, le convenienze, le falsità”. “Distruggere la pesantezza, le convenzioni, le convenienze, le falsità”: intelligenza emotiva e sensibilità, queste tra le competenze trasversali che bisogna nutrire nei bambini, anche per prevenire i crescenti disturbi del comportamento alimentare, i disturbi della personalità e altri disturbi.

“I bambini hanno diritto […] a sviluppare, attraverso il rapporto con le arti, l’intelligenza corporea, semantica e iconica” (art. 4 Carta dei diritti). Intelligenza è etimologicamente la capacità di leggere dentro, quindi l’intelligenza del cuore è fondamentale perché possano scaturire le altre forme di intelligenza. Riecheggiano le parole di Alda Merini: “Bambino, se trovi l’aquilone della tua fantasia legalo con l’intelligenza del cuore. […] Ma prima di imparare a scrivere guardati nell’acqua del sentimento”. Nell’art. 4 della Carta si va oltre la “teoria delle sette intelligenze multiple” dello psicologo statunitense Howard Gardner e si puntualizzano tre aggettivi dell’intelligenza, “corporea, semantica e iconica”, che sono basilari nella vita quotidiana per superare le insidie crescenti dell’individualismo, materialismo e consumismo odierni: leggere la corporeità e non solo il corpo, i segni ed i significati, l’immagine che è l’apparire e al tempo stesso l’essere simili. Imparando a leggere oltre l’apparire si scopre l’essere simili e si può sperimentare l’empatia: “La nostra incapacità di capire il punto di vista degli altri, le loro esperienze e i loro sentimenti sono alla base del pregiudizio, del conflitto e della disuguaglianza. L’empatia è l’antidoto di cui abbiamo bisogno” (il filosofo inglese Roman Krznaric, cultore del pensiero empatico).

“I bambini hanno diritto […] a condividere con la famiglia il piacere di un’esperienza artistica” (art. 9 Carta dei diritti). “Spesso, invece di goderci un tramonto, il sapore di un piatto di pasta o l’atmosfera di un concerto, preferiamo fotografarli, video-registrarli e condividerli con la rete dei nostri amici. È diventato prioritario raccontare le esperienze e far sapere a tutti cosa stiamo facendo, invece che vivere appieno quei precisi momenti. Il rischio è di auto-anestetizzarci e preferire il racconto digitale all’esperienza. Un ottimo gioco educativo potrebbe essere quello di regalarci e regalare ai nostri ragazzi momenti quotidiani di vita vissuta, senza mediazioni digitali che possano interromperla”: così lamenta e poi propone Matteo Adamoli, docente di tecnologie dell’educazione e pedagogia dell’educazione. Con “la condivisione del piacere di un’esperienza” i genitori ri-scoprono l’arte della genitorialità che è intrisa di ogni arte, dall’arte del comunicare all’arte del mediare. Con l’arte del vivere i genitori si riscoprono “autori di vita” (ricordando che la parola “autore” ha la stessa origine etimologica di “autorità”, dal verbo latino “augere”, “accrescere, fra prosperare” e richiama pure l’autenticità) e partecipano della progettualità e della genialità della vita: questo è la genitorialità. Genitorialità che richiede anche creatività nella quotidianità come suggerisce lo psicologo e psicoterapeuta Fabrizio Fantoni: “[…] quando il clima è surriscaldato per troppo tempo, o, peggio, quando si diffonde il silenzio, occorre uno sforzo di creatività per abbassare la tensione e ritrovare un po’ del piacere di stare insieme. Facendo attenzione che la comunicazione in famiglia non si riduca alle chiacchiere banali, ascoltate distrattamente e commentate con le solite raccomandazioni. Provando, pur con un certo pudore, a chiedere qualcosa di più ai nostri ragazzi, ma anche a noi stessi, sui desideri, le gioie o le preoccupazioni della quotidianità. In modo che capiscano che siamo autenticamente interessati a loro”. Bisogna rendere la vita quotidiana un “gioco educativo” giocando e mettendosi in gioco con i propri figli (ed anche con i propri allievi) innescando e innestando un circolo virtuoso emozionale e rendendo così ogni esperienza “culturale ed artistica”. Per questo non occorre fare uso di mezzi di telecomunicazione ma far sì che le esperienze stesse siano mezzi di comunicazione diretta con le persone vicine. È necessario che la famiglia recuperi la dimensione narrativa, anche perché necessaria per la formazione dell’identità di cui una componente è quella narrativa (come si evince dal pensiero del filosofo francese Paul Ricoeur). A tal proposito, da parte di Paolo Perazzolo (che si occupa del cosiddetto giornalismo culturale), “[…] l’invito ai genitori del terzo millennio di riappropriarsi del loro ruolo, per tornare a essere capaci di trasmettere una visione della vita, un sistema di valori e di passioni per le quali valga la pena vivere e sacrificarsi. Padri e madri hanno il meraviglioso compito di far innamorare i figli della bellezza dell’essere al mondo”. Condividere con la famiglia e in famiglia esperienze artistiche consente anche di concordare meglio e serenamente l’indirizzo della vita familiare secondo le esigenze preminenti della famiglia (art. 144 comma 2 cod. civ.) e ai figli di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti (art. 315 bis comma 2 cod. civ), perché – per esempio – hanno interessi artistici comuni con nonni o cugini o continuano tradizioni artistiche o artigianali familiari. Raccontare (“contare di nuovo”, verbo che comincia col prefisso ra- che, come re- e ri-, indica un processo che si ripete, si rinnova, proprio come avviene in ogni relazione) e raccontarsi per raccordare e raccordarsi: “La letteratura (anche quella filmica) ci restituisce le storie che non abbiamo potuto trattenere nella memoria, gli incontri, le idee e gli affetti che sono scivolati via e di cui abbiamo un’arcana nostalgia” (il bioeticista Paolo Marino Cattorini). Facendo della famiglia stessa un’esperienza artistica, i genitori potranno meglio conoscere capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni dei figli (art. 147 cod. civ.) e assolvere ai loro compiti e doveri genitoriali. Sarebbe bello che tutti i figli fossero considerati “figli d’arte”.

“I bambini hanno diritto […] ad avere un sistema integrato tra scuola e istituzioni artistiche e culturali, perché solo un’osmosi continua può offrire una cultura viva” (art. 10 Carta dei diritti). Il filosofo e sociologo francese Edgar Morin, sostenitore dell’insegnare a vivere, esorta: “Bisogna puntare alla costruzione di menti ben fatte, atte a organizzare le conoscenze così da evitare la loro sterile accumulazione, per cambiare il mondo”. Perché “cultura” deriva dal verbo latino “colere”, “coltivare, attendere con cura” e, pertanto, non è e non deve essere sterile. Illuminante è anche considerare il significato etimologico di “fotografia” (“rappresentare con la luce”), “teatro” (“guardare con meraviglia”), “spettacolo” (“rivolgersi, osservare”) e così di seguito. Come la vita e la vitalità che emergono anche dalla terminologia usata nella Carta, tra cui le locuzioni “godere” (art. 5), “vivere” (artt. 7 e 12), “piacere” (art. 9), “osmosi continua” e “cultura viva” (art. 10).

“I bambini hanno diritto […] a vivere esperienze artistiche e culturali accompagnati dai propri insegnanti, quali mediatori necessari per sostenere e valorizzare le loro percezioni” (art. 12 Carta dei diritti). Se si riesce a fare questo si diventa apprezzati e credibili, come il professore leccese Daniele Manni le cui parole risuonano di passione: “La scuola italiana è tra le migliori al mondo. Vanno, però, rivisti i modi con cui ci si rapporta con i ragazzi. Come dev’essere un insegnante? Innamorato e appassionato del suo ruolo, curioso all’infinito e, soprattutto, capace di suscitare curiosità negli alunni. Uno studente impara il triplo, in un terzo del tempo, se è lui a chiedere spiegazioni. I ragazzi, all’inizio, sembrano annoiati, poco ricettivi. Quando poi li scuoti, lanciando loro delle sfide come inventarsi una startup o trovare un’idea attorno alla quale creare, progettare, produrre, allora si svegliano, tirando fuori il meglio di sé”. L’insegnamento non è vano o unilaterale indottrinamento, è la principale forma di mediazione culturale e relazionale. Se si approfondisse il significato etimologico dei vari ruoli dell’insegnamento (maestro, docente, insegnante, professore, mentore, istitutore ed altri ancora) forse se ne comprenderebbe la rilevanza per non dire la sacralità. Oltre alla selezione oggettiva in base a criteri specifici, ogni insegnante dovrebbe fare un’autoselezione. Quando non si sente portato o in contrasto con colleghi o privo di entusiasmo (quel crescente fenomeno di burn-out degli insegnanti), dovrebbe ritirarsi dalla scuola o almeno mettersi in aspettativa per esaminarsi. “I maestri che si trovano nella vita, i maestri che sanno poi farti vedere la vita e i libri rivelandone il senso, la bellezza, la tragicità, anche” (Ferdinando Scianna, maestro di fotografia). In modo particolare gli insegnanti devono recuperare quest’atteggiamento positivo e propositivo nei confronti della matematica (etimologicamente “imparare, misurare, pensare” e quindi “misurare con la mente”), sin dalla scuola dell’infanzia, rilevando e rivelando la matematica quale “oggetto sociale” nell’arte, nella natura, nella narrazione: narrare è più di raccontare, perché significa “far conoscere raccontando”, “raccontare, esporre un fatto o una serie di fatti, seguendo un determinato ordine nella rievocazione e la ricerca delle cause” (dal vocabolario Zingarelli). La matematica, “arte matematica”, diventerebbe una bella realtà (nel linguaggio scolastico si parla, ora, di “compiti di realtà”), come già auspicava, tra gli altri, il grande Gianni Rodari, dalla teoria dell’errore creativo alla filastrocca “L’avventura dello zero”. Insegnando così la scuola (etimologicamente da “avere tempo di occuparsi di una cosa per divertimento”) diventa “reale via d’accesso a una cultura diffusa e pubblica” (art. 17 Carta dei diritti) e più a misura dei bambini secondo i metodi proposti già dai pedagogisti del ‘900, da Rudolf Steiner a Maria Montessori.

Cooperando in tal modo tutti gli attori (dal verbo latino “agere”, che significa pure “operare”) della relazione educativa (sarebbe questo il vero “cooperative learning”), i bambini potranno realmente “partecipare alle proposte artistiche e culturali della città indipendentemente dalle condizioni sociali ed economiche di appartenenza, perché tutti i bambini hanno diritto all’arte e alla cultura” (art. 18 Carta dei diritti), andando ben oltre il linguaggio o contenuto arido, formale, distaccato e vincolato da limiti finanziari di molte leggi del settore, tra cui la legge regionale della Regione Basilicata 13 agosto 2015 n. 30 “Sistema integrato per l’apprendimento permanente ed il sostegno alle transizioni nella vita attiva”, in quanto “[…] esiste anche la libertà della curiosità, della scoperta, della conoscenza, dello scambio, del vagabondaggio”, come sostiene la scrittrice Dacia Maraini.

Per mezzo della condivisione della letteratura, della storia, dell’arte, della filosofia (etimologicamente “amore per la sapienza”) – come nel progetto educativo della “philosophy for children”, teorizzato già dagli anni ’70 -, si concorre ad attuare quello che propugnano i pensatori dell’età contemporanea: un “nuovo rinascimento”, il superamento della “scuola di massa” e la costruzione della “scuola semplicemente di cultura”, un “rinnovato umanesimo”[2].

È vero che “bambino” è etimologicamente “chi balbetta, chi parla inarticolatamente”, ma se gli si insegna il linguaggio dell’amore ne farà tesoro e dono per tutta la vita. Anche perché ogni bambino è già dotato di ricchezza di sentimenti, trasparenza nel linguaggio (uso della lingua per esprimere i propri pensieri e sentimenti), comunicazione diretta. Bisogna trasformare queste potenzialità in competenze e l’arte e la cultura sono mezzi privilegiati per quest’obiettivo di vita.

Coniugando le rubriche della “Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro” (Roma 1967) e della “Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura”, si ha ancor di più la conferma che i bambini non sono “piccoli”, ma sono persone in via di formazione che differiscono dagli adulti, sedicenti “grandi”, solo per età ed esperienze.

Educare l’infanzia e all’infanzia: avviare alla metamorfosi della vita e dare le ali della libertà.

[1] N. Hikmet in “Prima di tutto l’uomo (ultima lettera al figlio)”

[2] Tra i tanti, il filologo Cesare De Michelis, lo storico Ernesto Galli della Loggia, il filosofo Dario Antiseri.

CORSO di formazione per Tecnici Comportamentali A.B.A.

CORSO di formazione per Tecnici Comportamentali A.B.A.
(Applied Behavior Analysis)

Relatore: Dott.ssa Daniela Baldi analista del comportamento con certificazione internazionale BCBA, titolata con Master ABA post-laurea, specializzata in trattamenti intensivi precoci per bambini con disturbi dello spettro autistico

ATTENZIONE! Il corso è a numero chiuso, quindi il criterio di ammissione sarà in base alla data di completamento dell’iscrizione. L’iscrizione sarà confermata al ricevimento della quota.

La scheda di iscrizione va inviata entro il 14 Gennaio 2016
all’email corso.aba@gmail.com

A seguito della valutazione positiva della prova finale,
verrà rilasciato un attestato delle competenze acquisite.

Università e DSA

Torna il Campus per studenti universitari con DSA

Il Campus residenziale “Università e DSA” torna per il quarto anno, dal 7 al 10 gennaio 2016, presso il Seminario Vescovile di Savona in via Ponzone.

Nelle tre giornate di formazione, sotto la direzione scientifica di Giacomo Stella, si alterneranno momenti d’informazione e laboratori pratici su qeusti temi:

Dal test di ammissione all’iscrizione: la prova, l’iter burocratico, la presentazione in Ateneo.
La percezione del sé: come rinforzare la propria autostima ed il senso di autoefficacia
Come prendere appunti e come organizzarli.
Come compensare le difficoltà di memoria: strategie e strumenti.
La preparazione di un esame orale: modalità, organizzazione, simulazione di una prova di esame.
La preparazione di un esame scritto: affrontare i diversi tipi di test, scrivere un elaborato scritto, preparare una tesina.
Metodo di studio: strategie a confronto.
Legge 170/2010: quali sono i miei diritti?
Le linee guida della CNUDD del 07/2014: come gli Atenei hanno recepito la legge 170;
L’esperienza di un Servizio DSA di Ateneo: cosa e come posso chiedere;
Insidie e strategie nelle diverse discipline: umanistiche, scientifiche, lingua straniera;
I servizi studenti dislessici: cosa sono, dove e cosa fanno;
Come relazionarsi ai professori e cosa chiedere loro;
Capire meglio le mie caratteristiche di funzionamento: le domande allo specialista;
L’Associazione Italiana Dislessia: la forza di una associazione nazionale, uno spazio dove investire energie per crescere ?!?
L’evento, realizzato dal Coordinamento Regionale Liguria e dalla Sezione di Savona dell’Associazione Italiana Dislessia in collaborazione con GIpA e Anastasis col patrocinio del Comune di Savona, è rivolto a 16 studenti universitari iscritti a qualsiasi corso di laurea e in regola con l’iscrizione ad AID.
Il costo totale delle giornate, inclusi i costi di vitto e alloggio, è di 350 euro.

Anno 2016 che farò

ANNO 2016 CHE FARÒ di Umberto Tenuta

CANTO 600 ANNO 2016 CHE FARÒ

CANTO 600 Che farò da domani adesso non lo so (Luciano Pavarotti)

 

Che farò, che farò.

Che faro?

Che farò nell’anno 2016?

Che farò da domani non lo so.

Lasciatemi pensare un po’!

Non so perché, ma sento un vuoto dietro di me.

Il vuoto dell’anno che è andato via.

Non so perché ma sento un vuoto innanzi a me.

Il vuoto dell’anno che è arrivato.

Che è arrivato così presto.

Non so perché ma gli anni corrono così veloci.

Dove vogliono andare?

Mica lo so!

Vanno, vanno, vanno.

Vanno, e non ritornano.

Vanno, e non ritornano mai più!

Anch’io voglio andare.

Voglio andare dove mi chiamano i sogni, i sogni della mia giovinezza.

Giovinezza, giovinezza, giovinezza che si fugge tuttavia!

Quant’è bella giovinezza,

che si fugge tuttavia!

chi vuol esser lieto, sia:

di doman non c’è certezza.

Voglio andare per terre e per mari.

Voglio andare dove mi porta il cuore.

I cieli e le terre, i monti ed i mari voglio toccare.

Là sui verdi colli dell’Avventura.

Là ti troverò nei verdi prati.

Là ti troverò tra i cieli azzurri e i verdi colli.

Là mi canterai, là ti canterò la gioia.

La gioia di vivere!

 

Canta l’immensa gioia di vivere,
d’essere forte, d’essere giovine,
di mordere i frutti terrestri
con saldi e bianchi denti voraci,
di por le mani audaci e cupide
su ogni dolce cosa tangibile,
di tendere l’arco su ogni
preda novella che il desìo miri,
e di ascoltar tutte le musiche,
e di guardar con occhi fiammei
il volto divino del mondo
come l’amante guarda l’amata,
e di adorare ogni fuggevole
forma,ogni segno vago, ogni immagine
vanente, ogni grazia caduca,
ogni apparenza ne l’ora breve.
Canta la gioia! Lungi da l’anima
nostra il dolore, veste cinerea.
E’ un misero schiavo colui
che del dolore fa sua veste.
A te la gioia, Ospite! Io voglio
vestirti da la più rossa porpora
s’io debba pur tingere il tuo
bisso nel sangue de le mie vene.
Di tutti i fiori io voglio cingerti
trasfigurata perché tu celebri
la gioia la gioia la gioia,
questa invincibile creatrice!

 

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

Altri saggi sono pubblicati in

www.rivistadidattica.com

E chi volesse approfondire questa o altra tematica

basta che ricerchi su Internet:

“Umberto Tenuta” − “voce da cercare”