Legge di stabilità 2016 e persone con disabilità

da HANDYLEX

Legge di stabilità 2016 e persone con disabilità

Il Senato ha approvato in via definitiva la legge di stabilità per il 2016. Come ormai di consueto ne analizziamo i contenuti con attenzione alle novità introdotte che abbiano un impatto diretto sulle persone con disabilità e sulle loro famiglie.

Indice dei contenuti:

I nuovi Fondi
I Fondi “sociali”
Vita indipendente
Altri stanziamenti
Scuola e inclusione scolastica
Povertà ed esclusione sociale
La Carta della Famiglia
Il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile
Il trasporto pubblico
La salvaguardia per gli “esodati”
La sanità
Aggiornamento dei LEA
Malattie rare

Provvidenze economiche per invalidi civili, ciechi civili e sordi

da HANDYLEX

Provvidenze economiche per invalidi civili, ciechi civili e sordi: importi e limiti reddituali per il 2016

Ogni anno vengono ridefiniti, collegandoli agli indicatori dell’inflazione e del costo della vita, gli importi delle pensioni, assegni e indennità che vengono erogati agli invalidi civili, ai ciechi civili e ai sordi e i relativi limiti reddituali previsti per alcune provvidenze economiche.
Per il 2016 importi delle provvidenze e limiti reddituali sono stati fissati dalla Direzione Centrale delle Prestazioni dell’INPS con Circolare 31 dicembre 2015, n. 210 (Allegato n. 4).

Come si potrà notare gli scostamenti sono nulli o minimi. Ciò perchè INPS si adegua alle indicazioni del  decreto del 19 novembre 2015, emanato dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, che  fissa nella misura dello 0,2 per cento l’aumento di perequazione automatica da attribuire alle pensioni, in via definitiva, per l’anno 2015, e nella misura dello 0,0 per cento l’aumento di perequazione automatica da attribuire alle pensioni, in via previsionale, per l’anno 2016.

Nella tabella che segue riportiamo gli importi in euro, comparati con quelli del 2015 (definitivi).

Tipo di provvidenza    Importo    Limite di reddito

2015    2016    2015    2016
Pensione ciechi civili assoluti
302,53 302,53    16.532,10 16.532,10
Pensione ciechi civili assoluti (se ricoverati)
279,47 279,47    16.532,10    16.532,10
Pensione ciechi civili parziali
279,47    279,47    16.532,10 16.532,10
Pensione invalidi civili totali
279,47    279,47    16.532,10    16.532,10
Pensione sordi
279,47    279,47    16.532,10    16.532,10
Assegno mensile invalidi civili parziali
279,47    279,47    4.800,38 4.800,38
Indennità mensile frequenza minori
279,47    279,47    4.800,38 4.800,38
Indennità accompagnamento ciechi civili assoluti
880,70 899,38     Nessuno    Nessuno
Indennità accompagnamento invalidi civili totali
507,49 512,34     Nessuno    Nessuno
Indennità comunicazione sordi
252,20 254,39     Nessuno    Nessuno
Indennità speciale ciechi ventesimisti
203,15 206,59    Nessuno    Nessuno
Lavoratori con drepanocitosi o talassemia major
502,39 502,39    Nessuno    Nessuno

VII salvaguardia

La legge di stabilità per il 2016, legge 208/2015, ha istituito la VII salvaguardia, è cioè la possibilità di accesso alla pensione con i requisiti precedenti alla cosiddetta “riforma Fornero”, tra gli altri beneficiari, anche a un massimo di duemila lavoratori che nell’anno 2011 hanno fruito di periodi di congedo straordinario di cui all’art. 42, comma 5 del decreto legislativo n. 151/2001, per l’assistenza ai figli con handicap.
Per l’accesso al beneficio questi lavoratori devono soddisfare i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla previgente normativa entro il 6 gennaio 2017.

L’istanza, il cui modulo è allegato alla Circolare del Ministero del Lavoro n.36 del 31 dicembre 2015 va presentata alle Direzioni Territoriali del Lavoro competenti entro il 1 marzo 2016, unitamente alla dichiarazione sostitutiva di certificazione relativa al provvedimento di congedo straordinario, con indicazione degli estremi dello stesso.

Processi Organizzativi e Direttivi nella Scuola dell’autonomia

Master di II livello “Processi Organizzativi e Direttivi nella Scuola dell’autonomia”, per l’anno accademico 2015/2016, presso il Dipartimento di Scienze della Formazione, Università Roma Tre.

Sono ancora disponibili  n° 10 borse di studio. Per ogni ulteriore informazione si rimanda al regolamento del Master:  https://sites.google.com/site/masterpodsa/informazioni-studenti-esonero-tasse

Coloro che fossero interessati ad iscriversi, possono contattare la segreteria del Master (tel 0657339825 – e-mail: segreteria.master.podsa@uniroma3.it ), entro e non oltre il 20 Gennaio 2015.

Per qualsiasi chiarimento non esitate a contattarci.
Segreteria Master
Processi Organizzativi e Direttivi nella Scuola dell’autonomia (PODSA)
Dipartimento di Scienze della Formazione
Università degli Studi di Roma Tre
tel 0657339825
e-mail: segreteria.master.podsa@uniroma3.it
https://sites.google.com/site/masterpodsa/

Scuola in ospedale, laboratori mobili e tecnologia per la didattica

Scuola in ospedale, Avviso da 180.000 euro per laboratori mobili e tecnologia per la didattica

Laboratori mobili e lezioni a distanza per la scuola in ospedale. Sul sito del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca è stato pubblicato l’Avviso pubblico per le scuole polo in ospedale per accedere allo stanziamento per la creazione di laboratori mobili. Lo stanziamento fa parte dei Fondi Strutturali Europei – Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) – nell’ambito del Programma Operativo Nazionale “Per la scuola, competenze e ambienti per l’apprendimento” 2014-2020 che prevede un finanziamento complessivo di oltre 3 miliardi di euro (1 miliardo in più rispetto alla precedente programmazione) per il potenziamento dell’offerta formativa, il rafforzamento delle competenze degli studenti, l’innovazione degli ambienti di apprendimento e della didattica.

Le scuole ospedaliere potranno utilizzare le risorse per acquistare attrezzature digitali, dispositivi e strumenti per realizzare esperienze concrete di apprendimento per le diverse discipline e in grado di trasformarsi in spazi multimediali e di interazione, strumenti di connessione ad internet.

In Italia sono 18 le scuole polo ospedaliere regionali, 141 ospedali, 240 sezioni ospedaliere e circa 116 docenti impegnati in tutti gli ordini di scuola. I servizi di scuola in ospedale e di istruzione domiciliare garantiscono agli alunni ricoverati, o a quelli impossibilitati alla frequenza delle lezioni in classe per via di gravi di patologie, l’effettiva possibilità di continuare il proprio percorso formativo attraverso lezioni individualizzate. La scuola in ospedale coniuga così il diritto alla salute e il diritto all’istruzione. Anche con il supporto delle attrezzature tecnologiche che permettono di garantire un collegamento con le aule scolastiche, di non isolare gli studenti costretti dalla malattia a lunghi periodi di cura, un “ponte” tra scuole, la scuola con i propri compagni e la scuola in ospedale.

Le 18 scuole polo ospedaliere potranno beneficiare dello stanziamento inviando il proprio progetto dal 18 gennaio al 14 marzo 2016 (entro le ore 14.00). L’Avviso prevede uno stanziamento di 180.000 euro.

La buona scuola che esclude e discrimina

La buona scuola che esclude e discrimina. Non è così che si risponde al problema del precariato

Le crepe che si rendono sempre più evidenti nel piano assunzionale della legge 107 dimostrano che il sindacato aveva ragione: solo con un piano pluriennale si può trovare una risposta al problema del precariato.

Lo chiediamo già dal 2013: un piano assunzionale pluriennale che stabilizzasse tutti i precari che a partire dalle GAE ne avevano diritto. Abbiamo prodotto proposte concrete che non sono state recepite dai vari Governi, troppo impegnati nel continuo tentativo di vanificare i diritti acquisiti dai precari.

Il Piano contenuto dalla legge 107 non ha risolto il problema del precariato storico, perché ha lasciato insoluto il dramma dei docenti della seconda fascia, dove sono collocati abilitati con tanti anni di servizio, anche in materie come matematica o sostegno, assenti nelle GAE. La gran parte di loro ha già almeno 3 anni di servizio, ma la legge 107 non li ha presi minimamente in considerazione. Come non ha preso minimamente in considerazione nemmeno il potenziamento dell’offerta formativa per i docenti delle scuole dell’infanzia già immessi nelle graduatorie ad esaurimento e di merito, discriminandoli rispetto agli altri docenti precari.

Il concorso pubblico rimane per noi il sistema di reclutamento più trasparente e democratico. Ma come si concilia il concorso con la la chiamata diretta dei dirigenti prevista dalla legge 107 attraverso il sistema degli ambiti territoriali, che apre la strada a meccanismi clientelari e discriminatori? Si vuole proporre a questi docenti un concorso che per i numeri riguarderà solo il turn over e che quindi non garantirà il posto per tutti, lasciando molti di loro senza lavoro, pensando anche al ruolo di supplenza affidato all’organico di potenziamento dalla legge 107. Perchè prima di procedere con un nuovo concorso non si stabilizza chi ha maturato il diritto nel rispetto della sentenza della Corte di Giustizia Europea?

Le Organizzazioni sindacali contro le disparità del Piano straordinario di assunzioni hanno prodotto un ricorso al TAR, che si pronuncerà nel maggio prossimo. Intanto proseguiremo una battaglia di dignità, che ha un notevole valore sociale, per la mole di lavoro e professionalità che vi è coinvolta. Sosterremo le ragioni e i diritti dei docenti di seconda fascia e della scuola dell’infanzia in tutte le iniziative.

 

Programmazione territoriale di area vasta

PROGRAMMAZIONE TERRITORIALE DI AREA VASTA

di Gian Carlo Sacchi

 

E’ un concetto, quello di “area vasta”, che ha fatto la sua comparsa con la legge Del Rio sul riordino degli enti locali ed in particolar modo delle province, in vista della loro soppressione per effetto della riforma del titolo quinto della Costituzione. Si tratta di superare una modalità di programmazione istituzionale del territorio che sia gli amministratori che i cittadini sono abituati a praticare fin dall’unità d’Italia e che cambiare significa disorientamento per entrambi, circa la qualità e la maggiore efficienza di fruizione dei servizi e per le modalità organizzative e di rappresentanza democratica.
La legge non definisce infatti l’area vasta ma la pone come obiettivo di una nuova configurazione sociale e amministrativa che coinvolge i comuni secondo prospettive di maggiore ampliamento attraverso meccanismi di aggregazione/fusione, l’introduzione delle città metropolitane, in una concezione più europea dei grandi agglomerati urbani, un nuovo ruolo delle regioni collegato con il senato delle autonomie.
Questo disegno esclude le province, che andavano già superate quarant’anni fa con l’introduzione del regionalismo nel nostro ordinamento, che a sua volta avrebbe dovuto dare compimento al dettato costituzionale, nel tentativo, rimasto però incompiuto, di decentrare il governo del Paese verso i territori.
Il ruolo delle province in questo ultimo quarto di secolo è stato di supporto a comuni piccoli e così più deboli oppure ha gestito attività per delega regionale. L’area vasta è dunque un concetto che pone a diretto contatto regioni, che a loro volta avrebbero potuto subire modifiche di confini, e comuni con dimensioni e quindi capacità di governo molto più importanti di prima.
L’area vasta non può essere dunque un nuovo ente, ma una tendenza ad organizzare problemi e servizi, emergenze naturali e culturali del territorio secondo maggiore efficienza/efficacia, legittimati da un lato dal comune come rappresentante della comunità e dalla regione come snodo dello stato. Essa rappresenterà anche un indicatore di maggiore flessibilità per andare oltre gli stessi confini regionali, attraverso il meccanismo delle intese, o vedere attribuito dallo stato stesso ad una determinata regione poteri particolari in base a particolari esigenze locali.  Area vasta è sinonimo di partecipazione e di coinvolgimento di aggregazioni della società civile, valorizzando il principio di sussidiarietà; un rapporto tra pubblico e privato può agire in modo semplice ed equo per soddisfare le necessità e sollecitare responsabilità e qualità anche da parte delle stesse formazioni sociali. Una gestione integrata nei servizi per l’infanzia, gli anziani, i disabili, ecc., mantiene una visione pubblica del servizio medesimo, cercandone allo stesso tempo una maggiore economia nella gestione.
E’ nell’area vasta che si deve riproporre la riflessione sugli strumenti di governance che nel recente passato avevano introdotto sistemi misti in aiuto soprattutto alle difficoltà economiche dei comuni ed alla eccessiva complicazione burocratica nell’applicazione della normativa degli enti locali a tali servizi e nella gestione dei loro bilanci (si veda ad esempio l’impossibilità di omogeneizzare le funzioni degli educatori dei nidi di infanzia comunali e degli altri impiegati dell’ente), che non dovevano andare a gravare eccessivamente sulle tasche dei cittadini. Sembra che i comuni vadano verso la privatizzazione tout court, il che mette a rischio la fruizione di un diritto ritenuto sempre più universale per lo sviluppo del bambino e non solo un sostegno alle famiglie a fronte di una pura convenienza economica. Tra le deleghe della legge 107 c’è anche la riforma del ciclo 0-6 anni per superare un servizio ancora oggi definito a domanda individuale e quindi molto condizionato dai costi e dalle disponibilità economiche delle famiglie, per farlo diventare servizio pubblico, con l’intervento dello Stato. Sicuramente si tratta di un passo avanti sul fronte finanziario, ma anche questo segmento deve rientrare nella più ampia discussione sul governo complessivo del sistema per evitare che diventi parte di una rigidità della particolare amministrazione scolastica, come già accade per la scuola dell’infanzia, sganciandolo dall’intimo rapporto con il comune e la comunità di riferimento.
Fin dall’introduzione dell’autonomia della scuola nel 1998 la personalità giuridica delle scuole autonome venne conferita con atto unilaterale dello Stato, in base a parametri numerici di popolazione scolastica indipendentemente dalle scelte di programmazione territoriale e di organizzazione locale dei servizi con i quali le scuole stesse avrebbero dovuto venire in contatto. Oggi sembra necessario rivedere tali assetti sulla base del riordino dei comuni e quindi dell’organizzazione funzionale del predetto 0-6, ma anche del primo ciclo per il quale dovranno essere generalizzati gli “istituti comprensivi” ,che si completerà con il passaggio degli istituti superiori dalle province ai quali potrà essere utile mantenere il modello del campus, che favorirà il rapporto tra diversi indirizzi di studio, anche nell’ottica di un maggior e più efficace orientamento. Il tutto andrà posto in relazione con il sistema di istruzione e formazione professionale che la riforma costituzionale affida alle regioni e agli Istituti Tecnici Superiori gestiti da Fondazioni con la partecipazione delle università e delle imprese; dei poli tecnologici, dei laboratori territoriali per l’occupabilità previsti dalla predetta legge 107.
E’ necessario che quanto prima anche la programmazione scolastica, insieme a quella sanitaria, dei servizi sociali e per il lavoro, divenga una prerogativa regionale e si possa arrivare ad un’Azienda Scolastica Locale, con l’individuazione di “ambiti ottimali di servizio”, già indicati dal DL 233/1998 e ribaditi dalla legge 1907, che dovrebbe unificare sul territorio l’organizzazione istituzionale e l’assegnazione del personale (che siano i presidi o meno a scegliere gli insegnanti). La volontà di questo governo è di “completare l’autonomia scolastica”, ma ciò sarà impossibile se le scuole rimarranno legate a doppio filo all’ufficio scolastico regionale e se lo stato, proprio in sede di riforma costituzionale, cerca di ritornare in possesso di tutte le competenze di governo, anche di quelle che in un primo tentativo con la riforma del 2001 si era cercato di condividere, purtroppo senza andare fino in fondo, con le regioni.
I predetti ambiti sono scelte di area vasta che possono comprendere tutti gli ordini e i gradi di scuola, che in primis verranno identificati all’interno delle regioni, ma che attraverso intese, come si è detto, potranno andare oltre, al fine di ottenere migliori risultati sul piano educativo, sociale ed economico. Autonomia vuol dire esercizio pieno dei poteri previsti per le scuole dal DPR 275/1999 e rappresentanza a livello territoriale, regionale, fino ad arrivare al consiglio nazionale delle scuole autonome, strumento di dialogo con l’amministrazione centrale per quanto riguarda le politiche di indirizzo e di controllo.
Alla debolezza delle governance nei vari settori, che si nota anche per la disomogeneità di sviluppo tra i territori del nostro Paese, non si pone rimedio con le “agenzie nazionali” , ma con un’integrazione effettiva delle politiche da realizzarsi nel nuovo senato delle autonomie, altrimenti resta da capire quale sarà il suo ruolo se alla parola autonomia non corrisponderà nessun potere reale e nessuna responsabilità.
E’ illusorio pensare che ci possa essere una ripresa se prima di tutto non si rilancerà sulla motivazione e sull’intraprendenza delle realtà locali, ponendo al centro la scuola come elemento di sviluppo, assicurando ad essa il necessario sostegno economico e politico per quanto attiene alla sua funzione per tutto il Paese, ma lasciando spazio ad un’autonomia “pedagogica” che può far rilevare il valore aggiunto. Non si vorrebbero paragoni mal compresi, ma il modello sanitario potrebbe essere utile: qualità professionale, finanziamento nazionale, gestione regionale e locale.
Il rapporto tra stato e regioni a questo riguardo sembra il passaggio più ambiguo di tutta l’operazione. Lo stato vuole conservare, come si è detto, tutti i poteri sul piano gestionale, e ciò ha provocando il fallimento della precedente riforma costituzionale e gli intralci che hanno prodotto un enorme contenzioso; ora il nuovo titolo quinto della costituzione sembra voler ricentralizzare l’ordinamento scolastico, ma lascia ancora spazio per una revisione interna ed esterna del governo degli istituti scolastici, anch’essi oggetto di una delega della legge 107. Le regioni però non si sono mai rivelate entusiaste di una tale acquisizione per paura di dover ereditare situazioni che non sono mai state in grado di controllare, a differenza ad esempio, della formazione professionale, e in grave difficoltà finanziaria.
Oggi qualche passo in avanti è stato fatto con l’incremento da parte dello stato degli organici per il “potenziamento” dell’offerta formativa, nei rapporti con i privati, soprattutto con le aziende, per quanto riguarda l’importante settore del lavoro, nonché la riconsiderazione dei servizi 0-6 anni da parte dei comuni, causa una spesa non più sostenibile. E’ dunque l’occasione per rimettere a posto il mosaico, ridistribuendo poteri e risorse.
Contro il federalismo devolutivo che ha moltiplicato i centri di decisione ed i livelli di conflittualità questo governo vorrebbe realizzare, come ha detto il ministro Boschi, un regionalismo cooperativo, anche se il testo della riforma sembra più attribuire alle regioni competenze amministrative di area vasta.
Quest’ultima deve rimanere una prospettiva innovativa e di sviluppo e non può rischiare di diventare una forma depressiva di risparmio.

Da Otranto a Santa Maria al Bagno. 2000 anni di presenze ebraiche in provincia di Lecce

In occasione della “Giornata della Memoria 2016” il Castello Carlo V di Lecce ospiterà la
mostra “Da Otranto a Santa Maria al Bagno. 2000 anni di presenze ebraiche in
provincia di Lecce”. L’esposizione aprirà il giorno 22 gennaio 2016, ore 18.00.
La mostra nasce dall’idea di creare un percorso espositivo documentario che testimoni e faccia
conoscere alla popolazione locale e ai turisti una interessante parte della storia del territorio
salentino dai più ancora poco conosciuta. La presenza di comunità ebraiche nel territorio,
attestata fin da età antica, come testimonia una stele funeraria del III sec. d.C. rinvenuta ad
Otranto, ha avuto una funzione importante nello sviluppo economico e culturale del Salento in
età medievale. Dopo una “scomparsa silenziosa” di alcuni secoli causata dagli editti di
espulsione della monarchia spagnola, gli Ebrei ricompaiono nel Salento del secondo
dopoguerra, in una realtà fortemente provata dal conflitto che, nonostante questo, li accolse in
alcuni di campi di accoglienza istituiti in alcune delle più rimate località balneari.
La mostra racconta attraverso documenti, testimonianze e immagini una storia di convivenza e
integrazione tra la popolazione ebraica e quella locale sia in età antica, ma ancora di più nel
periodo recente, come dimostrano le numerose testimonianze lasciate da persone che nel
transitare nel nostro territorio provenienti dai campi di concentramento, ricordano il Salento
come una terra di “accoglienza”. Per questo motivo si è scelto di collocare la mostra nel
periodo in cui si celebra la “Giornata della Memoria”, il cui intento è di “conservare nel futuro
dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa,
e affinché simili eventi non possano più accadere”.
La mostra, allestita all’interno delle sale polifunzionali del Castello Carlo V, luogo simbolo della
presenza ebraica medievale in città, si svolgerà dal 22 gennaio al 28 febbraio 2016.
La realizzazione della mostra, indirizzata a turisti, locali e soprattutto alle nuove generazioni si
pone la finalità di approfondire tematiche relative alla tolleranza, l’inclusione sociale,
la discriminazione, partendo dal presupposto che la conoscenza della storia, e ancora
di più della storia del territorio in cui si vive, può aiutare alla comprensione e
all’analisi critica del presente. A questo proposito l’esposizione risponde perfettamente alle
finalità della legge 20 luglio 2000, n. 211 di istituzione del “Giorno della Memoria”.
La mostra è promossa dalla Cooperativa Theutra, con la collaborazione del prof. F. Lelli
(Università del Salento), dell’Archivio di Stato di Lecce, dell’Arci Lecce, della Pro Loco Leuca,
dell’Ass. Meditinere e della società A.R.Va e con il patrocinio di Comune di Lecce, Nardò,
Tricase, Castrignano del Capo, Sogliano Cavour, Soleto, Otranto.

Castello Carlo V, 22/01/2016 – 28/02/2016
Orari: dal lun. al ven. 9.00 – 20.30 /sab. e dom. 9.30 – 20.30
Info, tariffe e visite guidate: 0832/246517

Conto alla rovescia verso le iscrizioni: guida alle tasse scolastiche

da Il Sole 24 Ore

Conto alla rovescia verso le iscrizioni: guida alle tasse scolastiche

Il conto alla rovescia per le iscrizioni prosegue. A partire dal 22 gennaio le famiglie potranno scegliere la scuola alla quale iscrivere i propri figli. In vista di quella data può essere utile ricordare a quanto ammontano le tasse scolastiche, almeno per le scuole superiori. In soccorso giunge un recente vademecum di Skuola.net che fa riferimento al decreto legislativo n. 297 del 1994. Quattro le tipologie di tasse individuate in quella sede.

Tassa di iscrizione
È richiesta al momento dell’iscrizione alla scuola superiore, non è rateizzabile ed è devoluta integralmente all’erario; l’importo è di 6,04 euro.

Tassa di frequenza
Deve essere pagata ogni anno e per intero, sia nel caso l’alunno si ritiri dalla scuola sia nel caso sia costretto a interrompere la frequenza per vari motivi. Non deve essere ripetuto il pagamento in caso di trasferimento di uno studente a un altro istituto statale. L’importo è di 15,13 euro.

Tassa d’esame
Deve essere pagata per intero al momento della presentazione della domanda per sostenere gli esami di idoneità, integrativi, di licenza, di qualifica, di Stato (o esame di maturità). L’importo è di 12,09 euro.

Tassa di diploma
Deve essere pagata in unica soluzione, al momento della consegna del titolo di studio. Costo euro 15,13.

Esonero dal pagamento delle tasse
In alcuni casi si può essere esonerati dal pagamento delle tasse scolastiche. Ciò può accadere per motivi legati al merito, economici o per l’appartenenza a speciali categorie di beneficiari.

Contributi scolastici
Meritano un discorso a parte scolastici. Ne esistono di due categorie: contributi obbligatori che le scuole possono richiedere il rimborso delle spese sostenute per conto delle famiglie quali, ad esempio, assicurazione individuale degli studenti per RC e infortuni, libretto delle assenze, gite scolastiche; contributi volontari che le scuole possono chiedere, ma non obbligare, un contributo per finanziare attività e iniziative finalizzate all’innovazione tecnologica, all’edilizia scolastica e all’ampliamento dell’offerta formativa. Tutti i contributi scolastici volontari devono essere deliberati dal Consiglio d’Istituto.

Contrordine in classe “Attenti al tablet crea nuovi analfabeti”

da la Repubblica

Contrordine in classe “Attenti al tablet crea nuovi analfabeti”

Lo studio di Vertecchi, decano dei pedagogisti italiani: difficoltà a scrivere in chi usa troppi strumenti hi-tech. “Il copia e incolla riduce la consapevolezza ortografica e le capacità argomentative”

ROMA.
L’uso massiccio di pc e internet a scuola non assicura miglioramenti nelle performance degli alunni. Ma addirittura ne determinerebbe un calo negli apprendimenti. Benedetto Vertecchi, noto pedagogista italiano, riapre la diatriba tra coloro che considerano tablet e Lim (le lavagne interattive multimediali) nelle aule scolastiche un toccasana contro gli scarsi risultati e i tanti docenti che continuano a credere nell’insegnamento alla vecchia maniera, con tabelline e poesie imparate e memoria. L’ultimo scritto del docente umbro ha un titolo emblematico:
Alfabeto a rischio.
E fa un passo avanti rispetto alla ricerca –
Nulla dies sine linea
– condotta un paio di anni fa. Vertecchi, docente di pedagogia sperimentale all’università di Roma Tre, sostiene che l’uso delle tecnologie determina «una caduta nella capacità di scrivere» non solo in senso meccanico, con grafie sempre più incomprensibili o strani mix di stili e caratteri nelle stesse parole: corsivo e stampatello, maiuscolo e minuscolo. Ma problemi anche nell’apprendimento. «Una caduta che investe sia la capacità di tracciare i caratteri, sia quella di organizzarli correttamente in parole, da usare per organizzare il messaggio». In pratica, «l’uso di mezzi digitali comporta l’attenuazione, e talvolta la perdita, della capacità di coordinare il pensiero con l’attività necessaria per tracciare i segni»: gli alunni delle scuole elementari hanno sempre più difficoltà a usare le forbici e a livello ortografico sono spesso un disastro. «L’intervento nella scrittura digitale di correttori automatici riduce la consapevolezza ortografica. Il ricorso ossessivo alla funzione copia e incolla riduce la necessità di sviluppare una linea argomentativa ».
Ma per Vertecchi l’effetto più pericoloso è la caduta della memoria. «La tecnologia abitua i bambini a pensare che c’è sempre una risposta all’esterno», e non nella loro testa.
Tra qualche giorno – dal 22 gennaio al 22 febbraio – partiranno le iscrizioni al prossimo anno scolastico e per accaparrarsi iscritti, nei loro giri di promozione nelle scuole medie, i docenti delle superiori pubblicizzano l’armamentario tecnologico in possesso del proprio istituto. Il non plus ultra è rappresentato dal tablet in dotazione a tutti i docenti della scuola per aggiornare il registro elettronico e collegarsi ad internet, e le classi tappezzate di Lim. Ma adesso comincia a farsi strada l’idea che tutta questa tecnologia all’interno delle aule scolastiche possa anche essere deleteria.
Del resto, che l’uso ossessivo dalla più giovane età di smartphone e
console produrrebbe solo problemi, e non solo a carico della scrittura, non è un’idea del solo Vertecchi. Manfred Spitzer, che nel 2013 ha scritto il saggio Demenza digitale, ha posto in rilievo i danni mentali che conseguono da un uso dissennato di strumenti tecnologici. Perfino l’Ocse ha di recente ammesso che «nonostante i notevoli investimenti in computer, connessioni internet e software per uso didattico, non ci sono prove solide che un maggiore uso del computer tra gli studenti porti a punteggi migliori in matematica e lettura» nei test Pisa. In uno degli ultimi approfondimenti – Students, Computers and Learning. Making the connection – l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico mette in evidenza una realtà piuttosto inquietante: i quindicenni che mostrano le migliori performance in lettura e matematica sono quelli che utilizzano le tecnologie a scuola meno della media dei loro compagni. Per questo «in alcune scuole svizzere e statunitensi – conclude Vertecchi – l’uso delle tecnologie è inibito fino ad una certa età o fortemente limitato».

Formazione obbligatoria: le intenzioni sembrano buone

da La Tecnica della Scuola

Formazione obbligatoria: le intenzioni sembrano buone

Prima di sciogliere le nostre riserve aspettiamo di avere in mano il decreto sul piano triennale di formazione, ma – per il momento – la nota ministeriale del 7 gennaio (Indicazioni e orientamenti per la definizione del piano triennale della formazione del personale) sembra aprire qualche prospettiva apprezzabile.
Il documento potrebbe persino piacere alle organizzazioni sindacali, dal momento che in almeno due punti si sottolinea la neccessità di fare riferimento alle relazioni sindacali per la concreta attivazione delle diverse iniziative.
L’aspetto più interessante, a parere di chi scrive, è che la nota sembra voler “sburocratizzare” l’attività di aggiornamente e formazione. Insomma l’aggiornamento obbligatorio che hanno in mente al Ministero non è più quello in auge negli anni ’90 quando i docenti dovevano mettere insieme 100 ore in un sessennio per avere diritto allo scatto stipendiale.
Sotto questo aspetto la nota è chiara: “Non si tratta di obbligare i docenti a frequentare per un certo numero di ore corsi di aggiornamento routinari e basati essenzialmente su conferenze, ma di impegnarli in percorsi significativi di sviluppo e ricerca professionale”.
Ma in concreto come sarà possibile documentare e certificare in qualche misura l’impegno di ciascun docente?
La nota dà una risposta che sollecita le scuole a valorizzare gli spazi offerti dalle norme sulla autonomia: “In coerenza con questa pluralità di modalità, il Miur, le scuole e i responsabili delle diverse iniziative individueranno sistemi e modalità per il monitoraggio della qualità e dell’efficacia delle attività formative svolte dai docenti. Questa prospettiva implica la progressiva costruzione di un sistema di autovalutazione della propria formazione”.
Il documento preannuncia anche che l’imminente decreto ministeriale metterà bene in evidenza il ruolo che potranno giocare le reti di scuola e propone una riflessione che non va sottovalutata: “La rete può consentire economie di scala ma soprattutto stimola un confronto culturale e di pratiche, decisivo per far crescere l’insieme delle scuole”.
Insomma le intenzioni sembrano buone, vedremo cosa accadrà nei prossimi mesi.
Resta il fatto che, contrariamente a quanto era accaduto con il decreto Carrozza di due anni fa, questa volta i soldi ci sono: 40 milioni di eiuro per le iniziative promosse dal Miur, dagli USR e dalle scuole e più di 350 milioni assegnati direttamente ai docenti con il “bonus” di 500 euro già accreditato a tutti.
Le riserve, però, ci sono e riguardano soprattutto la reale capacità del Miur e delle scuole di dare vita ad un programma di aggiornamento e formazione innovativo ed efficace ma libero da vincoli burocratici.

 

Formazione obbligatoria docenti, ecco le indicazioni del Miur

da La Tecnica della Scuola

Formazione obbligatoria docenti, ecco le indicazioni del Miur

Il Miur ha emanato le indicazioni e gli orientamenti per la definizione del piano triennale sulla formazione del personale.

Dopo le anticipazioni, il Ministero ha emesso la nota ufficiale dove è indicato che metterà annualmente a disposizione delle scuole risorse economiche certe per accompagnare la formazione e sono in fase di predisposizione le linee di azione nazionali che mirano a coinvolgere il numero più ampio di docenti nei seguenti temi strategici: le competenze digitali, l’innovazione didattica e metodologica; le competenze linguistiche, l’alternanza scuola-lavoro e l’imprenditorialità; l’inclusione, la disabilità, l’integrazione, le competenze di cittadinanza globale; il potenziamento delle competenze di base, con particolare riferimento alla lettura e comprensione, alle competenze logico argomentative degli studenti e alle competenze matematiche; la valutazione.

Le iniziative di formazione saranno sostenute da diverse fonti di finanziamento, tra cui la stessa Legge 107, le risorse PON-FSE ed altri finanziamenti miur come quelli previsti dalla ex- legge 440. Le iniziative di formazione, a diversi livelli, saranno rivolte al personale docente, ata ed ai dirigenti scolastici.

Il piano di formazione non obbligherà i docenti a frequentare per un certo numero di ore corsi basati su conferenze, ma li impegnerà in significativi percorsi professionali che li veda soggetti attivi dei processi formativi.
Il personale docente parteciperà alle attività di formazione deliberate dal collegio docenti nell’ambito del POF triennale, anche in una logica di sviluppo pluriennale.

Le metodologie innovative di formazione comprenderanno: laboratori, social networking, workshop, mappatura delle competenze ecc. con attività in presenza, lavoro in rete e studio personale. Per maggiori approfondimenti scarica le indicazioni ministeriali.

Arrivano i Nev

da La Tecnica della Scuola

Arrivano i Nev

Arrivano i Nev, gli ispettori previsti dalla cosiddetta buona scuola, quelli che fanno parte dei Nuclei Esterni di Valutazione, i Nev appunto.

C’è da stare preoccupati? Non molto (e forse per nulla) perché sono una delle componenti del meccanismo messo in moto dal Ministero che, dopo avere vagliato il Rav, il Rapporto di Autovalutazione, redatto dalle singole scuole e pubblicato sul sito del Ministero, spedirà i re magi della valutazione con appresso però solo penna e carta.

A giorni, tra  gennaio e febbraio, alle scuole sarà illustrato tutto il meccanismo, senza però entrare nel dettaglio del documento che dirà a presidi e professori i tempi e le modalità della valutazione da parte degli ispettori esterni.

I valutatori in effetti sono i candidati dirigenti tecnici promossi nel concorso del 2013 che, dopo un corso di aggiornamento, formeranno i Nev, assemblati a loro volta in nuclei e abbinati alle varie scuole da verificare e valutare.

Inoltre tutto il calendario delle ispezioni, previsto per  aprile e maggio da parte dell’Invalsi per quest’anno e che durerà tre giorni, interesserà solo 400 istituti, tra scuole statali e paritarie.

Le scuole che avranno la visita di questa sorta di re magi della istruzione italiana, per renderla più robusta e più sana che pria, ma senza portare doni, saranno estratte a sorte per avere un campione statistico. E siccome si tratta di statistica sul sorteggio qualche dubbio nasce. In ogni caso è prevista pure una Conferenza sulla materia il 19 gennaio, forse allora si capirà di più.

Conclude tutto l’iter un exit meeting che è una riunione conclusiva, nel corso della quale verranno indicati i punti di forza e le criticità riscontrate nella singola scuola.

Dopo questa fase ecco la “comunicazione informale di fine verifica” che verrà consegnata a dirigente scolastico e collaboratori non oltre il termine dell’anno scolastico in corso.

A Senigallia il corso di formazione “Global Threats/Glocal Education”

da La Tecnica della Scuola

A Senigallia il corso di formazione “Global Threats/Glocal Education”

Bombe atomiche, guerre, terrorismo, stragi di migranti, cambiamento climatico, crisi economica hanno già segnato l’inizio del nuovo anno risvegliando preoccupazioni, paure e tensioni. Cosa ci attende nel 2016?
Come ci prepariamo ad affrontare le grandi e piccole sfide che incombono? Con quali strumenti? Con quali progetti?

Per rispondere a queste domande, si apre a Senigallia l’8 gennaio il corso di formazione e ricerca intitolato “Global Threats/Glocal Education” organizzato dalla Tavola della pace e dal Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la pace e i diritti umani assieme a numerose istituzioni e organizzazioni marchigiane.

Oltre duecentocinquanta insegnanti, dirigenti scolastici, amministratori locali e operatori sociali provenienti da cento città italiane s’incontreranno nella Rotonda a mare per elaborare nuove politiche educative e itinerari didattici per l’educazione alla cittadinanza responsabile. In che modo dobbiamo educarci ed educare i nostri giovani per affrontare le sfide contemporanee? Quali conoscenze, competenze e abilità devono acquisire per capire, affrontare e risolvere i problemi globali?

Il corso, unico nel suo genere, prenderà avvio venerdì 8 gennaio alle ore 15.00 da un originale confronto con l’ex capo di Stato Maggiore delle Forze Armate, Generale Vincenzo Camporini, l’inviato del Sole 24 ore Ugo Tramballi, l’ex alto dirigente delle Nazioni Unite, Jean Fabre.

L’incontro di Senigallia, che si svolge a vent’anni dalla costituzione della Tavola della pace (13 gennaio 1996), darà avvio al percorso di preparazione della Marcia per la pace PerugiAssisi in programma il prossimo 9 ottobre 2016.

Il corso, diretto da Flavio Lotti, Aluisi Tosolini e Daniele Sordoni, è organizzato da: Tavola della pace, Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la pace e i Diritti Umani, Rete nazionale delle scuole per la pace e i diritti umani, Rivista “San Francesco Patrono d’Italia”, Comune di Senigallia, Anci Marche, Ufficio Scolastico Regionale delle Marche, Assemblea Legislativa delle Marche, Assessorato all’Istruzione Regione Marche, ITCG “E.F. Corinaldesi” di Senigallia.

CPIA: avviso da 5,6 milioni per Wi-Fi, ambienti digitali e laboratori

da tuttoscuola.com

CPIA: avviso da 5,6 milioni per Wi-Fi, ambienti digitali e laboratori

Risorse per oltre 5 milioni di euro per dotare di Reti Wi-Fi, laboratori mobili e ambienti digitali per l’apprendimento i 126 Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (CPIA). Questo l’obiettivo dell’Avviso pubblico contenente la prima misura per i CPIA nell’ambito del Programma Operativo Nazionale (FSE-FESR) 2014-2020.

Lo stanziamento, di complessivi 5,6 milioni di euro, è rivolto a tutti i centri per l’istruzione per adulti. Per accedervi, le strutture dovranno inviare, entro il 10 marzo 2016 (ore 14), secondo le modalità previste dal bando:

• progetti per la realizzazione di infrastrutture di rete LAN/WAN, che potranno ricevere ognuno un finanziamento per un massimo di 18.000 euro;
• progetti per la realizzazione di ambienti digitali, come spazi alternativi per l’apprendimento, laboratori mobili per varie discipline, aule tradizionali arricchite da dotazioni tecnologiche, con uno stanziamento massimo di 24.000 euro per singolo progetto;
• proposte per postazioni informatiche e per l’accesso dell’utenza e del personale ai dati e ai servizi digitali della scuola, con uno stanziamento massimo di 3.000 euro.

L’Avviso, coerentemente con il Piano Nazionale Scuola Digitale, costituisce un segnale di attenzione verso l’istruzione per adulti e non prevede una selezione delle proposte presentate. I CPIA dovranno elaborare e inviare un proprio progetto e questo verrà finanziato, in base alla proposta presentata.