PROVE DI ARROGANZA

PROVE DI ARROGANZA DEI SINDACATI DEL COMPARTO SCUOLA

 

DIRIGENTISCUOLA non poteva essere presente, perché – a distanza di 14 mesi dal termine ufficiale per la raccolta dei dati – l’ARAN continua a far melina e non si decide a pubblicare la raggiunta rappresentatività di un sindacato fuori dagli schemi perché rompe gli schemi!

L’abbiamo dunque appreso dalla stampa. Ma, del resto, l’avevano apertamente dichiarato che non si sarebbero di certo arrestati alla firma di un abusivo, mostruoso apparato documentale contenente l’ipotesi di contratto annuale per la mobilità, le cui operazioni risultano ora aumentate da 3 a 8.

Un labirinto di 92 pagine, e con il seguito di preannunciate ulteriori sequenze negoziali, all’interno del quale si sarebbe perso anche Guglielmo di Baskerville. Il tutto per sottrarre questa delicata materia alla discrezionalità del dirigente scolastico, vanificando nel contempo uno degli aspetti più odiosi, e incostituzionali, della legge 107/15 (testuale, dal sito FLCGIL del 10 febbraio 2016).

Dicesi novantadue pagine, pure sottoscritte dall’Amministrazione, per sabotare expressis verbis una legge dello Stato in una materia – la mobilità – che già a suo tempo il D. Lgs. 150/09 aveva sottratto, e a tutt’oggi sottrae, alla contrattazione.

Dovendosi supporre di vivere ancora in un Paese normale, attendiamo il rifiuto delle rispettive firme alla predetta bozza da parte del MEF e, ancor più, della Funzione Pubblica, ovvero – extrema ratio – il diniego di registrazione della Corte dei conti.

Per intanto, dopo aver provato a sterilizzare gli Ambiti territoriali e la c.d. chiamata diretta degli odiati presidi-sceriffi, l’inarrestabile tracotanza dei quattro sindacati generalisti di comparto ha ieri l’altro investito, nell’apposito incontro al MIUR, la questione, supersensibile, della valorizzazione del merito.

In spregio al senso del ridicolo per apodittiche affermazioni smentite de plano dal diritto positivo, hanno – all’’unisono – solennemente sancito che:

1.Il Bonus deve essere oggetto di contrattazione di istituto e quindi disciplinare i criteri di distribuzione e di ripartizione delle risorse, per salvaguardare un’idea di scuola fondata su partecipazione, collegialità e condivisione;

  1. Il Comitato di valutazione – per la definizione degli inerenti criteri, o non più? – deve costituirsi ed operare come organo collegiale perfetto, come se la novella recata dalla legge 107/15 non fosse mai stata scritta e vigessero tuttora le disposizioni di cui all’art. 11 del Testo unico 297/94, per contro espressamente abrogate;
  2. In caso d’inerzia o di esplicita opposizione, tutta politica, del Comitato di valutazione, il dirigente scolastico non può esercitare un potere sostitutivo nella formulazione dei criteri.

Lo scopo è chiaro: tenere costantemente sotto pressione i dirigenti scolastici visti come il ventre molle del sistema, nella piena consapevolezza che l’Amministrazione non solo non li affiancherebbe, ma sarebbe addirittura pronta a sanzionarli per loro acclarata incompetenza nell’evitare, un po’ a tutti, fastidiose grane. Come dire: post hoc, ergo propter hoc!

Uno dei quattro, per rendere più credibile il Verbo, si è portato dietro nell’incontro di Viale Trastevere anche una rappresentanza dei dirigenti scolastici, per meglio esprimere la contrarietà della categoria ad un utilizzo discrezionale del bonus.

Ovviamente, la delegazione ministeriale ha preso tempo, dichiarando di aver richiesto un – inutile – parere tecnico al proprio Ufficio legislativo, impegnandosi ad una riconvocazione delle parti entro la prossima settimana.

Quali che siano le risposte dell’Amministrazione, magari via FAQ, e le imposizioni della, esplicitamente qualificatasi, controparte sindacale, i dirigenti scolastici saranno direttamente esposti alle conseguenze di legge.

E la legge, al di là degli arzigogoli di chi aizza alla disobbedienza istituzionale senza rischiare nulla in proprio, dice che:

1.I criteri per l’attribuzione del Bonus vanno deliberati dal – solo – Comitato di Valutazione;

  1. Il Comitato è validamente costituito anche se non tutti i soggetti istituzionali figuranti nel comma 129 della legge 107/15 abbiano espresso la propria rappresentanza e validamente può deliberare con la metà più uno dei componenti, infine prevalendo il voto del presidente (il dirigente scolastico) in caso di parità;
  2. Né i predetti criteri attributivi del Bonus, né la sua misura definita dal dirigente scolastico e sostenuta da adeguata motivazione, sono contrattabili;
  3. E’ vietata la distribuzione a pioggia dei relativi compensi o qualsivoglia automatismo, anche se giustificato da ragioni di equità: diversamente si risponde in sede di valutazione dirigenziale (art. 18, D. lgs. 150/09 e art. 1, comma 93, legge 107/15) e davanti la Corte dei conti per danno erariale (art. 7, comma 5, D. Lgs. 165/01);
  4. Obbligatoriamente, deve esserci un personale che risulti più meritevole. E non può essere inferiore al 10% della rispettiva totalità dei dipendenti oggetto della valutazione ai fini dell’attribuzione del Bonus ( art. 5, comma 11-quinquies, D.L. 95/12, convertito nella legge 135/12).

Ai colleghi che, doverosamente, applicheranno una legge votata dal Parlamento della Repubblica, DIRIGENTISCUOLA non mancherà di assicurare loro incondizionata tutela.

Percorso educativo 0/6 anni

Percorso educativo 0/6 anni, insegnanti e genitori d’accordo sugli obiettivi della scuola dell’infanzia

Lo rivelano i risultati della ricerca CARE presentata oggi all’Università di Milano-Bicocca in occasione della prima giornata del XX Convegno Nazionale “Curricolo è responsabilità. La Sfida del progetto 0/6 e oltre”. Esperti italiani e stranieri hanno sottolineato l’importanza della qualità dei servizi per i bambini da 0 a 6 anni in vista della legge delega che istituirà il percorso unificato.

Milano, 26 febbraio 2016 – Atteggiamenti positivi nell’apprendimento, competenze emotive e competenze interpersonali: sono questi gli obiettivi educativi fondamentali secondo genitori e educatori nel percorso curriculare da 0 a 6 anni.

Sono i dati che emergono dalla ricerca CARE-Curriculum and Quality Analysis and Impact Review of European Early Childhood Education and Care (http://ecec-care.org), presentata oggi nel corso della prima delle tre giornate del XX Convegno Nazionale “Curricolo è responsabilità. Ad aprire i lavori il rettore dell’Università di Milano-Bicocca Cristina Messa e il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia. La sfida del progetto 0/6 e oltre”, organizzato dall’Università di Milano-Bicocca in collaborazione con il Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia e l’assessorato all’Educazione e Istruzione del Comune di Milano. Dopo l’avvio dei lavori in sede plenaria oggi nell’Aula Magna dell’Università Bicocca, i lavori proseguiranno sabato 27 nei servizi educativi del Comune di Milano e si concluderanno domenica 28 con un evento aperto al pubblico al Teatro dal Verme.

In Italia la ricerca CARE è stata condotta su un campione di 973 insegnanti e 1471 genitori di età compresa tra i 37 e i 45 anni che usufruiscono principalmente dei servizi scolastici comunali e statali e, in misura minore, di quelli privati. Ai partecipanti è stato chiesto di valutare, su una scala da 1 a 5, l’importanza delle competenze trasversali che il bambino dovrebbe acquisire durante il suo percorso prescolastico da 0 a 6 anni. Questi gli indicatori presi in considerazione: capacità di interazione, interesse per la diversità, abilità e conoscenze pre-scolastiche, competenze nei processi di apprendimento, attività fisica, competenze emotive, atteggiamento positivo attitudine all’apprendimento. A presentare i risultati dell’indagine – “Apprendimenti dei bambini e responsabilità degli educatori. Dati e riflessioni dal progetto europeo CARE” – i docenti dell’Università di Milano-Bicocca: Giulia Pastori, Chiara Bove, Piera Braga e Francesca Zaninelli.

Dai risultati ottenuti emerge una convergenza di opinioni tra insegnanti e genitori. Se gli insegnanti assegnano un punteggio di 3,85 alle competenze interpersonali (rispettare gli adulti e i pari, rispettare le regole, rispettare le idee e gli interessi degli altri) da 0 a 3 anni, i genitori attribuiscono un punteggio di 3,84 alle stesse abilità. Questi valori aumentano nella fascia di età da 3 a 6 anni dove il punteggio attribuito è di 4,63 per gli educatori e 4,65 per i genitori. Scorrendo i dati emerge che gli ulteriori obiettivi educativi e di sviluppo ritenuti importanti sono: le competenze emotive, quali comunicare e regolare le emozioni e provare empatia (nella fascia dai 0 ai 3 anni ottiene 3,92 dagli educatori e 3,97 dai genitori mentre nella fascia dai 3 ai 6 anni ottiene 4,6 dagli educatori e 4,66 dai genitori) e gli atteggiamenti positivi nell’ apprendimento, quali l’apertura al nuovo, la perseveranza, la fiducia in se stessi (dai 0 ai 3 anni ottiene un punteggio di 4 per gli insegnanti e di 4,04 per i genitori mentre nella fascia 3/6 il punteggio sale a 4,51 per gli insegnanti e 4,56 per i genitori).

La giornata in Bicocca è stata coordinata da Susanna Mantovani, ordinario di pedagogia generale e responsabile scientifico dell’unità italiana del progetto CARE. Si tratta di un importante progetto Europeo, guidato da un team olandese dell’Università di Utrecht e finanziato dal VII programma quadro, nato con l’obiettivo di supervisionare i servizi dell’infanzia per garantirne la qualità. Il XX convegno, focalizzato sulle migliori esperienze maturate nei servizi del nostro Paese e ben note anche all’estero, nel corso delle tre giornate vedrà la partecipazione di più di mille educatori italiani e stranieri. Michel Vandenbroeck, dell’Università di Gent, Kathy Sylva, dell’Università di Oxford e Christa Preissing, dell’Università di Berlino sono tra gli ospiti internazionali intervenuti durante la prima giornata in Bicocca, insieme ad autorevoli studiosi italiani, tra cui Anna Bondioli dell’Università degli Studi di Pavia.

«È ormai più che dimostrato, e i risultati della ricerca “Care” presentati oggi lo confermano, che i primi sei anni di vita dei bimbi sono cruciali per lo sviluppo emotivo, interpersonale e dell’apprendimento – ha spiegato il sindaco Giuliano Pisapia -. La scuola ha in questo percorso di crescita un ruolo fondamentale e investire su questi anni significa investire sul futuro del nostro Paese. Le riflessioni che si faranno in questi tre giorni saranno dunque determinanti per creare una consapevolezza rinnovata e diffusa sulla centralità della scuola».

«Questo convegno – ha detto Susanna Mantovani – si svolge in un momento strategico della storia dei diritti dei bambini e della vita dei servizi educativi e delle scuole dell’infanzia, in quanto con la legge 107/2015 si sanciscono finalmente i livelli essenziali e si definisce l’unitarietà del percorso curricolare 0/6. L’obiettivo è quello di definire le attività curricolari per il periodo prescolastico al fine di promuovere il benessere generale dei bambini, favorendo la loro autonomia. Si è detto per molto tempo che i primi anni di vita siano i più importanti e adesso ne siamo certi. È una conoscenza condivisa in ambito educativo, psicologico, pediatrico e che ha convinto finalmente anche il mondo politico. Sono anni fondamentali, in cui si costruisce un futuro che oggi è molto più incerto. Investire in questa fase della crescita, perciò, è un elemento strategico di prevenzione dell’emarginazione e dalla dispersione scolastica».

ARRIVA ILA (اختبار اللغة العربية)

ARRIVA ILA (اختبار اللغة العربية)

LA PRIMA CERTIFICAZIONE DI LINGUA ARABA STANDARD

ILA in arabo, VERSO in italiano. Un progetto che rappresenta un solido ponte di collegamento tra le due culture e le due lingue.

 

Con una serata dedicata alla cultura e al dialogo fra culture, il 25 febbraio è stato presentato ILA, il primo percorso di certificazione della lingua araba in Italia.

ILA è una grande novità nel panorama di apprendimento della lingua araba Standard (MSA) attualmente presente nel nostro Paese ed è rivolto a utenti non solo di madre lingua italiana, ma anche arabofoni, che avranno uno strumento in più da utilizzare nel loro percorso professionale.

È il primo percorso in assoluto in Italia di certificazione della lingua araba, il primo percorso che fa riferimento a criteri e canoni stabiliti dalla Comunità Europea, con uno strumento ad hoc, il QCER. Il primo percorso che focalizza l’attenzione sulle competenze orali, così come previsto per tutte le altre certificazioni internazionali.

Un progetto ambizioso, che nasce dall’esigenza specifica e dall’urgenza di mettere in comunicazione e approfondire la conoscenza reciproca fra due culture e lingue che hanno bisogno costante di dialogare e conoscersi.

E proprio di dialogo si è parlato con l’intervento di Tahar Lamri, intellettuale e scrittore, e di Jolanda Guardi, direttore scientifico di ILA, che hanno approfondito dal loro punto di vista i due aspetti della lingua-cultura e della comunicazione, con lo scopo di trasferire ai partecipanti quanto interessante sia la cultura araba che si esprime attraverso la sua lingua e quanto sia possibile imparare da questa cultura.

ILA è la proposta di un percorso che nasce a sua volta da un percorso. Infatti, già dal 2013 lo studio della lingua araba è stato introdotto nel curricolo di studi dell’Istituto di Cultura e Lingue Marcelline e adesso questa certificazione ne rappresenta l’evoluzione, il passo successivo, ma non il punto di arrivo definitivo.

È piuttosto un nuovo punto di partenza verso ulteriori traguardi. Tra questi sicuramente quello di portare ILA fino al livello di certificazione C2, quello di certificare anche la produzione scritta dal livello A1 al C2 e quello di prefiggersi l’utilizzo di strumenti multimediali e interattivi per certificare le competenze e la produzione anche in tempo reale.

Un onere che l’istituto Marcelline Tommaseo ha voluto assumersi con convinzione, forte di un’esperienza di insegnamento e apprendimento delle lingue che nasce negli anni ’50, fra le prime in assoluto in Italia.

ILA sarà non solo una certificazione, ma un terreno fertile per il confronto culturale, la mediazione linguistica, il dialogo e l’integrazione umana e sociale.

 

 

ISCRIVERSI:

Livello A1

Venerdì 6 maggio 2016 ore 15.00

 

Livello A2

Sabato 7 maggio 2016 ore 9.00

 

Termine delle iscrizioni: 22 aprile 2016

 

 

Training

 

Livello A1

Sabato 2 aprile 2016 ore 9.00-13.00

 

Livello A2

Sabato 9 aprile 2016 ore 9.00-12 e 14.00-16.00

 

Termine delle iscrizioni: 27 marzo 2016

 

info@certificazionearabo.com

2016 © Istituto di Cultura e di Lingue Marcelline

Piazza Tommaseo, 1 – Milano – 02 48 00 68 64

 

www.certificazionearabo.com

 

 

 

 

 

 

 

Ufficio stampa Istituto Marcelline Tommaseo

CBO Communication by Objectives – Milano

02 85458311 – amina.piciotti@cbopr.com

Big data, richiesta di auto-segnalazione

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Big data, richiesta di auto-segnalazione per i centri che si occupano di formazione e ricerca

L’evoluzione delle tecnologie informatiche, della sensoristica e l’espansione delle rete di dati hanno portato all’accumulazione di una straordinaria quantità di dati che ormai approssima la decina di zettabyte su supporti e di natura e formato molto diversi, provenienti da uno spettro amplissimo di ambiti. Si parla oggi di big data intendendo appunto queste masse di dati, la cui analisi richiede strumenti informatici innovativi e che promettono di fornire informazioni nuove e di grande rilievo nei più diversi settori.
Il MIUR ha costituto un Gruppo di lavoro per avviare una riflessione condivisa sui big data, sulle possibilità di valorizzarli a sostegno delle decisioni di sistema, sull’offerta formativa a disposizione nel Paese, sulle potenziali traiettorie di sviluppo per i prossimi anni e su come l’Italia potrebbe intercettarle, in linea con i migliori orientamenti degli altri paesi. Uno degli obiettivi del Gruppo è la mappatura dei centri (universitari e non) che operano nel settore dei big data con riferimento alla formazione, ricerca e costruzione di competenze.
Il Gruppo di lavoro invita tutti i soggetti attivi nel campo dei big data attraverso programmi di formazione, valorizzazione o ricerca a segnalare tali iniziative all’indirizzo bigdata@miur.it , fornendo i link ai siti dove tali iniziative sono illustrate.

Dirigenti scolastici, la risposta alle incredibili affermazioni dell’ANP

Dirigenti scolastici, la risposta di FLC CGIL, CISL Scuola, UIL Scuola, Snals Confsal alle incredibili affermazioni dell’ANP

I sindacati scuola replicano alle affermazioni dell’Associazione nazionale dirigenti e alte Professionalità successive all’incontro al MIUR sulla valorizzazione professionale dei docenti.

Sono di gravità inaudita le affermazioni contenute nel resoconto che sul sito dell’ANP viene fatto dopo l’incontro al MIUR del 24 febbraio 2016 sulla valorizzazione professionale dei docenti, il cosiddetto bonus.

Già il titolo del pezzo suona falso e offensivo quando descrive le posizioni assunte dagli altri sindacati come attacco ai dirigenti delle scuole. Ma è il testo, nel suo complesso, a offrire una lettura totalmente distorta del nostro pensiero e dello stesso andamento dell’incontro al MIUR.

È del resto molto significativo, e basterebbe da solo a spiegare le ragioni dell’astio che pervade il documento dalla prima all’ultima riga, il modo con cui l’ANP mostra di intendere la contrattazione, dalla quale i dirigenti finirebbero per rimanere “imbrigliati”. Quale idea di dirigente, di comunità scolastica, di relazioni sociali possa celarsi dietro espressioni del genere è facile intuirlo, e suscita qualche inquietudine. Per quanto ci riguarda, confronto, negoziato e contratti non servono a imbrigliare, ma segnano percorsi rivolti all’assunzione trasparente di decisioni e responsabilità condivise, nell’interesse del bene comune.

L’ANP evidentemente la pensa in modo diverso, rivendicando l’esercizio di un “potere discrezionale” che non ammetterebbe argini, forzando in tal senso anche la stessa legge 107/15.

L’affermazione secondo cui i sindacati di Comparto “non riconoscono il ruolo dei dirigenti delle scuole” prima ancora che gratuita, infondata e offensiva suona assolutamente ridicola se riferita a sindacati che da sempre organizzano e rappresentano la dirigenza scolastica, ricorrendo quando necessario a iniziative di mobilitazione come quelle in atto sul FUN, a fronte delle quali risalta al momento una certa inerzia dell’ANP. Così come appare per lo meno incauta l’enfasi con cui l’ANP sposa in toto una circolare emessa altrettanto incautamente, tanto da essere ritirata nel giro di 24 ore.

L’intelligenza e la saggezza dei dirigenti scolastici sono ben diverse e superiori rispetto a quelle espresse nel comunicato. Per fortuna la scuola italiana può far conto su tanti dirigenti che operano con un’autorevolezza rafforzata ogni giorno sul campo dalla loro capacità di costruire relazioni positive, fattore non secondario per la qualità e l’efficacia dell’azione formativa.

Nella convinzione che tutti i momenti di confronto siano quanto mai utili per favorire un’applicazione delle norme orientata a prevenire divisioni e conflitti, la nostra idea di dirigenza è da sempre distante dal principio dell’escludere ignorando (Don’t ask don’t tell, come suggerisce l’ANP) perché estraneo a ogni modello autenticamente educativo e a una leadership democratica.

I rischi di possibile contenzioso nascono proprio dalla presunzione con cui si vorrebbero interpretare a proprio uso e consumo norme di legge sulle quali, al di là di ogni legittima espressione di consenso o dissenso, si rivelano viceversa quanto mai utili e opportuni tutti i momenti di confronto che possano favorirne un’applicazione quanto più possibile orientata a prevenire divisioni e conflitti.

Va letta in questo senso, per esempio, la richiesta di veder rispettate le prerogative che norme vigenti (né più, né meno della legge 107/15) assegnano alla disciplina contrattuale per ciò che riguarda la retribuzione accessoria del personale. Si tratta peraltro della stessa richiesta che coerentemente viene fatta dalle OO.SS. anche per ciò che riguarda la retribuzione di risultato dei dirigenti scolastici che, altrimenti, nel quadro della prossima valutazione dei dirigenti, sarebbe rimessa alla assoluta discrezionalità dei direttori degli uffici scolastici regionali.

Perché le sedi di confronto producano esiti positivi e utili, è indispensabile che chi vi partecipa lo faccia in modo costruttivo e serio; chi vi coglie solo pretesti per alimentare assurde polemiche, non aiuta a risolvere i problemi, alimenta solo divisione e finisce per indebolire le stesse ragioni di coloro che dovrebbe rappresentare e tutelare.

FLC CGIL
Domenico Pantaleo
CISL  Scuola
Maddalena Gissi
UIL  Scuola
Giuseppe Turi
SNALS  Confsal
Marco Paolo Nigi
I responsabili nazionali della dirigenza scolastica
FLC CGIL
Gianni Carlini
CISL  Scuola
Mario Guglietti
UIL  Scuola
Rosa Cirillo
SNALS  Confsal
Pasquale Ragone

Dejà vu all’Università Statale

Dejà vu all’Università Statale

Comunicato A.E.S.P.I. sulle dimostrazioni contro Angelo Panebianco

 

Non cadremo nell’errore di paragonare quanto è avvenuto al Prof. Angelo Panebianco presso l’Università di Bologna – vale a dire l’interruzione di una sua lezione da parte di giovani antagonisti, col consueto corredo di urla e insulti – a pagine di storia patria ormai ingiallite. Il ’68 fu altra cosa: un movimento assai più organizzato, con una precisa ideologia di riferimento mandata a memoria nelle sue formule e nei suoi slogan, con centrali operative e alleati palesi e occulti nelle stanze del potere. Questi giovani antagonisti sono invece figli del pensiero debole e della società liquida: li ispira un generico ribellismo, una asocialità di tipo istintuale, una avversione irriflessa per ogni istanza non si dice di ordine, ma di semplice autodisciplina. E li guida anche – va detto – la serie dei luoghi comuni politicamente corretti che costituiscono la cultura di riferimento di questo principio di millennio: una mistura di animalismo, veganismo, teoria gender, antispecismo, omofilia, terzomondismo, fondamentalismo ecologico.

Ciò che però accomuna nonni e sbalestrati nipotini è la propensione alla prevaricazione e alla violenza: gridando libertà chiudono le bocche. E poiché il male è contagioso almeno quanto il bene, affinché non siano i collettivi a decidere chi può fare lezione e chi no, bisognerà che facciano la loro parte sia le autorità preposte a tutelare l’ordine pubblico, sia quelle che governano le università e che ai facinorosi consentono spesso l’uso di aule utili ad organizzare le loro imprese. Sappiamo che l’impopolarità è una virtù difficile, ma nessuno obbliga nessuno a fare il rettore magnifico o il preside di facoltà.

Al prof. Angelo Panebianco, che si è guadagnato l’ostilità dei facinorosi per un articolo sulla situazione libica in cui aveva esposto verità palesi quanto oggi scomodissime, va tutta la stima e la solidarietà della nostra associazione.

 

Il Presidente

Prof. Angelo Ruggiero

Valutare il merito… senza farsi male

Valutare il merito… senza farsi male

di Stefano Stefanel

 

I Comitati di valutazione delle scuole si stanno insediando: i casi di rifiuto totale sono molto pochi, enfatizzati dai soggetti ostili alla legge 107, che hanno un’incidenza molto minima sul sistema dell’istruzione in quanto gli stessi soggetti tendono ad essere contrari proprio a tutto, sia a priori, sia a posteriori, sia “a prescindere”. L’attenzione sull’argomento si sta alzando, anche perché i sindacati che più e meglio rappresentano gli insegnanti chiedono che il “bonus” entri in contrattazione (in palese contraddizione con la legge che tutti dicono a parole di rispettare), mentre il maggior sindacato dei dirigenti scolastici (Anp) anche in questa occasione ha deciso di alzare “il livello dello scontro” parlando prima di “insegnanti contrastivi” e ora di bonus deciso in forma di fatto unilaterale dal dirigente scolastico. I modelli proposti da Anp nei suoi seminari e sul web tendono ad essere molto discrezionali e a ruotare attorno alla figura del dirigente, che assegna punteggi e dopo averli assegnati anche eroga il bonus: una vera e pericolosa assurdità. Pare incredibile ma anche la posizione “in negativo” (cioè contro la legge 107/2015) di Maurizio Tiriticco individua un modello criteriale in cui di fatto si danno punteggi e si forgiano classifiche. Personalmente ritengo che non ci dovrebbero essere classifiche nei cassetti, anche perché poi queste classifiche si dovrebbero tirare fuori, con buona pace delle motivazioni.

 

LE RAGIONI DEI DOCENTI

Le ragioni dei docenti, fortemente ostili a questo tipo di valutazione e forse alla valutazione in genere, poggiano su alcune motivazioni di tipo reale, ingigantite dalla polemica mediatica, ma nate sui obiettivi dati di fatto e non su semplici prese di posizione politiche. La prima e più evidente è che la legge 107 ha decontrattualizzato la valutazione dei docenti, lasciando invece contrattualizzata quella di noi dirigenti. Si sa che la protezione sindacale è la migliore arma per non essere valutati e questa diversità di trattamento non può ben disporre gli animi dei docenti verso questo passaggio della legge. E’ vero che i dirigenti devono essere valutati per legge e non hanno mai opposto resistenze in tal senso (lo hanno fatti i sindacati della categoria per loro), ma è altrettanto vero che in prima applicazione della legge i dirigenti valuteranno, ma non saranno ancora stati valutati. Questo non è un problema, perché è l’Amministrazione che decide tempi e modi della valutazione dirigenziale, ma uno degli elementi di criticità sì. E davanti alle criticità e alle accuse tutte denigratorie c’è poco da cavillare o richiamarsi a norme e commi.

Un altro problema che io vedo in giro è la poca fiducia dei docenti verso i dirigenti scolastici: troppi di noi si ergono a giudici, garanti, ispettori, controllori, persecutori, ecc. perché la categoria nel suo complesso non ne subisca le conseguenze in termini di immagine e di fiducia. Troppi comportamenti di troppi dirigenti sono vessatori perché vi sia fiducia nell’equilibrio del dirigente che erogherà un bonus sulla base di criteri che comunque debbono premiare un merito e non il lavoro aggiuntivo. Molti docenti contestano la competenza dei dirigenti ad applicare criteri nati da un’impostazione della valutazione da loro nel complesso fortemente osteggiata. Per loro conto molti dirigenti (spero non io, ma non sono certo io a poterlo dire) tendono a svolgere la propria funzione come poliziotti ostili, avvocati cavillosi, giudici forcaioli. Poiché la categoria è vista nel mondo come un soggetto unico non è facile distinguere gli equilibrati, dagli equilibristi e dagli squilibrati. Per cui servirebbe moderazione.

 

I CRITERI E LE PROSPETTIVE PER LA QUALITA’ DEL SISTEMA

Il comma 129 si presenta ad un’attenta lettura come una descrizione di dieci materie considerate utili per valutare il merito. Io penso sia necessario attenersi a quanto indicato e creare delle rubriche entro cui “far cadere” i docenti, che dunque potranno “cadere” in una categoria o in più categorie o anche in nessuna di queste. Alcune di queste categorie sono rendicontabili senza ulteriori passaggi, altre invece richiedono la creazione di delicati organismi verificativi e forse è meglio non inserirle nella valutazione del 2016. Nel 2016 potrebbe essere avviato il processo di verifica delle condizioni di monitoraggio e valutazione di queste categorie per procedere alla valutazione del merito attraverso queste voci nel 2017. Rubrico di seguito questo mio pensiero con alcune considerazioni e osservazioni.

Il contenuto della lettera a) del comma 129 indica a mio modo di vedere voci su cui è meglio avviare il processo di valutazione in quest’anno scolastico, ma non applicarlo già nel 2016. Infatti le tre voci richiedono una diversa impostazione nell’analisi dei dati, slegando l’individuazione del merito dal rapporto diretto tra studente/classe e docente/docenti. Accanto ad ogni voce individuo alcuni punti di forza o di debolezza ed indico una possibile soluzione

  1. Qualità dell’insegnamento. La qualità dell’insegnamento può essere verificata soprattutto in due modi, che presentano però anche alcune controindicazioni:
  • attraverso una valutazione Reputazionale (gradimento “didattico relazionale” di genitori, studenti, colleghi o solo di una di queste categorie). La valutazione reputazionale non è difficile da monitorare, ma presenta rischi di ritorsione, di pareri estemporanei, di valutazioni per simpatia o altro. Ovviamente richiede anche dei tempi (anno scolastico o più anni scolastici) decisi preventivamente per cui ritengo sia meglio non utilizzare questa voce per la retribuzione del 2016.
  • attraverso l’Osservazione diretta del dirigente scolastico in classe o sui documenti didattici del docente (compiti, registri, ecc.). Anche questa possibilità valutativa richiede molta attenzione, ma soprattutto tempi tecnici che permettano un’analisi di tutti i docenti, non solo di qualcuno. Non penso che nel 2016 ci sia il tempo per fare questo.
  1. Contributo al miglioramento dell’istituzione scolastica
  2. Successo formativo e scolastico degli alunni

Entrambe le voci chiedono venga misurato il valore aggiunto da un soggetto che non sia il docente di classe. L’autovalutazione qui non può aiutare. E’ fondamentale che la scuola attivi pratiche di misurazione attraverso strumenti autoprodotti e che decida come premiare il valore aggiunto (di classe, di gruppo di studenti, di individuo, ecc.). Laddove si verifica il valore aggiunto dell’istituzione scolastica o dello studente è importante stabilire dati di partenza e strumenti di monitoraggio trasparenti per tutto il percorso che si intende valutare. In questa prospettiva scuole in difficoltà o studenti/classi molto complesse o negative permetteranno di raggiungere un alto valore aggiunto molto più facilmente rispetto a scuole o classi già di alto livello. E questo premierebbe molti docenti in classi “di frontiera”. Anche per queste voci ritengo sia necessaria una tempistica almeno di anno scolastico, per cui credo sarebbe meglio non valutarle nel presente primo anno di applicazione della legge. Inoltre è fondamentale individuare chi è il soggetto che misura questo valore aggiunto (consiglio di classe, dipartimento, gruppi di docenti nominati e formati, soggetti esterni, ecc.). Non mi affiderei invece alle prove Invalsi o a quelle Ocse in quanto sono correlate da dati raccolti per altri scopi.

Più semplice intervenire invece sulle voci della lettera b) del comma 129. Le voci da poter premiare sono cinque e una sola ha rilevanza qualitativa (il potenziamento delle competenze degli alunni). Si parla infatti del “risultato ottenuto dal docente o dal gruppo di docenti in relazione al potenziamento” di varie voci che possono essere scorporate e rese autonome.

  1. delle competenze degli alunni

In questo caso come in relazione alle voci della lettera a) è necessario attivare un processo di certificazione e valutazione delle competenze degli studenti, individuando quali certificare, anche in rapporto alla specificità del corso degli studi della scuola e dell’età dell’alunno. E’ un lavoro che deve far prendere in mano il certificato delle competenze per renderlo protagonista di un processo valutativo/certificativo oggettivo. Se la competenza però c’è o non c’è non pare esserci molto di arbitrario in questo processo, se non la scelta di quali parametri inserire nei criteri premianti.

  1. dell’innovazione didattica e metodologica
  2. della collaborazione alla ricerca didattica
  3. della collaborazione alla documentazione
  4. della collaborazione alla diffusione delle buone pratiche didattiche

Tutte e quattro le voci sopra riportate chiedono solamente che si individuino protocolli semplici di validazione. La celebre frase “faccio queste cose da più di vent’anni” non può essere presa come indice di innovazione o ricerca. Quindi devono essere indicate anche tempistiche precise in cui sono avvenute queste azioni e documenti da presentare per la validazione. L’innovazione e la ricerca poi non possono essere legate a risultati positivi, perché se così fosse ricerca e innovazione non esisterebbero. I conservatori sono i maggiori tifosi del premio solo alla ricerca che ottiene risultati migliorativi. La realtà vuole che solo ricercando, innovando, documentando e diffondendo si può creare quel circolo virtuoso che permette un vero miglioramento del sistema capace di valorizzare le buone pratiche ed eliminare gli errori. E ricerca e innovazione devono poter anche fallire, ma veder premiato ugualmente il percorso effettuato, soprattutto se legato a parametri di grande scientificità.

Lettera c) – Responsabilità assunte:

  1. nel coordinamento organizzativo e didattico
  2. nella formazione del personale

Le due responsabilità si riferiscono ad un piano delle attività della scuola che già viene retribuito col Fondo dell’Istituzione Scolastica. Queste voci sono state contrattualizzate e quindi retribuite. Sono contrario ad una scelta automatica, che leghi a funzioni già contrattualizzate un semplice aumento retributivo. Trovo invece possibile una sorta di premio “a pioggia” per chi si impegna per la scuola, ma legato al gradimento dei soggetti che hanno “subito” coordinamento e formazione. Qui si tratta solo di stabilire qual è la soglia di gradimento (50%, 60%, 70%: in base a quanto si vuol premiare la buona conduzione delle attività o a quanto si vuol premiare il semplice impegno) e poi procedere. Ad esempio i coordinatori dei consigli di classe devono ricevere il gradimento dagli altri docenti, i coordinatori di dipartimento dai dipartimenti, i referenti di progetto dagli studenti impegnati nei progetti, ecc.

La metodologia che suggerisco permette dunque di differenziare il bonus tra i docenti, ma rende possibile anche dare la stessa cifra a tutti quelli che acquisiscono il diritto a stare in una categoria. Per il primo anno vedo poco problematico premiare il merito nei punti che io ho numerato dal 5 al 10, mentre ritengo meglio avviare il processo valutativo ma non premiare i punti dall’1 al 4.

Sarà però interessante vedere come le scuole lavoreranno su questa problematica, per dare poi una diversa interpretazione della norma con elementi chiari in mano. Il sistema dell’istruzione può avere delle modifiche sostanziali da questo passaggio valutativo e – ad esempio – il FIS in futuro potrebbe sparire dentro la lettera c) del comma 129 della legge, diventando semplice bonus attribuito in base a criteri, ma non a contrattazione. Si tratta di comprendere se la valutazione avrà un esito positivo o negativo nell’interesse del sistema scolastico italiano. Solo in base a questo è possibile capire quali sono le prospettive per la qualità del sistema scolastico italiano.

Occorre mettersi di traverso

Occorre mettersi di traverso

di Vincenzo Andraous

 

Su un quotidiano c’è la notizia di un minore arrestato per atti di bullismo persistente, reiterato, senza alcuna vergogna di infierire sul più debole, il più fragile, quello ingiustamente declinato a sfigato, la solita vittima, sempre più spesso all’angolo senza alcuna giustizia.

Altri minorenni denunciati per possesso di droga, in classe, a scuola, dentro gli zainetti, come fosse un prodotto naturale da commerciare, usare, trasportare da uno spazio all’altro, dentro una vita appena iniziata e già compromessa.

Ragazzi a studiare per obbligo, poca attenzione alla salita, alla porta chiusa da aprire con garbo, studenti fermi all’angolo ad aspettare un passaggio, un tiramisù che stende senza fare complimenti.

Una mamma distrutta dal dolore chiede sommessamente: perchè mio figlio in carcere? Perché mio figlio senza essere un delinquente?

Valori e disvalori che si cambiano di abito, di posto, si nascondono, si mimetizzano, costringendo all’appropriazione indebita, a rubare, rapinare, uccidere la dignità delle persone.

Compagni di viaggio che non si dimostrano persone autorevoli, su Dio che c’è ma ne rifiutiamo le orme da seguire, le tracce da custodire e curare con attenzione.

Forse occorre una maggiore prevenzione, una minore sindacalizzazione delle attenuanti sempre prevalenti alle aggravanti, un impegno condiviso a rispettare le parole, le forme, i contenuti, a chiamare con il proprio nome gli indicatori di pericolo sparsi all’intorno, le luci rosse di emergenza, dapprima intermittenti, poi paralizzate dall’approssimarsi di una desolazione intellettuale, che toglie spessore e importanza alle regole, al rispetto dei ruoli, delle competenze, così facendo la stessa vita umana rischia di perdere il suo valore.

Educarci a fare meno strategia discorsiva, per contrastare il verificarsi di accadimenti dichiarati semplicisticamente “accidentali” lungo il percorso scolastico.

Sono soltanto ragazzate, inutile farla tanta grave. Invece sono misfatti che confermano non solamente gli atteggiamenti trasgressivi, bensì un vero e proprio stile di vita improntato all’uso dell’illegalità, della violenza, della prevaricazione, del sopruso, persino nell’acquisto, nella vendita di droga, comunque merce illegale, come a voler rivendicare che non si è più dipendenti dai soldi di mamma, non si deve più rubare in casa: “ora compro, vendo, mi faccio i denari per avere sempre la mia dose giornaliera“.

Oltre che scandalizzarsi per il luogo ove è avvenuto il fermo, bisogna abbandonare definitivamente la pratica buonista e deleteria della giustificazione, della commiserazione. Chissà, forse c’è urgenza di imparare ancora qualcosa da Umberto Eco appena scomparso: “le parole non sono soltanto un fatto estetico per quanto importante, le parole sono trave di carico per un’etica di ognuno e di ciascuno”.

Scegliere l’università: quale ruolo per i genitori?

Scegliere l’università: quale ruolo per i genitori?

Torna anche quest’anno l’incontro, ideato e lanciato dall’Università di Milano-Bicocca, dedicato ai genitori per riflettere insieme su come affiancare i figli che hanno deciso di intraprendere un percorso universitario. Sabato 27 febbraio dalle 9.30 in Auditorium.

Milano, 25 febbraio 2016 – Il futuro lavorativo dei figli appare sempre più incerto e di conseguenza i genitori si sentono sempre più coinvolti nella scelta universitaria dei ragazzi, con il rischio di non rispettare la loro autonomia. Ma quale deve essere il ruolo dei genitori in questa non facile decisione?

Dal 2012, primo ateneo in Italia, l’Università di Milano-Bicocca organizza un incontro di orientamento espressamente dedicato ai genitori e condotto da alcuni docenti della Rete dei Servizi di Orientamento dell’Ateneo. L’iniziativa di quest’anno si intitola «Costruire futuro: genitori e figli tra difficoltà e speranze» e si svolgerà sabato 27 febbraio 2016 dalle ore 9,30 presso l’Auditorium dell’Ateneo (Edificio U12), in via Vizzola 5 Milano.

«L’aspetto iniziale su cui vale la pena soffermarsi – spiega Elisabetta Camussi, docente di Psicologia sociale e Presidente della Rete dei Servizi di Orientamento di Ateneo – è che i genitori, per aiutare i propri figli in una scelta importante come quella del percorso universitario, devono imparare a fare un passo indietro, o almeno di lato. Attraverso i dati raccolti dai Servizi di Orientamento, abbiamo constatato nell’ultimo quinquennio la crescente presenza dei genitori nelle nostre azioni di Orientamento destinate agli studenti (Open Days, Primavera in Bicocca, Servizio di Consulenza Psicosociale, Servizio di Counselling psicologico, Laboratori di Orientamento, S.O.S.). Sono interessati, curiosi, ma troppo spesso presenti in funzione sostitutiva rispetto ai figli».

Il contesto italiano, caratterizzato da una disoccupazione giovanile molto alta e spesso da un mancato riconoscimento del merito, da un lato può favorire atteggiamenti fatalistici o rassegnati, dall’altro può incoraggiare i genitori a far valere le proprie ragioni nei confronti dei figli, anche in quanto “finanziatori” del percorso di studi. Come affrontare questa situazione?

«In realtà – risponde Camussi – l’approccio con cui da cinque anni lavoriamo attivamente con i gruppi di genitori sta proprio nell’ imparare effettivamente a essere più fiduciosi nel futuro, ottimisti (non in senso irrealistico) e soprattutto coraggiosi, evitando di trasferire sui figli paure e disillusioni, e insieme aiutandoli a considerare gli eventuali sbagli o fallimenti come parte inevitabile e costruttiva dell’esperienza di vita. Per supportare nei figli nelle loro capacità progettuali, bisogna indurli a un cambiamento di prospettiva: immaginarsi al termine dei percorsi formativi, identificare potenzialità e limiti delle diverse scelte, provare a ragionare a lungo termine e senza banalizzazioni sulle identità professionali che si hanno in mente».

Informazioni, modalità di iscrizione, video e materiali di approfondimento sono disponibili sul sito www.unimib.it alla sezione Orientamento.

GIORNATA DELLA RICERCA

“GIORNATA DELLA RICERCA” ALL’UNIVERSITÀ TELEMATICA UNINETTUNO

cosa c’è da sapere sul modo di fare ricerca nell’ateneo leader nell’e-learning

 

“Per fare ricerca di qualità occorre che le facoltà cooperino e dialoghino tra loro, perché solo il lavoro di gruppo fa crescere la scienza e la conoscenza”: con queste parole del Rettore, Maria Amata Garito, si è aperta la “Giornata della ricerca” dell’Università Telematica Internazionale UNINETTUNO. Un incontro pubblico per fare il punto sullo stato dell’arte della ricerca d’Ateneo e dare il via a nuovi progetti e nuove idee.

Un quadro molto variegato all’interno del quale si collocano, da una parte, le “attività di ricerca d’Ateneo”, ossia quelli che riguardano tecnologie e metodologie relative ai processi di insegnamento e apprendimento a distanza; dall’altra parte, le “attività di ricerca di Facoltà”, legate alle specificità dei singoli corsi di Laurea.

Nell’uno e nell’altro caso, i numeri parlano chiaro sulla vivacità dell’università Uninettuno in questo settore: 12 progetti di ricerca d’Ateneo in corso (e 44 già conclusi) e tantissimi progetti legati alle singole Facoltà, tutti svolti in collaborazione con Università e Istituti di ricerca internazionali. Nello specifico, le attività di ricerca legate ai singoli corsi di Laurea sono così suddivisi: 17 nella Facoltà di Economia; 2 nella Facoltà di Giurisprudenza; 20 nella Facoltà di Ingegneria; 3 nella Facoltà di Lettere; 6 nella Facoltà di Psicologia e, infine, 6 nella Facoltà di Scienze della Comunicazione.

Un susseguirsi di idee e proposte, raccontate – una dopo l’altra – dai ricercatori Uninettuno, durante la giornata dedicata a loro e alla quale hanno partecipato tutti i presidi delle Facoltà e numerosi docenti. “Non ho avvertito alcun sentimento di competizione – commenta il Rettore Garito – i nostri sono giovani che amano la scienza e sono orgogliosi dei risultati del proprio lavoro, risultati che oggi hanno avuto l’opportunità di condividere con tutti i colleghi per dare vita a un modello di ricerca fondato sulla cooperazione tra le facoltà”.

 

La “Giornata della ricerca” organizzata da Uninettuno è stato, quindi, anche un modo per sfatare un’idea molto diffusa, secondo cui le università “a distanza” non fanno ricerca. “Il nostro Ateneo – afferma il professore Luciano Modica, coordinatore di tutta l’attività di ricerca dell’università Uninettuno – è il più grande deposito di Big Data sulla formazione universitaria e proprio gli strumenti telematici a disposizione dell’Ateneo, e su cui si fonda il suo modello pedagogico, rappresentano il valore aggiunto che contribuisce alla qualità dei progetti di ricerca avviati”.

I laboratori di ricerca sono, infatti, inseriti nella piattaforma tecnologica di Uninettuno, ciò consente collegamenti telematici con altri laboratori di ricerca di diversi Paesi (come per esempio Cina e Giappone) e università del mondo, permettendo ai ricercatori di scambiarsi i dati, standardizzare protocolli di ricerca e condividere materiali, attrezzature e laboratori. Questo metodo ha permesso di ottimizzare i costi, ridurre trasferte e missioni, condividere a livello globale conoscenze e fare verifiche prima, durante e dopo la realizzazione di costose e articolate sperimentazioni. Per quanto riguarda, invece, le materie umanistiche i ricercatori hanno a disposizione sul Web patrimoni librari di molte biblioteche nel mondo. La digitalizzazione ha permesso la creazione e l’aggiornamento di cataloghi bibliotecari altrimenti fruibili solo in presenza nelle biblioteche e nei centri di studi.

Il coordinatore dell’attività di ricerca, Modica, in chiusura lancia una nuova idea: “Il nostro Ateneo dovrebbe diventare il veicolo per spiegare, con un linguaggio comprensibile al largo pubblico, i più importanti progetti di ricerca nazionali e internazionali, così che la ricerca non resti un campo solo per addetti ai lavori, ma superi i confini dei laboratori e vada in mezzo alla gente”.

In serbo, dunque, nuovi progetti per un Ateneo che ha all’attivo oltre 14.000 iscritti (tra Corsi di Laurea e Master), studenti provenienti da oltre 140 Paesi, decine di sedi sparse in tutto il mondo e che oggi vanta un incremento delle iscrizioni pari al 30%.

Comitato di Valutazione dei Docenti: maneggiare con cura…

COMITATO DI VALUTAZIONE DEI DOCENTI: MANEGGIARE CON CURA…

di Antonio Luongo

 

PREMESSA

Penso, come molti, che tra i docenti sia generalmente condivisa l’idea di premiare, a seguito di una misurazione certa, le qualità professionali degli insegnanti al fine della loro valorizzazione dal punto di vista economico; affermare che ci sia un consenso massiccio al principio della valutazione e al conseguente riconoscimento del merito, sarebbe sbagliato perché non corrispondente al vero ma, certamente, un’adesione maggioritaria c’è: questo si può affermare.

 

Una buona parte dei docenti – è ampiamente noto – non concorda sul fatto di misurare le competenze e con il suo conseguente riconoscimento, per diverse ragioni che non è qui il caso di indagare: l’obiettivo di queste note è esaminare e discutere del funzionamento del “Comitato per la valutazione dei docenti” (d’ora in avanti CVD) recentemente istituto con la legge n. 107/2015, che dovrà elaborare criteri, in base ai quali, il dirigente scolastico assegnerà – con motivata valutazione – un “bonus” ai docenti meritevoli. Il CVD – anche questo è noto – comincia a muovere i primi passi, tra incertezze e mille difficoltà, molte delle quali insite nel meccanismo ideato. L’obiettivo di queste note è di esaminare le imprecisioni, le incongruenze, le oscurità, le contraddizioni insite nelle disposizioni della legge, considerare le difficoltà di ordine generale e avanzare delle proposte.

 

Allo scopo, quindi, di svolgere una discussione basata su dati di fatto e di fondare le valutazioni, le considerazioni, le proposte su dati certi, di seguito e, nell’ordine, si trova:

1) una descrizione delle disposizioni che regolano la procedura, corredata di note legislative; 2) un’illustrazione delle parti considerate poco chiare, concernenti il funzionamento del CVD); 3) una disamina degli aspetti della legge – relativi il funzionamento del CVD – ritenuti contradditori; 4) una nota che discute gli ipotetici “criteri per la valorizzazione dei docenti”; 5) una nota conclusiva di considerazioni, valutazioni e proposte.

 

Alla fine vi è un’Appendice che riporta: 1) una tabella con gli aspetti dell’attività del docente da prendere in esame per la valutazione, con l’indicazione di indicatori possibili; 2) una tabella che propone “Ipotetici, possibili, criteri per la valorizzazione dei docenti”.

 

 

ISTITUZIONE E FUNZIONAMENTO DEL COMITATO PER LA VALUTAZIONE DEI DOCENTI

 

La legge n. 107/2015 stabilisce di costituire in ogni istituzione scolastica un “Comitato per la valutazione dei docenti”. (Vedi Nota 1.)

Il CVD ha durata di tre anni e sarà composto dal dirigente scolastico che lo presiede, da tre docenti, due genitori (un genitore e uno studente negli istituti superiori) e un componente esterno. Il collegio dei docenti sceglie due dei tre docenti del CVD, mentre il consiglio d’istituto sceglie il terzo docente e i due genitori (o uno studente negli istituti superiori); l’Ufficio Scolastico Regionale – d’ora in avanti USR – individua il componente esterno (tra docenti, dirigenti scolastici e dirigenti tecnici). (Vedi Nota 2.)

I criteri che il CVD deve definire riguardano tre aree dell’attività professionale dei docenti; la prima è articolata in tre aspetti che compongono il profilo professionale e didattico individuale:

a1. la qualità dell’insegnamento;

a2. il contributo al miglioramento dell’istituzione scolastica;

a3. il successo formativo e scolastico degli studenti.

La seconda considerare tre aspetti che riguardano, prevalentemente, il profilo professionale e didattico che si manifesta nella dimensione collettiva o di gruppo:

b1. i risultati ottenuti riguardo al potenziamento delle competenze degli alunni;

b2. i risultati ottenuti riguardo al potenziamento dell’innovazione didattica e metodologica;

b3. la collaborazione alla ricerca didattica, alla documentazione e alla diffusione di buone pratiche didattiche.

La terza, infine, considera l’attività e le competenze, prevalentemente, di natura organizzativa ed è articolato in:

c1. responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico;

c2. impegno nella formazione del personale.

(Vedi Nota 3).

 

Il dirigente scolastico assegna ogni anno il “bonus” a una quota di docenti sulla base dei criteri individuati dal CVD. L’assegnazione del “bonus” deve essere sostenuta da adeguata motivazione. (Vedi Nota 4).

 

IL CVD esprime, inoltre, il proprio parere sul superamento del periodo di formazione e di prova del personale docente e educativo. Per svolgere tale funzione il CVD si riunisce con la sola presenza del dirigente scolastico, che lo presiede, e dei due docenti eletti dal collegio e s’integra con la partecipazione del docente cui sono affidate le funzioni di tutor il quale dovrà presentare un’istruttoria. (Vedi Nota 5).

 

IL CVD, inoltre, valuta – su richiesta dell’interessato – il servizio prestato – previa relazione del dirigente scolastico; in questo caso il CVD opera nella sua interezza salvo che la valutazione riguardi un suo membro che, in tal caso, verrà sostituto dall’organismo che l’ha scelto. Il CVD, infine, nella sua interezza si pronunzia sulla riabilitazione del personale docente. (Vedi Nota 6).

 

Al termine del primo triennio di applicazione della normativa sulla valutazione degli insegnanti, ogni USR invia al Ministero una relazione sui criteri adottati dalle istituzioni scolastiche per la valutazione del merito degli insegnanti. (Vedi Nota 7).

 

Dopo il primo triennio di applicazione del nuovo sistema di valutazione, un “Comitato tecnico-scientifico”, nominato dal Ministro, predisporrà “linee guida” per la valutazione, a livello nazionale, previo confronto con le rappresentanze di categoria. (Vedi Nota 8).

 

Ai componenti del Comitato non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso di spese o emolumento comunque denominato. (Vedi Nota 9).

 

Il beneficio definito “bonus” è destinato al solo personale di ruolo ed ha carattere aggiuntivo alla progressione per anzianità ed ha natura accessoria. (Vedi Nota 10).

 

NOTE

 

Nota 1. Art. 11 (Comitato per la valutazione dei docenti). – 1. Presso ogni istituzione scolastica ed educativa è istituito, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, il comitato per la valutazione dei docenti.

(Comma 129 – primo periodo – art. 1, legge n. 107/2015).

Nota 2. Il comitato ha durata di tre anni scolastici, è presieduto dal dirigente scolastico ed è costituito dai seguenti componenti:

  1. a) tre docenti dell’istituzione scolastica, di cui due scelti dal collegio dei docenti e uno dal consiglio d’istituto;
  2. b) due rappresentanti dei genitori, per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione; un rappresentante degli studenti e un rappresentante dei genitori, per il secondo ciclo d’istruzione, scelti dal consiglio d’istituto;
  3. c) un componente esterno individuato dall’Ufficio scolastico regionale tra docenti, dirigenti scolastici e dirigenti tecnici.

(Comma 2, art. 11, del D. lgs. n. 294/97)

Nota 3. Il comitato individua i criteri per la valorizzazione dei docenti sulla base:

  1. a) della qualità dell’insegnamento e del contributo al miglioramento dell’istituzione scolastica, nonché del successo formativo e scolastico degli studenti;
  2. b) dei risultati ottenuti dal docente o dal gruppo di docenti in relazione al potenziamento delle competenze degli alunni e dell’innovazione didattica e metodologica, nonché della collaborazione alla ricerca didattica, alla documentazione e alla diffusione di buone pratiche didattiche;
  3. c) delle responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico e nella formazione del personale.

(Comma 3, art. 11, del D. lgs. n. 294/97)

Nota 4. Il dirigente scolastico, sulla base dei criteri individuati dal comitato per la valutazione dei docenti, istituito ai sensi dell’articolo 11 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, come sostituito dal presente articolo, assegna annualmente al personale docente una somma del fondo di cui al comma 126 sulla base di motivata valutazione.

(Comma 127, art. 1, legge n. 107/2015).

Nota 5. Il comitato esprime altresì il proprio parere sul superamento del periodo di formazione e di prova per il personale docente ed educativo. A tal fine il comitato è composto dal dirigente scolastico, che lo presiede, dai docenti di cui al comma 2, lettera a), ed è integrato dal docente a cui sono affidate le funzioni di tutor.

(Comma 4, art. 11, del D. lgs. n. 294/97)

Nota 6. Il comitato valuta il servizio di cui all’articolo 448 su richiesta dell’interessato, previa relazione del dirigente scolastico; nel caso di valutazione del servizio di un docente componente del comitato, ai lavori non partecipa l’interessato e il consiglio d’istituto provvede all’individuazione di un sostituto. Il comitato esercita altresì le competenze per la riabilitazione del personale docente, di cui all’articolo 501.

Comma 5, art.11 del D. lgs. n. 294/97

Nota 7. Al termine del triennio 2016-2018, gli Uffici scolastici regionali inviano al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca una relazione sui criteri adottati dalle istituzioni scolastiche per il riconoscimento del merito dei docenti di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, come modificato dal comma 129.

(Comma 130, art. 1, della legge n. 107/2015).

Nota 8. Sulla base delle relazioni ricevute, un apposito Comitato tecnico scientifico nominato dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, previo confronto con le parti sociali e le rappresentanze professionali, predispone le linee guida per la valutazione del merito dei docenti a livello nazionale. Tali linee guida sono riviste periodicamente, su indicazione del Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca sulla base delle evidenze che emergono dalle relazioni degli Uffici scolastici regionali.

(Comma 130, art. 1, della legge n. 107/2015).

Nota 9. Ai componenti del Comitato non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso di spese o emolumento comunque denominato.

(Ultimo periodo comma 130 dell’art. 1, della legge 107/2015).

Nota 10. La somma di cui al comma 127, definita bonus, è destinata a valorizzare il merito del personale docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e ha natura di retribuzione accessoria.

(Comma 128, art. 1, della legge n. 107/2015).

 

 

 

FUNZIONAMENTO DEL “COMITATO PER LA VALUTAZIONE DEI DOCENTI”: ASPETTI POCO CHIARI.

 

Il testo della legge è avaro d’indicazioni, innanzitutto, sul funzionamento del CVD; è questa l’opinione quasi unanime di tutti i commentatori. Sarà necessario, pertanto, che gli elettori – collegio dei docenti e consiglio d’istituto (in primis) – i componenti del CVD (in seguito) definiscano – se lo vorranno – indirizzi e regole da desumere, magari per analogia, da altri contesti simili per operare in maniera condivisa.

 

Gli aspetti che il testo di legge lascia indeterminati sono molteplici e non marginali e, francamente, non si avvertiva la necessità, soprattutto nella fase di avvio, di doversi confrontare con rilevanti problematiche che, comunque, dovranno avere una soluzione che – dobbiamo esserne consapevoli – potrà essere diversa da istituto a istituto. E’ facile prevedere che questo fatto potrà alimentare un consistente contenzioso destinato a mettere in mora – forse – tutta la procedura valutativa!

Non sfugge a nessuno che la valutazione dei docenti, al fine della corresponsione del “bonus”, che già sconta alla nascita perplessità, preoccupazioni e timori, anche per gli aspetti non chiariti rischia di deragliare definitivamente.

Vediamo, di seguito, alcune delle problematiche cui bisognerà dare soluzioni.

 

Il segretario verbalizzante

Il comma 5 dell’articolo 11 del D. lgs. n. 297/94 prevedeva che il Dirigente scolastico attribuisse a un docente le funzioni di segretario del “Comitato per la valutazione del servizio”. Le modifiche apportate al testo non prevedono più questa possibilità; si dovrebbe dedurre che i lavori dell’organo non debbano essere soggetti a verbalizzazione, come accade, invece, negli altri organi a livello di circolo o d’istituto. In tal caso, ci si domanda, come si censirà la volontà espressa dall’organo e, quindi, come si renderà conto delle determinazioni adottate?

 

Il segretario – com’è evidente – è indispensabile perché senza non ci potrà essere traccia delle deliberazioni adottate; allora come procedere, sapendo che non c’è alcuna norma che consenta al presidente di obbligare un membro (tra la componente docente, per non parlare di chi è estraneo all’amministrazione scolastica) a svolgere le funzioni di segretario (per altro a titolo gratuito!).

 

Se nessuno accettasse di farlo, a titolo gratuito, le possibili alternative sono:

 

1) Il dirigente scolastico chiede a un docente membro del comitato di farlo con compenso a carico del fondo d’istituto; qualora anche a questa condizione non si trovasse una disponibilità, il dirigente scolastico potrebbe chiedere a un assistente amministrativo (anche in questo caso trattandosi di attività aggiuntiva e, quindi, non obbligatoria, il compenso dovrebbe essere a carico del fondo d’istituto) in mancanza di disponibilità anche a questa condizione potrebbe egli stesso verbalizzare. Si può osservare, solo per il piacere della precisione, che il fondo d’istituto dovrebbe farsi carico di riconoscere attività non previste per una dimenticanza del legislatore.

Come si vede la verbalizzazione della discussione e della decisione, che è indispensabile, è affidata alla disponibilità individuale perché il legislatore non è stato sufficientemente preciso.

 

Chi è valutato?

La disposizione che regola l’assegnazione del bonus è chiara solo su un aspetto: il personale non di ruolo non accede al bonus e, quindi, non è valutato, mentre, tutti gli altri – si dovrebbe desumere, stando alla lettera della norma – sono oggetto di valutazione.

Se si accoglie questa interpretazione della norma, ne consegue che qualcuno – anzi più di qualcuno (ma chi?) – dovrà censire ed esaminare l’attività e le funzioni svolte da tutti i docenti dell’istituto per individuare (graduare?) i meritevoli!

 

Se si riflette su cosa comporta in termini di lavoro tale ipotesi viene subito alla mente che è necessaria l’attività di molti soggetti (Assistenti amministrativi? Membri del comitato? Commissione di docenti?) che dovranno essere impegnati a esaminare, misurare, comparare l’attività e le funzioni svolte da tutti i docenti dell’istituto al fine di consentire al dirigente scolastico di assegnare “motivatamente” il bonus.

Questa strada, come si vede, appare poco praticabile perché postula di mettere a carico del fondo d’istituto – come nell’esempio precedente – attività non previste. E’ giusto il caso di osservare che se il tavolo negoziale (Dirigente scolastico da una parte e RSU e organizzazioni sindacali dall’altro – non raggiungessero un’intesa a questo riguardo non ci sarebbe nessun disponibile a svolgere una quantità notevole di lavoro.

 

E possibile – chiediamoci – argomentare diversamente? Certamente si; infatti … se il bonus ha carattere di retribuzione accessoria e, io, docente dell’istituto, non sono interessato a questa retribuzione perché devo partecipare alla procedura valutativa? Sembrerebbe logico ritenere che chi non fosse interessato possa esprimere la volontà di non partecipare alla procedura valutativa, anzi, meglio ancora sarebbe (oltre che più semplice per tutti) prevedere che solo gli interessati al bonus debbano esprimere la volontà di partecipare alla procedura valutativa; in questo modo la platea (in teoria) si restringe e, di conseguenza, anche la quantità di lavoro.

 

Il CVD ha tre possibilità:

  1. stabilire che chi intende concorrere al bonus debba farne esplicita richiesta, mentre chi non lo chiede, oppure non fornisce la documentazione richiesta è automaticamente escluso dalla valutazione per l’attribuzione del bonus;
  2. stabilire che chi non è interessato al bonus lo dichiari e conseguentemente tutti gli altri sono valutati;
  3. stabilire che sono tutti considerati ai fini del bonus e tra tutti s’individuano i meritevoli.

 

E’ ragionevole ritenere che l’accesso al bonus debba conseguire a un’esplicita dichiarazione d’interesse. Questa interpretazione ha il pregio della semplificazione della procedura ed ha il merito di non prevedere una graduatoria di meritevoli tra tutti i docenti ma, solo tra gli interessati al bonus.

 

Bisogna però riconoscere che in questo modo – forse – si vanifica lo spirito della legge che mira a premiare i meritevoli tra tutti i docenti dell’istituto non solo fra chi concorre per ottenere il beneficio economico.

 

Elenco o graduatoria di chi riceverà il bonus?

Anche a questo riguardo, nella legge non si trova alcuna risposta. In assenza d’indicazioni qualcuno dovrà assumersi la responsabilità di decidere. Sembra opportuno, oltre che necessario, che sia il CVD a definire una modalità operativa; infatti, Il collegio dei docenti non può decidere perché il CVD non è un organismo di sua emanazione (esprime solamente due componenti su 7) e, quindi, può solo, legittimamente, impegnare i componenti scelti a pronunziarsi in un determinato modo. Lo stesso si può dire per il consiglio d’istituto che sceglie altri due componenti, come pure per l’USR che designa un componente. Fare l’elenco dei percettori del bonus sembra la soluzione più semplice e quella che crea meno problemi.

 

Non sfugge a nessuno che c’è, ancora, un’altra possibilità: graduare tutti i docenti in base ai criteri adottati dal CVD con l’indicazione di chi ha ricevuto il bonus!

 

Il numero dei docenti cui riconoscere il bonus.

La legge non prevede una percentuale di docenti cui assegnare il bonus; allora cosa fare? Possiamo ricordare che il disegno di legge prevedeva una percentuale del 5% di docenti dell’istituto cui assegnare il bonus, ma di questo non c’è più traccia nel testo licenziato dal Parlamento. In assenza di altre indicazioni vincolanti sarebbe assurdo imbarcarsi in una discussione su quale debba essere questa percentuale. Meglio definire l’importo del bonus perché, poiché il CVD conosce la somma a disposizione dell’istituto, una volta che si è stabilito l’importo del bonus, la percentuale di beneficiari è una conseguenza meno significativa (ma non insignificante!). Definito l’uno, l’altra segue.

 

L’importo del bonus

La legge non definisce l’importo del bonus. E’ del tutto evidente che la questione non può restare indefinita e, quindi, chi altri se non il CVD dovrà definirne l’importo? E’ chiaro a tutti che la misura individuale del bonus determina la quantità dei beneficiari. È di tutta evidenza che più è consistente il bonus, minore sarà il numero dei beneficiari, meno consistente è l’importo del bonus, maggiore sarà il numero dei beneficiari. Bisognerà trovare un equilibrio ragionevole. Se l’istituzione scolastica è un istituto comprensivo, è opportuno ripartire la somma tra i tre settori (infanzia, primaria, secondaria di I grado) in proporzione al numero dei docenti addetti.

 

E’ evidente che nel definire l’importo – di conseguenza la percentuale di beneficiari – si gioca una parte della credibilità dell’istituto della valutazione del merito; se l’importo fosse insignificante è chiaro che non sarebbe interessante e perderebbe ogni valore. D’altronde, in questo contesto d’incertezza e di confusione, chi potrebbe dar torto a chi operasse – con determinazione – per assegnare il bonus – almeno in questa prima fase – a una vasta percentuale di docenti?

 

Sarebbe del tutto fuori luogo che il ministerro intervenisse nel dare indicazioni a questo riguardo mentre non sarebbe da considerare inopportuno, anzi tutto il contrario, che i soggetti che designano i componenti all’interno del CVD, al momento della scelta, impegnassero i designati a operare in un determinato modo. Ritengo che dare indicazioni e, quindi, assumersi la responsabilità di definire un orientamento sia – in questa fase – più importante del merito della decisione; in questo modo i designati avrebbero un mandato preciso cui attenersi e di cui rispondere.

 

Riconoscimento dell’attività dei componenti il CVD.

La norma, a questo riguardo, così dispone “Ai componenti del Comitato non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso di spese o emolumento comunque denominato”. Con tutto il rispetto per il legislatore credo che se fosse stato aggiunto il seguente inciso … “comunque a essi va il sentito ringraziamento del governo e del parlamento” ritengo che sarebbe stato grandemente apprezzato e sarebbe stato considerato sufficiente, anzi sarebbe stato un titolo d’onore quello di lavorare senza compenso.

 

Si può pacatamente osservare che:

  1. Il tempo che i docenti eletti/designati impiegano nel CVD non rientra tra i loro obblighi di servizio; non rientra tra gli obblighi dei designati dal collegio dei docenti e men che meno in quello designato dal consiglio d’istituto. Com’è noto, in quest’ultimo organismo la partecipazione è volontaria e da quella non conseguono altri obblighi che quelli che uno liberamente accetta di assumere. Su questo non c’è alcun dubbio.
  2. Non c’è dubbio sul fatto che quella norma non possa obbligare il genitore e lo studente ad accettare la designazione a partecipare alle riunioni e magari a verbalizzare.
  3. Non c’è dubbio sul fatto che il dirigente scolastico debba presiedere e partecipare a tutte le riunioni del CDV perché rientra negli obblighi di servizio.

 

Allo stato delle cose neppure il parlamento può obbligare i docenti, studenti e genitori a prestare gratuitamente la loro opera nel CVD. A questo punto o c’è un riconoscimento del tempo impiegato e un compenso oppure nessuno potrà obbligare alcuno a partecipare ai lavori del comitato. Tertium non datur.

Il volontariato obbligatorio è una contraddizione in termine e per fortuna non esiste ….ancora.

 

Il consiglio d’istituto sceglie….

Si fa presto a dire che il consiglio d’istituto sceglie “due rappresentanti dei genitori … un rappresentante degli studenti e un rappresentante dei genitori, per il secondo ciclo d’istruzione” come fa il comma 2 dell’articolo 11 del D. lgs. n. 294/97.

Chiaro e semplice, ma… se la componente “Genitori” non c’è, che cosa si fa? Se, invece, dovesse mancare la componente “studenti” o quella “docente”. Che cosa succede? Si può “scegliere” all’esterno del consiglio d’istituto?

La domanda è legittima. La risposta potrebbe essere anche un sì.

Infatti, l’amministrazione scolastica regionale – su indicazione del MIUR – ha nominato – quale membro del comitato – un esterno all’amministrazione scolastica, vale a dire dirigenti scolastici in quiescenza (questa possibilità non è indicata nel testo di legge).

 

 

QUESTIONI CONTROVERSE E CONTRADDITTORIE

 

IL RUOLO DEL MEMBRO ESTERNO

La legge prevede che il membro esterno sia nominato dal direttore scolastico regionale che potrà scegliere tra docenti, dirigenti scolastici e dirigenti tecnici”. Il MIUR con la nota del 5 dicembre 2015 ha dato, invece, le seguenti indicazioni ai direttori scolastici regionali che, ovviamente, non le hanno disattese “In una logica di sistema, si rende opportuno ……. la determinazione di una linea operativa comune…. a cominciare dall’individuazione di un target di riferimento (?) A tal proposito, si ritiene che, all’interno delle tre tipologie individuate dalla norma, nell’ambito di una procedura di rapida attuazione, la scelta potrebbe ricadere preferibilmente tra i dirigenti scolastici, e comprendendo, se necessario, anche il personale collocato in quiescenza da non più di tre anni.”.

Detto e fatto: diversi direttori regionali hanno nominano solamente dirigenti scolastici in servizio e in quiescenza; di docenti pare ce ne siano pochissimi. Si può disattendere così una disposizione di legge? Evidentemente sì.

 

Il compito del membro esterno va messo in relazione con la disposizione di cui al comma 130, dell’art. 1, della legge n. 107/2015Al termine del triennio gli Uffici scolastici regionali inviano al Ministero una relazione sui criteri adottati dalle istituzioni scolastiche” e quindi dovrebbe ascoltare, registrare e riportare i risultati della discussione all’USR.

 

CVD e RSU. E’ possibile che un docente acceda al fondo d’istituto e riceva il “bonus” per le stesse attività svolte?

Il CVD e la RSU d’istituto sono due organismi che concorrono, nel loro ambito, a definire criteri per l’erogazione di compensi al personale docente della scuola; lo fanno in momenti diversi, utilizzando risorse diverse che retribuiscono, per molti versi, le stesse attività, pur con motivazioni diverse: in un caso perché l’attività è stata svolta in un altro perché è stata svolta bene (con qualità!).

 

Vediamo perché potrebbe accadere quanto ipotizzato poco sopra considerando, ad esempio, alcune prestazioni aggiuntive dei docenti: l’attività di collaborazione col dirigente, l’attività di coordinatore del consiglio di classe e di dipartimento, la responsabilità di sede staccata o coordinata e, in genere tutte le funzioni organizzative. Queste attività sono indicate al punto c) del comma 3 dell’art. 11 D. lgs. n. 294/97 tra quelle da considerare per valutare il merito “le responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico e nella formazione del personale”.

 

E’ possibile far convivere due autorità salariali all’interno dell’istituto che, oltretutto, s’ignorano pur dovendo riconoscere, dal punto di vista economico, l’attività e la professionalità degli stessi soggetti? Il fatto che il dirigente scolastico sia presidente del comitato di valutazione e controparte negoziale della RSU non è di alcuna garanzia che non accada il fatto di riconoscere le stesse prestazioni.

 

I due organismi sono – come due rette parallele destinate a non incontrarsi mai; infatti, operano per riconoscere chi l’attività svolta chi la qualità della prestazione considerando quasi le medesime attività e devono farlo… ignorandosi. Se, invece, almeno in questa fase, s’incontrassero e si coordinassero? Non sarebbe proprio fuori luogo, anzi.

 

Non sfugge a nessuno – si spera – che il dirigente scolastico che, in un caso, è controparte negoziale, mentre, nell’altra è presidente del CVD tenterà di raccordare e coordinare le determinazioni dell’uno e dell’altro organismo – com’è ovvio – secondo una sua personale valutazione e considerazione e di questo – però – non è tenuto a informare e neppure rendere conto ad alcuno.

 

Incompatibilità e inopportunità della designazione – da parte del collegio dei docenti e del consiglio d’istituto – di docenti che ricoprono determinati ruoli o funzioni.

La legge non fissa alcuna incompatibilità per ricoprire il ruolo di membro del CVD; quindi nel CVD ci potrebbero essere e forse ci saranno in qualche caso, docenti a tempo determinato, studenti minorenni! Quanto alla “inopportunità” della designazione – da parte del collegio dei docenti e del consiglio d’istituto – di docenti che ricoprono determinati ruoli o funzioni è questione molto delicata e da valutare caso per caso. Ricoprire certi ruoli o funzioni all’interno dell’istituto – vicario, collaboratore del dirigente, componente la RSU (per citarne solo alcuni) – se non crea incompatibilità, forse limita – o potrebbe limitare o condizionare – l’autonomia operativa.

 

La “motivata” valutazione.

Il dirigente scolastico, sulla base dei criteri individuati dal comitato per la valutazione dei docenti, …. Assegna, annualmente, al personale docente una somma ……… sulla base di motivata valutazione”. Così afferma il comma 127 dell’art. 1 della legge n. 107/2015).

Ci si chiede quale sia il significato della precedente proposizione, in particolare della parte in cui si parla di “motivata valutazione”. Innanzitutto è chiaro che serve un provvedimento formale (complessivo o individuale) con cui, in applicazione dei criteri e considerando gli atti (la documentazione) è assegnato il “bonus”.

 

La tesi – sostenuta da alcuni – secondo cui il dirigente assegna il “bonus” in base ad una sua “valutazione motivata” che potrebbe anche prescindere dai criteri, nel senso che potrebbe discostarsene “motivatamente”, non regge alla prova della logica e del buon senso e perfino delle disposizioni vigenti.

 

Trasparenza e l’accesso agli atti.

L’elenco o la graduatoria di coloro cui sarà stato assegnato il “bonus” – non c’è dubbio a questo riguardo – deve essere resa nota al personale docente dell’istituto e deve essere consentito l’accesso agli atti da parte di chi ne facesse richiesta, avendone un legittimo interesse.

 

Relazioni e rapporti all’interno del CVD

Il CVD è composto di 7 membri che in moltissimi casi sono: 2 dirigenti scolastici, uno studente, 1 genitore, 3 docenti.

I due dirigenti hanno un “potere” di condizionamento, di vario grado, su tutti o su alcuni degli altri membri: questo vale, in parte, anche per i docenti rispetto allo studente e al genitore; vediamo: 1) Il dirigente membro esterno è – rispetto ai docenti – colui che un domani potrebbe o non potrebbe chiamarmi nel suo istituto per offrirmi un incarico triennale; 2) Il dirigente scolastico è il superiore gerarchico e da lui dipende: a) l’assegnazione o meno di un incarico, l’assegnazione delle classi, l’assegnazione del “bonus” e molto altro ancora; 3) lo studente ha, o potrebbe avere negli anni successivi, un rapporto di subordinazione con uno dei docenti componenti il CVD; infatti, potrebbe essere (o divenire) allievo di uno dei tre docenti componenti il CVD; 4) vale per il genitore quanto detto per lo studente: suo figlio potrebbe essere o divenire allievo di uno dei tre docenti componenti il comitato. Il dirigente scolastico, membro esterno, neppure è completamente “libero”; infatti, il dirigente dell’istituto in cui sta operando potrebbe essere o diventare membro esterno del CDV del suo istituto.

 

E’ possibile immaginare quale sia il suo grado di autonomia operativa di docenti, genitore e studente, soprattutto in assenza di un mandato forte da parte di chi li ha eletti/designati. A un siffatto comitato – non completamente “libero”- è affidata la “individuazione” dei criteri per la valorizzazione dei docenti!

 

 

I FAMOSI “CRITERI” PER L’ATTRIBUZIONE DEL “BONUS”

 

Criteri: cosa sono?

“Il comitato individua i criteri per la valorizzazione dei docenti”; così afferma il comma 3, dell’articolo 11, del D. lgs. n. 294/97.

Vediamo come fare per individuare questi leggendari criteri in base ai quali il dirigente scolastico assegnerà il “bonus” ai docenti del suo istituto “motivatamente” e, quali potrebbero essere.

Il vocabolario della lingua italiana spiega che per “criteri” deve intendersi “Norma per distinguere, discernere, giudicare”.

Prima di cimentarci con la definizione di “norme che servano per distinguere, discernere, giudicare” proviamo a fare chiarezza su cosa premiare, cosa considerare, come misurare la prestazione.

 

Che cosa riconoscere con il “bonus”?

La norma specifica che bisogna valorizzare con il “bonus” i seguenti aspetti dell’attività professionale del docente:

1) la qualità dell‘insegnamento; 2) il contributo dato al miglioramento della scuola; 3) il contributo dato al successo formativo e scolastico degli studenti; 4) i risultati ottenuti – singolarmente o in gruppo – per il potenziamento delle competenze degli alunni; 5) la collaborazione alla ricerca didattica, alla documentazione e alla diffusione di buone pratiche; 6) le responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico; 7) l’attività svolta nella formazione del personale.

Il testo è abbastanza pasticciato e confuso, ma questo passa il convento, nel senso che con questo bisogna fare i conti.

 

Qual è il peso da dare a ogni area/settore?

La risposta alla domanda del titolo di questo paragrafo potrebbe essere: “Ognuno faccia come gli pare”; infatti, si potrebbe dividere la somma in tre parti (uguali o diseguali), tante quante sono le aree da considerare, oppure in 7 parti, spacchettando le aree da considerare ma, anche no.

Si può pensare di dare un peso maggiore alle attività, prioritariamente, connesse alla realizzazione del POF o individuare altre priorità o anche nessuna. C’è vasta autonomia a questo riguardo: nessun ostacolo a fare come conviene.

 

Valutare solo l’attività dell’anno in corso?

La risposta a questa domanda potrebbe essere: ovviamente sì, sia perché l’assegnazione del bonus è annuale, sia perché altrimenti il compito diventa troppo complicato.

L’applicazione rigida di questo criterio potrebbe creare qualche spiacevole inconveniente.

Esempio 1. Il docente Mario Rossi l’anno scorso ha pubblicato diversi articoli – su riviste scolastiche – relativi alla didattica della matematica; se bisogna considerare solo l’attività dell’anno in corso non dobbiamo considerare quest’attività.

Esempio 2. Il docente Mario Rossi ha subito, 3 anni fa, una sanzione disciplinare della sospensione dello stipendio fino a 5 giorni; in applicazione del criterio secondo cui si considera solo l’anno in corso, di questo fatto, non se ne deve tener conto! Come si vede individuare i “criteri” non è poi così semplice.

 

Un piccolo problema!

Stabiliti i criteri per la valorizzazione dei docenti, poi bisognerà – per consentire al dirigente di fare una “motivata valutazione” – censire e analizzare l’attività svolta dai partecipanti alla procedura (questo significa creare un fascicolo personale per ogni partecipante, valutare e misurare i risultati ottenuti dal docente in tutte le attività che si prevede di considerare). Il fascicolo serve anche per documentare, nel caso di richiesta di accesso agli atti da parte di chi fosse interessato, la motivazione dell’assegnazione del bonus.

 

Facciamo un esempio, ipotizzando che l’istituto x abbia adottato questo criterio: “Assegnare il bonus ai primi 2 docenti che in ogni disciplina hanno migliorato, nel secondo quadrimestre, le competenze degli alunni del biennio”.

Vogliamo riflettere su quanto lavoro è necessario per esaminare e misurare i risultati ottenuti? Bisognerà considerare i voti del 1° quadrimestre e rapportarli a quelli del secondo, di ogni docente, per ogni classe. Per far questo bisognerà predisporre una griglia per raccogliere i dati, forse bisognerà approntare strumenti di misurazione: così per ogni aspetto che si deciderà di censire e misurare.

 

Chi farà questo lavoro? Il personale di segreteria? Una commissione di docenti? I docenti del CVD?

Qualsiasi risposta è accettabile; più difficile è rispondere alle successive e conseguenti domande: chi paga l’attività di chi svolgerà il lavoro? Da dove si prelevano le risorse? Quanto è pagata l’attività? Chi lo stabilisce?

 

Non sono questioni insignificanti; ogni domanda esige una risposta precisa. Non sarà facile cavarsi d’impiccio se non utilizzano quel “buon senso” che da altre parti è mancato.

 

Considerazioni, osservazioni, valutazioni, proposte.

 

Se si conviene che la descrizione dei problemi concernenti, il funzionamento del “Comitato di valutazione dei docenti” per il modo in cui è stato impostato, corrisponde sostanzialmente al vero, si deve anche convenire che siamo di fronte a un pasticcio.

 

In una situazione caratterizzata dall’assenza di una cultura valutativa diffusa e da ostilità e pregiudizi diffusi, sarebbe stato sommamente auspicabile chiarezza di criteri e strumenti, trasparenza e condivisione almeno da parte della maggioranza dei docenti e delle loro associazioni professionali e sindacali.

 

Niente di tutto questo; allo scopo di mostrare di essere “decisionista” il governo ha messo in scena una sfida contro tutti, anche contro il buon senso e la logica. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: a) risorse modeste; b) premi che per essere significativi devono riguardare meno del 10% del personale; c) membri di un comitato di valutazione che devono prestare la loro opera gratuitamente, d) una procedura complessa, complicata, farraginosa e variabile da scuola a scuola che non garantisce niente e nessuno (neanche il dirigente scolastico.)

 

Siamo di fronte a un pasticcio, voluto fortemente dal governo con la complicità del legislatore e il consenso interessato di alcune (poche) associazioni professionali e parasindacali. Insomma se si voleva fare qualcosa per dimostrare che la valutazione della professionalità docente è impossibile (mentre è solo complessa!) il Governo e il Parlamento, mettendo in piedi questo caravanserraglio di norme, l’hanno fatto.

A questo punto, solo a prezzo di forzature e contorsioni inaudite il Governo e il Ministro competente possono pensare di procedere come se niente fosse; di fronte alla situazione che si è venuta a determinare, anche il più testardo, direbbe:

 

  1. abbiamo sbagliato, scusate, sospendiamo tutto;
  2. le risorse disponibili sono utilizzate per implementare quelle destinate alla contrattazione d’istituto.
  3. impieghiamo i prossimi mesi per raccogliere proposte e suggerimenti, per riscrivere la norma e ricominciare.

 

Non c’è dubbio che in quanto a testardaggine (che non può essere confusa con la determinazione1) il Governo ha fornito ampia prova nei mesi scorsi, per cui non è prevedibile un ravvedimento a questo riguardo.

 

Ci si augura – se così non sarà – che le organizzazioni sindacali siano capaci, unitariamente, di rappresentare le preoccupazioni dei docenti che – in maggioranza – non rifiutano la valutazione ma, contestano – nel merito – questa valutazione.

 

Ci sarebbe un’altra via d’uscita da questo pasticcio: lasciare le risorse alle scuole per destinarle allo stesso fine (la valorizzazione dei docenti) e consentire un’ampia e articolata sperimentazione (quella indicata dalla legge non è, infatti, una sperimentazione!). Un Governo e un Ministro capaci di fare questa proposta al mondo della scuola, che sicuramente sarebbe accolta – riguadagnerebbero il rispetto perduto.

 

Una descrizione sintetica della situazione.

In estrema sintesi la situazione si può descrivere così. Un comitato formato di 7 persone di cui 5 dovranno prestare la loro opera gratuitamente (e non sono obbligate a farlo) si riuniscono per “individuare criteri” da dare al dirigente scolastico per riconoscere la qualità della prestazione dei docenti di ruolo del suo istituto. Questi criteri hanno validità triennale. Il CVD è un organismo che una volta che ha individuato i criteri non ha più alcun potere, neppure di controllare o essere informato. Non si tratta di negare il ruolo del dirigente scolastico che nella valutazione dei docenti deve essere sicuramente determinante, ma non assoluto e sciolto da regole: anche quella della trasparenza!

 

Questo meccanismo sicuramente non è quello che voleva la gran parte dei dirigenti scolastici e non consente neppure la “valutazione” dei docenti! E’ uno stupidario che non merita di essere discusso seriamente, infatti….

 

Se il vero obiettivo fosse un altro?

Il sospetto che l’obiettivo di tutta questa discussione fosse di eliminare la contrattazione d’istituto e assegnare solamente e interamente al dirigente scolastico tutto il processo della valutazione e della sua valorizzazione, si fonda su diversi indizi; se fosse vero il sospetto, sarebbe stato meglio esplicitare l’obiettivo con chiarezza: non avremmo perso tempo inutilmente.

 

Siamo in Italia e… una soluzione si trova sempre!

In molti istituti – anche senza riunire il CVD – si è vicini alla soluzione del problema!

Siccome le risorse del fondo d’istituto sono state ridotte e sono insufficienti a riconoscere tutte le prestazioni aggiuntive che sono svolte, mentre le risorse destinate al “bonus” sono anch’esse modeste – stante la confusione e le difficoltà – si è convenuto… – informalmente, s’intende – di gestirle con un’ottica unitaria: le risorse del “bonus” per riconoscere le funzioni organizzative mentre le risorse del fondo d’istituto per compensare l’attività progettuale, o viceversa; i criteri seguiranno…. fantastico!


COSA E’ VALUTATO, QUALI SONO GLI INDICATORI DEL GRADO DI PROFESSIONALITA, QUAL’E’ IL GRADO DI COMPLESSITA’ PER DEFINIRE GLI STRUMENTI DI MISURAZIONE.

 

La legge stabilisce quali sono gli aspetti della professionalità del docente che posseduti a un certo grado – non in valore assoluto ma rispetto ai colleghi dell’istituto che partecipano alla procedura valutativa – danno diritto al bonus. Nella tabella sottostante sono riportati: a) a sinistra, gli aspetti da considerare così come definiti dalla legge; b) nella colonna centrale alcuni indicatori che, singolarmente o unitamente ad altri, potrebbero indicare il grado di professionalità del singolo docente; c) nella colonna a destra un giudizio sintetico – ovviamente personale e fondato su dati empirici che valuta il grado di complessità insito nella strumentazione da approntare per misurare i singoli aspetti della professionalità.

 

Il punto a) del comma 3 dell’art. 11 del D. Lgs. n. 294/97 prevede di valutare, in particolare, gli aspetti della professionalità che si manifestano nella dimensione individuale.

 

  Aspetti da considerare ai fini della valutazione. Indicatori ipotetici. Grado di complessità della rilevazione e misurazione.
 
A1 Qualità dell’insegnamento Pareri di alunni, famiglie, colleghi. Altissimo
A2 Contributo al miglioramento dell’istituzione scolastica Ideazione di progetti. Partecipazione a progetti. Basso
A3 Successo formativo e scolastico degli studenti Media finale della classe nella disciplina insegnata. Incremento della media rispetto al 1° periodo. Risultati delle prove Invalsi. Alto.

 

Il punto b) del comma 3 dell’art. 11 del D.   Lgs. n. 294/97 prevede di valutare, in particolare, aspetti della professionalità che si manifestano nella dimensione collegiale o di gruppo.

 

  Settori da considerare ai fini della valutazione. Indicatori ipotetici. Grado di complessità della rilevazione e misurazione.
   
B1 Potenziamento delle competenze degli alunni Esiti misurabili di attività finalizzate al potenziamento. Alto
B2 Risultati ottenuti riguardo al potenziamento dell’innovazione didattica e metodologica. Attività di ricercatore, pubblicazioni. Basso
B3 Collaborazione nella ricerca didattica, nella documentazione e alla diffusione di buone pratiche didattiche. Attività di partecipazione ai relativi progetti. Alto

 

Il punto c) del comma 3 dell’art. 11 del D. Lgs. n. 294/97 prevede di valutare, in particolare, aspetti della professionalità che si manifestano in competenze organizzative e relazionali.

 

  Settori da considerare ai fini della valutazione. Indicatori ipotetici. Grado di complessità della rilevazione e misurazione.
 
C1 Responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico. Attività di: collaboratore, vicario, segretario collegio docenti, segretario di dipartimento, segretario del consiglio di classe, coordinatore di dipartimento, coordinatore di classe. Organizzatore di visite d’istruzione. Responsabile di laboratorio. Responsabile di rapporti con l’università ed enti esterni. Basso
C2 Responsabilità assunte nella formazione del personale. Attività di: tutor, formatore. Attività di accoglienza dei nuovi docenti. Basso

IPOTETICI, POSSIBILI CRITERI PER LA VALORIZZAZIONE DEI DOCENTI.

 

Abbiamo ipotizzato che in tre istituti scolastici – l’istituto comprensivo A, l’istituto comprensivo B, l’istituto superiore C – siano già stati adottati i criteri per la “valorizzazione dei docenti”; sono quelli indicati nelle seguenti rispettive tabelle. In tutte e tre i casi si tratta di criteri …. verosimili.

I criteri deliberati dall’istituto A sono diversi da quelli definiti dall’istituto B e da quelli dell’istituto C. I criteri sono numerati anche per consentire un facile confronto. Le tabelle – com’è evidente – non hanno il pregio dell’organicità e prendono in esame solo alcuni aspetti delle attività che possono essere considerate per la valutazione dei docenti.

Lo scopo dell’esercitazione (quasi un gioco!) è solamente quello di mostrare l’estrema variabilità con cui ogni istituto può declinare i criteri per la valorizzazione dei docenti: tutto è lecito, tutto è legittimo.

 

 

I CRITERI DELL’ISTITUTO COMPRENSIVO A

 

Art. 1 – Destinatari.

E’ oggetto della procedura valutativa tutto il personale di ruolo in servizio nell’istituto, a qualsiasi titolo, sia titolare, sia in assegnazione provvisoria, sia utilizzato. Il personale per essere considerato al fine dell’assegnazione del bonus deve aver prestato servizio, anche a part-time, per almeno 150 giorni di lezione.

 

Art. 2 – Esclusioni

Il personale che è incorso in sanzioni disciplinari nell’anno corrente non potrà chiedere di partecipare alla procedura di assegnazione del “bonus”.

 

Art. 3 – Partecipazione alla procedura valutativa.

Il docente che intende partecipare all’attribuzione del “bonus” ne farà esplicita richiesta entro il termine che sarà stabilito dal dirigente scolastico.

 

Art. 4 – Ripartizione della somma in quote individuali.

La somma di 20 mila euro disponibili per l’assegnazione del “bonus” è ripartita in 66 quote individuali da 303,03, euro.

 

Art. 5 – Ripartizione delle quote individuali.

Le 66 quote sono ripartite, in proporzione alla consistenza dell’organico, tra docenti di scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di 1° grado.

 

Art. – 5a – Assegnazione delle quote individuali alle aree.

Le quote individuali spettanti a ogni settore saranno ripartite tra le aree di cui ai punti a), b), c) del comma 3 dell’articolo 11 del D. lgs. n.294/07 come segue: area A, 10 quote, area B, 10 quote, area C, 46 quote.

 

Art. 6 – Pubblicità degli atti e trasparenza

L’elenco alfabetico dei beneficiari, distinto tra docenti di scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di primo grado e articolato nelle tre aree di attività è comunicato ai docenti con nota interna.

 

Art. 7 – Arco temporale da considerare.

Sono, valutate ai fini dell’attribuzione del “bonus”, solamente le attività svolte nell’ultimo triennio.

 

Art. 8. Valutazione delle attività di cui al punto A de comma 3 dell’articolo 11 del D. lgs. n.294/97.

Al fine di graduare i docenti in base alle attività svolte rientranti al punto A del comma 3 “Successo formativo e scolastico degli studenti si considera la seguente tabella per l’attribuzione di punteggi.

Per avere operato, in una o più classi/sezioni in cui erano presenti uno o più alunni BES per i quali sono stati accertati significativi miglioramenti sul piano dell’inclusione scolastica e sociale e della maturazione cognitiva e socio-relazionale sono attribuiti punti10.

 

Art. 9 – Valutazione delle attività di cui al punto B del comma 3 dell’articolo 11 del D. lgs. n.294/97.

Al fine graduare i docenti in base alle attività svolte e relative a quante previste dal punto B del comma 3; in particolare “Potenziamento delle competenze degli alunnisi considera la seguente tabella per l’attribuzione di punteggi.

Per ogni anno di attività in classi/sezioni con la presenza di alunni stranieri in percentuale superiore al 5% punti 10.

 

Art. 10 – Valutazione delle attività di cui al punto C del comma 3 dell’articolo 11 del D. lgs. n.294/97.

Al fine di graduare i docenti in base alle attività svolte rientranti tra le “Responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico e nella formazione del personale” si considera la seguente tabella per l’attribuzione di punteggi.

L’incarico di relatore in iniziative di formazione organizzate da scuole o reti di scuole è valutato punti 5 per ciascun’iniziativa di formazione.

L’incarico di tutor ai docenti in anno di formazione è valutato 5 punti, per anno e per allievo.

L’assistenza ai tirocinanti nella scuola dell’infanzia è valutato 7 punti per anno.

L’incarico di vicario è valutato 5 punti per anno, quello di collaboratore 1 punto per anno, l’incarico di segretario (collegio, consiglio) è valutato 1 punto per anno. L’incarico di responsabile di plesso è valutato 3 punti per anno.

 

 

 

 

I CRITERI DELL’ISTITUTO COMPORENSIVO B

 

Art. 1. Condizioni di accesso al bonus

E’ oggetto della procedura valutativa tutto il personale di ruolo in servizio nell’istituto, a qualsiasi titolo, sia titolare, sia in assegnazione provvisoria, sia utilizzato. Il personale per essere considerato al fine dell’assegnazione del bonus deve aver prestato servizio, anche a part-time, per almeno 200 giorni.

 

Art. 2 – Esclusioni

2 Il personale che è incorso in sanzioni disciplinari della sospensione dello stipendio fino a 5 giorni nell’ultimo quadriennio non sarà oggetto di valutazione ai fini della corresponsione del beneficio.

 

Art. 3. Esclusione dalla procedura valutativa.

Il docente che non intende partecipare alla procedura valutativa al fine dell’attribuzione del bonus ne farà esplicita richiesta entro il termine che sarà fissato dal dirigente scolastico.

 

Art. 4 Ripartizione della somma in quote individuali

La somma di 20 mila euro disponibili per l’assegnazione del bonus è ripartita in 28 quote individuali da 714,29 euro.

 

Art. 5. Ripartizione delle quote individuale.

Le 28 quote individuali saranno ripartite in proporzione alla consistenza dell’organico, tra docenti di scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di 1° grado.

 

Art. 5a. Assegnazione delle quote individuali alle aree di attività.

Le 28 quote individuali saranno ripartite tra le aree di cui ai punti a), b), c) del comma 3 dell’articolo 11 del D. Lgs. n.294/07 come segue: area A, 8 quote, area B, 10 quote, area C, 10 quote.

 

Art. 6 Pubblicità degli e trasparenza

Il dirigente scolastico rende noto ai docenti l’elenco dei beneficiari distinto nelle tre aree di attività e graduato secondo l’ordine di assegnazione del “bonus”.

 

Art. 7 – Arco temporale da considerare.

Sono valutate ai fini dell’attribuzione del bonus, solamente le attività svolte nell’anno scolastico in corso e quello precedente.

 

Art. 8 – Valutazione delle attività di cui al punto A del comma 3 dell’articolo 11 del D. lgs. n.294/97.

Al fine di graduare i docenti in base alle attività svolte rientranti al punto A del comma 3 “Successo formativo e scolastico degli studenti si considera la seguente tabella per l’attribuzione di punteggi.

Per avere operato, in una o più classi/sezioni in cui erano presenti uno o più alunni BES per i quali sono stati accertati significativi miglioramenti sul piano dell’inclusione scolastica e sociale e della maturazione cognitiva e socio-relazionale sono attribuiti punti 5.

 

Art. 9 – Valutazione delle attività di cui al punto B del comma 3 dell’articolo 11 del D. lgs. n.294/97.

Al fine di graduare i docenti in base alle attività svolte e rientranti tra quelle previste al punto B dell’articolo 3 citato, in particolare, “Potenziamento delle competenze degli alunni si considera la seguente tabella per l’attribuzione di punteggi.

Per ogni anno di attività in classi/sezioni con presenza di alunni stranieri superiore al 20% punti 10.

 

Art. 10 – Valutazione delle attività di cui al punto C del comma 3 dell’articolo 11 del D. lgs. n.294/97.

Al fine di quantificare e graduare i docenti in base alle attività svolte rientranti tra le “Responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico e nella formazione del personale” si considera la seguente tabella per l’attribuzione di punteggi.

L’incarico di relatore in iniziative di formazione organizzate da scuole o reti di scuole è valutato punti 5 per ciascun’iniziativa di formazione.

L’incarico di tutor ai docenti in anno di formazione è valutato 5 punti, per anno e per allievo.

L’assistenza ai tirocinanti nella scuola dell’infanzia è valutato 7 punti per anno.

L’incarico di vicario è valutato 5 punti per anno, quello di collaboratore 1 punto per anno, l’incarico di segretario (collegio, consiglio) è valutato 1 punto per anno. L’incarico di responsabile di plesso è valutato 3 punti per anno.

 

 

I CRITERI DELL’ISTITUTO SECONDARIO DI II° GRADO C

 

Art. 1. Condizioni di accesso al bonus

E’ oggetto della procedura valutativa tutto il personale di ruolo in servizio nell’istituto, a qualsiasi titolo, sia titolare, sia in assegnazione provvisoria, sia utilizzato. Il personale per essere considerato al fine dell’assegnazione del bonus deve aver prestato servizio, anche a part-time, per almeno 300 giorni, di cui 180 di lezione.

 

Art. 2 – Esclusioni

2 Il personale che è in corso in sanzioni disciplinari nei due anni precedenti – non sarà oggetto di valutazione – ai fini della corresponsione del beneficio.

 

Art. 3. Partecipazione alla procedura valutativa.

Tutto il personale di ruolo che rientra nelle condizioni fissate ai precedenti articoli 1 e 2 è considerato al fine dell’attribuzione del bonus.

 

Art. 4 Ripartizione della somma in quote individuali

La somma di 20 mila euro disponibili per l’assegnazione del bonus è ripartita in 20 quote da 1.000 euro.

 

Art. 5. Assegnazione delle quote individuali alle aree.

Le 20 quote individuali saranno ripartite tra le aree di cui ai punti a), b), c) del comma 3 dell’articolo 11 del D. Lgs. n.294/07 come segue: area A, 5 quote, area B, 5 quote, area C, 10 quote.

 

Art. 6 Pubblicità degli e trasparenza

Il dirigente scolastico informa i docenti dell’esito della procedura valutativa con nota interna fornendo l’elenco alfabetico dei beneficiari distinto nelle tre aree di attività.

 

Art. 7 – Arco temporale considerato da considerare.

Sono valutate, ai fini dell’attribuzione del bonus, solamente le attività svolte nell’anno in corso.

 

Art. 8. Valutazione delle attività di cui al punto A de comma 3 dell’articolo 11 del D. lgs. n.294/97.

Al fine di graduare i docenti in base alle attività svolte rientranti al punto A del comma 3 “Successo formativo e scolastico degli studenti si considera la seguente tabella per l’attribuzione di punteggi.

Per avere operato, in una o più classi/sezioni in cui erano presenti uno o più alunni BES per i quali sono stati accertati significativi miglioramenti sul piano dell’inclusione scolastica e sociale e della maturazione cognitiva e socio-relazionale sono attribuiti punti 2.

 

Art. 9. Valutazione delle attività di cui al punto B de comma 3 dell’articolo 11 del D. lgs. n.294/97.

Al fine di graduare i docenti in base alle attività svolte rientranti al punto A del comma 3 “Potenziamento delle competenze degli alunni si considera la seguente tabella per l’attribuzione di punteggi. Per ogni anno di attività in corsi di recupero punti 5.

 

Art. 10 – Valutazione delle attività di cui al punto C del comma 3 dell’articolo 11 del D. lgs. n.294/97.

Al fine di quantificare e graduare i docenti in base alle attività svolte rientranti tra quelle previste al punto C del comma 3 “Responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico e nella formazione del personale” si considera la seguente tabella per l’attribuzione di punteggi.

L’incarico di relatore in iniziative di formazione organizzate da istituti scolastici è valutato punti 5 per ciascun’iniziativa di formazione.

L’incarico di tutor ai docenti in anno di formazione è valutato 5 punti, per anno e per allievo.

L’incarico di vicario è valutato 5 punti per anno, quello di collaboratore 1 punto per anno, l’incarico di segretario (collegio, consiglio) è valutato 1 punto per anno. L’incarico di responsabile di sede staccata o coordinata è valutato 3 punti per anno.

Almadiploma: occupazione record per gli studenti dei tecnici e professionali, stage e alternanza la «chiave» del successo

da Il Sole 24 Ore

Almadiploma: occupazione record per gli studenti dei tecnici e professionali, stage e alternanza la «chiave» del successo

di Alessia Tripodi

Orientamento, voti alti alla maturità, stage ed Erasmus. E soprattutto l’alternanza scuola lavoro, grazie alla quale i giovani acquisiscono competenze utili per il mercato del lavoro. E’ questa la «ricetta» per il successo dei diplomati italiani secondo Almadiploma, che ieri al Miur ha presentato l’edizione 2016 del rapporto che ha analizzato le scelte formative e professionali di oltre 100mila studenti di 300 scuole superiori, focalizzandosi su un campione di 15mila ragazzi intervistati a uno, tre e cinque anni dal conseguimento del titolo di studio. Sono i giovani degli istituti tecnici e professionali, secondo Almadiploma, quelli che vantano il tasso più alto di occupazione dopo la maturità (fino al 62% dopo cinque anni dal titolo, contro il 14% dei liceali) : un vantaggio che arriva anche dall’alternanza e dagli stage post diploma, che aumentano fino al 90% le possibilità di trovare un impiego.

Ritratto dei diplomati
A un anno dal titolo di studio, dice Almadiploma, il 65% degli studenti è iscritto all’università, il 31% lavora e il 17% cerca un impiego o segue corsi di formazione. A cinque anni dall’esame la quota di occupati arriva al 51% (ma tra queste il 13% coniuga studio e lavoro), il 45% studia ancora all’università e il 12% cerca lavoro. Ma i percorsi sono diversi a seconda del tipo di diploma conseguito. A un anno dal titolo studia il 75% dei liceali, il 37% dei diplomati dei tecnici e il 15% dei professionali, mentre a cinque anni il tasso di liceali all’università scende al 55%, quello dei diplomati tecnici al 22% e quello dei professionali all’11 per cento.

Più opportunità con l’orientamento
Proprio perchè la quota di chi lavora dopo il diploma è sensibilmente superiore tra i ragazzi provenienti da tecnici e professionali, Almadiploma dedica un focus alle performance occupazionali di questi ragazzi, scoprendo che le esperienze lavorative e e internazionali durante gli studi aumentano rispettivamente del 66% e del 31% la chance di trovare un lavoro, mentre un voto diploma elevato pesa per l’80 per cento e lo stage post diploma arriva fino al 90 per cento.
Tra gli occupati a un anno dal titolo, il 30% dei tecnici ha un contratto a tempo determinato e il 24% a tempo indeterminato, mentre il 7% non è in un rapporto regolare. Sul fronte dei professionali, il 60% ha contratti formativi o a tempo determinato, il 22% conta su rapporti di lavoro stabili e l’8% non ha un contratto standard. Lo stipendio medio per chi lavora a tempo pieno si aggira intorno ai 1.000 euro netti mensili, con punte più elevate per chi
Arrivati sul mercato del lavoro, però, solo il 23% di questi diplomati – sia tecnici che professionali – dichiara di utilizzare «in maniera elevata» le competenze acquisite a scuola, mentre poco meno del 30% non le usa per niente.
«La scuola è anche fare esperienza, la scuola è “conoscenze” ma anche “competenze” e queste ultime si acquisiscono anche con modalità di alternanza scuola lavoro – ha detto il sottosegretario al Miur, Gabriele Toccafondi, durante la presentazione del rapporto – e questi dati confermano la necessità di investire sulle competenze trasversali e non solo disciplinari. La riforma della Buona Scuola va proprio in questa direzione – ha aggiunto – e vanno incentivati i percorsi di orientamento, ma anche le azioni finalizzate al trasferimento delle competenze, per rispondere in modo sempre più adeguato alle esigenze del mondo del lavoro. Potenziare le attività di alternanza-scuola lavoro rappresenta quindi un tassello fondamentale».

Ascensore sociale bloccato
Al di là delle possibilità offerte da orientamento e alternanza, però, sui diplomati pesa ancora molto il contesto socio-economico di provenienza e il titolo di studio dei genitori. I dati Almadiploma dicono che chi proviene da situazione più avvantaggiate si iscrive all’università nell81% dei casi, mentre per i meno favoriti la percentuale scende al 52 per cento. Ma il titolo di studio dei genitori pesa ancora di più sulle scelte: l’86% dei diplomati che opta per l’università proviene da un afamiglia di laureati, mentre tra i figli di genitori con la licenza media la percentuale è praticamente dimezzata (43%).

La scuola è responsabile in caso di infortunio dell’alunno

da Il Sole 24 Ore

La scuola è responsabile in caso di infortunio dell’alunno

di Francesca Milano

La scuola risponde sempre dell’infortunio dell’alunno: lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3695/2016 depositata ieri. Nella pronuncia i giudici sottolineato che «è principio consolidato di questa Corte che, in caso di danno cagionato dall’alunno a se stesso, la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’insegnante ha natura contrattuale, atteso che, quanto all’istituto, l’accoglimento della domanda di iscrizione determina l’insturazione di un vincolo negoziale» e che «tra insegnante e allievo si instaura, per contratto sociale, un rapporto giuridico nell’ambito del quale il primo assume anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza».

Il caso
La sentenza riguarda il caso di una tredicenne che era scivolata a causa del pavimento bagnato negli spogliatoi dei locali adibiti dalla scuola a palestra. Nella caduta l’alunna si era rotta un dente e aveva riportato postumi invalidanti permanenti al 2 per cento. I genitori avevano quindi chiamato in giudizio il ministero dell’Istruzione, che però si era difeso sostenendo che l’obbligo di sorveglianza non è esercitabile in forma continuativa perché l’alunna era scivolata nel locale dei servizi igienici. In più, secondo il ministero, il fatto che il pavimento fosse bagnato avrebbe al più potuto configuare la violazione di obblighi di custodia della cosa, non imputabili alla scuola ma al Comune proprietario dell’edificio. Il Tribunale di Trieste e la Corte d’appello di Trieste avavano respinto la domanda dei genitori, rilevando l’assenza di un rapporto causale tra l’evento e la condotta del personale scolastico.

La decisione
La Cassazione, però, ha ribaltato il giudizio spiegando che «dall’iscrizione alla scuola deriva, a carico di essa, l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolasticain tutte le sue manifestazioni e, quindi, anche l’obbligo di vigilare sull’idoneità dei luoghi». I giudici chiariscono anche che non fa alcuna differenza il fatto che i locali dello spogliatoio non fossero situati all’interno dell’edificio scolastico ma in un centro polisportivo comunale gestito da altri enti perché «anche il detentore è custode» ed è quindi tenuto a vigilare sullo stato della struttura.

Ocse: bene Italia su riforme, andare avanti su lavoro, scuola e meno tasse

da Il Sole 24 Ore

Ocse: bene Italia su riforme, andare avanti su lavoro, scuola e meno tasse

di Giuliana Licini

L’Italia è tra i Paesi che più hanno premuto sull’acceleratore delle riforme nell’ultimo anno, ma restano prioritari gli interventi a favore dell’occupazione, della scuola e nel campo della tassazione. Nel rapporto “Obiettivo Crescita”, l’Ocse loda la Penisola per il suo impegno nelle riforme strutturali e al tempo stesso ribadisce le direttrici da seguire per rafforzare lo sviluppo dell’economia.

Il Pil italiano
Un messaggio di particolare rilievo, perché giunge sulla scia della netta revisione al ribasso delle stime di crescita del Pil italiano per il 2016, annunciate dall’Organizzazione la scorsa settimana (all’1% dall’1,4%). Il rapporto – diffuso in occasione della riunione dei ministri delle Finanze del G20 a Shanghai – identifica e valuta i progressi fatti dai vari Paesi sulle riforme-chiave per promuovere la crescita di lungo termine, migliorare la competitività e la produttività e creare posti di lavoro. «Il ritmo delle riforme continua ad essere generalmente maggiore nei Paesi dell’Europa del Sud, in particolare Italia e Spagna, rispetto a quelli del Nord», scrivono gli economisti dell’Organizzazione, notando anche che in Italia e Spagna «è stata maggiore la quantità di raccomandazioni messe in pratica». L’Ocse evidenzia l’introduzione del Jobs Act, ma sottolinea che nonostante la ripresa dell’economia dopo la pesante crisi, «la disoccupazione resta molto elevata, soprattutto tra i giovani (43% nel 2014, ndr), oltre all’alta percentuale di senza lavoro di lungo termine (61%)», in entrambi i casi i terzi peggiori dati dell’area Ocse. Questo «mina la crescita di lungo termine e l’inclusività, in quanto comporta l’erosione delle competenze, un ’mismatch’ delle qualifiche e una ridotta mobilità sociale».

Maglia nera
La Penisola ha in effetti l’inquietante primato del mismatch, la mancata corrispondenza tra le qualifiche e il lavoro svolto. E’ una situazione che riguarda quasi il 14% dei lavoratori, che sono troppo (o troppo poco) qualificati per le mansioni che svolgono. Se l’Italia dovesse ridurre tale incongruenza ai livelli della best practice, la produttività aumenterebbe del 10%, calcola l’Ocse. Secondo il rapporto, nella Penisola «mobilitare un’ampia gamma di politiche per migliorare le opportunità di lavoro resta una priorità dell’agenda delle riforme». Tra l’altro «migliorare l’equità e l’efficienza nell’istruzione aumenterebbe le possibilità dei giovani di trovare lavoro», mentre «rafforzare le politiche attive del lavoro ridurrebbe il rischio di povertà ed esclusione sociale per i disoccupati di lungo termine». Lo scorso anno l’Ocse aveva raccomandato anche di ampliare la formazione professionale post-secondaria e di aumentare le tasse universitarie, introducendo però un sistema di prestiti per pagarle simile a quello della Gran Bretagna. Lo studio prende atto anche delle recenti misure legislative che puntano a migliorare l’efficienza nei tribunali civili e a semplificare le procedure fallimentari, come la stessa Ocse aveva raccomandato lo scorso anno. Tra le raccomandazioni resta quella di migliorare l’efficienza della struttura della tassazione, riducendo distorsioni e incentivi ad evadere abbassando le elevate aliquote nominali.