Programma il Futuro: rapporto settembre 2015 – gennaio 2016

File 27-03-16, 08 11 26Programma il Futuro
pensiero computazionale già per 600.000 studenti

Sono già 600.000 studenti, circa 30.000 classi, oltre 9.000 insegnanti e più di 3.000 scuole che stanno partecipando al secondo anno del progetto triennale “Programma il futuro”, pensato per fornire a studenti e insegnanti strumenti per l’introduzione strutturale nelle scuole dei concetti di base dell’informatica. Cifre raddoppiate rispetto allo scorso anno scolastico, con un’ampia partecipazione delle scuole primarie (53% del totale degli iscritti al progetto), un’adesione in crescita delle secondarie di I e II grado (rispettivamente 31% e 15%) e l’obiettivo di arrivare a coinvolgere entro la fine dell’anno scolastico 1 milione di studenti. Incrementato anche il numero di ore svolte da ogni studente nell’ambito del progetto (5,54), per un totale di oltre 3.300.000 ore di informatica.

E’ quanto emerge dal monitoraggio del secondo anno del progetto “Programma il Futuro”, effettuato tra settembre 2015 e gennaio 2016.
La materia più insegnata dai docenti che hanno iscritto le proprie classi al progetto è matematica, col 53,9%, seguita da scienze (39,3%), informatica (35,3%) e tecnologia (31,3%).

Molto elevata è stata anche la partecipazione alle attività didattiche da parte degli iscritti al progetto (94,5%), con la più alta concentrazione (84,8%) nella settimana mondiale dell’Ora del codice (7-13 dicembre). Manifestazione nel corso della quale l’Italia è stata la prima nazione al mondo, a parte gli Stati Uniti, per numero di eventi organizzati nelle scuole (11.028).

In crescita, rispetto allo scorso anno, sono anche le valutazioni positive e la soddisfazione degli utenti, soprattutto docenti, per le attività proposte. In particolare, durante le lezioni di coding, la maggioranza degli insegnanti (80,15) ha scelto metodologie miste utilizzando sia lezioni tecnologiche che tradizionali. Per queste ultime, soprattutto lezioni di pensiero computazionale (33,2%).

Nell’ambito di “Programma il Futuro” è inserito anche il concorso Codi-Amo, finalizzato a sensibilizzare gli studenti alla riflessione sullo sviluppo del pensiero computazionale, fornendo loro l’opportunità di cimentarsi con forme di espressione originali e stimolanti. Gli insegnanti, di scuole sia statali che paritarie, primarie e secondarie di I e II grado, hanno tempo fino al  prossimo 3 aprile per iscrivere le proprie classi, scegliendo una delle due categorie previste per gli elaborati da presentare: tecnologica o tradizionale. I vincitori saranno premiati con supporti informatici per le attività didattiche e buoni scuola.

Link utili:
il sito del progetto “Programma il Futuro”
http://www.programmailfuturo.it/
il concorso Codi-Amo
http://www.programmailfuturo.it/progetto/concorso

Dall’alternanza alla continuità

Dall’alternanza alla continuità

di Maurizio Tiriticco

 

In una società in cui ormai si pensa con le mani e si fa con il cervello, il rapporto tra scuola e lavoro non dovrebbe essere solo un’alternanza, ma una vera e propria continuità. Oggi, in una società avanzata, non c’è prima il pensare e poi il fare: sono tristi eredità di un mondo in cui pochi pensavano sfruttando i molti che lavoravano… e solo con le mani. Apprendere per tutta la vita significa oggi e domani conoscere e fare in perfetta sintonia e continuità. L’ALTERNANZA non solo non va cancellata ma trasformata in CONTINUITA’. Si veda anche la mia recente polemica con Umberto Galimberti, a cui ho opposto le sagge, ma inascoltate, argomentazioni di Martha Nussbaum.

Occorre anche pensare che non parlare OGGI – e operare conseguentemente – in materia di continuità studio/lavoro (attenzione! Non c’è un trattino, che divide, ma una sbarretta, indice di continuità/contiguità) è anche inutile, vago nonché scorretto in un sistema di istruzione in cui dobbiamo proporci di fare acquisire competenze. E queste quando mai si raggiungeranno da parte dei nostri studenti, se non insegniamo loro a coniugare fin da piccoli mani e cervello, conoscere e fare? Il fatto che di competenze si chiacchiera ormai da anni, almeno dal 1997, quando con la legge 425 tentammo di riformare l’esame di maturità (a tutt’oggi ancora non riformato!!!), ma che siano tuttora e chissà fino a quando una vaga chimera, ci deve far riflettere.

Che alla fine della quinta primaria e della terza media si certifichino “profili di competenza” è solo risibile e ne potremmo fare anche a meno. Preoccupa invece che alla fine dell’obbligo di istruzione la certificazione delle competenze, dopo un decennio (l’innalzamento dell’obbligo è del 2007) è a tutt’oggi un’operazione di sola facciata (eppure si tratta del livello secondo dell’EQF)! Per don dire del vuoto “incompetente” dell’esame dei nostri 19enni (eppure si tratta di un livello quarto EQF)!!! Insomma, l’Europa è sempre lontana mille miglia da noi anche in materia di istruzione! In conclusione, uno dei mille pasticci combinati dalla 107 è anche questo: di non avere posto il problema dell’alternanza nei modi corretti.

E mi piace sempre ricordare che un certo Talete, a cui si attribuisce l’inizio del pensare filosofico, era un semplice idraulico! E ho già scritto in qualche parte che sono d’accordo con il Giusti quando dice a Gino Capponi: “Gino mio, l’ingegno umano partorì cose stupende, quando l’uomo ebbe tra mano meno libri e più faccende”. Non c’è libro senza faccenda. Non c’è pensiero se non c’è azione. Non sto a tirar fuori la teoria delle dodici categorie kantiane o del cervello plastico di Marx: ormai le neuroscienze hanno fatto passi da gigante. Ma è noto a tutti che sono le condizioni materiali – l’aria, la luce, i suoni, il latte per il neonato e tutto ciò che poi segue per chi cresce/apprende – che provocano situazioni, stimolano problemi che poi in quanto viventi/operanti dobbiamo affrontare/risolvere. Il pensare svincolato dal fare produce sogni e illusioni se non, nel peggiore dei casi, disperazione e follia.

Quando la Montessori adottò quella strumentazione che oggi è parte viva di ogni nido o sezione di scuola per l’infanzia, venne tacciata da molti di pressappochismo: come se la pretesa spiritualità del bambino innocente – “il fanciullo tutto intuizione, fantasia, sentimento” dei programmi del 1955, ispirati dal pensiero di Maritain: di fatto la lezione montessoriana, a tanti anni di distanza ancora non era stata del tutto assimilata – dovesse emergere da chissà che cosa! Ebbene, sono i condizionamenti materiali che provocano crescita, sviluppo, apprendimento. Lo spirito, anche quello più elevato, non si regge da solo! Per analogia, è il toccar con mano gli oggetti che provoca reazioni e apprendimento.

Per tutte queste ragioni, a mio avviso, parlare di alternanza significa persistere nel dare ragione all’attualismo di Gentile e alla sua riforma, della quale non siamo ancora riuscirti a liberarci: i licei sono ancora oggi scuole di pura contemplazione! Il pensare regna sovrano e le contaminazioni con le cose concrete, con le faccende del Giusti, sarebbero letali! Di qui l’unica concessione che viene fatta alla scuola secondaria ancora per tanti versi sputatamente gentiliana, è quella dell’alternanza! No! Non ci libereremo mai da Gentile, finche non cominceremo a parlare di continuità o, se si vuole, di contiguità.

Il che comporta un’organizzazione scolastica diversa, certamente! Occorrerebbe superare e liquidare tante barriere, quelle che gli articoli 3, 4, 5 e 6 del dpr 275/99 suggeriscono con tanta chiarezza. Ma sono barriere che le istituzioni scolastiche da sole non possono superare, se a monte non si vara una legge di riforma, che intacchi realmente l’organizzazione ancestrale per classi, cattedre e orari, una legge che in tanti continuiamo ad aspettare… e che non è davvero la 107! La quale, invece, introduce nuove e più pesanti e ambigue chiusure. Per cui, pessimisticamente, di CONTINUITA’ non parleremo mai, ma zoppicheremo con ALTERNANZE di difficile realizzazione e scarsamente costruttive. E la tripartizione tra licei tecnici e professionali procederà all’infinito! E la certificazione delle competenze – ma quali? – saranno ancora una difficile chimera! E i nostri giovani vanteranno inutili diplomi e l’UE continuerà a produrre Raccomandazioni che il nostro governo continuerà, di fatto, ad ignorare…

Dopo di noi, le proposte delle associazioni in Senato

da Superabile

Dopo di noi, le proposte delle associazioni in Senato

Concluse le audizioni in Commissione lavoro. Per Fish occorre “rafforzare il contrasto ad ogni forma di segregazione”, allargare la platea dei beneficiari e “sostenere la previdenza privata”. Per Anffas è urgente fissare i tempi dei Liveas e “programmare in modo scrupoloso la desitituzionalizzazione”. Enil invece boccia la norma e ne chiede il ritiro, mentre Arpa propone l’indennità di residenzialità. Ecco i documenti presentati in audizione

ROMA – Si è conclusa ieri la due giorni di audizioni in Senato (commissione Lavoro) sulla legge per il Dopo di Noi. Obiettivo: raccogliere pareri e osservazioni sul testo già approvato alla Camera, con l’intento di migliorarlo alla luce delle annotazioni critiche che, fin dalla sua gestazione, accompagnano l’iniziativa normativa. Abbiamo già riferito quanto è stato riportato da Fand e dal Coordinamento nazionale famiglie disabili gravi e gravissimi: la prima ha evidenziato, tra l’altro, la necessità di collegare la legge sul Dopo di noi all’intera normativa sulla disabilità, come pure l’opportunità di riconoscere la figura dell’amministratore di sostegno e i diritti dei caregiver nonché di ampliare l’offerta di istituti fiscali e agevolazioni, al di là del trust. Io Comitato ha chiesto innanzitutto la modifica dell’articolo 4, nella parte in cui prevede il ricovero del disabile in struttura in situazione di emergenza; e, in generale, un sostegno alla domiciliarità, che nell’attuale testo pare del tutto assente. Vediamo ora cosa sono andate a dire le altre associazioni, ascoltate in Senato tra martedì e mercoledì.

Le cinque proposte di Fish. Cinque gli elementi fondamentali evidenziati dalla principale federazione delle associazioni per la disabilità nel documento consegnato al Senato. Primo, “rafforzare il contrasto ad ogni forma di segregazione, impedendo che il Fondo previsto, ma anche tutte le politiche per la disabilità possano contribuire alla istituzionalizzazione”. Secondo, “attivare percorsi di de-istituzionalizzazione delle persone con disabilità che attualmente vivono in situazioni segreganti per le quali Fish propone di fissare progressivi passaggi per garantire tale obiettivo”. Terzo, estendere “gran parte delle misure previste dalla disposizione in trattazione ad una più ampia platea di potenziali destinatari, a prescindere dalla gravità contingente”. Quarto, “valorizzare, al pari del trust anche altri istituti presenti nel codice civile quali la costituzione dei fondi patrimoniali e la costituzione di vincoli di destinazione d’uso”. Quinto, sostenere “la previdenza privata e quindi le polizze assicurative, privilegiando un intervento sulla previdenza complementare che collochi il sostegno alla vita adulta in un quadro di solidarietà tra lavoratori e nella mutualità territoriale piuttosto che nel rapporto individuale tra la persona con disabilità, la sua famiglia e la soluzione assicurativa per il futuro”. In generale, “riteniamo che non ci si possa contenere al solo tema – pur importante – della tutela giuridica ed a quello delle coperture assicurative. Il rischio più evidente è che si accentui la norma sulla mera sfera privata delle persone con disabilità e delle loro famiglie, le quali denunciano già oggi l’abbandono da parte delle istituzioni pubbliche nazionali e locali”.

I tre punti di Anffas. Anffas ha riproposta al Senato il proprio documento di analisi, diffuso già alcune settimane fa, in cui analizza criticamente, articolo dopo articolo, la proposta di legge. Tre i punti fondamentali: primo, livelli essenziali sì, ma entro quando? Scrive Anffas: “Si dice che saranno predisposti i livelli essenziali delle prestazioni nel campo sociale (Leps/Liveas) da garantire alle persone destinatarie della legge sul ‘dopo di noi’. Ciò vuol dire che si prevede di individuare, a livello nazionale, quel nucleo indefettibile di prestazioni inerenti tale legge che le Regioni saranno tenute a garantire ai propri cittadini (pur sempre fatta salva la loro facoltà di implementare il novero di tali prestazioni). Purtroppo, tale previsione rischia di rimanere lettera morta, perché non è stato indicato un termine entro il quale adottare i ridetti Leps/Liveas. […] Occorre, quindi, che al Senato si riscriva la norma in questione, prevedendo un termine entro cui adottare i Leps/Liveas, che potrebbe essere verosimilmente di 60 giorni a decorrere dall’entrata in vigore della presente legge, onde poter dar seguito, poi, agli altri provvedimenti previsti nei 6 mesi dall’entrata in vigore della legge”. Secondo, de istituzionalizzazione sì, ma con cautela. Anffas riconosce infatti e condivide “l’obiettivo di ‘tirar fuori’ dagli istituti le persone con disabilità”, ma evidenzia che “occorrerà programmare il tutto in maniera scrupolosa, visto che non si possono dall’oggi al domani chiudere le strutture residenziali ed ‘abbandonare al loro destino’ le persone dimesse, specie quelle, ma non solo, che necessitano di un carico assistenziale di livello altissimo”. Terzo, il Dopo di noi in casa propria: Anffas propone infatti  “che sia espressamente previsto, tra le misure finanziabili, anche il “sostegno presso il proprio domicilio, che permetta alle persone di vivere, in totale o in parziale autonomia, nella propria casa o in un ambiente che ne riproduca le condizioni abitative, e che determini, in ogni caso, l’attivazione di un percorso di vita indipendente, per quanto possibile, o di vita interdipendente all’interno di contesti di inclusione sociale”. Seguono osservazioni più “tecniche”, su defiscalizzazioni e sgravi fiscali.

La bocciatura dell’ European network on indipendent living. Enil “invita fortemente a ritirare questo ddl, in quanto è in pieno contrasto con la Convenzione Onu”: il network europeo boccia decisamentela porposta di legge, ma presenta comunque al Senato una serie di “emendamenti e commenti specifici che riteniamo assolutamente necessari”. Tra i punti critici evidenziati, c’è la limitazione della “platea degli aventi diritto alle sole persone rimaste orfane di entrambi i genitori o se gli stessi non sono in grado di sostenere le responsabilità della loro assistenza”. Ulteriore limitazione è posta dalla condizione di “grave disabilità”. Altro elemento critico è la previsione del ricovero in strutture extra-familiari in situazioni di emergenza, nonché la destinazione del Fondo alla costruzione o ristrutturazione di istituti. Anche il trust è, per Enil, una “soluzione perseguibile ma limitata alle famiglie che dispongono di beni mobili e immobili”. Gli emendamenti proposti da Enil nel documento presentato al Senato vanno quindi tutti nella direzione di sanare queste criticità.

Arpa: “indennità per la residenzialità” in casa. Istituire “l’indennità per la residenzialità” è la proposta presentata al Senato da Arpa, l’associazione italiana per la ricerca e su psicosi e autismo. Si tratta di un “intervento di emergenza” sotto forma di un’indennità economica supplementare, destinata ai disabili gravissimi over 30 che vivano in casa, affinché i propri familiari possano, prima ancora del “dopo di noi”, permettersi un supporto da parte di personale qualificato, oppure organizzare case famiglia insieme a chi viva la propria stessa problematica. (cl)

DSA

Cosa sono gli stili d’apprendimento?

Lo stile d’apprendimento è la tendenza di una persona a preferire un certo modo d’imparare, e riguarda la modalità individuale di percepire e reagire ai compiti legati all’apprendimento. In base alla propria percezione, ognuno adotta strategie e comportamenti diversi.

Parlando di stile non si vuole classificare, ma approfondire la complessità delle differenze individuali.
I canali sensoriali

Le informazioni (comprese le nozioni) ci arrivano tramite input sensoriali. Questi, una volta elaborati dal cervello, vengono restituiti sempre attraverso i sensi.
Gli stili d’apprendimento, quindi, riguardano anche la capacità di percepire ed elaborare i diversi stimoli sensoriali: ognuno di noi reagisce in maniera più attiva ed efficace ad alcuni stimoli, e meno ad altri.

Abbiamo a diposizione quattro canali sensoriali per apprendere:

Visivo-verbale, ovvero leggere e scrivere;
Visivo iconografico o non-verbale, attraverso colori, grafici, diagrammi;
Uditivo, cioè ascoltando;
Cinestetico, che significa imparare facendo, confrontandosi con gli altri e interagendo.

La conoscenza dei principali stili cognitivi, assieme a un’accurata riflessione sulle carattersitiche dei propri allievi, sono elementi importanti del bagaglio professionale di un insegnante.
Per trovare l’armonia in classe è necessario conoscere e valorizzare i diversi stili d’apprendimento fornendo stimoli e informazioni su più canali sensoriali possibili. In questo modo, ogni alunno potrà sfruttare al meglio le sue potenzialità.
A proposito di dislessia

Un normolettore, in genere, riesce a decodificare un’informazione indipendentemente dal canale sensoriale d’entrata.
Una o uno studente DSA, invece, fatica a imparare solo tramite il canale visivo-verbale. È quindi indispensabile fornire a questi studenti un modo di elaborare le informazioni attraverso input sensoriali diversi, permettendogli di utilizzare i loro punti di forza e le loro abilità.

Gli strumenti compensativi, individuati dagli specialisti in sede di diagnosi, sono importanti risorse per permettere ai ragazzi di utilizzare il canale sensoriale a loro più congeniale. Per questo è molto importante non solo permettere di utilizzarli, ma anche aiutarli a capire come sfruttarli al meglio, sia a casa che a scuola.

Osservatorio nazionale per il monitoraggio dei Disturbi dello Spettro Autistico

Ministero della Salute

Osservatorio nazionale per il monitoraggio dei Disturbi dello Spettro Autistico, partito il progetto

Il 25 febbraio hanno preso il via le attività di un progetto promosso e finanziato dal Ministero della Salute e affidato all’Istituto superiore di sanità tramite un accordo di collaborazione, finalizzato all’istituzione dell’Osservatorio nazionale per il monitoraggio dei Disturbi dello Spettro Autistico (DSA).

Il progetto ha il duplice obiettivo di effettuare una stima di prevalenza dei Disturbi dello Spettro Autistico a livello nazionale e di costituire una rete pediatria-neuropsichiatria infantile per la loro individuazione precoce. Ha la durata di di due anni e verrà effettuato mediante un protocollo di screening condiviso con il progetto europeo Autism Spectrum Disorders in the European Union (ASDEU) finanziato dalla DG Santè della Commissione Europea.

L’incremento dei casi di DSA, osservato nell’ultimo decennio, richiede un rapido e profondo processo di riorganizzazione dei servizi, in prima istanza di quelli sanitari, sia per quanto riguarda la tempestività della diagnosi e la standardizzazione dei criteri diagnostici, sia per la continuità tra diagnosi e inizio di un adeguato percorso terapeutico integrato.

Per attuare interventi appropriati e pianificare e adeguare i servizi alle esigenze delle persone con DSA occorre ottenere a livello nazionale ed europeo stime affidabili della prevalenza di tali disturbi. Sono attualmente attivi solo pochi registri di DSA nel mondo ed esistono solo un numero limitato di studi epidemiologici che possono essere utilizzati per una buona valutazione e una pianificazione appropriata.

Vi è evidenza crescente che l’individuazione precoce del rischio di autismo e un tempestivo intervento, ancor prima che il disturbo si esprima nella sua pienezza, possano significativamente ridurre la sua interferenza sullo sviluppo e attenuarne il quadro clinico finale.

La diagnosi precoce, il corretto inquadramento diagnostico, l’intervento tempestivo, il sostegno alle famiglie, la formazione degli operatori sanitari e degli educatori sono, dunque, azioni da implementare per favorire l’integrazione e il miglioramento della qualità della vita delle persone colpite.

Tuttavia, si riscontra ancora un grande ritardo temporale tra l’insorgenza delle prime preoccupazioni dei genitori, la prima consultazione e l’età in cui viene fatta la diagnosi che si aggira attualmente intorno ai 4-5 anni.

Punto cruciale per ridurre sensibilmente l’età alla prima diagnosi è una sorveglianza attiva dello sviluppo attraverso strumenti di screening all’età di 18 e 24 mesi da parte dei pediatri, e il loro coordinamento con le unità specialistiche di neuropsichiatria infantile, in considerazione del fatto che il Sistema Sanitario Nazionale italiano prevede controlli sanitari di routine a tempi prestabiliti durante l’infanzia (bilanci di salute).

Tra i molteplici benefici che possono derivare da tale studio epidemiologico vi sono un’aumentata consapevolezza del disturbo nella comunità e un miglioramento del livello di comprensione dell’impatto di questo problema nella società. Inoltre, studi epidemiologici come questo, permettono una migliore comprensione delle circostanze personali e delle necessità dei bambini con DSA, consentono misure preventive e una migliore organizzazione delle risorse a supporto di famiglie e alunni e potenziano le misure educative e i servizi di supporto. Conoscere i bisogni è essenziale per pianificare buoni sostegni con politiche sanitarie e risorse educative e sociali.

25 marzo Disposizioni urgenti in materia di Scuola in CdM

Il Consiglio dei ministri, nel corso della riunione del 25 marzo, approva un decreto legge contenente disposizioni urgenti in materia di Scuola che prevede, tra l’altro, il prolungamento del programma ‘Scuole Belle’ dal 1° aprile 2016 al 30 novembre 2016.

DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI SCUOLA

Disposizioni urgenti in materia di funzionalità del sistema scolastico e della ricerca (decreto legge)

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Matteo Renzi e del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca Stefania Giannini, ha approvato un decreto legge contenente disposizioni urgenti in materia di funzionalità del sistema scolastico e della ricerca. Nello specifico, il decreto prevede la stabilizzazione e il riconoscimento della Scuola sperimentale di dottorato internazionale “Gran Sasso Science Institute” (GSSI) per consentire la prosecuzione delle attività visti anche gli importanti risultati ottenuti per il rilancio dello sviluppo del sistema didattico e produttivo dei territori terremotati dell’Abruzzo. Per questo scopo è assegnato un contributo di 3 milioni di euro a decorrere dall’anno 2016.

Il decreto prevede, inoltre, il prolungamento del programma ‘Scuole Belle’ dal 1° aprile 2016 al 30 novembre 2016 per assicurare la prosecuzione degli interventi di piccola manutenzione, decoro e ripristino funzionale degli edifici scolastici. Lo stanziamento previsto è di 64 milioni.

Giannini: “Da CdM via libera a proseguimento ‘Scuole belle’
Stabilizzata scuola dottorato Gran Sasso Science Institute”

Via libera in Consiglio dei Ministri al decreto legge recante disposizioni urgenti in materia di funzionalità del sistema scolastico e della ricerca.

“Oggi – spiega il Ministro Stefania Giannini – abbiamo approvato la proroga del programma ‘Scuole belle’ per assicurare la prosecuzione degli interventi di piccola manutenzione, decoro e ripristino funzionale nelle scuole. Dal 2014 ad oggi sono stati 17.815 gli interventi finanziati, di cui 13.500 già conclusi”. Nello specifico, il decreto prevede il prolungamento del Programma ‘Scuole Belle’ dal 1° aprile 2016 al 30 novembre 2016. Lo stanziamento è di 64 milioni.

Il decreto prevede anche la “stabilizzazione e il riconoscimento della Scuola sperimentale di dottorato internazionale Gran Sasso Science Institute (GSSI) per consentire la prosecuzione delle attività. Si tratta di una eccellenza particolarmente importante per il sistema nazionale e anche per il territorio abruzzese – prosegue il Ministro – che di recente abbiamo visitato insieme al Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Questa stabilizzazione si inserisce nella cornice della strategia di governo sulla ricerca: investimenti mirati e attenzione ai giovani”. Per il riconoscimento della scuola è assegnato un contributo di 3 milioni di euro a decorrere dall’anno 2016.

La lotta all’abbandono precoce dei percorsi di istruzione e formazione in Europa

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La lotta all’abbandono precoce dei percorsi di istruzione e formazione in Europa
Strategie, politiche e misure 2016

L’abbandono precoce dei percorsi di istruzione e formazione è un fenomeno che preoccupa tutti gli Stati europei ed è al centro ancora oggi delle politiche educative europee e nazionali.

Questa fondamentale importanza del tema nel contesto europeo e nazionale è alla base della scelta dell’Unità italiana di pubblicare in italiano la quasi integralità dello studio della rete Eurydice, Tackling Early Leaving from Education and Training in Europe: Strategies, Policies and Measures, in questo numero de “I Quaderni di Eurydice”.

Questo volume accoglie pertanto il rapporto congiunto Eurydice/Cedefop che sottolinea gli sforzi dei singoli Stati membri e i tentativi della Commissione europea di monitorare gli sviluppi nella progettazione e implementazione di strategie, politiche e misure di lotta all’abbandono precoce dei percorsi di istruzione e formazione e di supporto all’apprendimento degli studenti. I principali ambiti analizzati sono la raccolta e il monitoraggio dei dati, le strategie e le politiche contro l’abbandono precoce centrate su prevenzione, intervento e compensazione e sui gruppi ad alto rischio di abbandono, il ruolo dell’orientamento scolastico e professionale, la governance e la cooperazione intersettoriale, l’abbandono precoce dell’istruzione e formazione professionale.

L’Unità italiana ha integrato il proprio volume con un Allegato che presenta gli ultimi dati disponibili sul tasso di abbandono precoce comparati rispettivamente all’obiettivo principale stabilito dall’Ue e agli obiettivi nazionali, sottolineando anche i progressi fatti dal 2011 al 2014 dagli Stati membri nella lotta a questo fenomeno.


Scuola, abbandono precoce: in Italia scende al 15%

Un’analisi comparativa europea del fenomeno in una nuova pubblicazione di Eurydice Italia

L’abbandono precoce dei percorsi di istruzione e di formazione è al centro ancora oggi delle politiche educative europee e nazionali. Si tratta di un aspetto cruciale, che serve a valutare lo stato di salute di un sistema educativo.

Uno dei principali parametri di riferimento che la Commissione europea utilizza per la misurazione dei progressi fatti dagli Stati membri del settore “Istruzione e formazione” è la percentuale di giovani tra i 18 e i 24 anni che abbandona prematuramente gli studi o la formazione, e che la Commissione ha voluto tra i traguardi principali di miglioramento nella sua strategia per il 2020: abbassare al di sotto del 10% la percentuale degli abbandoni precoci.

Lo studio è stato affrontato nella nuova pubblicazione annuale curata da Eurydice Italia, dal titolo La lotta all’abbandono precoce dei percorsi di istruzione e formazione: Strategie, Politiche e Misure, con un aggiornamento sul tasso di abbandono nei paesi europei registrato dalla Commissione europea nel 2014.

Il fenomeno dell’abbandono scolastico è ancora fortemente correlato alla condizione di povertà e all’esclusione sociale, un dato quest’ultimo, che accomuna tutti i paesi a livello globale, anche se in lento e continuo calo.

Proprio in Italia si sono registrati significativi miglioramenti: la percentuale dei giovani che abbandona precocemente la scuola, non conseguendo diplomi di secondo grado, né attestati di formazione professionale, è scesa dal 19,2% nel 2009 al 15% nel 2014.

Da evidenziare che l’abbandono precoce incide diversamente sulla popolazione studentesca a seconda del genere, e soprattutto a seconda dello status di cittadino nato all’estero oppure nativo. Spesso gli studenti che abbandonano gli studi e la formazione, sono nati all’estero e sono maschi. In Italia il 34,4% degli studenti che non consegue diplomi di secondaria superiore o di formazione professionale, sono nati all’estero, mentre tra gli studenti nativi la percentuale è del 14,8%; dati entrambi superiori alla media europea, che è rispettivamente del 22,7% e 11%.

Analoga considerazione per la distribuzione di genere con la percentuale italiana, che è del 20,2% per i maschi, e 13,7% per le femmine, che segna un altrettanto dato negativo rispetto alla media europea (13,6% maschi, 10,2% femmine).

Accanto all’Italia i paesi che registrano forti disparità di genere sono: Cipro, Estonia, Spagna, Lettonia, Portogallo e Islanda. La maggiore propensione all’abbandono scolastico da parte degli alunni di sesso maschile nel nostro paese è particolarmente evidente nelle aree più disagiate.

Per registrare gli sforzi che i singoli Stati membri stanno facendo per monitorare lo stato attuale del fenomeno e le soluzioni adottate, lo studio Eurydice prende in analisi la raccolta e il monitoraggio dei dati, le strategie e le politiche contro l’abbandono precoce centrate su prevenzione, intervento e compensazione e sui gruppi ad alto rischio di abbandono, il ruolo dell’orientamento scolastico e professionale, la governance e la cooperazione intersettoriale, l’abbandono precoce dei percorsi tecnici e professionali.
In Italia, le politiche per affrontare l’abbandono precoce non sono ancora inserite in una strategia globale, anche se sono stati intrapresi alcuni passi per rafforzare la cooperazione intergovernativa e per riunire tutte le misure strutturali e sistemiche già finora implementate, in collaborazione con altri soggetti interessati (famiglia, alcuni ministeri, enti locali e associazioni del terzo settore).
Importanti sono le misure sistemiche, che ruotano attorno all’obiettivo dell’inclusione, come l’innalzamento dell’obbligo di istruzione e formativo, e la conseguente istituzione del sistema nazionale delle anagrafi degli studenti, il riordino del sistema di istruzione e formazione professionale, con la definizione di organici raccordi tra i percorsi degli istituti professionali e i percorsi di IFP regionali, fino alla riorganizzazione dell’istruzione degli adulti, senza tralasciare la speciale attenzione che il nostro paese ha da sempre rivolto all’educazione e alla cura della prima infanzia.

I dati statistici sull’abbandono precoce, presenti nel volume curato da Eurydice Italia, sono prevalentemente di fonte Eurostat e OCSE. I dati qualitativi su strategie, politiche e misure per la lotta a tale fenomeno sono di fonte Eurydice, raccolti tramite questionari compilati da esperti/rappresentanti a livello nazionale di ciascuna unità della rete. Per quanto riguarda i dati italiani sono stati forniti e verificati dal MIUR (Direzione generale per lo Studente, l’Integrazione e la Partecipazione).

Alunni disabili, pronta la proposta delle Regioni per ripartire i 70 milioni

da Il Sole 24 Ore

Alunni disabili, pronta la proposta delle Regioni per ripartire i 70 milioni

di Claudio Tucci

Le Regioni raggiungono un accordo sui criteri per ripartire i 70 milioni di euro previsti dalla legge di Stabilità 2016 per assistere gli alunni con disabilità fisiche o sensoriali. Questi fondi dovranno essere ripartiti con Dpcm, dopo l’ok del Mef, e il semaforo verde della conferenza unificata.

I parametri per il riparto
In vista del Dpcm, gli enti territoriali hanno elaborato un’ipotesi di riparto che prevede l’adozione dei seguenti parametri: 25% quota di riparto di ciascuna Regione del Fondo nazionale politiche sociali; 15% percentuale di estensione territoriale del territorio regionale; e 60% quota di alunni con disabilità nelle scuole secondarie di secondo grado.

Il passaggio in conferenza unificata
Questa proposta, da quanto si apprende, è stata sottoposta con nota del 26 febbraio 2016 dalla Coordinatrice della commissione Istruzione e Lavoro, Cristina Grieco, al Coordinatore della Commissione Politiche sociali per una condivisione, che è arrivata pochi giorni fa. Di qui l’invito a una delle prossime riunioni della conferenza unificata di approvare la proposta di riparto del contributo per l’esercizio delle funzioni relative all’assistenza degli alunni con disabilità fisiche o sensoriali per la successiva trasmissione al Governo.

Sì all’indennità di frequenza per l’alunno dislessico

da Il Sole 24 Ore

Sì all’indennità di frequenza per l’alunno dislessico

Gli alunni minori di 18 anni con diagnosi di disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa) come dislessia, discalculia o disgrafia, hanno diritto all’indennità di frequenza, ovvero al riconoscimento di un sostegno economico per le spese legate alla frequenza di una scuola, pubblica o privata o di un centro specializzato per terapie o riabilitazione. A ribadirlo è una sentenza del Tribunale di Prato che ha respinto il ricorso che l’Inps aveva presentato contro la famiglia di un bambino spiegando come «il deficit dell’apprendimento non è singolo ma plurimo e complesso; si tratta infatti non di un semplice deficit di lettura ma di un deficit più grave comprendente anche la scrittura la quale si ripercuote anche in ambito matematico in relazione alla scrittura dei numeri e di linguaggio».

Gli effetti della sentenza
Sono stati spiegati ieri a Prato in un incontro pubblico con i genitori dell’alunno. «Avere un sostegno di tipo economico per questi bambini che non sono autonomi nello svolgimento del percorso scolastico deve diventare un diritto al pari degli aiuti che vengono loro offerti a scuola», ha detto la madre dell’alunno. La diagnosi di Dsa, tuttavia, non ha ricadute solo sulla scuola, ma richiede una presa in carico con percorsi di riabilitazione a spese della famiglia, con un notevole dispendio di denaro che non è coperto dalla legge. «Esiste già una legge che dà un contributo ai minori che sono limitati nella loro autonomia a causa di disturbi di tipo clinico, sull’indennità di frequenza – ha aggiunto Christina Bachmann psicologa e consulente di parte nella causa – Nonostante si tratti di una legge a livello nazionale, i criteri di assegnazione di questo contributo, tuttavia, sembravano variare non solo di regione in regione, ma addirittura di commissione in commissione. Una sentenza, storica, destinata finalmente a fare chiarezza».

Decoro e pulizia degli istituti, arriva la proroga sino al prossimo autunno

da La Tecnica della Scuola

Decoro e pulizia degli istituti, arriva la proroga sino al prossimo autunno

Arriva la proroga del programma “Scuole Belle”: i 64 milioni previsti potranno essere utilizzati sino al prossimo autunno.

Il provvedimento verrà approvato venerdì 25 marzo, dopo le ore 10.00 a Palazzo Chigi, dove è stato convocato il Consiglio dei ministri.

Il provvedimento prevede che si stanzino quei milioni previsti dall’accordo che è stato siglato pochi giorni fa a Palazzo Chigi alla presenza dei sottosegretari De Vincenti e Faraone.

Quell’intesa ha stabilito che il programma dedicato alla pulizia e al decoro delle scuole andrà avanti fino a novembre prossimo, grazie a un mix di fondi messi a disposizione dal ministero dell’istruzione e al ricorso della cassa integrazione; le imprese del settore hanno dunque ritirato le procedure di licenziamento che sarebbero scattate a fine marzo salvaguardando migliaia di posti di lavoro.

Un secondo ‘capitolo’ del decreto riguarda invece la scuola di dottorato internazionale del Gran Sasso che viene appunto stabilizzata (3 milioni il finanziamento) e riconosciuta come scuola sperimentale.

Gli alunni dislessici e disgrafici hanno diritto ad un’indennità per la frequenza scolastica

da La Tecnica della Scuola

Gli alunni dislessici e disgrafici hanno diritto ad un’indennità per la frequenza scolastica

Gli alunni under 18 con diagnosi di disturbi specifici dell’apprendimento come dislessia, discalculia o disgrafia, hanno diritto a ricevere l’indennità di frequenza.

I bimbi con Dsa hanno dirtto, in pratica, al riconoscimento di un sostegno economico per le spese legate alla frequenza di una scuola, pubblica o privata o di un centro specializzatoper terapie o riabilitazione.

A ribadirlo, scrive l’Ansa, è una sentenza del Tribunale di Prato che ha respinto il ricorso che l’Inps aveva presentato contro la famiglia di un bambino spiegando come “il deficit dell’apprendimento non è singolo ma plurimo e complesso; si tratta infatti non di un semplice deficit di lettura ma di un deficit più grave comprendente anche la scrittura la quale si ripercuote anche in ambito matematico in relazione alla scrittura dei numeri e di linguaggio”.

Gli effetti della sentenza sono stati illustrati il 24 marzo a Prato, nel corso di in un incontro pubblico con i genitori dell’alunno.

“Esiste già una legge che dà un contributo ai minori che sono limitati nella loro autonomia a causa di disturbi di tipo clinico, sull’indennità di frequenza – ha detto Christina Bachmann, psicologa e consulente di parte nella causa – Nonostante si tratti di una legge a livello nazionale, i criteri di assegnazione di questo contributo, tuttavia, sembravano variare non solo di regione in regione, ma addirittura di commissione in commissione. Una sentenza, storica, destinata finalmente a fare chiarezza”.

“Avere un sostegno di tipo economico per questi bambini che non sono autonomi nello svolgimento del percorso scolastico deve diventare un diritto al pari degli aiuti che vengono loro offerti a scuola”, ha dichiarato la madre dell’alunno.

La diagnosi di Dsa, è stato ricordato, non ha ricadute solo sulla scuola, ma richiede una presa in carico con percorsi di riabilitazione a spese della famiglia, con un notevole dispendio di denaro che non è coperto dalla legge.

Un dispendio che a scuola, ora dice il tribunale toscano, dovrebbe essere alleggerito. A patto che anche altri giudici la pensino allo stesso modo. Anche perché, a breve, l’Avvocatura dello Stato potrebbe preparare una controffensiva non indifferente. Non dimentichiamo che in Italia gli iscritti con Dsa sono più degli alunni con sostegno: in tutto sono pari al 4%, in media uno per classe. Complessivamente oltre 300mila. E se lo Stato dovesse dare ad ognuno di loro anche una sovvenzione simbolica di 100 euro al mese? Lasciamo ai lettori il risultato dell’esborso per lo Stato.

Mobilità: sindacati imprudenti e la Funzione Pubblica fa le pulci

da La Tecnica della Scuola

Mobilità: sindacati imprudenti e la Funzione Pubblica fa le pulci

Come finirà la vicenda del contratto sulla mobilità non lo sappiamo ancora e anche fare previsioni non è affatto facile.
Per intanto l’unico dato certo è che l’ordinanza ministeriale non uscirà subito e se ne parlerà forse agli inizi di aprile.
L’altro dato, probabile ma non certo, è che la Funzione Pubblica potrebbe “suggerire” alcune modifiche all’ipotesi di contratto di febbraio.
D’altronde se si è arrivati a questo punto è anche perché i sindacati hanno fin da subito urlato ai quattro venti che l’ipotesi di contratto modificava in modo sostanziale non pochi aspetti della legge 107. In tal modo hanno allertato gli organi di controllo (Funzione Pubblica e MEF) che evidentemente hanno voluto vederci chiaro e hanno deciso di leggere con molta attenzione il testo dell’accordo.

Una maggiore cautela da parte sindacale poteva essere utile e magari sarebbe servita a non far drizzare le orecchie ai tecnici della Funzione Pubblica.
D’altronde, mentre il tavolo contrattuale era aperto, i sindacati si sono anche trovati nella condizione di dover accreditare la tesi secondo cui ci si stava battendo come leoni per ottenere una improbabile modifica alla legge 107.
Ma, in politica, come in ogni altra vicenda della vita, i nodi prima o poi arrivano al pettine.
Per due mesi i sindacati hanno potuto andare nelle assemblee annunciando che la legge 107 era sotto controllo e che si stava lavorando per mitigarne gli effetti.
Adesso, alla resa dei conti, la situazione potrebbe capovolgersi con il risultato che tutta la mobilità 2016/2017 si concluda dopo l’avvio del nuovo anno scolastico.

Mobilità 2016, l’Ordinanza non arriva e il Miur vuole spostare le assunzioni al 15 settembre

da La Tecnica della Scuola

Mobilità 2016, l’Ordinanza non arriva e il Miur vuole spostare le assunzioni al 15 settembre

Ancora non c’è traccia dell’Ordinanza sulla mobilità 2016 del personale scolastico. Ed il motivo è sempre lo stesso.

Quello relativo al fatto che il sì di Ragioneria dello Stato e Funzione Pubblica sul testo relativo all’accordo sottoscritto lo scorso 10 febbraio tra Miur e sindacati, tarda ad arrivare. L’esame, si sapeva, risulta chiaramente più complesso degli ultimi anni, visto che ci sono i “paletti” imposti dalla Legge 107/15. In particolare, quello degli ambiti territoriali, in parte “aggirato” dall’accordo (anche se non per tutti i docenti, visto che gli assunti nelle due tornate finali vi incapperanno).

Solo che la tempistica sull’ottenimento del parere definitivo delle due istituzioni pubbliche, sta andando oltre ogni aspettativa più nera. Evidentemente, i funzionari incaricati dell’esame del testo stanno esaminano poche pagine al giorno.

I primi ad essere meravigliati per questo prolungamento dei tempi – dopo aver detto un mese fa che l’Ordinanza sarebbe stata pubblicata entro il 20 marzo 2016 – sono i dirigenti del Miur.

Non tanto, sembra, per i possibili rilievi che apporranno Mef e ministero della Pubblica Amministrazione (su questo fronte si parla di “piccole richieste di modifiche e chiarimenti”). A destare preoccupazione sono gli effetti che si verranno a determinare.

Perché l’accordo prevedeva la conclusione delle operazioni di trasferimento di tutto il personale docente entro la fine di luglio, cui sarebbero poi seguite anche le utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie. Ora, ammesso che l’Ordinanza arrivi qualche giorno dopo Pasqua, ma più probabilmente la settimana successiva ancora, quindi nella prima decade di aprile, andrà a finire che quel programma dovrà essere posticipato di almeno quindici giorni.

Ma siccome le immissioni in ruolo devono per legge essere effettuate al massimo entro il 31 agosto, in modo che il contratto abbia decorrenza giuridica ed economica dal 1° settembre 2016, al Miur stanno pensando di chiedere una deroga: spostare di 15 giorni quel termine, in modo da attuare le assunzioni senza strascichi negativi per i neo immessi in ruolo.

L’intenzione presto si tradurrà in una formale domanda: subito dopo le festività pasquali, quando arriverà l’Ordinanza sulla mobilità firmata dal ministro Giannini, partirà anche la richiesta di deroga, attraverso l’approvazione di una norma ad hoc.

 

“Serve una soluzione per gli insegnanti dei licei musicali”

da La Tecnica della Scuola

“Serve una soluzione per gli insegnanti dei licei musicali”

Il deputato del Partito democratico Marco Donati, interviene in merito alla questione dei licei musicali, dopo che nei mesi passati ha presentato emendamenti alla Camera su questo argomento.

“Serve individuare una soluzione per gli insegnanti dei licei musicali”, dichiara Donati. “Nati come sperimentali, i licei musicali – spiega – rappresentano oggi un bagaglio di competenze e professionalità che non possiamo disperdere. Occorre essere sensibili alla ‘pacifica’ protesta levatasi dagli studenti”.

“L’auspicio è che si possa presto arrivare a una soluzione grazie a un intervento del Miur”, conclude.

Concorso docenti, siamo a 80mila domande ma alla fine saranno il doppio

da La Tecnica della Scuola

Concorso docenti, siamo a 80mila domande ma alla fine saranno il doppio

Il 24 marzo hanno raggiunto quota 80mila le domande complessive di partecipazione al concorso per Esami e Titoli, di cui oltre 60mila già inoltrate.

“Si tratta di dati che si evolvono e incrementano di ora in ora, in modo crescente. Con un ritmo che si aggira su più di 10mila nuove richieste di partecipazione al giorno”, ha spiegato oggi il Miur alla Tecnica della Scuola.

Sempre dal ministero dell’Istruzione, abbiamo appreso che la differenza di quasi 20mila domande, tra le quelle inviate e quelle in stand by, si deve al fatto che la domanda una volta inviata definitivamente non può essere più cambiata. Anche se alcuni docenti, tuttavia, ci hanno segnalato di averla inoltrata più volte e aver ricevuto dall’amministrazione ampie rassicurazioni sul fatto che “vale l’ultima versione inviata” (che cancellerebbe in modo automatico tutte le altre).

Diversi precari aspiranti all’immissione in ruolo, tramite il concorso, non hanno però evidentemente voluto “rischiare”. E hanno così “salvato” i dati sicuri nel sistema Istanze OnLine predisposto dal Miur, per poi rimandare l’inoltro definitivo non appena saranno disponibili i certificati mancanti o ancora incompleti. Oppure saranno sciolte le ultime certezze su quelle classi di concorso per le quali concorrere o qualche altro dubbio amletico sulla compilazione delle domanda digitale.

Fatto sta che, ad una settimana dalla scadenza del bando di concorso, non è di certo facile stabilire quante saranno le domande alla fine prodotte. L’amministrazione ha fissato attorno ai 200mila i precari abilitati all’insegnamento interessati a svolgere il concorsone.

“Ma si tratta di una platea potenziale – sottolineano a Viale Trastevere – perché non è detto che tutti proprio tutti presentino la loro condidatura. Soprattutto coloro che sono in posizioni vantaggiose nelle GaE, potrebbero decidere di non partecipare”. È probabile che molti di loro, in ogni caso, decidano all’ultimo momento.

Lo dicono anche le esperienze concorsuali passate. In occasione della selezione del 2012, infatti, il 30 per cento delle domande pervenute arrivò nell’ultima settimana. Stavolta si dovrebbe anche superare quella percentuale. E probabilmente chiudere il 30 marzo, se le previsioni verranno rispettate, attorno ai 150mila partecipanti. Più i ricorrenti non abilitati. La cui presenza alle prove, sarà legata a doppio filo alla decisione dei giudici.