Accordo MIUR – Comune di Bologna

Scuola, siglato accordo MIUR – Comune di Bologna – Città Metropolitana
per collaborazione su Piano digitale e alternanza scuola lavoro

Favorire i processi di digitalizzazione e innovazione tecnologica nella scuola, la creazione di nuovi ambienti di apprendimento e la diffusione dell’alternanza scuola lavoro. Sono i principali obiettivi del Protocollo d’Intesa fra Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Comune e Città Metropolitana di Bologna. L’accordo è stato sottoscritto dal Ministro Stefania Giannini e dal Sindaco Virginio Merola.

Al centro dell’Intesa, l’attuazione delle principali novità della riforma Buona Scuola grazie alla collaborazione fra il Ministero e le amministrazioni territoriali. Sul fronte dell’alternanza scuola lavoro il Protocollo prevede lo sviluppo di opportunità formative attraverso il potenziamento della collaborazione fra scuole, imprese e territorio, per garantire una migliore occupabilità dei giovani. Sarà attivata una sinergia stretta fra politiche nazionali e territoriali nella diffusione della cultura digitale attraverso l’attuazione del Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD).

Potranno essere previste anche attività di natura sperimentale e aggiuntiva rispetto a quelle già incluse nel PNSD. Fra gli obiettivi del Protocollo, anche lo sviluppo di una nuova cultura della formazione tecnica e scientifica che sia coerente con lo sviluppo strategico del territorio e il rinascimento della manifattura.

BANDIRE AL PIU’ PRESTO IL III CICLO TFA

FORMAZIONE INIZIALE DOCENTI: BANDIRE AL PIU’ PRESTO IL III CICLO TFA

Sono trascorsi ormai quasi due anni dal bando (pubblicato il 16 maggio 2014) con il quale si dava avvio al II ciclo di Tirocinio Formativo Attivo (TFA), il percorso abilitante per l’insegnamento nella scuola secondaria di I e di II grado.
Nel frattempo tanti giovani si sono laureati e attendono la possibilità di proseguire la propria formazione per diventare insegnanti.

I due cicli di TFA finora svolti, – pur nella loro imperfezione strutturale e le notevoli storture e contraddizioni insite nel percorso – hanno consentito a una platea di aspiranti insegnanti di formarsi – non senza un notevole sacrificio di tempo e denaro – e di partecipare oggi al concorso nazionale per l’immissione in ruolo. È pur vero, d’altra parte, che ci si trova nel mezzo di un tentativo riformatore poiché la formazione iniziale è una tra le numerose deleghe previste nella legge 107/2015 [art. 1, comma 181, lett. b)] che dovranno essere attuate nei prossimi mesi.

Nelle more dei decreti attuativi e del nuovo sistema, che richiederà tempi medio-lunghi per la sua entrata in vigore, appare quindi necessario consentire l’avvio di un III ciclo di TFA, al fine di assicurare una certa continuità alle procedure abilitanti, facendo seguito alle numerose rassicurazioni via via esposte nel corso degli ultimi mesi.

Inoltre, appare da evitare la proposta, emersa di recente, di bandire questo III ciclo solo per alcune classi di concorso (quelle già attualmente “esaurite” nella scuola di Stato): una tale decisione rappresenterebbe un’irragionevole, ingiusta e immotivata preclusione alle legittime aspettative di tanti laureati, tenendo conto che, nell’attuale sistema, l’abilitazione conseguita tramite TFA non è legata all’immediato reclutamento nello Stato e che anche le scuole paritarie sono tenute ad utilizzare docenti abilitati.

Auspichiamo quindi che il ministro Giannini, e con lei tutto il MIUR, diano prontamente seguito a quanto pubblicamente dichiarato senza più rinvii e incerti annunci avviando al più presto un nuovo ciclo di TFA.
Il rischio, altrimenti, è quello di far rimanere in un limbo giovani laureati che, senza alcuna colpa, si sono semplicemente attenuti alle regole e di non permettere alle scuole di avvalersi di nuove generazioni di insegnanti.

Ordinanza Ministeriale 20 aprile 2016

Ordinanza Ministeriale 20 aprile 2016

Sessione 2016 degli Esami di Stato per l’abilitazione all’esercizio della libera professione di Geometra e di Geometra Laureato

Alunni disabili, contestare il piano didattico personalizzato non evita la bocciatura

da Il Sole 24 Ore 

Alunni disabili, contestare il piano didattico personalizzato non evita la bocciatura

di Andrea Alberto Moramarco

Se il quadro clinico di un alunno affetto da disturbi specifici di apprendimento (Dsa) rimane immutato, la mancata predisposizione per il nuovo anno scolastico di un nuovo piano didattico personalizzato (Pdp) non è un elemento che consente di ritenere illegittimo il provvedimento di mancata ammissione dell’alunno alla classe successiva. Lo ha affermato il Tar di Torino nella sentenza 196/2016 con la quale ha altresì chiarito che l’adeguatezza delle misure previste nel piano non può essere valutata solo dopo la bocciatura in quanto il Pdp non rappresenta una garanzia del buon esito del percorso scolastico, ma solo lo strumento che consente ai suoi destinatari di raggiungere gli obiettivi di apprendimento degli altri compagni.

Il caso
Protagonista della vicenda è una ragazza frequentante la seconda classe di un liceo, affetta da disturbi specifici di apprendimento, nella specie dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia. L’istituto scolastico aveva predisposto all’inizio del percorso di studi superiore un Piano didattico personalizzato che prevedeva misure compensative (interrogazioni programmate, maggior tempo nelle prove di verifica, utilizzo del computer per la scrittura) e dispensative (prove di verifica in forma scritta a risposta multipla o orale, prove di recupero aggiuntive), volte ad agevolare l’apprendimento della ragazza. Al termine del secondo anno, però, l’alunna non veniva ammessa alla classe successiva per via delle numerose insufficienze riscontrate. La bocciatura viene così impugnata dalla famiglia dell’alunna dinanzi al Tar al quale viene richiesto non l’annullamento del provvedimento – per evitare ulteriore stress per la ragazza – ma solo il risarcimento del danno consistente in poco più di 6mila euro, comprensivo della retta per la scuola privata, dove era stata successivamente iscritta la ragazza, e danno morale. In particolare, la famiglia dell’alunna lamentava la mancata predisposizione di un piano didattico personalizzato per il secondo anno scolastico, nonché l’inadeguatezza delle disposizioni compensative e dispensative previste nel piano relativo al primo anno, oltre alla mancata attuazione delle stesse disposizioni.

La decisione
I giudici amministrativi non accolgono però tale richiesta condividendo le argomentazioni dedotte dall’Amministrazione scolastica. Quanto alla mancata (ri)predisposizione del piano didattico personalizzato, il Tar nota che è vero che esso «deve essere aggiornato annualmente entro il primo trimestre dell’anno scolastico», ma nel caso di specie la famiglia della ragazza non ha sottoposto la stessa a nuovi test per aggiornare il quadro clinico, nonostante le difficoltà riscontrate all’inizio del nuovo anno, ritenendo perciò che il piano «predisposto per l’anno precedente fosse ancora adeguato alle esigenze della ragazza».
Quanto all’inadeguatezza e alla mancata attuazione delle misure previste dal piano didattico personalizzato, il ricorso per i giudici è fondato su «deduzioni arbitrarie, disancorate da concrete evidenze scientifiche, basate esclusivamente su considerazioni soggettive, e come tali opinabili» e, in quanto tali, non idonee a inficiare le valutazioni svolte dai singoli docenti. Difatti, osserva il Collegio, «la scelta degli strumenti compensativi e dispensativi più idonei in relazione alle specifiche esigenze dell’avente diritto costituisce espressione dell’ampia discrezionalità tecnica che la legge riconosce in materia al corpo docente, la quale è sindacabile da questo giudice solo in presenza di macroscopiche illogicità o irrazionalità o di evidenti errori di fatto». D’altra parte, concludono i giudici, l’inadeguatezza del piano didattico personalizzato non può essere fatta valere ex post, ovvero dopo la bocciatura, in quanto tale piano non rappresenta una «garanzia di successo e di buon esito del percorso scolastico», ma consente ai suoi destinatari di «raggiungere gli stessi obiettivi di apprendimento degli altri compagni».

Scuola più inclusiva con ruolo centrale e di cooperazione alla didattica del sostegno

da Il Sole 24 Ore 

Scuola più inclusiva con ruolo centrale e di cooperazione alla didattica del sostegno

di Maria Piera Ceci

Il nostro Paese è fra i più ammirati in Europa per quanto riguarda la didattica inclusiva. L’inserimento degli studenti disabili o Dsa è prassi consolidata. Eppure non sono pochi i casi in cui la scuola si trova impreparata e, per disattenzione o scarsa preparazione, nega diritti che dovrebbero essere ormai acquisiti. Lo dimostra la cronaca recente, con i casi dei tre studenti autistici (ad Isernia, Livorno e Legnano), a cui è stato di fatto negato il diritto di andare in gita scolastica con i compagni. Dunque, una scuola che ha fatto molto, ma che può compiere altri passi avanti per mettere a punto il sistema. In tal senso è stata compiuta una sperimentazione nei due anni scolastici 2013-2014 e 2014-2015 su 17 classi (13 primarie e 4 secondarie di primo grado) della Provincia autonoma di Trento. 340 gli alunni coinvolti e altrettanti utilizzati come gruppo di controllo. In tutte le classi erano presenti alunni con Bes di fascia A (disabilità certificate) oppure B (Disturbi specifici di apprendimento).

Il tutor
I docenti curricolari e gli insegnanti di sostegno (quando erano previsti) sono stati affiancati dalla figura di un tutor, il cui scopo non è stato quello di sostituirsi agli altri insegnanti, ma di osservarli e consigliarli, fungendo da consulente-supervisore. Fra i compiti del tutor quello di partecipare alla vita di classe e ai consigli di classe, in modo da incoraggiare un processo che dalla formazione teorica passasse ad un’applicazione pratica della didattica inclusiva. Una sorta di supervisore che aiutasse docenti e insegnanti di sostegno a risolvere i problemi e facesse evolvere la figura dell’insegnante di sostegno verso quella di un codocente che collaborasse con i curricolari, a loro volta responsabilizzati, in una didattica rivolta a tutta la classe. Dunque l’insegnante di sostegno, durante la sperimentazione, si è dedicato non i modo esclusivo all’alunno con Bes, coinvolgendo invece tutti gli studenti ed uscendo da quell’isolamento in cui troppo spesso viene relegato. Perchè accade che l’insegnante di sostegno venga marginalizzato, che a lui vengano affidati in maniera esclusiva i compiti relativi all’alunno Bes, quando invece la sua figura dovrebbe essere una risorsa per l’intera classe.
Il lavoro fatto fra i banchi è stato poi riportato nei consigli di classe, vissuti come momenti di riflessione su quanto fatto e sulle criticità incontrate, momenti per affrontare le problematiche più complesse. Il tutor è insomma una sorta di ago della bilancia, ma perchè questo processo funzioni tutti devono essere preparati adeguatamente. Prima della sperimentazione infatti tutti i docenti coinvolti sono stati formati in due momenti: gli insegnanti curricolari hanno ricevuto una formazione di base in pedagogia speciale e didattica inclusiva nel corso di una settimana intensiva, richiamata poi alla fine del primo anno scolastico. I tutor invece hanno ricevuto una formazione più specialistica, grazie ad un master focalizzato sulla didattica inclusiva che li ha resi capaci di soccorrere i consigli di classe nelle problematiche più complesse.

I risultati della sperimentazione
E il progetto ha funzionato? Ieri sono stati presentanti a Roma i risultati della sperimentazione, promossa e gestita dall’Iprase della Provincia autonoma di Trento, insieme al settore coordinamento Bes del Dipartimento della conoscenza della Provincia autonoma di Trento. Hanno collaborato il Centro studi Erickson, l’Università di Trento e la Fondazione Giovanni Agnelli. Il progetto ha beneficiato di un finanziamento del Fondo sociale europeo.
Il primo risultato consiste nel fatto che è migliorato il clima all’interno dei consigli di classe e tra gli alunni su aspetti legati in particolare alla sfera delle competenze trasversali. Si sono osservati inoltre miglioramenti nell’approccio allo studio. Gli alunni del gruppo sperimentale sembrano aver accresciuto la consapevolezza dell’importanza di un adeguato approccio allo studio e del proprio potenziale cognitivo. Altri segnali positivi si sono notati negli alunni con Bes con riferimento alla socializzazione e, in particolare, ai progressi registrati in termini di capacità di adattamento e di adeguamento alle regole sociali, con un maggio controllo dei comportamenti e degli apprendimenti. E’ anche aumentato il coinvolgimento nei lavori di gruppo degli alunni Bes da parte dei compagni e ciò ha contribuito ad attenuare l’isolamento dei ragazzi Bes e ad aumentare la loro autostima, il loro livello di autonomia e la capacità di assumersi delle responsabilità.
Tutto questo a fronte di un impatto sugli aspetti cognitivi che non ha mostrato alcuna differenza rispetto al gruppo di controllo. In sostanza è cambiato il modo di fare scuola, sono migliorate le relazioni, senza alcuna ricaduta negativa sui livelli delle prove di lettura e comprensione in Italiano e test matematici. Per quanto riguarda invece gli alunni non Bes, hanno mostrato maggiore interesse e partecipazione alle lezioni.

Miglioramento complessivo
Un miglioramento del clima che peraltro ha investivo insegnanti, consigli di classe, gli alunni e le relazioni alunni-insegnanti. Anche gli insegnanti hanno visto crescere la sintonia e collaborazione fra loro. Il ruolo del tutor è stato riconosciuto come molto importante dagli insegnanti, dopo qualche diffidenza iniziale, nella costruzione di uno spirito di squadra nuovo.
«L’Italia è un modello per quanto riguarda l’integrazione e la didattica inclusiva, ma un modello rimasto spesso sulla carta. Si sono verificati dei fenomeni negativi come la deresponsabilizzazione degli insegnanti curricolari e la delega all’insegnante di sostegno che vanno contro lo spirito della normativa sull’inclusione, quindi abbiamo cercato di mettere in moto dei meccanismi che migliorassero nel concreto», spiega Sandro Monteverdi, ricercatore della Fondazione Agnelli. «Fermo restando che la scuola può, ma fino ad un certo punto. L’inclusione va assicurata anche a livello sociale. Quando si esce da scuola i problemi restano e bisogna trovare altri contesti inclusivi nella famiglia, nel mondo del lavoro e nella comunità locale. Quello che si poteva ottenere fra i banchi si è ottenuto, ma l’inclusione non si può esaurire a scuola», conclude il ricercatore.

Le pagelle alla Buona Scuola

da la Repubblica

Le pagelle alla Buona Scuola

CORRADO ZUNINO

CONTRO la legge “La buona scuola” si è schierata, sostenendo il referendum abrogativo della Cgil per il quale è appena partita la raccolta firme, anche Alba Parietti. Contro il prossimo concorso a cattedra (scritti il 28 aprile, gli orali saranno in piena estate), Piero Pelù ha esibito il cartello standard: “Concorso truffa”. Il ministro Giannini ieri, tuttavia, ha promesso che raddoppierà il premio per i commissari portandolo a 1.400 euro. La scia dell’opposizione alla legge più voluta da Renzi — si ricorderanno le piazze piene nel 2015 — non si è ancora chiusa. Spesso, si è trasferita in classe. Nella formazione della commissione per premiare il merito il contrasto resta forte. Il nuovo concorso, purtroppo, ha alimentato le critiche regalando una teoria di errori degni della macchina del Miur: ritardi, classi di concorso che non rispecchiano il bando e, la denuncia è di queste ore, Uffici scolastici che riformulano le convocazioni dei candidati in base all’ordine alfabetico (e non a quello anagrafico seguito fin qui).

Centrotrenta presidi siciliani chiedono il boicottaggio degli esami e il 91% dei candidati di Storia dell’arte non riuscirà a passarli ( sono troppi), ma “La buona scuola” è anche altro: le graduatorie Gae sono (quasi) esaurite, 200mila assunti a tempo indeterminato in tre anni sono un fatto e l’età media dei prof scende. A nove mesi dal varo della Legge 107 — 13 luglio 2015 — “Repubblica” fa un primo bilancio

 

LE SUPPLENZE

Dodici insegnanti diverse in un solo quadrimestre

IL 2015-2016 è stato un anno con continui cambi di maestri e professori, peggiore delle stagioni precedenti. Al Beato Angelico di Firenze gli studenti di una classe del primo anno sono stati valutati a fine quadrimestre da un docente che non conoscevano. In due seconde della primaria Ferrini di Roma si sono alternate dodici maestre di matematica in 4 mesi. Le supplenze annuali sono diminuite: 5.627 contro 14.405. Il problema sono state le nomine per il potenziamento slittate a dicembre, i docenti che hanno posticipato di un anno l’assunzione o, a gennaio, hanno chiesto il rientro.

LA RETRIBUZIONE

La media è 1.300 euro al mese ma arriva il “bonus cultura”

LO stipendio base dei docenti italiani resta tra i più bassi in Europa: 1.200-1.300 euro al mese, la media. La Buona scuola non ha cambiato i parametri e per chi è emigrato al Nord non è semplice mantenersi. A questo si aggiunge il mancato o ritardato pagamento per 30mila supplenti, nonostante le promesse del sottosegretario Davide Faraone. Il governo replica che gli insegnanti più impegnati avranno premi consistenti, il bonus da 500 euro per spese culturali sarà confermato ogni anno e la scuola è l’unica pubblica amministrazione ad aver mantenuto gli scatti d’anzianità.

LA DISPARITÀ

Molti precari di lungo corso rimasti tagliati fuori dal ruolo

LE modalità di assunzione — in cattedra solo i precari della prima graduatoria, Gae (vincitori di un concorso pubblico) — hanno tagliato fuori intere categorie in attesa di un posto. È Matteo Renzi a dire, oggi: «Mi dispiace per chi ha pagato per abilitarsi e non è ancora in cattedra». Il governo voleva realizzare la “Buona scuola” in una stagione, ce ne vogliono almeno tre. Il Miur ha sempre rifiutato un piano triennale che pescasse anche dalla seconda fascia. «Dovevamo dare ordine e ridurre graduatorie infernali. Tfa a pagamento e seconda fascia hanno corsie preferenziali nel concorso».

I DIRIGENTI

In 1.700 istituti della Penisola il preside è un reggente

IN 1.700 scuole italiane non c’è il preside di ruolo, c’è un dirigente scolastico reggente (in provincia di Pordenone un solo dirigente guida 17 scuole). L’ultimo concorso fu nel 2011, quello in Lombardia è stato annullato dal Tar nel 2013 e si trascina nei tribunali. II nuovo concorso sarà bandito entro l’anno. I presidi sono in attesa di avere i poteri attribuiti dalla Buona scuola (la chiamata dei docenti da un albo territoriale, per esempio), per ora posticipati a settembre. Molte segreterie scolastiche si sono ingolfate: fase A, B e C, arrivi, trasferimenti, cambio sistema per gli stipendi.

LE COMPETENZE

Troppi docenti insegnano materie che non conoscono

ANCORA oggi nelle regioni del Nord mancano insegnanti di matematica, in tutta Italia docenti per i laboratori (che la riforma intendeva rafforzare). Nel Lazio e pure a Brescia non ci sono professori di spagnolo. Nella fase dell’assunzione per il potenziamento (sei per scuola, in media) molti prof, autocandidati, sono finiti in ruoli non corrispondenti alla loro preparazione. Secondo il sindacato Gilda: «Almeno la metà dei 55.528 posti di potenziamento concessi alle scuole non corrisponde a quello che gli istituti avevano richiesto». Il Miur crede in un riequilibrio post-concorso.

MODELLI

Un’ora di lezione frontale così la didattica resta al palo

LA parola d’ordine del libro “La buona scuola” era: inglese fin dalle elementari. Ancora oggi la maggior parte degli insegnanti di primaria non lo parla e non lo può insegnare. L’enorme discussione sulle assunzioni ha finito per oscurare le finalità prime di una riforma scolastica: fornire modelli d’insegnamento migliori alle nuove generazioni. La scuola italiana resta ancorata alle lezioni frontali di 55 minuti. La “classe capovolta”, le aule disciplinari, il

Debate restano esperimenti virtuosi — come certifica l’Indire, organo ministeriale — abbracciati da poche avanguardie nel Paese

Maestri di infanzia e primaria il posto fisso è ancora un sogno

MAESTRE e maestri d’infanzia (15mila nelle Gae e 1.720 idonei Gm 2012) sono l’unico corpo docente che, pur avendo sostenuto un concorso nel 1999 o nel 2012, è rimasto fuori dalla Buona scuola. Con i 3 miliardi a disposizione il governo ha scelto di assumere solo nelle medie e superiori. Per il 2016-2018, i posti a bando per l’infanzia sono 6.933, per la primaria 17.299. E per rimediare all’ingiustizia il Miur ha tolto dal concorso i test selettivi: numero candidati infanzia alto, prove lente, a settembre in cattedra i “vecchi” in lista d’attesa. Il progetto “asili 0-6 anni”? Non è finanziato

IL CONCORSO

Ritardi, pioggia di ricorsi e paga da fame ai commissari

Il concorso a cattedra doveva essere bandito entro il 1° dicembre 2015: è diventato pubblico il 26 febbraio scorso. La revisione delle classi (da 168 a 114) ha contato nove errori. Tre bandi, 63.712 posti da assegnare in tre anni, 165.578 candidati. Prove scritte dal 28 aprile al 31 maggio. Orali da luglio. Dopo le polemiche sulle lauree giuste, sono arrivati i ricorsi ai Tar per gli esclusi. Poi, la difficoltà a reperire i commissari necessari: riaperti i termini per l’arruolamento. Il Miur paga 750 euro per un impegno di 1.250 ore, 60 centesimi l’ora. Si cercano nuovi fondi, dal fondo del barile. IL RICAMBIO

In tre anni 200mila assunti senza contare il turn over

DA settembre 2015 a settembre 2018, la Buona scuola avrà assunto in maniera straordinaria 198.302 nuovi docenti: 102.734 sono già in cattedra dopo le tre fasi del 2015, 63.712 entreranno con il concorso 2016-2018 e 31.856 saranno assorbiti dalle Gae. Sul piano occupazionale — questi numeri non comprendono gli assunti che sostituiscono chi va in pensione — le promesse del governo sono state rispettate. E questo in una fase in cui nel resto del pubblico impiego non si assume. È rimasto fuori dal piano il comparto Ata (gli amministrativi).

IL RECLUTAMENTO

Bandi a scadenze regolari e la categoria ringiovanisce

LA ripresa dei concorsi pubblici, iniziata nel 2012 con il ministro Profumo dopo una ferma di 13 anni, è segno di stabilità e organizzazione nelle assunzioni. «Con la Buona scuola prevediamo bandi ogni tre anni», dice il ministro Stefania Giannini, «e certezze sui tempi di selezione per l’ingresso nella scuola ». L’età dei partecipanti al concorso 2016 abbasserà la media dei professori in cattedra. Il 63,1% dei candidati ha meno di 40 anni (il 69,9% in Lombardia). L’età media è 38,6 anni: 39 per la primaria-infanzia, 38,8 per la secondaria, 34 per il sostegno.

LA PRATICITÀ

L’alternanza con il lavoro dà più sbocchi professionali

NONOSTANTE non sia decollata ovunque (forti problemi al Sud), l’alternanza scuola-lavoro — 200 ore nel triennio delle superiori — è un’occasione per rendere pregne di sapere pratico le nostre scuole e offrire a 17-19enni l’idea concreta di un posto di lavoro. Chi ha già fatto la prima settimana di esperienza la racconta positivamente. All’alternanza va aggiunto il buon funzionamento degli 86 Istituti tecnici superiori (due anni dopo il diploma) con percentuali di assunti entro un anno del 78 per cento. Il Miur dà più soldi agli Its che offrono garanzie di lavoro.

LE PARITARIE

Controlli per stanare i furbetti arruolati 51 nuovi ispettori

LA detassazione alle famiglie che iscrivono i loro figli alle scuole paritarie è passata dopo aspri contrasti, ma la vera novità in questo campo è che il ministero dell’Istruzione pretende dalle scuole non pubbliche gli stessi standard delle pubbliche e ha scelto di rafforzare i controlli: 51 ispettori in più. Come rivelato dal sottosegretario Toccafondi, negli ultimi cinque anni a 29 istituti in provincia di Napoli (13), Salerno (13), Caserta (2) e Avellino (1) è stata revocata la parità scolastica: 26 superiori e tre materne sono tornate “private non riconosciute”.

LA STABILIZZAZIONE

Svuotate le maxi-graduatorie storica stortura all’italiana

LE enormi graduatorie dei precari, gabbia storica della scuola italiana degli ultimi vent’anni, sono diminuite e diminuiranno nei prossimi tre anni. A conclusione del piano straordinario, la consistenza delle Gae (prima fascia) si è ridotta di due terzi passando da 122.314 iscritti a 44.892. Renzi chiedeva l’esaurimento in un anno, il risultato non è trascurabile. Alla vigilia della legge 107, i precari nelle tre graduatorie erano 622.000: 130.000 nella seconda fascia (abilitati senza concorso, i più penalizzati) e 337.000 in terza (non abilitati, ora fuorigioco).

LA MERITOCRAZIA

Premi in denaro ai più bravi segnalati da colleghi e genitori

PER la prima volta — in una scuola italiana considerata dai ranking internazionali ferma sul piano del premio al merito — un governo ha introdotto il bonus cultura (500 euro), utile per l’aggiornamento dei docenti. Il concetto di premio a impegno e attitudine è un incentivo a emergere. Ci sono 200 milioni, e in queste settimane sarà comunicato il budget per ogni istituto. Chi sarà premiato lo decidono il preside, tre docenti e due genitori (un genitore e uno studente alle superiori) e un esterno dell’Ufficio scolastico. Ma molti comitati non riescono a insediarsi

LABORATORI

Ristoranti e serre hi-tech soldi ai progetti d’eccellenza

CON la Legge 107 è arrivato l’investimento sui laboratori d’eccellenza. Il ministero dell’Istruzione darà a breve 750mila euro per sviluppare i 60 migliori “lab scolastici” del Paese. Sono arrivati 529 progetti, 91 solo dalla Campania: ristoranti digitali dove la tecnologia controlla tutto, serre

hi- tech, piccole tecno-officine. Tra le novità della Buona scuola è arrivato l’italiano per gli stranieri, con 500 docenti dedicati all’alfabetizzazione e al perfezionamento del nostro idioma per gli alunni di cittadinanza non italiana. Per loro sarà la seconda lingua.

L’INNOVAZIONE

Dai tablet alla banda larga la formazione nell’era 2.0

IL Piano scuola digitale si poggia su un miliardo di euro preso dai fondi della Buona scuola e dai programmi europei Pon. Formerà 80mila insegnanti e assistenti amministrativi e dirigenti scolastici. Gli animatori del digitale, ovvero i docenti già consapevoli, sono ottomila. «Nella pubblica amministrazione la scuola sarà la prima destinataria della banda larga». Il secondo anno di “Programma il Futuro” (sul pensiero computazionale) coinvolge 600mila studenti, 30.000 classi, 3.000 scuole. Cifre raddoppiate rispetto allo scorso anno scolastico.

Concorso, dote da dieci milioni

da ItaliaOggi

Concorso, dote da dieci milioni

Paga la Buona scuola, compensi ai commissari raddoppiati

Alessandra Ricciardi

Una dote complessiva di 10 milioni di euro per pagare tutte le spese dell’imminente concorso della scuola. A partire dai compensi ai commissari, che verranno raddoppiati. È quanto prevede l’emendamento del governo all’articolo 2 del ddl 2299, atteso in queste ore in commissione istruzione al senato e che ItaliaOggi ha letto.

Di rilievo anche le modifiche a firma di Francesca Puglisi, relatore del ddl di conversione in legge del decreto legge su scuola e università, in primis la proroga al 15 settembre del termine utile per operare le immissioni in ruolo del prossimo anno scolastico.

La bozza di emendamento governativo a ieri sera prevedeva un finanziamento ad hoc di 10 milioni di euro per far fronte ai vari oneri del concorso. Sarà poi un decreto a doppia firma Stefania Giannini-Pier Carlo Padoan, rispettivamente ministri dell’istruzione e dell’economia, entro 30 giorni dalla conversione in legge del dl, a fissare i nuovi criteri per i compensi dei componenti delle commissioni di esame. L’emendamento raddoppia di fatto il finanziamento previsto da un precedente emendamento alla legge di Stabilità 2016, che però non ha mai visto la luce. Un raddoppio che si è reso necessario per far fronte all’accresciuto fabbisogno di commissari e ad altri oneri connessi allo svolgimento delle prove che vedono in campo 200 mila concorrenti (alcuni dei 165 mila candidati hanno fatto domanda per più classi di concorso). Questa volta gioca a favore il placet giunto dal premier Matteo Renzi che si è detto indignato dalle paghe da fame dei commissari: un euro ogni ora di lavoro. Un clima politico diverso insomma rispetto a quello che solo pochi mesi fa ha visto respinto al mittente un finanziamento per 5 milioni di euro per la stessa selezione.

La nuova copertura per il 2016 è attinta al fondo per il funzionamento delle scuole. Si tratta, a leggere la bozza di articolato governativo, di una partita di giro: nel 2017 i 10 milioni verranno ridati allo stesso capitolo di bilancio attraverso un prelievo dal fondo di cui all’articolo 1, comma 202 della legge n. 107/2016. Si tratta della riforma della Buona scuola, su cui il ministero ha operato dei risparmi: quelli del 2016 sono stati già impiegati per il pagamento delle supplenze, ora resta il tesoretto del 2017 che il dicastero guidato da Stefania Giannini conta di poter utilizzare per coprire le spese del concorso.

Insiste sempre sul fronte dell’imminente selezione l’emendamento a firma Puglisi all’articolo 1 del dl: le assunzioni a tempo indeterminato del personale docente verranno effettuate entro il 15 settembre 2016, e non entro il primo settembre. In questo modo si dovrebbe riuscire a far salire in cattedra i vincitori del concorso. Certamente quelli delle medie e delle superiori. Per quelli della scuola dell’infanzia e della primaria invece pare certo lo slittamento dell’immissione in ruolo all’anno scolastico successivo. La decorrenza economica del contratto seguirà sempre la presa effettiva di servizio.

Novità poi per le assegnazioni: anche per il 2016/2017, in deroga al vincolo triennale, i docenti assunti nell’anno 2015/2016 possono richiedere l’assegnazione provvisoria sui posti dell’organico dell’autonomia e sul contingente di posti delle nuove assunzioni. Una buona notizia infine per i ricercatori dell’Invalsi: l’istituto di valutazione nazionale è autorizzato ad avviare un programma straordinario di reclutamento, in deroga alle disposizioni vigenti per tutto il pubblico impiego, su tutti i posti vacanti in organico al 31 dicembre 2016. La norma dovrebbe consentire la stabilizzazione dei precari ad oggi impiegati presso l’istituto. Il costo è di 2,3 milioni di euro, prelevati dal fondo di funzionamento degli enti e degli istituti di ricerca

Concorso, non è solo per precari

da ItaliaOggi

Concorso, non è solo per precari

I giudici del Tar bacchettano il governo e rimettono la questione alla Corte costituzionale

Giuseppe Mantica

Vita tormentata per i concorsi scolastici: dopo la contorta vicenda dei presidi che, per cinque anni ed in più regioni, ha comportato molteplici contenziosi, adesso è la volta del concorso a cattedra che finisce sotto l’esame della Corte Costituzionale.

L’esigenza di un controllo del Giudice delle leggi è stata sollevata dal Tar del Lazio con l’ordinanza n. 4343 del 7 aprile 2016 (pubblicata martedì 12) che ha disposto l’immediata trasmissione degli atti alla Consulta per il vaglio costituzionale della norma questionata alla luce degli articoli 2, 3, 4, 51 e 97 della nostra Carta fondamentale.

Si tratta, in buona sostanza, della riforma della scuola nella parte in cui (art. 1, comma 110, ultima parte della legge n. 107 del 13.7.2015) preclude la partecipazione ai concorsi pubblici per titoli ed esami al personale docente ed educativo già assunto su posti e cattedre con contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato nelle scuole statali. L’esclusione ancorché abbia un sotteso scopo di eliminazione del precariato si espone ad almeno due censure di indubbio spessore rilevanti alla luce degli articoli 2 e 97 della Costituzione.

Sotto un aspetto personale, a parità di requisiti (si pensi ad un docente di scuola primaria in possesso dei titoli per insegnare nella secondaria) verrebbero svantaggiati nella possibilità di concorrere per l’accesso ad una migliore collocazione coloro che sono già dipendenti, che così si vedrebbero facilmente sopravanzati da neo-assunti nell’acquisire una condizione professionale più confacente alla propria preparazione culturale ed alle proprie aspirazioni personali; sotto un profilo pubblico, inoltre, assume forte rilievo la considerazione che l’interesse per l’efficienza ed il buon andamento della amministrazione va primariamente perseguito con una procedura concorsuale per selezionare i migliori candidati per le posizioni professionali da ricoprire.

Consegue che la limitazione della platea dei candidati (vieppiù nei termini indicati) è indubbiamente poco consona al perseguimento della finalità concorsuale. A fronte di queste considerazioni, a giudizio del Tribunale amministrativo, è apparsa di minor pregio la ratio ispiratrice, della disposizione contestata, indicata nelle difese del Ministero come quella di realizzare la progressiva eliminazione del fenomeno del cosiddetto precariato storico. Da un lato, infatti, essa non è stata esplicitamente indicata nei richiesti termini da parte del legislatore; ed inoltre l’obiettivo di eliminazione del precariato della scuola, pur se meritevole di attenzione e tutela (anche alla luce del rilevante contenzioso) è stato già appositamente perseguito dal legislatore con il piano straordinario di assunzione, di cui ai commi 95 e seguenti del predetto articolo 1 della medesima legge n. 107 del 2015, che ha condotto all’assunzione in ruolo di un numero rilevante di precari.

Ulteriore valutazione costituzionale è chiesta alla luce degli articoli 4 e 51. Il primo assegna ad ogni cittadino il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta un’attività ed una funzione che concorre al progresso materiale e spirituale della società; ed è chiaro che tanto contrasta con il precludere l’accesso al lavoro a persone teoricamente qualificate. Similarmente pare violato l’art. 51 ove dispone che tutti i cittadini possono concorrere agli uffici pubblici in condizioni di uguaglianza.

Frattempo che la Corte Costituzionale decida su tali questioni, il Tar ha concesso la sospensiva del decreto attuativo della norma consentendo così ai ricorrenti di accedere al concorso sub judice.

Internet day, il 29 aprile eventi in tutta Italia

da La Stampa

Internet day, il 29 aprile eventi in tutta Italia

Le scuole sono chiamate a partecipare per approfondire il ruolo della rete nella società
Roma

Scuola protagonista dell’Internet Day italiano, voluto dal Governo per celebrare il 30° anniversario della prima connessione dell’Italia in Rete, avvenuta il 30 aprile 1986. Il 29 aprile sono previste iniziative in tutto il Paese e il Ministero dell’Istruzione, con una circolare inviata ieri, chiama le scuole a partecipare organizzando eventi e momenti di studio per approfondire il ruolo di Internet nella società. Con particolare riguardo al suo valore formativo ed educativo, alle sue potenzialità e alla necessità di un suo uso consapevole. Le iniziative saranno coerenti con le azioni e gli obiettivi del Piano Nazionale per la Scuola Digitale e prevedono il coinvolgimento diretto degli animatori digitali, i referenti scolastici per l’innovazione.

«La scuola e il mondo dell’Istruzione saranno protagonisti dell’Internet Day come annunciato dal Presidente Matteo Renzi – sottolinea il Ministro Stefania Giannini – L’Internet Day si inserisce perfettamente nella cornice educativa del Piano Nazionale Scuola Digitale che sta andando avanti, da un lato con le azioni di formazione del personale, dall’altro con la diffusione di una nuova cultura educativa nelle scuole in cui la tecnologia sta diventando sempre più strumentale alle esigenze di una didattica flessibile e collaborativa». Le scuole potranno segnalare i loro eventi sul sito italianinternetday.it e potranno partecipare al concorso #internetdayatschool lanciato per questa specifica occasione.

Renzi: con riforme e Buona Scuola il Governo ha rispettato gli impegni col Parlamento

da  La Tecnica della Scuola

Renzi: con riforme e Buona Scuola il Governo ha rispettato gli impegni col Parlamento

“Questo Parlamento sta facendo quello che si era impegnato a fare e questo governo sta rispettando gli impegni presi con il Parlamento”.

Lo ha detto il presidente del consiglio Matteo Renzi, intervenendo in Senato in replica al dibattito sulle mozioni di sfiducia al governo al momento del primo voto di fiducia sul discorso programmatico.

L’accusa è che il governo sarebbe manifestamente incapace a realizzare ciò per cui ha chiesto la fiducia. Replica di Renzi, in particolare alla mozione di Forza Italia che accusava il governo di non essere capace di fare quello che si era impegnato a fare.

“Non siamo d’accordo sui contenuti – spiega Renzi – ma è impossibile negare che gli argomenti del discorso programmatico sono stati affrontati con successo dal Parlamento e dal governo: la riforma costituzionale, la legge elettorale, i provvedimenti sulle tasse che non sono abbastanza per alcuni o sono sbagliati per altri ma vedono il bonus 80 euro, Imu e Tasi prima casa, Irap sul costo del lavoro”.

Renzi parla anche della riforma che ha investito l’istruzione pubblica. “Se questo governo aveva degli obblighi verso il Parlamento derivanti dal voto di fiducia, li ha rispettati: si può non condividere nel merito ma sono diventati legge. E ce ne sono altri: P.A., Buona Scuola, cooperazione internazionale e i tanti provvedimenti legati al terzo settore”.

La Buona Scuola è una riforma incompiuta?

da  La Tecnica della Scuola

La Buona Scuola è una riforma incompiuta?

La Buona Scuola potrebbe essere una riforma incompiuta. A porre il dubbio è l’accademico Luciano Pazzaglia.

Docente di Storia della scuola e delle istituzioni educative all’Università Cattolica di Milano, Pazzaglia ha intitolato il suo ultimo libro proprio così: “La Buona Scuola. Una riforma incompiuta?” (pp. 184; euro 12,50; Editrice La Scuola).

L’autore, dopo uno sguardo storico sul riformismo scolastico repubblicano fra progetti e rallentamenti, si è soffermato sulla discussa riforma approvato lo scorso mese di luglio: dall’iniziativa di Matteo Renzi per un rinnovamento del sistema all’approvazione della Riforma del sistema nazionale d’istruzione e formazione.

Pazzaglia analizza anche il piano straordinario per l’assunzione dei precari, l’organico dell’autonomia e il piano triennale dell’offerta formativa. Descrivendo e interpretando i nuovi poteri del dirigente scolastico, l’alternanza scuola-lavoro, l’istruzione professionale, ma anche il tema delle detrazioni e della scuola paritaria… Insomma, la Legge 107 (riportata integralmente nel libro), passa sotto la lente di uno fra i maggiori storici della scuola e delle istituzioni educative.

Il volume ripercorre, quindi, l’iter che ha condotto all’approvazione della Buona Scuola, la legge riguardante la riforma del sistema dell’istruzione e della formazione nel nostro Paese, integralmente riportata in appendice. Con il tormentato iter legislativo, l’opposizione interna alla maggioranza, il voto di fiducia che è servito per la sua approvazione finale.

“Si tratta, senza dubbio, di una legge di grande interesse se non altro per la sua scommessa sull’autonomia degli istituti scolastici; ma la riforma che essa prospetta è ancora allo stato di abbozzo”, sostiene l’autore del libro.

“In realtà, non tutte le disposizioni sono coerenti con la scelta autonomistica; inoltre, la definizione di diverse e delicate questioni è rinviata ai futuri decreti delegati. Solo quando sapremo come il governo intende aiutare la scuola ad adempiere i compiti della Repubblica, potremo ritenere davvero la Buona Scuola come la prima tappa di un nuovo indirizzo di politica scolastica”, conclude Pazzaglia.

Luciano Pazzaglia, che è anche direttore dell’Archivio per la Storia dell’educazione in Italia, ha pubblicato molti studi e ricerche dedicati alla storia dell’educazione e della scuola. Per l’Editrice La Scuola dirige gli «Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche» e ha recentemente tradotto e curato: L. Laberthonnière, Teoria dell’educazione e altri scritti pedagogici (2014); Crescere insieme. Scritti di Sergio Mattarella (2015), Premio speciale Capri San Michele 2015. 

 

Internet Day inserito nella cornice educativa del Piano Nazionale Scuola Digitale

da  La Tecnica della Scuola

Internet Day inserito nella cornice educativa del Piano Nazionale Scuola Digitale

Scuola protagonista dell’Internet Day italiano, voluto dal Governo per celebrare il 30° anniversario della prima connessione dell’Italia in Rete, avvenuta il 30 aprile 1986. Il 29 aprile sono previste iniziative in tutto il Paese e il Ministero dell’Istruzione, con una circolare inviata oggi, chiama le scuole a partecipare organizzando eventi e momenti di studio per approfondire il ruolo di Internet nella società. Con particolare riguardo al suo valore formativo ed educativo, alle sue potenzialità e alla necessità di un suo uso consapevole. Le iniziative saranno coerenti con le azioni e gli obiettivi del Piano Nazionale per la Scuola Digitale e prevedono il coinvolgimento diretto degli animatori digitali, i referenti scolastici per l’innovazione. A tal riguardo il Ministro Stefania Giannini afferma: “L’Internet Day si inserisce perfettamente nella cornice educativa del Piano Nazionale Scuola Digitale che sta andando avanti, da un lato con le azioni di formazione del personale, dall’altro con la diffusione di una nuova cultura educativa nelle scuole in cui la tecnologia sta diventando sempre più strumentale alle esigenze di una didattica flessibile e collaborativa”.

Sistema in tilt per le domande di mobilità del personale scolastico

da tuttoscuola.com

Sistema in tilt per le domande di mobilità del personale scolastico
La Cisl-scuola denuncia l’inadeguatezza del sistema

“Si ripetono ormai di continuo i blocchi che impediscono di portare a termine le procedure di compilazione delle domande, esclusivamente on line, da parte degli interessati. Una situazione intollerabile e che ha una causa ben precisa: il sistema utilizzato ha una “portata” assolutamente insufficiente per i compiti che è chiamato ad assolvere. Non è infatti in grado di reggere più di diecimila accessi in contemporanea, quando si stima che possano essere interessati alle procedure di mobilità circa duecentomila persone.

Le nostre sedi, in questi giorni, sono prese letteralmente d’assalto da persone che lamentano l’impossibilità di accedere al sistema, una situazione che nella giornata di ieri si è protratta per ore – e che si sta verificando anche stamattina – al punto che, in alcuni casi, sono partite denunce per interruzione di pubblico servizio, dopo che la forza pubblica è stata chiamata a constatare il perdurante blocco di istanze on line.

Abbiamo segnalato più volte al MIUR il riproporsi di questi inconvenienti, ai quali tuttavia si continua a non porre rimedio. Né l’Amministrazione può cavarsela addossando ogni responsabilità a chi fornisce un servizio evidentemente non all’altezza. Se è questo il problema, si agisca di conseguenza.  Non è proprio accettabile, comunque, che le persone siano costrette a trascorrere intere giornate davanti a uno schermo, in attesa di poter compilare una domanda di trasferimento, con tempi molto ristretti e scadenze che incombono. Anche su queste, se necessario, si intervenga opportunamente.

Non abbiamo nostalgie per il “cartaceo”, ma una digitalizzazione delle procedure così scombinata sta producendo esattamente l’opposto di ciò che dovrebbe favorire in termini di semplificazione ed efficienza. Anche in tema di digitalizzazione, evidentemente, questo governo e questo ministro faticano molto a passare dalle parole ai fatti”.

6 maggio: prove scritte. Confronto candidati-posti

da tuttoscuola.com

6 maggio: prove scritte. Confronto candidati-posti
Concorso 2016. Continua il confronto tra posti disponibili e candidati

La prima settimana di prove scritte si conclude con queste classi di concorso: al mattino Sostegno – scuola primaria e classe di concorso A62 – Tecnologie e tecniche per la grafica; nel pomeriggio classi di concorso B12 – Laboratori di scienze e tecnologie chimiche e microbilogiche, A05 – Design del tessuto e della moda e A38 – Scienze e tecnologie delle costruzioni aereonautiche.

Di seguito l’analisi regionale su candidati e posti.

 

 

Sostegno primaria: mancano 523 candidati

La prima prova sul sostegno riguarda la scuola primaria dove per Sostegno EE vi sono 3.799 posti, per i quali le prove si svolgeranno in tutte le regioni, con esclusione di Basilicata (4 posti) e Molise (3 posti) aggregati rispettivamente a Calabria e Abruzzo.

Complessivamente vi sono 5.290 candidati, così ripartiti:

Abruzzo: 194 candidati per 24 posti (eccedenza di 170 candidati)

Calabria: 261 candidati per 77 posti (eccedenza di 184 candidati)

Campania: 621 candidati per 185 posti (eccedenza di 436 candidati)

Emilia Romagna: 356 candidati per 267 posti (eccedenza di 89 candidati)

Friuli Venezia Giulia: 51 candidati per 56 posti (carenza di 5 candidati)

Lazio: 744 candidati per 553 posti (eccedenza di 191 candidati)

Liguria: 126 candidati per 132 posti (carenza di 6 candidati)

Lombardia: 753 candidati per 1.148 posti (carenza di 395 candidati)

Marche: 192 candidati per 74 posti (eccedenza di 118 candidati)

Piemonte: 333 candidati per 378 posti (carenza di 45 candidati)

Puglia: 519 candidati per 127 posti (eccedenza di 392 candidati)

Sardegna: 117 candidati per 65 posti (eccedenza di 52 candidati)

Sicilia: 301 candidati per 124 posti (eccedenza di 177 candidati)

Toscana: 351 candidati per 210 posti (eccedenza di 141 candidati)

Umbria: 97 candidati per 33 posti (eccedenza di 64 candidati)

Veneto: 274 candidati per 346 posti (carenza di 72 candidati)

La differenza tra numero di candidati e numero di posti è complessivamente di 1.491 unità, ma in effetti, a causa del minor numero di candidati nelle regioni Friuli VG ( – 5 candidati), Liguria (- 6), Lombardia (- 395), Piemonte (- 45) e Veneto (- 72) mancano complessivamente 523 candidati per assicurare la completa copertura dei posti a concorso.

 

 

Tecnici grafici: pochi posti per pochi candidati

La seconda prova scritta della mattinata riguarda la A62 – Tecnologie e tecniche per la grafica, dove sono in palio soltanto 9 posti. È prevista una sola sede regionale (Lazio) dove convergono i candidati delle altre regioni aggregate.

Complessivamente vi sono 12 candidati. Rimarranno esclusi 3 di loro

 

 

Laboratori di chimica: a rischio la copertura di molti posti

Nel pomeriggio sono previste le prove di tre classi di concorso, la prima delle quali è la B12 – Laboratori di scienze e tecnologie chimiche e microbilogiche che prevede 236 posti, ripartiti (con aggregazioni) in questo modo: 24 posti in Emilia Romagna, 50 posti nel Lazio (aggregazioni di Marche (4), Sardegna (14) e Umbria (7)); 51 posti in Lombardia (aggregazioni di Friuli VG (10), Liguria (2) e Piemonte (3)); 29 posti in Puglia; 25 posti in Sicilia (aggregazione di Abruzzo (1), Basilicata (3), Calabria (1), Campania (9) e Molise (2)); 31 posti in Toscana e 26 posti in Veneto.

Complessivamente vi sono 305 candidati, così ripartiti: Emilia Romagna 25 candidati per 24 posti (eccedenza di un solo candidato); Lazio 51 candidati per 50 posti (eccedenza di un solo candidato); Lombardia 68 candidati per 51 posti ((eccedenza di 17 candidati); Puglia 24 candidati per 29 posti (carenza di 5 candidati); Sicilia 77 candidati per 25 posti (eccedenza di 52 candidati); Toscana 33 candidati per 31 posti (eccedenza di 2 candidati); Veneto 27 candidati per 26 posti (eccedenza di un solo candidato).

Il confronto generale lascerebbe intendere un discreto surplus di candidati (69 in più rispetto ai posti), ma in effetti, guardando in dettaglio, la situazione è ben diversa.

Infatti, con esclusione della Sicilia e della Lombardia, le altre regioni hanno soltanto uno o due candidati più del minimo necessario, con la Puglia che ha 5 candidati in meno rispetto ai posti a concorso.

 

 

Design della moda: serrato confronto nel Lazio

La classe di concorso A05 – Design del tessuto e della moda prevede soltanto 8 posti a concorso, di cui 5 nel Lazio dove sono stati aggregati gli altri (Emilia Romagna (1), Liguria (1) e Puglia (1)).

Complessivamente vi sono 19 candidati, tra i quali non vi è nessuno della Liguria, il cui posto, quindi, resterà vacante, mentre i 15 del Lazio si contenderanno i 5 posti in palio.

Risultano 11 candidati in più con la matematica certezza del posto che rimarrà vacante in Liguria.

 

 

Costruzioni aereonautiche: un quarto dei posti rimarrà scoperto

Ultima prova scritta della giornata la classe di concorso A38 – Scienze e tecnologie delle costruzioni aereonautiche, per la quale sono previsti 16 posti per i quali vi sono aggregazioni a due sole sedi regionali:  12 posti Campania (aggregazioni di Calabria (1), Lazio (2), Puglia (4), Sardegna (2) e Sicilia (1)) e 4 posti  Lombardia (aggregazione di Friuli Venezia Giulia (2)).

Complessivamente vi sono 22 candidati, tra i quali mancano però quelli per i posti di Calabria (1) e Lazio (2) e Friuli VG (1). I candidati sono così distribuiti: Campania 17 candidati per 12 posti (eccedenza di 5 candidati), Lombardia 5 candidati per 4 posti (eccedenza di un solo posto).

Vi sono complessivamente 6 candidati in più rispetto ai posti a concorso, ma non compensano la mancanza di 4 posti (25% di quelli a concorso) che non potranno essere coperti in Calabria, Lazio e Friuli Venezia Giulia.