RINO DI MEGLIO RIELETTO COORDINATORE NAZIONALE

RINO DI MEGLIO RIELETTO COORDINATORE NAZIONALE

Rino Di Meglio rieletto coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti. Con il 93% delle preferenze espresse dai delegati che si sono riuniti a Perugia da tutta Italia, l’assemblea nazionale ha confermato Di Meglio alla guida del sindacato per il quadriennio 2016/2020.

Nel suo discorso di insediamento il neo rieletto coordinatore nazionale ha ripercorso le tappe del suo ultimo mandato sottolineando le importanti battaglie vinte, come quelle per il recupero degli scatti di anzianità relativi agli anni 2010, 2011 e 2012, per i precari con la sentenza della Corte di Giustizia Europea, e contro l’aumento dell’orario di lavoro all’epoca del ministro Profumo.

“In questi quattro anni – ha detto Di Meglio – la Gilda degli Insegnanti ha vissuto una forte crescita, con un incremento esponenziale degli iscritti, e un aumento di 11mila voti alle ultime elezioni delle Rsu. Nei prossimi quattro anni ci impegneremo ulteriormente per rendere la nostra organizzazione ancora più forte e rappresentativa, con la consapevolezza di essere, prima ancora che un sindacato, un’associazione dedita alla valorizzazione della professione docente”.

“Le sfide che ci attendono sono complesse – ha proseguito Di Meglio – prime fra tutte quelle contro la legge 107/2015 e per il rinnovo del contratto. Per contrastare le gravi storture della Buona Scuola, in particolar modo la chiamata diretta da parte dei dirigenti scolastici e gli ambiti territoriali che privano gli insegnanti della titolarità di cattedra, è fondamentale incrementare la raccolta delle firme per il referendum, così da renderlo strumento di pressione politica. L’obiettivo è mettere il governo nella condizione di riformulare la legge e, nel frattempo, percorrere la strada dei ricorsi”.

Sul fronte del rinnovo contrattuale, il coordinatore nazionale non ha nascosto le forti preoccupazioni per le scarse risorse economiche disponibili: “Mettere nel piatto pochi spiccioli dopo sette anni di blocco e un impoverimento costante del potere di acquisto degli insegnanti – ha affermato Di Meglio – rivela l’intenzione del governo di non voler contrattare e di mortificare il ruolo del sindacato. Per arginare questa pericolosa deriva autoritaria, bisognerà recuperare l’unità sindacale con le altre organizzazioni e impedire che si intacchino ulteriormente le retribuzioni e che le condizioni di lavoro peggiorino ancora di più”.

“Il mancato sciopero di massa è anche colpa nostra, ma ‘ingoiare’ in silenzio non è buon segno”

da La Tecnica della Scuola

“Il mancato sciopero di massa è anche colpa nostra, ma ‘ingoiare’ in silenzio non è buon segno”

“Quasi il 10% di adesioni non è un flop, anche se certamente si poteva fare di più”: commenta così Pino Turi, leader Uil Scuola, la bassa adesione allo sciopero del 20 maggio.

A colloquio con La Tecnica della Scuola, il sindacalista cerca di spiegare le ragioni di questo risultato sotto le aspettative. Soprattutto perché i mal di “pancia” nelle scuole ci sono. E sono pure tanti. Anche nei confronti dei sindacati, rei di aver piegato la testa sulla chiamata diretta in cambio di un contratto sulla mobilità che ha salvato dagli ambiti territoriali gli assunti fino al 2014 e parte di quelli immessi in ruolo dopo. “Ma noi non abbiamo firmato nulla che ha a che fare con la chiamata diretta”, tiene a dire il sindacalista confederale.

 

Turi, però è un dato di fatto che ieri ha scioperato meno di un dipendente su dieci?

Le ragioni possono essere molteplici. Ad iniziare dal fatto che aderire allo sciopero comporta la sottrazione di una giornata di stipendio, che corrisponde a 60-70 euro in media. E con gli stipendi ridotti all’osso, i bidelli fermi a 1.100 euro e i docenti a poco più per diversi anni, è una considerazione che va fatta.

 

Però un anno fa, il 5 maggio 2015, l’adesione fu massiccia…

La riforma doveva essere ancora approvata e si era arrivati più consapevoli allo sciopero.

 

Cosa intende?

Che forse stavolta abbiamo pensato più alle persone che al sindacato: abbiamo, ad esempio, preferito dare supporto ai tanti docenti e Ata impegnati nelle fasi di mobilità, andando meno nelle scuole a fare assemblee ed incontri preparatori allo sciopero.

 

Ma cosa c’è ancora da spiegare? La riforma è cosa nota e gli stipendi fermi del 2009 pure…

Andava spiegata l’importanza di mandare un segnale di opposizione al Governo.

 

Invece vi siete fatti autogol…

Non esageriamo, anche altre volte la partecipazione non è stata entusiasmante. Soprattutto fino a qualche anno fa, quando altri sindacati hanno abusato dello sciopero, facendone un uso distorto.

In ogni caso, ora il Governo gongola?

Io, se fossi tra i governanti, non sarei così tranquillo.

 

Perché?

Il Governo deve stare attento, perché in passato è accaduto che quando i lavoratori hanno ‘ingoiato’ il malcontento, senza esprimerlo, si sono sfogati comunque con modalità diverse.

 

Quindi, cosa potrebbe accadere?

Questo non lo so: dico solo che i lavoratori della scuola sono stufi di rimanere con gli stipendi congelati e di subire norme che burocratizzano la professione, penalizzano la didattica e mettono il personale in una condizione di sterile concorrenza.

 

Lo avete detto al ministro Giannini?

E chi lo ha visto?

 

Da quanto tempo non lo incontrate?

Non vediamo il ministro da settembre. E mai come in questo momento, con la sequenza contrattuale della mobilità da definire, un confronto è indispensabile. Ma questa sua mancanza di considerazione per chi rappresenta e testimonia il pensiero dei lavoratori, rende tutto più difficile.

 

Solo il ministro dell’Istruzione può capire le vostre istanze?

No, anche il capo di gabinetto o un sottosegretario andrebbero bene.

 

Perché insistete sulla presenza di un rappresentante politico in sede di confronto?

Perché i funzionari o dirigenti del ministero dell’Istruzione non hanno la forza per interpretare in modo diverso le norme di legge. Mentre noi abbiamo bisogno di parlare con chi può aver modo di ridurre certi effetti, la cui mera applicazione porterebbe dei danni sicuri a chi vive la scuola.

 

Ci può fare un esempio pratico?

Basta guardare al pasticcio delle classi di concorso: approvate, piene di errori, dopo anni di bozze presentate e rifatte. Non ci hanno voluto consultare e ora è tutto bloccato, dopo che sono diventate legge. Quando ci hanno convocato, gli abbiamo spiegato che adottarle in questo modo avrebbe comportato un caos. Così sono stati costretti a riproporre le vecchie classi concorsuali.

Sciopero, l’adesione si ferma al 9%: il Pd se la ride e ha motivo per farlo

da La Tecnica della Scuola

Sciopero, l’adesione si ferma al 9%: il Pd se la ride e ha motivo per farlo

Quello del 20 maggio 2016 si ricorderà come uno sciopero dall’adesione “fiacca”: il dipartimento della Funzione Pubblica ha detto che ha partecipato il 9,04% del personale in servizio.

La pochezza del dato, del resto, era nell’aria e La Tecnica della Scuola l’aveva ampiamente prevista. Non è sfuggita, inevitabilmente, ai rappresentanti del Governo. Che ora possono togliersi qualche “sassolino” dalle scarpe. Sostenendo che se il malcontento generale, contro il mancato rinnovo contrattuale e l’applicazione Legge 107/15, è questo, allora possono sentirsi più che promossi sul campo.

“Noi rispettiamo questi insegnanti e amministrativi, ma non possiamo non constatare che finalmente le incomprensioni con il mondo della scuola si stanno risolvendo”, ha subito detto Francesca Puglisi, responsabile Università, Scuola e Ricerca del Partito Democratico.

La Puglisi, quindi, passa ad elencare le manovre attuate negli ultimi mesi in fatto di scuola. Sostenendo che il personale avrebbe capito la buona fede del Governo: “il Piano straordinario di immissioni in ruolo prima, il concorso riservato agli abilitati poi, le risorse economiche aggiuntive che sono arrivate puntualmente alle scuole e la firma del contratto di mobilità hanno allentato le tensioni. Continueremo a lavorare con il Governo e il Parlamento per fare della scuola l’avanguardia del Paese”, promette Puglisi.

L’ultima stoccata della democratica è per il referendum anti-riforma: “un sindacato che promuove un quesito che chiede di non includere il lavoro come esperienza formativa a scuola… è un ossimoro”.

Cosa possiamo aspettarci ora sembra chiaro. Siccome lo sciopero, a nostro avviso e non solo, ha indebolito il sindacato e rafforzato la posizione del Governo, questo continuerà ad andare più dritto che mai verso il suo programma: fatto di ambiti territoriali, chiamata diretta e una decina di leggi delega della Buona Scuola, la maggior parte dei quali da approvare entro 12 o al massimo 18 mesi. E persino di un rinnovo contrattuale che potrebbe concentrarsi principalmente sul versante normativo, visto che sui soldi c’è poco da trattare (meno di 10 euro lordi in media a dipendente).

Tra gli organismo sindacali, rimane quindi il rammarico per aver gestito male un malcontento generale per le manovre attuate dell’esecutivo in carica. Che invece nelle scuole esiste, è palpabile. Ai docenti, però, non si può chiedere di scioperare una manciata di giorni prima della fine delle attività didattiche. A ridosso di un’altro sciopero, indetto da altri sindacati.

Ma ormai la “frittata” è fatta. E da domani sarebbe meglio concentrarsi su come gestire il futuro della scuola e di chi vi opera. Perchè si prospetta decisamente diverso da come lo auspicavano i rappresentanti dei lavoratori. Del resto, se il presidente del Consiglio, il ministro dell’Istruzione, con tutto il Governo, non si sono fermati davanti ad uno sciopero-record come quello del 5 maggio 2015, perché ora dovrebbero frenare la loro azione dopo che ad incrociare le braccia è stato appena un dipendente su dieci?

Decreto scuola alle battute finali

da La Tecnica della Scuola

Decreto scuola alle battute finali

Il decreto scuola è ormai alle battute finali e la prossima settimana sarà sicuramente approvato definitivamente dalla Camera.
Nella giornata di giovedì le Commissioni della Camera ha portato a termine l’esame del disegno di legge di conversione del decreto 42 sulla funzionalità del sistema scolastico.
L’onorevole Anna Ascani è stata incaricata dalla Commissione Cultura a relazionare in aula nella seduta già programmata per le ore 12 di lunedì 23.
Rispetto al testo approvato dal Senato le Commissioni della Camera non hanno apportato alcuna modifica e quindi il passaggio in aula dovrebbe essere piuttosto veloce.
Le opposizioni tenteranno forse di proporre modifiche e integrazioni ma ormai il testo è assolutamente “blindato” e, nella peggiore delle ipotesi, il Governo chiederà che il provvedimento venga approvato con il voto di fiducia.
Infatti, trattandosi della conversione in legge di un decreto è necessario che il voto finale arrivi entro venerdì 27 e quindi i tempi non sono piuttosto stretti.
Una sintesi completa del provvedimento è contenuta nella relazione che la deputata Ascani ha già presentato in Commissione nei giorni scorsi.

Diplomati magistrali, sentenza di merito del Consiglio di Stato slitta al 16 novembre

da La Tecnica della Scuola

Diplomati magistrali, sentenza di merito del Consiglio di Stato slitta al 16 novembre

Lo studio Delia rende noto con un comunicato che l’attesa sentenza di merito dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, non sarà pubblicata in quanto il Consiglio di Stato, con ordinanza resa in data 19 maggio 2016, ha disposto una ulteriore attività istruttoria.

In data 27 aprile, vi era la trattazione di un procedimento in fase cautelare. In quella sede il Consiglio di Stato ha ribadito con ordinanza il diritto dei diplomati magistrali ad essere inseriti nelle Gae. Tuttavia sono emersi poi altri due giudizi di merito e attendevamo il deposito delle sentenze.

In sede di merito, invece, l’Adunanza plenaria ha ravvisato l’esigenza di acquisire ulteriori elementi istruttori, che dovranno essere forniti dall’Amministrazione entro 90 giorni, al fine di delineare un quadro più completo della intera vicenda fattuale, con particolare riferimento, parafrasando il provvedimento, alle seguenti circostanze:

– alla incidenza, sul piano straordinario di assunzione dei docenti precari in corso di svolgimento, dell’eventuale assorbimento nelle graduatorie ad esaurimento dei titolari di diploma magistrale conseguito entro il 2001/2002, sulla base di una stima realistica che tenga conto del numero dei soggetti muniti di quel titolo abilitante potenzialmente interessati ad entrare in graduatoria;

– al numero dei soggetti, muniti del solo titolo abilitativo del diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002, eventualmente già inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, anche per effetto di provvedimenti giurisdizionali favorevoli

– al numero dei titolari di diploma magistrale conseguito entro l’anno 2001/2002 che hanno seguito i corsi annuali abilitanti istituiti presso le Università ai sensi dell’art. 2, comma c bis, del d.l. 7 aprile 2004 n. 97 e che sono entrati eventualmente nelle graduatorie ad esaurimento in ragione di detto titolo abilitante aggiuntivo.

Tale istruttoria denota l’attenzione che il Consiglio di Stato presta all’annosa vicenda che coinvolge tutti i diplomati magistrali e, a nostro avviso, potrebbe essere determinante per la definizione della questione. È importante sottolineare che il Collegio, tra le righe, lascia trapelare una particolare considerazione per il numero di insegnanti coinvolti.

Con la medesima ordinanza, il Consiglio di Stato ha fissato alla data del 16 novembre 2016 la nuova Adunanza Plenaria per la trattazione del merito.

Giannini: la Cgil guardi anche ai 100mila docenti assunti, al concorso e ai 4 miliardi investiti

da La Tecnica della Scuola

Giannini: la Cgil guardi anche ai 100mila docenti assunti, al concorso e ai 4 miliardi investiti

Secca replica del ministro alla Cgil, nel giorno dello sciopero promosso da Confederali e Snals per rinnovare il contratto e arginare la Legge 107/15.

A colloqui con i giornalisti che gli chiedevano delle proteste dei sindacati ed in particolare deelle accuse della FlcCgil sulla mancanza di investimenti e dialogo con i sindacati, Stefania Giannini ha tenuto a mantenere la posizione sulle scelte intraprese dal Governo Renzi.

“Abbiamo assunto centomila insegnanti, stiamo facendo il concorso per altri 63 mila, stiamo provvedendo anche alla questione del personale Ata, abbiamo messo 4 miliardi di risorse fresche, più i soldi per l’edilizia”.

Per poi concludere così: “francamente, credo che anche di questo la Cgil debba prendere atto”.

Come il sindacato dovrebbe prendere atto, aggiungiamo noi, che indire uno sciopero ad una manciata di giorni dalla fine delle attività didattiche ha rappresentato un clamoroso autogol.

Pedofilia, i presidi facciano attenzione agli assistenti scolastici

da La Tecnica della Scuola

Pedofilia, i presidi facciano attenzione agli assistenti scolastici

È bene che i presidi facciano molta attenzione a verificare con scrupolo gli eventuali precedenti penali degli assistenti scolastici.

La “lezione” arriva da Grosseto, dove un uomo, dopo aver patteggiato due condanne, nel 2009 per abusi sessuali su un minore e nel 2015 per atti osceni e detenzione di materiale pedopornografico, ha avuto la “faccia tosta” di chiedere di svolgere attività di volontariato per una Onlus in una scuola primaria.

La sua nuova attività – scrive il Tirreno – è però durata due soli giorni: l’uomo era monitorato dagli uomini della polizia postale e quando un agente lo ha visto una mattina davanti alle elementari ha deciso di intervenire. L’uomo, che ha 42 anni e non ha un lavoro, è stato allontanato.

L’istituto primario era all’oscuro del passato dell’uomo e anche la Onlus per la quale prestava servizio non sapeva dei suoi guai giudiziari.

Bonus 500 euro ai docenti: come si dovrà rendicontare?

da La Tecnica della Scuola

Bonus 500 euro ai docenti: come si dovrà rendicontare?

L.L.

Entro il 31 agosto 2016 i docenti dovranno trasmettere alla scuola di appartenenza, la rendicontazione comprovante l’effettivo utilizzo della somma, per le finalità e con le modalità previste.

Con la nota 15219 del 15 ottobre 2016, il Miur aveva emanato le indicazioni operative in applicazione delDPCM 23 settembre 2015, sull’istituzione della Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, secondo quanto previsto dall’art.1 comma 121 della legge 107/2015 (“Buona Scuola”).

Il Ministero aveva spiegato che nel caso la documentazione dovesse risultare non conforme, incompleta, presentata oltre il termine o non presentata, la somma sarà recuperata con l’erogazione riferita al 2016/17. Inoltre, i rendiconti dovranno essere messi a disposizione dei revisori per il riscontro di regolarità amministrativo-contabile.

Con l’occasione, il Miur aveva annunciato l’emissione di una successiva nota, con la quale avrebbe fornito ulteriori dettagli riguardo all’attività di rendicontazione delle spese sostenute.

Di questa nota, a ridosso della fine dell’anno scolastico, non c‘è ancora alcuna traccia.

Per questa ragione le organizzazioni sindacali hanno inoltrato unarichiesta di incontro al Direttore generale per le risorse umane e finanziarie del Miur per avere chiarimenti su alcune questioni sospese relative all’erogazione dei 500 euro, in particolare sulle modalità di rendicontazione delle spese sostenute dai docenti per la formazione e l’aggiornamento.

“Infatti, – si legge nella lettera – dopo il DPCM del 25 settembre e la nota MIUR del 15 ottobre, gli unici interventi di chiarimento sono stati affidati, per un certo periodo, alla pubblicazione di alcune FAQ, ma ad anno scolastico pressoché ultimato restano ancora da chiarire alcuni punti sull’attuazione del provvedimento.

Tutto ciò per non far incorrere i docenti e le segreterie nel rischio di applicazioni difformi, sia nell’utilizzo della somma assegnata, sia nella modalità di rendicontazione”.

Fondi per combattere la “povertà educativa”: un’occasione

da La Tecnica della Scuola

Fondi per combattere la “povertà educativa”: un’occasione

Il governo ha inserito nella legge di stabilità uno stanziamento di 400 milioni, di cui cento messi dalle Fondazioni ex bancarie, che saranno investiti nel corso del triennio 2016/18, tramite bandi, in progetti proposti da organizzazioni del Terzo settore e istituti scolastici, anche in partnership con altre organizzazioni, per contrastare la povertà educativa.

Povertà educativa che è il problema cruciale per le sorti di un Paese, almeno come una malattia invalidante.

Da anni, scrive Il Velino.it, il premio Nobel per l’economia James Heckman ha dimostrato che “le disuguaglianze presenti nel rendimento professionale lungo il ciclo di vita sono dovute a fattori che intervengono fino all’età di diciotto anni e se un bambino viene motivato presto ad apprendere e a impegnarsi, è più facile che da adulto possa riuscire bene nella vita sociale ed economica. Inoltre, se la società aspetta a intervenire i costi per rimediare al futuro svantaggio accumulato saranno maggiori”.

Quella che emerge dai suoi studi è un’indicazione radicale da cui le politiche di investimento in capitale umano non possono prescindere.

Povertà educativa non significa solo povertà economica, ma povertà di vita, di opportunità a compiere il proprio cammino di uomini.

I dati raccolti dalla Ong Save the Children e diffusi in questi giorni sono significativi: il 48,4% dei minori tra 6 e 17 anni non ha letto neanche un libro nell’anno precedente al di fuori di quelli scolastici, il 69,4% non ha visitato un sito archeologico, il 55,2% non è mai entrato in un museo, il 45,5% non ha svolto alcuna attività sportiva. Ci sono pezzi di mondo intorno ai nostri ragazzi che sono a loro preclusi. Perché?

Gli osservatori hanno giustamente associato i dati sulla povertà educativa a quelli sulla povertà economica, anche se il nesso tra le due dimensioni andrebbe meglio indagato. In particolare è tutto da dimostrare che in un Paese come l’Italia la povertà economica sia più la causa che l’effetto di quella culturale.

Ma non solo studiosi di caratura internazionale dopo lunghi anni di indagine sono giunti alla conclusione che il fattore che impatta maggiormente sull’apprendimento è la qualità degli insegnanti.

Anche di questo bisognerà tener conto quando si tratterà di decidere come spendere quei soldi e di fronte alla resistenza tutta italiana a farsi valutare.

Gli studi di Ludger Woessmann hanno messo in luce altri fattori decisivi nel determinare la qualità degli apprendimenti: la valutazione dello studente oggettiva e comparabile e l’autonomia delle scuole nel determinare gli stipendi dei docenti, nelle scelte finanziarie e nella determinazione dei programmi. (…)

Per questro è importante che questo soldi stanziati abbiano un effetto dirompente sulla qualità dell’istruzione

Borse di studio e “school bonus”: l’Agenzia delle Entrate spiega le novità contenute nella Legge di Stabilità

da La Tecnica della Scuola

Borse di studio e “school bonus”: l’Agenzia delle Entrate spiega le novità contenute nella Legge di Stabilità

Con la circolare 20/E del 18 maggio 2016 l’Agenzia delle Entrate commenta le principali novità fiscali contenute nella Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di stabilità 2016).

Tra i vari chiarimenti forniti, ne segnaliamo due riguardanti l’esenzione dall’Irpef di alcune borse di studio e uno concernente il credito d’imposta scuola (c.d. “school bonus”).

Cominciamo con le borse di studio per la mobilità internazionale – Erasmus Plus: l’articolo 1, comma 50, della legge di stabilità 2016 dispone l’esenzione dall’IRPEF delle borse di studio per la mobilità internazionale erogate in favore degli studenti delle università e delle istituzioni AFAM che partecipano al programma comunitario “Erasmus+”, nonché l’esenzione dall’IRAP per i soggetti che le erogano.

La norma non prevede un analogo trattamento di esenzione per le erogazioni in favore di studenti di grado non universitario. L’Agenzia delle Entrate ritiene però che tale omissione non risponda alla finalità di ricondurre a tassazione le somme utilizzate per la mobilità degli studenti delle scuole nell’ambito dell’Erasmus Plus, anche in considerazione della unitarietà del programma comunitario, ma sia piuttosto dovuta alla considerazione che tali erogazioni sono comunque prive di requisiti reddituali.

Un altro chiarimento riguarda le borse di studio erogate dalla provincia autonoma di Bolzano. Il comma 51 dispone l’esenzione dall’IRPEF delle somme corrisposte a titolo di borsa di studio per la frequenza dei corsi di perfezionamento e delle scuole di specializzazione, per i corsi di dottorato di ricerca, per lo svolgimento di attività di ricerca dopo il dottorato e per i corsi di perfezionamento all’estero, erogate dalla provincia autonoma di Bolzano nei confronti dei percipienti.

Il successivo comma 52 stabilisce, poi, che detta esenzione si applica per i periodi di imposta per i quali non siano ancora scaduti i termini per l’accertamento e la riscossione.

Ciò preclude alla amministrazione finanziaria la possibilità di avviare azioni di recupero nel caso in cui le borse di studio non siano state assoggettate a tassazione e, nel contempo, permette ai contribuenti interessati (percipienti di borse di studio in oggetto) di richiedere il rimborso delle ritenute subite, entro il termine di decadenza di 48 mesi decorrente dal versamento del saldo dell’imposta per l’anno di riferimento.

La norma di favore ha una portata generale, riferibile a tutte le situazioni in cui la tassazione delle borse di studio in esame non sia ancora divenuta definitiva, comprese quelle in cui non sono ancora scaduti i termini per l’impugnazione dell’atto di accertamento o della cartella esattoriale o del rifiuto di rimborso, indipendentemente dal periodo d’imposta di riferimento.

L’esenzione in argomento si aggiunge a quella analoga già prevista dal comma 6 dell’articolo 6 della legge n. 398 del 1989 per le borse di studio erogate dalle università e dagli istituti d’istruzione universitaria per le medesime finalità.

Infine, l’Agenzia delle Entrate fornisce un chiarimento riguardante il credito dimposta scuola (c.d. “school bonus”). Il comma 231, lett. a) posticipa di un anno l’entrata in vigore dello “school bonus”, previsto dalla Legge Buona Scuola.

Per quanto riguarda il profilo soggettivo, tale credito è riconosciuto alle persone fisiche, agli enti non commerciali e ai soggetti titolari di reddito di impresa. Il credito d’imposta in questione è previsto per i soggetti che effettuano “erogazioni liberali in denaro destinate agli investimenti in favore di tutti gli istituti del sistema nazionale di istruzione, per la realizzazione di nuove strutture scolastiche, per la manutenzione e il potenziamento di quelle esistenti e per il sostegno a interventi che migliorino l’occupabilità degli studenti”.

Il credito d’imposta, in base alla nuova formulazione della norma, è pari al 65 per cento delle erogazioni liberali effettuate nei periodi d’imposta 2016 e 2017 e al 50 per cento di quelle effettuate nel periodo d’imposta 2018. La misura agevolativa non è cumulabile con altre agevolazioni previste per le medesime spese ed è previsto un tetto massimo di euro 100.000 di spese agevolabili per ciascun periodo d’imposta.

Il credito di imposta è ripartito in tre quote annuali di pari importo. In particolare, i soggetti titolari di reddito d’impresa potranno utilizzare il credito d’imposta in compensazione tramite modello F24, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni e lo stesso non rileva ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive.

Il credito di imposta spetta a condizione che le somme siano versate in un apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato, secondo modalità definite con decreto del Ministro dell’istruzione dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

I soggetti beneficiari provvedono a dare pubblica comunicazione dell’ammontare delle somme erogate, nonché della destinazione e dell’utilizzo delle erogazioni stesse, tramite il proprio sito web istituzionale, nell’ambito di una pagina dedicata e facilmente individuabile, e nel portale telematico del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

Sciopero riuscito a metà

da tuttoscuola.com

Sciopero riuscito a metà
Dati contrastanti sulle adesioni, ma contenuti: tra il 9 e il 20%. Giannini: la Cgil dovrebbe tener conto delle cifre, dalle assunzioni alle risorse aggiuntive

A un anno di distanza dallo sciopero generale dell’anno scorso (5 maggio), che registrò percentuali da record, lo sciopero di oggi indetto da Flc-Cgil, Cisl, Uil e Snals-Confals (mancava Gilda, che ha scioperato il 12), ha avuto un esito diverso, assai più contenuto.

Secondo la Funzione Pubblica ha scioperato il  9,04% del personale in servizio, per la  Flc Cgil il 20%, percentuale che però si riferisce soltanto al 50% delle scuole che hanno già comunicato i dati e che potrebbe dunque crescere. Per conoscere i dati, sostengono al sindacato, bisognerà attendere i numeri relativi al restante 50% delle scuole, che potrebbero arrivare anche domani.

Il ministro Stefania Giannini, pur dichiarando di rispettare la protesta, è intervenuta criticamente sullo sciopero: “Abbiamo assunto centomila insegnanti, stiamo facendo il concorso per altri 63 mila, stiamo provvedendo anche alla questione del personale Ata, abbiamo messo 4 miliardi di risorse fresche, più i soldi per l’edilizia. Francamente credo che anche di questo la Cgil debba prendere atto”.

Turi (Uil), no alle ‘scuole di tendenza’

da tuttoscuola.com

Lo sciopero nel giorno del 46° anniversario dell’adozione dello statuto dei lavoratori
Turi (Uil), no alle ‘scuole di tendenza’
Inaccettabile condizionamento degli insegnanti. E anche i dirigenti rischiano di essere eterodiretti dalla burocrazia ministeriale

Ci preoccupa la direzione che sta prendendo la nostra scuola all’indietro nella storia, ci preoccupano le ‘scuole di tendenza’, ci preoccupa la trasformazione genetica che sta avendo la scuola ad opera delle legge 107. Il Governo – ha detto Pino Turi, segretario della Uil scuola, nel suo intervento alla manifestazione di Napoli – dietro la facciata  delle assunzioni tradisce un  ritorno neo autoritario nella scuola che pensavamo ormai scongiurato”.

Con l’introduzione del bonus e la scelta diretta da parte dei dirigenti scolastici“, ha ribadito ancora Turi dal palco allestito a Piazza Matteotti, “si opera un condizionamento inaccettabile del personale. Ad essere penalizzati per primi sono gli insegnanti che di fatto vedono indeboliti il pluralismo professionale e la libertà di insegnamento. Fondamentali per una scuola di qualità“.

Le rivendicazioni alla base dello sciopero di oggi – 46° anniversario dell’adozione dello Statuto dei lavoratori, ha ricordato il sindacalista – “vedono insieme tutte le componenti del mondo della scuola che da questa riforma si vedono tutte penalizzate e svuotate delle proprie  funzioni“. Anche i dirigenti scolastici “sono sottoposti  ad una valutazione che ne condizionerà l’azione finendo  per essere etero diretti  dalla burocrazia ministeriale che nulla a  che fare con l’attività delle scuole dell’ autonomia“.

Inoltre “il personale ATA è stato totalmente ignorato dalla legge 107 e danneggiato dalla legge finanziaria che ha, al momento, negato il diritto all’assunzioni nei ruoli ed impedito la sostituzione per le assenze brevi. Una situazione che sta producendo ricadute negative sulle attività nelle scuole“.

Neanche sul fronte del precariato la legge del Governo sulla scuola ha prodotto gli effetti attesi, e il concorso lascerà posti vuoti: “una situazione di vera emergenza a cui si associano nove anni di vuoto contrattuale“.

Tutto questo giustifica le rivendicazioni di oggi: “i diritti – ha concluso Turi – non sono come il diamante, per sempre, bisogna difenderli ogni giorno. E’ fondamentale la partecipazione attiva”.