Reti di Ambito: “ma non vedete nel cielo…”

Reti di Ambito: “ma non vedete nel cielo…”

di Stefano Stefanel

Le Linee guida sulla costituzione delle Reti di Ambito hanno avuto un’accoglienza che forse era prevedibile. Come ogni novità ha fatto subito nascere molti argomenti buoni per bloccarla in quanto innovazione calata dall’alto (lavoro aggiuntivo non pagato, tempistica infelice se non assurda, imposizione di una rete, passaggio nei consigli d’istituto, ecc.).Poiché sono uno degli autori del “misfatto” avendo fatto parte del gruppo di lavoro al Miur che ha prodotto i documenti “incriminati” mi permetto di fare alcune brevi osservazioni in merito.

Scadenze e obblighi.
La legge 107/2015 ha indicato il termine del 30 giugno per la costituzione delle Reti, promosse dagli USR, ma poi autonome nella loro vita. Queste reti, a differenza di quelle di scopo, hanno dei compiti stabiliti dalla legge non dalle Linee guida. E quindi sono comunque un obbligo indipendentemente da quello che uno pensa. E poi hanno anche compiti che possono darsi decidendolo in autonomia. Se le Reti di Ambito non coincidessero con l’Ambito la gestione del personale della rete potrebbe diventare un problema molto grosso, perché gli insegnanti saranno assegnati ad Ambiti ben definiti anche giuridicamente. E quindi se nello stesso Ambito agissero più Reti si potrebbe assistere a conflitti e contenziosi sull’utilizzo del personale della Rete. Poiché la titolarità di Ambito inizia dal 1° settembre 2016 forse è meglio avere una Rete già costituita, che poi si dota di una suo governance nei tempi dovuti. Le Linee guida (per gli USR e per le Scuole) indicano le modalità con cui queste Reti vanno promosse dagli USR e non minano alcuna autonomia. Entro il 30 giugno c’è da compiere solo l’atto formale della loro costituzione:
Governance. La governance di Rete è tutta da inventare. I dirigenti scolastici criticano le modalità con cui il Miur gestite molti processi scolastici. Ecco un luogo (la Rete di Ambito) in cui dimostrare la forza propositiva della scuola. Poiché la legge stabilisce che tutto avvenga senza oneri aggiuntivi è importante utilizzare le risorse che ci sono già, cioè quelle delle scuole. Si tratta di lavorare ad una governance diversa dall’attuale, in piena autonomia e collaborazione. Alcuni acuti osservatori – tra cui la sempre ottima Anna Armone – criticano tutta la procedura perché non ha dato vita ad un nuovo soggetto giuridico. Se le Reti di Ambito fossero state costituite come soggetto giuridico sarebbero diventate l’ennesima reincarnazione dei provveditorati. Così invece sono la morte annunciata di quegli inutili potentati. Gli ambiti annullano la necessità degli uffici provinciali facendo nascere un rapporto diretto AMBITO – USR. A presidiare l’ambito il Miur poteva mettere un ufficio (con la nascita per l’ennesima volta di un provveditorato, di una sede, di una pianta organica, ecc.) oppure decetrare l’azione di governance ad una Rete locale e autogestita anche in base alle forze dell’Ambito e della Rete stessa. Questo ha comportato la scelta di creare Reti di Ambito che – una volta nate – decidono come realizzare la propria governance secondo le

Linee guide.
Questa nuova governance richiede uno sforzo di creatività che veda l’obiettivo oltre l’incombenza quotidiana. I commi 70-74 dell’art. 1 della legge 107/2015 sono commi molto importanti per rendere più efficace l’azione didattica e amministrativa. A presidiarli non sono chiamati uffici ministeriali periferici, ma Reti di Ambito dirette da dirigenti e che agiscono in forma collaborativa e con un forte legame territoriale.

Passaggio nei Consigli d’Istituto.
La legge non abroga la procedura di adesione alle Reti del DPR 275/99. In questo caso il passaggio nei Consigli d’Istituto dovrebbe essere in primo luogo informativo (si spiega cosa si sta facendo). Se un Consiglio d’Istituto si ritiene minato nelle sue competenze (ma ormai ne ha pochine e tutte molto formali) bocci pure l’adesione: la approverà più in là. La non adesione alla Rete dovrebbe anche coniugarsi, però, con una delibera che dice come quella scuola intende applicare i commi 70-74 dell’art. 1 della legge 107/2015. Se non lo dice poi ci saranno inadempienze non da poco e tutte a carico del dirigente scolastico. Questa è una semplice constatazione, perché i docenti di Ambito hanno diritto di riferirsi ad una Rete. Ma anche le attività previste dalla legge e di competenza della Rete non possono essere svolte dai singoli Istituti. C’è però qui una questione sottesa molto chiara: il Consiglio d’Istituto non può dire di no e quindi è “preso in giro”. Se un Consiglio d’Istituto si trova davanti ad un Bilancio consuntivo col parere favorevole dei revisori dei conti può bocciarlo? Dove sta la sua libertà? Perché il parere tecnico dei revisori dei conti (che di scuola non capiscono nulla, che applicano schemi formali e formalistici, che hanno un’interlocuzione con la scuola pari a zero) è un parere che obbliga il Consiglio d’Istituto ad approvare, mentre il parere tecnico (Linee guida) del Ministero è una prepotenza? Siamo autonomie funzionali del Ministero, non soggetti giuridicamente autonomi. Se il nostro Ministero cui fornisce delle Linee guida cosa c’è da discutere? E perché non discutiamo allora i revisori, i dsga, le ragionerie provinciali dello stato, ecc.?

Ma non vedete nel cielo…
L’importante sarebbe che ogni scuola dopo la nascita della rete si facesse un’idea di come si governa questa nuova fase e portasse questa idea nella Rete. La Rete rappresenta le scuole nei confronti dell’USR e per la prima volta il MIUR sancisce che le scuole non sono rappresentate dagli USR. Novità direi dirompente, che riconosce autonomia alle scuole e che è quello che le scuole hanno sempre chiesto. L’autonomia in questo caso è molto forte, perché poi organici e segreterie potranno essere governati nella Rete con procedure autodecise e non negli Uffici periferici. Non so se per disegno o per caso con le Reti di Ambito il Miur si accinge a dare forte impulso all’autonomia scolastica. Il mandato che il Consiglio d’Istituto da al Dirigente scolastico non è vago: applicazione e governo dei commi 70-74 della 107. Se siamo “svegli” e smettiamo di cavillare creiamo quella governance reale che le scuole dicono di avere in testa. Dal mondo della scuola arrivano molte critiche al Ministero: facciamo vedere di cosa siamo capaci nelle condizioni che ci sono. E chi sta fuori dalla rete? Risponderà di come governa processi che la legge destina alla rete.

E. Ferrante, Storia della bambina perduta

“Storia della bambina perduta”, quarto e ultimo volume de “ L’amica geniale” di Elena Ferrante

di Mario Coviello

 

ferrante4Ho appena finito il quarto e ultimo capitolo de “ L’amica geniale “ di Elena Ferrante,” Storia della bambina perduta”. Quattrocentocinquantuno pagine intense, vibranti e ho urgenza di parlarne con chi avrà la bontà di leggermi.

Ancora venti anni della vita delle due amiche Elena e Lila.Dai quaranta a sessanta , dagli anni 80 al duemila e oltre. E con Lila ed Elena il racconto della storia di Napoli e dell’Italia che esce dalla stagione buia del terrorismo, vive” gli anni da bere “ dell’era craxiana, tangentopoli e l’affacciarsi delle grandi migrazioni e del terrore planetario, annunciato dalla caduta nel 2001 delle torri gemelle a New York.

Elena e Lila vivono questi anni insieme, nello stesso palazzo della periferia napoletana. Insieme crescono le figlie e con loro continuiamo ad appassionarci alla vita degli altri protagonisti e comprimari della saga,che invecchiano, tradiscono, uccidono e vengono uccisi.

Elena Ferrante   racconta storie di famiglie e soprattutto di madri e figlie, con mariti e compagni quasi sempre “ inadeguati”. Elena scopre l’amore per la madre Immacolata e la assiste nella sofferenza e nel trapasso, dando il suo nome alla terza figlia. Cresce le figlie e continua a combattere per realizzarsi, per scrivere. Lacerata da continui sensi di colpa, si sente madre inadeguata perché ha bisogno di tempo per scrivere, viaggiare, incontrare i suoi lettori, fare televisione, dirigere una casa editrice, girare l’Europa come scrittrice ormai di successo con più di venti libri pubblicati. Ha bisogno di tempo per continuare a scoprire se stessa, il proprio piacere, essere indipendente, emanciparsi.

Lila è con lei, accanto e spesso contro di lei, pietra di paragone feroce e inappellabile,amata e temuta. Lila vive un periodo compiuto, sereno, con la nascita di Tina . Figlia desiderata, amata, dolce, che cresce con Elena che ha partorito negli stessi giorni Imma, la figlia di Nino, che ha scoperto inaffidabile, capace solo di vivere per piacere alle donne e poi deputato del partito socialista prima e della destra poi.

Ed è proprio Tina, che ha lo stesso nome della bambola che Elena ha perduto, che scompare a cinque anni, una domenica mattina quando le due famiglie sono a passeggio nella piazza del quartiere, affollata di bancarelle e venditori ambulanti. Lila non si perdona e soccombe al dolore che non le da tregua, “ si smargina”.

Si riprende, forse, cominciando a vagare nei cimiteri di Napoli, nascondendosi nella Biblioteca Nazionale, per conoscere e forse scrivere della Napoli di ieri e di oggi, che continua a disfarsi e a risorgere, accumulando nelle sue case, vicoli, quartieri, strati di dolori, lacrime, violenze, sangue, passioni.

E le protagoniste vivono l’approssimarsi della vecchiaia, della morte. Lila sembra non rendersene conto per se stessa e quando Elena la invita a riflettere sul loro passato, sul cammino che hanno percorso, appare “geniale” e spietata, lucidamente profetica e dice all’amica: “ Stai invecchiando come si deve: Ti senti forte, hai smesso di essere figlia, sei diventata veramente madre.”

E anche Elena ha bisogno di una “riparazione” nei confronti dell’amica quando ormai vive lontana a Torino, sola, senza le figlie che vivono all’estero. Sente Lila solo per telefono ogni tanto . Ritorna ad avere successo perché scrive “Un’amicizia” che in ottanta pagine racconta quanto Lila ha contato nella sua vita e chiude a pag. 451, ultima pagina del romanzo,sperando che forse …”Lila ( che le ha riportato le bambole perdute della loro infanzia) aveva rotto gli argini e finalmente intendeva girare il mondo, vivendo in vecchiaia , secondo una nuova verità, la vita che in gioventù le avevano vietato e si era vietata.

A pag 418 de “ Storia della bambina perduta” a Elena che la incalza sul romanzo che hanno comprato a 8 anni con i soldi di don Achille Solara “ Piccole donne” ( si proprio “ Piccole donne”), sulla “ Fata blu” che hanno scritto insieme a 10 anni , sui romanzi che ha pubblicato, Lila risponde “Solo nei romanzi brutti la gente pensa sempre la cosa giusta, dice sempre la cosa giusta,ogni effetto ha la sua buona causa, ci sono quelli simpatici e quelli antipatici, quelli buoni e quelli cattivi, tutto alla fine ti consola.”

E’ questa la risposta di Elena Ferrante a noi lettori appassionati che ci interroghiamo sul senso della vita.

Anima della scuola sono i dirigenti

ANIMA DELLA SCUOLA SONO I DIRIGENTI di Umberto Tenuta

CANTO 681 COME QUALSIASI CREATURA VIVENTE ANCHE LA SCUOLA HA UN’ANIMA.

QUELLA DEL DIRIGENTE!

  <<Se il nostro pensiero e le nostre parole debbono muovere l’attività del discepolo, bisogna che qualcosa di vivo che è in noi passi nello spirito di lui come scintilla di fuoco ad accendere altro fuoco>> (ERRIQUES).

 

Seconda genitrice, la Scuola.

Madre amorosa che rende umani i figli di donna.

Li prende immaturi e li alleva.

Li alimenta di cultura.

Li genera alla condizione umana.

Nati candidati alla condizione umana, la scuola li fa uomini.

“SCHOLA GREMII MATERNI” (Comenio).

Il grembo di una madre!

Pareti colorate a nuovo.

Aule senza banchi.

Laboratori attrezzati.

Le cianfrusaglie, i materiali strutturati, il digitale.

Docenti tutti meritevoli.

Che altro manca?

Un’anima!

L’anima di un Dirigente.

Non un burocrate.

Non un mestierante.

Non un dirigente.

Un’Anima.

Un’anima ci vuole.

Un’anima ci vuole per animare un edificio scolastico.

Un’anima ci vuole per animare settanta docenti.

Un’anima ci vuole per animare cento e cento studenti.

Un’anima ci vuole per soffiare la vita nel grande utero dell’edificio scolastico.

Qui non si tengono lezioni.

Qui non si fanno interrogazioni.

Qui non si compilano relazioni.

Qui pulsa la vita.

Nel grande utero materno cominciano a battere piccoli cuori.

Tanti piccoli cuori.

E un solo grande cuore li alimenta.

Il cuore di una grande madre.

Il cuore della Scuola.

Un corpo, un cuore, un’anima.

L’anima che il Dirigente ha saputo infondere ai mattoni della scuola, ai suoi giovani Studenti, al Corpo docente.

L’anima, la sua grande anima, l’anima di una Grande Madre.

Talis mater, talis filia!

Le Grandi Scuole, le vere scuole hanno avuto sempre una Grande Anima di Dirigente.

Socrate, Platone, Aristotele, Pestalozzi, Froebel, Agazzi, Montessori… avevano intelligenza e sapienza, ma avevano soprattutto una grande anima!

Ma l’anima chi non l’ha non se la può dare.

   

   Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

Altri saggi sono pubblicati in

www.rivistadidattica.com

E chi volesse approfondire questa o altra tematica

basta che ricerchi su Internet:

“Umberto Tenuta” − “voce da cercare”