REFERENDUM SCUOLA, SE 2 MILIONI DI FIRME VI SEMBRANO POCHE

REFERENDUM SCUOLA, SE 2 MILIONI DI FIRME VI SEMBRANO POCHE.
UNA PARTE A RISCHIO, I PROMOTORI RINVIANO LA CONSEGNA

L’impegno è stato – e continua a essere – così profondo e diffuso che rischiare di vanificarlo per errori di forma o per troppa fretta, sarebbe davvero imperdonabile. Per questo motivo, i promotori dei 4 quesiti abrogativi della “cattiva scuola” del governo Renzi hanno deciso di posticipare di qualche giorno la decisione sulla consegna delle firme in Cassazione, inizialmente prevista per oggi, martedì 5 luglio.

Il risultato è notevole: siamo riusciti a raccogliere circa 2 milioni di firme complessive sui 4 quesiti. La soglia minima di 500.000 firme a quesito non garantisce margini di sicurezza, nonostante questi numeri. Una parte dei moduli arrivati al comitato nazionale infatti presenta degli errori formali, quali la non certificazione o la mancata autenticazione. Il grande sforzo e l’enorme lavoro delle decine di migliaia di militanti in tutta Italia – a cui va il sentito grazie degli organizzatori – giocoforza hanno presentato anche margini di errori e inesattezze a cui è possibile rimediare, ma con un po’ di tempo in più. Le difficoltà della raccolta firme, le cui modalità sono stabilite per legge con un meccanismo ottocentesco (per citare le parole del Comitato dei referendum contro l’Italicum) non hanno di certo aiutato.

Non possiamo inoltre dimenticare che ci sono moltissime altre firme raccolte e rimaste ancora nelle sedi sindacali o dei comitati locali che non sono pervenute a Roma in tempo utile. Considerando che nella conta della Cassazione si perde generalmente una percentuale del totale delle firme raccolte per errori di questo tipo, i promotori hanno deciso di non correre il rischio. D’altronde il numero di firme già raccolte e la mobilitazione vissuta nei territori, nonostante l’ostilità del “palazzo” e l’indifferenza dei mezzi di informazione, conferma la bontà delle rivendicazioni e delle proteste dell’autunno scorso contro la “cattiva scuola” del governo Renzi. Chi la scuola la vive e ha a cuore il presente e il futuro per i propri figli non accetta che essa venga trasformata in un luogo di alternanza fra scuola e lavoro, dove il preside-manager abbia la possibilità di valutare e scegliere i docenti e dove le scuole paritarie abbiano diritto ai finanziamenti che invece potrebbero migliorare le precarie condizioni di molti istituti pubblici e dove vengano abolite democrazia e contrattazione.

Per tutti questi motivi la campagna di raccolta firme continua con ancora più convinzione e nei prossimi giorni verranno diffuse le modalità e i tempi.

Il Comitato Referendario Scuola Pubblica

Voti in lettere a scuola: addio al 4, arriva la E. Ma servono ancora le valutazioni?

da Il Fatto Quotidiano

Voti in lettere a scuola: addio al 4, arriva la E. Ma servono ancora le valutazioni?

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Addio ai voti in numeri. Dal prossimo anno non ci sarà più nessuno che tornerà a casa con un bel nove o con un mortificante quattro. A sostituire la valutazione numerica nella scuola primaria e secondaria di primo grado, reintrodotta da Maria Stella Gelmini, arriverà il giudizio in lettere come negli Stati Uniti, in Cina, in Arabia Saudita, in India ed Indonesia: “Mamma ho preso A”, dirà il più bravo della classe. Mentre chi non ce la fa si vedrà sulla pagella e sulle verifiche una bella “E”.

Ministro che arriva, sistema che cambia e la senatrice Francesca Puglisi lo annuncia in pompa magna con tanto di spiegazione pedagogica: “Così restituiamo alla scuola primaria il compito di mettere bambine e bambini agli stessi nastri di partenza. Misurare con un numero la gioia di apprendere di un bambino è come misurare il cielo con un righello”.

Di là della vena poetica della senatrice, spesso mi chiedo con chi si confronta chi sta alla Camera o al Senato prima di prendere una decisione.
Secondo gli esperti del Ministero beccarsi una “E” o una “D” sarà diverso che un “4” o un “5” perché le lettere non fanno media matematica mentre i numeri sì. La realtà è un’altra: la maestra che si trova davanti Pierino che prende parecchie “E” e qualche “B” in pagella probabilmente farà una media e darà una “C”.

Il tema vero è un altro: servono i voti alla scuola primaria e alle medie?
Già immagino chi leggendo queste righe sta mettendosi le mani nei capelli ed è pronto ad attaccare il lavativo maestro che neanche vuole mettere i voti che servono (dicono loro) perché nella vita si è sempre valutati, perché i ragazzini se li aspettano, perché non esiste una formazione senza una valutazione che aiuti a comprendere a che punto si è arrivati.

Provo a sfatare questa retorica: a chi serve davvero il voto?
Ogni volta che entro in una nuova classe, uno dei primi passi è quello di incontrare i genitori e condividere con loro il mio metodo educativo, magari modificandolo o costruendolo a partire dalle proposte di mamme e papà. L’aspetto che più spaventa i genitori è sempre uno: i voti. Avere un maestro che non li dà li preoccupa. Eppure, spesso la soddisfazione è quella di arrivare a fine anno e sentirsi dire: “Maestro io non so che voti ha preso Alessandro durante l’anno ma l’ho visto studiare con piacere. Questo mi basta”.

Il voto a che serve?
Ho sempre pensato che se ci dev’essere può solo essere utile all’insegnante per capire se è stato capace di interessare i ragazzi, se ha spiegato bene la lezione. Sono altrettanto convinto che l’eliminazione del voto è indispensabile al progresso di chi non ce la fa. Lo dico sulla base dell’esperienza: Maria, per quattro anni ha avuto un “6” in pagella in storia e geografia dato per bontà dei maestri. Ogni verifica la sua valutazione era “5”. Occhi abbassati, motivazione pari a zero, rassegnazione e soprattutto mortificazione di fronte a chi prendeva “9” o anche solo “8”. E’ bastato eliminare questa inutile concorrenza tra bambini per vedere Maria impegnarsi, passare da “5” a “9”, senza chiaramente sapere il voto. Dopo un’interrogazione non si sentiva più mortificata, etichettata ma solo motivata dal maestro che le diceva: “Bene, si vede che hai studiato,. Ora puoi fare ancora di più. Proviamo a fare in quest’altro modo la prossima volta”.

Dall’altro canto basterebbe che al Ministero rileggessero le parole di Alberto Manzi per capire che va aperto un serio dibattito: “Ho due bambini, uno fa il dettato senza errori, cosa gli devo dare in base alla vostra valutazione decimale? Ovviamente gli devo dare dieci. Un altro bambino fa trenta errori: che voto gli devo dare? Sottozero? Normalmente gli si dà quattro. Dopo quindici giorni, il primo, che non aveva fatto errori, fa due errori; gli do otto che è sempre un bel voto, però lui è andato avanti o è andato indietro? Il secondo bambino, che aveva fatto trenta errori, la seconda volta ne fa 22, ma secondo quel criterio il suo voto rimane sotto zero. Ora, a quello che ha preso otto non posso dirgli “Guarda che sei andato male”, mentre al bambino che è passato da trenta a 22 gli devo dire “Bravo”, ma in realtà non glielo posso dire perché in base al voto, lui rimane cretino. Ma io sono sicuro che se gli dico “Bravo!”, la volta successiva di errori ne farà quindici”.

Lo aveva ben compreso anche un dirigente come Gianfranco Zavalloni che prima di fare il capo d’istituto aveva insegnato per 16 anni alla scuola dell’infanzia: “Disegnare, manipolare, colorare, incollare, raccontare, ascoltare: sono tutte azione fatte senza alcuno scopo agonistico alla scuola dell’infanzia. Poi c’è il salto. Alla scuola primaria iniziano i primi giudizi, le prime valutazioni. Gli insegnanti iniziano a dare un voto a tutto ciò che prima era fatto per gioco, con passione. In tutti i quaderni dei bambini iniziano ad apparire parole come “bravo”, “bravissimo”. Oppure compaiono i primi voti. I bambini iniziano a fare qualsiasi attività non più per piacere ma per dovere, con l’aspirazione del “buon” giudizio; con una tensione verso il risultato che annulla il piacere del compito e del processo”.

Italia ancora indietro per capacità di lettura, calcolo e problem solving degli adulti

da Il Sole 24 Ore

Italia ancora indietro per capacità di lettura, calcolo e problem solving degli adulti

di Lorenza F. Pellegrini

Buone capacità di lettura, di calcolo e di problem solving, unitamente a una certa dimestichezza con le Ict, sono requisiti necessari per essere competitivi in un mercato del lavoro plasmato dalla rivoluzione tecnologica. L’Italia non è al passo con i tempi, è sotto la media dei paesi Ocse, come dimostra lo studio diffuso dall’organizzazione internazionale sulle competenze cognitive degli adulti , in particolare quelle relative all’elaborazione delle informazioni, anche quelle in formato digitale. Nel documento vengono forniti i risultati ottenuti dagli adulti di età compresa tra i 16 e i 65 anni, residenti in 33 Stati diversi: i dati di 24 paesi si riferiscono al biennio 2011-2012, mentre in Cile, Grecia, Indonesia (Giacarta), Israele,Lituania, Nuova Zelanda, Singapore, Slovenia e Turchia l’indagine è stata condotta tra il 2014 e il 2015.

Lettura
In questo studio, il termine “literacy” si riferisce esclusivamente alla capacità di lettura degli adulti di testi scritti. I diversi gradi di competenza rilevati sono stati classificati costituendo una scala che comprende sei livelli: da 1 a 5 e al di sotto di 1. L’Italia è al livello 2 e occupa il quartultimo posto in classifica: è preceduta da Grecia e Spagna, e seguita da Turchia, Cile e Indonesia (Giacarta). Un risultato sotto la media dei paesi Ocse, dove quasi la metà degli adulti sottoposti al test (46%) ha raggiunto i tre livelli più alti di conoscenza della lingua (3, 4 o 5). Le performance migliori sono state quelle di Giappone (71,1%), Finlandia (62,9) e Paesi Bassi (59,6), la peggiore quella di Giacarta (6%).

Calcolo
Gli italiani hanno qualche difficoltà anche in matematica, anzi le abilità aritmetiche sono lievemente peggiori, in termini di punteggio ottenuto, rispetto a quelle necessarie per la comprensione di un testo scritto. La capacità di accedere, utilizzare, interpretare e comunicare i numeri dimostrata nei test fa guadagnare all’Italia un livello 2 e un pessimo posizionamento in graduatoria: è quintultima.
Nei paesi Ocse l’1% degli adulti ha raggiunto il livello 5 in “numeracy”, circa il 10% il livello 4, quasi il 32% il 3 e circa un adulto su tre il livello 2. Sul podio ci sono Giappone, Finlandia e Svezia, mentre alla base della piramide si collocano Cile e Indonesia (Giacarta), dove solo un adulto su dieci è riuscito a ottenere un livello 3. Con punteggi migliori, ma sempre sotto la media Ocse si trovano Polonia, Irlanda del Nord, Slovenia, Singapore, Irlanda, Francia, Stati Uniti, Grecia, Israele, Italia e Turchia, paese in cui oltre il 50% degli adulti ha raggiunto il livello 1 o inferiore a 1.

Problem solving e competenze informatiche di base
Il Survey of Adult Skills dell’Ocse riguarda anche le competenze relative alla risoluzione di problemi in ambienti, non solo lavorativi, in cui viene fatto uso della tecnologia digitale, di strumenti per comunicare con gli altri, per acquisire informazioni ed eseguire compiti pratici. La familiarità con questi strumenti varia molto da paese a paese. In media, nei paesi Ocse il 10% ha dichiarato di non aver mai avuto a che fare con un computer, una percentuale che diminuisce drasticamente in Paesi come Svezia e Norvegia (1,6%), mentre in Turchia sale fino al 35,6%. Anche il dato che riguarda l’Italia è piuttosto preoccupante: più di un adulto su cinque ha ammesso di non aver mai usato un computer (24,4%).

Va in porto l’operazione a favore delle assunzioni per l’infanzia

da tuttoscuola.com

Va in porto l’operazione a favore delle assunzioni per l’infanzia

Il sottosegretario al Miur Davide Faraone si era impegnato in prima persona a colmare il vuoto legislativo che nella Buona Scuola aveva penalizzato la scuola dell’infanzia, ottenendo un lasciapassare particolare per gli iscritti nelle graduatorie di merito (GM) del concorso 2012.

E nei giorni scorsi il ministro Giannini ha firmato il decreto con cui viene data applicazione della recente legge 89/2016 e, in particolare, l’articolo 1-quater che dispone l’immissione in ruolo per il prossimo settembre dei docenti iscritti nelle graduatorie di merito (GM) per la scuola dell’infanzia del concorso 2012, ferma restando la ripartizione dei posti a metà tra GM e GAE.

L’articolo in questione e il decreto ministeriale meritano alcune considerazioni.

Prima considerazione. Alla luce dell’evoluzione che ha avuto la procedura concorsuale in atto, le nuove GM non saranno certamente pronte in tempo utile per le immissioni in ruolo a settembre per l’anno scolastico 2016-17. Conseguentemente restano pienamente valide e utilizzabili le precedenti GM dell’ultimo concorso, la cui efficacia cesserà soltanto con le nuove GM.

L’utilizzo delle vecchie GM sarebbe comunque avvenuto.

Seconda considerazione. La legge e il decreto ministeriale consentono anche agli iscritti in GM che non ottengono il ruolo nella propria regione di partecipare ad una fase nazionale per l’assegnazione di posti vacanti e disponibili in altre regioni. Si tratta di una novità che sfrutta anche lo slittamento ormai certo di un anno delle nuove GM.

Terza considerazione. Il decreto (non la legge) ha esteso queste prerogative anche alle vecchie GM (dove esistono) dei posti di sostegno per la scuola dell’infanzia.

A differenza dei posti comuni, però, potrebbe succedere che in qualche regione si concludano in tempo utile gli attuali concorsi per il sostegno nell’infanzia. In questi casi i posti disponibili non potrebbero andare alle vecchie GM. Un conflitto in vista? Oppure il Miur ha calcolato (sperato o premuto) che anche per il sostegno dell’infanzia le procedure concorsuali attuali vadano per le lunghe e la loro efficacia slitti al 2017-18?

Arriva l’educatore professionale socio-pedagogico

da tuttoscuola.com

Arriva l’educatore professionale socio-pedagogico

Nei giorni scorsi, con 263 voti favorevoli, 2 contrari e 134 astenuti la Camera ha approvato la proposta di legge sulle professioni di educatore professionale socio-pedagogico, educatore professionale socio-sanitario e pedagogista. La relatrice Milena Santerini di Democrazia Solidale ha precisato che così si riconosce l’importanza dell’educazione e dei compiti educativi dedicati alla cura dello sviluppo della persona e che questa funzione debba essere svolta da persone con una precisa competenza e con una specifica cultura professionale. Dunque per svolgere la professione di educatore ci vuole la laurea.

In sostanza oggi sono previste due figure: l’educatore professionale socio-sanitario e l’educatore professionale socio-pedagogico. L’educatore professionale socio-pedagogico dovrà conseguire la laurea e potrà svolgere servizio, insieme al pedagogista, nell’ambito socio educativo, socio assistenziale e socio sanitario, relativamente agli aspetti socio educativi. Potrà occuparsi quindi di ambito scolastico, educativo, famiglia, sportivo, integrazione degli stranieri, motorio e genitorialità.

Questo ddl mette mano a quella che da molti anni si è trasformata in una specie di giungla normativa – spiega Vanna Iori, deputata Pd e prima firmataria della legge approvata da Montecitorio – e riconosce e regolamenta il lavoro svolto dai circa 150mila operatori del settore, che si occupano delle categorie sociali più fragili, dai minori agli anziani, dai disabili ai detenuti, agli immigrati e ai tossicodipendenti”.

Dieci gli ambiti previsti dalla legge (tra cui scolastico, socio-sanitario e della salute, della genitorialità e della famiglia, culturale, giudiziario; ambientale, sportivo), 14 i servizi in cui potranno operare. E a chi lavora senza titolo universitario, la legge riconosce l’esperienza sul campo, prevedendo percorsi privilegiati per chi vorrà uniformarsi nelle competenze ai laureati. Così per chi ha 3 anni nei servizi e ha superato un concorso pubblico per educatore basterà un corso intensivo di un anno, anche a distanza, l’esonero per chi ha 25 anni di servizio o oltre 50 anni di età.

GIOVANI e CARRIERE

PRESENTAZIONE III RAPPORTO FONDAZIONE ITALIA ORIENTA

GIOVANI e CARRIERE
Le caratteristiche personali importanti
nelle scelte educative e professionali
#giovaniecarriere

Roma, Parlamento europeo
Ufficio d’Informazione in Italia
via IV Novembre, 149
5 luglio 2016
ore 11.00

Martedì 5 luglio alle ore 11.00, presso la Sala dei Mosaici dell’Ufficio d’Informazione in Italia del Parlamento Europeo, in via IV Novembre n.149 in Roma, sarà presentato il terzo Rapporto nazionale della Fondazione Italia Orienta dal titolo “Giovani e Carriere – Le caratteristiche personali importanti nelle scelte educative e professionali”.

Il Rapporto – realizzato dal team del comitato scientifico della Fondazione, diretto da Gianluca Ficca, docente di Psicologia Generale presso il Dipartimento di Psicologia della Seconda Università degli Studi di Napoli – è stato elaborato sulla base dei dati raccolti nell’ambito dell’Educational Tour 2015/2016, che ha coinvolto le scuole superiori di II grado delle province italiane.

La ricerca ha analizzato i diversi fattori individuali, tra i quali l’ottimismo e l’assertività (ovvero la capacità di far valere i propri diritti), che potrebbero incidere nelle scelte di carriera dei ragazzi, evidenziando anche le differenze geografiche e gli indirizzi di studio scelti.

Corsi propedeutici per insegnanti 2016-2017

Fondazione Marco Besso
CORSI DI FORMAZIONE ED AGGIORNAMENTO PER DOCENTI DI OGNI ORDINE E GRADO SUI TEMI D ELL’INCLUSIONE SCOLASTICA DEGLI ALUNNI CON BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI
L’U.S.R. Lazio ha autorizzato la direzione della Fondazione Ernesta Besso all’apertura delle iscrizioni ai corsi organizzati per l’anno scolastico 2016/17 a decorrere dal giorno 5 luglio 2016.
Pertanto si invitano gli interessati a prendere visione dell’offerta formativa prevista per il sopra citato anno scolastico, indicati nell’ambito del progetto formativo della Fondazione e a presentare la propria iscrizione online presso il sito: http://www.fondazionemarcobesso.it/cataloghi/scholars
Riceverete un’apposita email in cui vi si darà conferma dell’avvenuta iscrizione.
Non sarà possibile iscriversi a più di cinque corsi all’anno.

Nota 5 luglio 2016, AOODGOSV 7409

Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca
D.G. per gli Ordinamenti scolastici e la Valutazione del S.N.I.

Ai Direttori degli Uffici Scolastici Regionali
Ai Dirigenti scolastici degli Istituti di Istruzione Secondaria di primo grado
Ai Dirigenti scolastici degli Istituti di Istruzione Secondaria di secondo grado
Ai Presidenti degli Istituti Tecnici Superiori
LORO SEDI

Nota 5 luglio 2016, AOODGOSV 7409

Oggetto: “Didattiva: la didattica per l’alternanza scuola lavoro” – Pubblicazione del Bando per il Premio Nazionale 2016 – Bolzano, 9 novembre 2016.