Decarbonizzazione della economia e biofissazione della CO2

“Decarbonizzazione della economia e biofissazione della CO2”

Paolo Manzelli egocreanet2016@gmail.com

 

 

Sappiamo come le emissioni in aria di CO2 debbano essere ridotte per evitare drastici cambiamenti climatici che hanno un impatto distruttivo sulla economia e sviluppo specialmente in riferimento alla produzione agricola del cibo. Pertanto oggi abbiamo di conseguenza la necessita’ di un profondo cambiamento del modello energetico passando da energie basate su petrolio e carbone ad energia rinnovabili ma comprendiamo anche che dobbiamo modificare l’economia di sviluppo agricolo sviluppando nuovi orizzonti di rinnovamento della produzione agricola e forestale .

Una soluzione agibile la dove la fonte alternativa di energia è la Geotermia dato che con essa diviene possibile contribuire a diminuire l’ impatto climatico causato dalle emissioni di CO2 , favorendo gl sviluppi della cogenerazione di calore geotermico e CO2 , per “fertilizzare” le colture in serra con la CO2.

La utilizzazione di “ CO2 come fertilizzante” dela produzione orticola e di frutta, consente di prolungare il periodo di produzione, accrescendo quindi la quantità di prodotti coltivati. Il livello normale di CO2 nell’atmosfera è di circa 350ppm. La ricerca su molte colture ha dimostrato che se il normale livello di CO2 è aumentato a 800 fino a 1000 ppm, da ignezione di CO2 in serre, si ottiene una maggiore crescita delle piante e la resa dei prodotti viene notevolmente migliorata. Alcuni modalita’ per cui la produttività è aumentata dalla fertilizzazione con CO2 in serra, sono una fioritura precoce, i rendimenti più elevati di frutta, cosi anche ad es. il ridotto aborto di gemmazione delle rose, una migliore resistenza gambo dei fiori ecc. ecc. .Molti studi dimostrano che per ogni dato livello di radiazioni foto-sinteticamente attiva (PAR), l’aumento dei livelli di CO2 a 1.000 ppm aumenta la fotosintesi di circa il 50% rispetto a quando la concentrazione di CO2 è quella ambientale. Al crescere della concentrazione di CO2 in serra livello da circa 340ppm (parti per milione), fino ad es 1.300 ppm , si denota che aumenta proporzionalmente la fotosintesi producendo pertanto più zuccheri e carboidrati disponibili per la crescita delle piante e per la frutta in relazione ad un probabile abbassamento delle proteine.

La tecnologia di cogenerazione/fertilizzazione con CO2 viene proposta e sviluppata da EGOCREANET in area Geotermica Toscana in special modo per rinnovare il settore della serricoltura orto-frutticola ed del vivaismo di fiori e piante in serre, nelle quali la modulazione del calore e la immissione di CO2 in serra permette la coltura di ortaggi e piante anticipati, posticipati o fuori stagione, mediate una innovazione tecnico- scientifica basata sul controllo delle relazioni tra informazione epigenetica e genetica dei vegetali prodotti ed effettuata in modo da garantirne la qualita’ e la quantita’ nutraceutica della produzione di orto-frutta. E’ importante considerare che questa strategia consentira’ di proteggere le produzioni dai repentini cambiamenti climatici che causano abbassamenti rapidi ed improvvisi della temperatura che rischiano di bloccare le fioriture e che comunque abbassano la qualita’ e la quantita’ delle produzioni prodotte tradizionalmente . Per la maggior parte delle colture il punto di saturazione della fertilizzazione on CO2 sarà raggiunto a circa 1.000-1.300 ppm in circostanze ideali di luce. Un livello inferiore (800-1000 ppm) è raccomandato per aumentare piantine (pomodori, cetrioli e peperoni), nonché per la produzione di lattuga. Livelli ancora più bassi (500-800 ppm) sono raccomandati per violette africane e alcune varietà Gerbera. L’aumento dei livelli CO2 riduce il periodo di crescita (5% -10%), e permette di migliorare la qualità delle colture e la resa, così come, fa’ aumentare le dimensioni e lo spessore delle foglie.

La crescita della resa delle colture di pomodoro, cetriolo e pepe è il risultato di un notevole aumento del numero di foglie e della fioritura più veloce per pianta. Quando si aumenta in serra la concentrazione di CO2 durante il giorno, è necessario ricordare di areare la serra di notte per permettere una migliore respirazione delle piante.

BIBLIO ON LINE :

Carbon Dioxide fertilisation: http://www.slideshare.net/buddy.tignor/carbon-dioxide-fertilization-181933

 

La pietra tombale della Buona Scuola

LA PIETRA TOMBALE DELLA BUONA SCUOLA

di Alessandro Basso

Durante la scorsa notte si è concluso l’accordo tra governo e sindacati sulla spinosa questione della chiamata diretta da parte dei presidi. Si tratta del vero nodo politico che ha caratterizzato la breve stagione della buona scuola. Dico breve, perché con questo accordo per il quale sottosegretario Faraone è  così entusiasta, pone una pietra tombale definitiva su una legge che era tanto piaciuta anche a chi scrive,  per i principi fondamentali che riusciva finalmente a portare all’interno della scuola.

Siamo a registrare ancora una volta un fallimento, il fallimento di un’occasione quasi unica per poter innovare la scuola. Da dirigente scolastico non mi riferisco squisitamente alla questione della chiamata diretta, ma all’insieme di norme secondarie e prassi amministrative che si sono susseguite durante quest’anno scolastico,  che hanno nel vero senso della parola paralizzato le nostre scuole. I sindacati hanno avuto ancora una volta la meglio e noi ci troveremo a gestire una nuova procedura farraginosa per giustificare le scelte compiute, per nascondere sotto mentite spoglie il gran ritorno al passato.

Il quesito sorge spontaneo: ” non potevano lasciarci le graduatorie?”. Il lettore più avvezzo e più esperto di prassi amministrative ha già compreso che  la nuova procedura non ha nulla di compatibile con la chiamata diretta in quanto, dati alcuni indicatori, si dovrà unicamente verificare se il personale docente possiede o meno alcuni titoli di studio e creare una sub graduatoria sulla base della quale assegnare incarichi.

Questi indicatori pare siano legati ai Bes e alle competenze digitali. Sfido una qualsiasi delle 8000 scuole italiane a non avere tra le priorità del piano triennale dell’offerta formativa i Bes.

Geniale,poi, la trovata  di assegnare gli incarichi, in caso di parità,  sulla base del punteggio della mobilità.

Peccato,  si è persa una grande occasione,  la scuola è stata sottoposta a mesi di contrapposizione e di procedure amministrative insostenibili per poi non portare a casa nessun risultato. Gli studenti e le famiglie non sono certo una priorità.

Un’altra volta,  la compagine sindacale è riuscita ad avere la meglio e non per il bene della scuola.

L’unica consolazione che ci resta è  che la buona scuola la fanno i buoni docenti e il buon personale e questo nessuno ce lo può togliere.

Sequenza sulle modalità di assegnazione dei docenti da ambito a scuola

Sequenza sulle modalità di assegnazione dei docenti
da ambito a scuola, ci sono le condizioni per una positiva conclusione

L’incontro in sede politica del 6 luglio 2016 al MIUR ha permesso di definire le condizioni per giungere alla positiva soluzione di un accordo sulla sequenza contrattuale per l’assegnazione dei docenti dagli ambiti alle scuole.
Questi in sintesi gli elementi su cui si fonderà l’elaborazione del CCNI, frutto di un difficilissimo confronto:

  • trasparenza della procedura
  • oggettività dei requisiti considerati funzionali all’attuazione dell’offerta formativa
  • garanzia di requisiti definiti su una tabella titoli individuata a livello nazionale senza alcuna discrezionalità della procedura.

Si avvia così a conclusione un difficile e impegnativo percorso, per il quale si ipotizza una definitiva chiusura in tempi brevi; percorso aperto con l’accordo sulla mobilità territoriale dei docenti e che ha valorizzato ancora una volta il ruolo della contrattazione nell’affrontare e superare le più evidenti criticità della legge 107/2015, a partire dalla chiamata diretta.

FLC CGIL
Domenico Pantaleo
CISL Scuola
Maddalena Gissi
UIL Scuola
Giuseppe Turi
SNALS Confsal
Marco Paolo Nigi

Accordo sull’assegnazione dei docenti alle scuole: un altro attacco all’autonomia

Apprendiamo dall’odierno comunicato del MIUR, relativo all’intesa che sarebbe stata raggiunta in data 6 luglio con le OO.SS. circa le modalità di assegnazione dei docenti alle scuole, che la sequenza contrattuale di cui all’art. 1 comma 5 del CCNI sulla mobilità sottoscritto l’8 aprile 2016 prospetterebbe … una nuova sequenza contrattuale!!!

Tale sequenza dovrebbe definire, a livello nazionale, un elenco di requisiti (in effetti dovrebbero essere criteri, secondo la Legge 107/2015) in base ai quali verrà effettuata l’assegnazione dei docenti alle sedi scolastiche. Sembra che i dirigenti dovranno scegliere quattro requisiti dall’elenco per ciascun posto di insegnamento (non è chiaro al momento perché proprio quattro), in coerenza con il PTOF della scuola, sulla base dei quali formulare la proposta di incarico triennale.

La procedura, secondo le anticipazioni fornite dal MIUR, sembrerebbe prevedere l’assegnazione del posto al docente in possesso del maggior numero dei requisiti nell’ambito dei quattro indicati. In caso di parità tra più docenti – situazione che si verificherà molto di frequente – la scelta dovrebbe essere obbligatoriamente effettuata in favore di quello col maggior punteggio nella mobilità (per gli assunti prima del 2016) oppure nella GAE (per gli assunti di quest’anno). Se il docente così individuato dovesse optare per un’altra scuola, il dirigente dovrà proporre l’incarico al secondo individuato e così via. Al termine della procedura i docenti rimasti senza sede saranno gestiti dall’USR.

Tutto questo, se confermato, comporterebbe un surplus di lavoro per dirigenti e segreterie, con buona pace del principio – anch’esso affermato dalla legge di riforma – della semplificazione amministrativa.

Non possiamo, inoltre, fare a meno di porci alcune domande.

  • Può una sequenza contrattuale, definita a livello centrale, prevedere tutti i requisiti idonei a soddisfare le esigenze dei PTOF delle oltre 8000 istituzioni scolastiche autonome?
  • E cosa succederà in quelle scuole i cui PTOF non fossero in linea con i requisiti centralmente definiti?
  • È così che l’Amministrazione intende dare “piena attuazione all’autonomia delle istituzioni scolastiche di cui all’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59” come previsto dall’art. 1, comma 1 della legge 107/2015? Con un nuovo provvedimento centralistico – concordato con le OO.SS. di comparto – dal carattere contorto e basato, ancora una volta, su graduatorie costruite su titoli e anzianità che non sono garanzia di competenza?
  • E che ne è delle prerogative dirigenziali – poste a garanzia dell’utenza – di scelta dei docenti in base alle caratteristiche di ogni singolo PTOF e alle specifiche esigenze della scuola e del territorio?
  • E, dopo tutto questo, si pretenderà di valutare i dirigenti sulla base dei risultati conseguiti mediante personale che, nei fatti, non potranno scegliere?

L’ANP, non accettando questa logica, invita l’Amministrazione a non deludere le aspettative di una scuola diversa, suscitate con la promulgazione della Legge 107/2015, e a non ledere le prerogative professionali dei dirigenti scolastici, tutelate dai principi fondamentali dell’ordinamento.

Tagli alla scuola pubblica: la Corte dei Conti conferma

La Corte dei Conti conferma quanto abbiamo sempre detto. La scuola pubblica al centro di tagli poderosi, del personale e delle risorse, nelle scelte di ogni governo da dieci anni

Nella sua ultima relazione sulla Pubblica Amministrazione, la Corte dei Conti conferma quanto da anni sosteniamo: la scuola pubblica ha subito vistosi e importanti tagli da parte di tutti i governi che si sono di volta in volta succeduti negli ultimi anni. La Corte stigmatizza il fatto che i tagli sono avvenuti sia sul piano del personale della scuola, ovvero del lavoro vivo, che sul piano dei redditi. Presidi, insegnanti, docenti, personale tecnico amministrativo e collaboratori scolastici hanno subito una riduzione significativa dai governi Berlusconi, Monti, Letta e Renzi. Basti pensare che, ad esempio, per il personale ATA si sono persi circa 20.000 occupati. Ma anche sul piano del reddito, la spesa generale è scesa del 16,2%, passando da 33miliardi e mezzo a 28 miliardi.

A nulla valgono perciò le giustificazioni dettate alla stampa dal sottosegretario Faraone, che vanta una scuola partorita dalla immaginazione di questo governo. Vogliamo rammentare infatti che i redditi si risollevano strutturalmente solo grazie al rinnovo del contratto nazionale e non con i bonus farlocchi, che sembrano mance piuttosto che diritti. E quanto ai docenti assunti, ricordiamo che in buona parte si tratta di stabilizzazioni anche come conseguenza della sentenza della Corte di giustizia europea. Diciamola com’è: la riforma Giannini non ha risolto nessuno dei problemi strutturali, occupazione e redditi, qualità della scuola sollevati anche dalla Corte dei Conti, e questo governo prosegue nella sua opera di propaganda che ormai non convince più nessuno. Come abbiamo detto più volte, soprattutto in occasione dello sciopero generale della scuola del 20 maggio, è centrale e decisivo procedere subito al rinnovo dei contratti e cambiare la pessima legge 107 garantendo accesso al sapere per tutti e l’innalzamento dei livelli di istruzione.

Mobilità dei prof, i sindacati tifano per le complicazioni

da Il Fatto Quotidiano

Mobilità dei prof, i sindacati tifano per le complicazioni

Una delle leggi di Murphy che preferisco recita: “Se ci sono due o più modi di fare una cosa, e uno di questi modi può condurre a una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo.” Nel meraviglioso mondo della scuola pubblica, quel qualcuno in genere sono sempre i sindacati di categoria. Prendete per esempio la mobilità dei docenti.

Per chi non è addentro al mondo della scuola, quest’anno a un numero consistente d’insegnanti il ministero ha chiesto di presentare una domanda obbligatoria di mobilità tramite un portale web noto come Istanze Online, nel tentativo di riavvicinare alcuni docenti alle loro province di origine. L’essere stati assunti a tempo indeterminato, ma non sotto casa, ha fatto sì che diversi sindacati e docenti abbiano oscenamente parlato di “deportazione” degli insegnanti, con buona pace del tragico significato storico del termine, e dimenticando che se proprio non si poteva in nessun modo spostarsi dalla propria provincia di residenza, era sufficiente non presentare domanda di assunzione a tempo indeterminato.

Senza starvi ora a specificare tutte le varie fasi del troppo complesso meccanismo della mobilità, vi dirò solo che c’è un gruppo di prof (quelli della cosiddetta “fase C”) che ha dovuto elencare al ministero 100 ambiti territoriali (vale a dire delle zone geografiche più piccole delle vecchie province) e 100 province in ordine di preferenza, ossia dove gradirebbero andare a lavorare il prossimo anno scolastico. In estate il Miur assegnerà i docenti neoassunti nella fase C ai loro ambiti, secondo un complicato conteggio dei punti-mobilità che ciascun docente ha fin qui ottenuto nella sua carriera. Diciamo subito che questo punteggio presenta chiari elementi di assurdità: un prof che abbia conseguito un master nella sua materia, oltre alla obbligatoria laurea e all’abilitazione, ottiene appena 1 punto. Ma se quello stesso prof  ha il coniuge residente nell’ambito territoriale dove vuole trasferirsi, questo banale fatto anagrafico vale la sciccheria di 6 punti.

Ora, secondo la riforma della scuola, sarebbe dovuto spettare ai presidi scegliere quali docenti assumere nella propria scuola. Un concetto semplice, considerato come una buona pratica nelle scuole pubbliche di tutto Occidente: io che sono preside del liceo Tal de’ Tali, mi guardo il curriculum dei docenti del mio ambito territoriale, tutti assegnati dal ministero, e decido di assumere quel prof che più degli altri ha – per dire – anche conseguito un dottorato, parla tre lingue straniere e ha una specializzazione sugli studenti con Bisogni Educativi Speciali.  Gli faccio la mia proposta di assunzione e starà poi al docente decidere se accettare o meno. Se qualche professore non è scelto da nessun preside, ci avrebbe pensato l’Ufficio Scolastico di zona, il vecchio Provveditorato, ad assegnare “a tavolino” ogni docente a un istituto del suo ambito, e vissero tutti felici e contenti. Siccome i presidi sono soggetti a loro volta a una mobilità volontaria e a valutazione dell’operato da parte del ministero, questo dovrebbe consentire di non creare nelle scuole delle clientele o di avere solo docenti di un certo tipo. Questa pratica avrebbe consentito nel giro di poche ore l’assunzione di tutti i docenti in tutte le scuole.

Cosa hanno fatto i sindacati per complicare all’inverosimile le cose? Si sono detti: siccome siamo convinti che tutti i presidi sono sostanzialmente disonesti, e chiamerebbero non i migliori docenti ma i più mansueti o amichevoli, dobbiamo alambiccarci per cercare di escogitare un meccanismo astruso che soprattutto tolga ai presidi il potere di scegliere i loro docenti. La supercazzola con scappellamento. Come?

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Qui mi affido alla ricostruzione operata dai colleghi di Orizzonte Scuola, per altro confermata anche dalla Gilda degli insegnanti, che giustamente mettono le mani avanti e dicono che le cose sono ancora in bozza e potrebbero anche peggiorare: ogni scuola dovrebbe stilare degli indicatori/requisiti (10-15) afferenti a tre macro-aree (informatica, lingue, disabilità e bisogni educativi speciali). Il preside (orrore! che i sindacati naturalmente sperano di scongiurare) potrebbe scegliere “tra questi 3 requisiti che a suo parere i docenti della scuola che dirige dovrebbero possedere.” Quindi il preside dovrebbe pubblicare un avviso/bando con cui mettere a disposizione questi requisiti per il numero di posti disponibili nella sua scuola.

Una volta pubblicati i movimenti, i docenti assegnati all’ambito territoriale potranno presentare la richiesta di assegnazione a una o più scuole dell’ambito, sempre attraverso Istanze Online, indicando i titoli posseduti, che dovranno coincidere con quelli ricercati dal preside.

Non è finita qui, e per evitare di arrabbiarmi vado al verbatim da Orizzonte Scuola: “Il Dirigente scolastico esamina quindi le domande pervenute e stila una graduatoria sulla base del numero dei requisiti/indicatori posseduti (se un solo docente possiede tutti e tre i requisiti/indicatori il posto è suo). A parità, se cioè ad es. più docente possiedono tutti e tre i requisiti, si procederà in base al punteggio della mobilità. Se nessuno dei docenti possiede tutti e tre i requisiti/indicatori individuati, in questo caso si scala su chi ne possiede due, poi uno, poi neppure uno (tra questi ultimi prevale chi ha il punteggio della mobilità più elevato).”

Non vi è chiaro? Nemmeno a me. So solo che così è garantito che anche per l’inizio del prossimo anno scolastico la gran parte delle scuole italiane non sarà riuscita a coprire tutte le cattedre, perché questo meccanismo d’assunzione è talmente cervellotico e complesso da attuare, e si espone a così tante possibilità di ricorso al Tar e al Consiglio di Stato, che il danneggiamento della qualità dell’insegnamento ai nostri studenti è garantito anche per il 2016/17.

Ma allora una preghiera al sottosegretario Davide Faraone: onorevole, non ceda. Torni alla chiamata diretta limitata dall’ambito stabilita dalla 107. Tanto i docenti di scuola pubblica sono imbufaliti contro questo governo e non voteranno mai per le forze di governo: non gli perdonano di aver messo mano in un settore che veniva bellamente ignorato da tre decenni, nel quale ogni prof sapeva di dover solo replicare gli atteggiamenti di sempre, in attesa dell’agognata pensione e amen. Le assunzioni di massa ma non sotto casa, il bonus cultura da “appena” 500 euro, il bonus meritocratico da 200 a 1800 euro in più – definito elegantemente “mancetta” – il concorsone, sono tutti cambiamenti che la gran parte dei docenti non vi potrà mai perdonare. Fatevene una ragione. E tirare avanti. Senza l’ok dei sindacati. E senza supercazzole.

Scuola, mobilità insegnanti nel caos. Il Tar accoglie la richiesta dei docenti contro il Miur

da Il Fatto Quotidiano

Scuola, mobilità insegnanti nel caos. Il Tar accoglie la richiesta dei docenti contro il Miur

Il tribunale amministrativo del Lazio accoglie la richiesta dei ricorrenti contro l’ordinanza 241 del Miur che fissa le regole per i trasferimenti. Motivo? La possibile disparità di trattamento tra gli assunti nelle varie fasi, che privilegia alcuni e costringe altri all’esilio

“Così quei sei anni di tagli hanno impoverito la scuola”

da la Repubblica

“Così quei sei anni di tagli hanno impoverito la scuola”

La Corte dei conti sul periodo 2008-2014: insegnanti diminuiti del 9% e stipendi da 1.300 euro al mese. Con la riforma l’inversione di rotta

Corrado Zunino
La Corte dei conti parla molto di scuola, e in maniera dettagliata, nell’ultima relazione sul pubblico impiego. Denuncia l’impoverimento strutturale dell’Istruzione, almeno fino al 2014. Con un lavoro chiuso lo scorso maggio, le sezioni riunite in sede di controllo hanno preso in esame i sei anni della più grande crisi del dopoguerra, dal 2008 al 2014, sovrapponendoli nello specifico alle tre stagioni del “taglione” da 8 miliardi alle scuole realizzato dai ministri Tremonti-Gelmini e alle due legislature di ferrea austerity di Monti e Letta. Dice la Corte dei conti: l’accorpamento delle scuole italiane ha tolto all’istruzione un dirigente scolastico ogni tre, ora sono 7.440. Per risparmiare 63 milioni da questa voce, solo nel Lazio si sono perse 109 autonomie. In tutto, da 50mila plessi scolastici ne sono rimasti 41 mila. «Novemila edifici non sono più scuole», precisa il sindacato Anief. In quel periodo — sei anni, appunto — sono usciti dalla scuola quasi centomila dipendenti, mai sostituiti: l’8,1 per cento del totale. Gli insegnanti in sei anni sono scesi del 9,2 per cento, i docenti di religione del 10,9. Sono invece cresciuti in maniera forte, sempre fino al 2014, gli insegnanti di sostegno, nel tentativo di mettere rimedio a un ritardo atavico: all’ultima data considerata erano 75.314, il 48 per cento in più. E sono saliti — questo non si era mai detto — tecnici, amministrativi e bidelli: del 12,2 per cento.
Il lavoro dei giudici contabili presenta la questione scuola in un quadro generale che consente di sfatare alcuni miti. Innanzitutto, quello della pletora di dipendenti pubblici in Italia. I lavoratori del pubblico impiego italiano sono 3 milioni e 340 mila. Un numero che rappresenta il 72 per cento di quello dei dipendenti di Stato tedeschi, il 63 per cento di quelli inglesi, il 60 per cento dei francesi. Solo la Spagna ne ha meno.
Sul fronte dei tagli, poi, gli 8,7 miliardi sottratti al settore in Italia, pari al 5,1 per cento del Pil, sono inferiori a quelli attuati nel resto dell’Europa del Sud: l’8 per cento in Spagna, oltre il 16 per cento in Portogallo, il 23 in Grecia.
Gli occupati della scuola coprono la fetta più grande della Funzione pubblica italiana: il 32 per cento. Tuttavia, nei sei anni horribiles il milione abbondante (in discesa) dei dipendenti dell’Istruzione ha visto la sua retribuzione in calo rispetto al costo della vita. Significativamente. La spesa generale per gli stipendi è scesa del 16 per cento, da 33,5 a 28,2 miliardi. La busta paga media di un insegnante con dieci anni di anzianità, nel 2014, era di 1.280 euro il mese. Metà di quella un preside, un sesto di quella di un dirigente statale di primo livello. Gli stipendi di amministrativi, tecnici e ausiliari, poi, sono da soglia di povertà: 22.000 euro lordi all’anno.
In un passaggio, la Relazione 2016 riconosce che, nel novembre scorso, la Buona scuola ha immesso in cattedra 47mila nuovi docenti «in relazione alla creazione dell’organico dell’autonomia scolastica», invertendo sì la tendenza del taglio sul personale, «ma non riuscendo a sanare le limitazioni di organico determinate nei sei anni precedenti».

PD al contrattacco: la Corte dei Conti ha promosso la riforma

da La Tecnica della Scuola

PD al contrattacco: la Corte dei Conti ha promosso la riforma

Per il Partito Democratico, la Relazione 2016 sul costo del lavoro pubblico, con focus sulla Scuola, contiene dati confortanti ed in controtendenza.

“Accogliamo con soddisfazione, ma non certo con sorpresa, il riconoscimento della Corte dei Conti dell’indiscutibile inversione di tendenza realizzata dal governo Renzi nel settore dell’istruzione, dopo sei anni di tagli lineari che hanno impoverito in modo profondo la nostra scuola”, hanno scritto i deputati Dem Simona Malpezzi, Maria Coscia, Anna Ascani, Mara Carocci, Umberto D’Ottavio e Maria Grazia Rocchi, componenti della Commissione Cultura della Camera.

“È evidente che il costante tentativo di delegittimare il lavoro svolto dall’esecutivo trovi una risposta accurata e imparziale nella relazione in cui i giudici contabili sottolineano come estremamente positiva l’immissione in ruolo di 47 mila nuovi docenti in relazione alla creazione dell’organico dell’autonomia. Rispetto ai tagli del passato – spiegano i deputati – il governo ha deciso di investire non solo sul personale ma anche sui laboratori, sull’alternanza scuola lavoro, sulla formazione in servizio, sul merito, sull’innovazione digitale”.

“A tutti quelli che ancora oggi, senza pudore, rimpiangono i tagli del governo Berlusconi, ricordiamo solo alcune cifre: 3,3 miliardi per la Buona Scuola, 1,1 miliardo in didattica e servizi e più di 4 miliardi per numerosi interventi a sostegno dell’edilizia scolastica, questi sono i fatti”, concludono i deputati democratici.

Ora, su investimenti per l’edilizia e assunzioni, l’operato del Governo è innegabile. Su altri aspetti, ad iniziare dal precariato, tutt’altro che vinto, ma anche sul fermo stipendiale e sulla gestione (poco) democratica delle norme imposte con la Legge 107/2015, si poteva fare molto ma molto meglio.

Giannini e Faraone alla presentazione del Rapporto Invalsi

da La Tecnica della Scuola

Giannini e Faraone 
alla presentazione del Rapporto Invalsi

Domani, giovedì 7 luglio, il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, e il Sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, parteciperanno alla presentazione dell’Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione) del Rapporto delle rilevazioni sugli apprendimenti degli studenti. Le rilevazioni sono state condotte nei mesi di maggio e giugno scorso nelle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado.

A presentare il Rapporto saranno il Presidente dell’Invalsi, Anna Maria Ajello, il Direttore Generale per gli Ordinamenti Scolastici e la Valutazione del Sistema Nazionale di Istruzione, Carmela Palumbo, e il Responsabile “Area Prove” dell’Invalsi, Roberto Ricci. A moderare gli interventi sarà il Direttore Generale dell’Invalsi, Paolo Mazzoli.

L’evento si terrà presso la Sala della Comunicazione del Miur – Viale Trastevere, 76/a – dalle ore 10 alle ore 13 e potrà essere seguito in diretta streaming sul sito: www.istruzione.it.

Tagli alla scuola, meno docenti e stipendi bassi

a La Tecnica della Scuola

Tagli alla scuola, meno docenti e stipendi bassi

Nell’ultima relazione sul pubblico impiego, la Corte dei Conti ha fotografato i tagli nel settore dell’istruzione che ha portato negli ultimi sei anni la scuola in forte calo.

Nello specifico, il periodo di riferimento della Corte dei Conti va dal 2008 al 2014, e considerando i tagli da 8 miliardi a firma Tremonti – Gelmini, si evincono diversi dati significativi.

Prima di tutto la questione della riduzione dei presidi: l’accorpamento delle scuole italiane, come si legge su La Repubblica, ha tagliato un dirigente scolastico ogni tre scuole, arrivando a 7440 di presidi.
Soltanto nella regione Lazio si sono perse 109 autonomie, risparmiando 69 milioni. Sono 41 mila i plessi statali, numero in forte diminuzione se consideriamo i 50 mila del 2008.

Ma il calo, ovviamente, riguarda anche il personale: quasi centomila dipendenti sono usciti dalla scuola e, nei sei anni di riferimento non essendoci nessun ricambio, c’è stato un calo del 8,1% di dipendenti.
Nello specifico gli insegnanti sono diminuiti del 9,2%, soltanto quelli di religione cattolica del 10,2%. Impennata invece per i docenti di sostegno che, in qualche modo sono riusciti a ridurre drasticamente il gap rispetto agli standard europei, con un aumento del 48%, per un totale di 7.5314 unità.

Se i tagli, come abbiamo visto, hanno impoverito la scuola dal punto di vista strutturale, non va bene la situazione della retribuzione. Anzi.
Il rapporto dei giudici contabili evidenzia (ancora una volta), una discesa della retribuzione rispetto al costo della vita. La spesa generale degli stipendi è scesa da 33,5 a 28,2 miliari, circa il 16 % di calo nel periodo 2008-2014.

La busta paga media di un professore, nel 2014 era di 1280 euro al mese, la metà di un preside e “un sesto di quella di un dirigete statale di primo livello”, come riporta ancora La Repubblica. Anche peggio il personale ATA, con 22mila euro lordi all’anno.

Infine, il rapporto della Corte dei Conti, esprime un giudizio positivo sulla legge 107/2015, che ha arruolato 47mila docenti “in relazione alla creazione dell’organico dell’autonomia scolastica”, come riporta la relazione. Anche se però, precisano i giudici, si tratta di numeri insufficienti a sanare l’organico diminuito in modo consistente nei precedenti sei anni.

Erasmus già alle superiori? Giannini: c’è il nostro impegno, l’Europa ci segua

da La Tecnica della Scuola

Erasmus già alle superiori? Giannini: c’è il nostro impegno, l’Europa ci segua

L’Erasmus? Oggi più che ieri è diventato il simbolo della speranza, la fiamma per il rilancio dell’Europa.

A dirlo è stato il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini nel suo intervento tenuto il 6 luglio al convegno “Erasmus+ e il successo made in Italy” organizzato oggi in Campidoglio dall’Agenzia nazionale Erasmus+Indire in collaborazione con il Miur.

L’Erasmus – oltre 3 milioni e mezzo di studenti europei coinvolti dal 1987, 350 mila italiani – “è il programma-simbolo della nostra Europa e in questo momento particolare”, dopo la scossa Brexit, ha tenuto a dire Giannini.

Per il ministro è giunta l’ora però di accelerare sul progetto che ha fatto girare l’Europa a più generazioni di studenti. Perché oggi l’Erasmus è un’esperienza riservata solo all’1,2% della popolazione giovanile interessata, ma il fatto che la Commissione Ue nell’ultimo budget abbia incrementato del 40% le risorse dimostra che c’è la “consapevolezza che l’Erasmus debba diventare il volano dell’agenda europea dal 2017”, ha sottolineato Giannini.

Ci sono tre passaggi obbligati, per il responsabile del Miur: “La prima mossa – ha detto- la sta facendo la Commissione con l’apertura dell’Erasmus ai Paesi extra Ue; la seconda, più a carico dei governi nazionali, è quella di estendere il più possibile l’ esperienza Erasmus ai giovanissimi, ai ragazzi delle scuole; la terza mossa, da fare insieme – Europa e governi nazionali – è fare in modo che l’Erasmus si estenda non solo nello spazio e nell’anagrafe ma anche nella società (apprendistato, esperienze di lavoro all’estero”.

E quest’ultima doppia “mossa” sarebbe pure agevolata dalle norme incluse nella Buona Scuola, proprio a favore delle forme di alternanza scuola-lavoro, a livello di studenti delle superiori, da sostenere pure all’estero.

A questo, si associa l’impegno affinché i programmi di mobilità ricevano maggiori investimenti.

Il direttore dell’Agenzia nazionale Erasmus+Indire, Flaminio Galli, ha ricordato che nell’anno accademico 2015/2016, sono 2.489 le istanze accordate su 8.983 mobilità richieste. La maggior parte dei fondi è stata assegnata agli studenti, 1.210 in entrata e 458 in uscita; una parte minore è destinata ai docenti (320 in ingresso e 277 in partenza).

Oggi l’Erasmus si “consuma” in prevalenza nei paesi del Mediterraneo seguiti dall’area dei Balcani occidentali e dai paesi del partenariato orientale (Armenia, Bielorussia, Georgia ecc.).

Per il 2016-17, ricorda l’Ansa, il budget messo a disposizione per l’Italia è incrementato del 13%, anche in ragione dell’ ampliamento ai paesi partner dell’area africana, caraibica e pacifica; in questa seconda annualità i fondi finanzieranno 1.986 mobilità in entrata e 1.116 in uscita.

Tra le università italiane che attraggono più studenti dal resto del mondo, La Sapienza di Roma è al primo posto, seguita dall’università degli studi di Milano, dall’Alma Mater di Bologna, dall’università di Padova e dal Politecnico di Torino. Rispetto alla mobilità verso i paesi extra Ue i primi 5 atenei per numero di studenti in partenza sono l’Alma Mater, la Ca’ Foscari di Venezia, l’università della Tuscia, il Politecnico di Milano e l’università di Parma.

Pensione anticipata, tutti d’accordo

da La Tecnica della Scuola

Pensione anticipata, tutti d’accordo

Dai parlamentari PD continuano ad arrivare dichiarazioni favorevoli all’uscita anticipata dei lavoratori rispetto agli alti parametri imposti dalla riforma Fornero.

Dopo le parole di Cesare Damiano e Maria Luisa Gnecchi, presidente e capogruppo Pd della commissione Lavoro alla Camera, che hanno comunicato il raggiungimento delle 50mila firme a favore della petizione a sostegno della flessibilità delle pensioni, nella stessa giornata del 6 luglio sono giunte quelle di Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, in diretta a Omnibus, su La7.

“La burocrazia – ha detto Boccia – cambia pelle se ingloba nuove generazioni e questa deve essere una scelta di tutto il Parlamento, favorendo l’uscita di chi è vicino alla pensione”.

Secondo l’on. Boccia, “il problema della nostra pubblica amministrazione è la carenza di giovani digitali, risorse essenziali in grado di rivoluzionare cambiando metodi e comportamenti la vecchia macchina burocratica italiana. Sarebbe una scelta rivoluzionaria immettere nel motore della PA 20 mila ventenni digitali; i tribunali, come i comuni e altri uffici pubblici, oggi sono anche dotati di tecnologie ma mancano le nuove risorse. Cosa te ne fai di un tablet se poi c’è chi non sa usarlo? A che serve mandarci gente che era nelle province se non sanno utilizzare le tecnologie? Il Governo ha fatto quello che si poteva con le risorse umane esistenti. Ora basta con questo stupido blocco del turn over”.

Boccia ha concluso ricordando che “abbiamo cinquantenni e sessantenni dietro gli sportelli, per strada per la sicurezza e nell’organizzazione dei servizi. Possono essere sempre delle risorse preziose, ma non innovano più. Serve cambiar passo e lo fai con l’energia e le competenze digitali dei giovani”.

Ora, il fatto che una posizione del genere, favorevole a forme di “scivolo” per svecchiare la pubblica amministrazione, arrivi da un parlamentare PD che opera in sono ad una commissione chiave, quale è quella Bilancio, è un passo in avanti importante. Ad ostacolare, in passato, soluzioni a favore dei lavoratori danneggiati dalla “stretta” sul sistema previdenziale, erano stati anche e soprattutto le commissioni Bilancio, in accordo con ministero dell’Economia. Nella scuola, in particolare, si ricorda la vicenda dei Quota 96, bloccati all’ultimo momento per motivi di finanza, dopo che a tutti i livelli avevano detto sì alla “ciambella” di salvataggio.

Per questi antefatti, i lavoratori si aspettano che l’on. Boccia si adoperi per rendere esecutiva la sua proposta. Possibilmente, senza che si arrivi a proposte difficilmente condivisibili e accettabili, visto che la stessa Ape – riservata ai nati tra il 1951 e il 1953 – si sta rivelando un modo per lasciare prima ma ad un prezzo altissimo.

In Parlamento ci sono diversi disegni di legge, anche bene avviati, su cui poter stringere accordi. E sapere che diversi onorevoli e senatori del partito di maggioranza la pensano allo stesso modo, è un buon punto d’inizio.

A patto che vi sia un seguito. In coso contrario, ci ritroveremmo dinanzi alla solita politica degli annunci. Una politica a cui purtroppo siamo abituati, ma di cui nessuno sente più il bisogno.

Istruzione e formazione chiavi di accesso al mondo del lavoro

da La Tecnica della Scuola

Istruzione e formazione chiavi di accesso al mondo del lavoro

L’europarlamentare Silvia Costa, Presidente della Commissione Cultura, al termine del voto in seduta plenaria con cui il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione su “Inclusione sociale e integrazione dei rifugiati nel mercato del lavoro” dove sono contenute le raccomandazioni da adottare, a livello comunitario, per facilitare l’integrazione nei Paesi europei dei rifugiati e richiedenti asilo, ha dichiarato:

“Istruzione e formazione sono le chiavi per un corretto ed efficace inserimento nel mondo del lavoro per i rifugiati e i richiedenti asilo. Se i dati dimostrano che le condizioni del mercato del lavoro dei paesi ospitanti costituiscono un fattore determinante per il successo dell’integrazione dei rifugiati diventa così fondamentale garantire per tutti, in particolare per le ragazze e le donne, l’accesso all’istruzione formale, informale e non formale, nonché alla formazione lungo tutto l’arco della vita associata all’esperienza lavorativa. Cosi come devono essere attuate procedure rigorose e trasparenti per il riconoscimento delle qualifiche ottenute all’estero, al di fuori dell’Unione europea”.

“Come relatrice del parere – prosegue Costa- ho ribadito con forza l’appello lanciato in Commissione Cultura affinché l’Ue e gli stati membri istituiscano “corridoi educativi” attraverso la promozione di accordi con le università europee e l’Unione delle università del Mediterraneo (UNIMED) per ospitare studenti rifugiati provenienti da zone di conflitto, in modo da facilitare il loro accesso al mondo delle lavoro e l’inclusione nella società civile, sulla base delle iniziative positive già adottate in materia da numerose università europee. Allo stesso tempo abbiamo chiesto che venga garantito un sostegno mirato ai bambini e ai giovani rifugiati e richiedenti asilo che entrano nel sistema scolastico, con corsi intensivi di lingua e programmi di introduzione generale, compreso il supporto pedagogico, per consentire loro di inserirsi quanto prima nelle classi regolari, perché l’istruzione non è un secondo tempo dell’emergenza umanitaria. Abbiamo chiesto alla Commissione di adottare un approccio integrato alla politica dell’UE in materia di migrazione e di aumentare la visibilità della cultura, dell’istruzione e della formazione nelle misure operative intraprese nel quadro dell’agenda europea sulla migrazione. In quest’ottica – conclude la Presidente della Commissione Cultura- è necessario continuare a dare priorità soprattutto a quelle politiche educative che abbiamo al centro il dialogo interculturale e interreligioso”.

Gissi: ma quale incremento del personale ATA, tagliato il 20% dei posti!

da La Tecnica della Scuola

Gissi: ma quale incremento del personale ATA, tagliato il 20% dei posti!

Personale ATA cresciuto in questi anni del 12,2%? Il dato, che si dice ripreso dalla relazione della Corte dei Conti sul Pubblico Impiego, compare oggi su Repubblica e appare a dir poco stupefacente, tanto che l’articolista aggiunge una chiosa (“e questo non si era mai detto”) che sarebbe del tutto comprensibile se il dato fosse vero.

Purtroppo non lo è, si tratta di un’autentica svista (non l’unica, peraltro) nella lettura dei dati riportati in una tabella che registra, nel periodo 2008-2014, l’avvenuto incremento dei posti ATA coperti con contratto a tempo indeterminato – afferma la segretaria generale della Cisl Scuola, Maddalena Gissi.

Peccato che tale incremento avvenga in un contesto di complessiva riduzione dei posti in organico, scesi (sempre stando ai dati della Corte dei Conti) dai 245.485 del 2008 ai 206.170 del 2014. Questa, ahimé, la vera realtà, che una lettura attenta dei numeri restituisce impietosamente. E la discesa purtroppo non si è arrestata, se i posti in organico di diritto del personale ATA per il prossimo anno scolastico sono ulteriormente diminuiti, scendendo a 203.534.

Dunque nessun incremento, se non una giusta e doverosa stabilizzazione del lavoro, frutto anche delle vertenze condotte nel difficilissimo periodo preso in considerazione e ancora oggi da completare, essendo ostacolata dal perdurante blocco delle assunzioni. Quella subita dagli organici del personale ATA è una secca diminuzione, che non aiuta certamente il buon andamento del servizio e ha pesanti riflessi sulle condizioni di lavoro del personale. Anche qui ci aiuta qualche numero:

  • non è calato, dal 2007 a oggi, il numero degli alunni (erano 7.742.294 nel 2007, saranno 7.727.000 nel prossimo anno scolastico, una differenza impercettibile destinata quasi certamente ad annullarsi quando si riscontreranno gli alunni effettivamente frequentati a settembre);
  • non è calato il numero delle unità scolastiche funzionanti (erano 41.862 nel 2007 – i 50.000 cui si accenna nell’articolo risalgono alla notte dei tempi – sono oggi 42.774).

Se ne ricava che a fronte di una sostanziale stabilità della popolazione scolastica e della rete di edifici che quotidianamente li ospita, dal 2007 a oggi i posti di personale ATA sono calati di quasi il 20% (da 252.261 dell’anno scolastico 2007/2008 agli attuali 203.534 – meno 19,3%).

Su questi dati occorre riflettere, a questi dati facciamo riferimento quando denunciamo la difficoltà, talvolta l’impossibilità delle scuole di rendere efficacemente il proprio servizio, mettendo a rischio in molti casi la risposta a esigenze che dovrebbero ritenersi ordinarie, come l’apertura e la chiusura dei plessi o l’assistenza agli alunni delle fasce di età più basse, o a quelli con disabilità. Se si vuole che la scuola funzioni bene, non  basta chiamarla “buona scuola”, bisogna dotarla di risorse e non di privarla addirittura di quelle indispensabili per l’ordinario funzionamento.

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