R. Dahl, Matilde

“Matilde“, romanzo per i ragazzi di Roald Dahl

di Mario Coviello

 

dahlA cento anni dalla nascita di Roald Dahl, il più grande autore per i ragazzi di tutti i tempi, la Biblioteca di Repubblica – L’Espresso, a euro 6,90 più il prezzo del quotidiano, offre “ La fabbrica di cioccolata”, questa settimana “ Il GGG” e a seguire “Gli Sporcelli”, “ Il grande ascensore di cristallo” e tanti altri.

Ho comperato e riletto la settimana scorsa “ Matilde” che ha imparato a leggere da sola a tre anni e a quattro ha già divorato tutti i libri della biblioteca pubblica. Immaginate, cari lettori, cosa ha significato per me leggere a pagina 12 che Matilde, ogni pomeriggio fuggiva dalla sua casa senza libri e a piedi correva in biblioteca “…e poi , tranquillamente seduta, trascorreva due ore meravigliose in un angolo accogliente e quieto, divorando un libro dopo l’altro….”

E quando Matilde scopre che può portare i libri a casa, trascorre nella sua stanza le ore più belle con “ Il giardino segreto “ di Frances Hodgson Burnett “ Grandi speranze”, “ Nicolas Nickleby,” Oliver Twist “di Charles Dickens e poi Jane Eyre di Charlotte Bronte, “ Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austen, “ Tess dei D’Urbanville” di Thomas Hardy, “ Il vecchio e il mare” di Ernest Hemingway. Certo Matilde non capisce proprio tutto …( pag.17) “Hemingway dice un mucchio di cose che non capisco, soprattutto sugli uomini e le donne. Però mi è piaciuto moltissimo. Ha un modo di raccontare che mi fa sentire come se fossi proprio lì, a vedere quello che succede..”

Eppure la mamma di Matilde va tutti i pomeriggi a giocare a Bingo e riscalda cibi precotti che la famiglia divora tutte le sere davanti ad un televisore a tutto volume che trasmette soap opera. Il padre vende auto usate truccate e non ha mai letto un libro in vita sua…

Alle mamme e ai papà consiglio di acquistare questo libro e di leggerlo insieme ai loro figli perché…pagina 1… “ I padri e le madri sono tipi strani: anche se il figlio è il più orribile moccioso che si possa immaginare, sono convinti che si tratta di un bambino stupendo…Il signore e la signora Dalverme ( il cognome dice tutto ) appartenevano alla seconda categoria. Avevano…una figlia di nome Matilde e nutrivano per quest’ultima la stessa considerazione che si ha per una crosta, cioè per qualcosa che si è costretti a sopportare fino al momento in cui la si può grattare via, eliminandola con un colpetto delle dita..”

E Matilde impara a difendersi da questi genitori, dal padre in particolare che tortura con geniali trabocchetti perché… (pag. 27” Le ci voleva una piccola vittoria, ogni tanto, per aiutarla a sopportare la loro stupidità e impedirle di impazzire. Ricordatevi che aveva solo cinque anni e che non è facile, quando si è piccoli, difendersi dall’enorme potere degli adulti..”

Poi Matilde va a scuola e conosce la sua maestra, la signorina Dolcemiele che da subito coltiva i lsuo genio contro i genitori ottusi e soprattutto contro la direttrice “ Spezzindue”.” Di solito per dirigere una scuola si scelgono persone che possiedono particolari qualità: devono capire i bambini e i loro bisogni, essere comprensive, giuste e colte. La signorina Spezzindue non aveva nessuna di queste qualità.. era un donnone davvero colossale..” Vero terrore dei grandi e dei piccoli che si diverte a punire rinchiudendoli in un armadio pieno di chiodi, lo Strozzatoio. La direttrice lancia in aria i poveri ragazzi che gli capitano a tiro, e li solleva per le orecchie.

E Matilde scopre di avere un grande potere, muove gli oggetti con la forza dello sguardo e grazie a questi poteri e alla sua intelligenza libererà la scuola dalla signorina Spezzindue.

L’intelligenza e la cultura, sembra dirci l’autore, sono le uniche armi che un debole può usare contro l’ottusità, la prepotenza, la cattiveria.La scrittura di Roland Dahl è accompagnata dalle illustrazioni di Quentin Blake che ne sottolineano l’ironia divertita.

Tornate bambini e leggete con i vostri piccoli “ Matilde “. Non ve ne pentirete.

Neuroscienze e buona didattica

Neuroscienze e buona didattica

di Adriana Rumbolo

1) L’empatia è la capacità di “mettersi nei panni dell’altro” percependo, in questo modo, emozioni e pensieri. E’ un termine che deriva dal greco, en-pathos “sentire dentro”, e consiste nel riconoscere le emozioni degli altri come se fossero proprie, calandosi nella realtà altrui per comprenderne punti di vista, pensieri, sentimenti, emozioni e “pathos”.Qualità indispensabile per chi vuole dedicarsi all’insegnamento.

2) Non trascurare occasioni per evidenziare una buona qualità di  ogni soggetto perchè si senta partecipe e non enfatizzare  un qualsiasi difetto di apprendimento.

3) Programmi si, ma sempre in dinamismo interdisciplinare
Il cervello non conosce  muri soprattutto invalicabili
Se non si rispetta la sua struttura, allora potrebbe costruirselo lui  “un muro” che lo salvi da una realtà invasiva e prigioniera.

4) Perchè  un’esperienza di apprendimento riesca  il cervello la deve accogliere bene. Ciò avviene se è stato risvegliato il suo interesse.e allora ci sarà  lo spacchettamento  perchè il contenuto dell’apprendimento  possa essere ricostruito  più conforme alla struttura cerebrale del soggetto stesso.

Frugando nell’archivio, la memoria,  lo elaborerà con le esperienze passate,  qualche volta scomodando anche l’inconscio,  mescolandosi ai colori delle emozioni coinvolte,  e alla fine se tutto è andato bene,   il soggetto avrà fatto una nuova  esperienza,   dopo averla personalizzata,  e uscendo da scuola non dirà sempre:”Che noia,la scuola è proprio inutile!”

Movimento , musica(v. video Beppe rocca “musica e  neuroscienze”) per non cadere mai nell’errore cartesiano.

Corpo e mente sono continuamente collegati in una fitta rete di informazioni e di  risposte , guai a pensarli separati.

A un  soggetto non sono sufficienti due ore di educazione fisica alla settimana su complessive 35 ore di  lezioni e soprattutto  non permettere mai che la  musica , la  creatività  siano lasciate fuori dalla classe,   appese come i cappotti: il cervello ne soffrirebbe troppo e non coopererebbe all’apprendimento.

Nuovo Modello Energia Eco-Compatibile

Nuovo Modello Energia Eco-Compatibile nel quadro innovativo della bio-economia circolare  in area Geotermica in Toscana.

 

Premessa all’incontro con il Distretto Tecnologico Energie Rinnovabili della Regione Toscana del 15/07/2016

 

 

La transizione verso un’economia circolare rappresenta un cambiamento sistemico che tende ad integrare i business di impresa per ottimizzare l’adozione di una produzione cooperativa capace di stimolare un indotto di sviluppo socio economico del territorio geotermico della Toscana. In tale contesto divengono aree prioritarie di intervento la gestione economica di sottoprodotti quali il calore residuo dalla produzione di elettricità geotermica e la anidride carbonica estratta dal sottosuolo.

EGOCREANET in qualità di infobroker dell’innovazione delle relazioni tra sviluppo delle conoscenze ed impresa, si è proposta di sviluppare un piano di comunicazione e di favorire le relazioni tra imprese, in modo che diversi processi di produzione dell’Energia Geotermica (elettricità e calore) e della produzione e commercializzazione della CO2, vengano rivisti oggi nel quadro della transizione verso la bio-economia circolare e dei processi eco-compatibili di “decarbonizzazione dell’economia”(1). In tal modo diviene possibile rendere prioritaria una strategia di utilizzazione del calore geotermico e delle emissioni di CO2 dal sottosuolo, a netto vantaggio dei processi innovativi di produzione agricola e vivaistica in serra e di quelli per la essiccazione di varie produzioni agro-forestali (funghi, castagne, frutta secca. ecc.) e quelli di sviluppo dei vari processi di fermentazione alimentare (vino, birra, latte, formaggi, prosciutti, ecc.) ed altri, così che possano ricavare dalla condivisione dei business di impresa una più completa valorizzazione di insieme, capace di aumentare la catena del valore mediante una maggiore correlazione fra ricerca ed innovazione di impresa. In questa strategia di innovazione strategica, una particolare attenzione è stata messa a punto nell’individuazione delle possibilità di cogestione del Calore Geotermico e di CO2 per la produzione di nuovi prodotti, tra essi la “realizzazione di biomassa di microalghe, utilizzabile per integratori alimentari ad elevate qualità nutraceutiche”.(2)

Le azioni di comunicazione, realizzate recentemente da Egocreanet, sono state: l’organizzazione di un convegno presso i Georgofili in Firenze(3) e vari seminari ed incontri con le parti interessate e la proposta e la animazione di progetti mirati a realizzare la suddetta complessa strategia di bio-economia circolare, che riguarda oltre alla produzione e le caratteristiche di efficienza delle energie rinnovabili, in specialmodo i settori chiave della utilizzazione dei sottoprodotti della Energia Geotermica.

Tali attività di promozione e divulgazione di innovazione strategica, sono state svolte per creare le condizioni di consenso in base alle quali gli sviluppi della energia green in Toscana, inseriti nel quadro Europeo della bio-economia circolare(4) possano essere compresi dai vari stakeholder pubblici e privati e quindi prosperare in modo che le risorse economiche e sociali e di know how possano essere mobilitate contemporaneamente per creare dinamiche sinergiche di sviluppo territoriale.

L’innovazione strategica, vista in termini di “friendly competition(5) avrà pertanto un ruolo chiave in questo cambiamento sistemico basato su un nuovo “modello energetico di sostenibilità-green” che in sostanza conduce a riflettere e ripensare sul necessario cambiamento delle tradizionali modalità lineari di sviluppo del business aziendale competitivo proprio di ogni singola impresa.

 

Aree di intervento strategico promosse ed attivate recentemente con la partecipazione di EGOCREANET:

  • Studio di Fattibilità sulla Coltivazione della Microalga “Spirulina” in ambiente Geotermico. Collaborazione ENEL, COSVIG, Univ.Firenze, CNR-ISE(6)
  • Indagine sulla rimozione di CO2 alimentare da Radon e purificazione da altri residui inquinanti. Idea progettuale attualmente condivisa da Rivoira-Gas, COSVIG, ENEL e coordinata dal Sindaco di Pomarance (PI).
  • Promozione del Gruppo Operativo sul tema “Valorizzazione Geotermica della Produzione Agro-Forestale”, in risposta al Bando Regionale AGRI-PEI 2016. Partner Diretti ed Indiretti sono: Imprese Agricole, CNR-IVALSA, con il coordinamento del Sindaco di Montieri (GR) ed il coinvolgimento dei comuni di Massa Marittima e di Monterotondo Marittimo e dell’Unione Comuni Montana Colline Metallifere. Il progetto è basato sull’utilizzazione del calore geotermico in serricoltura per la produzione di orto-frutta e l’utilizzazione di CO2 ad elevata concentrazione (tra 800 e 1200 ppm) come fertilizzante della produzione vegetale(7).
  • Proposta di realizzazione di una Cordata Europea per la partecipazione alla call Horizon BG-08-2017 (deadline: 14:02:2017) sul tema: “Innovative sustainable solutions for improving the safety and dietary properties of seafood”. Principali interessati ad attivare la collaborazione: Università di Firenze – Prof.ssa Giuliana Parisi, CNR-ISE – Dr.ssa Graziella Chini Zittelli, Dr. Francesco Lenzi – Maricoltura Rosignano Solvay, dr. Marco Gilmozzi – Biologo c/o COSA Società Agricola a.r.l. Vice Presidente FEAP (Federazione dei Produttori d’Acquacoltura Europei). Questa idea progettuale è basata sulla utilizzazione di Micro-alghe per incrementare la qualità della mangimistica della acqua coltura e della mari-coltura.(8)

 

Conclusioni

In questo incontro richiediamo di poter collaborare come ONG-EGOCREANET con il Distretto Tecnologico Energie Rinnovabili, per attivare ogni Risorsa Energetica Green al fine di migliorare le attività economiche e di impresa del territorio geotermico toscano, favorendo uno sviluppo strategico innovativo, nell’interesse produttivo e sostenibile teso a valorizzare le specificità energetiche e le risorse biologiche del mondo agricolo e forestale locale, al fine di creare un indotto di imprese capaci produrre alimenti e mangimi sicuri, realizzati con modalità innovative basate su nuove tecnologie e conoscenze, e nell’insieme capaci di avviare una nuova catena del valore fondata su nuovi e rinnovati processi produttivi propri della moderna bio-economia circolare.

 

 

Paolo Manzelli e Marcello Traversi

EGOCREANET: <egocreanet2016@gmail.com>

 

 

Biblio on line:

(1)     https://www.edscuola.eu/wordpress/?p=78006

(2)     https://www.edscuola.eu/wordpress/?p=77523

(3)     http://met.provincia.fi.it/news.aspx?n=216291

(4)     http://ec.europa.eu/environment/circular-economy/index_en.htm

(5)     http://www.caosmanagement.it/archivio-riviste/36-numero-98/289-friendly-competition-transdisciplinarita-e-crescita-culturale-per-la-formazione-giovanile

(6)     http://www.alghe.org/2016/alghe/le-alghe-geotermiche-che-creano-lavoro

(7)     https://www.edscuola.eu/wordpress/?p=79034

(8)            Algae & Fish Meal: http://www.thefishsite.com/articles/1767/the-use-of-algae-in-fish-feeds-as-alternatives-to-fishmeal

#ScuolalCentro

#ScuolalCentro,
il Ministro Giannini in visita all’Istituto Valente di Roma
“Vogliamo una scuola veramente aperta al territorio”

Questa mattina il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, ha visitato l’Istituto Comprensivo Giovan Battista Valente, una delle 93 scuole di Roma che resteranno aperte questa estate grazie al progetto del Ministero ‘La Scuola al Centro’.

“Tra Milano, Roma, Napoli e Palermo sono 400 le scuole che hanno aderito al progetto. E questo è solo l’inizio di un modello di scuola veramente aperta al territorio. è un modello voluto da tanto e finalmente ci siamo”, ha spiegato il Ministro Stefania Giannini. “Dare la possibilità a questi ragazzi di continuare a stare assieme e di fare cose molto belle come la musica, il teatro, lo sport – ha aggiunto il Ministro -, è una ricetta semplice che però mancava nella nostra scuola”.

Nel progetto sono coinvolte scuole di aree a maggior rischio di dispersione scolastica o ad alto tasso migratorio. A settembre – attraverso finanziamenti del PON Scuola – è previsto un ulteriore stanziamento per allargare la copertura a tutto il territorio nazionale. Le scuole possono svolgere le proprie attività in collaborazione con altri istituti scolastici, con enti locali, università, associazioni, cooperative.

I fondi a disposizione per ciascuna scuola possono essere utilizzati per pagare le attività e i materiali didattici e il personale. Il finanziamento assegnato è di 5,8 milioni sui 10 messi a disposizione dal bando. I fondi non assegnati questa estate saranno utilizzati per la seconda tranche del progetto. Nelle prossime settimane il Ministro visiterà le scuole delle altre città coinvolte.

I pregiudizi hanno le gambe corte

Superando.it del 08-07-2016

I pregiudizi hanno le gambe corte

di Carlo Giacobini

L’INPS ha pubblicato in questi giorni il suo consueto Rapporto Annuale e il documento contribuisce questa volta a smontare alcune bufale e pregiudizi, che «Superando.it» stigmatizza, in aurea solitudine, da almeno due anni e mezzo. Presunti abusi, presunti picchi territoriali nella concessione dell’indennità di accompagnamento, presunte ricchezze vengono infatti letteralmente sgretolati dalla lettura del Rapporto.

Anche a un pur abile e scafato professionista come Carlo Cottarelli, a suo tempo commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica, scapparono alcuni svarioni in tema di invalidità civile e di indennità di accompagnamento, che «Superando.it» segnalò subito, ma in aurea solitudine…

Ve lo ricordate Carlo Cottarelli? Sì, Cottarelli, il commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica, prima di essere silurato da Renzi forse per il suo eccesso di rigore. Aveva condotto una profonda analisi in funzione della spending review, disamina tanto ramificata che forse qualche svarione era scappato pure a lui, pur abile e scafato professionista.
Una bufala di sicuro riguardava – ora è evidente – gli invalidi civili e le indennità di accompagnamento. Al tempo fummo in pochissimi ad evidenziarla, pur a fronte dell’ennesima demagogica campagna di stampa. Vi cascarono a piè pari anche illustri commentatori di ancor più illustri testate giornalistiche. Talvolta in malafede.

Nei primi mesi del 2014, dunque, il commissario Cottarelli, ancora in grande auge, presentò le sue Proposte per una revisione della spesa pubblica (2014-2016) e fra gli interventi vagheggiati c’erano anche due ipotesi di azione sulle provvidenze assistenziali riservate agli invalidi, ciechi e sordi civili.
Gli interventi derivavano dalla constatazione di presunti «picchi territoriali» nella concessione delle provvidenze assistenziali, in particolare rivolte agli anziani invalidi, non giustificabili – a parere del Commissario – dai flussi demografici, e quindi potenzialmente imputabili ad «abusi» (così definiti dal testo diffuso). In alcune Regioni il numero delle provvidenze economiche agli invalidi civili sarebbe risultato, infatti, percentualmente molto superiore a quello delle stesse concesse in altre Regioni.
Insomma: a giudizio del Commissario c’era del marcio! Stampa e improvvisati analisti, oltre che qualche politico, calvacarono alla grande la “notiziona”, vellicando la pancia dei lettori più irascibili, stimolando quella dei più distratti, soffiando sui luoghi comuni e sul pregiudizio.
Il Commissario Straordinario suggeriva, dunque, due ordini di interventi. Il primo di controllo sugli “abusi”, il secondo di un’indifferibile introduzione della prova dei mezzi (limite reddituale sulle indennità di accompagnamento).

Al tempo contestammo l’analisi proposta [in fondo alla pagina e nella colonnina a destra rimandiamo agli articoli e agli studi pubblicati fra marzo 2014 e settembre 2015, N.d.A.], con motivate e circostanziate controdeduzioni, bellamente ignorate dalla stampa, sia generalista che di settore.
Facevamo in pratica rilevare come gli “strani picchi” di Cottarelli fossero spiegabili senza ricorrere all’abusata teoria degli abusi: le Regioni con la più alta spesa sociale rivolta agli anziani sono anche quelle con la minore spesa per trattamenti assistenziali agli invalidi civili ultrasessantacinquenni. In altre parole, meno si spende per gli interventi e i servizi sociali e più le persone ricorrono all’indennità di accompagnamento. Ma nell’esame di Cottarelli mancava anche qualsiasi riferimento a possibili e probabili differenze epidemiologiche, reddituali, sociali.
La stessa abborracciata affermazione che vi fossero pochi controlli e disparità nei criteri di accertamento cozzava con l’evidenza dei fatti: 1.250.000 controlli straordinari dal 2009 al 2015 concentrati proprio nelle Regioni “incriminate”, e un sistema di accertamento a doppio livello (ASL più INPS), con il coinvolgimento di decine di migliaia di medici e milioni di visite ogni anno.
Per inciso, sui costi di queste verifiche e sull’attuale sistema di accertamento di invalidità non è stato effettuato alcun controllo di spesa né, peggio, proposta di revisione della stessa.
A settembre del 2015, chi scrive – assieme a Daniela Bucci, responsabile di «Condicio.it – Dati e cifre sulla condizione delle persone con disabilità», presentò l’ennesima analisi di dettaglio ad un convegno della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). Si trattava del report intitolato Persone con disabilità in Italia, fra dati ufficiali e luoghi comuni, ove si smontava ulteriormente la tesi di Cottarelli che comunque imperversava ancora nella peggiore stampa e nei più urlati talk-show.

«Bella storia: ma qual è ’a morale?», ci chiederebbe impaziente Gigi Proietti. Aspetta. La storia ha una nuova puntata… Il Rapporto Annuale INPS 2015, presentato un paio giorni fa. Ed è una fonte dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, non di una chiacchiera alla “Trattoria dei buiaccari” o tratta da una paginetta movimentista di Facebook!
E questa volta non siamo noi, ma l’INPS a prendere sonoramente a ceffoni (pur fra ironici condizionali) la teoria dei “picchi territoriali” e il pregiudizio che l’accompagna (le pagine sono quelle dalla 87 in poi). Afferma infatti l’INPS che «una parte importante della variabilità territoriale nel numero di beneficiari dell’indennità di accompagnamento possa essere spiegata dalla struttura demografica, da misure della pressione epidemiologica e dal contesto socio-economico osservato nel contesto territoriale di riferimento».
Oltre all’attenta lettura dei dati epidemiologici (patologie soprattutto oncologiche) differenti per Provincia, che spiegano ancora i picchi territoriali, l’Istituto indica come «particolarmente significativa […] la relazione tra numero di indennità di accompagnamento erogate e le variabili di contesto economico, mostrando come le prestazioni […] siano più diffuse nelle province più povere: il numero di beneficiari infatti è inferiore nelle province con più alto valore aggiunto pro-capite e con un importo medio dei redditi da pensione più alto. Si nota infine che maggiore è la disuguaglianza nei redditi da pensione individuali maggiore è il numero di beneficiari di indennità di accompagnamento a livello provinciale».
Ma non è tutto; prosegue il Rapporto INPS: «L’analisi parrebbe suggerire che in alcuni contesti territoriali altre caratteristiche […] (tra queste ad esempio, il differente grado di copertura e di spesa dei comuni per sostegno ad anziani e disabili) contribuiscono a spiegare la variabilità del numero di beneficiari di indennità di accompagnamento ma potrebbero anche segnalare i casi dove i criteri di eleggibilità potrebbero essere applicati con minor rigore».
Insomma, quand’anche fosse vero che in alcuni contesti le commissioni sono più di “manica larga” (il che rimane da dimostrare), ciò, guarda caso, accade dove è infima la spesa per servizi sociali e socio-sanitari per gli anziani e le persone con disabilità.

Ne abbiamo dunque a sufficienza per seppellire la teoria degli “abusi” e dei “picchi territoriali” e per aprire piuttosto una seria riflessione sulle politiche per l’inclusione, di contrasto alla povertà e all’impoverimento che – quelle sì – patiscono di vergognosi picchi territoriali.
E a proposito di povertà… anche il vecchio refrain secondo cui si può qualificare (dicono così) la spesa assistenziale, ponendo dei limiti reddituali all’indennità di accompagnamento, viene smantellato da un’austera tabella a pagina 86. Vi scopriamo infatti che il 68,8% dei titolari di indennità di accompagnamento ha un reddito compreso fra 0 e 15.000 euro e che il 95,2% dei titolari sta sotto i 30.000 euro, mentre solo lo 0,7% (13.000 persone) contano su un reddito o una pensione sopra i 50.000 euro. Con gli 80 milioni di spesa assistenziali corrispondenti non è che si qualifichi un granché, come non si fanno “le nozze con i fichi secchi”.
Insomma, anche la fandonia della “moltitudine dei ricconi” che percepiscono comunque l’indennità di accompagnamento è da archiviare con ignominia, con buona pace di chi vi ha costruito articolate elaborazioni per un futuro secondo o terzo welfare.

Siamo certi – ahinoi! – che tali evidenze non conteranno sull’enfasi demagogica di cui ha goduto la tesi degli abusi territoriali. Ma tant’è: le bugie hanno la lingua lunga, ma le gambe corte.

Carlo Giacobini,
Direttore editoriale di «Superando.it».

Per approfondire ulteriormente i temi trattati, consultare innanzitutto i testi pubblicati dal nostro stesso giornale e indicati nella colonnina qui a destra. E inoltre:
– INPS, Rapporto annuale 2015.
– Persone con disabilità in Italia, fra dati ufficiali e luoghi comuni (settembre 2015).
– Indennità di accompagnamento, “abusi” e spending review (marzo 2014).

LA 107 COLA A PICCO

LA 107 COLA A PICCO

A questo punto DIRIGENTISCUOLA ritiene che gli sforzi degli eroici raccoglitori di firme – oltre due milioni, si dice – per il referendum abrogativo dei fondamentali istituti della legge 107/15 sulla pessima scuola potrebbero rivelarsi inutili.

Dopo che l’Amministrazione e i Sindacati di comparto, saltando tranquillamente i vincoli di legge, avevano già provveduto a sterilizzare, in via pattizia, le potenzialità innovative degli ambiti territoriali – con la sostanziale reintroduzione dei tradizionali automatismi fatti di precedenze, carichi familiari, anni di anzianità, assegnazioni provvisorie, utilizzazioni e accidenti vari, tipici della gestione di un personale fungibile e impiegatizio – sarebbe ora stato siglato, in sede politica, un ulteriore accordo per vanificare anche la c.d. chiamata diretta dei docenti.

A giudizio del vero ministro dell’Istruzione, Davide Faraone, si tratta di un’ottima intesa che consentirà alle scuole di individuare gli insegnanti che ritengono più adatti alla loro offerta; che dopo la firma definitiva – all’incirca a metà luglio – prevederà una successiva sequenza contrattuale per dettagliare la prefigurata farraginosa procedura al fine di eliminare qualsivoglia discrezionalità di scelta per il dirigente scolastico, così evitandosi quella deregulation selvaggia che la legge 107 avrebbe consegnato al suo arbitrio.

Che dire? Un magnifico ritorno al passato sotto – neanche troppo – mentite spoglie!

Resterebbe, per il vero, ancora in sospeso, ma pensiamo per poco, la partita del bonus premiale. E qui il non meno pervicacemente preteso approdo alla sua contrattabilità – dato che le contrarie norme imperative sono considerate poco meno di un optional – parrebbe facilitato da comportamenti di alcuni colleghi – sempreché le fonti che li riportano siano da stimare fedeldegne – che, quale precondizione della sua attribuibilità, richiedono per i docenti prescelti il godimento di ottima salute o l’assenza di squilibri mentali, personalmente accertati con telefonate a medici curanti e a psichiatri.

Referendum scuola, depositate in Cassazione oltre 2 milioni di firme: 515mila a quesito

Referendum scuola, depositate in Cassazione
oltre 2 milioni di firme: 515mila a quesito

I promotori dei 4 quesiti abrogativi di altrettanti punti della legge 107, la “cattiva scuola” scritta dal premier Renzi e dalla ministra Giannini hanno consegnato questa mattina le scatole contenenti le firme raccolte in tutta Italia.

Un ottimo risultato che corona tre mesi di impegno diffuso in tutto il Paese, dove decine di migliaia di attivisti e attiviste hanno portato avanti una campagna di raccolta firme che ha fatto seguito alla mobilitazione straordinaria dell’autunno scorso contro questa riforma.

La consegna delle firme in Cassazione, inizialmente prevista per il 5 luglio, è slittata di due giorni per il previsto imminente arrivo di numerosi altri moduli, grazie ai quali il numero complessivo di firme ha superato i 2 milioni. Andare oltre sarebbe stato controproducente perché le eventuali nuove firme non avrebbero minimamente compensato le tantissime raccolte su moduli vidimati nei primi giorni della campagna. Come è noto infatti, i moduli vidimati per la raccolta hanno validità tre mesi.

L’ottimo lavoro svolto dai raccoglitori nei banchetti, nei luoghi di lavoro e nelle sedi dei sindacati e dei comitati, riscontrato in questi giorni di controllo e inscatolamento, nonostante le enormi difficoltà riscontrate, fa ben sperare per l’esito finale di questa campagna.

Per il momento rimangono la soddisfazione di un traguardo raggiunto e l’immensa gratitudine a tutti i militanti e le militanti che lo hanno reso possibile.

Italia a “tre velocità”: bene il Nord, nella media il Centro. Il Sud maglia nera, e con “l’aiutino” dei prof ai ragazzi

da Il Sole 24 Ore

Italia a “tre velocità”: bene il Nord, nella media il Centro. Il Sud maglia nera, e con “l’aiutino” dei prof ai ragazzi

di Claudio Tucci

La “rivincita” degli istituti tecnici che soprattutto al Nord-Est e Nord-Ovest si scrollano di dosso l’etichetta di “scuole di serie B” e ottengono ottimi risultati (perfino meglio dei licei); il Centro, che si mantiene nella media nazionale, con punte di eccellenza nelle Marche, e il Lazio che migliora rispetto allo scorso anno, specie nelle scuole del primo ciclo (primarie e medie). Tutto il Sud resta invece in difficoltà, tranne l’eccezione positiva della Puglia, e continua a far registrare comportamenti “anomali”, come l’aiutino dato agli alunni da parte dei docenti nello svolgere le prove: in Calabria questo fenomeno (in gergo tecnico si chiama “cheating”) inizia già alle scuole primarie; in Sicilia e Campania, emerge dalle medie in sù.

Il rapporto
I vertici dell’Invalsi, Annamaria Ajello, Paolo Mazzoli e Roberto Ricci, hanno illustrato ieri al Miur gli esiti delle rilevazioni degli apprendimenti in italiano e matematica svolti a maggio nelle classi seconda e quinta primaria e seconda superiore (in terza media le prove fanno parte dell’esame di Stato di giugno, ma presto potrebbero uscirne). Sul fronte degli apprendimenti si conferma un’Italia a diverse velocità tra le singole regioni. Anche se, rispetto allo scorso anno, quando la sommistrazione dei test coincise con le proteste contro la riforma della scuola all’esame del Parlamento, e ci fu un discreto boicottaggio, quest’anno la partecipazione degli istituti è stata pressochè totale visto che le rilevazioni hanno coinvolto 2,2 milioni di ragazzi, 12.133 scuole, 115.739 classi (di cui 6.750 “campione”, cioè con la presenza del personale ispettivo).

I risultati principali
A livello territoriale, il divario Nord-Sud inizia dalla seconda primaria, per poi accentuarsi nelle classi successive. In genere, si va meglio in italiano, peggio in matematica; e le ragazze ottengono risultati migliori rispetto agli studenti maschi. Entrando un pò più nel dettaglio, le maggiori difficoltà, in italiano, si hanno nell’affrontare testi espositivi, argomentativi e discontinui, probabilmente perchè sono meno praticati nell’attività scolastica. Nelle prove di matematica, invece, è stato dato ampio spazio ai quesiti di argomentazione e di rappresentazione di strategie risolutive poiché essi si riferiscono ad ambiti di competenza strategici. Si confermano risultati ancora non pienamente soddisfacenti e fortemente differenziati nel Paese.

Al Settentrione istituti tecnici al top (meglio dei licei)

da Il Sole 24 Ore

Al Settentrione istituti tecnici al top (meglio dei licei)

di Alessia Tripodi

Le scuole tecniche e professionali del Nord Est e Nord Ovest si scrollano di dosso l’etichetta di serie B: Veneto, Lombardia e Piemonte ottengono i risultati migliori; e i voti sono addirittura più elevati dei licei. Lo dicono i dati contenuti nel rapporto sulle prove Invalsi 2016 presentato ieri dal Miur. Per il dg Carmela Palumbo ciò testimonia che «dove l’offerta funziona e il sistema è di qualità studenti e famiglie scelgono la scuola senza pregiudizi».

Mezzogiorno in ritardo
Tra gli altri dati che emergono dal rapporto Invalsi c’è la tendenza positiva per le prove di Italiano nelle regioni del Nord, nelle Marche e in Umbria, mentre per quanto riguarda la Matematica si rafforza rispetto agli anni scorsi la polarizzazione delle differenze negli esiti, con Nord e Marche in vantaggio e Sud in svantaggio.
Nel Mezzogiorno, dice ancora l’Invalsi, la variabilità dei risultati tra scuole e tra classi resta ancora elevata, con «un impatto molto preoccupante – dice il rapporto – sull’equità del sistema educativo di queste aree del Paese». Una differenza che si riflette anche in termini di efficacia delle scuole: secondo l’Invalsi, infatti, nelle regioni del Sud è molto più alta la quota di scuole che ottengono risultati più bassi.
Si conferma, infine, la capacità della scuola italiana di «realizzare l’inclusione». Anche se i risultati degli alunni immigrati restano distanti da quelli degli italiani, i numeri del rapporto evidenziano una «considerevole riduzione» di questo divario per gli stranieri nati nel nostro Paese e che, solitamente, hanno frequentato tutto il ciclo scolastico in Italia.

«Innovazione sempre al primo posto. E renderemo più agevole il lavoro dei docenti»

da Il Sole 24 Ore

«Innovazione sempre al primo posto. E renderemo più agevole il lavoro dei docenti»

di Claudio Tucci

Presidente Ajello, abbiamo sentito i risultati: il boicottaggio è stato nullo, ma il cheating…?
Direi che le prove hanno ripreso il cammino abituale dopo gli strattoni, per così dire, del boicottaggio dell’anno scorso: l’adesione è stata pressocché totale; c’è tuttavia un elemento nuovo, l’ incremento del fenomeno del cheating – l’aiutino dato agli alunni da parte del docente o da parte di altri alunni – nelle zone del Paese in cui è più solitamente presente, a mio giudizio anche in conseguenza della decisione di pubblicare i risultati delle prove nel Rapporto di autovalutazione (Rav) della scuola. E’ un aspetto che va considerato con attenzione, perché mina la relazione di fiducia, istaurata mediante la compilazione del Rav da parte delle scuole. Nel richiedere l’autovalutazione infatti, l’amministrazione centrale mostra di fidarsi delle scuole e devo dire che la fiducia è ben riposta, visto che dai primi dati di analisi dei Rav risulta che le scuole non si sopravvalutano, anzi usano la gamma dei punteggi in modo articolato. E allora c’è da chiedersi: perché alcuni docenti “barano”? La risposta che mi sto dando è che questo comportamento sia dovuto al mancato adeguamento della didattica da parte di questi docenti all’obiettivo di fornire agli studenti che le prove Invalsi vogliono verificare. Questo dovrebbe essere uno sprone per quegli insegnanti, per i quali l’aggiornamento risulta evidentemente più impegnativo. In taluni casi quindi si sceglie la via breve dell’imbroglio, senza pensare alle conseguenze anche etiche che simili comportamenti possono avere sugli alunni.

E come può essere contrastato?
Innovando: è in via di sperimentazione la somministrazione delle prove al computer che renderà più agevole lo svolgimento e libererà i docenti dal gravoso compito di digitare i risultati degli studenti. Si ridurrà così anche il fenomeno del cheating perché la sequenza dei quesiti sarà diversa per ogni studente e la correzione sarà automatica

Sono tutte qui le novità per il prossimo futuro?
Ve ne sono altre che produrranno mutamenti importanti negli anni a venire. Stiamo avviando un progetto di ricerca con alcuni paesi europei e dell’America Latina per studiare una particolare competenza, quella dell’imparare a imparare. Obiettivo di questo studio è quello di indagare, oltre alle caratteristiche cognitive, già note in letteratura, anche quelle di tipo culturale che la influenzano fino a connotarla.
Proprio la possibilità di includere in uno studio comparativo diverse equipe di ricerca coordinate dall’Invalsi, dovrebbe consentire di fornire un quadro più articolato di questa competenza, includendo aspetti tratti dall’apprendimento formale che avviene a scuola con quelli tratti dalle esperienze esterne.
Un altro progetto altrettanto interessante è quello relativo all’attività di accompagnamento, per così dire, della valutazione dei dirigenti. Condurremo infatti, un’attività di formazione dei Nuclei che svolgeranno in ciascuna regione l’attività istruttoria per la valutazione dei dirigenti scolastici e ne monitoreremo il primo anno di implementazione. E’ anche questo un progetto impegnativo, con una prevalente funzione di servizio da parte dell’Invalsi, ma ci sentiamo molto coinvolti nella riuscita delle azioni che riguardano la valutazione, pur non entrando direttamente nella valutazione delle prestazioni professionali del personale della scuola.

Sembrano progetti piuttosto impegnativi e persino ambiziosi…
Si effettivamente lo sono, e potrei aggiungere che nel futuro dell’Invalsi vedrei bene una funzione importante come ente di valutazione che padroneggia modalità tecniche specialistiche in fatto di valutazione, concepite, come sappiamo, nel mondo anglosassone, con una capacità di dialogare produttivamente ed efficacemente con Paesi di cultura latina per prove che sappiano rispondere anche a specifiche caratteristiche culturali. In tal senso il Rapporto di autovalutazione , che è stato realizzato dall’Invalsi, potrebbe divenire per la valutazione delle scuole qualcosa di simile a quello che le prove Ocse-Pisa sono per la valutazione delle competenze dei quindicenni. Ciò consentirebbe a ciascuna scuola di riflettere sulle proprie attività. Sono convinta che promuovendo la necessaria riflessività si stimolino cambiamenti positivi facendo assumere alla valutazione delle scuole la funzione di strumento più adatto per indurre il miglioramento.
Un’ ultima considerazione devo tuttavia farla sul personale dell’Invalsi che è coinvolto in sempre più numerose e importanti attività, ma resta immutato nel numero e nella condizione. Su 92 dipendenti, due terzi è a tempo determinato: questo rapporto è un’obiettiva complicazione che spero possa a breve essere modificato consentendoci di effettuare i concorsi previsti in modo da mantenere il clima necessario a progettare con un adeguato respiro temporale le nuove attività dell’istituto.

Più peso ai test nei percorsi scolastici

da Il Sole 24 Ore

Più peso ai test nei percorsi scolastici

di Gianni Bocchieri

Sostanzialmente, il Rapporto annuale delle prove nazionali Invalsi del 2016 conferma le tradizionali linee di tendenza emerse negli anni precedenti. Dopo l’incredibile boicottaggio dell’anno scorso, quando gli stessi Sindacati hanno fissato la loro mobilitazione proprio nei giorni delle prove, quest’anno la copertura delle prove ha raggiunto circa 2 milioni di studenti, distribuiti in 115.739 classi delle 12.333 scuola coinvolte.
Per quanto riguarda le differenze territoriali, per la Matematica i risultati di quest’anno tendono a rafforzare il consolidato trend della polarizzazione delle differenze negli esiti a vantaggio delle regioni settentrionali ed a svantaggio di quelle meridionali. Stesso trend positivo delle Regioni del nord per le prove di Italiano. Marche, Lazio ed Umbria si differenziano positivamente nel confronto con le Regioni del Centro. Tra le regioni del Sud, quelle con il migliore risultato in matematica sono il Molise e la Basilicata.
Invece, risulta in aumento il fenomeno di cheating (“aiutino”), sebbene risulti neutralizzato dall’applicazione dei metodi statistici di correzione già individuati dall’Invalsi, negli anni scorsi. Nonostante l’ormai consueta presenza alle prove di un osservatore esterno, il cheating continua a rivelarsi un atteggiamento “connivente” dell’insegnante, che nella migliore delle ipotesi non ha vigilato sul corretto svolgimento delle prove consentendo ai ragazzi di scambiarsi informazioni.
Lo stesso Presidente dell’Istituto di Valutazione ha spiegato il continuo aumento di questo fenomeno come l’effetto della diffusa percezione delle prove come mero adempimento, per giunta non retribuito, ossia come strumento indiretto per la loro valutazione, soprattutto dopo il massiccio coinvolgimento delle Scuole nella gestione del Rapporto di autovalutazione (RAV). In effetti, non è ancora generalmente acquisito quale valutazione sia perseguita con le prove Invalsi. Gli stessi insegnanti non riescono a considerare queste prove come la valutazione degli apprendimenti acquisiti e ricorrono al cheating per aggirare la valutazione negativa, come fosse il vero problema da evitare. Eppure non è difficile realizzare che il miglioramento dei risultati di questa valutazione non può scaturire dalla negazione dei risultati negativi, che derivano dalle specificità territoriali o da particolari situazioni di disagio. Proprio per consentire una riflessione più approfondita sulle ragioni dei diversi risultati al netto dei fattori socio culturali sui quali i docenti difficilmente possono intervenire, è giusta la decisione dell’Invalsi di restituire alle Scuole i propri dati, assieme a quelli di 200 scuole con una popolazione studentesca caratterizzata da condizioni socio-economiche simili.
Infine, per ribadire il concetto per cui queste prove non sono uno strumento di valutazione nemmeno per l’andamento scolastico degli studenti, pare che il Ministero stia pensando di eliminarle dall’esame di terza media. Sebbene ancora somministrate, le prove così non dovrebbero incidere sul l’esito degli esami, sebbene lo stesso rapporto Invalsi abbia dimostrato come solo nel 5% dei casi del campione scelto il risultato delle prove nazionali abbia condizionato il voto finale d’esame.
Considerando le persistenti difficoltà della realizzazione di un compiuto sistema di valutazione del sistema di istruzione e di formazione, forse non è proprio questo il migliore futuro per le prove di valutazione degli apprendimenti. Al contrario, esse andrebbero ancora di più inserite nei percorsi scolastici per contestualizzarle meglio nel percorso educativo e per farle diventare un momento imprescindibile dei processi di apprendimento, a tutela e per l’interesse soprattutto degli studenti.

Invalsi, male il Sud in Italiano e Matematica. Faraone: “Via il quizzone da esami medie”

da Repubblica.it

Invalsi, male il Sud in Italiano e Matematica. Faraone: “Via il quizzone da esami medie”

I risultati dei test 2016. Cresce il divario tra Settentrione e Meridione e la polarizzazione tra scuole buone e scuole pessime

di CORRADO ZUNINO

ROMA – Le rilevazioni nazionali Invalsi, l’istituto che per conto del ministero dell’Istruzione valuta il sistema educativo italiano, dicono che il ritardo nell’apprendimento degli istituti meridionali – nelle discipline dell’Italiano, la comprensione di un testo e la sua grammatica, e della Matematica – è a un livello da allarme sociale.

Cresce il divario Sud-Nord, “a tutto vantaggio delle regioni settentrionali”, e cresce la polarizzazione, nel Meridione, tra scuole ottime e scuole pessime: “Nel Mezzogiorno la variabilità dei risultati tra scuole e tra classi –  addirittura tra classi diverse dello stesso istituto – è molto elevata anche nel primo ciclo di istruzione con un impatto preoccupante sull’equità del sistema educativo di queste aree del Paese”. Abbiamo visto, già dalle scuole elementari. “Nel Mezzogiorno – continua il rapporto Invalsi 2016 – risulta molto più elevata la quota di scuole che ottiene risultati più bassi dell’atteso”.

REPORT: I RISULTATI DEL 2015

La regione con maggiori difficoltà – se si prende come riferimento la terza media, sia in Italiano che in Matematica – è la Calabria, lontana anche dal resto del Sud: nella grammatica gli istituti di Reggio e Cosenza, Catanzaro e Vibo Valentia mostrano “risultati anomali” rispetto alle medie nel 20% dei casi. Indici di peggioramento in questo ciclo scolastico si sono registrati anche in Sicilia, Molise e parzialmente in Campania.

In una seconda liceo del Nord-Est, parliamo ora della prova di Italiano, il punteggio medio è pari a 230 mentre in un istituto professionale del Sud e delle Isole è solo di 152. Uno studente di un istituto tecnico del Nord-Ovest ha risultati in Italiano simili a quelli di un liceale del Sud, dove le ore dedicate alla materia sono sensibilmente superiori. I migliori liceali in Italiano sono quelli della Provincia di Trento, poi i lombardi e i veneti. Il 75 per cento degli studenti delle seconde superiori della Sardegna, invece, ha competenze matematiche inferiori alla media nazionale.

Come emerso nelle ultime stagioni, e come accentuato da quest’ultimo lavoro, risultati positivi per l’Italiano si registrano, oltreché nelle regioni del Nord, anche nelle Marche e in Umbria. Per la Matematica, buoni risultati al Nord e in Umbria.

La scuola italiana si rivela ancora inclusiva, soprattutto quella primaria. I risultati degli allievi di origine immigrata restano distanti da quelli degli studenti di famiglia italiana, ma il divario si riduce in maniera sensibile per gli stranieri di seconda generazione, nati nel nostro Paese e che hanno frequentato per intero la nostra scuola.

Le prove Invalsi alla fine, tra il 4 maggio e il 17 giugno scorsi, hanno preso in esame due milioni e 232mila studenti: 12.133 scuole. Di seconda e quinta elementare, di terza media (oggi il test Invalsi è una prova dell’esame, il quizzone) e di seconda superiore. In generale, gli studenti italiani mostrano difficoltà ad affrontare testi “espositivi e argomentativi” mentre i risultati di matematica vengono definiti “non pienamente soddisfacenti”.

Il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone ha annunciato che le prove Invalsi resteranno anche nella terza media, ma saranno tolte dall’esame finale, “una collocazione sbagliata”. Ha detto, poi: “Chi dice che la scuola è tutta uguale in tutto il Paese dice una solenne fesseria. Per le noi le prove Invalsi servono per capire dove esistono elementi di difficoltà per investire proprio in quelle scuole e far sì che, invece, gli istituti più efficaci diventino un modello”. Il ministro Stefania Giannini ha detto, quindi: “Ora sarebbe interessante che l’Invalsi, nella sua autonomia, potesse certificare quali sono i livelli di competenza linguistica raggiunti dagli studenti italiani”.

Nuova chiamata diretta, il no dei presidi: questa sarebbe l’autonomia?

da La Tecnica della Scuola

Nuova chiamata diretta, il no dei presidi: questa sarebbe l’autonomia?

Non trova l’assenso della maggior parte dei presidi, quelli aderenti all’Anp, l’accordo politico raggiunto sulla gestione della chiamata diretta.

Con un polemico comunicato, l’associazione dei presidi e delle alte professionalità, guidata da Giorgio Rambado, esprime tutto il suo dissenso verso la nuova sequenza contrattuale.

“Sembra che i dirigenti dovranno scegliere quattro requisiti dall’elenco per ciascun posto di insegnamento (non è chiaro al momento perché proprio quattro), in coerenza con il PTOF della scuola, sulla base dei quali formulare la proposta di incarico triennale. La procedura, secondo le anticipazioni fornite dal MIUR, sembrerebbe prevedere l’assegnazione del posto al docente in possesso del maggior numero dei requisiti nell’ambito dei quattro indicati. In caso di parità tra più docenti – situazione che si verificherà molto di frequente – la scelta dovrebbe essere obbligatoriamente effettuata in favore di quello col maggior punteggio nella mobilità (per gli assunti prima del 2016) oppure nella GAE (per gli assunti di quest’anno)”.

“Se il docente così individuato dovesse optare per un’altra scuola, il dirigente dovrà proporre l’incarico al secondo individuato e così via. Al termine della procedura i docenti rimasti senza sede saranno gestiti dall’USR”, dice ancora il sindacato dei dirigenti.

L’associazione dei presidi, quindi, fa una carrellata sui tanti dubbi derivanti da questo accordo: “tutto questo, se confermato, comporterebbe un surplus di lavoro per dirigenti e segreterie, con buona pace del principio – anch’esso affermato dalla legge di riforma – della semplificazione amministrativa”.

L’Anp passa, quindi, a porre una serie di interrogativi: “Può una sequenza contrattuale, definita a livello centrale, prevedere tutti i requisiti idonei a soddisfare le esigenze dei PTOF delle oltre 8.000 istituzioni scolastiche autonome? E cosa succederà in quelle scuole i cui PTOF non fossero in linea con i requisiti centralmente definiti?”.

E ancora: “è così che l’Amministrazione intende dare “piena attuazione all’autonomia delle istituzioni scolastiche di cui all’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59” come previsto dall’art. 1, comma 1 della legge 107/2015? Con un nuovo provvedimento centralistico – concordato con le OO.SS. di comparto – dal carattere contorto e basato, ancora una volta, su graduatorie costruite su titoli e anzianità che non sono garanzia di competenza?”.

E che ne è delle prerogative dirigenziali – poste a garanzia dell’utenza – di scelta dei docenti in base alle caratteristiche di ogni singolo PTOF e alle specifiche esigenze della scuola e del territorio?”.

Il sindacato dei presidi si chiede anche come “dopo tutto questo, si pretenderà di valutare i dirigenti sulla base dei risultati conseguiti mediante personale che, nei fatti, non potranno scegliere?”.

Quindi, arriva, l’appello finale al Miur: “l’Anp, non accettando questa logica, invita l’Amministrazione a non deludere le aspettative di una scuola diversa, suscitate con la promulgazione della Legge 107/2015, e a non ledere le prerogative professionali dei dirigenti scolastici, tutelate dai principi fondamentali dell’ordinamento”.

Nuova chiamata diretta, il no dei presidi: questa sarebbe l’autonomia?

da La Tecnica della Scuola

Nuova chiamata diretta, il no dei presidi: questa sarebbe l’autonomia?

Non trova l’assenso della maggior parte dei presidi, quelli aderenti all’Anp, l’accordo politico raggiunto sulla gestione della chiamata diretta.

Con un polemico comunicato, l’associazione dei presidi e delle alte professionalità, guidata da Giorgio Rambado, esprime tutto il suo dissenso verso la nuova sequenza contrattuale.

“Sembra che i dirigenti dovranno scegliere quattro requisiti dall’elenco per ciascun posto di insegnamento (non è chiaro al momento perché proprio quattro), in coerenza con il PTOF della scuola, sulla base dei quali formulare la proposta di incarico triennale. La procedura, secondo le anticipazioni fornite dal MIUR, sembrerebbe prevedere l’assegnazione del posto al docente in possesso del maggior numero dei requisiti nell’ambito dei quattro indicati. In caso di parità tra più docenti – situazione che si verificherà molto di frequente – la scelta dovrebbe essere obbligatoriamente effettuata in favore di quello col maggior punteggio nella mobilità (per gli assunti prima del 2016) oppure nella GAE (per gli assunti di quest’anno)”.

“Se il docente così individuato dovesse optare per un’altra scuola, il dirigente dovrà proporre l’incarico al secondo individuato e così via. Al termine della procedura i docenti rimasti senza sede saranno gestiti dall’USR”, dice ancora il sindacato dei dirigenti.

L’associazione dei presidi, quindi, fa una carrellata sui tanti dubbi derivanti da questo accordo: “tutto questo, se confermato, comporterebbe un surplus di lavoro per dirigenti e segreterie, con buona pace del principio – anch’esso affermato dalla legge di riforma – della semplificazione amministrativa”.

L’Anp passa, quindi, a porre una serie di interrogativi: “Può una sequenza contrattuale, definita a livello centrale, prevedere tutti i requisiti idonei a soddisfare le esigenze dei PTOF delle oltre 8.000 istituzioni scolastiche autonome? E cosa succederà in quelle scuole i cui PTOF non fossero in linea con i requisiti centralmente definiti?”.

E ancora: “è così che l’Amministrazione intende dare “piena attuazione all’autonomia delle istituzioni scolastiche di cui all’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59” come previsto dall’art. 1, comma 1 della legge 107/2015? Con un nuovo provvedimento centralistico – concordato con le OO.SS. di comparto – dal carattere contorto e basato, ancora una volta, su graduatorie costruite su titoli e anzianità che non sono garanzia di competenza?”.

E che ne è delle prerogative dirigenziali – poste a garanzia dell’utenza – di scelta dei docenti in base alle caratteristiche di ogni singolo PTOF e alle specifiche esigenze della scuola e del territorio?”.

Il sindacato dei presidi si chiede anche come “dopo tutto questo, si pretenderà di valutare i dirigenti sulla base dei risultati conseguiti mediante personale che, nei fatti, non potranno scegliere?”.

Quindi, arriva, l’appello finale al Miur: “l’Anp, non accettando questa logica, invita l’Amministrazione a non deludere le aspettative di una scuola diversa, suscitate con la promulgazione della Legge 107/2015, e a non ledere le prerogative professionali dei dirigenti scolastici, tutelate dai principi fondamentali dell’ordinamento”.

Chi valuta i titoli per i punteggi delle prossime utilizzazioni?

da La Tecnica della Scuola

Chi valuta i titoli per i punteggi delle prossime utilizzazioni?

Tra il mese di luglio e quello di agosto 2016 si procederà con le domanda di utilizzazione e assegnazione provvisoria per l’anno scolastico 2016/2017.

Per la presentazione di queste domande si procederà, anche quest’anno, in tempi diversi, a seconda della fase di mobilità e del ruolo d’appartenenza del docente presentante. La domanda di utilizzazione e/o assegnazione provvisoria potrà essere presentata attraverso il sistema delle istanze online del Miur. I docenti che potranno presentare l’istanza di utilizzazione sono coloro che sono elencati nell’art.2 comma 1 dell’ipotesi del CCNI sulle utilizzazioni per l’anno scolastico 2016/2017.

Chi valuterà i titoli dei docenti per i punteggi delle prossime utilizzazioni?

La valutazione dei titoli relativi alle utilizzazioni del personale docente ed educativo titolare di cattedra e/o posto in una data scuola è formulata da ciascuna istituzione scolastica in cui detto personale presta servizio. Nel caso in cui l’istituto di titolarità non coincida con l’istituto di servizio, sarà competenza di quest’ultimo provvedere alla valutazione della domanda, acquisendo eventualmente dall’istituto di titolarità ogni utile elemento di conoscenza. È utile sapere che per quanto concerne, invece, i docenti titolari su ambito tale valutazione è formulata dagli uffici territorialmente competenti. Per i docenti di religione cattolica la predetta valutazione sarà formulata dai competenti Uffici Scolastici Regionali. La valutazione è effettuata considerando i titoli posseduti entro il termine previsto per la presentazione delle domande di utilizzazione e di assegnazione provvisoria, secondo le tabelle allegate al C.C.N.I. concernente la mobilità del personale della scuola sottoscritto in data 08.4.2016 per le parti relative ai trasferimenti d’ufficio, con le seguenti precisazioni e integrazioni: nei titoli di servizio va valutato anche l’anno scolastico in corso; per ottenere il punteggio per il comune di residenza dei familiari, è necessario che i medesimi vi risiedano effettivamente, con iscrizione anagrafica, da almeno tre mesi alla data stabilita per la presentazione delle domande; l’età dei figli è riferita al 31 dicembre dell’anno in cui si effettuano le utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie; in caso di parità di precedenze e di punteggio prevale chi ha maggiore anzianità anagrafica; per i docenti di religione cattolica, fermo restando che le utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie degli insegnanti di religione cattolica sono effettuate d’intesa tra il Direttore Generale Regionale e l’Ordinario Diocesano competente, avendo riguardo alla ripartizione del territorio in diocesi, nel quadro delle disponibilità, comprensivo di tutti i posti di insegnamento della religione cattolica complessivamente funzionanti, il punteggio è attribuito sulla base della graduatoria unica regionale, articolata per ambiti diocesani, formulata dall’Ufficio scolastico regionale ai sensi dell’art. 10, commi 3 e 4 dell’O.M. n. 244 del 08.4.2016, con le precisazioni di cui ai precedenti punti del presente comma 8.