Le problematiche minorili secondo la Carta di Ottawa

Le problematiche minorili secondo la Carta di Ottawa

di Margherita Marzario

Abstract: L’Autrice presenta una panoramica di un documento internazionale che si occupa della promozione della salute, illustrandone i contenuti in relazione alle problematiche di bambini e ragazzi

 

Materie: diritto internazionale, diritto minorile, diritto delle persone

 

  1. Introduzione

Etimologicamente “problema” significa “ciò che si getta o mette avanti o si presenta” e, per natura della vita, sono così le situazioni riguardanti bambini e ragazzi, perché si presentano nuove ogni volta e per ognuno.

Il principale problema che si pone è la loro salute, che deve divenire “progetto” (che ha lo stesso significato etimologico di “problema”) di ben-essere e di vita e in questo viene in aiuto la Carta di Ottawa per la promozione della salute, sottoscritta nel Canada nel 1986 (a conclusione della prima Conferenza Internazionale sulla Promozione della salute), un atto all’avanguardia ma sottovalutato e poco perseguito.

  1. L’amore

La prima fonte di ben-essere è sicuramente l’amore: “La salute è creata e vissuta dalle persone all’interno degli ambienti organizzativi della vita quotidiana: dove si studia, si lavora, si gioca e si ama. La salute è creata prendendosi cura di se stessi e degli altri, essendo capaci di prendere decisioni e di avere il controllo sulle diverse circostanze della vita” (dalla Carta di Ottawa). È una delle poche fonti normative in cui si parla esplicitamente dei luoghi in cui si ama. L’amore (secondo alcuni studiosi, dal latino “a mors”, non morte, cioè vita) è prendersi cura di se stessi e degli altri, essendo capaci di prendere decisioni e di avere il controllo sulle diverse circostanze della vita. Da qui la necessità dell’educazione sentimentale e sessuale dei bambini e dei ragazzi, non come disciplina scolastica ma come stile relazionale ed esempio relazionale. Il primo ambiente d’amore è la famiglia che deve (o dovrebbe) tener conto di tutto ciò, ma purtroppo sono in aumento le famiglie lacerate e quelle, poi, ricomposte o ricostituite. A tale proposito la psicologa e psicoterapeuta Anna Oliviero Ferraris spiega: “Separazioni e divorzi sono sempre un lutto per il figlio, che subisce la creazione di una nuova famiglia. Imporsi o farsi imporre come nuovo genitore è quasi sempre la mossa sbagliata: saranno solo i ragazzi, con il tempo, a decidere che ruolo potrà avere questo “terzo genitore” nella propria vita, se quello di un amico o di uno «zio»”. Le persone separate o divorziate e con figli, prima di intraprendere nuove relazioni sentimentali o di avere altri figli dalle nuove relazioni sentimentali, si facciano guidare da consapevolezza e responsabilità e non solo dal desiderio di rifarsi una vita, perché ogni loro scelta avrà sempre più riverberi in una reazione a catena e ricordando che ciò che è desiderio non sempre è un diritto e che è prioritario l’interesse superiore del fanciullo, tanto di quello già nato quanto dell’eventuale nascituro. Un altro aspetto importante in seno alla famiglia è la cosiddetta “memoria emozionale”, per la quale Duccio Demetrio, professore di filosofia dell’educazione, propone: “Una famiglia che abbia l’intenzione educativa a sviluppare il senso dei ricordi nei propri figli ha davanti varie strade. In primo luogo credo che uno dei miti da tramandare riguardi gli eventi legati alla nascita dei figli. I genitori dovrebbero tenere un diario, per esempio, del tempo antecedente il parto, di quello immediatamente successivo. Questo genere di diario familiare è spesso legato all’uso e all’abuso delle immagini mentre io sono convinto che, oggi sempre più, una mitologia familiare si costituisca dando spazio alla narrazione orale e alla possibilità di fermare con la scrittura queste immagini e questi ricordi. La foto del pancione non si carica di forza emotiva perché quelle immagini risultano comunque un po’ fredde e stereotipate, mentre la narrazione orale e quella scritta mantengono un livello di comunicazione emotiva e affettiva molto forte”.

Dopo l’amore familiare, nei ragazzi subentra l’esigenza e l’impulso d’amore per l’altro da sé, e dei ragazzi si dice: “Sicuramente hanno bisogno di un amore-per-sempre, checché ne dicano le statistiche. L’amore parte da lì e non si schioda da lì. I ragazzi e le ragazze hanno bisogno di dare alla sessualità un significato più bello di quello di ginnastica sessuale, di potere dell’uno sull’altro” (mons. Domenico Sigalini, esperto di tematiche giovanili). È necessario educare i ragazzi non solo all’amore (ed anche a fare l’amore e non a fare sesso), ma innanzitutto alla vulnerabilità nell’amore e dell’amore e così nella vita. Come afferma lo psichiatra Eugenio Borgna: “Le persone fragili sono quelle che sono infinitamente più sensibili nel cogliere lo strapotere delle certezze. E quindi la fragilità è anche indice della coscienza del limite, del confine. Se ho consapevolezza di che cos’è la fragilità, cercherò di essere cosciente delle cose che possono mettere in pericolo la mia condizione, e soprattutto del rischio mortale che hanno le sicurezze. Le certezze in psichiatria – come nella vita – sono pericolosissime”. Nella Carta di Ottawa si legge: “La promozione della salute sostiene lo sviluppo individuale e sociale fornendo l’informazione e l’educazione alla salute, e migliorando le abilità per la vita quotidiana. In questo modo, si aumentano le possibilità delle persone di esercitare un maggior controllo sulla propria salute e sui propri ambienti, e di fare scelte favorevoli alla salute. È essenziale mettere in grado le persone di imparare durante tutta la vita, di prepararsi ad affrontare le sue diverse tappe e di saper fronteggiare le lesioni e le malattie croniche. Ciò che deve essere reso possibile a scuola, in famiglia, nei luoghi di lavoro e in tutti gli ambienti organizzativi della comunità. È necessaria un’azione che coinvolga gli organismi educativi, professionali, commerciali e del volontariato, ma anche le stesse istituzioni” (dalla Carta di Ottawa).

  1. La scuola

Un altro degli “ambienti organizzativi della vita quotidiana: dove si studia, si lavora, si gioca e si ama” è la scuola in cui aumentano le difficoltà da individuare e affrontare, tra cui l’ADHD (disturbo da iperattività e deficit di attenzione): “Non si parla di ADHD se un bambino è vivace e irrequieto ma questo suo modo di essere non compromette il suo rapporto con gli altri, consente buone relazioni con la famiglia e i compagni, non condiziona la vita sua e di chi gli sta vicino. Lo stesso vale per eventuali disturbi di apprendimento che non incidano, in maniera significativa, sul rendimento scolastico. Quando, però, queste condizioni impediscono a una famiglia di andare tranquillamente a cena da amici o a un ragazzo, di intelligenza normale o superiore alla media, di raggiungere gli obiettivi scolastici che potrebbe conseguire, si deve intervenire” (Stefano Vicari, neuropsichiatra infantile). “[…] Chi bussa a questi centri, e non ha l’ADHD, presenta di solito disturbi di ansia o di altro tipo. Ignorare il malessere e le difficoltà dei nostri figli, o peggio ancora finendo per dare la colpa a loro, oppure a noi come genitori o educatori, non aiuta nessuno” (Roberta Villa, medico e giornalista scientifica). “È come per la miopia: nessuno viene stigmatizzato o considerato “malato” perché ha bisogno degli occhiali per leggere alla lavagna. Una volta molti disturbi della vista non venivano riconosciuti per le stesse ragioni per cui non si riconoscevano ADHD e disturbi dell’apprendimento. Oggi, però, abbiamo gli strumenti per rispondere a un disagio le cui radici sono in parte genetiche e in parte ambientali” (Antonella Costantino, neuropsichiatra infantile). Per le varie situazioni problematiche relative a bambini e ragazzi anziché ricorrere subito all’etichettamento e alla medicalizzazione bisogna far maturare la consapevolezza nei soggetti coinvolti e in quelli interagenti. “La discussione non deve concentrarsi sul fatto di dare o meno dei farmaci ai bambini, ma piuttosto sull’offrire a ognuno la cura migliore per quel particolare momento. Per i disturbi dell’apprendimento non servono medicine, ma strumenti compensativi: ad esempio, il cd rom con la registrazione della lezione o l’uso del computer o della calcolatrice in classe svolgono lo stesso ruolo degli occhiali nel caso della miopia; e ancora, strumenti dispensativi, previsti dalla legge che richiede agli insegnanti di non far leggere ad alta voce i dislessici, non fare dettati, lasciare loro più tempo per svolgere i compiti assegnati” (S. Vicari).

  1. La salute mentale

Oltre a questi disturbi che compromettono la carriera scolastica (e non solo), quella più a rischio, anche in giovane età, sembra essere la salute mentale in toto. “In Italia si rimuove l’idea del disturbo mentale, perché restiamo ancorati a una visione psicologica per cui se un ragazzo soffre di una malattia mentale, diversamente da uno colpito dal diabete, ci deve essere una responsabilità sua o della famiglia. Questo fa mettere la testa sotto la sabbia ignorando il dato per cui sono tra il 10 e il 15 per cento gli adolescenti che hanno una vera malattia mentale” (R. Villa). Le patologie mentali non sempre sono causate dal circuito familiare e non riguardano solo l’ambito familiare. “La promozione della salute è il processo che mette in grado le persone di aumentare il controllo sulla propria salute e di migliorarla. Per raggiungere uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, un individuo o un gruppo deve essere capace di identificare e realizzare le proprie aspirazioni, di soddisfare i propri bisogni, di cambiare l’ambiente circostante o di farvi fronte. La salute è quindi vista come una risorsa per la vita quotidiana, non è l’obiettivo del vivere. La salute è un concetto positivo che valorizza le risorse personali e sociali, come pure le capacità fisiche. Quindi la promozione della salute non è una responsabilità esclusiva del settore sanitario, ma va al di là degli stili di vita e punta al benessere” (dalla parte iniziale della Carta di Ottawa).

Si registrano problemi di salute mentale che portano sempre più a varie sindromi, casi di depressione giovanile e suicidi: “[…] la morte, prima di essere una questione che ci riguarda tutti, è un discorso affettivo personale di cui ciascuno deve ogni volta imparare le regole e l’alfabeto da capo. Sarà anche normale che una madre muoia prima del figlio, ma non è normale per quel figlio, per cui quella è la sola madre che avrà mai al mondo e quella morte sarà per lui la prima della storia, l’unica che lo lascerà orfano. Tutte le famiglie hanno avuto un malato di tumore, ma ogni cancro ammala una famiglia in modo diverso, sconvolgendone le dinamiche e costringendo tutti a convivere con una dimensione della fragilità che le persone sane non sono mai costrette a incontrare, se non di striscio negli ospedali in cui la fragilità è stata efficientemente esiliata. Sapere che la persona che ami di più al mondo sta scomparendo come un colore vivace che si attenua ti costringe a organizzare l’addio con molto anticipo, sviluppando risposte all’assenza quando ancora la presenza amata è lì, palpitante a dispetto del termine” (la scrittrice Michela Murgia). Occorre educare al senso della morte per educare al senso della vita, al rispetto di sé e dell’altro, affinché le nuove generazioni non temano la morte né la cerchino o la sfidino. Ciò rende possibile anche l’attuazione di quanto previsto in una disposizione della prima parte della Carta di Ottawa: “L’azione della promozione della salute punta a rendere favorevoli queste condizioni tramite il sostegno alla causa della salute”.

  1. La buona salute

“Di sicuro, siamo un Paese in cui i bambini e gli adolescenti non sono considerati cittadini con diritti propri, ma neppure come soggetti su cui sarebbe doveroso, oltre che utile, investire” (la sociologa Chiara Saraceno). Investire, soprattutto a livello relazionale, sui bambini e sugli adolescenti significa salvaguardare e promuovere il “ben-essere” di tutti, perché, tra l’altro, si possono prevenire problemi e patologie, quali bullismo, ludopatia, dipendenze, disturbi del comportamento alimentare. “[…] riconoscere che la salute e il suo mantenimento sono un importante investimento sociale e una sfida” (dalla Carta di Ottawa).

Un modo per prevenire è puntare su sport, danza, teatro e altre attività affini, che sono e rimangono scuole di vita. “Essere i migliori e non guardare mai in basso. Arrivare in vetta, osservare intorno e poi salire più su, oltre i propri limiti. È la sfida con cui ogni uomo in fondo è chiamato a misurarsi, perché nello sport, così come nella vita, siamo chiamati a mettere da parte la mediocrità. Non bastano fortuna e talento per riuscire in un’impresa. Ci vuole anche «uno zaino pieno di volontà», con qualche benda per curare le ferite delle sconfitte” (Giovanni Bettini, giornalista sportivo). Fondamentale e polivalente è l’attività sportiva per tutti, ma ancor di più per i bambini e i giovani. “I cambiamenti dei modelli di vita, di lavoro e del tempo libero hanno un importante impatto sulla salute. Il lavoro e il tempo libero dovrebbero esser una fonte di salute per le persone. Il modo in cui la società organizza il lavoro dovrebbe contribuire a creare una società sana. La promozione della salute genera condizioni di vita e di lavoro che sono sicure, stimolanti, soddisfacenti e piacevoli” (dalla Carta di Ottawa).

Le attività suindicate favoriscono pure la conoscenza di sé, del sé, di altro e dell’altro, portatore di alterità e alienità. I minori, o meglio le persone in via di formazione, devono essere educati alle differenze e alla consapevolezza delle differenze per il loro “ben-essere” (quel benessere più volte menzionato nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). “Pare dunque venir meno oggi la distinzione tra umano e animale, e tra umano e meccanico. Ma anche per quanto riguarda quell’idea di umanità che abbiamo sempre avuto sono messe in discussione differenze che in passato sembravano naturali. La distinzione tra i sessi, ad esempio, viene trasformata in una differenza puramente culturale tra vari “generi”. Allo stesso modo vengono annullate, tecnicamente e medicalmente, le specificità che sono proprie delle varie fasi della vita, le quali vengono ricondotte a un unico modello falsamente giovanile” (Adriano Fabris, docente di filosofia morale). “La promozione della salute focalizza l’attenzione sul raggiungimento dell’equità in tema di salute. Per mettere in grado tutte le persone di raggiungere appieno il loro potenziale di salute, l’azione della promozione della salute punta a ridurre le differenze nello stato di salute attuale e ad assicurare pari opportunità e risorse. Tutto ciò comprende solide basi su un ambiente favorevole, sulla disponibilità di informazioni, su abilità personali e su opportunità che consentano di fare scelte sane. Le persone non possono raggiungere il loro pieno potenziale di salute se non sono capaci di controllare quei fattori che determinano la loro salute. Ciò va applicato in egual misura agli uomini e alle donne” (dalla Carta di Ottawa). La costruzione dell’identità avviene mediante un processo di identificazione e differenziazione, pertanto le differenze non possono e non devono essere né escluse né eluse. Ada Fonzi, esperta di psicologia dello sviluppo, precisa: “C’è, infine, un’altra importante agenzia di socializzazione, sovraordinata sia alla famiglia che alla scuola. Sto parlando del clima culturale in cui viviamo e, soprattutto, dei valori di cui la nostra società è portatrice. La migliore delle famiglie e la migliore delle scuole non avranno pieno successo nell’educazione alla prosocialità, se guerre, mafie, ingiustizie continueranno a prevalere. Credo, anzi, che educazione alla prosocialità ed educazione alla pace siano le due facce di un’unica medaglia”. La sanità delle relazioni è fonte di salubrità per le persone, di solidarietà e di solidità della società.

Bisognerebbe recuperare il profondo senso di società (“essere uniti”) e farla coincidere con civiltà (“essere cittadini, cioè coloro che abitano nella città e sono capaci di goderne gli onori e i benefici”). “[…] la questione è delicata perché riguarda tutta la società e, nel contempo, la rapidissima, radicale, trasformazione cui è andata incontro, nell’ultimo secolo, ma prima ancora il suo futuro che, da queste generazioni, dipende. Fino a pochi decenni fa, il sistema educativo era molto rigido, la struttura familiare e sociale solida, le regole chiare e solo a una piccolissima percentuale della popolazione era richiesto quel che oggi è la norma per tutti: concentrarsi per molte ore e per lunghissimi anni a scuola; quindi, imparare, presto e bene, a leggere, scrivere, fare di calcolo. A un contadino dell’Ottocento non raggiungere queste competenze non cambiava la vita. Pochissimi bambini, solo tra quelli che riuscivano meglio, continuavano a studiare. La maggior parte delle persone era impegnata in attività per le quali tutto questo non era indispensabile alla piena realizzazione” (R. Villa). “Le nostre società sono complesse e interdipendenti, e non è possibile separare la salute dagli altri obiettivi. Gli inestricabili legami che esistono tra le persone e il loro ambiente costituiscono la base per un approccio socio-ecologico alla salute. Il principio guida globale per il mondo, […], è la necessità di incoraggiare il sostegno e la tutela reciproci: prendersi cura gli uni degli altri, delle nostre comunità e del nostro ambiente naturale” (dalla Carta di Ottawa).

“Una buona salute è una risorsa significativa per lo sviluppo sociale, economico e personale ed è una dimensione importante della qualità della vita. Fattori politici, economici, sociali, culturali, ambientali, comportamentali e biologici possono favorire la salute, ma possono anche danneggiarla” (dalla Carta di Ottawa). Parole che si possono parafrasare riferendole ai giovani, a cominciare con: “Una gioventù in buona salute è una risorsa significativa per lo sviluppo sociale, economico e personale ed è una dimensione importante della qualità della vita di tutti”. Giovane (“colui che combatte, che difende, che respinge”), salute (etimologicamente “integrità, salvezza”), vita (dal verbo concreto “vivere” da cui, poi, è derivato il nome astratto di vita): questo il connubio in cui credere, crescere, far credere, far crescere. Questo il “progresso materiale o spirituale della società” (dall’art. 4 Costituzione) cui ognuno deve concorrere con la propria attività o funzione, in primis con la funzione genitoriale che è un vero lavoro (“fatica”).

“Chi colpisce una comunità in ciò che ha di più prezioso, i bambini in primo luogo, deve ricevere una risposta dall’intera collettività. Insieme siamo più forti. Insieme troviamo più coraggio. Insieme recuperiamo speranza” (lo psicologo e psicoterapeuta Fulvio Scaparro). Forza, coraggio, speranza: i giovani sono questo, hanno diritto a questo! Insieme, si può, si deve!

Insegnanti, scuole e ambiti: il punto della situazione

Insegnanti, scuole e ambiti: il punto della situazione

Non c’è stato accordo tra sindacati e Miur sulla sequenza contrattuale relativa alla procedura per l’assegnazione alla sede di servizio dei docenti titolari di ambito territoriale. Ecco il punto della situazione.

 

Questa procedura riguarderà i docenti che avranno la titolarità su ambito, in particolare:

  • Docenti delle Fasi B1, B2 (se soddisfatti dal secondo ambito in poi);
  • Docenti di fase B3;
  • Docenti di fase C;
  • Docenti di fase D.

Due le scadenze da tenere a mente e due le fasi previste a livello nazionale:
–  la prima entro il 31 agosto  riguarda i docenti che ottengono la titolarità di ambito a seguito delle procedure di mobilità.
–  la seconda che riguarda i docenti immessi in ruolo su ambito territoriale per l’anno scolastico 2016/17 e si conclude entro il 15 settembre.

Quale sarà a questo punto la tempistica?
La tempistica deve essere ancora fissata in via definitiva. Dovrebbe essereprevisto un termine unico per la pubblicazione dell’avviso e un termine unico per l’invio delle proposte di candidatura.

In che modo si potranno conoscere i posti disponibili?
Secondo quanto previsto nell’ipotesi di accordo –  procedura che potrebbe essere assunta nelle linee guida che il Miur sta predisponendo –  ciascuna istituzione scolastica avrebbe dovuto pubblicare sul proprio albo istituzionale un avviso nel quale venivano indicati il numero dei posti utili per le proposte di assegnazione distinti per classe di concorso e tipologia comprensivo di indirizzo di posta elettronica istituzionale al quale indirizzare le eventuali proposte di candidatura dei docenti entro il termine fissato a livello nazionale.

Quali saranno i posti disponibili?
Quelli vacanti dell’organico triennale dell’autonomia dell’istituzione scolastica.
Sono esclusi i posti al 30 giugno che, a qualunque titolo disponibili sino al termine delle attività didattica,  non sarebbero stati comunque disponibili.

Come si procederà all’inserimento o aggiornamento del proprio Curriculum?
Sulla base di quanto concordato nella prima fase della trattativa si  dovrebbe procedere attraverso il formato disponibile nelle istanze on line del portale Miur. Secondo la tempistica definita dall’Amministrazione in maniera uniforme per tutto il territorio nazionale.

 

Fin qui ciò che riteniamo consolidato.
Per completezza di informazione, in attesa delle linee guida del Miur, ecco come era stato delineato l’impianto della sequenza contrattuale per il passaggio dagli ambiti alle scuole:

Il Dirigente scolastico che adempimenti avrebbe avuto?
Acquisire le candidature pervenute e i rispettivi curricula on line; predisporre relativamente alla propria scuola, un elenco dei docenti con i requisiti richiesti in ordine di possesso dei medesimi.
Successivamente avrebbe dovuto formulare la proposta di assegnazione della sede di servizio ai docenti collocati utilmente nel medesimo.

Il docente che cosa doveva fare una volta ricevuta la proposta?
Entro il termine di accettazione previsto dalla proposta di assegnazione o dal preavviso il docenteinterpellato avrebbe dovuto confermare la propria disponibilità; diversamente la proposta era da considerarsi non accettata con il conseguente scorrimento dell’elenco.

Cosa sarebbe successo in assenza di docenti con i requisiti richiesti?
In caso di mancanza, tra le candidature pervenute, di docenti con i requisiti richiesti, le stesse sarebbero state elencate secondo l’ordine di punteggio relativo alla graduatoria di riferimento: graduatoria di trasferimento su ambito, ad esaurimento o di merito.

Cosa potrebbe succedere ai docenti non destinatari di proposta?
Potrebbero essere collocati d’ufficio, anche attraverso istituzioni scolastiche polo, secondo l’ordine del relativo punteggio di mobilità o di graduatoria di immissione in ruolo, per l’assegnazione alle sedi rimaste disponibili nell’ambito di ciascuna procedura.

Secondo l’accordo raggiunto prima della “rottura”, i docenti avrebbero potuto indicare il comune dal quale iniziare lo scorrimento delle singole disponibilità secondo l’ordine del bollettino pubblicato per le operazioni di mobilità.

Quali sarebbero stati i requisiti per ciascun posto disponibile da contenere negli avvisi?
Secondo la proposta sindacale, per ciascun posto disponibile, l’avviso avrebbe dovuto contenere quattro requisiti caratterizzanti la disponibilità in relazione al progetto formativo della scuola scelti tra otto indicatori basati soprattutto sull’esperienza professionale.
A parità di requisiti, come parametro di riferimento, per l’assegnazione sarebbe stata utilizzata la graduatoria della mobilità.


Qui di seguito i punti proposti dal Miur sui quali si è arenata la trattativa:

PROPOSTA MIUR

ESPERIENZE TITOLI DI STUDIO, CULTURALI E CERTIFICAZIONI ATTIVITA’ FORMATIVE DI ALMENO 60 ORE SVOLTE ENTRO IL 30 GIUGNO 2016 PRESSO UNIVERSITA’ ED ENTI ACCREDITATI
Aree a rischio e forte immigrazione Certificazioni linguistica B1/B2 Inclusione
Educazione degli adulti Certificazione linguistica C1/C2 Nuove tecnologie
Sezioni ospedaliere Certificazioni informatiche (da definire) Clil
Sezioni carcerarie Italiano L2 Didattico ‐metodologica
Insegnamento all’estero Dottorato su tematiche didattico‐metodologiche
Socrates/Erasmus Master DSA o autismo
Clil Specializzazione sostegno
Didattica laboratoriale Metodo Montessori o Pizzigoni o Agazzi
Didattica innovativa
Didattica digitale
Pratica musicale
Attività espressive (teatro, danza…)
Inclusione
Disagio
Dispersione
Bullismo
Progetti di valorizzazione dei talenti degli studenti
Orientamento
Tutor per alternanza scuola lavoro
Attività in collaborazione con musei e istituti culturali
Progettazione per bandi (Miur, europei, 440 …)
Legalità e cittadinanza
Referente per alternanza scuola
lavoro
Animatore digitale
Tutor/relatore/moderatore in corsi di formazione
Tutor tirocinanti/neoassunti
Coordinatore/referente di disciplina/dipartimento
Referente/coordinatore inclusione/disagio
Collaboratore del DS
Referente/coordinatore orientamento
Referente/coordinatore formazione
Referente per progetti di reti di scuole

Inserimento in GaE diploma Magistrale

Inserimento in GaE diploma Magistrale – In Abruzzo l’Anief incontra l’assessore regionale al diritto all’istruzione

Si è tenuta questa settimana il 12 luglio 2016, a Pescara, un incontro tra l’assessore al diritto all’istruzione della Regione Abruzzo, dott.ssa Marinella Sclocco ed una delegazione di docenti in possesso di titolo magistrale conseguito entro l’a.s. 2001/2002, rappresentata dai referenti sindacali e legali del sindacato ANIEF della regione Abruzzo, l’avv. prof. Rodrigo Verticelli (pres. regionale) e l’avv. prof.ssa Francesca Marcone (vice pres. regionale). I due referenti regionali del sindacato si sono fatti portavoce dei docenti aventi titolo magistrale per promuovere la discussione e approvazione di una risoluzione regionale che inviti il Presidente della Giunta Regionale e l’Assessore competente ad attivarsi, per quanto di propria competenza, presso l’Ufficio scolastico regionale e il MIUR affinché venga tutelato il diritto di inserimento a pieno titolo nelle Graduatorie ad Esaurimento per tutti gli insegnanti abilitati con Diploma Magistrale (e relative sperimentazioni). “È indispensabile, dichiara il Presidente regionale Anief della regione Abruzzo, il rispetto del principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione Italiana, che impone si adotti parità di trattamento tra docenti aventi lo stesso titolo e ottenere per tutti l’inserimento nelle relative graduatorie d’interesse.

Diplomati magistrale, il Tar Lazio rinvia tutti

da La Tecnica della Scuola

Diplomati magistrale, il Tar Lazio rinvia tutti

Si attendeva con una certa curiosità da parte degli addetti ai lavori, e certamente con ansia da parte dei docenti ricorrenti, l’udienza pubblica dello scorso 14 luglio innanzi alla sezione III bis del Tar Lazio, in occasione della quale era prevista la discussione in sede di merito di diversi ricorsi proposti avverso il DM 325/2015, nonché avverso la nota Miur del 6.10.2015 che limitava la possibilità di inserimento nelle Gae ai soli docenti destinatari di provvedimenti giurisdizionali favorevole.

Dopo l’estenuante attesa durata mesi, il tutto si è risolto in un nulla di fatto.

Il Collegio giudicante, presieduto dal presidente Savoia, ha infatti ritenuto opportuno, e come dargli torto, attendere la pronuncia di merito, anch’essa altrettanto attesa, del Consiglio di Stato in Adunanza plenaria, prevista in esito alla prossima udienza del 16 novembre.

Difatti, in occasione dell’udienza del 27 aprile scorso, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato aveva ritenuto opportuno disporre l’acquisizione di alcune informazioni in ordine alla consistenza numerica del contenzioso riguardante i diplomati magistrale, rinviando all’udienza del 16 novembre la decisione di merito.

Ritenuto indispensabile attendere l’esito di detta udienza, anche per capire l’assetto definitivo che potrebbe prendere la vicenda, quantomeno in sede di giurisdizione amministrativa (ed in attesa della decisione delle sezioni unite della Corte di Cassazione che dovrà decidere se la materia rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo o del giudice del lavoro), il Tar Lazio ha quindi disposto la cancellazione di tutte le cause dal ruolo di udienza, rinviando le discussioni a data da destinarsi.

Dopo la pronuncia di merito dell’Adunanza plenaria, tenuto conto della cancellazione delle cause dal ruolo, tutti i legali che stanno patrocinando questi ricorsi dovranno quindi presentare apposita istanza, al fine di ottenere la fissazione della nuova udienza per la discussione degli stessi.

Vincitori concorso assunti fase B L.107/15, illegittimo l’esodo fuori regione

da La Tecnica della Scuola

Vincitori concorso assunti fase B L.107/15, illegittimo l’esodo fuori regione

Buone notizie per i docenti assunti con la fase B del piano straordinario della Buona Scuola dalle graduatorie di merito del concorso 2012.

Questi insegnanti dovevano essere assunti nell’ambito della regione in cui hanno partecipato alla procedura concorsuale del 2012 o, in ogni caso, hanno diritto ad avere assegnata la sede definitiva nell’ambito della regione medesima.

Su questo fronte, infatti, stanno registrando nelle ultime settimane alcune pronunce di giudici del lavoro (di Tivoli, Torino, Sondrio e Verona) che, seppur con argomentazioni differenti, hanno sancito un principio favorevole, certamente rilevante, ossia che gli assunti da concorso in fase B del piano straordinario di assunzioni devono rimanere nella regione di svolgimento del concorso.

Apripista di questo interessante filone giurisprudenziale è l’avvocato catanese Fabio Rossi (nella foto a fianco), che ha patrocinato in favore di alcuni docenti immessi in ruolo in fase B al di fuori della regione in cui erano risultati vincitori di concorso.

Il Tribunale di Tivoli, in particolare, ha dichiarato il diritto all’immissione in ruolo presso la medesima regione in cui risultava vincitrice di concorso.

Secondo l’avvocato Rossi si tratta di una pronunzia che fa giustizia “di una vera e propria truffa di Stato”, subita da tanti docenti che hanno partecipato ad un concorso indetto per posti d’insegnamento nella propria regione, con promessa di assunzione, al più tardi, dall’1/9/2014; che il concorso medesimo hanno, poi, vinto con pieno merito e a costo di sacrifici personali e familiari, ma che non si sono, poi, visti assumere fino a tutto l’a.s 2014/15, ottenendo infine, l’immissione in ruolo, in occasione della fase B del piano straordinario di assunzioni di cui alla legge 107/15.

L’amministrazione scolastica, quindi, si è resa responsabile di una gravissima violazione del principio di affidamento dei cittadini nella certezza delle situazioni giuridiche, più volte riaffermato in materia concorsuale sia dalla Cassazione che dalla Corte Costituzionale.

Prosegue l’avv. Rossi, evidenziando che “è davvero mortificante che in Italia si sia costretti ad agire in giudizio (e non tutti, peraltro, ne hanno la possibilità) anche nei casi in cui basterebbe un minimo di buon senso e di correttezza istituzionale onde evitare macroscopiche iniquità. Increscioso è, poi, che il Presidente del Consiglio abbia avuto l’ardire di dichiarare che i docenti “sono stati assunti tutti nella stessa regione”; dando, così, un ulteriore schiaffo alle tante madri costrette ad attendere qualche giorno di vacanza per poter riabbracciare i propri figli e i propri coniugi”.

Come detto, a questa prima pronuncia sono seguite le ordinanze del Tribunale di Torino, di Sondrio e di Verona che, seppur spostando l’attenzione dalla fase dell’assunzione alla fase di mobilità, hanno sancito il principio secondo cui, in occasione dell’assegnazione della sede definitiva, deve garantirsi la permanenza nella regione in cui i docenti sono risultati vincitori di concorso.

Queste ultime pronunce hanno infatti evidenziato, che dal quadro normativo e contrattuale in materia emerge con chiarezza che la sede assegnazione inziale , in quanto provvisoria, è del tutto irrilevante ai fini dell’attribuzione della sede definitiva; l’attribuzione della sede provvisoria fuori regione è circoscritta temporalmente all’anno scolastico 2015/2016 mentre per l’accesso ai ruoli a tempo indeterminato vale la regola sancita dall’art. 1 comma 109 e cioè la necessaria inclusione dell’ ambito territoriale di assunzione nella regione per la quale il docente ha concorso.

Dimostrando una sensibilità del tutto sconosciuta al Miur, i giudici del lavoro hanno rimarcato come la permanenza dei ricorrenti in una regione lontana dalla propria famiglia, pregiudicherebbe in maniera irreparabile il sereno sviluppo della personalità dei figli minori nell’ambito del nucleo familiare, ossia una delle formazioni sociali che, a mente dell’art.2 della Costituzione, devono essere particolarmente tutelate.

Troppi esuberi, a rischio il potenziamento dell’organico

da La Tecnica della Scuola

Troppi esuberi, a rischio il potenziamento dell’organico

Che fine faranno i 3.500 esuberi (o forse di più) rispetto all’organico dell’autonomia ?  Potrebbero servire per coprire cattedre vacanti, con buona pace del “potenziamento”.

Stando ai dati in possesso dei sindacati, ma certamente provenienti dalle stanze di Viale Trastevere, il 2015/2016 si sta chiudendo con un bel numero di esuberi, ossia di docenti “perdenti posto” sulla propria cattedra.
Come di consueto il fenomeno riguarda prevalentemente le regioni del sud e alcune classi di concorso, come per esempio educazione fisica ed italiano.
Il problema non è nuovo e con ogni probabilità si risolverà con una riduzione di fatto dei posti di organico utilizzabili per attività progettuali o per la copertura delle supplenze.
E forse persino con una riduzione del numero dei docenti da assumere dalle graduatorie di concorso.
E’ abbastanza, probabile, infatti che – alla resa dei conti – il MEF non autorizzi tutte le assunzioni previste dal bando di concorso sulla base di un semplice ragionamento rivolto al Miur: “Che bisogno c’è di assumere altri docenti in alcune classi di concorso se addrittura ne avete a centinaia in esubero da ricollocare?”
La questione va considerata tenuto conto anche delle ricadute che avrà a partire dal prossimo anno l’applicazione del comma 65 della legge 107/2015 secondo cui “il personale  della  dotazione  organica  dell’autonomia  è  tenuto  ad assicurare  prioritariamente  la  copertura dei  posti  vacanti e disponibili”.
Nel concreto quindi il tanto auspicato “ampliamento dell’offerta formativa” previsto dalla legge 107 potrebbe progressivamente ridursi.  Nell’arco di qualche anno potrebbe anzi essere addirittura poco più che zero.
Ovviamente i sindacati tenteranno di opporsi a questa “interpretazione” della legge ma la sensazione è che i fronti sui quali si stanno spendendo sono davvero tanti, forse troppi (chiamata, “diretta” o “per competenze” che dir si voglia, bonus premiale, contratto e altro ancora) e disperdere le forze non è quasi mai una strategia vincente.

Chiamata docenti: ferie ridotte per dirigenti e amministrativi

da La Tecnica della Scuola

Chiamata docenti: ferie ridotte per dirigenti e amministrativi

C’è attesa per le “Linee Guida” in materia di chiamata dagli albi territoriali che il Ministero dovrebbe emanare nella giornata del 18 luglio.

A “trepidare” per il provvedimento sono un po’ tutti.
I sindacati aspettano di vedere se davvero verranno mantenute le promesse dello staff politico di Davide Faraone secondo cui le linee guida faranno riferimento in larghissima misura all’accordo politico dei giorni scorsi (Faraone e il suo capo segreteria Campione parlano persino di percentuali e dicono che l’accordo è valido per un buon 90%).
I docenti, soprattutto i più direttamente interessati (assunti con le fasi B e C e neossunti del concorso in atto), aspettano di capire come potranno “confezionare” il proprio curriculum e quali titoli culturali e professionali potranno far valere.
Ma anche i dirigenti scolastici e gli uffici delle segreterie stanno aspettando il provvedimento che – secondo le prime informazioni – dovrebbe contenere anche un cronoprogramma preciso e stringente.
Già da subito i dirigenti scolastici dovranno pubblicare nel sito internet della scuola l’elenco dei posti da coprire e i requisiti richiesti che, è bene precisarlo, dovranno essere del tutto coerenti con il Piano triennale dell’offerta formativa approvato dal consiglio d’istituto.  E non sarà una operazione né facile né priva di possibili errori.
E poi bisognerà esaminare le proposte dei docenti con tutti i problemi che questa fase comporterà anche perchè ci sarà una quota significativa di docenti che potrà avanzare la propria candidatura solo a settembre (si tratta dei vincitori del concorso 2016).
Insomma, a partire dai prossimmi giorni dovranno tutti lavorare per far sì che a settembre tutto funzioni regolarmente.
Senza dimenticare che normalmente a luglio e ad agosto nelle segreterie si lavora a ranghi ridotti. Non è quindi da escludere che più di un dirigente e di un DSGA debba interrompere le proprie ferie per rientrare al lavoro. Ed è uno dei motivi per cui in molti stanno già mugugnando e protestando.

Il diritto del pasto “domestico” e l’alleanza scuola famiglia

Il diritto del pasto “domestico” e l’alleanza scuola famiglia

di Cinzia Olivieri

 

La refezione scolastica (come previsto dal D.M. 31 dicembre 1983Individuazione delle categorie di servizi pubblici locali a domanda individuale” punto n. 10, emanato ai sensi dell’art. 6 del D.L. 28 febbraio 1983, n. 55, convertito in L. 26 aprile 1983, n. 131) è un servizio pubblico locale “a domanda individuale”. Per l’effetto, l’ente locale non ha l’obbligo di istituirlo ed organizzarlo ma se lo fa è obbligato a stabilire la quota di copertura tariffaria a carico dell’utenza.

Tanto è non controverso ed è stato confermato dalla Sentenza della Corte d’Appello di Torino 21 giugno 2016, n. 1049

Invero, se il servizio è a richiesta e l’ente locale non ha obbligo di organizzarlo, appare coerente dedurre che ove le famiglie all’atto dell’iscrizione optino per una modalità oraria per la quale è prevista la mensa (tempo pieno o prolungato), possano scegliere liberamente se servirsi della refezione (peraltro a pagamento) oppure fornire direttamente il pasto al proprio figlio.

Invece se quanto predetto è logico non è tuttavia pacifico, tanto da rendere necessario ricorrere all’Autorità Giudiziaria per vedersi riconosciuto il diritto di scegliere tra la refezione scolastica ed il pasto domestico e, in tal caso, di consumarlo all’interno dei locali della scuola.
La pronuncia della Corte d’Appello costituisce (temporalmente) l’ultimo atto di un contenzioso collegato a problematiche storiche riguardanti il servizio mensa e non relative soltanto a Torino.

Essa è stata preceduta dalla Sentenza del TAR Piemonte 10 luglio 2014, n. 1365 il quale però, senza entrare nel merito, si era limitato ad affermare che la questione sfuggiva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo rientrando in quella del giudice ordinario.

Proposta perciò la domanda innanzi al Tribunale, questo, come si evince dall’excursus ricostruito nella sentenza di appello, ha rigettato la domanda in quanto, pur riconoscendo le predette caratteristiche del servizio di refezione scolastica, tuttavia non ha individuato un obbligo per la scuola di istituire un “servizio alternativo interno” per coloro che intendono consumare il pasto “domestico”, mancando una norma che imporrebbe all’amministrazione di consentire, a tal fine, l’utilizzo dei locali della mensa scolastica in orario di refezione.

I genitori, secondo il giudice di prime cure, possono scegliere un orario che includa il tempo mensa e di non usufruire del servizio di refezione ma in tal caso prelevando (o facendo uscire) il figlio da scuola durante l’orario della mensa e riaccompagnandolo (o facendolo rientrare) prima della ripresa delle lezioni, dopo il pasto, non sussistendo un obbligo per la scuola di organizzare un “servizio alternativo”.

I genitori però non stanno richiedendo un diverso servizio ma solo il diritto di scegliere di non usufruire di quello esistente.

La Corte di Appello di Torino, perciò, ha in primo luogo rilevato “l’errore compiuto dal Tribunale nel ritenere che gli allievi possano allontanarsi dalla scuola durante la refezione” in quanto il tempo dedicato alla mensa rientra nel tempo scuola e quindi gli studenti, allontanandosi per il pasto, “collezionerebbero ore di assenza incidenti sulla frequenza scolastica”. Inoltre l’allontanamento imposto durante la pausa pranzo, in caso di scelta di non avvalersi del servizio organizzato dall’ente, “si porrebbe in contrasto con la natura di servizio non obbligatorio a domanda individuale della refezione scolastica dovendosi escludere l’alternativa costituita dal digiuno”. Pertanto ha ritenuto fondato il motivo di appello.

La Corte ha svolto un ineccepibile ragionamento giuridico riscontrando che:

  • l’art. 34, primo comma, della Costituzione prevede il diritto all’istruzione, obbligatoria per almeno otto anni e gratuita.
  • Come disposto dal Dlgs 59/04 (“Definizione delle norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dell’istruzione, a norma dell’articolo 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53“) ed esplicitato dalla M. n. 29 del 5 marzo 2004 che ha fornito Indicazioni e istruzioni, “l’orario annuale delle lezioni nel primo ciclo di istruzione comprende: (a) un monte ore obbligatorio; (b) un monte ore facoltativo opzionale; (c) eventualmente l’orario riservato all’erogazione al servizio di mensa e di dopo mensa”. Il servizio scolastico è erogato nell’ambito di tali segmenti d’orario. “Essi concorrono a costituire un modello unitario del processo educativo, da definire nel Piano dell’offerta formativa” (p. 3\4 C.M. n. 29/2004).
  • Tali servizi di mensa (p.11 M. n. 29/2004) “ necessari per garantire lo svolgimento delle attività educative e didattiche … vengono erogati utilizzando l’assistenza educativa del personale docente, che si intende riferita anche al tempo riservato al dopo mensa”.
  • Previsione analoga si ha (p. 16) per il “tempo scuola” nella secondaria di primo grado.
  • Il diritto all’istruzione primaria corrisponde ormai “in modo più ampio al diritto di partecipare al complessivo progetto educativo e formativo che il servizio scolastico deve fornire nell’ambito del “tempo scuola” in tutte le sue componenti e non soltanto a quelle di tipo strettamente didattico” e dunque la permanenza nella scuola durante mensa costituisce un diritto soggettivo perfetto.

Pertanto, ribadito che la refezione è servizio locale a domanda individuale, non obbligatorio per l’ente e facoltativo per l’utente, essendo incontestabile che gli studenti  nel tempo mensa debbano consumare un pasto e che  la permanenza a scuola in questo orario risponde ad un diritto soggettivo, non può che conseguire che il pranzo debba essere consumato a scuola anche al di fuori della refezione scolastica.

Insomma sebbene tale diritto non sia previsto da una norma specifica (che neanche contempla l’obbligo di aderire al servizio di refezione) esso deve ritenersi sussistente con conseguente accoglimento della pretesa.

Queste le chiare argomentazioni della Corte, che non entra nel merito di come tale diritto sia poi attuato nelle singole scuole sotto l’aspetto organizzativo, essendo materia riservata all’autonomia organizzativa delle stesse.

Neanche ha preso in considerazione presunte ulteriori problematiche di merito da qualche parte avanzate.

Comunque in alcun modo risulta compromesso il diritto di chi invece decida di optare per il servizio di refezione.

Inoltre di norma, anche nella somministrazione dei pasti da parte del servizio offerto dall’ente si tiene conto di intolleranze, allergie o di diverse scelte alimentari e dunque non può esservi alcuna preoccupazione riguardo ad alunni che consumano cibi diversi né ciò incide sulla normale vigilanza giacché “contaminazioni” di vario genere sono possibili in ogni caso.

 

Ebbene, se è noto e vero che la sentenza faccia stato tra le parti, i loro eredi e aventi causa (art. 2909 c.c.), le esposte motivazioni rendono di fatto il principio espresso generalmente invocabile.

Tuttavia l’USR Piemonte con Nota Reg. prot.n. 7480/2016 del 15 luglio 2016, dinanzi alle molteplici richieste di altri genitori che invocavano il diritto di non avvalersi del servizio di refezione, ha precisato che tali istanze non potevano essere soddisfatte, preannunciando ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello.

Non è facilmente immaginabile, in tale denegata ipotesi, come quanto argomentato nella stessa possa essere superato e smentito, ma certo ciò non avverrà nell’immediato e questo potrebbe intanto implicare il non auspicabile moltiplicarsi del contenzioso anche in sede cautelare.

Questo, e non le possibili conseguenze della scelta per il pasto domestico, rischia di determinare con l’avvio del nuovo anno scolastico il caos nelle scuole, che si troveranno al centro del conflitto, non potendo accogliere le richieste dei genitori, con enorme disagio per le famiglie e gli alunni.

Tutto ciò rischia di creare una profonda frattura tra scuola e famiglia tradendo il patto educativo.

 

Ma ancor più grave e che i genitori stessi appaiono divisi e contrapposti.

Invero non può non evincersi come manchino sedi di confronto istituzionale a livello territoriale.

Da quando sono stati cancellati gli organi collegiali territoriali (sopravvive solo il CSPI tra quelli previsti dal Dlgs 233/99) i genitori sono stati privati dei luoghi di interlocuzione della rappresentanza elettiva. Attualmente solo i Forum delle associazioni dovrebbero assicurare a livello nazionale e regionale “una sede stabile di consultazione delle famiglie” (art. 3 DPR 301/05 che ha introdotto l’art. 5 bis del DPR 567/96).

Peraltro, nel caso che ci occupa, talune associazioni pare abbiano adottato una posizione di contrapposizione e non di mediazione finendo così per offrire ulteriori occasioni di scontro.

A maggior ragione questo dovrebbe evidenziare la necessità di un collegamento (oltre che di organismi istituzionali di rappresentanza elettiva) dei genitori della scuola per monitorare sul campo le attuali e diverse esigenze dei genitori nonché le problematiche di volta in volta sollevate e trovare soluzioni condivise. L’alleanza scuola-famiglia non può fare selezione tra i genitori.

COSTITUITO CON ATTO NOTARILE IL COMITATO

Il 13 luglio 2016 presso lo studio del Notaio Giuseppe Bonaccorso in Caltagirone è stato costituito su iniziativa di un gruppo di docenti il comitato 8000esiliatifaseb GAE con sede in Avola.

Il comitato, di rilevanza nazionale, che ha come finalità quella di tutelare i diritti umani, sociali, civili e lavorativi dei docenti della Scuola Pubblica immessi in ruolo nella FASE B della L. 107/2015 (cd. Buona Scuola) dalle Graduatorie ad Esaurimento di ogni ordine e grado, ha già preso contatti con un importante studio legale di nomea nazionale al fine di intraprendere le necessarie azioni giudiziarie a tutela dei diritti dei citati docenti che sono stati pesantemente penalizzati dalle procedure di immissione in ruolo per fasi, e successivamente dalle procedure di mobilità previste dalla L. 107/2015 e dal CCNI siglato con i sindacati.

I docenti immessi in fase B infatti, nonostante fossero in posizioni in graduatoria favorevole (in molti casi occupavano i primissimi posti nelle GAE) sono stati destinati a scuole a migliaia di Km da casa e su classi di concorso diversa da quelle dove avevano sempre lavorato (azzerandone di fatto i punteggi), mentre gli ultimi in graduatoria sono stati immessi con il cd. “potenziamento” sulla propria classe di concorso vicino casa (molti di questi non avevano mai insegnato).

Alla grave ingiustizia, perpetrata con l’immissione in ruolo per fasi, si è aggiunta l’ingiustizia della mobilità per fasi che non tiene conto di fattori oggettivi come anzianità di servizio e titoli ed impedisce la mobilità professionale per rientrare nella propria classe di concorso, in palese contrasto con i dettami costituzionali, stabilendo criteri di precedenza e vincoli del tutto arbitrari.

I soci fondatori hanno eletto il consiglio direttivo che è presieduto dalla prof.ssa Nella Fronterrè (Sicilia) con vice presidente Filomena Pinca (Basilicata), la professoressa che a Matera, in occasione di un convegno, contestò il premier Matteo Renzi riuscendo poi a farsi ricevere dallo stesso premier a margine del convegno e segretaria la professoressa Angela Gregorio.

Il gruppo che ha dato vita al comitato è conosciuto ormai su Twitter con l’hashtag #8000esiliatifaseb GAE, che occupa ormai da mesi i primi posti nei topics di politica sul noto social.

Nel giro di pochissime ore le richieste di adesione al comitato sono già seicento provenienti da ogni parte d’Italia. Nei prossimi giorni saranno nominati i referenti regionali ai quali i docenti di ciascuna regione potranno fare riferimento. E’ possibile seguire le attività del comitato sul blog http://8000esiliatifasebgae.blogspot.it/.

Decreto Ministeriale 18 luglio 2016, n. 578

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

VISTO il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, recante “Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59” e, in particolare, l’articolo 2, comma 1, n. 11), che, a seguito della modifica apportata dal decreto legge 16 maggio 2008, n. 85, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 121, istituisce il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;

VISTO il decreto legge 16 maggio 2008, n. 85, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 121, recante “Disposizioni urgenti per l’adeguamento delle strutture di Governo in applicazione dell’articolo 1, commi 376 e 377, della legge 24 dicembre 2007, n. 244” che, all’articolo 1, comma 5, dispone il trasferimento delle funzioni del Ministero dell’Università e della Ricerca, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;

VISTO il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante “Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”, e, in particolare, l’articolo 6-ter;

VISTA la legge 2 agosto 1999, n. 264, recante “Norme in materia di accessi ai corsi universitari” e successive modificazioni e integrazioni, e, in particolare, l’articolo 3, comma 1, lettere a) e b), e l’articolo 4, comma 1;

VISTA la legge 10 agosto 2000, n. 251, recante “Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica”;

VISTO il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” e successive modificazioni e integrazioni, e, in particolare, l’articolo 39, comma 5;

VISTO il decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, concernente “Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286” e successive modificazioni e integrazioni;

VISTO il decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca 22 ottobre 2004, n. 270, contenente “Modifiche al Regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli Atenei, approvato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509”;

VISTO il decreto ministeriale 8 gennaio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 28 maggio 2009, n. 122, recante “Determinazione delle classi delle lauree magistrali delle professioni sanitarie, ai sensi del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270”;

VISTO il decreto interministeriale 9 luglio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 ottobre 2009, n. 233, recante l’ equiparazione dei diplomi di laurea di cui agli ordinamenti non ancora riformulati ai sensi del decreto ministeriale 3 novembre 1999 n. 509 alle lauree specialistiche delle classi di cui ai decreti ministeriali 28 novembre 2000, 2 aprile 2001 e 12 aprile 2001 e alle lauree magistrali delle classi di cui ai decreti ministeriali 16 marzo 2007 e 8 gennaio 2009 ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi;

VISTE le disposizioni interministeriali del 22 marzo 2016 e successive modificazioni e integrazioni, recanti “Procedure per l’accesso degli studenti stranieri richiedenti visto ai corsi di formazione superiore del 2016-2017”;

VISTO il contingente riservato agli studenti non comunitari non residenti in Italia per l’anno accademico 2016/2017 riferito alle predette disposizioni;

VISTA la rilevazione relativa al fabbisogno professionale delle professioni sanitarie per l’anno accademico 2016/2017 che il Ministero della Salute ha effettuato ai sensi dell’art.6-ter del D.L.gs. n. 502/1992, trasmessa alla Conferenza per i Rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province Autonome in vista dell’accordo formale;

VISTO l’Accordo della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano del 9 giugno 2016, n. 105;

CONSIDERATA la necessità di emanare il presente decreto al fine di consentire la pubblicazione dei bandi di concorso di ammissione ai corsi di laurea delle professioni sanitarie da parte degli Atenei, nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 4, comma 1, della legge n. 264/1999;

VISTA la potenziale offerta formativa così come deliberata dagli Atenei con espresso riferimento ai parametri di cui all’articolo 3, comma 2, lettere a), b), c) della legge n. 264/1999;

VISTE le proposte formulate in data 13 luglio 2016 dal tavolo tecnico composto dai rappresentanti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, del Ministero della Salute, della Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome, dell’Osservatorio delle Professioni sanitarie, della Conferenza dei Presidi delle Facoltà di Medicina e Chirurgia e dell’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca;

CONSIDERATO che la formazione acquisita nelle lauree magistrali delle professioni sanitarie è finalizzata all’acquisizione delle funzioni dirigenziali nelle relative aree professionali e alla formazione degli studenti iscritti ai corsi di laurea triennale;

VISTO il parere espresso dall’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca;

TENUTO conto dell’istruttoria compiuta secondo i criteri di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), della legge n. 264/1999;

RITENUTO, alla luce delle risultanze della summenzionata istruttoria, di accogliere integralmente l’offerta formativa deliberata dalle Università;

RITENUTO di determinare, per l’anno accademico 2016/2017, il numero dei posti disponibili a livello nazionale per l’ammissione ai corsi di laurea magistrale delle professioni sanitarie e di disporre la ripartizione dei posti tra le Università

 

DECRETA:
Articolo 1

  • 1. Per l’anno accademico 2016/2017, il numero dei posti disponibili a livello nazionale per le immatricolazioni ai corsi di laurea magistrale delle professioni sanitarie destinati ai candidati comunitari e non comunitari residenti in Italia, di cui all’art. 39, comma 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 è determinato come di seguito indicato per ciascuna classe di afferenza e tipologia di corso, secondo la ripartizione di cui alla tabella allegata che costituisce parte integrante del presente decreto.
  • Classe LM/SNT 1
    Scienze infermieristiche e ostetriche
    n. 1.120
    Classe LM/SNT 2
    Scienze delle professioni sanitarie e della riabilitazione
    n. 625
    Classe LM/SNT 3
    Scienze delle professioni sanitarie tecniche diagnostiche
    n. 362
    Classe LM/SNT 3
    Scienze delle professioni sanitarie tecniche assistenziali
    n. 85
    Classe LM/SNT 4
    Scienze delle professioni sanitarie della prevenzione
    n. 265

     

  • 2. Ai candidati non comunitari residenti all’estero sono destinati i posti secondo la riserva contenuta nel contingente di cui alle disposizioni interministeriali del 22 marzo 2016 citate in premessa.

 

Articolo 2

  • 1. Ciascuna Università dispone l’ammissione dei candidati comunitari e non comunitari di cui all’art. 39, comma 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 in base alla graduatoria di merito secondo quanto previsto dall’annuale decreto ministeriale recante le modalità e i contenuti della prova di ammissione ai corsi di laurea magistrale delle professioni sanitarie, nei limiti dei corrispondenti posti di cui alle tabelle allegate al presente decreto.
  • 2. Ciascuna Università dispone l’ammissione dei candidati non comunitari residenti all’estero in base ad apposita graduatoria di merito, nel limite del contingente a essi riservato definito nelle disposizioni interministeriali del 22 marzo 2016.

Il presente decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.

IL MINISTRO
Prof.ssa Stefania Giannini

tabelle

Decreto Ministeriale 18 luglio 2016, n. 579

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

VISTO il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, recante “Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59” e, in particolare, l’articolo 2, comma 1, n. 11), che, a seguito della modifica apportata dal decreto legge 16 maggio 2008, n. 85, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 121, istituisce il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;

VISTO il decreto legge 16 maggio 2008, n. 85, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 121, recante “Disposizioni urgenti per l’adeguamento delle strutture di Governo in applicazione dell’articolo 1, commi 376 e 377, della legge 24 dicembre 2007, n. 244” che, all’articolo 1, comma 5, dispone il trasferimento delle funzioni del Ministero dell’Università e della Ricerca, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;

VISTO il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante “Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”, e, in particolare, l’articolo 6-ter;

VISTA la legge 2 agosto 1999, n. 264, recante “Norme in materia di accessi ai corsi universitari” e successive modificazioni e integrazioni, e, in particolare, l’articolo 3, comma 1, lettere a) e b), e l’articolo 4, comma 1;

VISTO il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” e successive modificazioni e integrazioni, e, in particolare, l’articolo 39, comma 5;

VISTO il decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, concernente “Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286” e successive modificazioni e integrazioni;

VISTO il decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca 22 ottobre 2004, n. 270, contenente “Modifiche al Regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli Atenei, approvato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509”;

VISTO il decreto interministeriale 19 febbraio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 25 maggio 2009, n. 119, recante “Determinazione delle classi dei corsi di laurea per le professioni sanitarie, ai sensi del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270”;

VISTO il decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca 30 giugno 2016, n. 546 recante “Modalità e contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea e di laurea magistrale a ciclo unico ad accesso programmato nazionale anno accademico 2016/2017”;

VISTE le disposizioni interministeriali del 22 marzo 2016 e successive modificazioni e integrazioni, recanti “Procedure per l’accesso degli studenti stranieri richiedenti visto ai corsi di formazione superiore del 2016-2017”;

VISTO il contingente riservato agli studenti non comunitari non residenti in Italia per l’anno accademico 2016/2017 riferito alle predette disposizioni;

VISTA la rilevazione relativa al fabbisogno professionale delle professioni sanitarie per l’anno accademico 2016/2017 che il Ministero della Salute ha effettuato ai sensi dell’art.6-ter del D.L.gs. n. 502/1992, trasmessa alla Conferenza per i Rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province Autonome in vista dell’accordo formale;

VISTO l’Accordo della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano del 9 giugno 2016, n. 105;

CONSIDERATA la necessità di emanare il presente decreto al fine di consentire la pubblicazione dei bandi di concorso di ammissione ai corsi di laurea delle professioni sanitarie da parte degli Atenei, nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 4, comma 1, della legge n. 264/1999;

VISTA la potenziale offerta formativa così come deliberata dagli Atenei con espresso riferimento ai parametri di cui all’articolo 3, comma 2, lettere a), b), c) della legge n. 264/1999;

VALUTATA la necessità di contemperare quanto più possibile l’offerta formativa deliberata dagli Atenei con il fabbisogno professionale;

TENUTO CONTO altresì del fabbisogno professionale per le esigenze organiche delle Forze Armate per l’anno accademico 2016/2017, di cui alla comunicazione SSMD REG 2016 0072009 del 19 maggio 2016;

VISTE le proposte formulate in data 13 luglio 2016 dal tavolo tecnico composto dai rappresentanti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, del Ministero della Salute, della Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome, dell’Osservatorio delle Professioni sanitarie, della Conferenza dei Presidi delle Facoltà di Medicina e Chirurgia e dell’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca;

TENUTO conto dell’istruttoria compiuta secondo i criteri di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), della legge n. 264/1999;

VISTO il parere espresso dall’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca;

RITENUTO, alla luce delle risultanze della summenzionata istruttoria, di accogliere integralmente l’offerta formativa definita dalle Università per le professioni per le quali questa risulti inferiore al fabbisogno professionale e di ridurre la stessa offerta per le professioni per le quali questa risulti superiore al fabbisogno nazionale, anche con riferimento agli sbocchi occupazionali di ogni singola professione;

RITENUTO di definire la programmazione dei posti anche con riguardo alle esigenze delle Regioni e delle Province Autonome sul cui territorio non sono attivati i corsi di laurea;

RITENUTO di determinare, per l’anno accademico 2016/2017, il numero dei posti disponibili a livello nazionale per l’ammissione ai corsi di laurea delle professioni sanitarie e di disporre la ripartizione dei posti tra le Università

 

DECRETA:

Articolo 1

1. Per l’anno accademico 2016/2017, il numero dei posti disponibili a livello nazionale per le immatricolazioni ai corsi di laurea delle professioni sanitarie destinati ai candidati comunitari e non comunitari residenti in Italia, di cui all’art. 39, comma 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 è definito, come di seguito indicato per ciascuna classe di afferenza e tipologia di corso, secondo la ripartizione di cui alle tabelle allegate che costituiscono parte integrante del presente decreto.

Classe SNT/1
Corsi di laurea in

Infermieristica n. 14.968
Ostetricia n. 763
Infermieristica pediatrica n. 283

Classe SNT/2
Corsi di laurea in:

Podologia n. 111
Fisioterapia n. 2.172
Logopedia n. 744
Ortottica e assistenza oftalmologica n. 225
Terapia della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva n. 352
Tecnica della riabilitazione psichiatrica n. 335
Terapia occupazionale n. 233
Educazione professionale n. 687

Classe SNT/3
Corsi di laurea in:

Tecniche audiometriche n. 60
Tecniche di laboratorio biomedico n. 800
Tecnica di radiologia per immagini e radioterapia n. 800
Tecniche di neurofisiopatologia n. 136
Tecniche ortopediche n. 141
Tecniche audioprotesiche n. 306
Tecniche di fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare n. 195
Igiene dentale n. 641
Dietistica n. 355

Classe SNT/4
Corsi di laurea in:

Tecniche della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro n. 601
Assistenza sanitaria n. 332

Ai candidati non comunitari residenti all’estero sono destinati i posti secondo la riserva contenuta nel contingente di cui alle disposizioni interministeriali del 22 marzo 2016 citate in premessa.

Articolo 2

Ciascuna Università dispone l’ammissione dei candidati comunitari e non comunitari di cui all’art. 39, comma 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 in base alla graduatoria di merito secondo quanto previsto dal D.M. n. 546/2016 citato in premessa, nei limiti dei corrispondenti posti di cui alle tabelle allegate al presente decreto.

Ciascuna Università dispone l’ammissione dei candidati non comunitari residenti all’estero in base ad apposita graduatoria di merito, nel limite del contingente a essi riservato definito nelle disposizioni interministeriali del 22 marzo 2016.

 

Il presente decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.

IL MINISTRO
Prof.ssa Stefania Giannini


Tabelle