Abilitazione PAS “con riserva”

Vittoria Anief in Tribunale: l’Abilitazione PAS “con riserva” è valida a tutti gli effetti ed è spendibile anche per il passaggio di ruolo

Aveva ragione l’Anief a sostenere a spada tratta i diritti dei docenti che hanno conseguito l’abilitazione PAS o TFA con riserva in attesa della definizione nel merito del contenzioso instaurato per l’accesso al percorso abilitante: Il Tribunale del Lavoro di Massa ha dato pieno accoglimento alle richieste patrocinate con grande esperienza per il nostro sindacato dall’Avv. Simona Fabbrini a tutela di una docente di ruolo, abilitatasi accedendo “con riserva” al Percorso Abilitante Speciale, cui l’USR Toscana aveva voluto negare la possibilità di ottenere il passaggio di ruolo proprio a causa del mancato “scioglimento della riserva” sulla sua abilitazione PAS, in quanto ancora in attesa della discussione nel merito del ricorso pendente presso il competente Tribunale Amministrativo. Con un’Ordinanza esemplare ottenuta dal nostro legale, il MIUR ha ricevuto ordine di immediata elaborazione della domanda di mobilità della ricorrente constatando come “se si accedesse all’interpretazione adottata dal MIUR, i provvedimenti cautelari emessi dal CdS in favore della ricorrente non avrebbero alcuna efficacia”. Marcello Pacifico (Anief-Cisal): “Le abilitazioni PAS e TFA “con riserva” sono utili a tutti gli effetti, continueremo a tutelare in giudizio quanti dovessero subire discriminazioni o danni alla propria attività professionale a causa delle illegittimità poste in essere dal MIUR”.

Superiori, dopo la sperimentazione curriculum dello studente per tutti

da Il Sole 24 Ore

Superiori, dopo la sperimentazione curriculum dello studente per tutti

di Laura Virli

Con l’attuazione dell’organico dell’autonomia, che esplicherà i suoi effetti con il nuovo anno, ma soprattutto ottimizzando la “chiamata per competenze” per avere in squadra i docenti più rispondenti alle esigenze dei Ptof, il “curriculum dello studente” o meglio il “curriculum digitale” diventerà realtà per tutti gli studenti delle superiori.
La norma
Per comprendere meglio torniamo ad esaminare la norma rivoluzionaria che avrà il merito di avvicinare la scuola italiana ai percorsi formativi presenti da tempo in molti Paesi del Nord Europa al top della classifica Ocse Pisa come la Finlandia.
Secondo i commi 28-31, a partire dal terzo anno, le scuole secondarie di secondo grado, anche utilizzando le quote di autonomia e gli spazi di flessibilità, potranno introdurre “insegnamenti opzionali”.
Nello scorso anno la fase di stesura del Ptof ha visto il dirigente scolastico, di concerto con gli organi collegiali e l’utenza, impegnato ad individuare percorsi formativi diretti all’orientamento e alla valorizzazione delle eccellenze. Pertanto, in ogni Ptof, in attesa della piena possibilità di usufruire dei posti di potenziamento (previsti dall’organico dell’autonomia), gli istituti superiori hanno inserito insegnamenti “opzionali”.
Il curriculum dello studente
Una rapida lettura dei Ptof inseriti su “Scuola in chiaro” evidenzia la presenza di numerose tipologie di insegnamenti opzionali che potranno avere finalmente “luce”, anche grazie a risorse economiche derivanti dai Pon Fser “Ambienti digitali”; tra questi insegnamenti spiccano corsi di giornalismo, laboratori di fotografia e di ritocco, laboratori di robotica e di meccanica, laboratori teatrali, di scrittura creativa, di musica, di arte, di cinema e storia, di sociologia, di diritto, di economia e finanza, di chimica laboratoriale, di astronomia, di anatomia e medicina.
Gli insegnamenti opzionali potranno essere finalmente parte del percorso dello studente e inseriti nel “curriculum dello studente” di cui le commissioni dovranno tenere conto (secondo il comma 30) nello svolgimento dei colloqui dell’Esame di Stato finale del ciclo di studi.
Il “curriculum dello studente” raccoglierà tutti i dati utili, anche ai fini dell’orientamento e dell’accesso al mondo del lavoro, relativi al percorso degli studi, alle competenze acquisite, alle eventuali scelte degli insegnamenti opzionali, alle esperienze formative anche in alternanza scuola-lavoro e alle attività culturali, artistiche, di pratiche musicali, sportive e di volontariato, svolte in ambito extrascolastico.
Il profilo digitale dello studente sul Portale unico
Entro la fine dell’anno (centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge), sentito il Garante per la protezione dei dati personali, un apposito decreto del Miur disciplinerà le modalità di individuazione del curriculum dello studente da associare ad un’identità digitale (curriculum o profilo digitale) accessibile nel Portale unico dei dati della scuola, istituito con il comma 136 della “Buona Scuola”, dove confluiranno anche i dati relativi al fascicolo di ciascun docente, i bilanci delle scuole, i Ptof, i dati del Sistema nazionale di valutazione, la normativa, le comunicazioni varie, l’anagrafe dell’edilizia scolastica e degli studenti.

Maturità, dal divario Nord-Sud nei voti con lode un’opportunità per interrogarsi sul sistema scolastico

da Il Sole 24 Ore

Maturità, dal divario Nord-Sud nei voti con lode un’opportunità per interrogarsi sul sistema scolastico

di Anna Maria Ajello*

Quest’anno, un dato noto da tempo, vale a dire la rilevante differenza del numero del le lodi tra le scuole del settentrione e quelle del meridione ha fatto grande scalpore. In realtà, in taluni casi, come quello della Puglia rispetto alla Lombardia, il numero delle lodi si è triplicato (900 rispetto a 300 circa) e il disappunto è del tutto giustificato; la differenza infatti, nel rendimento degli studenti contraddice i risultati di tutte le altre rilevazioni, nazionali e internazionali, dove le scuole del Nord registrano esiti nettamente migliori rispetto a quelle del Meridione.
La reazione di quest’anno tuttavia, è interessante perché indica che non si vuole accettare oltre un dato che sinora è sembrato quasi ineluttabile. Nell’indicare le ragioni di quella differenza tuttavia, sono state proposte spiegazioni sbrigative ( per esempio «gli insegnanti di manica larga») che non aiutano a capire il fenomeno, non per giustificarlo, ma per comprendere invece, i modi per fronteggiarlo. Quanto alle soluzioni, introdurre una prova Invalsi anche per la maturità, è stata pressocche unanimemente considerato un modo per avere una misura comparativa che consenta un maggiore equilibrio nel riconoscimento dell’effettivo valore degli esiti degli studenti.
Come presidente dell’Invalsi non posso che gradire simili apprezzamenti che riconoscono la serietà di un lavoro sedimentato nel tempo, ma anche per questo è opportuno riflettere sulle caratteristiche della situazione attuale per quanto riguarda i risultati dell’esame di maturità. Il quale, detto per inciso, ha da tempo perso di credibilità, visto che le università hanno introdotto prove selettive che ne limitano di molto il valore come chiave di accesso discriminante per gli studi ulteriori.
Le lodi al Meridione sono in vero indicative di alcuni aspetti: l’ampio divario tra studenti bravi e studenti in difficoltà, in contesti spesso segnati da disagi socio-economici e talvolta famigliari che porta a far risaltare di più il valore dei primi; la conseguente aspettativa delle famiglie nel voler vedere riconosciuto il merito dei propri figli bravi; il maggior credito che nel Meridione le famiglie attribuiscono al riconoscimento formale della scolarità raggiunta; limito qui le considerazioni che potrebbero essere ulteriormente sviluppate.
Non si tratta semplicemente, quindi, di insegnanti di manica larga, che in tale prospettiva riduce il problema ad un tratto individuale e in fin dei conti moralistico, ma di un insieme di elementi che connotano la cultura diffusa delle regioni meridionali.
Si deve aggiungere tuttavia che l’abbondanza delle lodi, in ogni caso, danneggia anche la credibilità di quelle meritate dagli studenti bravi che frequentano scuole meridionali; vale la pena di ricordare che due anni fa il miglior docente italiano insegnava in una scuola di Lecce.
Quanto alla soluzione largamente sostenuta di inserire una prova Invalsi alla maturità, il ministro Stefania Giannini ha richiesto all’Istituto di procedere nell’approntamento di una simile prova e di inserire oltre agli ambiti disciplinari di italiano matematica anche l’inglese. L’Invalsi, mentre per le due discipline tradizionalmente oggetto delle prove, italiano e matematica, sta preparando la banca di item necessaria per la realizzazione della prova di maturità, per l’inglese ha esaminato le diverse realizzazioni in atto nei Paesi europei e ha presentato le alternative al Miur.
Dal punto di vista operativo, le prove saranno svolte da ciascuno studente al computer e la correzione sarà automatica, in modo da sgravare i docenti dall’imputazione dei dati e, nello stesso tempo, di ridurre i fenomeni di cheating – comportamenti opportunistici di studenti e docenti che “truccano” gli esiti – la cui diffusione, ancora una volta, è maggiore nelle classi meridionali.
La modalità di realizzazione potrà essere diversa, soprattutto rispetto alla collocazione temporale. Si potranno svolgere le prove nel corso del quinto anno e non alla fine come parte dell’esame, pur rientrando gli esiti nella certificazione finale; si potrebbero svolgere alla fine del quarto anno, per evitare l’effetto catalizzatore di attenzione sulle prove stesse che un loro inserimento nel corso del quinto anno potrebbe avere rispetto alla realizzazione del curricolo. Si tratta, come si vede, di scelte non solo tecniche, ma politiche, che non rientrano quindi nella disponibilità dell’Invalsi.
Quale sia la soluzione che verrà scelta, c’è un aspetto che è opportuno segnalare che riguarda l’accettazione della prova del quinto anno da parte di docenti e studenti come strumento comparativo.
Così come molte famiglie attualmente pagano corsi ed esami di inglese per consentire ai propri figli di avere una certificazione internazionalmente riconosciuta e nessuno contesta le prove che si devono superare per acquisirla, è necessario che anche le prove, realizzate al quinto anno, siano riconosciute come strumento che attesta il conseguimento di alcune competenze fondamentali per il livello di età e di scolarizzazione a cui sono rivolte. Si tratta quindi, di costruire il consenso dei diversi stakeholder, evitando l’idolatria delle prove, ma avendo cura invece, di farne conoscere la validità e la sensatezza.
Per far questo, sarebbe indispensabile che i docenti avessero nella loro prima formazione la possibilità di acquisire competenze relative alla costruzione di prove standardizzate e alle loro caratteristiche, sia nazionali che internazionali, ed è sorprendente che ancora non sia prevista nei curricoli formativi una simile prescrizione.
Come Invalsi infatti, ci troviamo sempre nella necessità di spiegare, ab ovo, come funzionano le prove, come si costruiscono, l’ambito della loro validità a platee di docenti del tutto digiuni di simili conoscenze, per cui la possibilità poi di usare i risultati delle prove dei loro alunni risiede solo sull’impegno volontaristico di alcuni di loro, laddove una simile competenza dovrebbe essere invece un patrimonio obbligato di ogni docente. Mi rendo conto che l’inserimento di crediti formativi obbligatori rientra nell’autonomia dell’università e che, quindi, sia più complicato realizzare una simile innovazione, ma ritengo che sia assolutamente indispensabile avviarla, se vogliamo effettivamente sostenere e diffondere la cultura della valutazione nelle istituzioni scolastiche del nostro Paese.
Diverso è il caso degli studenti e delle loro famiglie. E’ necessario che vengano organizzate occasioni diverse di dibattito pubblico, in cui sia possibile evidenziare come il superamento delle prove costituisca il riconoscimento dell’acquisizione di un diritto di cittadinanza che per primi gli studenti devono avere interesse a conseguire. Si tratta quindi, di un’operazione culturale imponente che si realizza con un impegno articolato negli anni, il cui obiettivo non si consegue rapidamente, ma questo è proprio dei fenomeni educativi e non ci si deve scoraggiare se non se ne vedranno immediatamente i frutti: per tale ragione almeno, è necessario un largo consenso su tali temi.

* Presidente Invalsi

Concorsone lumaca e pioggia di ricorsi la scuola riapre ma mancano i prof

da la Repubblica

Concorsone lumaca e pioggia di ricorsi la scuola riapre ma mancano i prof

Assunzioni a rilento e 5mila insegnanti pronti a rivolgersi al tribunale contro gli errori nei trasferimenti L’allarme dei sindacati: “In classe sarà una girandola”

Cattedre vuote al suono della prima campanella: sono almeno 90mila quelle che saranno coperte da supplenti. E girandola di insegnanti neoassunti a causa delle migliaia di ricorsi contro gli errori nei trasferimenti. Nei primi giorni di scuola ci sarà un effetto domino nelle classi: docenti assegnati a un istituto e poi spostati in un altro, a seconda dell’esito dei contenziosi. «A rischio la regolare partenza delle lezioni» è la denuncia dei sindacati, convocati martedì al ministero, a poco meno di due settimane dall’avvio del nuovo anno. Da Nord a Sud le scuole fanno i conti con le cattedre che mancano (4-5mila, stimano i sindacati), con gli oltre 20mila posti di ruolo — uno su tre — che non saranno coperti a causa delle bocciature al concorso. E con il balletto degli insegnanti, stavolta di ruolo, dovuto ai ricorsi che stanno paralizzando anche le chiamate dirette dei presidi.
Andiamo con ordine. Le assunzioni previste quest’anno sono 32mila: metà per i vincitori di concorso, l’altra metà dalle graduatorie. Ma non tutte le cattedre saranno coperte. Troppi bocciati alle prove scritte sino ad oggi, praticamente uno su due. La rivista Tuttoscuola ha fatto la radiografia del Concorsone, stimando già 10.500 posti vacanti sui 63.712 messi a bando nel prossimo triennio, destinati a salire a 21.072. L’amara sintesi: il concorso sarà vinto da poco più di 40mila dei 175mila candidati abilitati all’insegnamento. Inoltre il ritardo delle procedure (ad oggi, oltre 300 commissioni su 800 non hanno completato la correzione degli scritti) farà sì che nell’anno che sta per iniziare un maggior numero di posti, circa 4mila, venga assegnato alle Graduatorie ad esaurimento. Se queste sono già esaurite si dovrà ricorrere ai precari. E in alcuni casi, ironia della sorte, saranno i bocciati al concorso a rientrare in classe come supplenti.
Poi c’è il taglio denunciato dai sindacati dei posti nell’organico di “fatto”: cattedre annuali assegnate per le esigenze delle scuole che passano da 31.454 dell’anno scorso a 30.262. I tagli si fanno sentire soprattutto in Emilia Romagna, dove gli studenti saranno 3.400 in più, in Veneto, dove l’assessore all’Istruzione Elena Donazzan denuncia la mancanza di 468 docenti, in Lombardia, Piemonte e Marche.
Infine, i trasferimenti sbagliati. Sono 600 le istanze di conciliazione, ovvero il primo passo prima di arrivare davanti a un giudice, presentate finora al Miur, de- stinate a diventare almeno il doppio secondo viale Trastevere. Ma Cisl e Flc-Cgil danno altri numeri: 5mila ricorsi, più di mille nel Lazio, 1.300 in Campania e Sicilia, 500 in Puglia, 700 solo a Milano. L’effetto sarà «una girandola nelle classi», denuncia Lena Gissi, segretaria Cisl scuola. «Un girone dantesco a danno degli studenti », commenta Annamaria Santoro della Cgil.

Posti di sostegno a prof non titolati per evitare il trasferimento al Nord

da Corriere della sera

Posti di sostegno a prof non titolati per evitare il trasferimento al Nord

L’accordo raggiunto fra sindacati e uffici scolastici in Sicilia e Sardegna: per quest’anno potranno restare vicino a casa

Orsola Riva

Sulla vertenza dei prof del Sud che avrebbero dovuto trasferirsi al Nord sindacati e uffici scolastici regionali hanno trovato un accordo. Più che una soluzione, una toppa. Ancora per quest’anno potranno prestare servizio vicino a casa. Ma non insegneranno la materia nella quale sono abilitati: saranno invece assegnati provvisoriamente alle scuole come insegnanti di sostegno per i posti in deroga, ovvero quelli che ogni anno ad agosto vengono assegnati dall’uffici scolastici in aggiunta al cosiddetto organico di diritto e che nel caso del sostegno sono tantissimi (25 mila su tutto il territorio nazionale). I requisiti richiesti per l’avvicinamento alla propria provincia sono quelli che valgono per tutte le assegnazioni provvisorie: ricongiungimento al coniuge, ai figli, ai genitori o gravi esigenze di salute.

Migliaia di cattedre in palio

Finora l’accordo per le assegnazioni provvisorie sul sostegno è stato raggiunto solo in due regioni, Sicilia e Sardegna, ma all’inizio della prossima settimana è previsto un incontro al Miur con le organizzazioni sindacali. Nel caso della Sicilia, secondo i primi calcoli, in palio ci sarebbero circa duemila cattedre, corrispondenti alla metà dei posti in deroga totali (4.606). Sono quelli rimasti scoperti dopo l’assegnazione ai precari in possesso della specializzazione sul sostegno, che naturalmente hanno la precedenza. In Sardegna le cattedre di sostegno rimaste libere per mancanza di candidati «titolati» dovrebbero aggirarsi invece attorno alle 160.

L’appello dei sindacati

L’accordo raggiunto offre una scialuppa di salvataggio a una parte dei circa 8.000 prof assunti nella cosiddetta «fase B» della Buona Scuola, quella in cui i posti comuni rimasti scoperti dopo le prime due fasi (in cui si veniva collocati all’interno della propria provincia) furono assegnati pescando da tutto il territorio nazionale: e – come si sa – mentre la maggior parte degli aspiranti prof viene dal Sud, le cattedre, per ragioni demografiche, sono concentrate soprattutto al Nord. In questo modo, però, non solo si lasciano scoperte delle cattedre al Nord che dovranno essere assegnate ancora una volta a dei supplenti ma, cosa assai più grave, si affida la parte più debole della popolazione scolastica (i bambini che necessitano appunto di un sostegno specifico) a docenti magari anche bravissimi a insegnare italiano o matematica ma del tutto impreparati a questo genere di responsabilità. Gli stessi sindacati, nonostante la soddisfazione per l’intesa raggiunta a livello locale, ne sono consapevoli. «Proprio per la delicatezza del compito che andranno a svolgere – è l’appello dei rappresentanti dei lavoratori – , si chiede a chi di competenza di avviare corsi formativi di aiuto a questi docenti che dovranno andare a occuparsi della parte più fragile della popolazione scolastica».

Per diventare dirigente pubblico arriva il corso-concorso

da La Tecnica della Scuola

Per diventare dirigente pubblico arriva il corso-concorso

Cambia la modalità concorsuale per diventare dirigente pubblico nella pubblica amministrazione: di base, per accedere non servirà più l’anzianità di servizio.

Si tratta del via libera del CdM, in esame preliminare, al decreto legislativo recante disciplina della dirigenza della Repubblica ai sensi dell’articolo 11 della legge 7 agosto 2015, n.124

Maggiori particolari sulle novità in arrivo, che a grandi abbiamo già illustrato, si evincono dalla relazione illustrativa del decreto di riforma della PA, nella quale si parla di “un evidente favor viene espresso dal legislatore nei confronti del corso-concorso, aperto a tutti” e rispetto a cui il format tradizionale ha “carattere residuale”.

In futuro, in pratica, si potrà aspirare ai vertici della macchina statale appena usciti dall’università, dopo un ciclo di formazione sui banchi della Scuola nazionale dell’amministrazione, che, vista la nuova mission, verrà rinnovata: la Sna diventa un’agenzia e viene sottoposta alla vigilanza della presidenza del Consiglio dei ministri.

Tutti i nuovi posti da dirigente saranno ricoperti dai vincitori del corso-concorso, mentre il concorso ‘classico’ servirà solo per far fronte a necessità ‘extra’. Il testo del provvedimento prevede, infatti, che “il corso-concorso è bandito ogni anno per il numero di posti definiti sulla base della programmazione triennale delle assunzioni da parte delle amministrazioni”, invece al concorso si procede per “esigenze non coperte”.

L’Ansa ricorda che “anche oggi esiste il corso-concorso: la prima edizione è della metà degli anni Novanta, ma finora ha avuto uno spazio limitato con bandi sporadici”.

Le linee guida sono già pronte: concluso il ciclo formativo bisognerà superare un periodo di prova di tre anni, altrimenti si retrocede a funzionari.

Per un esperto in materia, già presidente degli allievi della Sna, Alfredo Ferrante, “puntare sul corso-concorso è un’ottima cosa ma è fondamentale rispettare la cadenza annuale, cambiando prassi: si è fatto solo 6 volte in 21 anni. In generale – continua – è positivo che la selezione dei dirigenti abbia scala nazionale”. Mentre desta “preoccupazione”, sottolinea Ferrante, “la natura ibrida del ‘dirigente funzionario’ e i lunghi tempi di prova”. Il decreto è intanto arrivato alla Camera, che dovrà dare il suo parere entro ottobre. I giudizi non tardano ad arrivare dalla Cgil, che con il responsabile Settori Pubblici Michele Gentile parla di “una possibile gigantesca operazione di spoils system”.

Dello stesso parere è il segretario nazionale di Fedir Sanità, Antonio Travia: “è solo un modo per consentire alla politica di tenere completamente in pugno i dirigenti”. L’ultima versione fa salire a 5 la rosa dei candidati alle pozioni apicali.

Per saperne di più bisogna ora attendere il regolamento, che il decreto impone di far uscire entro tre mesi.

Le novità non riguarderanno i dirigenti scolastici: il nuovo percorso per diventare capo d’Istituto è contenuto nella Legge 107/2015 ed il bando è atteso in autunno. Chi è intenzionato a partecipare alla selezione, può usufruire dei moduli formativi, in modalità e-learning, della Tecnica della Scuola.

Bonus 500 euro docenti, la rendicontazione entro il 31 agosto

da La Tecnica della Scuola

Bonus 500 euro docenti, la rendicontazione entro il 31 agosto

Nell’ottobre scorso i docenti hanno ricevuto nei propri cedolini 500 euro per la formazione. Il bonus, dal prossimo anno, diventerà una Carta elettronica che potrà essere utilizzata per gli acquisti.

Con la nota 15219 del 15 ottobre 2016, il Miur aveva emanato le indicazioni operative in applicazione del DPCM 23 settembre 2015, sull’istituzione della “Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado”, secondo quanto previsto dall’art.1 comma 121 della legge 107/2015 (“Buona Scuola”).

Il Ministero aveva spiegato che nel caso la documentazione fosse risultata non conforme, incompleta, presentata oltre il termine o non presentata, la somma sarà recuperata con l’erogazione riferita al 2016/17. Inoltre, i rendiconti dovranno essere messi a disposizione dei revisori per il riscontro di regolarità amministrativo-contabile.

Con l’occasione, il Miur aveva annunciato l’emissione di una successiva nota, con la quale avrebbe fornito ulteriori dettagli riguardo all’attività di rendicontazione delle spese sostenute.

Questa nota non è mai stata emanata, nonostante le richieste di chiarimento avanzate dai Sindacati e dalle istituzioni scolastiche.

Le scuole hanno quindi adottato procedure diverse: alcune hanno emanato circolari informative e predisposto modulistica ad hoc, altre hanno addirittura preparato piattaforme per l’inserimento dei dati direttamente dai docenti, altre ancora hanno atteso invano indicazioni operative dal Miur.

Ad ogni modo, per i docenti interessati, riepiloghiamo quali sono le spese ammissibili, meglio esplicitate in alcune Faq pubblicate dal Miur:

  • acquisto di libri, pubblicazioni e riviste, anche in formato digitale, e anche se non attinenti alla disciplina insegnata;
  • hardware, come i PC, i computer portatili o notebook, i computer palmari, i tablet;
  • software, come i programmi e le applicazioni destinati alle specifiche esigenze formative di un docente (programmi che permettono di consultare enciclopedie, vocabolari, repertori culturali o di progettare modelli matematici o di realizzare disegni tecnici, di videoscrittura e di calcolo);
  • corsi di formazione (anche on-line) organizzati dagli enti accreditati, dalle università, consorzi universitari e interuniversitari, Indire, Istituti pubblici di ricerca;
  • corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, corsi post lauream o master;
  • corsi destinati specificamente alla formazione degli insegnanti, purché inerenti al proprio profilo professionale;
  • corsi per lo studio di una lingua straniera all’estero, purché il corso venga erogato da uno dei soggetti di per sé qualificati per la formazione nella scuola, ovvero dagli “Enti culturali rappresentanti i Paesi membri dell’Unione Europea, le cui lingue siano incluse nei curricoli scolastici italiani”;
  • esame di certificazione di una lingua straniera, se l’esame è promosso da uno degli Enti certificatori delle competenze in lingua straniera del personale scolastico;
  • corso di formazione organizzato dalla propria o da altre scuole, purché coerente “con le attività individuate nell’ambito del piano triennale dell’offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione”;
  • rappresentazioni cinematografiche, ingressi ai musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, anche se non attinenti alla disciplina insegnata;
  • attrezzature per la scuola come LIM o libri, riviste o materiale didattico per la biblioteca scolastica.
  • corso insieme ad altri docenti esterno al piano di formazione della scuola.

Invece, non è possibile fare rientrare i seguenti acquisti:

  • smartphone, toner, cartucce, stampanti, pennette USB e videocamere;
  • abbonamenti per la linea Adsl;
  • acquisto di titoli di viaggio per la partecipazione a eventi o per viaggi culturali.

Entro il 31 agosto i docenti dovranno presentare alle scuole di appartenenza la rendicontazione delle spese sostenute, che passerà poi al vaglio dei revisori.

Graduatorie di istituto, entro il 29 agosto inserimento titolo di specializzazione e scelta sedi

da La Tecnica della Scuola

Graduatorie di istituto, entro il 29 agosto inserimento titolo di specializzazione e scelta sedi

Fino alle ore 14 del 29 agosto saranno aperte le funzioni POLIS per l’inserimento del titolo di specializzazione per il sostegno e per la scelta delle sedi per il conferimento delle supplenze.

Sono esprimibili le sedi relative all’a.s. 2015/16.

Gli aspiranti non precedentemente iscritti nelle graduatorie di istituto possono scegliere le istituzioni scolastiche della provincia in cui è ubicata la Scuola alla quale è stato inoltrato il modello di domanda A3; invece, quelli già iscritti, fermo restando il carattere triennale delle graduatorie di istituto costituite a decorrere dall’a.s. 2014/15, possono inserire/cambiare una o più istituzioni scolastiche della Provincia di iscrizione, ai soli fini dell’inserimento nella II fascia aggiuntiva per la finestra temporale del 1° agosto 2016.

In particolare, le sedi già espresse ad inizio triennio o in occasione delle precedenti finestre temporali, possono essere cambiate, esclusivamente, con sedi nelle quali sono presenti gli insegnamenti per i quali si chiede l’inserimento nella finestra temporale del 1 agosto 2016. Pertanto, non possono essere sostituite le sedi ove risultino, già, impartiti gli insegnamenti per i quali si richiede l’inserimento in II fascia aggiuntiva nella presente finestra temporale.

La nota prot. n. 21966 dell’8 agosto 2016 contiene tutte le indicazioni utili e in allegato i modelli B e B1. Quest’ultimo riguarda i Licei Musicali e Coreutici.

La beffa dei prof “potenziati” e “sbagliati”

da La Tecnica della Scuola

La beffa dei prof “potenziati” e “sbagliati”

Sembra che sul potenziamento si siano innescati meccanismi contorti, come scrive il Secolo XIX, parlando con un preside: «Per il potenziamento ci è stato assegnato un insegnante di italiano e latino, di cui non avevamo assolutamente bisogno e che fra l’altro non è mai pervenuto. Abbiamo chiesto di poter chiamare al suo posto un supplente in materie tecnico-pratiche, matematica o elettronica. Ci hanno risposto che è impossibile. Possiamo sostituirlo solo con un altro insegnante di italiano e latino».

Il potenziamento è nato per rispondere alle esigenze della scuola, ma alla fine si è risolto in un mero svuotamento delle graduatorie, una stabilizzazione dei precari. Le scuole hanno ricevuto gli insegnanti che erano a disposizione, e in molti casi si sono dovute accontentare: «Noi avevamo chiesto delle cattedre coerenti con una delle linee guida del nostro piano di miglioramento, vale a dire con il potenziamento matematico-scientifico», racconta un altro preside e cosa ha ricevuto?

«Alle medie un insegnante di musica e due di educazione fisica, al liceo scientifico uno di scienze e uno di stenodattilografia». Cosa se ne farà il liceo scientifico di uno stenodattilografo? «Dovremo adeguarci e ri-progettare parte delle attività. Se la logica era esaurire le graduatorie e dare un posto ai precari, bene, lo capisco. Ma allora potevano risparmiarci tutta la fatica che abbiano fatto per preparare i rapporti di auto-valutazione e i piani di miglioramento».

Arriva “ScuolaTech” e la didattica diventa digitale

da La Tecnica della Scuola

Arriva “ScuolaTech” e la didattica diventa digitale

L’innovazione e la tecnologia raggiungono nel mondo vette sempre più alte, impensabili solo pochi anni fa.

Come in altri campi, anche la scuola per stare al passo con i tempi ha bisogno di una continua evoluzione necessaria per fornire strumenti adeguati a studenti e docenti in grado di evolvere verso la  scuola 2.0 per una istruzione più organizzata e moderna.

Negli ultimi anni c’è stato un forte sviluppo di strumenti quali ad esempio i registri digitali, ormai presenti in più della metà degli Istituti italiani, mentre ancora indietro (seppur in crescita), sono i numeri relativi agli accessi a larga banda nelle scuole (10% tra le scuole primarie e il 23% tra le scuole secondarie.)

In un quadro attualmente ancora eterogeneo sia in termini di distribuzione territoriale che di servizi digitali tra i diversi Istituti, ma dalle linee ben definite presenti nel PNSD (Piano Nazionale della Scuola Digitale),

Il progetto è nato qualche anno fa per rispondere alle esigenze della scuola digitale permettendo ai docenti di condurre le lezioni con il “metodo collaborativo” e contribuendo a sviluppare le specifiche competenze degli alunni, attraverso strumenti e servizi che favorisconol’inclusione didattica.

Il programma si prefigge di favorire, inoltre, l’istruzione didattica grazie ad un’offerta personalizzata in base ai programmi sviluppati dalle scuole, che comprende soluzioni hardware, software e di formazione.

L’offerta hardware è composta da tablet e notebook, ideali come dispositivi per lo studio, sia per docenti che per gli studenti,, mentre l’offerta software offre diverse soluzioni dalla gestione della classe fino ai software per la didattica inclusiva attraverso mappe concettuali, strumenti compensativi per BES (Bisogni Educativi Personali), piattaforme preimpostate o eserciziari multimediali.

Inoltre, Toshiba si impegna con partner selezionati nella formazione e nella certificazione delle competenze degli insegnanti.

“Negli anni abbiamo assistito ad un aumento esponenziale dei dispositivi connessi a Internet, che utilizziamo quotidianamente”, dichiara Rossella Destino, Country Manager di Toshiba Italia.

La Giornata Mondiale delle Telecomunicazioni e della Società dell’Informazioneci ricorda l’importanza di creare, accedere e condividere conoscenze attraverso la tecnologia percostruire una società migliore. Il progetto ScuolaTech, prosegue la manager, nasce proprio con l’obiettivo di supportare le scuole con un’offerta dedicata per favorire l’inclusione digitale e garantire, attraverso la scuola, un ampio accesso alle tecnologie digitali più moderne”.

Tra le caratteristiche del progetto, va sottolineata inoltre la possibilità di avere il servizio  di assistenza On Site Next Business Day, che assicura cioè l’intervento di un tecnico specializzato presso il domicilio dell’utilizzatore entro il giorno successivo alla chiamata.

Un ulteriore passo avanti, dunque, nel lungo percorso della scuola digitale, che vede la scuola italiana ancora tra gli ultimi posti della classifica Europea.

Giannini vara task force Miur per le zone terremotate

da tuttoscuola.com

Giannini vara task force Miur per le zone terremotate
Sarà operativa già dalla prossima settimana

Ha detto bene ieri il nostro Presidente del Consiglio. Queste sono ancora le ore delle lacrime e dei primi interventi. Ma dalle istituzioni ci si aspetta che arrivino anche risposte e soluzioni a medio e lungo termine. Abbiamo centinaia di bambini e ragazzi nei comuni più colpiti dal sisma. Alcuni di loro, purtroppo, hanno perso la vita. Ed esprimo tutta la mia vicinanza alle madri e ai padri che non potranno riabbracciare i loro figli. Il dolore più grande che si possa provare nella vita”. Lo ha scritto il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini in un post su Facebook, che così prosegue:

A chi è sopravvissuto a questa tragedia dobbiamo dare subito i segnali della speranza e della fiducia che si può ritornare alla normalità. Il primo segnale sarà proprio l’avvio regolare dell’anno scolastico. Stiamo lavorando in queste ore, perché in tutti paesi colpiti dal sisma tutti i bambini possano riprendere la scuola puntualmente e in condizioni di regolarità. Per questo, all’inizio della prossima settimana sarà attivata al Miur una task force per sostenere i nostri docenti e i dirigenti scolastici. Nessuno deve restare solo. Ai ragazzi e alle loro famiglie dico che stiamo lavorando in collaborazione con Regioni ed Enti locali perché tutti possano riprendere le lezioni”.

La task force viene istituita “per garantire una scuola a chi non l’ha più. E per agevolare e velocizzare le verifiche sulla sicurezza degli edifici. Abbiamo 3 milioni di euro nel nostro bilancio che metteremo a disposizione degli Enti locali per le verifiche sulle strutture e altri 20 milioni per gli interventi di adeguamento antisismico. Lavoreremo in contatto costante con la Presidenza del Consiglio e la Protezione Civile. Perché il primo motore della ripresa non potranno che essere le istituzioni scolastiche”.

Assegnazioni provvisorie: la deregulation sicula che fa discutere

da tuttoscuola.com

Assegnazioni provvisorie: la deregulation sicula che fa discutere
Si possono assegnare posti di sostegno anche a docenti senza specializzazione

Le assegnazioni provvisorie dei docenti di ruolo, oltre ad un Accordo integrativo nazionale, prevedono anche accordi regionali. E uno di questi accordi regionali, quello della Sicilia, ha introdotto una nuova regola che sta facendo discutere.

Una nota del direttore Generale dell’USR della Sicilia, dott. Maria Luisa Altomonte, inviata agli Uffici scolastici provinciali dell’isola, è esplicitamente chiara in merito.

Si richiama l’attenzione su quanto previsto alla lett. C) del contratto medesimo che consente, ai docenti titolari di posto comune non in possesso del titolo di specializzazione, di chiedere l’assegnazione provvisoria interprovinciale su posti di sostegno, sempreché non abbiano ottenuto l’assegnazione medesima su posto comune.

Premesso che tale opportunità è consentita esclusivamente al personale che abbia già prodotto nei termini prescritti istanza di assegnazione provvisoria in provincia di diversa titolarità, la disponibilità di cui trattasi dovrà essere dichiarata, ad integrazione della suddetta domanda, con apposita nota, preferibilmente in via informatica, all’Ambito Territoriale di competenza entro il 30/08/2016.

La possibilità straordinaria per i docenti in servizio altrove (al Centro-Nord in particolare) di occupare in Sicilia per un anno in assegnazione provvisoria un posto di sostegno anche se privi del titolo di specializzazione, come ha ricordato il direttore Generale dell’USR della Sicilia, è stata prevista dal Contratto integrativo regionale che prevede, tra l’altro:

C) – Utilizzazione e assegnazioni provvisorie insegnanti di sostegno

Nell’ambito delle assegnazioni provvisorie interprovinciali, i Dirigenti degli Uffici scolastici territoriali potranno attribuire posti di sostegno a docenti titolari su posto comune che non abbiano ottenuto l’assegnazione provvisoria su posto comune, dopo aver accantonato un numero di posti corrispondente ai docenti specializzati aspiranti a rapporto di lavoro a tempo indeterminato e determinato.

La possibile assegnazione di docenti siciliani su posti di sostegno anche se privi di specializzazione è destinata a far discutere per vari motivi.

Prima di tutto c’è da chiedersi quale coerenza abbia l’impiego intenzionale di utilizzo su sostegno di docenti privi di specializzazione proprio nel momento in cui è stato deciso per la prima volta di prevedere specifiche classi di concorso per il sostegno separandole nettamente dai posti comuni. Questo sta già avvenendo per il concorso e sarà previsto d’ora in poi anche per l’attribuzione di titolarità del posto.

In secondo luogo c’è da capire la singolarità di questo unico accordo che si differenzia da tutti gli altri accordi regionali nei quali una siffatta possibilità in deroga sarebbe stata apprezzata.

Se è comprensibile lo sforzo per contenere i disagi di chi lavora lontano da casa, lascia perplessi la decisione di piegare, ancora una volta, l’esigenza qualitativa della scuola (il sostegno ai disabili) alle necessità del personale.

C. De Gregorio, Cosa pensano le ragazze

Un grido d’allarme

di Antonio Stanca

degregorioGiornalista e scrittrice, Concita De Gregorio ha cinquantatré anni. E’ nata a Pisa nel 1963 da madre spagnola e padre italiano, è cresciuta a Livorno dove ha compiuto gli studi fino al liceo. Si è laureata in Scienze Politiche a Pisa. E’ sposata ed ha quattro figli.

Molto giovane ha iniziato a lavorare per radio e TV locali, nel 1985 ha cominciato a scrivere per “Il Tirreno” e dal 1990 per “la Repubblica”, dove è diventata una delle firme più importanti. Dal 2008 al 2011 è stata direttrice del quotidiano “l’Unità”, poi ha ripreso con “la Repubblica”. Dal 2013 conduce su Rai 3 il programma culturale “Pane quotidiano”.

Saggista e scrittrice oltre che giornalista è la De Gregorio, nel 2007 il suo romanzo Una madre lo sa è tra i finalisti del Premio Renato Benedetto Fabrizi.

Un’intellettuale, un’artista impegnata in ambito culturale, letterario ma anche politico, civile, sociale, una donna che vive, soffre i problemi di un tempo investito dalla crisi dei valori tradizionali, dalla mancata comunicazione, dall’incomprensione, dalla violenza, che ascolta, raccoglie le voci di quanti ne sono vittima e le traduce nei motivi della sua scrittura è la De Gregorio. Il più recente esempio di tale suo impegno morale e civile è il libro Cosa pensano le ragazze, pubblicato a Maggio del 2016 dalla Einaudi di Torino nella serie “Einaudi Stile Libero Big” (pp.130, € 16,00). E’ un’opera nella quale l’autrice ha riportato alcune delle interviste fatte, insieme a delle collaboratrici, a moltissime ragazze italiane o in Italia residenti, alle quali è stato chiesto di loro, della loro vita, della loro condizione, della loro famiglia, della loro scuola, del loro lavoro, delle loro aspirazioni, dei rapporti con i ragazzi, con gli adulti, delle loro esperienze amorose, sessuali, di tutto quanto può far parte della vita di una ragazza che vive in Italia e del quale vuole parlare. E’ stata un’operazione avviata dalla De Gregorio, è stato un invito il suo che le ragazze hanno accolto e in tante che il libro contiene solo alcune delle interviste fatte mentre altre sono rimaste escluse ed altre sono ancora in corso e possono essere lette sul sito “Repubblica.it”. Un progetto sempre aperto è risultato, un interesse senza limiti ha suscitato sia presso le intervistate sia presso il pubblico di lettori, un tema, un problema tra i più attuali e più sentiti si è rivelato quello della condizione individuale, sociale vissuta oggi in Italia dalle ragazze. Le loro risposte a chi le intervistava chiariscono, spiegano come vivono, cosa fanno, cosa pensano le adolescenti italiane dei nostri tempi, fanno emergere un quadro che, nonostante l’ampiezza, la vastità delle voci che lo compongono, può essere ridotto ad elementi che si ritrovano, si ripetono. Ragazze di provenienze diverse, di famiglie, condizioni sociali diverse, di zone, città diverse, si scoprono accomunate dagli stessi problemi, dalle stesse esperienze, dalle stesse aspirazioni. Tutte sono libere da pregiudizi, da remore, tutte hanno problemi con la famiglia, con la scuola, tutte vivono divise tra i doveri ai quali devono attendere e i piaceri che vorrebbero provare, i sogni che vorrebbero realizzare e per questo conducono una vita sregolata, confusa, per questo diventano vittime dei piaceri più facili, più immediati quali quelli sessuali, per questo importante diventa l’attenzione per il corpo, il bisogno di essere belle, di piacere, per questo tutte sono pervase da uno stato di insoddisfazione, d’inquietudine, tutte sono alla ricerca di esperienze nuove, tutte vorrebbero cose diverse da quelle che hanno. Piuttosto gravi sono le conseguenze di un simile comportamento soprattutto perché assunto da ragazze e perciò in maggiore contrasto con quanto, famiglia, scuola, società, è intorno a loro e non le capisce, non le accetta, ne fa delle colpevoli, vede come trasgressiva, indecorosa la loro condotta.

Questo risulta dall’opera della De Gregorio, questo contrasto tra le ragazze di oggi e l’ambiente, tra la loro vita, i loro costumi, i loro pensieri, le loro azioni, il loro linguaggio, le loro aspirazioni e una società che di fronte a tante domande si trova impreparata, non sa offrire una risposta. Non c’era modo migliore di quello usato dalla De Gregorio col suo libro per mostrare il problema, per farlo apparire in tutta la sua evidenza e gravità. Lo ha fatto tramite le risposte delle ragazze intervistate. La loro voce è diventata l’espressione più autentica della difficile condizione vissuta oggi nel nostro Paese da una certa fascia della sua popolazione, la testimonianza più vera della grave contraddizione che si è creata tra essa e il resto della società. Un grido d’allarme vuole essere quello della De Gregorio circa i pericoli che potrebbero derivare da simile situazione.