Il personale ATA della scuola garantisce il funzionamento del sistema scolastico

Spett/le Presidente del Consiglio dei Ministri
On. Matteo Renzi
Spett/le Ministro del M.I.U.R
Sen. Stefania Giannini
Spett/le Sottosegretario di Stato del M.I.U.R.
On. Davide Faraone
e.p.c. a tutto il Personale A.T.A. delle Istituzioni Scolastiche Italiane di ogni ordine e grado

Oggetto: Il personale ATA della scuola garantisce il funzionamento del sistema scolastico.

Spett/li Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’Istruzione e Sottosegretario di Stato,
il giorno 29 Settembre u.s., in occasione della sottoscrizione del C.C.N.I n. 2 relativo al personale amministrativo del M.I.U.R e degli USR avete affermato: “Siamo soddisfatti della chiusura del Contratto che rende merito all’impegno del personale amministrativo centrale e periferico per garantire il funzionamento del sistema scolastico”; “Finalmente un doveroso riconoscimento economico a chi ha lavorato in maniera infaticabile per far sì che la Buona Scuola venisse attuata”.
La scrivente Federazione, a nome di tutto il personale ATA, trova tali Vostre affermazioni, decisamente inopportune e fuori luogo, soprattutto in un momento come quello attuale di inizio anno scolastico, in cui le nostre segreterie scolastiche “stanno letteralmente scoppiando di lavoro a causa dell’attuazione della Vostra Buona Scuola”.
Sappiate che chi garantisce il corretto funzionamento di tutto il sistema Scuola non è soltanto il personale dell’amministrazione centrale e periferica del M.I.U.R, dei quali abbiamo il massimo rispetto e considerazione; purtroppo siamo costretti a dirVi che “la vera scuola la mandiamo avanti e la facciamo funzionare noi sotto l’aspetto amministrativo ed organizzativo, noi ATA della scuola, noi… gli ultimi!
Siamo noi che apriamo i cancelli delle nostre scuole, siamo noi che accogliamo i nostri/vostri figli e l’utenza, siamo noi, insieme ai docenti, che vigiliamo sulla loro incolumità fisica, siamo noi che teniamo pulite e decorose le loro aule e i loro bagni, siamo noi che ci occupiamo e ci “preoccupiamo” della gestione dei docenti dal loro primo ingresso nella scuola fino alla loro pensione, e soltanto lo scorso anno “ce ne avete mandati oltre 100.000 unità”, oltretutto senza aggiungere posti in organico di diritto per il personale ATA.
Noi abbiamo sopportato tutto questo “carico di lavoro” in più con molto impegno, dedizione e coraggio; ci siamo “rimboccati le maniche” ed abbiamo lavorato, e stiamo tuttora lavorando, duramente e con grande senso di responsabilità per garantire il diritto all’istruzione dei nostri e Vostri figli, il nostro futuro e il futuro dell’Italia intera.
Spett/li Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’Istruzione e Sottosegretario di Stato,
nessuno di noi Vi ha mai visti in una nostra segreteria in una normale giornata lavorativa; Vi proponiamo di uscire dai Vostri Palazzi per entrare un giorno in un ufficio di una scuola del Nord, un giorno in una scuola del Centro e un giorno in una scuola del Sud Italia, sperimentando l’operato dei Direttori dei Servizi Generali a Amministrativi, degli Assistenti Amministrativi, degli Assistenti Tecnici, e dei Collaboratori Scolastici.
Soltanto dopo aver vissuto la dura e difficile realtà dei servizi generali e amministrativi della scuola, garantiti quotidianamente da tutto il personale ATA, potrete esprimere un giudizio sull’utilità o meno del nostro lavoro, potrete giudicare se riconoscere dei benefici economici per i servizi resi da questa “silenziosa e operosa” categoria di personale della scuola, operante, da sempre, nei nostri istituti scolastici, che garantisce tutto questo per uno stipendio poco più di 1.000,00 euro.
Diversamente, saremmo costretti a credere che tutta la Vostra nuova, giovane e sana politica della Buona Scuola, non è altro che “il solito bluff, la solita finzione”, un modo di fare politica tristemente noto a tutto il popolo italiano.

Giornata persone Down: storie di ragazzi che lavorano e convivono

Redattore Sociale del 05-10-2016

Giornata persone Down: storie di ragazzi che lavorano e convivono

Il messaggio di Coordown: con il giusto supporto l’autonomia è possibile. Lo dimostrano le esperienze di Francesco, diplomato in enogastronomia, di Elena e Spartaco che hanno coronato il sogno di vivere insieme. E c’è chi lavora da Apple e Eataly.

ROMA. E’ dedicata a tutti quei ragazzi con sindrome di Down che, grazie al supporto delle famiglie e della comunità nella quale vivono, riescono a realizzare, ciascuno secondo le proprie possibilità, una personale dimensione di autonomia. La Giornata nazionale delle persone con sindrome di Down promossa da CoorDown si celebra domenica 9 ottobre con eventi in tutta Italia ed è incentrata sull’autonomia e sul messaggio che, se adeguatamente seguite e supportate, le persone con sindrome di Down possono raggiungere risultati importanti e duraturi per la loro vita indipendente. “La piena inclusione delle persone con sindrome di Down – come ribadisce l’associazione – passa anche dallo sguardo degli altri, dai pregiudizi della società e dalle possibilità che vengono loro offerte”. Lo dimostra Francesco, 21 anni, che vive a Brugnera, un piccolo paese in provincia di Pordenone, ed è nato con una forma a mosaico di sindrome di Down. Grazie al suo impegno e al sostegno di genitori e amici si è diplomato la scorsa estate con il voto di 82/100 all’Ipssar di Vittorio Veneto, sezione enogastronomia, e ha da poco superato l’esame per il conseguimento della patente B. Fra le sue passioni più grandi, oltre alla cucina, c’è la ginnastica artistica acrobatica che pratica da alcuni anni con ottimi risultati.

A Firenze Andrea, Gragor, Martina, Francesco e Laura sono assunti a tempo indeterminato al Milleluci Café di Firenze, una interessante realtà imprenditoriale e un progetto di inclusione lavorativa nato dalla collaborazione fra l’associazione Trisomia 21 e l’Unicoop. Dopo un periodo di formazione, i ragazzi hanno imparato a occuparsi del banco caffetteria e della cucina, a servire bibite e panini, accogliere e gestire i clienti in sala. Una curiosità? Il nome del locale l’hanno scelto loro stessi, immaginando un posto pieno di luce ed energia. Anche Sara ha raggiunto un bel traguardo nel suo percorso di autonomia. Lavora infatti all’Apple Store di piazza della Repubblica, un risultato reso possibile dalla sua determinazione e dal supporto concreto, durante il periodo di formazione e di inserimento, dell’associazione Trisomia 21 onlus.

A Pordenone Elena e Spartaco hanno cominciato a frequentarsi molti anni fa. Dopo un lungo e graduale percorso verso l’autonomia sono riusciti a coronare il sogno di vivere insieme, in una loro casa. Sono stati tra i primi a seguire il progetto di vita indipendente “Casa al sole”, avviato nel 2001 per volontà di alcuni genitori e gestito dalla Fondazione Down Friuli Venezia Giulia in collaborazione con l’Aas 5 Friuli Occidentale. I due ragazzi, ormai giovani adulti, hanno imparato a prendersi cura di loro stessi, a mettersi in relazione e ad affrontare in modo consapevole le difficoltà e le gioie della quotidianità. A Torino Andrea, al termine della scuola dell’obbligo, ha frequentato un corso di formazione organizzato dall’associazione Air Down. Dopo un tirocinio durato un anno, “La Granda -Hamburgeria di Eataly” lo ha assunto con un contratto a tempo indeterminato.

Fabio ha 24 anni. Finita la scuola, ha intrapreso un percorso di formazione professionale e dopo uno stage di 6 mesi è stato assunto dall’azienda Tiger con un contratto part-time a tempo determinato e concrete prospettive di rinnovo. Grandi soddisfazioni anche per Alberto che ha conseguito il diploma di tecnico turistico e ha poi frequentato un corso di 300 ore per addetto alle vendite. Subito dopo è arrivato il tirocinio presso Eataly al termine del quale l’azienda lo ha assunto con contratto a tempo determinato di 6 mesi trasformato alla scadenza in tempo indeterminato (part-time di 21 ore settimanali).

Esempi positivi anche nel veronese, dove a San Giovanni Lupatoto Riccardo e Matteo da qualche mese vivono da soli in uno degli appartamenti del progetto “Io sogno per me”, gestito dalla Fondazione “Più di un sogno”. Entrambi lavoratori, hanno raggiunto questo importante traguardo grazie alla fiducia delle loro famiglie e all’aiuto di volontari e operatori. “Io sogno per me” è rivolto a giovani con disabilità intellettiva a partire dal quattordicesimo anno di età: si concentra su interventi di inclusione sociale e di residenzialità autonoma e rappresenta la prima esperienza del genere sul territorio veronese e una delle poche in Italia.

A Rimini l’associazione Crescere Insieme, in collaborazione con Coop Adriatica, ha curato la realizzazione di un’aiuola e di un parco giochi collocati in una piccola piazza della città antistante al supermercato. Il progetto si è esteso al ripristino di tutta l’area, per anni abbandonata al degrado, e ha visto il coinvolgimento dei ragazzi di Geox for Valemour che hanno realizzato le immagini e le bellissime fantasie di colori stampate sui pannelli che circondano la piazzetta e sui teli che coprono il parco giochi. La manutenzione è affidata invece ai ragazzi con disabilità intellettiva della Cooperativa La Formica. Grazie al lavoro di tutti loro, oggi questo angolo di città è diventato un posto molto bello e accogliente dove i bambini sono tornati a giocare.

Non mancano esempi anche al sud Italia, dove Francesco vive a Napoli con i suoi genitori. Ha da poco compiuto 26 anni e fin da piccolo adora le attività pratiche di ogni genere. Lavora ormai da tempo, in maniera stabile, al Veritas, un ristorante gourmet con pochi coperti nel cuore della città, poco lontano da Mergellina. Fierissimo dei suoi compiti, si occupa di apparecchiare i tavoli, preparare la sala al servizio e sistemare la dispensa e le bottiglie di vino. Nelle serate più affollate non si tira indietro e dà una mano anche in cucina per lavare e asciugare piatti, posate e bicchieri. Ama la pizza (sta seguendo un corso professionale per imparare a farla), il mare e il nuoto, lo sport che pratica da sempre. (ep)

Un anno di Buona Scuola

gilda
INDAGINE GILDA-SWG: I DOCENTI BOCCIANO LA “BUONA SCUOLA”

I docenti italiani bocciano la “Buona Scuola”: pollice verso di 4 insegnanti su 5 alla legge 107/2015 e 2 su 3 giudicano negativamente la nuova figura del dirigente scolastico, il comitato di valutazione e il bonus di merito. E’ quanto emerge dall’indagine “Un anno di Buona Scuola: la riforma all’esame degli insegnanti”, realizzata dalla Swg per la Gilda degli Insegnanti e presentata oggi in occasione della Giornata Mondiale dell’Insegnante istituita dall’Unesco e dedicata quest’anno al tema “Valutare gli insegnanti, migliorare la loro condizione”.

La ricerca, condotta su un campione rappresentativo di insegnanti intervistati telefonicamente e online dal 14 al 21 settembre 2016, evidenzia che per il 77% la riforma non avrà effetti positivi per la professione docente (il 45% risponde “per niente”, il 32% “poco”). Ancora più elevata la percentuale di docenti secondo i quali la legge 107/2015 non avrà effetti positivi, o li avrà scarsi, sulla qualità dell’insegnamento: 81% di cui il 46% “per niente” e il 35% “poco”.

Il nuovo ruolo del dirigente scolastico

Riguardo alla figura del dirigente scolastico così come è definita dalla legge 107/2015, il 67% degli intervistati ritiene che si sia rafforzato in modo negativo, penalizzando il ruolo dei docenti e la libertà di insegnamento. Per il 43% del campione il preside dovrebbe essere affiancato da un coordinatore della didattica eletto dal Collegio dei Docenti, mentre per il 38% dovrebbe essere eletto, distinguendo la funzione di gestione didattica da quella amministrativa affidata a un manager.

Comitato di valutazione

I due terzi degli intervistati, pari al 64%, non condividono che del Comitato di valutazione facciano parte studenti, genitori e soggetti esterni. Nell’ambito del Sistema Nazionale di Valutazione, il 48% ritiene che nella propria scuola i docenti siano stati coinvolti soltanto in parte e il 24% afferma che non c’è stato finora alcun coinvolgimento. Interpellati su RAV e Piano di miglioramento, il 47% degli insegnanti considera che abbiano migliorato la qualità dell’offerta formativa “solo in parte”, mentre il 39% “per niente”.

Bonus merito

I due terzi non condividono il bonus di merito assegnato dal dirigente scolastico: il 67% è contrario a questa forma di premio che soltanto per 1 docente su 5 (19%) sortirà un effetto migliorativo sulla scuola pubblica. Secondo il 79% il bonus previsto dalla “Buona Scuola” accentuerà situazioni di conflitto e di inutile competitività tra i docenti.

Chiamata diretta e carriera degli insegnanti

Appena il 5% degli insegnanti interpellati è favorevole al meccanismo della chiamata diretta da parte dei dirigenti scolastici. Riguardo l’assegnazione delle sedi ai docenti, per il 46% dovrebbe avvenire tramite graduatoria con regole nazionali come avveniva prima dell’entrata in vigore della riforma.
Forte divisione, invece, sulle nuove ipotesi di gestione della carriera: secondo il 23% va articolata in classi di merito cui attribuire una differenza stipendiale; per un altro 23% la carriera deve essere legata prioritariamente alle funzioni svolte nella scuola e al curriculum; il 21% ritiene che il riferimento principale debba essere l’anzianità di servizio con il riconoscimento di specifiche funzioni attribuite con il superamento del concorso. E ancora: secondo il 17% la carriera deve essere legata soltanto all’anzianità di servizio e per il 12% alla valutazione ottenuta all’interno della scuola dove si lavora.
Alla domanda “dopo quanti anni di servizio si dovrebbe accedere a una classe di merito superiore?”, il 56% risponde “dopo 5 anni”.

Reclutamento e formazione dei docenti

Per un docente su due la formazione obbligatoria passa per un aumento di stipendio: il 55%, infatti, ritiene che l’obbligatorietà, così come sancita dalla legge 107/2015, sia giusta solo se definita nelle modalità e nella quantità attraverso un nuovo contratto di lavoro che comprenda adeguati incrementi stipendiali. Il 44% avrebbe preferito un aumento di stipendio alla card di 500 euro per l’aggiornamento e la formazione professionale.
In merito al tirocinio di 3 anni post laurea, infine, il 43% lo considera di fatto un modo per utilizzare i giovani a basso costo.

“Il sondaggio, basato su un campione rappresentativo e oggettivo, – commenta Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti – dimostra senza ombra di dubbio che la maggior parte dei docenti condanna i punti fondamentali della legge 107/2015, ritenuti inutili e dannosi. La Gilda degli Insegnanti ha dunque ben interpretato lo stato d’animo dei docenti italiani senza il consenso dei quali è impossibile attuare alcuna riforma. Se il Governo intende recuperare il rapporto di fiducia con il mondo della scuola – conclude Di Meglio – deve fare retromarcia su chiamata diretta, valutazione e bonus del cosiddetto merito”.


LA SCUOLA E LE GRANDI SFIDE DELLA CONTEMPORANEITÀ

LA SCUOLA E LE GRANDI SFIDE DELLA CONTEMPORANEITÀ

CONFRONTO SUL MODELLO DI EDUCAZIONE PER LA VITA

Ci sono ancora regioni in cui un giovane su quattro non prosegue gli studi dopo la secondaria di primo grado. Per il 40 per cento della popolazione tra i 25 e i 64 anni la “licenza media” è il titolo di studio più elevato. Solo il 24 per cento dei giovani consegue la laurea e solo l’8 per cento degli adulti è impegnato in attività formative. Sono alcuni dati che collocano l’Italia in fondo alla classifica dei paesi europei, ancora lontana dagli obiettivi fissati da Europa 2020. Tra i primi posti invece nel disagio giovanile, con cifre record per disoccupazione giovanile, abbandono scolastico e fenomeno dei Neet. Cosa funziona e cosa non funziona nella nostra scuola? Eppure l’istruzione “conviene”, perché aumentare la scolarizzazione dei nostri studenti aiuta il paese a crescere economicamente, soprattutto se si riesce a coniugare la qualità con alti livelli di inclusione, come sostiene da tempo Tullio De Mauro.

Parte proprio dalle sfide della contemporaneità il modello di Educazione per la vita elaborato da Alfonso Molina (Erickson, Trento 2016), modello che viene sperimentato quotidianamente nella Palestra dell’Innovazione e nelle scuole della Rete, grazie a un programma integrato di ricerca, azione, sviluppo e implementazione. E da questa visione strategica prende spunto il dibattito in programma al Campidoglio giovedì prossimo, 6 ottobre, alle 10, all’interno della prima edizione della Phyrtual Innovation Week, a Roma dal 3 all’8 ottobre.

Intervengono

–       Laura Baldassarre, assessore alla Persona, Scuola e Comunità solidale, Roma Capitale
–       Alessandra Cenerini, presidente della Associazione Docenti e Dirigenti scolastici italiani
–       Tullio De Mauro, professore emerito, Sapienza Università di Roma
–       Alfonso Molina, direttore scientifico della Fondazione Mondo Digitale

–       Francesco Zambotti, Responsabile Sezione Scuola, Area Ricerca & Sviluppo, Edizioni Centro Studi Erickson
Coordina Mirta Michilli, direttore generale Fondazione Mondo Digitale

M. Serra, Gli sdraiati

“Gli sdraiati” di Michele Serra
Universale Economica Feltrinelli 2015

di Mario Coviello

serraAbbiamo imparato a frequentare Michele Serra per la sua rubrica settimanale di satira sull’Espresso, per l’elzeviro che pubblica sul quotidiano la Repubblica, per la rubrica delle lettere che cura sul Venerdì e che fa da contraltare a quella di Natalia Aspesi perché parla di politica, impegno civile,ideologie e non di amori, sentimenti, differenza fra i sessi.

Apprezziamo quello che scrive per la televisione, fa parte della redazione di “Che fuori tempo che fa” di Fazio, e per il cinema. Per questi motivi e soprattutto perché sono padre di due figli maschi e ho insegnato per molti anni ad adolescenti, che ho acquistato “ Gli sdraiati”.

In questo saggio,diario, Michele Serra racconta il difficile rapporto di padre divorziato con il figlio adolescente. Un rapporto difficile perché il figlio non comunica con lui, come tutti gli adolescenti con i loro genitori. Rimane “sdraiato” sul divano, appare assente, apatico e contemporaneamente multitasking, connesso. Mi sono ritrovato nei disperati tentativi di Serra di insegnare, “suggerire “,imporre l’ordine ad un figlio che sparpaglia calzini puzzolenti in ogni dove, veste con assoluta “trasandatezza”,ha orari” impossibili “, inconcepibili per mangiare, dormire, studiare

I tentativi del padre Serra di entrare in contatto con il figlio sono incessanti; incessante è la sua ricerca di una modalità di approccio all’universo del figlio, continuamente distratto, assente,refrattario.

La comunicazione è resa ancora più difficile perché Serra è un padre di sinistra e per cultura, vita, convinzioni, refrattario ad imposizioni, ordini, punizioni. Da qui i sensi di colpa, il suo disagio dell’inadeguatezza, che affiora inquietante quando incontra i professori stressati e   il tatuatore del figlio,adulto palestrato e tatuato. Un colloquio illuminante che apre uno squarcio sul rapporto con il corpo che le nuove generazioni vivono, così lontano dal mio e da quello di Serra che, credo, come me, non ha sul corpo alcun tatuaggio e non si rassegna a questi corpi che portano da un po’, perfino sulle mani e sulle dita segni “indelebili”. D’altra parte noi “non più giovani”, uomini e donne, siamo incapaci di rassegnarci ai segni del tempo e ricorriamo al botulino, agli “aggiustini” del chirurgo. Quanti sorrisi di plastica incontriamo per le strade….

Con divertita ironia e leggerezza Michele Serra in “ Gli sdraiati” racconta la fatica incessante di capire il figlio che lo mette di fronte a se stesso, lo obbliga a fare bilanci di vita non certo lusinghieri. E Serra si rifugia nella fiction avveniristica e si diverte con vecchi irriducibili che sterminano le nuove generazioni con piglio nazista.

E incessante nello scorrere dei capitoletti si rinnova l’invito al figlio per una “ camminata” a duemila metri sulle montagne del “Nasca”. Preghiere, ricatti ad un figlio che, già invitato ad una vendemmia da un gruppi di amici adulti del padre, si era presentato a tavola con l’amico solo per il pranzo. E alla fine padre e figlio vanno sul monte Nasca e quello che accade lo dovete scoprire leggendo il libro.

Consiglio “Gli sdraiati”, che mi ha ricordato le riflessioni di Baricco sull’approccio nuovo che le giovani generazioni hanno con il libro e i media in “ I barbari. Saggio sulla mutazione”, Roma, Fandango, 2006, ai genitori e agli insegnanti per continuare a cercare una via per camminare con le nuove generazioni.

La “Scuola”

La “Scuola”

di Adriana Rumbolo

Il 4 ottobre 2016 sul “Fatto Quotidiano” ho trovato un articolo molto interessante. L’ingegnere biomedico Fausto Panizzolo scrive:
“Laurearsi nel nostro Paese è un grande punto di partenza, ti dà delle ottime basi – sottolinea -, il problema è che gli studenti italiani non si sentono mai abbastanza bravi, mancano di autostima”. Cominciamo dalla famiglia
“E’ proprio nella famiglia italiana infatti che per un bambino i concetti di amore e di dipendenza si equivalgono.
Per lui è impossibile distinguere tra l’affetto della madre e il bisogno di accudimento da parte sua.
Rispetto alle altre specie animali, l’essere umano ha un’emancipazione dai genitori molto ritardata.
Da qui nasce l’equazione amore-subordinazione e conseguente carenza di autonomia con problematiche che coinvolgono pesantemente l’autostima .
Il proprio benessere non dipende da un altro: ognuno dovrebbe ripetere questa osservazione ogni giorno, interiorizzarla e farla sua.
Se continuiamo così la Montessori non troverà pace nella tomba.
Bisognerebbe sentirsi liberi di seguire l’istinto, affrontare le proprie paure (ognuno di noi ne ha), prendersi cura delle proprie ferite
L’amore per se stessi è l’ingrediente indispensabile
Le relazioni dovrebbero essere tese alla ricerca del benessere che non dimentica il sogno e la fantasia del bambino
Purtroppo è ancora molto lontana la concezione olistica dell’essere umano:percorsi sociali, storici e soprattutto espressioni del cattolicesimo hanno scavato un solco profondo fra corpo e anima che non riusciamo ancora a superare con armonia.
Riflessioni di adolescenti:
Le mie paure sono principalmente paure legate all’adolescenza, ad esempio a volte mi capita di riflettere e di pensare che in certe circostanze non sia all’altezza degli altri( i miei amici) di non essere compresa nelle mie affermazioni e di conseguenza essere fraintesa in cose banali che con l’andare del tempo possono creare delle ostilità tra me e coloro che mi circondano, appunto perché non abbiamo lo stesso modo di esprimerci
. Un’altra paura che mi ossessiona è l’abbandono da parte dei miei amici, perché al solo pensiero di rimanere sola senza l’appoggio dei miei amici ad affrontare alcune circostanze sono spaventata.
Da tutto ciò deduco che sono dipendente dai miei amici e noto che trascuro la mia personalità, mi faccio in quattro sempre per gli altri, ma da qualche tempo (dopo episodi accaduti) ho deciso di cambiare il mio atteggiamento cercando di curare più la mia persona pur mantenendo il rapporto con i miei amici.
Penso che una delle mie paure sia una delle paure di tutti i ragazzi della mia età cioè, non essere accettati dagli altri per come si è realmente : io sono molto timida, ma cerco di nascondere questa mia timidezza cercando di essere spigliata ed estroversa.
Sesso:F
Età:14
Tutti, anche i miei genitori pensano che io sia una persona molto forte e che non me ne importa niente del giudizio della gente, ma non è così, io ho molti dubbi e molte paure, sono molto insicura anche se l’immagine che ho dato di me stessa, come ho detto prima, è diversa dalla realtà.
Sono chiusa e introversa e per questo penso di essermi dipinta in un altro modo per non far capire agli altri le mie debolezze.
Sesso:femminile
età: 15 anni ”
L’aggressività: ho paura della mia aggressività, perché non so mai quando può intervenire e sciupare tutto quello fatto con amore e pazienza.
Sesso: maschile
età: 14 anni
Ne ho un cassetto pieno.
A chi rivolgono questi messaggi studenti, adolescenti e perchè?
La scuola è il luogo e il gruppo più importante dopo la famiglia che riunisce i ragazzi per quasi 18 anni per chi comincia dal nido,  e ha i mezzi per ottenere piccoli e medi risultati: l’apprendimento, stare con gli altri,le regole
” La Buona Scuola”; penso che sia pleonastico usare l’aggettivo buono,  è sufficiente dire la” Scuola”.

La valutazione dei dirigenti scolastici

La valutazione dei dirigenti scolastici
Quando la foresta di Birnam viene a Dunsinane

di Stefano Stefanel

Due recenti interessanti articoli hanno cercato di attirare l’attenzione sulla valutazione dei dirigenti scolastici. Franco De Anna con La valutazione dei Dirigenti Scolastici: in attesa delle linee guida e del modello operativo (1 ottobre 2016, www.pavonerisorse.it) e Antonio Valentino con La verità, vi prego, sulla figura del DS in vista delle Linee Guida per la valutazione (17 settembre 2016, www.pavonerisorse.it) hanno tratteggiato in maniera esaustiva e come sempre encomiabile il perimetro dei possibili interventi. Le reazioni sono state modeste e spesso limitate ai social “chiusi” dei dirigenti scolastici dove molti hanno “denunciato” i bassi stipendi, i grandi carichi di lavoro, l’eccesso di reggenze, la poca considerazione dell’amministrazione, l’eliminazione dei vicari, l’attuazione confusa della legge 107/2015, le nomine in ritardo insomma tutto quanto sarebbe più urgente della nostra valutazione.

Inoltre molti – ma in privato cioè lontano dagli occhi dell’opinione pubblica e degli insegnanti – hanno lamentato che il bonus è stato quasi una trappola e la chiamata diretta di diretto ha avuto ben poco. Mentre tra Gae, assegnazioni provvisorie, utilizzi, trasferimenti i diritti dei docenti hanno come e più di sempre prevalso sull’efficienza della scuola. Cose tutte abbastanza risapute in un clima generale in cui le oggettive maggiori risorse sia economiche sia umane non sono state apprezzate come un’ulteriore possibilità, ma spesso vissute come un’ennesima inefficienza da attaccare. Cose tutte già viste in cui la visione dirigenziale va a scontrarsi con l’idea impiegatizia della professione.

Succede però a volte che le cose vengano dette e poi quando avvengono tutti cadono dalle nuvole. La valutazione del dirigente scolastico c’è scritta e a chiare lettere sulla normativa che ci riguarda, ma noi abbiamo sempre pensato che in un modo o nell’altra l’avremmo sempre scampata. E così sono passati quindici anni. Poi però la foresta di Birnam comincia a muoversi e noi a Dunsinane non ci capacitiamo. Ma ce l’avevano detto, come le streghe lo avevano predetto a Macbeth.

PERO’ SE SI VALUTA QUALCUNO VIENE BOCCIATO

Io credo che la questione anche dopo le Linee guida verterà su un solo punto, quello sollevato da Giovenale circa 2000 anni fa: “Quis custodiet ipsos custodes?” Questo è un punto che in Italia ha sempre avuto successo e che credo avrà successo anche questa volta per bloccare qualsiasi valutazione reale. D’altronde un “custode” ci ha messo del suo per avvelenare i pozzi: le minacce dell’ispettore Max Bruschi via Facebook hanno chiarito come l’idea della vendetta privata covi dietro qualunque italica procedura, anche quella di maggiore derivazione anglosassone. Tutto questo ha come elemento finale un solo reale problema: qualcuno viene per forza di cose bocciato. Possiamo inventare tutti i sistemi di valutazione del mondo e cambiare tutti i valutatori: al termine di una valutazione qualcuno viene bocciato e costui o costei ricorrerà ai vari tar disponibili per dimostrare che il valutatore ha avuto torto, che c’è stato un boicottaggio, che non ha potuto raggiungere i risultati perché non ha avuto le risorse e non ha potuto scegliere i docenti. Insomma difficilmente davanti a valutazioni basse qualcuno si dichiarerà d’accordo.

Andiamo poi ancora un po’ di più nel fondo del problema: esiste qualche dirigente scolastico che merita di essere valutato negativamente? Direi proprio di sì. Le Linee guida permetteranno di capire prima chi sarà valutato negativamente? Direi che ciò è impossibile, perché le Linee guide potranno solo prefigurare un percorso in cui tutti potranno esprimere sia al meglio (o al peggio). Dunque “De te fabula narratur”, caro Stefano Stefanel. E dunque Stefano Stefanel si allarma e cerca di correre ai ripari preventivamente cercando di muovere sindacati e associazioni di categoria per fermare una valutazione, che una volta partita porterà a degli esiti che, quando saranno negativi, lasceranno solo una parte dei dirigenti scolastici col “cerino in mano” visto che quelli valutati positivamente saranno contenti e si faranno i fatti propri. Così come è avvenuto col bonus premiante dove gli scandali sono stati vicini allo zero, i ricorsi anche perché chi ha incassato i soldi è stato zitto e contento e chi non li ha incassati ha preferito glissare e agire sotto traccia. Quindi grande scandalo prima perché poi non c’è più spazio per la protesta.

ELEMENTI DI CRITICITA’

Sarà comunque interessante vedere cosa prevedono le Linee guida. Intanto però è possibile fare un breve elenco di alcune criticità della nostra professione partendo dalle varie antinomie rinvenibili in molti comportamenti professionali. Faccio quindi un elenco di condizioni contraddittorie che – se valutate – potrebbero portare ad esiti negativi. Mi limito in questo breve contributo alla discussione (per non lasciare solo l’amico Franco De Anna) ad analizzare cinque antinomie.

  1. Dispersione scolastica. La lotta alla dispersione scolastica è uno dei punti di forza di ogni politica di sistema. Supporti allo studente generici, tradizionalismo nelle valutazioni, medie matematiche, alto tasso di bocciature o di sospensione, studenti di quindici o sedici anni nel primo ciclo, falcidie di studenti negli istituti tecnici e professionali contraddicono la sbandierata idea di lotta alla dispersione. Che interventi ha messo in atto il dirigente scolastico e soprattutto in che modo è intervenuto nel processo di dispersione per fermarlo? Queste sono domande che portano a dati certi: soldi spesi, ore effettuate, risultati, ottenuti, personalizzazione dei percorsi, analisi dei risultati in uscita. La difesa delle bocciature nell’ambito di un recupero della dispersione è solo la presa d’atto che il dirigente può anche essere un semplice burocrate controllore che non incide sul processo che costituisce un essenziale obiettivo dello Stato. La criticità in questo caso apparirebbe subito agli occhi di un potenziale valutatore che si trovasse a misurare il rapporto tra “dichiarato” e “agito”.
  2. Innovazione e ricerca didattica. Sia il d.lgs 165/2001, sia la legge 107/2015 mettono l’accento sull’innovazione e la ricerca: a parole tutti noi dirigenti siamo a favore dell’innovazione e della ricerca didattica. Poi però andando a scavare nei fatti ci si trova davanti ad un conservatorismo molto spinto, con la ripetizione di stantii riti che risalgono agli anni settanta del secolo scorso (consigli di classe, collegi docenti, programmazioni, ecc.) in cui l’innovazione viene costretta sotto tutta la restante burocrazia. Per cui si redigono inutili e lunghi curricoli ma poi si programmano “programmi”, si personalizzano a parole gli apprendimenti ma poi si continuano a somministrare compiti in classe tutti uguali, si valuta normativamente ma poi lo si fa con le medie matematiche, si chiamano innovazioni pratiche didattiche obsolete di vent’anni fa o si fanno crescere i progetti lasciando intatti i programmi. Anche qui un’analisi approfondita può portare a qualche sorpresa, perché l’innovazione è per sua natura un elemento di rottura con il passato e la ricerca didattica si fa solo attraverso chiari criteri scientifici.
  3. Gestione dell’organico dell’autonomia. Anche qui al di là delle squinternate esternazioni dell’ispettore Bruschi potrebbe essere interessante verificare come è stato utilizzato l’organico dell’autonomia per la realizzazione del PTOF. Questo comporterebbe la gestione dell’organico attraverso un monte ore annuale programmato plurisettimanalmente (come previsto anche dalle legge 59/97 e dal CCNL del 29/11/2007) per realizzare una vera progettualità di supporto. Anche qui sarebbe interessante verificare quanta incidenza ha l’organico dell’autonomia sulla realizzazione del PTOF e quanto invece viene utilizzato per mantenere intatto un esistente poco innovativo e per nulla progettuale. Anche qui vedo qualche pericolo laddove la valutazione cercasse di approfondire la reale azione dirigenziale.
  4. Gestione economica della scuola. Fondi PON, Progetti Miur, Piano Nazionale Scuola Digitale, Fundraising, contributi delle famiglie e quanto altro la fantasia italica mette in campo costituiscono un’unica grande partita economica delle scuole. La gestione economica è diversa da quella contabile, ma spesso non viene tenuta in grande considerazione, fagocitata dall’inutile rito del Programma Annuale (reso obsoleto dal PTOF, ma pare nessuno se ne sia accorto). Così magari non si partecipa ai progetti PON, ma poi si cavilla sui 100 euro per un po’ di carta. L’idea che la scuola pubblica sia tutta finanziata dallo stato non sta più in piedi e gli interventi economici delle famiglie italiane sono bassi in rapporto a quelli delle famiglie di altri stati europei. In molti colleghi prevale però una mal celata ammirazione nei confronti di Dsga e assistenti amministrativi e in molti altri invece traspare un eccessivo disprezzo: due eccessi che in un corretto sistema di valutazione non potrebbero trovare grandi apprezzamenti positivi. Le segreterie delle scuole sono un sistema inefficiente e burocratizzato all’eccesso attraverso una serie di atti vissuti come adempimenti. La cultura italiana dell’adempimento rende tranquillo chi vuole coprirsi le spalle, ma ha forti tendenze paralizzanti. Potrebbe essere molto interessante vedere quando il dirigente scolastico guida e dirige al sua burocrazia e quando invece ne è schiacciato o le fa guerra. Anche in questo caso al fine di valutare la sua reale competenza dirigenziale.
  5. Rapporti con il territorio. Una valutazione positiva del dirigente scolastico non può che passare da un sinergico rapporto con il territorio. Però poi si sente in giro di dirigenti scolastici che vietano l’ingresso a scuola di attività organizzate dai comuni o dalle associazioni, di feste delle scuole dell’infanzia vietate, di divieto di mangiare le torte nei compleanni, di battaglie sui panini a scuola, di continue lamentele nei confronti di enti locali allo stremo economico ed affiora l’idea che molti colleghi ritengano la scuola una variabile indipendente dalla società e non un’autonomia funzionale dello stato inserita in uno specifico territorio. Anche in questo caso la valutazione è semplice e i rapporti con gli enti locali e i cittadini del proprio territorio di riferimento sono pubblici e trasparenti. Gli enti locali e il tessuto sociale sono soggetti legati a dinamiche proprie dentro logiche sedimentatesi nel tempo in cui le pratiche sono spesso connesse a localismi che non possono essere combattuti da decreti o disposizioni connessi alla semplice legislazione scolastica che spesso confligge con i servizi locali. Ci vuole buon senso nei rapporti col territorio e il buon senso è sempre misurabile. Anche qui sarebbe interessante conoscere cosa ne verrebbe fuori da un’azione valutativa.

La valutazione dei dirigenti scolastici non è un tema che possa scaldare gli animi di qualcuno: noi non andiamo in classe e per genitori e studenti siamo utili solo a risolvere questioni, se le questioni sono risolvibili, sennò tutti sono scontenti. Interessante sapere cosa i docenti pensano di noi, ammesso che siano disponibili a dirlo. Ma di questo magari più avanti.

“Maker Faire Rome – The European Edition 4.0” – Quarta edizione

“Maker Faire Rome – The European Edition 4.0” – Quarta edizione

Più di 30 tra università e centri di ricerca italiani e stranieri e 56 scuole, tutti selezionati attraverso specifiche call, parteciperanno alla quarta edizione della “Maker Faire Rome – The European Edition 4.0”, dal 14 al 16 ottobre prossimi, presso la Fiera di Roma.

Le nuove generazioni dunque guardano al futuro attraverso la Maker Faire Rome. Presso il Padiglione 6 assieme al CNR, ci saranno tutte le università pubbliche romane (Sapienza, Roma Tre, Tor Vergata), i più importanti atenei italiani (i Politecnici di Milano e di Torino, gli atenei di Firenze, Napoli, Siena e Trento, solo per citarne alcuni) e anche l’Università di Pechino e l’Università di Coburgo.

Le 56 scuole, quasi il doppio rispetto al 2015, esporranno presso il Padiglione 9 i progetti innovativi nati sui banchi di scuola. In particolare, saranno presenti 35 istituti secondari di secondo livello, 5 ITS, 15 istituti provenienti dai Paesi UE e una scuola israeliana, in rappresentanza di tutte le candidature extra UE arrivate. Sono stati 285 i progetti arrivati tramite la Call for School.

Record di adesioni, inoltre, per l’Educational Day che la mattina di venerdì 14 ottobre aprirà ufficialmente la quarta edizione della “Maker Faire Rome – The European Edition 4.0”. Sono, infatti, ben 20mila gli studenti provenienti da tutta Italia che avranno la possibilità di visitare gratuitamente, in anteprima, la più grande manifestazione europea dedicata all’innovazione. Scuole di ogni ordine e grado entreranno, per prime – dalle 9 alle 13 – negli spazi espositivi della Fiera di Roma: un’invasione pacifica di ragazze e ragazzi, accompagnati da oltre 2mila professori, che scopriranno così gli oltre 700 progetti innovativi provenienti da tutto il mondo.

Mobilitazioni degli studenti medi contro la “Buona scuola”

La FLC CGIL sostiene con forza le mobilitazioni degli studenti medi contro la “Buona scuola”

La Federazione Lavoratori della Conoscenza della CGIL sostiene con convinzione le mobilitazioni in tante città italiane degli studenti delle scuole superiori. Le loro rivendicazioni sono da sempre al centro delle nostre iniziative. Gli studenti chiedono che si dia loro voce in tutte le fasi decisionali che riguardano il diritto allo studio, la loro formazione culturale e scientifica, il loro rapporto quotidiano con la scuola. Vogliono, anzi pretendono, una scuola democratica, e per questo, a ragione, manifestano contro le deviazioni introdotte da una legge, la 107 del 2015, che riduce proprio gli spazi democratici, assume le caratteristiche gestionali di una sorta di impresa e sottopone gli studenti a un’alternanza con i luoghi di lavoro, che trasforma un’opportunità didattica in una forma di palese sfruttamento. La denuncia degli studenti medi merita un’attenzione maggiore da parte dell’opinione pubblica e dei media, perché gli studenti rappresentano il futuro del nostro paese, e le loro critiche devono essere elemento di dibattito e ascolto pubblici. Noi della Federazione Lavoratori della Conoscenza saremo al loro fianco, come sempre, perché la necessità di costruire una vera scuola “buona” è nell’interesse di tutti, studenti, organizzazioni sindacali, forze sociali, famiglie e mezzi di comunicazione.

Il Miur rimanda i prof a scuola: 325 milioni in formazione obbligatoria

da Corriere della sera

Il Miur rimanda i prof a scuola: 325 milioni in formazione obbligatoria

Giannini: «Motivazione e preparazione per un insegnamento di qualità». In tutto stanziati 1,4 miliardi in tre anni, la maggior parte dei quali (1,1 mld) servono a coprire i 500 euro di rimborsi per spese in libri, cinema, teatri e musei della carta docenti

Antonella De Gregorio

«La formazione degli insegnanti è uno dei capitoli più importanti della legge sulla scuola approvata nel luglio dell’anno scorso. Perché da una buona formazione e dalla motivazione dei docenti discende un’educazione di qualità». Così, parlando in inglese, nella Sala della Comunicazione del Miur, in viale Trastevere, la ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini ha introdotto il Piano nazionale di formazione degli insegnanti. Un impianto che illustra il nuovo percorso di professionalizzazione dei docenti, che mira ad allineare l’Italia agli altri paesi europei.

Formazione obbligatoria

Nella scuola italiana la formazione in servizio dei docenti, diventa dunque da quest’anno «obbligatoria e permanente». Anticipate a metà settembre, le novità sono state oggi varate e illustrate dalla ministra, alla presenza di rappresentanti dell’Ocse, dell’Unesco e dell’Istituto nazionale dell’educazione di Singapore. Al Piano, che coinvolgerà tutti i docenti di ruolo – 750 mila persone – sono destinati 325 milioni di euro. Risorse cui si aggiungono – ha ricordato la ministra – 1,1 miliardi di euro della Carta del docente, per un totale di oltre 1,4 miliardi in tre anni (2016-2019) che supporteranno aggiornamento e sviluppo professionale del corpo insegnante.

Formazione obbligatoria

Nella scuola italiana la formazione in servizio dei docenti, diventa dunque da quest’anno «obbligatoria e permanente». Anticipate a metà settembre, le novità sono state oggi varate e illustrate dalla ministra, alla presenza di rappresentanti dell’Ocse, dell’Unesco e dell’Istituto nazionale dell’educazione di Singapore. Al Piano, che coinvolgerà tutti i docenti di ruolo – 750 mila persone – sono destinati 325 milioni di euro. Risorse cui si aggiungono – ha ricordato la ministra – 1,1 miliardi di euro della Carta del docente, per un totale di oltre 1,4 miliardi in tre anni (2016-2019) che supporteranno aggiornamento e sviluppo professionale del corpo insegnante

Alfabetizzazione digitale per gli over60, in cattedra 1.250 studenti

da Il Sole 24 Ore

Alfabetizzazione digitale per gli over60, in cattedra 1.250 studenti

di Maria Piera Ceci

La domanda più frequente degli over sessanta completamente digiuni di cultura digitale? Come fare a controllare sul sito dell’Inps se la pensione è stata accreditata.
Trentacinque scuole coinvolte, circa 2.500 persone over 60 formate da oltre 1.250 studenti, supportati da più di 110 trainer e tutor aziendali, per un numero di ore d’aula superiore a 2.600. Sono i numeri della seconda edizione di ABC Digital, il programma di alfabetizzazione digitale per le persone over 60, voluto da Assolombarda.

L’obiettivo
L’idea è quella di far cimentare gli studenti nell’insegnamento agli over sessanta di come si usa un tablet, come si manda una mail, come si compra online, come si visita un sito.
E ne sono nate esperienze importanti, anche sul piano umano. Gli studenti per molte di queste persone sono diventate una sorta di esperti o consulenti da chiamare in caso di bisogno: quando non si riesce a scaricare una app o quando non si riesce a collegarsi a Skype, per parlare con nipoti e familiari sparsi per il mondo. Un lavoro che ha richiesto grande pazienza da entrambe le parti: i nativi digitali hanno imparato ad esprimersi in maniera comprensibile e a non dare per scontati i mezzi tecnologici di cui dispongono, gli over 60 hanno scoperto un mondo pieno di possibilità e strumenti neanche tanto difficili da usare.

Progetto alla seconda edizione
Un progetto quello di ABC Digital, che si è concluso ieri nella sua seconda edizione con la presentazione dei risultati di due anni di attività e con la premiazione delle scuole superiori più attive della città metropolitana di Milano e delle province di Brescia, Lodi, Monza e Brianza nell’alfabetizzazione dei non nativi digitali.
Le scuole premiate, con assegni che vanno dai 1.000 ai 6mila euro, sono: istituto di istruzione superiore “Carlo Emilio Gadda”, istituto di istruzione superiore “Ettore Molinari”, istituto di istruzione superiore “Oriani-Mazzini”, istituto di istruzione superiore “Cremona-Zappa”, liceo classico statale “Arnaldo”, liceo scientifico statale “Elio Vittorini”, istituto di istruzione superiore “Luigi Einaudi”, istituto di istruzione superiore “Emilio Alessandrini”, liceo scientifico statale “Donato Bramante”, istituto di istruzione superiore di Codogno.
Altre scuole hanno invece ricevuto menzioni speciali: miglior Contributo per lo sviluppo della community reale al liceo artistico statale di Brera (Milano) e all’istituto di istruzione superiore “Ettore Molinari” (Milano). Miglior contributo per lo sviluppo della community virtuale al liceo scientifico statale “Donato Bramante” (Magenta). Miglior lezione extra all’istituto tecnico commerciale “Jacopo Nizzola” (Trezzo sull’Adda), all’istituto di istruzione superiore “Alessandro Volta” (Lodi) e all’istituto di istruzione superiore “Oriani-Mazzini” (Milano). Miglior prodotto multimediale al Centro di formazione professionale “Galdus” (Milano) e all’istituto di istruzione superiore “Luigi Einaudi” (Chiari – Bs). Capacità di aggregazione su un territorio con una distribuzione abitativa diffusa all’istituto di istruzione superiore “Giovanni Romani” (Casalmaggiore – Cr).

«Società sempre più digitale»
«La nostra società diventa sempre più digitale. Gli anziani e i giovani usano il digitale per prenotare, per parlarsi fra di loro. E così nasce una comunità dove il digitale rappresenta anche il modo di interagire con gli altri ed evitare la solitudine», spiega il presidente di Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza, Gianfelice Rocca. «Siccome noi vogliamo una città più digitale, vogliamo che tutti possano accedere a questa società digitale. Inoltre i giovani imparano insegnando. Sono diventati degli insegnanti ed è bello vedere l’entusiasmo e come migliorano facendo questo. E’ più facile trovare lavoro facendo queste attività. Quindi questa iniziativa risponde alla disoccupazione giovanile, dà ai giovani ruoli diversi e dà agli anziani una risposta necessaria. Ora bisogna vedere come facciamo a moltiplicare questo progetto che dovrebbe diventare distintivo di una grande area come quella di Milano, dotata di un capitale sociale così ricco che vogliamo scambiare fra giovani e anziani».

Alternanza scuola-lavoro
Le scuole che hanno partecipato al progetto, lo hanno infatti inserito all’interno dell’alternanza scuola-lavoro. «E’ una forma di alternanza scuola-lavoro e gli studenti apprendono delle competenze che sono molto interessanti per il mondo del lavoro» spiega ancora Rocca. «Abituarsi a capire le cose, a insegnarle e comunicarle in maniera semplice non è facile. Chi lo impara avrà molte più chance di trovare un posto di lavoro».
L’iniziativa ABC Digital è inserita nel piano strategico di Assolombarda per «Far volare Milano», che punta a ridurre il digital divide e conta ora di un nuovo sito. Registrandosi, è possibile accedere alle istruzioni per l’uso per proporre i corsi alla propria scuola, come esperienza di alternanza scuola-lavoro e non solo.

Stabilità, è scontro Miur-Mef

da ItaliaOggi

Stabilità, è scontro Miur-Mef

L’Istruzione chiede 25mila cattedre in più, costo 200milioni. Per l’Economia i conti non tornano. Decide Palazzo Chigi. Sul piatto anche la delega 0-6

Alessandra Ricciardi

Le norme, con tanto di relazione illustrativa e relazione tecnica, sono all’esame di Palazzo Chigi. Una lista di priorità sui cui investire nella legge di stabilità sul fronte scuola. Una lista che però non ha avuto l’avallo del ministero dell’economia, Ragioneria generale dello stato.

Che su alcuni interventi la pensa in modo opposto. Tanto da aver presentato una sua controrelazione. Uno dei punti più caldi del confronto-scontro tra Economia e Istruzione è l’operazione di trasformazione dell’organico di fatto in organico di diritto: si tratta di dare stabilità a circa 25 mila cattedre, di cui 6-7 mila per il sostegno, che si costituiscono a ogni settembre per poi sparire a fine anno scolastico. Cattedre che possono andare, fin quando sono in organico di fatto, solo a supplenze su cui sono vietate non solo le assunzioni ma anche i trasferimenti. Le supplenze in questione sono tra l’altro fino al termine di lezioni, di lunga durata e dunque incorrono in quel divieto stabilito dalla Corte di giustizia europea che ha dichiarato incostituzionale la copertura attraverso lavoro instabile di posti stabili. Abuso dei contratti di lavoro a tempo determinato.

Una lancia in più all’arco del ministro dell’istruzione, Stefania Giannini, che ha presentato alla presidenza del consiglio l’ipotesi di trasformare tutte le cattedre di fatto in diritto. Operazione che secondo le stime di viale Trastevere costa circa 200 milioni di euro, l’equivalente delle retribuzioni per i mesi di luglio e agosto che oggi non vengono pagate ai supplenti. Per l’Economia invece il costo è ben diverso, perché si tratterebbe di portare a bilancio una spesa fissa che ad oggi non lo è. Una spesa fissa e che ogni anno cresce, grazie alle ricostruzioni di carriera e agli scatti: tra i 700 e gli 800 milioni. Le posizioni insomma sono distanti e potranno trovare sintesi solo a Palazzo Chigi.

Diverse anche le ipotesi sull’utilizzo dei nuovi posti di diritto che si verrebbero a creare con l’ampliamento dell’organico. In questo caso però le fomulazioni sono tutte di viale Trastevere.

Una delle ipotesi prevede che le cattedre siano destinate per metà a mobilità e per metà a nuove assunzioni. Un’altra invece punta a creare una riserva per i trasferimenti dei nuovi assunti, così da dare risposta a quanti con le operazioni di mobilità straordinaria di quest’anno, complice anche gli errori dell’algoritmo, non hanno avuto la sede di diritto in prima assegnazione e neppure con le conciliazioni. Se dovesse andare in porto questa seconda fattispecie, si darebbe il via a un contro esodo per circa 5 mila docenti, dal Nord al Sud.

Di peso anche il finanziamento della delega per la riforma dell’istruzione 0-6 anni. È il decreto, previsto dalla legge 107/2015, che estende sul territorio l’offerta degli asili nido dall’attuale 17% al 33%. Un processo graduale, che per partire dovrebbe contare su una copertura iniziale di 150 milioni di euro. A cambiare subito è l’intero meccanismo di finanziamento, per evitare, come accaduto anche nel recente passato, che i fondi messi a bilancio dallo stato non arrivino ai comuni. Si istituisce infatti un fondo nazionale che fa da collettore di tutti i rivoli di finanziamento, anche europei, che fanno capo a questa voce. In base alla programmazione di livello regionale, i fondi andranno direttamente ai comuni che potranno aumentare il numero di sezioni o creare nuove strutture. Cambia anche la struttura dell’offerta formativa, da canale di assistenza ai bambini a primo step del processo di istruzione, in continuità con la scuola dell’infanzia che va dai 3 fino ai 6 anni.

Insegnare ai bimbi è lavoro usurante Ape facilitata per 20 mila maestre

da ItaliaOggi

Insegnare ai bimbi è lavoro usurante Ape facilitata per 20 mila maestre

Pensione anticipata, circa 60mila i docenti interessati

Con l’accordo di massima raggiunto tra il governo e le organizzazioni sindacali in materia previdenziale si cominciano a definire i contorni delle modifiche che si intendono apportare alla normativa previdenziale in vigore, la cosiddetta riforma Fornero.

Nei nove punti di cui si compone il testo dell’accordo trovano conferma molte delle anticipazioni circolate nei giorni e nelle settimane scorse (riduzione delle imposte sulle persone fisiche per i redditi da pensione; aumento dei trattamenti pensionistici di importo basso; cumulo gratuito dei periodi contributivi non coincidenti maturati in gestioni pensionistiche diverse; accesso alla pensione con 41 anni di contributi per i lavoratori precoci; anticipazione di 12 o 18 mesi per i lavoratori occupati in mansioni usuranti ai sensi del decreto legislativo n.67/2011; uscita flessibile dal mercato del lavoro (APE).

Novità interessanti per il personale della scuola si intravedono nei paragrafi dell’accordo relativi ai lavoratori precoci, ai lavori usuranti e all’uscita flessibile (APE).

La possibilità di cumulare senza oneri, ai fini di conseguire un’unica pensione, tutti i contributi previdenziali non coincidenti maturati in gestioni pensionistiche diverse, potrebbe interessare soprattutto il personale docente e Ata ultra trentenne neo assunto.

L’accordo prevede la riduzione dei requisiti contributivi per l’accesso al pensionamento (41 anni di contributi) in favore di chi avendo iniziato a lavorare in giovanissima età e potrà fare valere 12 anni di contributi prima del compimento del diciannovesimo anno di età e di chi lavora in attività particolarmente gravose(anche l’insegnamento nelle scuole dell’infanzia?), sia disoccupato senza più ammortizzatori sociali o disabili per motivi di salute.

Il personale della scuola che potrebbe fare valere i predetti requisiti non dovrebbe superare il 3 per cento dell’oltre il milione di personale docente ed Ata in servizio nel 2017.

Per i lavoratori occupati in mansioni usuranti l’accordo, oltre ad eliminare l’adeguamento dei requisiti alla speranza di vita a decorrere dal 2019, prevede la possiibilità, a partire dal 2017, di anticipare il pensionamento di 12 o 18 mesi attraverso l’eliminazione delle finestre di accesso previste dall’art. 24, comma 17bis del decreto legge 201/2011, a condizione che il lavoro usurante sia stato svolto per un periodo di tempo pari almeno a sette anni negli ultimi dieci di attività lavorativa o di avere effettuato l’attività particolarmente usurante per un numero di anni almeno pari alla metà dell’intera vita lavorativa.

In base alle intese raggiunte al tavolo con il ministro del lavoro, Giuliano Poletti, e in attesa di essere tradotte in successivi provvedimenti, nella categoria dei lavori usuranti saranno inclusi gli insegnanti in servizio nelle scuole dell’infanzia. Secondo stime sindacali, potrebbero essere non meno di 20.000 le maestre in servizio interessate.

Tra gli strumenti che il Governo intende introdurre nella normativa previdenziale al fine di consentire una maggiore flessibilità nell’uscita dal mercato del lavoro c’è quello dell’anticipo pensionistico (APE) che consentirebbe, in via sperimentale della durata di due anni, anche al personale della scuola di cessare dal servizio e di accedere al trattamento pensionistico di vecchiaia fino a tre anni e sette mesi prima del compimento dell’età anagrafica prevista dalla normativa vigente (66 anni e sette mesi). L’accesso al nuovo strumento sarebbe si volontario ma avrebbe un costo da non sottovalutare, tenuto anche conto che l’ammontare della pensione verrebbe calcolata con il sistema misto e sulla base di un numero di anni di contribuzione inferiore a 40.

Nei termini, con le penalizzazioni fino ad oggi conosciute e con la prospettiva di dover contrarre un prestito – da restituire a partire dalla data di pensionamento con rate di ammortamento costanti per una durata di venti anni il cui importo (comprensivo degli interessi bancari e degli oneri relativi alla polizza assicurativa) potrebbe variare, a seconda degli anni di anticipo richiesti e dell’ammontare della pensione spettante, da un minimo di 50 euro ad un massimo di 200 euro mensili – difficilmente potrà esserci molto personale della scuola disposto a chiedere di anticipare la cessazione dal servizio: sono circa sessantamila docenti ed Ata nati tra il 1953 e il 1955.

Potenziamento? No, tappabuchi

da ItaliaOggi

Potenziamento? No, tappabuchi

Assunti dalla Buona scuola per arricchire l’offerta formativa, sono impegnati nelle sostituzioni

Carlo Forte

Docenti tappabuchi e senza orario. Sono i cosiddetti docenti di potenziamento: insegnanti privi di classi che sono stati assunti, prevalentemente, con il piano straordinario di assunzioni disposto dalla legge 107/2015. Le cattedre di potenziamento sono circa 64mila in tutto il paese e sono composte da ore a disposizione.

La legge 107/2015 prevede in verità che i docenti collocati su questa particolare tipologia di posto debbano lavorare su progetti per l’arricchimento dell’offerta formativa. Ma l’art. 1, comma 333, della legge 23/2014 (legge di stabilità 2015) prevede che: «i dirigenti scolastici non possono conferire supplenze brevi di cui al primo periodo del comma 78 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, al personale docente per il primo giorno di assenza».

Dunque, se un docente si assenta per un giorno solo, l’unica possibilità è quella di procedere alla sua sostituzione senza aggravi per l’erario. E cioè, utilizzando i docenti non assegnati alle classi per attività curriculari. Vale a dire: i docenti di potenziamento. Va detto subito che, se si fa riferimento alla qualifica, non è ortodosso distinguere tra docenti curriculari e docenti di potenziamento. La legge 107/2015, infatti, non fa distinzione tra le due tipologie, affermando che le cattedre di diritto e quelle di potenziamento costituiscono l’organico dell’autonomia, entrambe a pieno titolo.

Tant’è che ai fini della mobilità, non vi è la possibilità di chiedere la cattedra di diritto oppure la cattedra di potenziamento. Ma di fatto, le funzioni sono diverse e diverso è l’impatto e la funzione all’interno del processo didattico: il docente curriculare è assegnato alle classi e svolge quello che una volta si chiamava programma, mentre il docente di potenziamento è una sorta di optional.

In buona sostanza è un’opportunità che viene concessa agli alunni in aggiunta alle discipline curriculari, per ampliare il loro bagaglio di competenze tramite la partecipazione ad attività aggiuntive collegate all’arricchimento dell’offerta formativa. Ma questa opportunità soccombe di fronte all’urgenza di sostituire un docente assente altrimenti non sostituibile. E crea non pochi problemi nella gestione del rapporto di lavoro.

I docenti di potenziamento, infatti, hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri dei docenti curriculari. A ciò va aggiunto il fatto che il contratto di lavoro dei docenti non prevede la cosiddetta reperibilità. Pertanto, questa particolare tipologia di docenti ha diritto ad un orario di lavoro della stessa entità: 18 ore di insegnamento nelle secondarie e 22 + 2 di programmazione nelle primarie.

E soprattutto, ha diritto a conoscere la calendarizzazione dei propri impegni lavorativi in modo tale da disporre dei periodi di riposo. Per contro, allo stato attuale, l’imprevedibilità delle necessità relative alle sostituzioni sta comportando continui cambiamenti dell’orario di questi docenti che, di fatto, sono soggetti ad una costante reperibilità che comprende tutto l’orario in cui viene assicurato il servizio delle istituzioni scolastiche. Il tutto senza prevedere alcuna retribuzione per l’impegno aggiuntivo. In alcune scuole il problema è stato risolto distribuendo le ore di potenziamento tra più docenti, ripristinando per tutti quelle che una volta si chiamavano «ore a disposizione». Questa soluzione è di agevole applicazione nella scuole primarie.

Per esempio nelle scuole dove il docente di potenziamento è un’insegnante reclutato dalle graduatorie del posto comune, i dirigenti, anziché assegnare i docenti a cattedre curriculari di 22 ore di insegnamento frontale, stanno costituendo cattedre miste, suddividendo le ore di potenziamento tra tutti i docenti e assegnando a tutti anche le ore frontali. Ma è di difficile applicazione nelle secondarie. Specie se il docente di potenziamento appartiene ad una classe di concorso i cui insegnamenti non sono presenti nel curriculo ordinamentale. Si pensi al docente di potenziamento della classe di concorso A019 assegnato ad un liceo classico. Resta il fatto, però, che la nozione di orario di lavoro contenuta nel D.lgs 66/20023, che recepisce la normativa comunitaria e si applica a tutti i lavoratori, dispone che per orario di lavoro debba intendersi: « qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni».

Mentre il periodo di riposo è «qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro». Conseguentemente, una volta fissato l’orario di lavoro del docente di potenziamento, disporre continue modifiche di tale orario con preavviso minimo, come sta accadendo in tutte le scuole, sembrerebbe collidere con la nozione di orario di lavoro, così come prevista dall’ordinamento, sconfinando nel concetto di reperibilità. Che nel contratto collettivo di lavoro dei docenti non è prevista e che, nei contratti di altre categorie del pubblico impiego, se prevista è adeguatamente retribuita.

Precari atipici da 27 anni e prossimi alla pensione, la riforma della scuola ignora il caso di 900 lavoratori Ata

da ItaliaOggi

Precari atipici da 27 anni e prossimi alla pensione, la riforma della scuola ignora il caso di 900 lavoratori Ata

La vicenda è all’attenzione dell’Unione europea. In ballo una nuova procedura di infrazione contro l’italia

Emanuela Micucci

Dimenticati dalla Buona Scuola. Snobbati dai sindacati. Nel limbo dei precari da 27 anni, di cui 16 nelle scuole. Co.co.co. in attesa dal 2005 di un’immissione in ruolo che non è ancora arrivata. Rischiano di andare in pensione da precari e con un trattamento economico di pochi spiccioli al mese. Sono 890 segretari scolastici e addetti al protocollo tra i 50 e i 67 annidi età. Personale Ata parasubordinato presente nelle scuole in Sicilia, Calabria, Campania, Puglia, Lazio, Marche, Sardegna e Abruzzo. Definiti lavoratori atipici, ma che di fatto svolgono le stesse mansioni dei dipendenti pubblici delle segreterie scolastiche.

La loro vicenda adesso è arrivata sulla scrivania del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e della commissaria europea al lavoro, affari sociali, competenze e mobilità lavorativa Marianne Thyssen in una lettera in cui il Comitato Lavoratori co.co.co. Scuola dm 66/2001, nel quale si sono riuniti nel 2014, denuncia il loro stato di precarietà. E, dopo la risposta di Juncker con l’impegno ad esaminare i punti sollevati e a rispondere con rapidità, non è tardata quella del capo gabinetto di Thyssen, che ribadisce l’attenzione posta per la loro vicenda ed evidenzia che «la segnalazione è stata registrata come denuncia formale», spiega il portavoce del Coordinamento Leonardo Del Giudice, 51 anni, subordinato all’ufficio protocollo del liceo di scienze umane Gullì di Reggio Calabria. «Ciò significa, quindi, che è stata avviata la verifica del rispetto delle norme della Legge europea del lavoro, in particolare, della direttiva n. 70/1999/Ce del Consiglio del 28 giungo 1999, relativa all’accordo quadro Ces, Unice e Ceep sul lavoro a tempo determinato, alla quale facciamo riferimento nella nostra segnalazione».

Secondo il Coordinamento, infatti, potrebbe essere accertata la violazione di quella direttiva, poiché non vengono loro riconosciuti e garantiti come lavoratori pubblici precari le tutele e le garanzie previste dal legislatore europeo. «Poiché la legislazione italiana in materia di precariato pubblico è quanto mai illegittima», commenta Lo Giudice. «Non è escluso che si possa assistere all’ennesimo avvio di una procedura di infrazione a carico del nostro Stato per mancato recepimento di direttiva», conclude.

La vicenda dei co.co.co. scuola dm66/2001, inizia a metà degli anni Novanta quando, ex cassaintegrati o lavoratori in mobilità, sono stati coinvolti in progetti di lavoro socialmente utili avviati dagli enti locali, confluiti in base alle competenze dei precedenti impieghi e ai titoli di studio nelle segreterie scolastiche. Al momento del passaggio all’interno del personale statale hanno ottenuto un contratto a tempo determinato da amministrativi, i co.co.co. dm 66/2001 appunto. Pensati in un primo tempo come figure di «supporto» al personale di ruolo, distinzione poi caduta. Dal 2011 aspettano la stabilizzazione lavorando su posto accantonato in organico per 30-36 ore settimanali, con una forma contrattuale da fame ai fini pensionistici. «Secondo le nostre stime ci aspetta una condizione previdenziale di assoluta povertà: con pensioni che varieranno dai 220 euro a un massimo di 500 euro», nota Del Giudice Considerati di ruolo nei doveri, ma non nei diritti. Lavoro instabile, senza diritto al tfr èe tredicesima. «Senza tutele in caso di gravi patologie, quali ad esempio il periodo il cui il lavoratore in malattia conserva il posto di lavoro senza che si proceda con la rescissione del contratto co.co.co».

Senza nessun concorsone. Sono sempre stati esclusi dalle procedure concorsuali indette dal Miur per il personale Ata. Non solo. Il punteggio maturato per la loro categoria è zero.