Scatti di anzianità ai precari

Scatti di anzianità ai precari: in Piemonte l’Anief ottiene 35.000 Euro di condanna a carico del MIUR per discriminazione

Ben quattro vittorie in tribunale messe a segno dall’ANIEF in favore dei docenti precari cui il Ministero dell’Istruzione continua a negare il diritto al medesimo trattamento economico riconosciuto ai lavoratori a tempo indeterminato. Gli avvocati Fabio Ganci, Walter Miceli e Giovanni Rinaldi ottengono piena soddisfazione presso i Tribunali del Lavoro di Ivrea, Torino e Vercelli con la condanna del MIUR per violazione delle direttive comunitarie e illecita disparità di trattamento posta in essere nei confronti di quattro docenti precari cui è stato riconosciuto un risarcimento complessivo che supera i 35.000 Euro.

Qualcuno mi ha dato del gufo, ma…

Qualcuno mi ha dato del gufo, ma…

di Maurizio Tiriticco

La cosiddetta Buona scuola e la legge 107 non solo non mi hanno mai convinto, ma mi hanno sollecitato più volte a por mano alla tastiera per denunciarne tutti i vizi formali e sostanziali nonché le ricadute negative che avrebbero provocato sulla scuola vera, quella del giorno dopo giorno. Ma l’estate della scuola italiana è lunga, per cui era facile darmi del gufo. Ma, ora che le scuole si sono riaperte, tutte le difficoltà provocate dall’infausta innovazione vengono a galla giorno dopo giorno.

Leggo dal web e copio testualmente: “Nella giornata mondiale degli insegnanti, istituita dall’Unesco, in Italia viene reso pubblico un sondaggio sulla legge ‘La buona scuola’, realizzato da Swg per conto del sindacato Gilda su 585 insegnanti sentiti al telefono. Il sondaggio dice che la frattura tra governo e corpo docente non solo non si è sanata dopo le marce conflittuali del 2015, ma è cresciuta. Questo è avvenuto quando la detestata Buona scuola, la legge 107 appunto, si è tramutata in amministrazione quotidiana in classe. Quattro insegnanti su cinque, si legge, bocciano la riforma: per il 77% degli ascoltati – tra il 14 e il 21 settembre, quindi ad anno scolastico avviato – la Buona scuola “non avrà effetti positivi per la professione docente”. L’81% ritiene che non avrà effetti positivi, o li avrà scarsi, anche sulla qualità dell’insegnamento.

Dall’indagine risulta che si rafforza il dirigente scolastico e si penalizza il ruolo docente e la stessa libertà di insegnamento. Il 64% dei docenti rileva un impianto conservatore rispetto a ciò che dovrebbe essere una scuola oggi, e non condivide che del Comitato di valutazione facciano parte studenti, genitori, soggetti esterni. “Tuttavia, metà degli insegnanti (il 48%) ammette che sulla valutazione i docenti sono stati coinvolti, anche se soltanto in parte, all’interno della propria scuola. Così, il 47% sostiene che il Piano di miglioramento abbia migliorato la qualità dell’offerta formativa, anche se solo in parte. I due terzi degli intervistati non condividono il bonus di merito assegnato dal dirigente scolastico: il 67% è contrario a questa forma di premio e solo un docente su cinque (19%) crede che migliorerà la scuola pubblica. Il 79% vede nel bonus uno strumento di conflitto e inutile competitività. Solo il 5% degli insegnanti interpellati è favorevole al meccanismo della chiamata diretta per l’assunzione da parte dei dirigenti scolastici. Riguardo l’assegnazione delle sedi ai docenti, per il 46% dovrebbe avvenire tramite graduatoria con regole nazionali, come avveniva prima dell’entrata in vigore della riforma”.

Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli insegnanti, dice: “Il sondaggio dimostra senza ombra di dubbio che la maggior parte dei docenti condanna i punti fondamentali della legge 107, ritenuti inutili e dannosi. Senza il consenso degli insegnanti italiani è impossibile attuare alcuna riforma. Se il Governo intende recuperare il rapporto di fiducia con il mondo della scuola, deve fare retromarcia su chiamata diretta, valutazione e bonus del cosiddetto merito”.
Giova anche ricordare che il sindacato Anief ha reso pubblico uno studio Eurostat che ricorda come l’Italia abbia i maestri delle scuole elementari e gli insegnanti delle superiori più vecchi d’Europa. Nella primaria il 53% ha superato i cinquant’anni, alle superiori si arriva al 58%. La media Ue è, rispettivamente, del 32,4% e del 38,1%. In Gran Bretagna solo un quarto dei docenti ha più di 50 anni e in nessun altro paese si supera il 50%.

Da parte governativa Davide Faraone, Francesca Puglisi e Marco Campione, portavoce della ministra, difendono la legge 107 a spada tratta. Affermano che sono stati stanziati 350 milioni di euro per la formazione in servizio dei docenti, 200 milioni per premiarne il merito, 500 euro a testa per i consumi culturali. Sostengono che c’è l’impegno a riaprire la discussione per il nuovo contratto (sono anni che gli insegnanti aspettano!) e per un nuovo sistema di formazione iniziale e di reclutamento. Per non dire che, con la legge di stabilità, potrebbero esserci novità per i precari tutt’oggi iscritti in seconda fascia, molti dei quali non hanno superato l’ultimo concorso a cattedre.

Che dire? Se son rose fioriranno! E i gufi allora diventeranno rondini festose, annunciatrici di una nuova primavera per la nostra scuola!

La risposta a Tiriticco

La risposta a Tiriticco

di Tullio De Mauro

 

Caro Maurizio,

hai ragione a denunciarmi e chiamarmi in causa dinanzi al tribunale dell’amicizia. Ma ai giurati cercherò di dire: ognuno si azzoppa come capita. Io, signori giurati, mi azzoppo accettando troppi impegni. Così, a parte qualche problema famigliare che qui non voglio metter davanti a scusante, vedete la mia agenda, vedete i fogli dove annoto i lavori da fare, le mail cui rispondere, guardate anche i lavori smaltiti negli ultimi mesi, e capirete come e perché il lungo silenzio di un amico caro e poi finalmente la sua riapparizione, in cui mi dava notizia del suo azzoppamento, siano cose rimaste senza una mia apparente reazione. La reazione c’era, in realtà, ma solo mentale ed emotiva, senza che si manifestasse in cenni scritti o orali.

E anche ora, mannaggia, signori giurati, Maurizio mi pone problemi intorno a cui si arrovellano da cinquanta anni e più una parte dei miei lavori di studio e due, tre, anzi almeno quattro libri di apparenza diversa, ma che al fondo, ma anche in superficie, tematizzano proprio le questioni che lo arrovellano, e arrovellano anche me, e dovrei rispondergli con una lettera di pari spessore, ma… Voi, che avete accesso al mio pc e alla mia agenda, vedrete che devo finire uno dietro l’altro prima della prossima settimana tre o quattro diversi lavori, forse insignificanti, ma impegnativi per me, impegnativi, come Gramsci insegnava, anche fisicamente, muscolarmente.

E il tempo per scrivere queste righe lo sto sottraendo a una cosa che devo assolutamente finire in serata, per mandarla a un amico a Tokyo, che deve tradurla appunto entro la prossima settimana. E, guarda caso, parlandosi di Italia linguistica nell’Europa linguistica, sfiora proprio i problemi di Maurizio.

Signori giurati, facciamo così: prima di condannarmi per inadempienza amicale, reato che considero gravissimo, datemi un altro po’ di tempo per rispondere adeguatamente al mio Amico Azzoppato. Consentitemi di dire che io sono d’accordo con quello che dice, ma non sono d’accordo, se così posso dire, con quello che non dice, ossia per quello che tace. E quel che lui tace non è in contrasto con quanto lui dice, è in contrasto con le cose di cui lui dice; è una sequela di contraddizioni oggettive che tessono la storia del nostro Paese, del Paese che, attenzione, è già un signum contraddictionis; lo chiamiamo ininterrottamente Italia dal terzo secolo avanti Cristo. Solo per qualche decennio provarono a chiamarlo Longobardia, ma poi non più. Come mai? Come mai gli abitanti si sono chiamati per secoli in tanti modi diversi prima di cominciare a sentirsi chiamare italiani dagli intellettuali, che avevano sì una lingua comune, ma facevano giri di parole per non chiamarla italiana? E però la usavano, a costo di non farsi capire. Sicuro? Quasi sicuro, perché poi come mai i poveracci delle little Italies sparsi per il mondo (con i loro discendenti di seconda, terza generazione, 60 milioni, un’altra Italia) piazzavano, loro che intellettuali non erano, tra un salame importato di contrabbando e un pacco di pasta Voiello, un busto bruttissimo di Dante? Allora qualcosa arrivava? Domande. Domande di uno scrivente affannato al caro Maurizio. Un abbraccio, già da ora, Tullio

P.S. Per far prima, non rileggo e ti lascio i sadici piaceri dell’antico correttore di bozze che tu sei (e anch’io! fui).

Scuola, la settimana della dislessia. Usiamo di più i tablet in classe per aiutare tutti i ragazzi

da Corriere della sera

Scuola, la settimana della dislessia. Usiamo di più i tablet in classe per aiutare tutti i ragazzi

Fino a 10 ottobre 600 eventi in tutta Italia organizzati dall’Aid (Associazione italiana dislessia) per aumentare la consapevolezza di famiglie e docenti sui disturbi specifici dell’apprendimento (dsa). A Roma un convegno di due giorni

Carlotta De Leo

Convegni, incontri e iniziative in 90 città italiane: è la settimana della dislessia. In tutto 600 eventi pensati e organizzati dall’Aid (Associazione italiana dislessia) che andranno avanti fino a lunedì 10 ottobre per aumentare la consapevolezza di famiglie e docenti sui disturbi specifici dell’apprendimento (GUARDA LO SPECIALE SUI DSA). Stiamo parlando di dislessia, disgrafia, discalculia e disortografia: non malattie, ma disturbi neurobiologici che interessano una buona fetta della popolazione. Basti pensare che le persone dislessiche in Italia sono 1.900.000, di cui 350mila ragazzi in età scolare. È importante partire proprio dalla scuola perchè individuare presto un possibile Dsa significa iniziare subito il percorso di recupero. Ma per questo è necessario che i docenti e genitori siano sempre più formati e informati.

Le iniziative

È per questo che 1.500 volontari scenderanno in piazza con l’intento di scardinare il tabù che trasforma un disturbo in uno stigma sociale. A Milano sono in programma diverse iniziative: da un incontro sabato per aiutare i ragazzi nella scelta della scuola superiore, all’open day di domenica della sede in via Ettore Bugatti, fino al camper itinerante che girerà nelle piazze e nelle scuole per tutto il week end. A Salerno un incontro per formare genitori e prof. In programma nella Capitale due giorni di convegno all’università di Roma Tre «per fare il punto sulle nuove strategie didattiche che puntano tutto e sull’integrazione sull’applicazione della legge 170 del 2010 che ha sancito in Italia il diritto alle pari opportunità nell’istruzione per i ragazzi con dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia» dice Sabrina Franciosi, organizzatrice del convegno.

L’integrazione digitale

«Integrazione» e «digitale» sono le parole chiave che Franciosi ripete più volte per unascuola davvero inclusiva come la prevede la legge di sei anni fa. «Le ultime ricerche scientifiche puntano sugli strumenti digitali. E più ne entrano in classe, più favoriremo anche i ragazzi con dsa – dice – Un alunno disgrafico o dislessico, si sente isolato se è l’unico che in classe usa il pc. Se invece tutti i compagni utilizza Lim e tablet, sarà perfettamente integrato». Un esempio? «Ho seguito un ragazzo fortemente disgrafico, gli mancava proprio l’organizzazione dello spazio nel foglio. Non solo noi insegnanti, ma nemmeno lui non riusciva a leggere quello che scriveva e questo generava frustrazione e rifiuto. Non aveva mai voluto usare il pc in classe perchè si sentiva diverso – racconta Franciosi – Io l’ho conosciuto in prima media e abbiamo iniziato un lavoro con la classe chiedendo a tutti di portare pc e tablet. Siamo arrivati in terza con ottimi risultati: tutti hanno sostenuto l’esame con una presentazione al computer e mappe concettuali digitali». Oggi quel ragazzo frequenta il liceo classico con buoni risultati: si è appassionato alla letteratura, scrive testi elaborati e traduce brani dal latino e greco con il suo bel dizionario (digitale, ovviamente). «Il suo successo è quello di tutta la scuola davvero inclusiva».

Le nuove strategie didattiche

Nel convegno di Roma si parlerà dell’importanza di trovare insegnanti formati e disposti a ribaltare l’idea di lezione in classe. E di strategie didattiche innovative: l’educazione “pratica” basata sugli esempi concreti (Evidence based education diffusa nei paesi anglosassni); le classi rovesciate ( Flipped classrom) che stravolgono l’alternanza didattica/compiti a casa; il lavoro di gruppo (Cooperative learning) che assegna a tutti un ruolo in base alle competenze.Insieme alla diagnosi precoce del problema, «questi metodi sono fondamentale per i ragazzi con dsa – assicura Franciosi – perchè aiutano i ragazzi a tirar fuori le loro strategie personali, a tirare fuori risorse inaspettate. Succede così che ragazzi all’apparenza pigri e svogliati, oppure ansiosi e iperattivi, rispondano in maniera sorprendente». Infine, si chiederà a voce forte l’applicazione della legge del 2010. «Aspettiamo ancora che la Regione Lazio approvi un protocollo d’intesa con le Asl, il mondo della scuola e le associazioni come la nostra per realizzare concretamente le pari opportunità prescritte nella norma»

Superpresidi e premi, quattro insegnanti su cinque bocciano la Buona scuola

da la Repubblica

Superpresidi e premi, quattro insegnanti su cinque bocciano la Buona scuola

Sondaggio Swg: per il 67 per cento dei docenti i presidi hanno troppi poteri ed è sbagliata l’assegnazione di un premio. Per il 64 per cento via studenti e genitori nei comitati di valutazione. Gilda: “Se il governo vuole la pace faccia retromarcia sulla chiamata diretta”. Puglisi (Pd): “Nuovo contratto e attenzione ai precari”

ROMA – Nella giornata mondiale degli insegnanti, istituita dall’Unesco, in Italia viene reso pubblico un sondaggio sulla legge “La buona scuola”, realizzato da Swg per conto del sindacato Gilda su 585 insegnanti sentiti al telefono. Il sondaggio dice che la frattura tra governo e corpo docente non solo non si è sanata dopo le marce conflittuali del 2015, ma è cresciuta. Questo è avvenuto quando la detestata Buona scuola, la legge 107 appunto, si è tramutata in amministrazione quotidiana in classe. Quattro insegnanti su cinque, si legge, bocciano la riforma: per il 77 per cento degli ascoltati – tra il 14 e il 21 settembre, quindi ad anno scolastico avviato – la Buona scuola “non avrà effetti positivi per la professione docente”. L’81 per cento ritiene che non avrà effetti positivi, o li avrà scarsi, anche sulla qualità dell’insegnamento.

Il nuovo dirigente scolastico, per il 67% degli intervistati, si è rafforzato “penalizzando il ruolo dei docenti e la libertà di insegnamento”. Per il 43 per cento del campione il preside dovrebbe essere affiancato da un coordinatore della didattica eletto dal collegio dei docenti. Opinione negativa sulla valutazione: il 64 per cento dei docenti, che rivelano un impianto conservatore rispetto alla scuola contemporanea, non condivide che del Comitato di valutazione facciano parte studenti, genitori, soggetti esterni. Tuttavia, metà degli insegnanti (il 48 per cento) ammette che sulla valutazione i docenti sono stati coinvolti, anche se “soltanto in parte”, all’interno della propria scuola . Così, il 47 per cento sostiene che il Piano di miglioramento abbia migliorato la qualità dell’offerta formativa, anche se “solo in parte”.

I due terzi degli intervistati non condividono il bonus di merito assegnato dal dirigente scolastico: il 67 per cento è contrario a questa forma di premio e solo un docente su cinque (19%) crede che migliorerà la scuola pubblica. Il 79 per cento vede nel bonus uno strumento di “conflitto e inutile competitività”.  Ancora, solo il 5% degli insegnanti interpellati è favorevole al meccanismo della “chiamata diretta” per l’assunzione da parte dei dirigenti scolastici. Riguardo l’assegnazione delle sedi ai docenti, per il 46 per cento dovrebbe avvenire tramite graduatoria con regole nazionali, come avveniva prima dell’entrata in vigore della riforma. Nel sondaggio non sono state poste domande sulle graduatorie a esaurimento: ha fatto bene il governo ad affrontare la questione e ad impegnarsi per chiuderle definitivamente? Questo non si sa.

Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli insegnanti, dice: “Il sondaggio dimostra senza ombra di dubbio che la maggior parte dei docenti condanna i punti fondamentali della legge 107, ritenuti inutili e dannosi. Senza il consenso degli insegnanti italiani è impossibile attuare alcuna riforma. Se il Governo intende recuperare il rapporto di fiducia con il mondo della scuola deve fare retromarcia su chiamata diretta, valutazione e bonus del cosiddetto merito”.

In questa giornata celebrativa un altro documento negativo rimbalza nel nostro paese. Il sindacato Anief ha reso pubblico uno studio Eurostat che ricorda come l’Italia abbia i maestri delle scuole elementari e gli insegnanti delle superiori “più vecchi d’Europa”. Nella primaria il 53 per cento ha superato i cinquant’anni, alle superiori si arriva al 58 per cento. La media Ue è, rispettivamente, del 32,4 per cento e del 38,1. In Gran Bretagna solo un quarto dei docenti ha più di 50 anni e in nessun altro paese si supera il 50 per cento.

Francesca Puglisi, responsabile scuola per il Pd, difende la riforma e ricorda: “Il governo ha varato un piano straordinario di 180.000 assunzioni per ridurre la precarietà degli insegnanti, ha messo 350 milioni di euro per la loro formazione in servizio, 200 milioni per premiarne il merito, 500 euro a testa per i consumi culturali. L’esecutivo ha fatto questo perché pensa che gli insegnanti siano il più grande esercito di intellettuali a disposizione del Paese. E’ il loro prezioso lavoro quotidiano a disegnare il futuro dell’Italia, più di qualsiasi altro provvedimento di legge. Conosciamo bene le critiche, anche aspre, riservate alla Buona scuola. La nostra risposta è continuare a lavorare. Apriremo la discussione sul nuovo contratto, su un nuovo sistema di formazione iniziale e di reclutamento e avvieremo la necessaria fase di transizione che non escluderà chi ancora lavora in condizioni di precarietà”. Dopo Marco Campione, capo della segreteria del sottosegretario Davide Faraone, anche Francesca Puglisi sottolinea come con la legge di stabilità potrebbero esserci novità per i precari tutt’oggi iscritti in seconda fascia, molti dei quali non hanno superato l’ultimo concorso a cattedre.

Trasferimenti su ambito, un altro errore dell’algoritmo sanato dal giudice

da La Tecnica della Scuola

Trasferimenti su ambito, un altro errore dell’algoritmo sanato dal giudice

“Dopo altre sentenze a favore dei lavoratori di Trani e di Taranto, anche a Bari i giudici danno ragione ai docenti che ricorrono contro l’algoritmo del Miur”.

Lo ha detto Giuseppe D’Ambrosio, dell’esecutivo nazionale Scuola dell’Usb, rendendo pubblico il via libera del giudice al ritorno nella propria terra da parte di una docente trasferita dall’algoritmo del Miur dalla Puglia alla regione Lazio.

Si tratta di un’insegnante di educazione artistica di Bari che ha presentato ricorso al Tribunale del capoluogo pugliese, avvalendosi del sostegno dell’USB.

Il Giudice del Lavoro ha accolto la sua richiesta decretando l’illegittimità del programma informatico predisposto dal Ministero dell’Istruzione.

Il ricorso era stato presentato d’urgenza in seguito ad un’inaccettabile proposta di conciliazione, formulata dal Miur nei confronti della docente, per effetto della quale la professoressa si sarebbe dovuta trasferire in un altro ambito della regione Lazio, per di più (beffa delle beffe) ancora più disagevole.

“Non ci resta che continuare la nostra battaglia contro la 107 con lo sciopero generale del 21 ottobre a cui aderiremo compatti e la manifestazione del 22 ottobre a Roma contro le politiche del governo Renzi”, conclude D’Ambrosio.

I docenti della scuola dell’infanzia e di religione non possono fare i vicari dei presidi

da La Tecnica della Scuola

I docenti della scuola dell’infanzia e di religione non possono fare i vicari dei presidi

Gli insegnanti della scuola dell’infanzia e di religione fanno parte dell’organico dell’autonomia e possono fare i collaboratori, ma non i vicari dei presidi.

Lo ha fatto intendere il ministro dell’istruzione, Stefania Giannini, nel corso di un question time alla Camera dei deputati, rispondendo ad una interrogazione parlamentare sulla questione dell’individuazione dei docenti di religione come vicari del dirigente scolastico.

Il confronto è servito anche a ricordare che il comma 83 della legge 107/15 assegna, nel quadro dell’organico dell’autonomia “di cui fanno parte anche gli insegnanti di religione”, una quota del 10% da destinare all’individuazione dei propri collaboratori.

Cosa diversa, sono i vicari, che vengono assegnati sulla base del contingente di potenziamento.

In questo caso, “non è possibile che si possa presentare l’opportunità per i docenti dell’infanzia o per gli insegnanti di religione”, ha ribadito Giannini.

Le sottolineature di Giannini sono state commentate dal sindacato Snadir, che tutela proprio i docenti di religione cattolica.  “Dalle parole del Ministro – scrive lo Snadir – si deduce che i docenti di religione:

a)         fanno parte dell’organico dell’autonomia, contrariamente a quanto affermato in precedenza dai funzionari del Miur nel corso della informativa sugli organici del personale docente del 27 aprile scorso;

b)         possono essere individuati come semplici collaboratori del dirigente scolastico all’interno della quota del 10% dell’organico dell’autonomia (quindi senza sostituzione);

c)         non possono svolgere la funzione vicaria in quanto non ci sono docenti di potenziamento di religione, al pari dei docenti dell’infanzia”.

Per il sindacato, quindi, “una nota di merito va all’affermazione che l’insegnante di religione, così come lo Snadir ha richiesto in più sedi, fa parte dell’organico dell’autonomia. Noi siamo convinti che il percorso legislativo (precisiamo che il CCNL citato dal Ministro non è una tappa legislativa, bensì negoziale) sia stato fortemente penalizzante nei confronti degli insegnanti di religione, in quanto ha ridimensionato il loro ruolo nella scuola estromettendoli dal sistema organizzativo, per relegarli a figure di contorno”.

Lo Snadir, invece, non condivide “le ipotesi prospettate in questi ultimi mesi dal Miur per venire incontro alle richieste di alcuni dirigenti scolastici interessati ad avere come vicario l’insegnante di religione, perché tali ipotesi aprirebbero un vulnus negli accordi concordatari in materia di insegnamento della religione cattolica”.

Assegnazione classi ai docenti, i ds rispettino i criteri del Consiglio d’Istituto: il tribunale dà ragione al prof

da La Tecnica della Scuola

Assegnazione classi ai docenti, i ds rispettino i criteri del Consiglio d’Istituto: il tribunale dà ragione al prof

Ad inizio anno scolastico, nell’assegnare le classi ai docenti, i dirigenti scolastici farebbero bene ad adottare regole chiare, coerenti e finalizzate alla miglior didattica.

Pensando a salvaguardare la didattica e senza mai entrare in contraddizione con i criteri generali stabiliti in Consiglio d’Istituto, su proposta del Collegio dei Docenti. È quanto emerge dell’esito di una diatriba giudiziaria svoltasi in Calabria, a seguito del ricorso presentato da un docente che lamentava una discriminatoria assegnazione delle classi da parte del proprio dirigente scolastico: troppe classi, perché tutte della disciplina con meno ore settimanali.

Il docente ricorrente, che insegna Matematica e Fisica, è stato tra i pochi su 28 a cui è stato assegnato l’insegnamento della sola Fisica in ben 6 classi, nonostante egli fosse tra i più anziani dell’Istituto.

Ebbene, nel formulare un’ordinanza cautelare, il giudice del lavoro di Reggio Calabria ha dato ragione al docente, “con accoglimento totale” del ricorso e ribaltando l’esito del primo pronunciamento.

Durante l’appello, il legale del docente ha spiegato che la scelta del ds ha prodotto un “demansionamento”, perché “l’assegnazione della cattedra come disposta dalla DS in questo anno scolastico, oltre a non consentire l’insegnamento della Matematica, risultava essere un’accozzaglia di classi riunite a caso, tutte di corso diverso, e rigorosamente cambiate rispetto all’anno precedente”.

Operando in questo modo, si rischia “di ‘marchiare’ il docente con disparità rispetto agli altri” e di rasentare un “atteggiamento discriminatorio”: nella fattispecie, sostiene sempre il legale del docente, la discriminazione “nei suoi confronti si evinceva con assoluta chiarezza nel fatto che tra 28 Docenti che insegnavano Matematica e Fisica” che “per la stragrande maggioranza si erano visti assegnare circa 3 classi”.

L’amministrazione ha ribattuto, tra le altre cose, sostenendo che non vi era stata alcuna discriminazione, perché “l’anzianità di servizio era stata debitamente considerata dal DS che in virtù di tale dato aveva individuato” il docente “quale destinatario di specifici incarichi extracurricolari, nell’ambito dei quali valorizzarlo per le competenze acquisite”. Inoltre, “nell’ambito della discussione avrebbe potuto far valere il proprio dissenso” (invece di ricorrere al giudice).

Controreplica della difesa del docente: non è possibile assegnare le cattedre “senza alcun fondamento didattico e pedagogico, senza considerare il criterio della continuità didattica, l’esperienza e professionalità acquisita”.

E i giudici hanno reputato corretta questa linea: hanno scritto nella sentenza, infatti, che è stata “sproporzionata e immotivata” la “determinazione dirigenziale di assegnare al reclamante un numero di classi in buona parte doppia rispetto ad altri colleghi nell’ambito della disciplina della Matematica e Fisica , senza che l’Amministrazione abbia fornito in questa sede adeguata, logica e pertinente giustificazione“.

E questo, pur tenendo conto del “potere discrezionale riconosciuto dalla legge al Dirigente scolastico di assegnare i docenti alle classi in forza dell’art. 396 dlgs 297/1994 e rientrando nelle prerogative dirigenziali in generale previste dal dlgs 165/2001 (art 25)”.

Ma “il potere dirigenziale di assegnazione alle classi – continuano i giudici – soggiace al rispetto, in via speciale, dei criteri posti dal Consiglio di istituto e dalle proposte degli organi collegiale e, in via generale, dai predetti principi di correttezza, buona fede e imparzialità”.

E questi principi non sarebbero stati adottati, alla luce dei “seguenti dati dell’assegnazione complessiva operata dal Dirigente: 14 docenti assegnati su tre classi, 14 docenti su quattro classi, 2 docenti su cinque classi, 3 docenti su sei classi, 1 solo docente su sette classi”.

Tra i docenti con sei classi (circa 150 alunni da seguire oltre a tutte le prevedibili dispendiose attività”), c’era il prof ricorrente. Che ha avuto ragione, anche se solo nella parte in cui riguardava la sperequazione delle classi assegnate dal ds.

Perché, hanno concluso i giudici, “a fronte di tale evidente sproporzionato sacrificio imposto dalla dirigente scolastica al reclamante, la difesa dell’Amministrazione” aveva anche “l’onere di dare congrua e logica motivazione di siffatta oggettiva disparità rispetto ad altri docenti”.

Intanto, apprendiamo dall’avvocatura dello Stato di Reggio Calabria che a seguito della sentenza la stessa aveva intenzione di richiedere, al tribunale del lavoro, una riammissione del giudizio per entrare nel merito, ma non è stato ritenuto utile, in quanto il docente, nel frattempo, è stato trasferito d’ufficio al direttore generale dell’Usr Calabria per motivi di incompatibilità ambientale.

Alternanza scuola-lavoro: accertarsi dell’iscrizione a Unioncamere dell’azienda

da La Tecnica della Scuola

Alternanza scuola-lavoro: accertarsi dell’iscrizione a Unioncamere dell’azienda

Obbligatoria l’iscrizione al “Registro nazionale per l’alternanza scuola lavoro” per i soggetti che intendono ospitare studenti nell’ambito dell’Alternanza scuola-lavoro, accedendo al sito scuolalavoro.registroimprese.it.

Lo riporta Vita.it il cui esperto precisa che chi non ottempera a tale obbligo, limitandosi ad accordarsi con qualche istituto scolastico, rischia di mettere a rischio la validità del percorso di alternanza svolto presso la propria struttura creando non pochi problemi sia al ragazzo che all’istituto scolastico. I referenti dunque delle scuole devono accertarsi che l’impresa abbia proceduto all’iscrizione al “Registro nazionale dell’alternanza scuola-lavoro”.

Nell’iscriversi al registro tenuto da Unioncamere l’azienda dovrà indicare una serie di requisiti che possano essere di aiuto per i rappresentanti scolastici a poter scegliere al meglio l’azienda da contattare per inviare i propri studenti.

Giornata contro il bullismo, ma c’è pure il “battezzo”

da La Tecnica della Scuola

Giornata contro il bullismo, ma c’è pure il “battezzo”

L’8 ottobre è stata promossa la giornata contro il bullismo, da parte dell’associazione Basta il Cuore, in sinergia con Baca Italy onlus e il patrocinio del Comune di Perugia, Usr Umbria e delle prefetture delle due province.

Una giornata per dire basta a bullismo, violenze e discriminazioni “mettendo in rete associazioni, scuola e istituzioni”.

Il centro storico perugino ospiterà incontri, convegni e un corteo per fare il punto su temi “sempre più dilaganti nella società”. A oltre 600 studenti delle scuole medie e superiori coinvolti sarà chiesto “di domandare aiuto e parlare senza vergognarsi”.

La giornata contro il bullismo e le violenze, che i promotori vorrebbero far diventare nazionale, è stata presentata da Federica Pascoli (presidente Basta il cuore) e Dramane Waguè, assessore comunale alle Scuola.

Tuttavia non pare che il fenomeno voglia del tutto smarrirsi e infatti sono finiti nei guai tre ragazzini a Terni, che imponevano prove particolari ali loro coetanei. Li avrebbero costretto, all’uscita dalla scuola, a sottoporsi ad una sorta di iniziazione definita “battezzo”, colpendo con schiaffi e pugni coloro che si rifiutavano: per questo tre minorenni, studenti delle superiori, sono stati denunciati dalla squadra mobile, a Terni, per un presunto caso di bullismo.

Le indagini della polizia – spiega la questura – erano state avviate dopo alcune segnalazioni giunte da genitori e cittadini e, anche attraverso appostamenti e pedinamenti, hanno permesso di documentare le vessazioni e le sopraffazioni subite da quattro minorenni, poco più piccoli dei tre, di un’età compresa tra i 13 e 14 anni. La prova del “battezzo” – hanno accertato gli investigatori – consisteva nel far fare ai nuovi arrivati, sull’autobus che li riportava a casa dopo le lezioni, giochi e abilità di vario tipo come, ad esempio, prendere con la testa una moneta lasciata scivolare su un vetro. Le presunte vittime, turbate, avevano iniziato a rifiutarsi di andare a scuola.

 

Domani 7 studenti in piazza

da tuttoscuola.com

Domani 7 studenti in piazza
Manifestazioni in 70 città promosse da Link e Uds. Parole d’ordine no alla Buona Scuola e no al referendum

Ora basta. Decidiamo noi“. E’ questo lo slogan con cui domani gli studenti – o almeno quelli che raccoglieranno l’invito rivolto loro dalle organizzazioni studentesche Link e Uds – scenderanno in piazza in 70 città italiane: per manifestare contro la ‘Buona scuola’, ma anche, e forse soprattutto, per sostenere il no al referendum del 4 dicembre.

La riforma approvata nel luglio 2015 è solo il primo attacco sferrato dal governo Renzi contro la democrazia“, dice infatti all’AdnKronos Francesca Picci, coordinatrice nazionale dell’Unione degli Studenti, ma “l’ultimo tassello di questo attacco è il referendum costituzionale con cui il governo sta tentando di realizzare un accentramento di potere. Noi vogliamo difendere la sovranità popolare e la tutela della democrazia può partire solo dalle scuole“.

La mobilitazione del 7 ottobre sarà solo la prima. Una manifestazione intermedia tra quella di domani e il 4 dicembre, è infatti in programma per il prossimo il 29 ottobre, giorno dell’apertura ufficiale della campagna elettorale sul referendum costituzionale.

LA SCUOLA DI FRONTE ALLA SFIDA DEI DSA

Convegno 7 – 8 ottobre

LA SCUOLA DI FRONTE ALLA SFIDA DEI DSA
Agli incontri possono partecipare gratuitamente docenti e studenti: è obbligatoria l’iscrizione

PROGRAMMA

Venerdì 7 ottobre, ore 14.00/19.00

14:00 Registrazione partecipanti
14:30 Saluti autorità
15:00 La prospettiva dell’Evidence Based Education e dell’ICF-CY per gli allievi con            DSA (Lucia Chiappetta Cajola)
15:20 Intervento su legge regionale (Rodolfo Lena)
15:40 Valorizzare le diversità per progettare l’inclusione: l’approccio narrativo e la               dimensione emotiva nella pratica pedagogico-didattica (Barbara De Angelis)
16:00 Difficoltà di apprendimento, abilità sociali e funzioni esecutive (Fabio Bocci)
16:20 I rapporti fra scuola e sanità (Roberta Penge)
17:00 DSA e presa in carico riabilitativa (Luisa Lopez)
17:20 Pausa
17:40 Workshop paralleli su metologie didattiche innovative
(iscrizione obbligatoria):
1 – Star bene a Scuola: esperienze laboratoriali per l’inclusione
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2 – La matematica nella scuola secondaria di II grado
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3 – La didattica musicale inclusiva per gli allievi con DSA
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4 – Il lavoro sulla comprensione del testo scritto
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5 – Una costruttiva partnership tra insegnanti, alunni Plusdotati e alunni con Disturbi Specifici di Apprendimento sullo sfondo del Socio-Emotional Learning
( per iscriverti al workshop clicca qui)

Sabato 8 ottobre, ore 9.00/13.00

9:00 Il benessere scolastico: un questionario per confrontare come si sentono a               scuola gli alunni con o senza DSA (Valerio Corsi)
9:20 L’esperienza dello sportello per DSA all’Università (Cristiana Lucarelli, Pier               Gianni Medaglia, Fabio Mollicone)
10:10 L’insegnamento delle lingue straniere ai ragazzi con Dsa (Caterina Cangià)
10:30 La didattica multimediale (Gianfranco Scialpi)
10:50 Pausa
11:20 Flipped classroom e cooperative learning per una didattica inclusiva  (Daniela             Di Donato)
11:40 Dibattito con discussione dei workshop e conclusioni