Lettera aperta ai sindacati

Al Segretario Generale CGIL Susanna Camusso

conf.segr@cgil.it

 

Al Segretario Generale FLC CGIL Domenico Pantaleo

organizzazione@flcgil.it

 

Al Segretario Generale CISL Annamaria Furlan

segreteria.generale@cisl.it

 

Al Segretario Generale CISL Scuola Maddalena Gissi

cisl.scuola@cisl.it

Al Segretario Generale UIL Carmelo Barbagallo

info@uil.it

 

Al Segretario Generale UIL Scuola Pino Turi

uilscuola@uilscuola.it

 

E p.c.           Al Ministro dell’Istruzione Sen. Stefania Giannini

segreteria.cdg@istruzione.it

segreteria.pinneri@istruzione.it

 

E p.c.                             Al Sottosegretario On. Davide Faraone

segreteria.faraone@istruzione.it

marco.campione@istruzione.it

 

 

 

Oggetto: Lettera aperta ai sindacati – Lavoratori Co.Co.Co. D.M. 66/2001 gli esclusi da ogni forma di stabilizzazione.

 

 

Apprendiamo della Vostra richiesta di incontro al MIUR programmata per il prossimo 20 Ottobre per rivendicare, giustamente, la stabilizzazione di coloro i quali prestano servizio con contratto di Co.Co.Co. nell’Università e nella Ricerca in quanto, vigendo dal 1° gennaio 2017, per effetto del Decreto Legislativo 81/2015 (Jobs Act), il divieto di stipulare contratti di collaborazione nelle pubbliche amministrazioni, il futuro di questi sfortunati lavoratori e delle loro famiglie è sempre più drammaticamente incerto.

L’impegno profuso dalle organizzazioni sindacali in indirizzo è lodevole, ma a questo Comitato viene spontaneo chiedersi se e perché l’urgenza debba riguardare solo coloro i quali prestano servizio nel comparto dell’Università e della Ricerca come Co.Co.Co., magari da qualche anno, e perché non deve riguardare anche i lavoratori che prestano servizio ininterrottamente da 27 anni nel comparto dell’Istruzione, garantendo il funzionamento delle segreterie scolastiche, prima da Lavoratori Socialmente Utili e poi da 16 anni con contratto Co.Co.Co. di cui al D.M. 66/2001.

Possibile che nessuno si preoccupa di quell’altro migliaio di sfortunati lavoratori e famiglie che da 16 lunghi anni lavorano per lo Stato senza TFR, senza tredicesima, con una parziale contribuzione previdenziale alla Gestione Separata dell’INPS che riconosce una misera pensione, senza la possibilità dell’accesso al credito, senza tutele in caso di gravi patologie e terapie salvavita ed altre assimilabili?

 

 

Possibile che non percepiate la gravità della disparità di trattamento pattuita e messa in atto con il MIUR nell’applicare la valutazione del servizio prestato con contratto di Co.Co.Co. per l’inserimento nelle graduatorie ad alcuni, mentre avete consentito che ci si escludesse da tale valutazione ed inserimento dal 2001 ad oggi?

Possibile che è stato permesso, in tutti questi anni, di escludere i lavoratori Co.Co.Co. di cui al D.M. 66/2001 da ogni forma di stabilizzazione?

Possibile che si è arrivati addirittura a escludere una branca importante del Ministero facendo “scomparire” nella vostra richiesta uno dei suoi comparti più importanti e complessi, cioè l’Istruzione, per essere liberi di poter difendere, all’interno di una stessa categoria, solo quella parte di lavoratori che più vi aggrada dimostrando così, ancora una volta, che per i sindacati i Co.Co.Co. di cui al D.M. 66/2001 sono lavoratori diversi da non tutelare e per i quali 27 lunghi anni di precariato non sono ancora sufficienti per rivendicare una stabilizzazione?

In 16 anni sono state salvaguardate solamente le immissioni in ruolo del personale delle graduatorie ATA con la sistematica esclusione dei lavoratori Co.Co.Co. D.M. 66/2001 lasciandoli ad un futuro di povertà certa, e non solo, la condizione lavorativa dei Co.Co.Co. viene aggravata ulteriormente dai trasferimenti del personale ATA di ruolo su posti in organico inesistenti.

Infatti accade che in alcune istituzioni scolastiche dove non c’è alcun posto libero per l’annualità corrente ma c’è un posto in organico regolarmente accantonato per i Co.Co.Co. in servizio, vi viene trasferito una unità di ruolo pur non essendoci il posto disponibile (con danno erariale e con falso in organico) come conseguenza i 2 lavoratori Co.Co.Co. che hanno il posto accantonato per il corrente anno, il prossimo anno saranno costretti alla mobilità perché quel posto è stato occupato da un trasferimento non dovuto. E’ corretto quanto avviene?

Tutto ciò determina la totale indifferenza verso la nostra problematica lavorativa, negli anni abbiamo ascoltato le promesse di coinvolgimento in una ipotetica stabilizzazione, nei fatti però siamo stati sistematicamente esclusi da tutto e da tutti.

Anche noi abbiamo il diritto di rivendicare la nostra stabilizzazione, non è ammissibile che una organizzazione sindacale e il MIUR applichino il distinguo “figli e figliastri”, il Ministero è anche dell’Istruzione oltre che dell’Università e della Ricerca.

Siamo tutti lavoratori in attesa di giudizio e noi, in particolare, lo siamo da ben 27 anni, di cui 16 da Co.Co.Co., gli unici in Italia sfruttati ed esclusi da ogni forma di stabilizzazione, con 890 famiglie alle spalle, abbandonate da 27 anni al proprio angoscioso destino, purtroppo noi non godiamo dei benefici della legge 564/96.

 

Il Presidente

Leonardo Del Giudice

Due milioni di firme contro la legge 107 non sono bastate

La Corte di Cassazione ha comunicato al comitato referendario che per i quattro quesiti referendari contro la Legge 107 sono state raccolte poco meno delle 500.000 firme valide. Poche migliaia di firme in meno non consentono di giungere alla prova referendaria.
E’ stata comunque una straordinaria esperienza di confronto e che ha dato voce a centinaia di migliaia di cittadini/e, lavoratori/trici, pensionati/e e studenti che con la loro firma hanno manifestato contrarietà per i contenuti di una legge che snatura il valore costituzionale della scuola pubblica.
L’avvio dell’anno scolastico in corso ha evidenziato le contraddizioni, ha messo a nudo tutti gli aspetti, negativi, confusi e anticostituzionali della cosiddetta “Buona scuola”: contenziosi legali infiniti, cattedre vuote, alunni disabili ancora senza sostegno, uffici nel caos, tutto per l’arrogante pretesa di poter fare a meno di ogni serio confronto con il mondo della scuola, con i lavoratori, con gli studenti e chi li rappresenta.
Il consenso alle nostre battaglie sostenuto dai quasi due milioni di firme, indica una direzione, ci invita ad andare avanti, non arretrare. Le associazioni e le organizzazioni sindacali che hanno dato vita alla campagna referendaria proseguiranno nel contrasto alla legge 107 e alle sue nefaste conseguenze per la scuola della Costituzione.

Comitato referendario per l’abrogazione della Buona Scuola

Stabilità, 5mila assunzioni Ata

da ItaliaOggi

Stabilità, 5mila assunzioni Ata

Confermate le 25 mila cattedre dell’organico di fatto

Conto alla rovescia per la legge di stabilità. Il consiglio dei ministri è in calendario per sabato, e le misure sono state tutte inviate a Palazzo Chigi. Confermato il piano di trasformazione dell’organico di fatto in organico di diritto: l’operazione consentirebbe di avere 25 mila nuove cattedre su cui poter disporre assunzioni e trasferimenti. Si aggiunge un mini piano straordinario di assunzioni per il personale ausiliario, tecnico e amministrativo: 5 mila unità. Che sommati ai 5 mila già previsti per il turn over dovrebbero saturare tutti i posti vacanti e disponibili. Nel pacchetto, il finanziamento per sei deleghe, la parte del leone tocca alla riforma 0-6 anni: si parte con 215 milioni il primo anno per passare a quasi 500 milioni a fine triennio.

È legata alla delega sulla formazione iniziale invece l’ipotesi di disciplinare una fase transitoria di assunzioni che vada ad esaurimento del precariato rimanente dopo il piano straordinario di reclutamento della Buona scuola: si tratta di prevedere percorsi ad hoc per i docenti delle seconde fasce delle graduatorie di istituto.

Tra le misure, anche il rifinanziamento, con 10 milioni di euro, del fondo per risarcire i danni derivanti dall’indebita reiterazione delle supplenze annuali. Proprio quelle che ad oggi vengono ancora assegnate per coprire i posti in più dell’organico di fatto.

Si prevede anche un finanziamento straordinario per 35 milioni di euro per la statizzazione degli istituti musicali pareggiati. Nel novero degli interventi, il piano per l’incremento del diritto allo studio universitario, con la creazione di una no tax area per studenti non abbienti. Pressing per replicare leagevolazioni già previste lo scorso anno per le scuole paritarie.

Intanto, si registra il cambio di passo nei rapporti tra governo e sindacati. Dopo il tavolo per le pensioni, ieri si è tenuto un primo incontro a viale Trastevere sulle misure che il dicastero dell’Istruzione conta di mettere in campo con la legge di Stabilità.

Se ne terrà un altro il 2 novembre con il ministro Stefania Giannini. A seguire incontri tecnici su revisione ella chiamata diretta, la mobilità e gli organici. L’obiettivo è di riassestare le procedure, risolvendo i nodi e i problemi che hanno caratterizzato l’avvio di quest’anno scolastico. Riprendendo il dialogo con i sindacati lì dove si era interrotto.

I docenti bocciano il bonus merito. E si dividono sulla loro carriera

da ItaliaOggi

I docenti bocciano il bonus merito. E si dividono sulla loro carriera

Ricerca Swg sulla riforma: pollice verso al preside sceriffo

Emanuela Micucci

Bocciato il bonus di merito, gli insegnati sono divisi su nuove ipotesi di gestione della propria carriera. Secondo il 23% va articolata in classi di merito, cui attribuire una differenza stipendiale. Per un altro 23% deve essere legata alle funzioni svolte nella scuola e al curriculum. Mentre il 21% ritiene prioritaria l’anzianità di servizio con il riconoscimento di specifiche funzioni attribuite con il superamento del concorso. E ancora: il 17% vuole una carriera legata soltanto all’anzianità di servizio e il 12% alla valutazione ottenuta all’interno della scuola dove si lavora. È la fotografia scattata da Swg nell’indagine “Un anno di Buona Scuola: la riforma all’esame degli insegnati” per la Gilda degli Insegnati in occasione della Giornata mondiale dell’insegnante.

Docenti che alla domanda dopo quanti anni di servizio si dovrebbe accedere a una classe di merito superiore, nel 56% dei casi rispondono «dopo 5 anni» Ma se il merito assume la forma del bonus premiale previsto dalla riforma della scuola di matteo Renzi-Giannini, il 67% è contrario. Non solo. Appena 1 su 5, il 19%, ritiene che sortirà un effetto migliorativo sulla scuola. Anzi, secondo il 79% accentuerà situazioni di conflitto e di inutile competitività tra i docenti.

Pollice verso per la chiamata diretta da parte dei presidi, che accoglie il favore solo del 5% dei docenti. Per l’assegnazione delle sedi agli insegnati quasi la metà, il 46%, vorrebbe tornare alla vecchia graduatoria con regole nazionali in vigore prima della riforma. Bocciati anche il piano di miglioramento e il Rav: per il 47% strumenti che hanno «solo in parte» migliorato la qualità dell’offerta formativa, addirittura «per niente» per il 39%. Del resto, il 48% ritiene che nella propria scuola i docenti siano stati coinvolti soltanto in parte nel Sistema nazionale di valutazione e il 24% che non lo siano stati affatto. Ancora più alta la percentuale di chi non condivide che il Comitato di valutazione comprenda studenti, genitori e soggetti esterni: il 64%.

Sul banco degli imputati il «preside sceriffo»: il 67% pensa che il ruolo del dirigente scolastico targato Buona Scuola si sia rafforzato in modo negativo, penalizzando quello dei docenti e la libertà di insegnamento. Tanto che il 43% vorrebbe che il preside fosse affiancato da un coordinatore della didattica eletto dal collegio dei docenti, mentre per il 38% dovrebbe essere eletto, distinguendo la funzione di gestione didattica da quella amministrativa affidata a un manager. Non migliorano i giudizi dei docenti nell’esame del reclutamento e della formazione. Il 43% considera il tirocinio di 3 anni post laurea un modo per utilizzare i giovani a basso costo. E per la metà degli insegnanti la formazione obbligatoria passa per un aumento di stipendio e per un nuovo contratto di lavoro. «Il sondaggio», commenta Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli insegnanti, «dimostra senza ombra di dubbio che la maggior parte dei docenti condanna i punti fondamentali della legge 107/2015, ritenuti inutili e dannosi».

Supplenze annuali in ritardo, in ballo 18 mila precari

da ItaliaOggi

Supplenze annuali in ritardo, in ballo 18 mila precari

Operazioni in ritardo a causa della mobilità straordinaria. Gli spezzoni di sei ore vanno al completamento

Marco Nobilio

Docenti precari in fibrillazione in vista delle assunzioni a tempo determinato. Le operazioni di mobilità annuale (assegnazioni provvisorie e utilizzazioni) si sono concluse il 5 ottobre scorso in quasi tutte le province. E adesso gli uffici stanno individuando le cattedre e i posti residui, che andranno a costituire le disponibilità utili per il conferimento delle supplenze annuali (fino al 31 agosto) e temporanee fino al termine della attività didattiche (30 giugno). Dopo di che, procederanno alle convocazioni degli aventi titolo a ricevere le proposte di assunzione a tempo determinato. Che saranno individuati tramite lo scorrimento delle graduatorie a esaurimento.

Quest’anno le operazioni avverranno con forte ritardo rispetto agli anni scorsi. Perché l’esecuzione delle nuove regole sulla mobilità, introdotte dalla legge 107/2015, hanno reso particolarmente complesso ed oneroso il funzionamento della macchina amministrativa che provvede alle operazioni. Mentre negli anni scorsi le operazioni di assunzione dei supplenti terminavano entro il 31 agosto, quest’anno sono slittate in avanti di oltre un mese. In compenso, il numero delle operazioni di nomina sarà notevolmente inferiore agli altri anni. All’esito del piano straordinario di assunzioni disposto dalla legge 107/2015, sono state disposte circa 60mila immissioni e, ad oggi, nelle graduatorie a esaurimento sarebbero rimaste circa 18mila persone. Ciò vuol dire che le operazioni che saranno effettate dagli uffici scolastici non dovrebbero superare tale cifra.

Le regole per le assunzioni sono rimaste praticamente inalterate. Anche quest’anno saranno applicate le disposizioni contenute nel decreto 131 del 2007. Pertanto, le assunzioni saranno effettuate sulle cattedre vacanti e disponibili e sulle cattedre e gli spezzoni disponibili rimasti liberi dopo le operazioni di mobilità annuale. Va detto subito che gli spezzoni utili saranno solo quelli di entità superiore alle 6 ore. Gli spezzoni fino a 6 ore (cosiddette ore residue) infatti, rientreranno anche quest’anno nella competenza dei dirigenti scolastici. Che dovranno proporli ai docenti interni, di ruolo e supplenti, con priorità ai supplenti assunti su spezzoni, per garantire loro la possibilità di ottenere l’innalzamento dell’orario di cattedra o il completamento. Dopo di che, dovranno proporli ai docenti in servizio nella scuola che avranno manifestato la loro disponibilità a svolgere ore di straordinario. Alle assunzioni a tempo determinato, che saranno effettuate dagli uffici scolastici, si applicheranno le priorità previste dalla legge 104/92 e le riserve regolate dalla legge 68/99. In particolare, agli aspiranti docenti portatori di handicap con un grado di invalidità superiore ai 2/3 (art. 21 della legge 104/92) e agli insegnanti che assistono familiari portatori di handicap grave (art. 33 commi 5 e 7) sarà data priorità nella scelta della sede. Tale priorità sarà attribuita loro a patto che maturino il diritto ad essere assunti per diritto di graduatoria. Fermo restando che chi maturerà il diritto ad essere assunto su spezzone non avrà priorità su chi maturerà il diritto ad essere assunto su cattedra.

Le riserve, invece, saranno attribuite solo su cattedra e sempre nel limite della cosiddetta quota di riserva (7% dell’organico agli invalidi e 1% agli orfani per lavoro). I posti riservati, dunque, non potranno superare il numero di cattedre ancora disponibili nelle rispettive quote di riserva. Pertanto, se tali quote risulteranno sature, per effetto della copertura delle relative cattedre da parte di docenti di ruolo, non sarà attribuito alcun posto. Se invece le quote risulteranno ancora capienti e, cioè, risulteranno ancora posti liberi perché non coperti da riservisti di ruolo, gli aventi titolo riceveranno la relativa proposta di assunzione. In ogni caso, le assunzioni dei riservisti non potranno superare il 50% delle cattedre disponibili, a prescindere dal fatto che la quota risulti ancora capiente una volta esaurito il 50% delle cattedre loro riservate in sede di assunzioni a tempo determinato.

Gli incarichi di supplenza potranno essere disposti anche con contratto a tempo parziale. Ma non su tutti i posti. I rapporti di lavoro in part time, infatti, possono essere disposti fino a un massimo del 15% dell’organico. E nel calcolo rientrano anche i docenti di ruolo. In pratica si tratta di una sorta di quota di riserva, potenzialmente aperta a tutti, che però, una volta satura, preclude la possibilità di stipulare ulteriori contratti con questa particolare tipologia di rapporto di lavoro. In ogni caso, la determinazione del numero delle ore di insegnamento in part time, ai fini dei singoli contratti, è vincolata alla inscindibilità degli insegnanti. Pertanto, se in una classe una disciplina è insegnata per 3 ore settimanali, la determinazione dell’orario ridotto dovrà comunque garantire che in quelle tre ore in classe vi sia un solo insegnante di quella disciplina, nel rispetto dei moduli settimanali di insegnamento.

Un piano di formazione per ogni prof: se ne faranno 750mila Ma saranno validi solo se rientrano in 9 macro aeree

da ItaliaOggi

Un piano di formazione per ogni prof: se ne faranno 750mila Ma saranno validi solo se rientrano in 9 macro aeree

Le attività formative da quest’anno da facoltative diventano obbligatorie. utile il bonus di 500 euro

«Obbbligatoria», «permanente», «strutturale». E anche molto costosa: 1,4 miliardi di euro per il triennio 2016/19. È la nuova formazione degli insegnanti, il cui piano nazionale è stato presentato qualche giorno fa dal ministro Giannini. Come previsto dalla legge 107 il ministero vuole puntare forte sulla crescita professionale dei docenti , con l’obiettivo di migliorare i sistemi educativi. Pertanto la formazione in servizio dei docenti da quest’anni non sarà più facoltativa, ma, appunto obbligatoria, cioè un dovere di servizio per tutti gli insegnanti italiani. In sostanza i docenti non potranno più autocertificare l’aggiornamento, come spesso avveniva in passato, attraverso i cosiddetti “percorsi di autoformazione”.

Ora le competenze dovranno obbligatoriamente essere raggiunte a seguito di corsi tenuti da enti certificatori accreditati dal Miur e confluiranno nel portfolio del docente, una sorta di curriculum vitae nel quale dovranno essere inserite esperienze professionali, qualifiche, certificazioni, attività di ricerca e pubblicazioni; insomma l’intera storia formativa dell’insegnante. Appare del tutto ovvio che il portfolio sarà in linea di continuità con la chiamata diretta degli insegnanti da parte dei presidi (che al ministero chiamano, forse per pudicizia, “chiamata per competenze”); infatti questo nuovo documento diventerà lo strumento principale che i dirigenti consulteranno per procedere all’assunzione degli insegnanti dagli albi territoriali: detto in soldoni la mazzata definitiva, nel breve-medio periodo, al vecchio principio delle assunzioni sulla base dell’anzianità di servizio e dell’esperienza di lavoro nella scuola.

I piani di formazione saranno individuali –dunque ce ne saranno l’inezia di circa 750.000, tanti sono i docenti italiani- e verranno poi inseriti in altrettanti esemplari di portfolio da pubblicare in un’area riservata sul sito del Miur; la procedura dovrebbe partire da fine ottobre e c’è davvero da augurarsi che, se verrà gestita da un algoritmo, questo funzioni meglio di quello che ha provveduto alle recenti fasi dei trasferimenti. Il piano presentato dalla Giannini non è snello – sono novanta pagine fitte fitte- e neppure di chiarissima lettura.

Tuttavia alcuni elementi emergono con evidenza; il primo di questi è che la formazione sarà obbligatoria anche nei contenuti, che appaiono straordinariamente standardizzati e calati dall’alto, in barba alla proclamata autonomia delle scuole. Infatti ci si potrà formare solo su 9 macroaree: lingue straniere, competenze digitali e nuovi ambienti per l’approfondimento, alternanza scuola lavoro, autonomia didattica e organizzativa, valutazione e miglioramento, didattica per competenze e innovazione metodologica, integrazione e cittadinanza, inclusione e disabilità, prevenzione del disagio giovanile.

Di fatto insomma, i docenti dovranno formarsi esclusivamente sui temi cardine dell’impianto culturale della Buona scuola, con tanti saluti al principio della libertà di insegnamento e all’articolo 33 della Costituzione. Impressiona anche la quasi impossibilità di formarsi e aggiornarsi sugli specifici contenuti disciplinari: un corso, per esempio, di didattica della storia, sarà considerato utile ai fini del portfolio soltanto se rientrerà , in modo più o meno forzato, in una della 9 aree indicate dal Ministero, dunque nei limiti di una preconfezionata “formazione ministeriale”.

Inoltre il documento afferma con chiarezza che la formazione obbligatoria dei docenti non solo non verrà retribuita in alcun modo, essendo divenuta un obbligo di servizio, ma che gli insegnanti dovranno pagarsela da sé, già a partire dai 325 milioni di euro di costi previsti per quest’anno. Come? Presto detto: col famoso bonus di 500 euro a testa, che diventerà una carta prepagata a scalare, con la quale i docenti dovranno comprarsi i corsi presso gli enti formatori.

Renzi: non c’è più rispetto per i docenti, ma la riforma cambia registro e ne vado fiero

da La Tecnica della Scuola

Renzi: non c’è più rispetto per i docenti, ma la riforma cambia registro e ne vado fiero

“Il punto importante, e lo dico da figlio e da marito di un’insegnante, è che si è perso il rispetto sociale per la figura degli insegnanti”.

Lo ha detto il premier, Matteo Renzi, ospite la sera dell’11 ottobre della trasmissione Politics su Raitre, rispondendo ad una domanda se sia d’accordo con quanti sostengono che a scuola vengano dati troppi compiti per casa ai ragazzi.

Per il presidente del consiglio, quello dei compiti non è un problema. Mentre lo è diventato la scarsa considerazione sociale verso chi insegna.

“Con i nostri provvedimenti – ha però a tenuto dire Renzi – abbiamo cercato di ridare rispettabilità agli insegnanti ed è una cosa di cui sono fiero”.

Renzi non entra nel merito, ma il riferimento è probabilmente al “merito” annuale, riservato ai docenti che svolgono meglio il lavoro, al bonus da 500 euro per l’auto-aggiornamento e alla formazione obbligatoria presentata nei giorni scorsi dal ministro Giannini e al via già dal presente anno scolastico.

Il premier ha anche confermato che la “penalizzazione” per i lavoratori non usuranti che scelgano di andare in pensione da uno a tre anni e mezzo di anticipo, sarà piuttosto alta: “un anno prima sarà del 5% all’anno. In tre anni sono poco meno del 15%”. In termini pratici, la quota mensile, da restituire per un ventennio, sarà di circa 150-200 euro.

Per le pensioni basse, ha invece detto Renzi, ci sarà “un aumento” di “meno di 80 euro al mese. Ancora non siamo in grado di quantificarlo. Lo sapremo sabato”.

Stipendi di docenti e dirigenti: crescono in tutta Europa, tranne che in Italia

da La Tecnica della Scuola

Stipendi di docenti e dirigenti: crescono in tutta Europa, tranne che in Italia

I salari dei docenti e dei dirigenti scolastici italiani sono “frozen”, congelati, gli unici in Europa (insieme a Cipro). A dirlo è l’ultimo rapporto Eurydice, Teachers’ and School Heads’ Salaries and Allowances in Europe – 2015/2016, presentato in concomitanza con la giornata mondiale degli insegnanti.

Il rapporto si riferisce all’a.s. 2015/2016 e offre informazioni aggiornate sui cambiamenti negli stipendi di base degli insegnanti e dei capi di istituto e sul loro rapporto con il PIL pro capite dei rispettivi paesi.

Ma non è tutto. Infatti, il documento si sofferma anche sull’analisi del potere di acquisto degli stipendi e sulle varie voci che compongono gli stipendi del personale scolastico nei 40 paesi europei analizzati.

In Italia gli stipendi dei dipendenti pubblici, personale scolastico compreso, sono ormai fermi dal 2010 per ridurre il deficit pubblico. “Il dato europeo – dichiara Turi della Uil Scuola – ci mostra impietoso che persino la Grecia ha ricominciato ad aumentare gli stipendi del personale. La scuola italiana non può vivere in questa contraddizione: sarebbe il caso di far ripartire gli aumenti di stipendi anche da noi”.

Nel resto d’Europa, infatti, negli ultimi sette anni, gli stipendi degli insegnanti continuano a registrare un aumento nella maggioranza dei paesi europei o comunque a rimanere stabili. Aumenti che nella maggioranza dei paesi UE deriva da un generale adeguamento degli stipendi di tutti i dipendenti pubblici, come in Germania, in Danimarca e Spagna.

In paesi come l’Inghilterra, invece, gli interventi di riforma sono stati più mirati alla categoria, con un incremento del 2% dello stipendio contrattuale, per rendere più attrattiva la professione docente nella prima fase della carriera, dove più alto è il rischio dell’abbandono della professione.

In altri paesi, tra cui Francia, Belgio e Polonia, gli stipendi non hanno subito cambiamenti significativi, ma sono comunque cresciuti.

Il rapporto si sofferma anche sul numero di anni di servizio necessari per raggiungere il massimo dello stipendio: in molti Paesi, tra cui l’Italia, bisogna superare i 30 anni di carriera per arrivare a percepire lo stipendio contrattuale massimo. Questi alcuni dati: Spagna (39 anni), Croazia (35 anni),Italia (35 anni), Repubblica ceca e Slovacchia (32 anni).

Infine, per quanto concerne le indennità aggiuntive allo stipendio di base, la maggioranza dei paesi europei le assegna principalmente in rapporto a responsabilità aggiuntive e lavoro extra richiesto agli insegnanti. In diversi paesi, tuttavia, viene premiata la qualità del lavoro dei docenti, come in Lettonia e Austria, mentre in paesi come Francia e Regno Unito, sebbene il giudizio positivo della performance non venga direttamente premiato con un’indennità aggiuntiva, può comunque concorrere alla progressione stipendiale

Ferie non godute, vanno pagate: per i giudici non regge il divieto di monetizzarle

da La Tecnica della Scuola

Ferie non godute, vanno pagate: per i giudici non regge il divieto di monetizzarle

Le ferie non godute dai supplenti “brevi” della scuola vanno monetizzate e pagate, in tutti quei casi che non sono state fruite.

A ribadirlo è stato un giudice del Lavoro di Reggio Emilia, che l’11 ottobre ha dato ragione a sette docenti che chiedevano la retribuzione delle ferie non godute per l’anno scolastico 2012/2013. Ai ricorrenti ricorrenti andrà una somma individuale tra i 1.500 e 2.000 euro.

La sentenza ha anche stabilito che dai giorni di ferie maturati non possono essere sottratte le giornate di sospensione delle lezioni in quanto la fruizione dei riposi, fino al 1° settembre 2013, continua a essere disciplinata dall’articolo 19 Ccln comparto scuola”.

Successivamente, dall’anno scolastico 2013/14, la normativa è cambiata, anche se ancora oggi le eventuali giornate di ferie aggiuntive (superiori come numero ai giorni di sospensione delle attività didattiche, ad esempio le vacanze natalizie e pasquali) vanno monetizzate e pagate ai supplenti.

Secondo il segretario generale della Uil Scuola Emilia-Romagna e Reggio Emilia, Giuseppe D’Aprile, siamo dinanzi ad una “sentenza pilota”, attraverso cui il giudice “riconosce e ristabilisce un diritto negato; uno dei tanti troppi diritti negati in questi tempi agli insegnanti”.

“Il giudice ha concluso che i lavoratori hanno diritto alla monetizzazione delle ferie in quanto nessuna norma che lo escludeva era vigente alla fine del loro rapporto di lavoro (30 giugno 2013).

Quella del tribunale emiliano, continua D’Aprile, è un’interpretazione che “si colloca nel solco tracciato dalle pronunce della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato che riconoscono al lavoratore il diritto di beneficiare di un’indennità per le ferie non godute per causa a lui non imputabile, anche quando difetti una previsione negoziale esplicita che consacri tale diritto, ovvero quando la normativa settoriale formuli il divieto di ‘monetizzare’ le ferie”.

Eurydice sui salari: solo l’Italia è ferma

da tuttoscuola.com

Eurydice sui salari: solo l’Italia è ferma
Turi (Uil): ci aspettiamo che il dialogo riavviato porti a risultati certi in termini di modifiche della legge 107 e al rinnovo del contratto

Unici in Europa.  Una nota della Uil scuola rimarca il fatto che è rimasta solo la scuola italiana ad avere insegnanti con stipendi ancora fermi: ‘frozen’, congelati. È quanto risulta dal rapporto Eurydice sulle retribuzioni del personale della scuola in Europa, che analizza i dati relativi al 2015-2016.

Il quadro di riferimento analizzato dal rapporto mostra un aumento del livello delle retribuzioni in 24 paesi,  un livello stabile in 16 nazioni. E il fermo assoluto in Italia.

A questo punto, commenta il segretario della Uil scuola Pino Turi, “il rinnovo del contratto di lavoro per il personale della scuola appare quanto mai urgente. Ci aspettiamo un contratto vero. Non un contratto per adesione, né tantomeno un contratto ponte”.

Per il sindacalista la riunione di lunedì sera tra sindacati e ministero “dà continuità agli impegni presi con il ministro”: il prossimo incontro, fissato per il 2 novembre, discuterà di “organici, mobilità, individuazione per competenze (bilancio e prospettive), prospettive del rinnovo del contratto”.

Positivo che si sia parlato di adeguamento dell’organico di diritto e di fatto per 25 mila posti che consentiranno stabilità e possibilità di trasferimenti ulteriori.  L’introduzione degli assistenti tecnici nel primo ciclo di istruzione  e un  piano di assunzioni per  il personale Ata – spiega Turi – sono da valutare positivamente.

Quel che proprio lascia dubbi e perplessità è la rimodulazione finanziaria per l’attivazione delle nove deleghe della legge 107; questo perché – chiarisce il leader della Uil scuola, – vanno prima discusse,  confrontate ed  introdotte le modifiche alla legge, solo dopo si può affrontare e di conseguenza rimodularle  e renderle coerenti con le deleghe aperte.”

A questo proposito – spiega Turi,  – “non può che essere  la sede contrattuale quella destinata a risolvere le rigidità e gli errori della legge. Ci aspettiamo nella legge Finanziaria risorse adeguate che non possono essere quelle annunciate in questi giorni. Metà dei lavoratori pubblici è nel comparto della scuola, università e ricerca. Il dato europeo ci mostra impietoso che persino la Grecia ha ricominciato ad aumentare gli stipendi del personale.  La scuola italiana non può vivere in questa contraddizione: sarebbe il caso di far ripartire gli aumenti di stipendi anche da noi”.

Impegni per assunzioni e investimenti per le deleghe

da tuttoscuola.com

Impegni per assunzioni e investimenti per le deleghe
Resoconto dell’incontro di ieri tra sindacati e Miur

I siti sindacali riportano i risultati dell’incontro che si è tenuto ieri tra Ministero e sindacati della scuola.

Di seguito riportiamo il resoconto pubblicato dalla Cisl-scuola.

“Nell’incontro al Miur che si è svolto lunedì 10 ottobre, anticipando i tempi ipotizzati nel confronto con la ministra Giannini di martedì scorso, l’Amministrazione – la cui delegazione era guidata dal vice capo di Gabinetto Rocco Pinneri – ha indicato in dettaglio gli interventi proposti dal Miur all’interno della legge di Bilancio che il Governo si appresta a varare in questa settimana, per presentarla alle Camere entro il prossimo 20 ottobre.

La legge dovrà anzitutto garantire la copertura finanziaria per l’esercizio delle deleghe previste dalla legge 107/2015, attraverso lo stanziamento di 215 milioni per il primo anno, che a regime diventeranno, dopo sette anni, 452. Le deleghe sono in tutto otto, più quella per la definizione di un nuovo Testo Unico delle disposizioni riguardanti la scuola.

Confermato anche l’obiettivo di un consolidamento in organico di diritto del personale docente di 25.000 posti, di cui 20.000 comuni e 5.000 di sostegno.

L’operazione, che la Cisl Scuola ha da tempo e più volte sollecitato, avrebbe riflessi positivi sia ai fini del contrasto alla precarietà mediante la stabilizzazione di una quota significativa di posti di lavoro, sia per le opportunità che ne potrebbero derivare anche ai fini di un rientro dei docenti assunti in regione diversa da quella di residenza.

Si tratta di un’opportunità che la stessa Amministrazione richiama esplicitamente fra le motivazioni delle sue proposte e che la Cisl Scuola ritiene debba comunque riguardare tutti gli ordini e gradi di scuola, ferma restando peraltro la necessità di prevedere quote di organico potenziato anche per la scuola dell’infanzia, rimediando all’evidente discriminazione operata con la legge 107.

Altra misura annunciata è l’abrogazione della norma che aveva previsto la soppressione dei comandi presso enti e associazioni ai sensi della legge 448/98, che verrebbero quindi confermati nella misura di 150 unità.

Per quanto riguarda il personale Ata, la legge darà il via libera per la copertura con contratti a tempo indeterminato di tutti i posti vacanti, il che consentirebbe l’assunzione di almeno 8.000 unità di personale Ata (i 5.000 posti attualmente vacanti più quelli liberati per effetto del turn over).

Si prevede inoltre l’istituzione di 500 posti di assistente tecnico da destinare ai laboratori attivati ai sensi della legge 107/2015 nelle istituzioni scolastiche del primo ciclo di istruzione.

Non riguardano il comparto scuola le 500 assunzioni cui il Miur provvederebbe con un piano straordinario che interessa gli uffici centrali e periferici dell’Amministrazione.

Nel corso dell’incontro è stato infine confermato l’avvio dei tre tavoli tematici concordati il 4 ottobre (organici e mobilità; assegnazione sede ai docenti; rinnovo contrattuale); sarà la stessa ministra Giannini a presiedere l’incontro a tal fine programmato per il prossimo 2 novembre.

La Cisl Scuola, ribadendo il giudizio positivo per le aperture manifestate dal Miur riguardo a questioni, come organici e assunzioni Ata, delle quali la nostra organizzazione sottolinea da tempo la rilevanza rivendicando per esse adeguate soluzioni, e riservandosi una più compiuta valutazione alla luce di quanto si potrà riscontrare nel testo del disegno di legge di imminente varo, ha confermato il suo impegno a valorizzare al massimo i tavoli di confronto, nella prospettiva di un pieno recupero all’ambito del negoziato di tutte le questioni che investono la disciplina economica e normativa del rapporto di lavoro.

80 mila nuovi posti per docenti?

da tuttoscuola.com

80 mila nuovi posti per docenti?
Sarebbe previsto nella prossima legge di stabilità. quasi certo il consolidamento di 25 mila posti

Secondo le anticipazioni di Repubblica, il Governo sembrerebbe intenzionato ad inserire nella prossima legge di stabilità un impegno finanziario per l’immissione in ruolo di altri 80 mila insegnanti, con l’obiettivo di svuotare il più possibile le GAE e aprire prospettive per gli abilitati di II fascia.

Si tratta di una notizia di notevole rilevanza che, se fondata, aprirebbe a nuove prospettive di superamento del precariato e di stabilizzazione che erano stati gli obiettivi primari della Buona Scuola, quando venne presentata nel settembre 2014.

Tuttavia, ieri nell’incontro programmato presso il Miur con i sindacati della scuola non è stato fatto alcun cenno a tale ipotesi. Si è parlato, invece, del consolidamento di 25 mila posti attualmente in organico di fatto, nei modi e nei termini anticipati, peraltro, dal servizio di Repubblica.

Il consolidamento in organico di diritto di 25 mila posti riguarderebbe 5 mila posti di sostegno in deroga e 20 mila posti comuni (presimibilmente spezzoni di cattedra).

A nostro parere dovrebbe valere il contrario con maggiore attenzione ai posti in deroga che attualmente sfiorano le 30 mila unità.

Ammesso che il MEF dia il via libera a tale consolidamento, va precisato che il consolidamento in organico di diritto comporterebbe la parallela disponibilità di posti per il reclutamento degli insegnanti e la contestuale riduzione del numero di nomine (annuali o fino al 30 giugno) di docenti precari.

Compiti a casa

COMPITI A CASA di Umberto Tenuta

CANTO 733 La parola COMPITI ha il significato di dovere.

È compito degli alunni…!

Ma davvero?

Gli alunni hanno compiti?

Hanno il dovere di bere il latte, di fare colazione, di pranzare, di fare merenda, di cenare…

Poveri bimbi!

Non basta il dovere di servire la patria, di osservare le leggi dello Stato, di rispettare il codice della strada…

Anche il dovere di amare!

Ora ti devi innamorare.

Auspicabilmente di una giovinetta del tuo stesso rango, possibilmente non brutta, necessariamente ereditiera.

In attesa, devi amare la Matematica, la Storia, la Grammatica…

Giovane caro, i casi sono due.

O ti innamori oppure la mammina ti obbliga a sposare quella che ti sceglie lei.

O ami imparare, ami apprendere, sei assetato di saperi.

Brami acquisire le conoscenze, le capacità, gli atteggiamenti.

Oppure i docenti ti obbligano ad amare i saperi.

O miei cinque cari lettori, ora ve lo dico io, ve lo dico proprio io come stanno le cose!

Se il docente ha saputo innamorare i suoi alunni della Matematica e della Botanica, egli, il Professore, non ha bisogno di assegnare compiti.

Gli alunni, tutti gli alunni, tutte le alunne -pure Fiorina!- continueranno a studiare la Matematica, la Storia, la Fisica … anche a casa, anche il sabato sera, anche la domenica pomeriggio.

Se non li ha innamorati, sarebbe meglio che non continuassi ad accrescere il loro odio per cibi che hanno solo l’effetto di far venire il voltastomaco!

Come qualsiasi amore, lo studio non è un dovere.

Lo studio è amore (dal latino STUDIUM, amore).

E ad amare non si può costringere nessuno.

In parole povere, povere povere, extrapovere, cari docenti, ve lo dico io cosa dovete fare.

Docenti, innamorate i vostri alunni delle discipline, di qualsiasi disciplina, anche della Matematica!

State sicuri che le studieranno in ogni momento della loro giornata.

E della loro vita.

Anche quando voi non le vedrete seduti nei banchi della scuola.

ASSIOMA PEDAGOGICO:

Lo studio non è mai un obbligo, un dovere, un compito.

Lo studio è AMORE.

E nessuno può essere obbligato ad amare.

Nemmeno Pierino!

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:
http://www.edscuola.it/dida.html
Altri saggi sono pubblicati in
www.rivistadidattica.com
E chi volesse approfondire questa o altra tematica
basta che ricerchi su Internet:
“Umberto Tenuta” − “voce da cercare”

 

Monitoraggio certificazione competenze I ciclo

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione

Rapporto di monitoraggio secondo anno di sperimentazione dei modelli di certificazione delle competenze per il primo ciclo di istruzione

Si è appena concluso il secondo anno di sperimentazione dei modelli di certificazione delle competenze nelle scuole del primo ciclo di istruzione avviato con la CM 3 del 2015 dalla Direzione Generale per gli Ordinamenti scolastici e per la Valutazione del Sistema Nazionale d’Istruzione, con la supervisione del Comitato scientifico nazionale per le Indicazioni 2012.

Sono stati due anni di intenso lavoro da parte di oltre 2000 scuole che hanno studiato, sperimentato ed attuato i modelli proposti, apparsi coerenti con l’impostazione pedagogica delle Indicazioni e con la cultura della valutazione formativa: dall’individuazione dei livelli di competenza con assenza di un livello negativo, al superamento del codice numerico, al riferimento alle competenze chiave europee. La sperimentazione si è rivelata la naturale evoluzione delle misure di accompagnamento, che hanno fatto seguito all’introduzione delle Indicazioni per il curricolo/2012 nella scuola di base italiana e le scuole l’hanno percepita come opportunità per approfondire il tema delle competenze con interessanti effetti a ritroso sulle pratiche valutative, sulle didattiche coerenti da realizzare in classe, sugli stili e le modalità di programmazione didattica.

A supporto delle scuole impegnate nei processi di ricerca e adozione dei modelli sperimentali sono state organizzate, a cura degli staff regionali, iniziative di sensibilizzazione e di informazione, seminari di approfondimento e giornate formative.
Anche per il secondo anno di sperimentazione le osservazioni e le riflessioni emerse dal monitoraggio sono sintetizzate nel presente Rapporto sulla rilevazione effettuata nei mesi di giugno e luglio 2016, documento che potrà costituire un utile riferimento nel vivace dibattito sui temi della valutazione, sollecitato anche dalla delega legislativa di cui al comma 181, lettera i) dell’articolo 1 della legge 107 del 2015.

Rapporto sulla rilevazione effettuata nel giugno – luglio 2016

Il Direttore Generale
Carmela Palumbo