Dario Fo! Non solo Attore, ma anche e soprattutto Maestro

Dario Fo! Non solo Attore, ma anche e soprattutto Maestro

di Maurizio Tiriticco

dario_fo2Un grande maestro ci ha lasciati! Dario Fo! E lo chiamo maestro non a caso! Le sue drammatizzazioni del Mistero buffo mi convinsero sempre più di un “qualcosa” che da sempre mi frullava nella testa, ma che non avevo il coraggio di socializzare: il fatto che un Attore non può non essere un Maestro e che un Maestro non può non essere un Attore. Di fatto da sempre insegnavo, drammatizzando – ma senza rendermene troppo conto – lettere, italiano, latino, greco, storia e geografia. Queste ultime due, comunque, per me da tempo costituivano quella disciplina che oggi chiamiamo Geostoria: il fatto cioè che non si concretizza un Fatto se non nelle coordinate spazio/tempo. Si danno due rette perpendicolari, quella orizzontale, lo spazio, l’estensione, e quella verticale, il tempo, la proiezione, nel passato e/o nel futuro; e al punto di incrocio il Fatto. Esempi: 8 settembre 1943, il tempo, la fuga del re da Roma, lo spazio, il fatto; 12 ottobre 1492, il tempo, Colombo sbarca a San Salvador, lo spazio, il fatto.

Tornado a Dario Fo, chi avrebbe mai capito nulla del Mistero buffo, leggendo testi impolverati da secoli? Ma la drammatizzazione di Dario Fo ce li ha resi vivi e presenti. Drammatizzare significa rendere vivo un testo che, stampato, è solo una sequenza di caratteri. Come leggere e far leggere testi come i Promessi Sposi o la Divina Commedia, se non drammatizzando? Penso sempre al secondo canto del Paradiso: se l’insegnante non è in grado di “ricostruire” un’aula medioevale dove si discetta di filosofia Scolastica, è meglio che passi a un altro canto. E non credo che questo canto secondo sia molto gettonato nelle scuole. Comunque, l’insegnate che legge e spiega ha già fallito in partenza!

Drammatizzare significa leggere/spiegare coinvolgere, avvincere contestualmente! Dario Fo, Attore e Maestro ci ha lasciato! Ma la sua eredità per me è cosa di ogni giorno. E vorrei che lo fosse per tutti gli amici insegnanti. Anche la formula E = mc2 è drammatizzabile! Basterebbe ripercorrere il faticoso cammino intellettuale che ha percorso il grande Einstein. E Dario Fo ci avrebbe reso questa formula come la cosa più semplice e banale del mondo… se è vero che la semplicità e la banalità (purché banale non sia sinonimo di insignificante) possono essere strumenti per rendere leggibili e comprensibili concetti che, sotto il profilo scientifico, sarebbero estranei ai più. Grazie, Dario, per quanto ho appreso da te, anche se tu non lo hai mai saputo!

Sono già intervenuto sul fatto che, tra le tematiche proposte dal Miur per la formazione continua in servizio degli insegnanti, obbligatoria, non figuri – o resti abbastanza in ombra – proprio quella competenza comunicativa coinvolgente e convincente che dovrebbe costituire il punto forte del “comportamento insegnante” in aula (non in classe, come spesso erroneamente si dice, che è un concetto, non un oggetto, che riguarda l’età degli alunni). Si tratta di una competenza che in taluni Paesi stranieri è affrontata e sollecitata, ma che da noi non ha avuto molti cultori, fatta qualche rara eccezione. Cito alcuni autori. Graziella Ballanti, Analisi e modificazioni del comportamento insegnante, Teramo, Giunti e Lisciani, 1979; L. Genovese e S. Kanisza, Manuale della gestione della classe, Milano, F. Angeli, 1989; Francesco De Bartolomeis, La ricerca come antipedagogia, del 1969; Psicopedagogia e didattica nella programmazione educativa, del 1978. Tra gli stranieri, mi piace ricordare T. Gordon, Insegnanti efficaci, traduzione italiana, Firenze, Giunti, 2000. Per non dire di Jacob Levi Moreno che, con i suoi sociogrammi, ci permette di conoscere quali reazioni legano gli alunni fra di loro: l’alunno più scelto dai suoi compagni è un leader, l’alunno scelto da nessuno è, invece, l’isolato, l’escluso, se non il reietto. Moreno ci ha insegnato a non considerare solo gli alunni in quanto tali, bensì e soprattutto le relazioni che li legano e che condizionano i comportamenti di ciascuno. Di fatto, ciascuno di noi non è mai “se stesso” in assoluto. Antonio, rifiutato da un gruppo classe, è invece ben accetto e scelto da un altro gruppo classe. L’analisi di queste dinamiche interpersonali ci aiuta anche a capire perché Mirella è amata da Antonio, ma non suscita alcun interesse in Filippo.

Per tutte queste ragioni, sarebbe proprio il caso di guardare all’opera ricca e complessa che Dario Fo ci ha lasciato non come ad un qualcosa da conservare in biblioteca, ma da utilizzare concretamente nelle quotidiane pratiche didattiche. E non è un caso che Dario Fo sia stato apprezzato più in ambito internazionale che nazionale. In Italia “dava un po’ fastidio” con le sue rappresentazioni in cui preti e papi erano sempre messi alla berlina – ed eravamo in pieno regime democristiano. E non è un caso che, per questo suo impegno di studioso e di attore, che, “seguendo la tradizione dei giullari medioevali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi”, nel 1997 gli è stato conferito il Premio Nobel per la Letteratura.

Oggi ci ha lasciato per raggiungere la sia Franca, con la quale ha sempre diviso il suo impegno di grande autore ed attore. Sono più che mai convinto – io che ho imparato molto da lui e che ho sempre cercato di imitarlo – che la lezione che ci ha lasciato non riguarda soltanto il palcoscenico, ma anche la scuola e i suoi insegnanti. Dario ci suggerisce un metodo che va dritto al cuore e alla fantasia degli alunni! Nonché – almeno così dovrebbe essere – soprattutto al cuore e alla fantasia degli insegnanti! Sappiamo che un alunno apprende e studia solo se fortemente sollecitato e motivato. Perché l’attore e il maestro costituiscono una vera e propria endiadi. O così dovrebbe essere!

Ripristino immediato delle supplenze brevi del personale ATA

Al Presidente del Consiglio dei Ministri
On. MATTEO RENZI
Al Ministro del M.I.U.R
Sen. STEFANIA GIANNINI
Al Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione
On. MARIANNA MADIA
Al Ministro dell’Economia e Finanze
On. PIER CARLO PADOAN

e.p.c. a tutto il Personale A.T.A. delle Istituzioni Scolastiche Italiane di ogni ordine e grado

Oggetto: Feder.ATA chiede il ripristino immediato delle supplenze brevi del personale ATA.

Spett/li Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’Istruzione Università e Ricerca, Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione e Ministro dell’Economia e Finanze,
l’art. 1, comma 332, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 contenente – Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)- recita: “A decorrere dal 1º settembre 2015, i dirigenti scolastici non possono conferire le supplenze brevi di cui al primo periodo del comma 78 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, a: a) personale appartenente al profilo professionale di assistente amministrativo, salvo che presso le istituzioni scolastiche il cui relativo organico di diritto abbia meno di tre posti; b) personale appartenente al profilo di assistente tecnico; c) personale appartenente al profilo di collaboratore scolastico, per i primi sette giorni di assenza. Alla sostituzione si può provvedere mediante l’attribuzione al personale in servizio delle ore eccedenti di cui ai periodi successivi. Le ore eccedenti per la sostituzione dei colleghi assenti possono essere attribuite dal dirigente scolastico anche al personale collaboratore scolastico. Conseguentemente le istituzioni scolastiche destinano il Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa prioritariamente alle ore eccedenti”.
Con Vostra nota n. 0024306 dell’1/09/2016 avete comunicato alle Scuole le istruzioni e le indicazioni operative in materia di supplenze al personale docente, educativo ed ATA. e, con tanta delusione, sofferenza e preoccupazione, abbiamo constatato la permanenza del divieto di sostituzione del Personale ATA nei casi sopraindicati; abolita pertanto la possibilità anche dal 1 settembre 2016 di conferire supplenze brevi a:
a) personale appartenente al profilo professionale di assistente amministrativo, salvo che presso le istituzioni scolastiche il cui relativo organico di diritto abbia meno di tre posti;
b) personale appartenente al profilo di assistente tecnico;
c) personale appartenente al profilo di collaboratore scolastico, per i primi sette giorni di assenza.
A nostro avviso è assurdo, illogico e ingiustificato che la norma vieti in modo assoluto la nomina di supplenti assistenti amministrativi quando l’organico di diritto abbia tre posti o più e che oltretutto il parametro di riferimento sia la teorica situazione dell’organico di diritto e non la situazione di fatto.
Mortificante, umiliante e ingiusto è il divieto di nominare supplenti per il personale appartenente al profilo di assistente tecnico.
Non meno preoccupante e disastrosa è la situazione relativa ai collaboratori scolastici per i quali è fatto divieto di nominare supplenti per i primi sette giorni di assenza del titolare; ci sono molte scuole, soprattutto istituti comprensivi, con più plessi disposti anche su più piani ubicati in frazioni o piccoli comuni, con un solo collaboratore scolastico in servizio. Se costui si assenta, diventa preoccupante e complicato perfino aprire e chiudere la scuola, senza parlare del delicato e importantissimo compito della vigilanza sugli alunni e/o agli ingressi.
Queste norme sono palesemente illogiche, assurde e ingiustificate per la loro rigidità; la “Buona Scuola”, alla prova dei fatti, non ha risolto ma, anzi, ha aggravato i problemi della scuola italiana e il silenzio della Vostra politica nazionale verso i problemi del personale ATA è vergognoso.

La Feder.ATA chiede la cancellazione immediata di queste norme che colpiscono in maniera indegna la nostra quotidianità scolastica, rendono le nostre scuole ambienti non sicuri per i nostri ragazzi sotto il profilo igienico e della sicurezza e non danno più garanzia dei servizi amministrativi e tecnici.
Occorre ridare urgentemente la possibilità ai Dirigenti Scolastici di nominare supplenti per il personale ATA in tutte le situazioni che lo rendano necessario, superando anche la Nota 2116 del 30-9-2015.
Crediamo che nella scuola, per gestire meglio le risorse e per dare un servizio migliore, sia decisivo e determinante il ruolo del personale ATA; purtroppo invece con Leggi come queste ci conducete alla deriva, ci togliete altri pezzi di grande importanza per la dignità lavorativa di ogni essere umano.
Noi continueremo a contrastare queste ingiuste norme sul blocco delle supplenze brevi al personale ATA, con ogni possibile strumento democratico a nostra disposizione.

La questione insegnante

La questione insegnante

di Maurizio Tiriticco

Copio da edscuola.it. – “La “buona scuola” non è affatto sana, anzi sta male e richiede interventi urgenti. L’esecutivo ha dimostrato in questi anni l’assoluta incapacità di attuare politiche per un’istruzione pubblica efficiente”. E’ quanto denuncia il senatore Vacciano (Gruppo Misto) in una mozione depositata presso gli uffici di Palazzo Madama, sottoscritta anche da parlamentari di altri gruppi. “L’usura psicofisica – spiega Vacciano – è insita nella professione del docente, che necessariamente deve curare – oltre all’aspetto formativo – relazioni di sostegno e di aiuto nei confronti di alunni che “ringiovaniscono” a ogni ciclo scolastico. Dai riferimenti preziosamente forniti dal dottor Lodolo D’Oria, emerge che nel 70-80% dei casi le inidoneità per motivi di salute dei nostri insegnanti (con l’età media più alta dei paesi Ue) presentano diagnosi psichiatriche. Preoccupante – continua Vacciano – anche il dato che riguarda l’incidenza delle patologie oncologiche in relazione alla quale, in via precauzionale, non dovrebbe essere esclusa a priori la correlazione depressione-immunodepressione-neoplasia”.Il senatore del Gruppo Misto invita nella mozione il Governo ad allocare fondi ad hoc, già previsti dalla normativa in vigore, per attuare la prevenzione dello Stress lavoro correlato dei docenti. “Tale attenzione – conclude Vacciano – è indispensabile per garantire a studenti e alunni tutti i benefici – a livello educativo, relazionale e formativo – di un sano e robusto corpo insegnante nonché per prevenire episodi di maltrattamento scolastico riconducibili a casi di disagio psichiatrico del docente”.

Mio commento – La denuncia del senatore Vacciano non viene dal nulla e non cade nel vuoto. La questione insegnante, oggi. in una scuola governata, o meglio, di fatto profondamente modificata dalla legge 107, acquista una importanza che non va assolutamente sottovalutata. Il Governo ha assunto un impegno nei confronti degli insegnanti per quanto riguarda il loro aggiornamento – sotto il profilo formale si tratta di un’attività di “formazione continua in servizio” – che riguarda le seguenti tematiche: Lingue straniere; Competenze digitali e nuovi ambienti per l’apprendimento; Scuola e lavoro; Autonomia didattica e organizzativa; Valutazione e miglioramento; Didattica per competenze e innovazione metodologica; Integrazione, competenze di cittadinanza e cittadinanza globale; Inclusione e disabilità; Coesione sociale e prevenzione del disagio giovanile. La formazione in sevizio è obbligatoria e richiede un impegno di 125 ore nel triennio suddiviso in attività frontali (40 ore) e in attività di ricerca e riflessione sulla professionalità (85 ore) articolate in 5 unità formative di 25 ore per un totale appunto di 125 ore da maturare in tre anni.

Le voci indicate dal Miur coprono una vasta area delle competenze che caratterizzano un insegnante, ma la voce “innovazione metodologica” è generica se non si entra nel merito. Si tratta di una innovazione che mette in gioco il concreto comportamento insegnante in un’aula in cui vive gran parte della loro giornata in “situazione di apprendimento” un certo numero di alunni che in genere oscilla dai venti ai trenta. Spesso gli alunni sono esposti indifferentemente ad una lezione, sulla quale poi debbono riflettere e studiare a casa ed eseguire i compiti debitamente assegnati. Di fatto, la lezione “tocca” gli alunni in modo estremamente differenziato: alcuni “stanno attenti”, ascoltano e comprendono il linguaggio specialistico (una disciplina di ricerca, che a scuola diventa riduttivamente materia di studio ed è supportata da un libro di testo), altri “si distraggono”, non sono coinvolti, a volte non capiscono il linguaggio che una materia/disciplina richiede. Di qui il problema: è corretto “fare lezione” e “pretendere ascolto”? A questo punto entra in gioco una serie di suggerimenti che ci vengono dalle ricerche relative alle cosiddette dinamiche di gruppo.

Bruce Tuckman ritiene che un gruppo nasce e si evolve attraverso cinque fasi: a) Formazione (forming). I membri del gruppo si orientano e comprendono quale debba essere il comportamento nei riguardi del coordinatore e degli altri membri. b) Conflitto (storming). Si sviluppa un clima di ostilità verso gli altri membri del gruppo e/o verso il leader soprattutto per l’incertezza dovuta a mancanza di direttive e di sostegno psicologico, per la mancanza di strutturazione e per la resistenza alla struttura. Si sviluppa una resistenza emotiva di fronte alle esigenze del compito da svolgere come espressione alla propria indisponibilità. c) Strutturazione (norming). I membri si accettano vicendevolmente, e si sviluppano delle norme di gruppo alle quali tutti si sentono impegnati. d) Attività (performing). I membri del gruppo accettano il loro ruolo e lavorano per raggiungere i fini preposti. e) Aggiornamento (adjourning). I membri del gruppo decidono una sospensione delle attività al fine di valutare il modus operandi e i risultati eventualmente ottenuti. Si tratta di variabili che un bravo insegnante non può non considerare, se vuole smettere di richiamare ogni tanto l’attenzione di un gruppo classe a volte annoiato!

Molto più noto è il rumeno Jacob Moreno Levy che ritiene che, quando si ha a che fare con un gruppo, non sono tanto i singoli individui che contano, quanto le loro relazioni. Una coppia dà luogo a due relazioni (l’uno verso l’altro e viceversa), ma tre persone danno luogo a sei relazioni. Una classe di venti alunni dà luogo a 400 relazioni circa. Ed è anche noto che un soggetto in un gruppo assume certi comportamenti, in un altro gruppo altri (un marito picchia la moglie, ma nessuno lo sa perché con gli altri è educatissimo; un alunno che in aula è educatissimo, a casa è uno scavezzacollo, o viceversa). Moreno è l’inventore del sociogramma, uno strumento che permette di vedere quali concrete relazioni si instaurano in un gruppo, in “quel” gruppo e non in un “altro”. Giuseppe è attentissimo alla lezione di italiano, è una peste quando è l’ora di matematica! Ed ancora, in un gruppo di alunni, Antonio è al centro dell’attenzione di tutti, mente Camilla “non se la fila nessuno”, come diciamo a Roma. Ma, se si tratta di copiare il compito di matematica, è Camilla al centro dell’attenzione e non Antonio, che in matematica è una frana. Insomma, le relazioni interpersonali in un gruppo strutturato qual è un gruppo di alunni della stessa classe di età contano, a volte, più della persona in quanto tale.

Si tratta di sollecitazioni che non sono indicate nei suggerimenti del Miur, ma che, per chi insegna – o comunque ha a che fare con un gruppo di adolescenti – sono di un estremo interesse. Perché, quando in un consiglio di classe si deve decidere se promuovere o bocciare, Giuseppe e Antonietta vengono giudicati diversamente da alcuni insegnanti? In molti casi gioca la materia di studio: Giuseppe è un genio in matematica, ma non sa scrivere; Camilla compone bellissimi temi, ma in matematica è una frana. In tali casi, in quale misura “gioca” la materia di studio? In quale misura, invece, la relazione alunno/a-docente?

Concludendo, un pizzico di psicologia e di dinamica dei gruppi (in particolare dei gruppi di apprendimento) rientra senz’altro nelle competenze di un insegnante, che a volte sono più importanti e determinanti delle competenze disciplinari. Ecco perché io sono sempre per l’insegnante “doppio”, specialista nella disciplina di insegnamento nonché specialista, appunto – ma ciò è più difficile – nella psicologia e nella dinamica di gruppo. E non voglio chiamare in causa Aldo Visalberghi che in “Pedagogia e scienze dell’educazione” individua ben 24 (ventiquattro!!!) discipline che un bravo insegnante dovrebbe padroneggiare, ovviamente oltre la materia di insegnamento! Troppa grazia,Sant’Antonio, come diciamo a Roma!

Sfruttamento e discriminazione dei docenti precari

La Provincia Autonoma di Trento condannata a 50.000 Euro per sfruttamento e discriminazione dei docenti precari. Anief: abbiamo restituito dignità ai precari della scuola.

Con quattro sentenze di identico tenore, l’Anief ottiene giustizia anche per i docenti precari della Provincia Autonoma di Trento: il Tribunale del Lavoro di Rovereto accoglie le tesi patrocinate con estrema perizia dagli Avvocati Fabio Ganci, Walter Miceli e Maria Luisa Offer e condanna la PAT a risarcire quattro docenti precari per violazione di norme imperative, evidente discriminazione e illegittima reiterazione di contratti di lavoro a tempo determinato. “È la prima volta che a Trento si ottiene il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno in favore di docenti precari per illecita stipula di plurimi contratti di lavoro a tempo determinato in violazione di norme comunitarie – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – siamo orgogliosi di questo risultato che restituisce dignità ai lavoratori a termine della scuola anche nella Provincia Autonoma di Trento”. Riconosciuto, anche, il diritto alla medesima progressione stipendiale riservata ai docenti a tempo indeterminato con relativa condanna della Provincia Autonoma al pagamento delle spese di lite vista l’integrale soccombenza in giudizio.

Perche’ ci sono famiglie che preferiscono le scuole speciali?

Superando.it del 13-10-2016

Perche’ ci sono famiglie che preferiscono le scuole speciali?

«Le scuole speciali – aveva scritto lo scorso anno Giovanni Merlo nel libro “L’attrazione speciale”. Minori con disabilità: integrazione scolastica, scuole speciali, presa in carico, welfare locale (Maggioli Editore, 2015) – esistono ancora e non si tratta nemmeno di un fenomeno così residuale, come si potrebbe pensare. Solo in Lombardia, ad esempio, sono attivi 16 plessi, all’interno dei quali sono presenti 24 scuole speciali di cui cinque dell’infanzia, 17 primarie e 2 secondarie di primo grado. Esse sono frequentate, in totale, da quasi 900 tra bambini e ragazzi e nella maggior parte dei casi si tratta di scuole annesse a Centri di Riabilitazione. In totale, sempre parlando della Lombardia, si tratta del 3,8% del totale degli alunni con certificazione».
«Ma quali sono le ragioni che spingono i genitori a preferire la scuola speciale? Quali sono i fattori che rendono accettabile (persino desiderabile) questa scelta? Quali pensieri e scelte dei servizi sociali e sanitari e del mondo della scuola possono favorire percorsi di inclusione piuttosto che di separazione?»: proprio attorno a tali quesiti ruotava la costruzione di quel libro e su di essi saranno centrati anche alcuni imminenti incontri, promossi in Lombardia e nelle Marche.

Quelli del 12 ottobre a Como (Irecoop Lombardia, Via Marcino Anzi, 8, ore 14-18) e del 21 ottobre a Pavia (Centro Servizi Formazione, Via Riviera, 23, ore 14-18), intitolati entrambi Disabilità: separare fa bene o fa male?… anche a scuola?, sono organizzati dalla LEDHA, la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità, componente lombarda della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), che li presenta così: «La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, stabilisce che il diritto alla vita indipendente e all’inclusione nella società debba essere riconosciuto a tutte le persone con disabilità. Parole cui non seguono per il momento i fatti: l’orientamento delle politiche sociali è infatti quello di identificare, a seconda della tipologia e intensità della disabilità, diversi contenitori di servizi, sempre più specializzati in base alla “patologia” e alle condizioni di salute della persona, deputati all’assistenza e non all’inclusione. Si tratta di un pensiero che rischia di investire anche il mondo della scuola italiana che da quasi quarant’anni sperimenta (spesso con successo) un modello inclusivo. Eppure, per alcuni bambini già oggi le strade dell’educazione sono separate rispetto a quelle dei loro coetanei e per loro la scuola non è quella “di tutti”, ma si risolve all’interno di scuole speciali, centri dedicati o classi potenziate».
Sia a Como – dove l’organizzazione si è avvalsa della collaborazione di Irecoop Lombardia – sia a Pavia, interverrà il citato Giovanni Merlo, direttore della LEDHA, affiancato nel primo incontro da Marzio Glauco Ghezzi, vicepresidente della Rete Comasca Disabilità e da Cinzia Zornino, sempre per quest’ultimo organismo. Al secondo incontro, invece – promosso in collaborazione con Irecoop Lombardia, Confcooperative e Centro Servizi Formazione – parteciperanno Marco Bollani, direttore della Cooperativa Come Noi e l’insegnante Assunta Cobelli.

Tra i due appuntamenti lombardi, infine, vi sarà anche quello del 19 ottobre ad Ancona (Sala Convegni Federazione Marchigiana BCC, ore 14.30-18), voluto dalla Campagna Regionale Trasparenza e diritti, e intitolato Disabilità. Separare fa bene o fa male? Minori con disabilità, integrazione scolastica, scuole speciali.
Qui i lavori saranno introdotti e coordinati da Fabio Ragaini, per la Campagna Trasparenza e diritti, e oltre a Giovanni Merlo, interverrà anche Salvatore Nocera, già vicepresidente nazionale della FISH, autorevole esperto di legislazione scolastica. (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti:
° Per Como e Pavia: ufficiostampa@ledha.it
° Per Ancona: trasparenzaediritti@gmail.com

Raddoppia il numero di liceali all’estero

da lastampa.it

Raddoppia il numero di liceali all’estero

II rapporto Ipsos sull’internazionalizzazione delle scuole: sempre più esperienze e sempre più lontane
camilla colombo

milano

Non soltanto Stati Uniti. Benvenute Asia e America Latina. I Paesi scelti dagli studenti liceali per trascorrere un periodo di studio all’estero sono sempre più lontani dall’Italia. A dirlo è l’ottavo rapporto sull’internazionalizzazione delle scuole e la mobilità studentesca, realizzato da Ipsos e presentato a Milano ieri durante la manifestazione «L’esperienza che mi ha cambiato la vita», organizzata da Fondazione Intercultura. I dati emersi dal report 2016 fotografano il cambiamento di interessi da parte dei giovani italiani.

«Fino a un decennio fa un ragazzo su due andava negli Stati Uniti. Ora uno su tre», spiega Nando Pagnoncelli illustrando i risultati di una ricerca che conferma la crescita costante del numero degli scambi scolastici. Nel 2015/2016 7400 alunni delle scuole superiori hanno trascorso almeno tre mesi all’estero, con un aumento dell’1 per cento rispetto all’anno precedente ma soprattutto con un più 111 per cento rispetto al 2009 quando i giovani in mobilità erano 3500. La modalità che viene preferita continua a essere quella annuale (+1 per cento), in calo quella semestrale (-6 per cento), mentre è in crescita quella trimestrale (+7 per cento). Per il 2016/2017 le mete più scelte dai giovani di Intercultura sono, oltre agli Stati Uniti, Irlanda (205 ragazzi), Argentina (114) e Cina (108) mentre per la prima volta una studentessa italiana trascorrerà un anno in Ghana.

Le scuole di partenza

La ricerca condotta da Ipsos testimonia la progressiva apertura delle scuole italiane, che nel 63 per cento dei casi hanno attivato un’iniziativa di tipo internazionale arrivando a toccare quota 42 punti su 100 nell’indice di internazionalizzazione scolastica (nel 2009 era 37). Rimane forte la differenza tra Nord e Sud Italia con il Nord Est a offrire più giovani studenti in mobilità mentre aumentano gli istituti del Sud che rinunciano ai programmi di scambio. I motivi sono la carenza di budget, lo scarso interesse dimostrato dagli alunni e l’inadeguatezza dei corsi svolti all’estero rispetto a quanto insegnato in Italia.

Il rientro è la difficoltà maggiore per gli studenti, perché spesso devono fare i conti con professori e istituti che non riconoscono il valore di quanto appreso in un Paese straniero. «Trovo deprimente la sfiducia verso i ragazzi che studiano da soli per un anno all’estero», commenta Susanna Mantovani, docente ordinario di Pedagogia generale e sociale all’Università Bicocca, a suo tempo studentessa in mobilità durante l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy. «L’esperienza di vita del singolo deve diventare un patrimonio comune della scuola».

I vantaggi nel futuro

La novità del 2016 del rapporto Ipsos è stata una serie di interviste rivolte a 900 ex partecipanti a programmi di scambio effettuati tra il 1977 e il 2012 per valutare i benefici a lungo termine di un’esperienza all’estero. Una più alta percentuale di laureati (84 per cento contro la media italiana del 52 per cento), un più basso tasso di disoccupazione (9 per cento contro il 14 per cento, dato nazionale) e una maggiore sensazione di felicità sono stati i principali risultati emersi. In particolare, il 90 per cento degli intervistati si dichiara soddisfatto della propria vita contro un 67 per cento di media nazionale.

«Le cose che ho appreso durante il mio anno nello Stato di Washington sono state tre: indipendenza, curiosità e conoscenza della lingua», racconta Diego Piacentini, neo-nominato Commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda digitale del governo Renzi. Piacentini, che all’estero ha vissuto per anni ricoprendo ruoli di prestigio in Apple e Amazon, ha spiegato ai ragazzi presenti il valore del dare indietro quanto si è ricevuto, motivo per cui ha deciso di accettare la sfida di digitalizzare la pubblica amministrazione italiana, e di coltivare la pazienza contro il rischio di frustrazione che si prova una volta tornati a casa.

Cassazione, sono meno di 500mila le firme valide: non si farà il referendum sulla Buona Scuola

da Il Sole 24 Ore

Cassazione, sono meno di 500mila le firme valide: non si farà il referendum sulla Buona Scuola

Non si farà il referendum sulla legge 107 sulla “Buona Scuola “. La Corte di Cassazione ha infatti comunicato al comitato referendario che per i quattro quesiti referendari contro la legge varata dal governo nel 2015 sono state raccolte «poco meno delle 500mila firme valide». Poche migliaia di firme in meno non consentono quindi di giungere alla prova referendaria, fa sapere lo stesso Comitato referendario.

I quesiti
I quesiti abrogativi che si volevano proporre ai cittadini sono quattro e riguardano lo school bonus (detrazioni fiscali per chi fa donazioni a scuole statali o paritarie), la chiamata diretta dagli albi territoriali, il sistema di alternanza scuola lavoro e il bonus premiale.

«Straordinaria esperienza di confronto»
«È stata comunque una straordinaria esperienza di confronto e che ha dato voce a centinaia di migliaia di cittadini/e, lavoratori/trici, pensionati/e e studenti che con la loro firma – scrive il Comitato – hanno manifestato contrarietà per i contenuti di una legge che snatura il valore costituzionale della scuola pubblica»
L’avvio dell’anno scolastico in corso, secondo i promotori dei referendum, «ha evidenziato le contraddizioni, ha messo a nudo tutti gli aspetti, negativi, confusi e anticostituzionali della cosiddetta ‘Buona scuola’: contenziosi legali infiniti, cattedre vuote, alunni disabili ancora senza sostegno, uffici nel caos, tutto per l’arrogante pretesa di poter fare a meno di ogni serio confronto con il mondo della scuola, con i lavoratori, con gli studenti e chi li rappresenta».
«Il consenso alle nostre battaglie sostenuto dai quasi due milioni di firme – conclude il comitato – indica una direzione, ci invita ad andare avanti, non arretrare».

I docenti precari in II fascia d’Istituto saranno i primi esodati della scuola?

da La Tecnica della Scuola

I docenti precari in II fascia d’Istituto saranno i primi esodati della scuola?

Qual è il futuro dei docenti precari abilitati in seconda fascia d’Istituto? A chiederlo, con una mozione ad hoc, sarà presto Gian Marco Centinaio, capogruppo Lega Nord al Senato.

Centinaio, dice Mario Pittoni, responsabile federale Istruzione del Carroccio, “ha spuntato per il prossimo 23 novembre la calendarizzazione a Palazzo Madama delle mozioni sugli insegnanti precari. In quella data potrebbero essere già arrivate al voto anche quelle depositate in Liguria, Veneto, Umbria ed Emilia-Romagna, dopo i successi in Lombardia e – a sorpresa, trattandosi di Regioni a guida Pd – in Toscana e Marche”.

Secondo Pittoni, la mancata stabilizzazione dei docenti precari abilitati fuori dalle GaE, “potrebbe tradursi in un’autentica emergenza sociale. Con questi documenti – spiega – domandiamo al ministro dell’Istruzione Stefania Giannini chiarimenti sul futuro dei docenti abilitati della seconda fascia d’istituto e, allo stesso tempo, l’impegno su un decreto che proroghi i termini del provvedimento sui “Percorsi abilitanti speciali” per gli insegnanti della terza fascia con adeguati livelli di esperienza”.

Nel mirino della Lega Nord è il comma 131 della legge sulla “Buona scuola”, per cui “a decorrere dal 1° settembre 2016, i contratti di lavoro a tempo determinato… non possono superare la durata complessiva di trentasei mesi, anche non continuativi”. Perché i tre anni di lavoro, anche non continuativo, svolto come supplente, sono la soglia che, se superata, può portare all’automatica trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato. Da qui, il “blocco” imposto dalla Legge 107/15.

Così, se quel comma dovesse avere attuazione, secondo la Lega, che ha avviato una vera e propria campagna a tutti i livelli istituzionali, ci ritroveremo tra tre anni con una nuova categoria di “esodati”: quelli della scuola.

Bonus 500 euro: entro il 15 ottobre la rendicontazione delle spese

da La Tecnica della Scuola

Bonus 500 euro: entro il 15 ottobre la rendicontazione delle spese

Mancano pochi giorni alla scadenza entro la quale i docenti dovranno consegnare alle segreterie scolastiche la documentazione attestante le spese sostenute per l’aggiornamento professionale.

La data, inizialmente fissata al 31 agosto scorso, è stata prorogata (a due giorni dalla scadenza) al 15 ottobre con la nota 12228 del 29 agosto 2016.

La nota ricorda che costituiscono documenti comprovanti l’utilizzo, anche all’estero, dell’importo erogato e delle spese sostenute:

  • lo scontrino fiscale;
  • la ricevuta fiscale;
  • la fattura;
  • la ricevuta di bonifico bancario;
  • il biglietto per la partecipazione agli eventi di cui all’articolo 4, comma 1 lettere d) ed e) del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 settembre 2015. Può essere presentato un solo biglietto per evento.

Sono ammessi anche acquisti on-line purché sia possibile produrre la documentazione comprovante l’acquisto. Non sono riconosciute spese sostenute in Paesi nei quali non sono previsti strumenti di rendicontazione della spesa.

I documenti comprovanti gli acquisti devono contenere la descrizione del bene o del servizio usufruito.

La documentazione delle spese sostenute deve essere consegnata in originale ovvero in copia dichiarata conforme all’originale sotto la propria responsabilità all’Istituzione scolastica di ultima titolarità ovvero, per i docenti immessi in ruolo nell’anno scolastico 2015/2016 che hanno optato per il differimento della presa di servizio, dall’Istituzione scolastica di ultimo servizio.

L’Istituzione scolastica ha l’obbligo di conservazione di tale documentazione.

Entro il 15 ottobre i docenti devono anche presentare il modello A di dichiarazione di rendicontazione.

La documentazione, ricorda il Miur, deve riferirsi a spese effettuate entro e non oltre la data del 31 agosto 2016. Con un’eccezione: il termine finale del 31 agosto 2016, per l’utilizzo dell’importo di 500 euro erogato per finalità formative, è prorogato fino al 15 ottobre dello stesso anno esclusivamente per un limitato e circoscritto numero di docenti che hanno ricevuto il bonus formativo dopo la data del 1° agosto 2016.

Infine, la nota comunica che entro il 31 ottobre 2016 gli uffici amministrativi delle istituzioni scolastiche dovranno comunicare agli USR gli esiti delle verifiche effettuate sulla documentazione presentata dai docenti, compilando e trasmettendo il modello B.

“L’usura psicofisica dei docenti deve essere curata in modo adeguato”

da La Tecnica della Scuola

“L’usura psicofisica dei docenti deve essere curata in modo adeguato”

“La “buona scuola” non è affatto sana, anzi sta male e richiede interventi urgenti. L’esecutivo ha dimostrato in questi anni l’assoluta incapacità di attuare politiche per un’istruzione pubblica efficiente”. E’ quanto denuncia il senatore Vacciano (Gruppo Misto) in una mozione depositata ieri presso gli uffici di Palazzo Madama, sottoscritta anche da parlamentari di altri gruppi.

“L’usura psicofisica  – spiega Vacciano – è insita nella professione del docente, che necessariamente deve curare – oltre all’aspetto formativo – relazioni di sostegno e di aiuto nei confronti di alunni che “ringiovaniscono” a ogni ciclo scolastico. Dai riferimenti preziosamente forniti dal dottor Lodolo D’Oria, emerge che nel 70-80% dei casi le inidoneità per motivi di salute dei nostri insegnanti (con l’età media più alta dei paesi Ue) presentano diagnosi psichiatriche.

Preoccupante – continua Vacciano – anche il dato che riguarda l’incidenza delle patologie oncologiche in relazione alla quale, in via precauzionale, non dovrebbe essere esclusa a priori la correlazione depressione-immunodepressione-neoplasia”.

Il senatore del Gruppo Misto invita nella mozione il Governo ad allocare fondi ad hoc, già previsti dalla normativa in vigore, per attuare la prevenzione dello Stress lavoro correlato dei docenti. “Tale attenzione – conclude Vacciano – è indispensabile per garantire a studenti e alunni tutti i benefici – a livello educativo, relazionale e formativo – di un sano e robusto corpo insegnante, nonché per prevenire episodi di maltrattamento scolastico riconducibili a casi di disagio psichiatrico del docente”.

Referendum scuola: le firme non bastano

da La Tecnica della Scuola

Referendum scuola: le firme non bastano

Per capire meglio cosa è accaduto bisognerà forse aspettare ancora qualche giorno, ma per intanto un fatto è certo: il referendum per abrogare 4 norme della legge 107 sulla “Buona Scuola” non ci sarà.
Lo rende noto il Comitato referendario che in un comunicato di poche ore fa scrive: “La Corte di Cassazione ha comunicato al comitato referendario che per i quattro quesiti referendari contro la legge 107 sono state raccolte poco meno delle 500.000 firme valide”.
Il testo lascia intendere che le firme raccolte sono state meno di 500mila e questo sarebbe un dato del tutto nuovo perchè solo fino a pochi giorni fa tutti i promotori hanno sempre ribadito che le firme erano 515mila.
Il timore era che la Corte di Cassazione potesse riscontrare irregolarità o imperfezioni procedurali e invalidare quindi un certo numero di firme.
Ma il comunicato di queste ore fa trasparire una situazione ben diversa: per motivi che al momento non si conoscono le firme raccolte potrebbero essere davvero meno del dovuto e quindi è molto probabile che la Cassazione non abbia avuto neppure la necessità di effettuare una verifica accurata sulla documentazione depositata.
Questa interpretazione sembra avvalorata anche da un altro dato: la decisione della Corte era attesa per fine mese, il fatto che arrivi con così largo anticipo fa proprio pensare che non ci sia stato bisogno di effettuare nessun controllo.
Ad ogni modo il Comitato si dichiara soddisfatto: “E’ stata comunque una straordinaria esperienza di confronto e che ha dato voce a centinaia di migliaia di cittadini/e, lavoratori/trici, pensionati/e e studenti che con la loro firma hanno manifestato contrarietà per i contenuti di  una legge che snatura il valore costituzionale della scuola pubblica”.
“Le associazioni e le organizzazioni sindacali che hanno dato vita alla campagna referendaria
– concludono i promotori – proseguiranno nel contrasto alla legge 107 e alle sue nefaste conseguenze per la scuola della Costituzione”.
Resta il fatto che non si capisce perchè il Comitato abbia sempre sostenuto di aver depositato 515mila firme:  è stato un errore oppure chi “sapeva” ha divulgato notizie imprecise?
A questo punto non resta che aspettare il comunicato ufficiale della Corte di Cassazione per disporre di qualche informazione in più.

Renzi: non c’è più rispetto per i docenti, ma la riforma cambia registro e ne vado fiero

da La Tecnica della Scuola

Renzi: non c’è più rispetto per i docenti, ma la riforma cambia registro e ne vado fiero

“Il punto importante, e lo dico da figlio e da marito di un’insegnante, è che si è perso il rispetto sociale per la figura degli insegnanti”.

Lo ha detto il premier, Matteo Renzi, ospite la sera dell’11 ottobre della trasmissione Politics su Raitre, rispondendo ad una domanda se sia d’accordo con quanti sostengono che a scuola vengano dati troppi compiti per casa ai ragazzi.

Per il presidente del consiglio, quello dei compiti non è un problema. Mentre lo è diventato la scarsa considerazione sociale verso chi insegna.

“Con i nostri provvedimenti – ha però a tenuto dire Renzi – abbiamo cercato di ridare rispettabilità agli insegnanti ed è una cosa di cui sono fiero”.

Renzi non entra nel merito, ma il riferimento è probabilmente al “merito” annuale, riservato ai docenti che svolgono meglio il lavoro, al bonus da 500 euro per l’auto-aggiornamento e alla formazione obbligatoria presentata nei giorni scorsi dal ministro Giannini e al via già dal presente anno scolastico.

Il premier ha anche confermato che la “penalizzazione” per i lavoratori non usuranti che scelgano di andare in pensione da uno a tre anni e mezzo di anticipo, sarà piuttosto alta: “un anno prima sarà del 5% all’anno. In tre anni sono poco meno del 15%”. In termini pratici, la quota mensile, da restituire per un ventennio, sarà di circa 150-200 euro.

Per le pensioni basse, ha invece detto Renzi, ci sarà “un aumento” di “meno di 80 euro al mese. Ancora non siamo in grado di quantificarlo. Lo sapremo sabato”.

Italiani, Siciliani, Napoletani: così in Inghilterra catalogano i nostri alunni

da La Tecnica della Scuola

Italiani, Siciliani, Napoletani: così in Inghilterra catalogano i nostri alunni

“Italiani”, “Italiani-Siciliani” e “Italiani-Napoletani”: è quanto trovano scritto le nostre famiglie sui moduli d’iscrizione on line da alcune circoscrizioni scolastiche britanniche.

I moduli, presenti in Inghilterra e Galles, contemplano quindi la distinzione etnico-linguistica riservata ai bambini provenienti dall’Italia.

La distinzione ha provocato reazioni seccate da parte delle famiglie italiane e innescato una pungente nota di protesta verbale dell’ambasciata d’Italia nel Regno Unito: “Siamo uniti dal 1861”, fa presente al Foreign Office l’ambasciatore Pasquale Terracciano, lasciando trasparire un’evidente punta di sarcasmo dietro il rispetto delle forme codificate della diplomazia.

Il racconto dei genitori, invece, rimbalzato su un paio di media in Italia, ha indotto a compiere subito una verifica. Così si è scoperto che era tutto autentico. Nessuno scherzo, nessun equivoco. “Si tratta di iniziative locali – dice all’Ansa l’ambasciatore Terracciano – motivate probabilmente dall’intenzione d’identificare inesistenti esigenze linguistiche particolari” e garantire un ipotetico sostegno.

“Ma di buone intenzioni – aggiunge – è lastricata la strada dell’inferno”: specie quando diventano “involontariamente discriminatorie, oltre che offensive per i meridionali”.

Di qui la decisione di un passo ufficiale attraverso la nota al Foreign Office, il ministero degli Esteri di Sua Maesta’, nella quale si chiede “l’immediata rimozione” di questa indebita caratterizzazione pseudo-etnica, che nulla ha a che fare con l’importanza dei genuini connotati regionali o dei dialetti italiani. E si conclude ricordando appunto come “l’Italia sia dal 17 marzo 1861 un Paese unificato”.

L’episodio s’inquadra in una stagione delicata per la Gran Bretagna, alle prese con la prospettiva della Brexit, il divorzio dall’Ue, in un clima nel quale su temi come il flusso dei migranti o l’apertura agli stranieri non sono mancate fibrillazioni ne’ eccessi: nella società come nella politica.

Un clima che a livello locale, nota Terracciano, si riflette anche “nella grave carenza di conoscenza della realtà italiana”, di fatto nell’ignoranza diffusa su altri Paesi, che questa vicenda testimonia. Riproponendo, come in una sgangherata macchina del tempo, “una visione tardo ottocentesca della nostra immigrazione”.

Buona scuola: cade il referendum abrogativo per mancanza di firme

da tuttoscuola.com

Buona scuola: cade il referendum abrogativo per mancanza di firme
Decisione della Cassazione. I commenti del Comitato referendario e della sen. Puglisi (PD)

La Corte di Cassazione ha comunicato che per i quattro quesiti referendari contro la Legge 107 sulla ‘Buona scuola’ sono state raccolte poco meno delle 500.000 firme richieste, decretando la caduta dell’iniziativa referendaria..

“E’ stata comunque una straordinaria esperienza di confronto – sottolinea in una nota il Comitato referendario – che ha dato voce a centinaia di migliaia di cittadini, lavoratori, studenti, pensionati, che con la loro firma hanno manifestato contrarietá per i contenuti di una legge che snatura il valore costituzionale della scuola pubblica”.

Il Comitato sottolinea inoltre che “l’avvio dell’anno scolastico in corso ha evidenziato le contraddizioni, ha messo a nudo tutti gli aspetti, negativi, confusi e anticostituzionali della cosiddetta ‘Buona scuola’: contenziosi legali infiniti, cattedre vuote, alunni disabili ancora senza sostegno, uffici nel caos, tutto per l’arrogante pretesa di poter fare a meno di ogni serio confronto con il mondo della scuola, con i lavoratori, con gli studenti e chi li rappresenta.

Il consenso alle nostre battaglie sostenuto dai quasi due milioni di firme, indica una direzione, ci invita ad andare avanti, non arretrare – conclude il Comitato -. Le associazioni e le organizzazioni sindacali che hanno dato vita alla campagna referendaria proseguiranno nel contrasto alla legge 107 e alle sue nefaste conseguenze per la scuola della Costituzione”.

Sul fronte opposto la dichiarazione della responsabile scuola del PD.

“Dopo il fallimento di Civati, la Cassazione certifica che sulla ‘Buona scuola’ non sono sufficienti le firme per il referendum abrogativo, articolato in 4 quesiti dal Comitato promotore”.

Lo dice la senatrice Francesca Puglisi, responsabile scuola della segreteria nazionale del Pd.

“D’altronde è evidente- continua Puglisi- che pensare di abrogare una norma come quella sull’alternanza scuola-lavoro degli studenti o negare la possibilità di prendersi cura di un bene comune come la scuola con donazioni non incontra il favore della maggioranza degli italiani. Sulla chiamata diretta e sulla premialità aggiuntiva ai docenti, l’esperienza di questo anno ci dimostra che, dopo lo scetticismo iniziale, le scuole hanno lavorato con grande serietà per costruire criteri condivisi.

Evitando di perdere tempo in un perenne conflitto demagogico, adesso lavoriamo insieme per migliorare le croniche criticità che affliggono la scuola, sulla quale negli anni si sono affastellate norme contraddittorie che bloccano l’autonomia scolastica. L’attuazione delle deleghe contenute nella legge 107 e la riapertura del contratto, già annunciata dal governo, possono essere l’occasione del definitivo superamento delle incomprensioni e del rilancio della scuola pubblica”.

Dura reazione del sottosegretario Faraone al modulo inglese antimeridionale

da tuttoscuola.com

Dura reazione del sottosegretario Faraone al modulo inglese antimeridionale

“Da uomo del Sud, ma soprattutto da italiano e da europeo sono indignato, trovo inaccettabili gli episodi che si sono verificati negli ultimi giorni in Gran Bretagna, frutto evidente di ignoranza rispetto a tutto ciò che e’ diverso, proveniente da altro Paese, appartenente a un’altra cultura.

E non ci sono giustificazioni o scuse che tengano, né buona fede, né effetto Brexit, né puntiglio e precisione anglosassone”.

A dirlo è il Sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone.

“Troppo spesso gli italiani si sono trovati costretti ad affrontare stereotipi e pregiudizi che combattiamo perfino dentro i confini nazionali. L’intollerabile distinzione fra gruppi linguistici non rende giustizia – prosegue Faraone – a un Paese dalla storia e dalla cultura così grandi come il Regno

Unito che pare, in questo caso, operare una sorta di ghettizzazione dei meridionali, considerati alla stregua di un popolo separato”.

“La scuola italiana – aggiunge il sottosegretario – ha superato da tempo questi stereotipi e mostra un’apertura verso l’altro – straniero, disabile, diverso – che evidentemente a quella d’Oltremanica manca ancora. Dobbiamo evitare con forza che ciò che viene superato qui permanga altrove, come purtroppo spesso capita.

La scuola, nel Regno Unito come in Italia, deve lavorare per l’integrazione, per la diffusione della cultura, per la formazione delle generazioni future, lasciandosi alle spalle visioni ottocentesche ormai fuori dalla realtà. E questo vale anche per gli altri settori della società: pensiamo alle ragioni che porteranno il G7 a Taormina, in Sicilia. L’ha detto chiaramente il premier Renzi: smontare i pregiudizi, dimostrare ai potenti di tutto il mondo che la Sicilia e il Sud sono terre di intelligenze, di cultura e di bellezza. Che il Meridione – conclude – è parte di un’Italia che eccelle e che guarda al futuro – a livello euromediterraneo e internazionale – grazie alle straordinarie risorse che possiede”.