Ancora una VITTORIA

Ancora una VITTORIA dell’USB Scuola Puglia sul CAOS generato dalla famigerata MOBILITÀ della c. d. “BUONA SCUOLA.”

Ancora una volta, il Tribunale di Bari da ragione a un docente, assistito dal Responsabile USB Scuola Puglia Giuseppe D’Ambrosio, a cui il Miur aveva imposto il trasferimento dalla Puglia al Veneto disponendone il rientro nel primo ambito richiesto.

Nelle domande di mobilità per l’a.s. 2016/17 il Miur e i sindacati scuola firmatari del Contratto sui trasferimenti (Cgil, Cisl, Uil e Snals) non ha inserito nella tabella di valutazione dei titoli la previsione di uno specifico punteggio per i servizi svolti nelle scuole paritarie.

Una valutazione degli anni di servizio preruolo richiesta dal docente che la nota della tabella del contratto Mobilità 2016/17 illegittimamente non aveva previsto come riconoscibili.

Infatti il Miur ha disposto i trasferimenti senza tener conto di questi servizi, pertanto il docente ha presentato ricorso, per tramite l’avvocato Vito Lacoppola del foro di Bari, vincendo su tutta la linea, ottenendo ragione da parte del Giudice che ha valutato tale servizio.

Un ricorso d’urgenza deciso il 18/10/2016 che ordina al Miur di <<assegnare al ricorrente una sede di servizio ubicata in Puglia ambito 0001>>. Il giudice del lavoro ha anche condannato l’amministrazione a € 2.000,00 di spese.

Sono ormai tanti i Tribunali che con diverse pronunce, in primis quello di Bari, di Brindisi, Trani e Taranto, che stanno bocciando l’operato del MIUR e dei sindacati firmatari del Contratto sulla mobilità che sta sgretolando, meglio demolendo, le operazioni assurde del Miur che ha disposto la migrazione forzata dei docenti del Sud al Nord senza preoccuparsi delle assurdità e le difficoltà dei trasferimenti in zone così distanti da quelle della propria residenza. Veramente la più brutta pagina della scuola italiana.

Ma tant’è questa è la tanto esclamata “Buona Scuola”. Figuriamoci se non fosse stata “Buona” cosa sarebbe stata e cosa avrebbe prodotto?

Chi ha la responsabilità di tante oscenità dovrebbe seriamente riflettere, se ne ha la capacità, finora non dimostrata. Ma anche da molti altri, ivi compresi alcuni sedicenti rappresentanti dei lavoratori.

Una giustizia che il Miur gli aveva negato non rispondendo neanche alla proposta di conciliazione.

Tormento finito per lui, ma tanti altri seguiranno il suo esempio di coraggio e di piena fiducia in una giustizia non sempre attenta e celere che alcuni illuminati giudici del lavoro si impegnano a riscattare anche rispetto a tanti luoghi comuni.

 

Responsabile USB SCUOLA PUGLIA

Giuseppe D’AMBROSIO

OLTRE AL MANCATO INCONTRO CON IL DIRETTORE GENERALE

OLTRE AL MANCATO INCONTRO CON IL DIRETTORE GENERALE DELL’USR PUGLIA: A CHE GIOCO GIOCHIAMO SULLA PELLE DEI FIDENTI ED INCOLPEVOLI COLLEGHI?

Preavvertita, correttamente, dalla direzione dell’USR Puglia che il Direttore Generale era stato chiamato al Ministero per la stessa giornata, DIRIGENTISCUOLA ha ritenuto, restituendo la cortesia, di non dover corrispondere, in sua assenza, alla convocazione del 18 ottobre 2016 “per un esame congiunto sulla situazione dei dirigenti scolastici della Regione Puglia”: che poi, nella sostanza, significa stipula di ben quattro contratti integrativi regionali, a partire dall’anno 2012-13, con la regolazione degli istituti connessi.

All’incontro hanno invece partecipato le altre sigle sindacali, non si sa se tutte, (anche) della dirigenza scolastica. Che si è concluso – sempre a quanto ci è dato di sapere – con un ennesimo nulla di fatto.

Dunque, ad oggi sono giusto due mesi e mezzo da quando tutti gli Uffici scolastici regionali hanno ricevuto il verbale della Conferenza di servizio MIUR-MEF che ha risolto positivamente la pregressa incapienza dei fondi regionali per la retribuzione di posizione variabile e di risultato dei dirigenti scolastici; un mese dopo seguita dalla nota ministeriale di chiarimento n. 12440 del 02/09/16, a firma del Direttore Generale per le risorse umane e finanziarie, dr. Jacopo Greco, facoltizzante la riapertura dei CC.II.RR. per gli anni scolastici 2012-2013, 2013-2014. 2014-2015, 2015-2016, “anche nel caso di contratti già sottoscritti, al fine di adeguare gli stessi, se ritenuto necessario, alle indicazioni contenute nel succitato verbale”, ovvero sollecitante gli Uffici scolastici regionali interessati che avessero adottato i sostitutivi atti unilaterali ad “avviare, con ogni possibile urgenza, le trattative al fine di giungere alla sottoscrizione dei contratti integrativi regionali”.

Orbene, nel nuovo incontro assicurato a breve DIRIGENTISCUOLA porrà direttamente al Direttore Generale delle semplici domande, attendendosi le inerenti chiare risposte:

1-Quali sono gli intendimenti dell’Amministrazione regionale nel corrispondere alle sollecitazioni del Ministero, atteso che degli stessi sul suo sito istituzionale non vi è la minima traccia?

2-Se, benché la cosa sembri assurda ma altamente probabile, sono le tradizionali sigle sindacali a rifiutare i tavoli negoziali per riparare i danni a catena arrecati alla categoria con la loro sciagurata firma dell’ultimo CIR “in perdita”, non ritiene di doversi assumere la responsabilità di emanare l’atto unilaterale, ponendo fine ad un’intollerabile pantomima e rendere possibile l’allineamento delle retribuzioni dei dirigenti scolastici pugliesi a quanto loro spettante, specialmente agli assunti con le due ultime tornate concorsuali e che ancora percepiscono poco più dello stipendio del ruolo di provenienza?

3-Nella circostanza, non ritiene – nell’emanazione dell’atto dovuto, persistendo la melina di chi pure dice di rappresentare e di tutelare i dirigenti scolastici – di dover:

a) rivedere le risalenti fasce di complessità delle istituzioni scolastiche, nel frattempo devastate dalle operazioni di dimensionamento degli ultimi anni, sì che dirigenti scolastici che si trovano preposti a megaistituzioni e/o distribuite in diversi plessi e/o in più comuni, anche distanti tra di loro, percepiscono una retribuzione di posizione variabile – e ancora non sempre e non tutti la percepiscono! – inferiore a quella di chi dirige una scuola monoindirizzo, in un solo edificio e al limite del sottodimensionamento?

b) ridefinire, e rispettare, dei criteri più stringenti e trasparenti in materia di mobilità?

c) vincolarsi a procedure più sorvegliate e motivare l’attribuzione degli incarichi di reggenza, dato che sono finanziati dalla stessa categoria con la potatura delle retribuzioni di posizione variabile (sino ad oggi) o (da domani) di risultato?

d) di dover concordare – beninteso, sempre entro i vincoli di legge – adeguate garanzie nell’appena avviato sistema di valutazione dei dirigenti scolastici, ad iniziare da una chiara, e non generica, formulazione degli obiettivi regionali e dalla nomina dei NEV, e loro assegnazione ai dirigenti scolastici, che diano garanzie di competenze accertate, di autonomia professionale e di terzietà?

MAI PIÙ PRECARI DELLA SCUOLA SENZA STIPENDIO

MAI PIÙ PRECARI DELLA SCUOLA SENZA STIPENDIO:
SGB SCRIVE AL MINISTRO PADOAN

L’attuale sistema di pagamento dei supplenti brevi prevede un farraginoso meccanismo tramite il quale è garantito il costante ritardo nel versare lo stipendio.
Quando le segreterie (cronicamente sotto organico), riescono a terminare per tempo tutte le pratiche e il MEF stanzia le risorse, lo stipendio arriva 2 mesi dopo la prestazione lavorativa.
I fondi destinati ad ogni singolo Istituto scolastico vengono erogati col contagocce quindi periodicamente risultano le casse vuote ed il sistema di pagamento si blocca.

L’anno scorso il clamore di alcuni articoli di giornale obbligò il MEF ad ordinare emissioni speciali, ma il problema si ripropone ogni volta perché il sistema di pagamento porta inevitabilmente a questo disservizio che appare come il risultato di una scelta precisa del governo. Non è un caso che anche quest’anno siano già pervenute le prime segnalazioni di mancato pagamento degli stipendi di settembre.

Un governo che vara misure populiste e insufficienti per poche manciate di indigenti, ma che poi con queste politiche rende di fatto indigenti i propri dipendenti. Nel frattempo periodicamente assistiamo alle polemiche sui ritardi nei pagamenti della Pubblica Amministrazione, ma solo quando i destinatari sono le imprese, mentre i veri creditori dello Stato sono i lavoratori precari, per i quali non bastano le iniziative pietistiche dei sindacati complici.

SGB ha quindi deciso di inviare una lettera al Ministro Padoan per chiedere che vengano predisposte IMMEDIATAMENTE tutte le procedure atte a garantire i pagamenti degli stipendi il giorno 23 di ogni mese di servizio in quanto rappresentano un diritto inderogabile di ciascun lavoratore e l’unica fonte di reddito. E per lo stipendio di settembre ha richiesto la procedura di emissione speciale, non essendo giustificabili ulteriori ritardi.

La soluzione esiste ed è semplice: RIVEDERE IL SISTEMA DI PAGAMENTO, garantendo risorse per gli stipendi ed il funzionamento delle scuole.
Nei prossimi giorni, a tale azione si affiancherà la mobilitazione dei lavoratori a partire dall’importante sciopero del 4 novembre dei sindacati di base.

Perequazione retributiva, interna ed esterna, della dirigenza scolastica


Sul sito nazionale www.dirigentiscuola.org, postata il 18 ottobre 2006, vi è la richiesta sottoscrizione della Lettera-appello per la perequazione retributiva, interna ed esterna, della dirigenza scolastica.

Le relative modalità ivi figuranti sono semplici e richiedono un impegno di pochi minuti, tramite la compilazione del Google Form.

Lo scopo è quello di raccogliere quante più possibili adesioni in tutt’Italia, a partire dalla regione in cui DIRIGENTISCUOLA registra la maggiore consistenza associativa, da allegare alla richiesta di audizione che sarà inoltrata, con la massima urgenza, al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, alla ministra Madia della Funzione Pubblica e alle Alte Autorità con cui potrà interloquirsi.

Considerate che i tempi sono stringenti e si tratta di richiedere nella imminente legge di stabilità le risorse aggiuntive con vincolo di destinazione, integranti gli stanziamenti previsti per tutto il pubblico impiego e con i quali di riuscirebbe a coprire a malapena l’attuale indennità di vacanza contrattuale.

Dipende soprattutto da noi, al di là ed oltre le sigle di appartenenza e delle affinità politiche.

Francesco G. Nuzzaci.

Segretario regionale DIRIGENTISCUOLA

Che ne è della nostra bella lingua?

Che ne è della nostra bella lingua?
Dalle 500 parole del vocabolario di base alla 1000 parolacce

 di Maurizio Tiriticco

 

Caro Tullio,

so che tu leggi tanto e scrivi tanto, leggi cose interessanti e scrivi cose ancora più interessanti! Non so se hai mai il tempo per “girare” sui cosiddetti social… comunque è meglio evitarli, perché c’è solo da inorridire! A parte le “parolacce”, che a volte arricchiscono – Shakespeare non le evitava affatto, perché… quanno ce vo’, ce vo’ – ma che più spesso sostituiscono la povertà di pensiero, ciò che stupisce è la banalità delle cose che si scrivono. Per non dire della povertà – se non, addirittura, assenza – della grammatica: fonologia, morfologia e sintassi! Che sono mai? Parolacce, quelle che ti impongono a scuola e che… nun servono a gnente! Rimpiango gli anni Cinquanta, il maestro Manzi, e i tanti anziani che volevano assolutamente recuperare quella grammatica di cui avvertivano il valore, ma che a scuola – eppure le elementari di 5 anni erano obbligatorie da tempo – non avevano studiato o avevano dimenticato, non avendo avuto più occasione di scrivere o…di parlar forbito!

Gli anziani degli anni Cinquanta si sentivano in difetto e un po’ si vergognavano. Compitare vocali e consonanti e cominciare con a come ape, o come oca, i come imbuto, con i disegni in bella vista, per loro era, comunque, un segno di riscatto e di orgoglio. Era anche l’Italia della Ricostruzione e del Piano Marshall, a cui seguì quel boom economico di cui la Seicento Fiat fu il segnale più concreto e tangibile. Tutti noi sapevamo che il giorno dopo senz’altro sarebbe stato migliore del giorno prima. E, se De Gasperi e Togliatti litigavano e Di Vittorio organizzava scioperi generali, tutto mirava sempre a rendere migliore lo status dei cittadini lavoratori (“L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”: art. Cos. 1) e la ricchezza del Paese! E quanto orgoglio, quando sapemmo che eravamo diventati la quinta potenza industriale! A pochi anni da un Paese devastato dalla guerra!!! Concorrevamo ormai con i Paesi più avanzati del mondo.

Era la Prima Repubblica, a cui è seguita la Seconda… ed oggi siamo… “precipitati” (si può dir così!?) nella Terza, con tutti i problemi che sono sul tappeto e con una conflittualità che sembra fine a se stessa e non portare a nulla. Ma ciò che più mi preoccupa è l’arroganza dei più che, solo per avere imparato a leggere e scrivere per obbligo di istruzione più che per scelta responsabile – o meglio, a compitare qualche vocabolo – si sentono in diritto di postare – che brutta parola – i loro pensierini tanto inutili quanto sgrammaticati, che a loro volta provocano altri pensierini altrettanto inutili e sgrammaticati. In effetti, la cosa bella per loro è vedere il proprio nome e cognome scritto in stampatello e che tutti possono/debbono leggere. Indubbiamente la cosa è emozionante. Anch’io mi emozionai quando vidi il mio nome e cognome (questo scritto correttamente: non più un Trittico o un Tirittico o un Tiripicco… quanti documenti ufficiali errati!!!) stampato in calce al mio primo “pezzo” stampato su Pattuglia, il settimanale dei giovani comunisti e socialisti: erano i primi anni Cinquanta!

Per la nostra generazione imparare a parlare e a scrivere correttamente era una conquista; e non è un caso che tu hai voluto studiare il fenomeno e te ne siamo tutti grati. Perché l’italiano è una bella lingua, forse apprezzata più all’estero che da noi! Dante nell’incipit del De Vulgari eloquentia così si esprime: “Verbo aspirante de celis, locutioni vulgarium gentium prodesse temptabimus, non solum aquam nostri ingenii ad tantum poculum aurientes, sed, accipiendo vel compilando ab aliis, potiora miscentes, ut exinde potionare possimus dulcissimum ydromellum. Il dolce idromele di una lingua! Non credo che sia una cosa che interessi queste nuove generazioni arroganti e parolacciare che imperversano sui social. E non sanno neanche chi sei tu e che cosa ci hai regalato e continui a regalarci! E la cosa più grave è che sono convinti che avere una tastiera tra le mani autorizzi a scrivere cose comunque e sempre interessanti e in primo luogo grammaticalmente corrette. E ciò che più mi preoccupa è che sono anche convinti che è il contenuto che conta, non la forma! Anche se – come sai meglio di me – tal contenuto tal forma! Come ci ha insegnato il De Sanctis!

Sappiamo anche che i nostri colleghi universitari temono sempre quando uno studente gli chiede di laurearsi, perché già sa che la correttezza grammaticale del testo che gli verrà proposto lascerà molto a desiderare. Mah! In genere sappiamo che una lingua si evolve e che nessuna regola grammaticale lo può impedire; ma è anche vero che una lingua si può dissolvere! Forse anche l’italiano tra qualche decennio sarà una lingua morta? Non so, ma è certo che i flussi di popolazioni intere con lingue e culture diverse peserà su questa nostra lingua nazionale di cui si discuteva accanitamente ai tempi dell’Unità, quando finimmo per adottare la lingua del Manzoni, che aveva ben pensato di risciacquare i suoi panni pieni di lombardismi in Arno, fiume di quella Toscana di Dante e dei nostri grandi del Trecento.

La questione della lingua ha interessato tutta la storia letteraria del nostro Paese, o meglio dei nostri mille staterelli. Ma oggi? Nonostante gli sforzi di quell’Accademia della Crusca che da Firenze da sempre e tanto più oggi si adopera per nobilitare la nostra lingua, le picconate sferrate dalle migliaia dei nostri concittadini sui social temo proprio che possano aprire brecce profonde. Contro questo assedio costante la scuola deve assolutamente costituire un valido baluardo difensivo! Mah! Non so se l’attuale amministrazione ha contezza e consapevolezza della sfida che dobbiamo affrontare.

ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO, LE ORE SONO TROPPE

ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO, LE ORE SONO TROPPE

“C’è ancora molto lavoro da fare per rendere l’alternanza scuola-lavoro un’esperienza seria e di qualità nel nostro Paese. Prima di tutto va modificato l’assurdo obbligo di ore minime da svolgere nel triennio della scuola superiore, cioè 400 nei tecnici e professionali e 200 nei licei, evitando così che l’Asl venga percepita come incombenza burocratica e formale e sia invece una reale occasione di arricchimento qualitativo delle competenze degli studenti”. Ad affermarlo è la Gilda degli Insegnanti in merito ai dati sull’alternanza scuola-lavoro presentati ieri dal ministro dell’Istruzione Stefania Giannini.

“Inoltre – sottolinea il sindacato – bisogna riconoscere in sede contrattuale gli impegni accessori che i docenti, spesso a livello quasi volontario, si sono accollati per consentire agli studenti di accedere all’alternanza”. 

“E’ paradossale, inoltre, che il ministro esulti perché è raddoppiato il numero di ore di alternanza nei licei, considerato che in questo ordine di scuola non era mai stata prevista prima”.

Decolla la formazione on the job: nei percorsi di studio e lavoro oltre 652mila alunni

da Il Sole 24 Ore

Decolla la formazione on the job: nei percorsi di studio e lavoro oltre 652mila alunni

di Claudio Tucci

Da Eni a Intesa San Paolo, passando per Bosch, Fca, General Elettric, Poste, Zara, McDonald’s. Ma anche studi e ordini professionali (come il Consiglio nazionale forense), terzo settore, Pa e associazioni di categoria. L’alternanza scuola-lavoro, diventata obbligatoria lo scorso anno, a partire dalle classi terze delle superiori (almeno 400 ore nei tecnici e professionali, 200 ore nei licei), è decollata: gli studenti coinvolti hanno toccato quota 652.641, in crescita del 139% rispetto ai 273mila ragazzi che hanno svolto periodi di formazione “on the job” nell’anno scolastico precedente (il 2013/2014, dove però le settimane di studio e lavoro erano ancora facoltative). A salire su sono state anche le scuole coinvolte (passate dal 54% al 96%, praticamente quasi tutte); e i percorsi attivati sono arrivati a 29.437, con un balzo in avanti del 154%, se confrontati sempre con gli 11.585 del 2014/2015.

Il ruolo delle imprese
Certo, le difficoltà non sono mancate (per molti istituti l’adempimento è stato svolto in modo burocratico; e con docenti, specie dei licei, poco preparati all’alternanza, finora svolta essenzialmente nei tecnici e professionali); ma il contributo delle imprese è stato fondamentale: nel 36,1% dei casi gli imprenditori hanno aperto le porte agli alunni (tra le altre realtà d’eccellenza, spiccano Accenture, Coop, Dallara, Fondo ambiente italiano, Hpe, Ibm, Loccioni); e anche l’azienda simulata tra i banchi ha visto la partecipazione di diversi tutor imprenditoriali (che hanno affiancato i professori in cattedra). Per il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, «i numeri del primo anno di obbligatorietà sono incoraggianti e importanti; ora però dobbiamo lavorare tutti insieme per continuare ad innalzare i livelli di qualità dei percorsi attivati». Un messaggio condiviso dal sottosegretario, Gabriele Toccafondi: «L’alternanza deve essere fatta, e fatta bene; la strada è intrapresa, non si torna indietro». «È sicuramente un buon inizio – spiega Giovanni Brugnoli, vice presidente di Confindustria per il Capitale umano -. Finalmente è riconosciuto il ruolo educativo dell’impresa. La sfida, adesso, è coinvolgere anche le piccole e medie aziende radicate nei territori, e far recuperare a famiglie e studenti l’orgoglio di entrare in fabbrica visto che siamo un importante Paese manifatturiero».

I fondi a disposizione
Per l’alternanza sono a disposizione, per ora, 100 milioni di euro strutturali; e l’obiettivo quest’anno (l’obbligo si estende alle quarte superiori) è coinvolgere 1.150.000 studenti per arrivare a 1,5 milioni a regime. Entro dicembre sarà pubblicata la Carta dei diritti e doveri degli studenti in formazione “on the job”; e, con 6 milioni di euro, si investirà (finalmente) sulla formazione dei professori (in particolare delle scuole superiori) per aiutare, anche negli istituti, a rendere questi percorsi di studio e lavoro davvero utili ai ragazzi.

Contratto, 20 euro di aumento

da ItaliaOggi

Contratto, 20 euro di aumento

Scatti di anzianità in bilico, possibili nuove progressioni

Marco Nobilio

Meno di un miliardo di euro. Sarebbe questa la cifra stanziata dal governo per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, da dividere tra 3 milioni e 300mila addetti. Nella scuola lavorano circa un milione di persone. E se la cifra fosse confermata, la busta paga dovrebbe crescere mediamente di circa 20 euro netti al mese. Che dovrebbero servire a recuperare, solo in parte, una perdita del potere di acquisto dei salari pari a circa il 10%. «Se ci sarà una miliardata per rinnovare i contratti, è evidente che è poca roba», ha detto ieri il segretario della Cisl Annamaria Furlan, «ma se poi riuscissimo ad ottenere la contrattazione di secondo livello e a togliere sprechi e sperperi un ragionamento si potrebbe anche aprire…Spero che su questo si applichi il metodo positivo che abbiamo avuto sui temi della previdenza». Se non ci saranno novità, e le indiscrezioni saranno confermate, a fronte di una perdita media ne verrebbe ristorato circa l’1,4%. Ma non a tutti.

Secondo quanto risulta a Italia Oggi, il governo avrebbe intenzione di spostare gli incrementi sul compenso accessorio. In altre parole, i soldi in più servirebbero a finanziare lo straordinario. E sarebbe pronta una sforbiciata anche sugli scatti di anzianità del personale della scuola, che dovrebbero essere interamente rimodulati. L’apertura del tavolo negoziale per il rinnovo del contratto dovrebbe essere l’occasione per adottare le nuove misure nell’ambito di nuove progressioni. Ma non è ancora chiaro se si tratta di una proposta che sarà messa sul tavolo dal governo durante le trattative oppure un ulteriore vincolo da adottare obbligatoriamente per effetto di un intervento legislativo.

Sugli scatti, peraltro, il legislatore è già intervenuto in più occasioni cancellando l’utilità di 4 anni ai fini della progressione di carriera. Finora ne sono stati recuperati 3, ma rimane ancora un anno. E per questo motivo la progressione è attualmente ritardato di un anno con un costo, per ogni lavoratore di circa 1000 euro.

A tanto ammonta, infatti, la perdita dell’utilità di un anno nella maturazione della progressione di carriera. Che secondo il contratto vigente dovrebbe essere articolate in 5 scatti, i cui termini dovrebbero scadere rispettivamente, in coincidenza della maturazione dell’8°, del 15esimo, del 21esimo, del 28esimo e del 35esimo anno di servizio. E che adesso invece è spostato di un anno in avanti.

Perché ai 3 anni di ritardo disposti dal governo Berlusconi (che sono stati già recuperati con interventi legislativi e contrattuali) si è aggiunto un ulteriore anno di ritardo disposto dal governo Letta. Il decreto del presidente della repubblica 122/2013 all’articolo 1, comma 1, lettera b), dispone, infatti, la cancellazione dell’utilità del 2013 ai fini dei gradoni, prorogando di un anno le disposizioni contenute nell’articolo 9, comma 23, del decreto legge 78/2010 (la norma che ha cancellato l’utilità del 2010 del 2011 e del 2012 ai fini dei gradoni). Pertanto, dopo il recupero 2010, del 2011 e del 2012, ormai a regime, rimane comunque un ritardo di un anno derivante dalla cancellazione dell’utilità del 2013.Ritardo che non sarà colmato a breve perché nel disegno di legge di stabilità non è prevista alcune disposizione in tal senso.

In più c’è il problema della decreto Brunetta, che ha tolto alla contrattazione collettiva il potere di derogare le leggi, facendo salve le deroghe previste nei contratti in vigore all’atto dell’entrata in vigore della legge 15/2009. Ciò vuole dire che, fino a quando rimarrà in vigore la parte normativa del contratto del 2007, la disciplina più favorevole in esso contenuta continuerà ad applicarsi. Ma se le parti dovessero rimetterci mano in occasione della prossima tornata negoziale, non potrebbero più introdurre norme come, per esempio, i permessi per motivi personali e familiari, che la legge non prevede. Per lo meno, non nella forma più favorevole attualmente prevista.

E poi bisognerà fare i conti con le nuove disposizioni contenute nella legge 107/2015, che decontrattualizza gran parte della disciplina del compenso accessorio (il cosiddetto merito) rimettendone l’erogazione al gradimento del dirigente scolastico. In più c’è la questione della mobilità, che la legge 107/2015 sottrae in gran parte alla contrattazione. Il rischio che si corre, dunque, è quello di introdurre disposizioni peggiorative dell’esistente, se non addirittura a rischio di nullità. Le disposizioni contenute nel decreto Brunetta, infatti, prevedono che le clausole negoziali che contrastino con le norme di legge siano da considerarsi automaticamente nulle. E la sanzione prevista per le clausole nulle è la loro automatica sostituzione con le norme di legge con cui contrastano. Pertanto, in assenza di un provvedimento legislativo che restituisca alla contrattazione collettiva un minimo di spazio di manovra, anche prevedendo l’introduzione di organi stragiudiziali di composizione delle controversie di lavoro derivanti dall’applicazione del nuovo contratto, da una parte si corre il rischio di ingenerare un testo negoziale a rischio di nullità e, dall’altra parte, l’aumento esponenziale del contenzioso giurisdizionale. Sulla questione ha lanciato l’allarme anche la Gilda che, tramite il suo segretario nazionale, Rino Di Meglio, ha messo in guardia il governo sui rischi di avviare le trattative senza indicare i margini di manovra del tavolo negoziale: «A causa di una normativa che ha provocato continue incursioni legislative, manca del tutto la preliminare e fondamentale certezza del diritto su quali siano gli ambiti riservati alla contrattazione». Critico per altri versi anche lo Snals, che lamenta il mancato coinvolgimento del sindacato nell’attuazione della legge 107: «È stata negata la possibilità di portare in contrattazione l’attuazione della normativa della legge 107 che il governo si vuole riservare per legge», ha detto Marco Paolo Nigi, segretario dello Snals Confsal. E nel frattempo, Cgil, Cisl e Uil hanno già avviato la mobilitazione. «Basta prendere in giro i lavoratori pubblici», si legge in comunicato unitario emesso dalle segreterie confederali, «nella legge di stabilità le risorse per i rinnovi sono del tutto insufficienti. Daremo battaglia per un contratto vero e innovativo», hanno commentato Serena Sorrentino, Giovanni Faverin, Giovanni Torluccio e Nicola Turco, segretari generali di Fp-Cgil Cisl-Fp Uil-Fpl e Uil-Pa. «Ci mobiliteremo, senza escludere alcuna forma di lotta, fino al rinnovo dei contratti. E coinvolgeremo anche cittadini e imprese per cambiare insieme la pubblica amministrazione. Da subito», hanno detto ancora i segretari confederali delle sigle del pubblico impiego, «attraverso un fitto calendario di assemblee nei luoghi di lavoro, iniziative e incontri, discuteremo con le lavoratrici e i lavoratori pubblici la nostra proposta di un contratto per i cittadini. E il 12 novembre saremo a Roma con la maratona del lavoro pubblico per le vie della città

Nuove cattedre, giallo sui numeri

da ItaliaOggi

Nuove cattedre, giallo sui numeri

Saranno 25 mila per il Miur, 10 mila invece per il Mef

Alessandra Ricciardi

‘unica cosa certa è che lo stanziamento ad hoc, nel calderone delle misure per tutto il pubblico impiego per 1,9 miliardi di euro, c’è. Si tratta di 200 milioni da destinare alla trasformazione dell’organico di fatto in organico di diritto (si vedano le anticipazioni di ItaliaOggi del 4 ottobre scorso).

Ma che servano effettivamente a costituire 25 mila nuove cattedre su cui realizzare assunzioni oppure trasferimenti è tutto da vedere. Secondo quanto risulta a ItaliaOggi, la Stabilità non precisa la platea dei destinatari della misura. Il ministero dell’istruzione guidato da Stefania Giannini ha quantificato in 25 mila, di cui 5 mila per il sostegno, i posti coperti con i 200 milioni di finanziamento. Per il ministero dell’economia, invece, lo stesso finanziamento basterebbe a mala pena a realizzare 10 mila cattedre a tempo indeterminato. Il dicastero guidato da Pier Carlo Padoan contesta all’Istruzione il calcolo che prevede un maggior esborso rispetto all’attuale spesa a bilancio solo per i mesi estivi, non coperti da stipendio per i supplenti, e per le ricostruzioni di carriera. I posti in questione, argomentano dal Miur, sono infatti già assegnati ogni anno a supplenza.

Una differenza non da poco, tra le due stime, anche per i riflessi sulle operazioni di mobilità che la quantificazione comporta: la trasformazione dell’organico dovrebbe servire infatti in prima battuta a consentire ai docenti «immobilizzati» al Nord di essere avvicinati a casa. Una prima stima parla di circa 30mila docenti di ruolo interessati, 10 mila assunti prima del 2015. La partita tra Miur e Mef si risolverà forse in parlamento, forse direttamente a gennaio, in sede di attuazione della Stabilità.

Confermati nella manovra i 300 milioni di euro per attuare le deleghe della Buona scuola, di questi 200 per il solo decreto di riforma degli 0-6 anni. Raddoppiato poi il fondo per gli Istituti tecnici superiori, che dovranno da fondazioni trasformarsi in onlus.

Ok al piano per gli studenti meritevoli: 400 borse di studio da 15 mila euro ciascuna per i diplomati eccellenti che saranno indicati dalle scuole e selezionati con apposita graduatoria. Avranno il corso di studi universitario totalmente pagato.

È passata anche la decontribuzione fino a 3.250 euro l’anno per le imprese che assumono studenti in alternanza scuola-lavoro. A dare conto dei dettagli dell’operazione è Maurizio Del Conte, presidente dell’Agenzia nazionale per le politiche attive: la misura interessa gli studenti che hanno svolto in azienda un tirocinio curriculare con l’alternanza scuola/lavoro oppure stage durante gli studi universitari. «Il datore di lavoro che assumerà con contratto a tempo indeterminato un giovane che ha svolto un tirocinio curriculare, inserito nel percorso formativo previsto dal ministero dell’Istruzione, entro sei mesi dall’acquisizione del titolo di studio, avrà uno sgravio contributivo fino a un massimo di 3.250 euro annuo, per tre anni», spiega Del Conte. Lo stanziamento maggiore è previsto per il 2019 (90 milioni circa), l’ultimo anno del triennio del piano, perché il numero di studenti in alternanza scuola/lavoro sarà più numeroso.

Reti di ambito, i presidi delle scuole “capofila” non gestiranno supplenze e assunzioni

da La Tecnica della Scuola

Reti di ambito, i presidi delle scuole “capofila” non gestiranno supplenze e assunzioni

È un progetto che si concretizzerà tra diversi anni quello di vedere assegnate alle scuole “capofila” delle Reti di ambito le attuali funzioni degli ex Provveditorati agli Studi.

Ad iniziare dalla gestione dei supplenti annuali e delle immissioni in ruolo. Perché almeno sino a quando continueranno ad esistere le Graduatorie ad esaurimento, sarà necessario mantenere in vita gli attuali Ambiti territoriali scolastici.

Solo successivamente, a GaE chiuse, sarà possibile gestire supplenze e assunzioni direttamente dalle scuole “capofila”. Perché, in presenza delle sole graduatorie d’Istituto e di quelle di merito, derivanti dai vincitori dei concorsi a cattedra, la gestione sarebbe molto più agevole. Mentre con le Gae, è necessario il manenimento in vista di un organismo superiore e, soprattutto, super partes.

Ma per vedere cancellate le Graduatorie provinciali, a differenza di quanto sostengono a turno i rappresentanti di Governo, bisognerà attendere diversi anni.

Quello di vedere in carico ai presidi-manager più abili, le funzioni amministrative degli ex provveditorati agli Studi, diventa quindi un progetto a lunga scadenza.

Per i presidi destinati a diventare dirigenti degli istituti “capofila”, che temevano un surplus di carico di lavoro, si tratta quindi di una buona notizia. Spetterà loro, comunque, come previsto dalla Legge 107/2015, invece “esercitare in comune una o più attività, rientranti nei rispettivi Piani dell’Offerta Formativa, allo scopo di accrescere la reciproca competenza innovativa scolastica”.

Come spetterà a questi istituti “guida”, prescelti dagli uffici scolastici territoriali, a decidere anche come investire i fondi della formazione permanente del personale, in particolare dei docenti, presentata nei giorni scorsi al Miur.

Per quanto riguarda la gestione del personale, invece, i tempi sono tutt’altro che maturi.

GaE, alle superiori stanno per sparire: in infanzia e primaria 56mila precari, tempi lunghi

da La Tecnica della Scuola

GaE, alle superiori stanno per sparire: in infanzia e primaria 56mila precari, tempi lunghi

Le Graduatorie ad esaurimento della scuola secondaria di secondo grado sono destinate a sparire nel volgere di qualche anno, forse anche soli 3 o 4 anni.

“La Tecnica della Scuola” è infatti andata a scovare i numeri ufficiali, successivi alle ultime immissioni in ruolo e al netto di quelle si stanno concretizzando in questi giorni con decorrenza giuridica settembre 2016 ed economica solo 12 mesi dopo.

Ebbene, nelle GaE della secondaria sono rimasti solo 13mila docenti. Ufficialmente, è vero, sono quasi 25mila, ma bisogna considerare che ci sono diversi docenti precari che hanno più abilitazioni o possono spendere il loro diploma abilitante su più discipline d’insegnamento.

Secondo i calcoli dei dirigenti del dicastero di Viale Trastevere, questi docenti dovrebbero trovare una collocazione definitiva entro pochissimi anni. Probabilmente, entro il 2020. Al massimo, rimarranno senza contratto a tempo indeterminato, qualche centinaio di docenti abilitati in classi di concorso particolari e con pochi istituti che hanno possibilità di accoglierli. Ma si tratterà di situazioni marginali.

Un discorso diverso meritano i docenti degli altri ordini scolastici. In particolare, quelli del primo ciclo. Perché solo nella scuola dell’infanzia ci sono oggi 47mila aspiranti. A cui bisogna aggiungerne altri 34mila della primaria. Pur conteggiando una volta sola, quelli presenti su in entrambe le graduatorie, il numero di precari ancora da stabilizzare rimane altissimo: oltre 56mila docenti, tutti già abilitati.

Verosimilmente, per il 2020 non potranno tutti essere assorbiti. Anche se la riforma del segmento 0-6 anni, comprendente finalmente il piano straordinario di immissioni in ruolo pure per le maestre della scuola dell’infanzia, dovesse andare in porto. E pure considerando le 25mila cattedre che con la Legge di Stabilità 2017 (grazie ad almeno 200 milioni di finanziamento pubblico) verranno spostate dall’organico di fatto a quello di diritto.

Il progetto di eliminazione delle GaE, pertanto, è destinato ad essere terminato in un’altra legislatura. Se poi dovesse cambiare l’indirizzo politico, i tempi potrebbero allungarsi ancora di più: il M5S, ad esempio, caldeggia da tempo l’idea di spostare gli abilitati dopo il 2010 (in prevalenza Tfa, Pas, Scienze della formazione primaria), oggi presenti nelle Graduatorie d’istituto, proprio in quelle ad esaurimento.

In tal caso, al Miur potrebbero ritrovarsi come quando si pesca una carta sbagliata al Gioco dell’Oca: proprio sul più bello, a pochi “passi” dall’arrivo, si ritroverebbero ad iniziare daccapo il processo di smantellamento delle graduatorie dei precari più discusse della storia della scuola italiana.

Contratto, sindacati spazientiti: il Governo s’inventa di tutto per negare gli aumenti, presto in piazza

da La Tecnica della Scuola

Contratto, sindacati spazientiti: il Governo s’inventa di tutto per negare gli aumenti, presto in piazza

C’è oramai “una tendenza diffusa a non voler erogare gli aumenti retributivi, inventandosi modelli per ridurre i salari”.

Lo ha detto il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, commentando la decisione del Governo di non andare oltre il finanziamento di un miliardo di euro per il rinnovo dei contratti pubblici. Ma il discorso vale anche per i comparti privati.

Oltre ai dipendenti pubblici e ai metalmeccanici, ci sarebbero anche “molte” altre categorie interessate dalle scadenze dei contratti.

Nella lista “nera”, senza contratto rinnovato, ci sono pure i lavoratori dell’energia, gli agricoli, quelli del settore del legno sono già mobilitati, ricorda Camusso, e se non si scongela nessuna trattativa da qui a fine anno la lista dei dipendenti in attesa di rinnovo rischia di allungarsi fino a includere 11 milioni di lavoratori, la stragrande maggioranza.

Camusso si è detta “molto preoccupata” dal momento che non si riscontrano avanzamenti nei confronti. Perché girano “vari modelli” ma “tutti hanno la stessa caratteristica, programmare la riduzione dei salari”.

La stagione delle contestazioni di piazza sembra già dietro l’angolo.

Al termine di una riunione con i segretari generali delle diverse categorie, nella sede del sindacato di Corso d’Italia, Camusso annuncia: “proporremmo a Cisl e Uil l’avvio di una mobilitazione per sostenere i rinnovi contrattuali nella P.A. e nel privato“, ha sottolineato il segretario generale della Cgil.

La protesta potrebbe prendere la forma di una “grande manifestazione nazionale di tutte le categorie“.

Quanto alla questione che riguarda il modello contrattuale, per Camusso si tratta di una “discussione aperta, anche se Confindustria tende a rinviare su questo”.

E, aggiunge Camusso, “nonostante i toni entusiastici di Confindustria sulla manovra, tutte le parti sociali hanno ricevuto uno schiaffo, visto che il tema degli ammortizzatori sociali nelle aree di crisi non è neppure menzionato”.

Perché, ha concluso la sindacalista, “siamo sempre disponibili a un confronto ma in assenza di risorse è difficile immaginare una discussione seria”.

Sulla stessa linea, le dichiarazioni del segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo: con un budget inadeguato “non saremo disponibili a fare il contratto“. Il tentativo è quello di tenere insieme non solo le diverse vertenze, con già 7-8 milioni di lavoratori con il contratto scaduto, ma anche le tre sigle confederali, con un percorso che era stato avviato a luglio, quando erano stati riuniti tutti i delegati di Cgil, Cisl e Uil per lanciare il campanello d’allarme per quella che secondo il sindacato è un’emergenza destinata a scoppiare.

PON contro la dispersione scolastica: scadenza 31 ottobre

da La Tecnica della Scuola

PON contro la dispersione scolastica: scadenza 31 ottobre

E’ in dirittura di arrivo il bando PON per la presentazione di “Progetti di inclusione sociale e lotta al disagio nonché per garantire l’apertura delle scuole oltre l’orario scolastico soprattutto nella aree a rischio e in quelle periferiche”.

L’avviso pubblico ha come obiettivo la riduzione del fallimento formativo precoce e della dispersione scolastica e formativa, attraverso la realizzazione di interventi di sostegno agli studenti caratterizzati da particolari fragilità, tra cui anche persone con disabilità (azioni di tutoring e mentoring, attività di sostegno didattico e di counselling, attività integrative, incluse quelle sportive, in orario extrascolastico, azioni rivolte alle famiglie di appartenenza, ecc.).

Destinatarie sono le scuole statali delle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto.

Ogni progetto formativo si compone di più moduli, per un costo complessivo massimo di € 40.000,00 per gli istituti fino a 1.000 alunni e € 45.000,00 massimo per gli istituti con più di 1.000 alunni.

Per partecipare, le scuole devono presentare la propria proposta nell’apposita area all’interno del sito dei Fondi strutturali 2014-2020, collegandosi al seguente indirizzo: http://www.istruzione.it/web/istruzione/pon/2014_2020 e caricando la documentazione richiesta.

Si fa presente che è anche disponibile il manuale operativo per la presentazione dei progetti.

L’area del sistema informativo predisposta per trasmettere le proposte progettuali resterà aperta fino alle ore 14.00 del giorno 31 ottobre 2016.

Infortuni, non serve più la denuncia all’Autorità di Pubblica Sicurezza

da La Tecnica della Scuola

Infortuni, non serve più la denuncia all’Autorità di Pubblica Sicurezza

Con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 151/2015 le denunce di infortunio non vanno più trasmesse all’autorità di Pubblica Sicurezza.

Infatti, il decreto legislativo 14 settembre 2015, n.151 ha recato varie semplificazioni in materia di adempimenti formali concernenti gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

In particolare, il comma 1, lettera c), dell’art. 21 del decreto ha modificato l’art. 54 del d.p.r. n. 1124 del 1965, ponendo a carico dell’INAIL l’obbligo di trasmissione all’autorità di pubblica sicurezza delle informazioni relative alle denunce di infortunio in cooperazione applicativa ed esonerando così il datore di lavoro (istituzioni scolastiche comprese) da tale adempimento. Tale obbligo, ricordiamo, è relativo agli infortuni mortali o con prognosi superiore a trenta giorni.

Pertanto, a decorrere dal 22 marzo 2016, tutti i datori di lavoro sono esonerati dall’obbligo di trasmettere all’autorità di P.S. la denuncia di infortunio.

Stipendio, cedolino di ottobre on-line il giorno 20

da La Tecnica della Scuola

Stipendio, cedolino di ottobre on-line il giorno 20

Sul sito NoiPA è stato pubblicato un avviso riguardante la prossima rata di stipendio.

L’avviso dice: “Si comunica che la data di pubblicazione del cedolino della rata di ottobre, è prevista per il giorno giovedì 20 ottobre 2016”.

Da questa data, dunque, il personale della scuola potrà verificare il proprio stipendio relativo al mese di ottobre.