Ricerca, on line la nuova versione del portale ResearchItaly

Ricerca, on line la nuova versione del portale ResearchItaly

È on line da oggi la nuova versione del portale Miur dedicato alla ricerca, www.researchitaly.it. Dopo tre anni di attività il sito, che si rivolge direttamente alla comunità scientifica con notizie e informazioni utili sul e per il mondo della ricerca, adotta una nuova veste grafica aggiornata secondo le Linee guida per il design dei siti della PA.

La nuova versione del portale va inoltre incontro alle esigenze dei lettori, sempre più orientati ai dispositivi mobili. È prevista una maggiore integrazione con le piattaforme social.
Migliaia di articoli, storie di successo, progetti di ricerca, interviste ai protagonisti, eventi di settore caratterizzano e continueranno a caratterizzare il portale che usa un linguaggio semplice e comprensibile per arrivare a tutti i lettori.

Il portale darà la massima visibilità a Centri di ricerca e Università, scienziati affermati e giovani ricercatori italiani con contenuti in lingua italiana e inglese. L’aggiornamento della piattaforma seguirà in modo coerente la strategia di sviluppo disegnata dal nuovo Programma Nazionale della Ricerca 2015-2020 recentemente presentato dal Ministro Stefania Giannini: il portale è organizzato per aree tematiche che corrispondono alle 12 aree di specializzazione della ricerca previste dal PNR

Research Italy si può seguire anche via Twitter attraverso l’account @researchitaly e su Facebook attraverso la pagina ResearchItaly

( https://www.facebook.com/researchitaly.it/?fref=ts).

Miur avvii ispezione e iniziativa disciplinare

Scuola  – =
Interrogazione Sinistra Italiana a Ministra Giannini
on. Giulio Marcon e on. Celeste Costantino:
A Venezia insegnante su Facebok “eliminare e bruciare  i migranti” e inneggia al Duce
Miur avvii ispezione e iniziativa disciplinare.
====

Avviare un’ispezione al fine di valutare se ricorrano gli estremi per una iniziativa disciplinare a Venezia dove  la professoressa Fiorenza Pontini, che insegna lingua inglese presso il liceo Marco Polo, su Facebook esprime
intolleranza, razzismo, apologia del fascismo focalizzando la sua attenzione specialmente contro gli immigrati e i musulmani, e con pesanti insulti nei confronti delle cariche istituzionali del Paese.
Lo chiedono alla ministra Giannini i deputati di Sinistra Italiana con un’interrogazione con primi firmatari Giulio Marcon e Celeste Costantino.
Le frasi rivolte verso gli immigrati – si legge nell’interrogazione – sono assolutamente raccapriccianti: «morissero tutti», «vi brucerei vivi». Giunge persino a «consigliare» una sorta di pulizia etnica nei confronti dei bambini musulmani: «E poi ho torto quando dico che bisogna eliminare anche i bambini dei musulmani tanto sono tutti futuri delinquenti».
Di  profili come questi in giro nei social network ve ne sono molti, ma qui ci si trova di fronte al profilo pubblico di una docente di una delle piu’ importanti scuole del capoluogo veneziano, in cui studiano un migliaio di ragazzi dai 14 ai 19, e tra questi, ovviamente, c’è pure un numero crescente di ragazzi stranieri e di musulmani. Occorre mettere al riparo i piu’ giovani dalle eventuali ricadute che una simile gretta e infame predicazione di odio e xenofobia puo’ avere sui percorsi formativi, agevolata, nel caso, dall’autorevolezza che di per se’, dato il ruolo, un’insegnate detiene.  Ovviamente il profilo di questa «docente» e’ gia’ noto a molti studenti. Inoltre  emerge chiaramente l’adesione al fascismo,, e nel suo profilo vi sono pure insulti di varia gravita’ anche nei confronti della Presidente della Camera Boldrini e del Presidente del Consiglio Renzi

link all’interrogazione:
http://aic.camera.it/aic/scheda.html?core=aic&numero=4/14554&ramo=CAMERA&leg=17

Disabilità intellettiva, con l’inclusione si aprono le porte dell’università

da Redattore Sociale

Disabilità intellettiva, con l’inclusione si aprono le porte dell’università

La battaglia di un gruppo di genitori per l’accrescimento e il riconoscimento delle competenze scolastiche. Ilaria ha ottenuto che sua figlia fosse ammessa all’esame di maturità e ora è iscritta a Lettere: “Comunque vada per noi è una grande vittoria”

ROMA – Se la scuola deve essere inclusiva, deve guardare ai “punti di forza” per tutti. Perché ciascuno, anche chi ha una disabilità intellettiva, possa fare tutto ciò che è in grado di fare. E’ in nome di questo principio e di questa convinzione che Ilaria Ceccarelli, mamma di una ragazza di 22 anni con un grave ritardo cognitivo, sta combattendo da anni una battaglia per l’inclusione vera. Una battaglia combattuta insieme ad altri due genitori, con cui condivide un sogno: “applicare la legge 104, anche negli articoli in cui parla di accesso all’università”. In altre parole, aprire le porte dell’università a chi, come i loro figli, ha una disabilità intellettiva ma, nonostante questa, la possibilità e soprattutto la voglia di acquisire certe competenze.

“Mia figlia Rebecca ha un grave ritardo, ma come tutti i genitori sono tenuta a chiedermi: cosa vuole fare. E la risposta è e deve essere: il massimo”, ci spiega Ilaria, convinta che la scuola abbia il compito di “accompagnare i nostri ragazzi nel raggiungimento del massimo punto di forza”. La realtà però è spesso diversa da quanto anche la legge prevede: “e così i nostri figli, con il loro piano educativo individualizzato, difficilmente vengono formati sulle discipline, raramente svolgono attività propriamente didattica, molto più spesso trascorrono le ore fuori dalla classe, a colorare o scarabocchiare. La scuola, insomma, si trasforma per loro in un micro centro diurno. Noi famiglie siamo invitate a firmare un Pei differenziato (non equipollente), che automaticamente li indirizza a un attestato di frequenza, che nulla ha che vedere con un diploma di studi riconosciuto. E quindi preclude qualsiasi percorso universitario”.

Quello che questi tre genitori, in tre scuole diverse, chiedevano per i loro figli, era proprio lo sviluppo delle competenze disciplinari, attraverso un’attività didattica vera e propria. Questa, da un lato, era la richiesta rivolta alle scuole. L’altro interlocutore era il ministero dell’Istruzione, a cui le famiglie sono andate a presentare un vero e proprio progetto, nato da un’idea condivisa fra i genitori e il centro studi Cnapp: “Chiedevamo che, pur con la loro didattica differenziata e l’attestato delle competenze, i nostri figli fossero comunque ammessi all’università. E fossero sostenuti, pur senza diploma, da insegnante di sostegno e assistente alla comunicazione. Questo per 5 anni, 10 esami, una frequenza di tre volte a settimana, per un finanziamento complessivo di circa 30 mila euro”.

Un progetto ambizioso, che in realtà però non fa altro che applicare quanto previsto dalla legge 104 in materia di inclusione e diritto allo studio. “Chiedevamo semplicemente il riconoscimento delle competenze acquisite – precisa Ilaria –. Mia figlia non sa leggere né scrivere, ma sa le tabelline e riesce a fare le operazioni di aritmetica. Dopo la scuola, per lei ci sarebbe stato il nulla. E quindi la perdita anche delle abilità conquistate”. Così, nel settembre scorso il progetto è stato sottoposto al Miur, che è parso subito favorevole. Pareva che la Sapienza si fosse resa disponibile, ma poi ha fatto un passo indietro: c’era comunque la disponibilità della Cusano, ma pare non fosse possibile avviare il progetto solo con un’università privata. E così il progetto è naufragato e la nostra proposta è stata rifiutata”.
I genitori, però, avevano preso le loro precauzioni: “non essendo certi dell’esito favorevole del progetto, avevamo preteso di firmare il Pei a obiettivi minimi equipollente anziché differenziato, con l’attestazione delle competenze e quindi l’ammissione all’esame. L’obiettivo, insomma, era il diploma, anziché l’attestato di frequenza. “Così, avremmo comunque aperto ai nostri figli la porta dell’università, indipendentemente dall’esito del progetto presentato al Miur”. Rebecca però, come pure un altro ragazzo della “squadra”, non è stata ammessa all’esame, presso il liceo classico romano che frequentava. “L’altra famiglia non ha fatto ricorso, mentre io mi sono rivolta al Tar, che ha chiesto l’ammissione d’urgenza di Rebecca. Così mia figlia, a giugno, ha fatto gli esami con le prove equipollenti. Ma quando sono usciti i quadri, il suo nome non era insieme a quello dei compagni, ma in una bacheca a parte, con la scritta ‘giudizio sospeso’. Mancavano il voto dell’orale e il credito formativo di 17 punti, che non le era stato conteggiato. Ad agosto l’avvocatura di Stato ci ha comunicato la bocciatura di Rebecca”. Di nuovo, la famiglia si è però rivolta al Tar e “finalmente, il 30 settembre, il liceo ci ha comunicato la promozione di Rebecca, consegnandoci il diploma”.

Le iscrizioni all’Università erano chiuse dal 2 settembre, “ma allo sportello handicap de La Sapienza ho trovato grande comprensione e disponibilità: hanno ammesso comunque Rebecca alla facoltà di Lettere. E, visto che ha un diploma, mia figlia avrà diritto ad assistenza e sostegno. Siamo in attesa che questi servizi si attivino e Rebecca non vede l’ora di iniziare”, assicura la mamma, sottolineando l’importanza anche simbolica di questa battaglia e di questa vittoria.

“Primo, perché non è una battaglia che abbiamo combattuto solo per noi, ma speriamo e vogliamo che sia un precedente, capace di cambiare il modo di fare scuola e di fare inclusione. Secondo, perché abbiamo difeso e valorizzato ciò che i nostri figli sono in grado di fare, anziché concentrarci su quello che non possono fare. Mia figlia probabilmente non si laureerà, non sa neanche leggere e scrivere: ma ama ascoltare e imparare, mettersi in discussione ed essere valutata. Se non avessi giocato questa partita, oggi e per tutta la vita a venire starebbe a casa, perché i centri diurni non hanno posto. Avrebbe una badante, accanto a lei, che pagherei 1.500 euro, con il mio stipendio d’insegnante. Ma soprattutto perderebbe tutte le capacità che ha acquisito, non starebbe in mezzo agli altri, non potrebbe socializzare e starebbe male. Per questo, credo che si tratti di una battaglia contro le barriere culturali e mentali che, in Italia, ancora sono troppo alte, soprattutto quando si parla di disabilità intellettiva”. (cl)

Legge Delega sull’Inclusione: stato dell’arte e proposte

Superando.it del 20-10-2016

Legge Delega sull’Inclusione: stato dell’arte e proposte

In vista dell’emanazione della Legge Delega sull’Inclusione Scolastica, si terrà il 15 novembre a Roma la Giornata Formativa Nazionale intitolata appunto “Legge Delega sull’Inclusione: stato dell’arte e proposte”, cui parteciperà un numero significativo di autorevoli figure del settore, con l’obiettivo di favorire un confronto operativo tra le diverse esigenze, attraverso la collaborazione di tutte le componenti del mondo scolastico.

«La Professoressa Bandinelli, recentemente scomparsa, fu tra le prime in Italia a promuovere l’aggiornamento e la formazione sulle tematiche dell’inclusione scolastica ai docenti curricolari. Con passione e dedizione, curò inoltre l’operato delle insegnanti di sostegno che per lunghi anni frequentarono le aule della Fondazione Ernesta Besso»: con queste parole, i promotori della Giornata Formativa Nazionale intitolata Legge Delega sull’Inclusione: stato dell’arte e proposte e in programma per il 15 novembre a Roma, presso la Fondazione Ernesto Besso (Largo Argentina, 11), hanno deciso di dedicare l’evento ad Angela Carlino Bandinelli, scomparsa nel mese di maggio scorso, dopo essere stata per quarant’anni formatrice psicopedagogica e didattica in tanti corsi di specializzazione e di aggiornamento, gestiti dall’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio e da diverse Associazioni (ne segnaliamo anche il nostro ricordo, a firma di Salvatore Nocera).

A organizzare l’incontro del 15 novembre a Roma, in vista dell’emanazione della Legge Delega sull’Inclusione Scolastica, sarà il Comitato Tecnico Scientifico del Dipartimento Scuola di FIABA ONLUS, in collaborazione con il CTS (Centro Territoriale di Supporto) dell’IPSSS (Istituto Professionale Servizi Socio Sanitari) Edmondo De Amicis di Roma.
L’obiettivo è quello di «favorire un confronto operativo tra le diverse esigenze attraverso la collaborazione di tutte le componenti del mondo scolastico, perché la condivisione, il confronto e il dialogo costituiscono una premessa essenziale per realizzare un’inclusione rispondente ai reali bisogni degli alunni».

L’incontro – come testimonia lo stesso elenco degli inviti – potrà contare sulla presenza di un numero significativo di autorità del settore, esponenti universitari, direttori di Corsi di Specializzazione, docenti di Pedagogia Speciale, docenti dei Corsi di Specializzazione, docenti formatori, dirigenti dell’Amministrazione Scolastica, responsabili dei Servizi Sociosanitari, di Enti e Istituti Speciali per la formazione, la ricerca e il supporto alla disabilità, Associazioni Professionali, Associazioni di persone con disabilità e dei loro familiari, insieme a quanti ancora siano impegnati nel processo dell’inclusione.
Non mancheranno, naturalmente, i rappresentanti di FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità), le organizzazioni fautrici della nota Proposta di Legge n. 2444 per migliorare la qualità dell’inclusione scolastica, della quale si è a lungo parlato anche sulle pagine del nostro giornale.

I lavori della giornata, va ricordato in conclusione, prevedono un iniziale confronto tra le parti sullo stato dell’arte della Legge Delega e una successiva fase operativa dove i gruppi di esperti proporranno soluzioni concrete e condivise. (S.B.)

Sono disponibili sia il programma che l’elenco degli inviti (aggiornati ad oggi), della Giornata del 15 novembre. Per ulteriori informazioni e approfondimenti: dipartimento scuola@fiaba.org.

Includere, non separare

Superando.it del 20-10-2016

Includere, non separare

di Gruppo FAND Scuola*

Secondo il Gruppo FAND Scuola, «lo schema di Decreto Delegato sull’Inclusione Scolastica degli alunni con disabilità sembra ispirarsi più a una cultura della separazione che a quella dell’inclusione. E a giudicare da quello che vi si legge, c’è il rischio che si debba continuare ad assistere a docenti titolari che si dichiareranno “incompetenti” nell’istruzione dei disabili, delegandola al docente di sostegno e a Dirigenti Scolastici che “inviteranno” le famiglie a tenere a casa il figlio con disabilità in attesa del docente di sostegno».

Qualcuno ha accusato il nostro gruppo di lavoro [Gruppo FAND Scuola, N.d.R.] di “silenzi colpevoli”, in merito all’emanando Decreto Delegato sull’Inclusione Scolastica; purtroppo, però, nonostante la richiesta della nostra Federazione [FAND-Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità, N.d.R.] e della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), reiterata al Ministero in tutte le occasioni di incontro sul Decreto, avute in questi mesi, e ribadita in una lettera inviata, oltre quindici giorni fa, al ministro Stefania Giannini e al sottosegretario Davide Faraone, di poter avere la bozza del Decreto stesso, questa, ad oggi, non è ancora pervenuta.
Poter esaminare il testo di una norma di legge è essenziale per potere esprimere su di esso una valutazione consapevole e, all’occasione, proporre eventuali “aggiustamenti” emendativi, cosa, questa, impossibile sulla base delle sole presentazioni verbali e le dichiarazioni di intenti e di impegno alle quali abbiamo assistito nel corso degli incontri avuti in questi mesi sull’argomento.
E tuttavia, grazie al nostro stretto legame con il territorio, abbiamo avuto modo di avere la bozza del Decreto trasmessa dal Ministero agli Enti Locali e in una riunione del Gruppo FAND Scuola, abbiamo avuto modo di esaminarla con attenzione.

Come prevedevamo, ci sono alcuni punti che meriterebbero un confronto per piccoli emendamenti, cosa che speriamo di poter fare quanto prima, in un incontro “testo alla mano” con i responsabili del Ministero. Incontro che riteniamo oltremodo urgente e importante per far rilevare a Ministro e al Sottosegretario come il Decreto – laddove tra i documenti che il Dirigente Scolastico deve trasmettere al PUAD (Punto Unico di Accesso dei Disabili), per la redazione del “Progetto Individuale” (è questo un nuovo documento previsto dal Decreto, che dovrà seguire la persona con disabilità per tutto il suo percorso formativo), non c’è il PTOF (Piano Triennale dell’Offerta Formativa), ma solo il PAI (Piano Annuale per l’Inclusività) – sembra ispirarsi più a una cultura della separazione che a quella dell’inclusione.
Abbiamo già avuto modo di considerare in altre sedi e anche su queste stesse pagine, come quest’ultimo documento sia indice di una mentalità che tende a separare la didattica e gli interventi formativi, rivolti agli alunni con disabilità, dal contesto scolastico nel quale l’alunno è inserito. Infatti, quello che fa la differenza nel processo di inclusione è il livello di “inclusività” del contesto rilevabile solo dal PTOF del singolo istituto scolastico.
Ebbene, nello schema di Decreto che abbiamo visto, l’esame di questo documento non viene neanche inserito tra i criteri di valutazione della “qualità dell’inclusione”: anche in questo caso ci si limita all’esame del PAI, come se l’inclusione si realizzasse in una “scuola per disabili”, una “scuola altra”, vicina, forse inserita, ma non inclusa nella scuola di tutti.
A conferma poi di questa tendenza a separare, nonostante tutte le nostre sollecitazioni sul tema, il Decreto prevede sì l’obbligo della scuola di predisporre iniziative di formazione sulle tematiche della disabilità per tutti i docenti, ma non l’obbligo dei docenti a frequentarle.
Continueremo così ad assistere a docenti titolari che si dichiarano “incompetenti” nell’istruzione dei disabili, delegandola al docente di sostegno e a Dirigenti Scolastici che “invitano” le famiglie a tenere a casa il figlio con disabilità in attesa del docente di sostegno, senza il quale la “scuola del disabile” non può funzionare.

È questa la “deriva” pericolosa, acuitasi negli ultimi anni, che sta mettendo a rischio il nostro modello di inclusione e che speravamo il Decreto Delegato avrebbe invertito: purtroppo quello che abbiamo letto sulla bozza di Decreto “trafugata”, sembra invece istituzionalizzarla.

***
La FAND è la Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità. Il Gruppo FAND Scuola è composto da Luciano Paschetta e Marco Condidorio (UICI-Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), Loretta Lega (ANMIC-Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili), Costanzo del Vecchio (ENS-Ente Nazionale Sordi) e Laura Marcelli (ARPA-Associazione per la Ricerca sulle Psicosi e l’Autismo).

Disabilita’, approvato il Piano d’azione biennale

Redattore Sociale del 20-10-2016

Disabilita’, approvato il Piano d’azione biennale: ora la parola a regioni e province

ROMA. Tenuto conto delle indicazioni emerse in esito alla V Conferenza nazionale sulle politiche per la disabilità, è stato definitivamente approvato ieri, 19 ottobre, il Piano d’azione biennale in materia di disabilità. Ora, il documento sarà trasmesso al Consiglio dei ministri e, una volta acquisito il parere favorevole della Conferenza Unificata delle Regioni e Province Autonome, verrà adottato con decreto del presidente della Repubblica. Ne dà notizia il sito della Camera dei deputati, che elenca alcuni dei documenti di approfondimento prodotti per la V Conferenza sulla disabilità, come la “Nota su dati statistici su attuali percorsi di accertamento delle condizioni di invalidità, handicap (Legge 104/1992), disabilità per collocamento mirato (Legge 68/1999); Percorsi per la revisione del sistema di accesso, valutazione e certificazione della condizione di disabilità” e il documento su autonomia, vita indipendente e empowerment della persona con disabilità, Schema di linee comuni per l’applicazione dell’articolo 19 (Vita indipendente ed inclusione nella società) della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità.

Inoltre, oltre a report e statistiche, vengono riportati i documenti prodotti in collaborazione con la società civile che costituiscono, viene spiegato, “i risultati conseguiti con il Piano d’Azione sulla disabilità della Cooperazione italiana, le cui attività sono inserite nel I Programma di azione biennale, e sono stati condivisi con il gruppo di lavoro 7 dell’Osservatorio”.

Professione disability manager: “Cosi’ si combattono le discriminazioni”

Redattore Sociale del 20-10-2016

Professione disability manager: “Cosi’ si combattono le discriminazioni”

Architetti, medici, fisiatri, avvocati, assistenti sociali formati per raccogliere le istanze e favorire l’accessibilità: sono 150 in Italia quelli che aderiscono a SIDiMa. Testa (disability manager di Alessandria): “Spero in una legge che vincoli tutti i comuni con più di 50 mila abitanti a dotarsi di questa figura”.

BOLOGNA. Formazione, retribuzione e un budget a disposizione: secondo Rodolfo Dalla Mora, architetto e presidente di SIDiMa, la Società italiana disability manager, sono queste le tre caratteristiche che vanno a comporre proprio la figura del disability manager, apparsa per la prima volta nel 2009 nel “Libro bianco su accessibilità e mobilità urbana” firmato dall’allora ministro delle Politiche sociali Maurizio Sacconi. Ma cosa sono i disability manager? Sono professionisti con il compito di raccogliere le istanze dei cittadini con disabilità e delle loro famiglie, di attivare il lavoro in rete con tutti i soggetti coinvolti, di mettere in atto ogni azione volta a favorire l’accessibilità e a evitare le discriminazioni.

“Il disability manager è una competenza aggiuntiva che integra una professionalità: SIDiMa è nata nel 2010, e oggi abbiamo 150 associati sparsi in tutta Italia, numero in costante crescita. Siamo architetti, medici, fisiatri, avvocati, assistenti sociali. Professionisti che hanno seguito – per noi è obbligatorio – un apposito corso universitario di perfezionamento, tecnici di alto livello che rispondono direttamente al sindaco o al direttore generale, membri dei loro staff e, come tutti i tecnici, remunerati. Dei nostri associati sono meno della metà quelli con disabilità, tra cui me, che sono su una sedia a ruote: non serve essere disabili per occuparsi di disabilità, serve ‘solo’ essere adeguatamente formati”. SIDiMa, infatti, patrocina il Corso di perfezionamento in disability manager dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano: “Siamo aperti a collaborazioni con altre università, magari nel sud, per offrire a tutti le medesime possibilità: naturalmente, chiediamo che la formazione sia affidata a organi istituzionali, non a enti privati”. Il disability manager, secondo i criteri di SIDiMa, deve avere una propria autonomia e una reale capacità d’azione, con un budget a disposizione. Da normativa, non è un ruolo politico, non può essere un volontario né può essere una persona che agisce in rappresentanza di qualche associazione.

Dalla Mora è disability manager in due strutture ospedaliere (l’Ospedale riabilitativo di Motta di Livenza e il Ca’ Foncello di Treviso), assunto regolarmente a tempo indeterminato: “Per loro lavoro part time: aiuto i pazienti e le loro famiglie a valutare come adattare la casa secondo le loro nuove esigenze. Nel resto del tempo faccio l’architetto: molti di noi hanno scelto di portare avanti anche la propria professionalità, proprio per non interrompere la crescita”. I campi d’azione dei disability manager sono molteplici: “L’accessibilità è uno degli aspetti chiave, ma pensiamo anche alle politiche sociali, a quelle per la mobilità, per la casa, per l’inclusione scolastica o l’inserimento lavorativo. Mi piace pensarci come direttori d’orchestra chiamati a fare rete”.

Sono soprattutto le aziende private (spesso ospedali) che hanno scelto di dotarsi di questa figura, ma c’è anche qualche comune: “Ad oggi c’è Alessandria, e stiamo lavorando con Cremona. Nel pubblico il disability manager è il braccio armato della consulta, sintesi delle associazioni sul territorio: a noi il ruolo di anello di congiunzione tra lei e l’amministrazione”.

Paola Testa fino al 2010 è stata mobility manager del comune di Alessandria: dopo la pubblicazione del “Libro bianco” è diventata disability manager. “Il consiglio ha subito pensato a me – racconta –, forse perché, avendo un figlio autistico, hanno pensato avessi una sensibilità particolare. È stato comunque istituito un concorso, che ho vinto anche grazie ai corsi fatti nel corso degli anni. Ho frequentato il corso di perfezionamento alla Cattolica e, dopo avere superato l’esame, ho contattato SIDiMa. Ed eccomi qui”. Testa, architetto, racconta di un lavoro a 360 gradi, portato avanti in autonomia rispetto agli altri servizi del comune e in collaborazione con tutte le associazioni del territorio. “Qual è il mio lavoro? Fare cultura, per un abbattimento, in primis, delle barriere mentali. Andiamo nelle scuole, da quelle dell’infanzia alle università, organizziamo conferenze, eventi letture. L’Azienda ospedaliera, quella sanitaria locale, la Provincia, la Regione, le case popolari hanno tutte un referente che si rapporta con me e il mio staff”.

Testa spiega di avere voluto concentrarsi su alcuni ambiti specifici: il commercio, perché le attività capiscano come facilitare la vita alle persone con disabilità (evitando i gradini all’ingresso, per esempio); il turismo accessibile (anche grazie a corsi di accoglienza ai tassisti per tutte le forme di disabilità); la mobilità urbana (barriere architettoniche, dehor, lavori stradali inclusi); lo sport per tutti (grazie anche alla collaborazione con il Centro riabilitativo Borsalino, con il suo giardino botanico e la sua pista d’atletica per tutti).

Quanto è importante il ruolo del disability manager? “Ritengo sia fondamentale, ma è indispensabile avere l’umiltà di chiedere e di farsi spiegare da tutti di cosa hanno bisogno. Spero che presto Roma si decida a scrivere una legge che vincoli i comuni con più di 50 mila abitanti a dotarsi di questa figura. L’80 per cento delle persone con disabilità sono relegate nell’isolamento. Pochi anni fa era il 95 per cento, ma di certo non è sufficiente: non osano chiedere e non hanno contatti con le opportunità che, invece, devono essere offerte a tutti. È necessario cominciare a vedere la disabilità come un’occasione di investimento, anche economico. Pensiamo a un matrimonio con 300 invitati di cui 3 in carrozzina: quale location sceglieranno? Quella che è adeguata anche agli ospiti con disabilità: non è un buon modo di fare affari?”. (Ambra Notari)

VENERDI’ 21 OTTOBRE SCIOPERO GENERALE

DAL NO ALLA CATTIVA SCUOLA DI RENZI AL NO ALLA CONTRORIFORMA COSTITUZIONALE

VENERDI’ 21 OTTOBRE SCIOPERO GENERALE e MANIFESTAZIONE SCUOLA SOTTO IL MINISTERO (h. 10.00)

SABATO 22 OTTOBRE MANIFESTAZIONE NAZIONALE NO RENZI DAY (h. 14.00)

 

L’Unicobas, l’Unione Sindacale di Base e l’Unione Sindacale Italiana hanno proclamato unitariamente lo sciopero generale sia per il settore pubblico che per quello privato. Il NO alla controriforma costituzionale non è solo ‘cosa da costituzionalisti’: sarà un NO sociale per l’affermazione di una nuova costituzione materiale che affermi il diritto al lavoro, al rinnovo dei contratti, alla pensione, alla sanità pubblica e ad una Scuola di qualità. La destrutturazione autoritaria e privatistica della Scuola, contro la quale manifesteremo assediando il Ministero dell’Istruzione già dalle h. 10.00 del 21 Ottobre, è incentrata sulla trasformazione dell’insegnante in impiegato deprivato della libertà d’insegnamento e del preside in manager-dirigente. Sulla chiamata diretta (anticostituzionale) dei docenti e la logica ‘premiale’ discrezionale. Una Cattiva Scuola ormai basata sul minimalismo culturale delle verifiche a quiz e sulla riduzione della qualità dei programmi, combattuta su più fronti da due anni a questa parte da insegnanti e studenti, anche con una campagna referendaria abrogativa, è stata il primo passaggio di un disegno complessivo che ha la chiusura del cerchio nella trasformazione della democrazia sostanziale in democrazia formale, tramite la revisione del sistema rappresentativo parlamentare ed elettorale su ‘mandato’ della Troika dell’Europa speculativa delle banche. Le due cose sono strettamente legate anche al jobs-act ed al restringimento implacabile dei diritti del lavoro ed al lavoro, nonché alla pensione (contributivo ‘secco’, precarizzazione a vita, lavoro nero ed evasione fiscale fuori controllo, mutuo per la quiescenza anticipata). La campagna per il NO al referendum costituzionale s’arricchisce quindi del contributo di un ampio fronte sociale che rivendica una diversa qualità della vita, investimenti sociali e per la messa in sicurezza degli edifici pubblici (in primis scolastici), revisione del sistema previdenziale (da separarsi da quello dell’assistenza), diminuzione delle tasse sui lavoratori dipendenti e giro di vite contro le mafie, le corruttele della casta politica, contro chi esporta capitali all’estero, non versa contributi e si sottrae alla tassazione generale (in primis le multinazionali), mentre invece la legge di stabilità premia gli evasori. Un NO sociale che si concretizzerà in un grande sciopero di base, e che vedrà la presenza dei centri sociali, del precariato pubblico e privato, dei migranti respinti da quella stessa ‘fortezza Europa’ che ha destabilizzato e sfruttato il Terzo Mondo sostenendo uno stato di miseria e guerra permanente. Un No sociale che metterà in piazza una grande manifestazione dell’ ‘altra società’, in piena campagna referendaria, il giorno successivo allo sciopero, Sabato 22 Ottobre con partenza alle h. 14.00 da piazza S. Giovanni che noi ribattezzeremo piazza Abd Elsalam schiacciato a Piacenza da un tir durante un picchetto. Una ‘due giorni’ che si chiuderà quindi con un grande NO Renzi day. Una ‘due giorni’ alla quale parteciperanno i Comitati per il NO. Invitiamo tutti coloro che sono schierati contro la ‘deforma’ costituzionale, base della Cgil compresa.

Iniziative sindacali organizzate per il 21 ottobre:

 

Roma: Manifestazione della scuola presso il Ministero dell’Istruzione, V.le Trastevere, h.10.00

– Presidio generale presso il Ministero dell’Economia di Via XX Settembre – h. 11.00

– Presidio aeroporto Fiumicino – h. 10.00

– Appuntamento per tutti dalle ore 16 in poi a Piazza San Giovanni con dibattiti, musica – sino alla manifestazione del giorno dopo che partirà proprio da Piazza San Giovanni – h. 14.00

– DIBATTITO POMERIGGIO (h. 17.00) DEL 21 OTTOBRE, P.ZZA DI S. GIOVANNI, ROMA: PRESSO L’ACAMPADA CHE PRECEDE IL NO RENZI DAY. Assemblea Pubblica: NO alla controriforma della Costituzione, per i diritti del lavoro e sociali, per la scuola pubblica, per la democrazia

Presiedono: Emidia Papi e Franco Russo

Introducono: Domenico Gallo, Stefano d’Errico, Carlo Guglielmi

Partecipano: Lidia Menapace (partigiana Bruna), Fabrizio Tomaselli, Marina Boscaino, Francesco Rizzo, Giovanni Russo-Spena, Ferdinando Imposimato, Manuela Palermi, Mimmo Mignano, Marco Ferrando, Roberto Mamone, Franco Turigliatto, Vittoria Molinari, Danilo Ruggieri, Tina Stumpo, Guido Lutrario, Roberta Fantozzi, Cesare Antetomaso, Alfonso Gianni, Moreno Pasquinelli, Maurizio Acerbo, Michele Franco, Michela Becchis, Francesco Piccioni, Mario De Bellis, Fanio Giannetto, Carlo Corsetti, Pietro Adami, Fulvio Parisi, Ivano Di Cerbo

 

– Firenze: Manifestazione con concentramento – h. 9.30

– Milano: Manifestazione regionale lombarda a Milano con corteo da Piazza Cairoli – h. 9.30

– Torino: Manifestazione con corteo da Piazza Solferino – h. 9.30

– Napoli: Presidio all’Interporto di Nola – h. 5.00

– Presidio dei lavoratori ex LSU e di tutti i lavoratori che vorranno partecipare a Piazza Municipio – dalle h. 11.00

– Pisa/Pontedera: Manifestazione con corteo con Concentramento a Via Rinaldo Piaggio – dalle h. 8.00

– Foggia: Presidio davanti alla Prefettura – dalle h. 10.00

– Viterbo: 6 presidi che iniziano alle ore 10.45 in Piazza delle Erbe (punto di raduno), presso il Centro Commerciale Tuscia, Centro dell’Impiego di Via Cardarelli, Cittadella della Salute in via E. Fermi, piazza S. Faustino, Stazione di Porta Romana.

– Novara: Manifestazione con concentramento in Piazza Cavour alle h. 8,30

– Bari: h. 10.00 corteo con concentramento in Piazza Umberto;

– Santeramo in Colle (Bari): h. 10.00 corteo cittadino a Santeramo in Colle dei Lavoratori dei Comuni interessati dalla vertenza Natuzzi.

– Bologna:Manifestazione con concentramento in Piazza dell’Unità alle h. 10.30

– Vicenza: Presidio davanti all’INPS h. 10.00 – Presidio davanti all’Ospedale h. 10.00 – Schio (Vicenza) Presidio Piazza Duomo h. 10.00

– Genova: Manifestazione cittadina davanti alla Prefettura in Largo Lanfranconi h. 10.00

– Potenza: Manifestazione regionale alla Giunta Regionale Potenza via Verrastro h. 10.00

– Cagliari: Manifestazione in Prefettura h. 10.00

– Catania: Manifestazione con concentramento a Piazza Roma alle h. 9.00

 

Stefano d’Errico (Segretario Generale CIB Unicobas)

Scuola-lavoro, indagine della Cgil: un ragazzo su 4 ha un’esperienza dequalificata

da la Repubblica

Scuola-lavoro, indagine della Cgil: un ragazzo su 4 ha un’esperienza dequalificata

dati del sindacato arrivano in risposta al ministro dell’Istruzione Giannini che aveva parlato di un successo dell’iniziativa. ” E al Sud la situazione è peggiore che al Nord

Caterina Pasolini

“Sono a rischio un gran numero di esperienze di alternanza scuola-lavoro. Un ragazzo su 4 è fuori da percorsi di qualità e vive un’esperienza dequalificata, il 10% ha partecipato solo ad attività propedeutiche, con un picco nei licei e il 14% ha partecipato solo ad esperienze di lavoro in particolar modo negli istituti professionali. E l’80 per cento delle esperienze sono state fatte almeno in parte nel periodo estivo, senza contare che al Sud la situazione è peggiore che al Nord”. L’analisi della Cgil, è stata presentata questo pomeriggio ed è il frutto di un attento monitoraggio del primo anno di attuazione della legge 107. Una ricerca che ha coinvolto 205 scuole in 87 province con 180.335 studenti intervistati. La segretaria confederale, Gianna Fracassi, ha sottolineato inoltre che “questo primo anno è stato di notevole criticità. Sarebbe utile fare un passo avanti non solo nelle grandi imprese ma nella piccole e medie per garantire ai ragazzi percorsi di qualità e veramente formativi”. Parole pesanti che vengono dopo che in mattinata il ministro dell’Istruzione Giannini aveva parlato di un successo dell’alternanza scuola-lavoro, già in vigore in molte scuole da anni ma organizzata nella Buona scuola e sovvenzionata con 100 milioni di euro, annunciando 27mila posti disponibili in aziende come Coop e Zara perché gli studenti facciano esperienza

Ma vediamo nel dettaglio alcuni punti esaminati dalla ricerca: la maggior parte di percorsi di alternanza scuola lavoro vengono fuori da offerte di soggetti privati in modo occasionale, il 50% si realizzano in piccole imprese (fino a 50 dipendenti), il 40 % in micro imprese (fino a nove lavoratori). Questo, sottolinea la Cgil, non aiuta il controllo della capacità formative, “e la legge non ha definito bene i criteri e le procedure di accreditamento delle imprese e della loro capacità formativa”.

Chi studia dove lavora. Gli istituti tecnici nel 98 per cento dei casi fanno convenzioni con le imprese, i licei nel 91 per cento con gli enti pubblici. Solo il 14% dei collegi sceglie i tutor che seguirà i ragazzi, mentre le candidature volontarie prevalgono nel 56% dei casi. Come fatti positivi vengono elencati dal sindacato i sempre più frequenti accordi tra scuole con il coinvolgimento di soggetti pubblici e parti sociali, accordi tra filiere produttive, territori, distretti industriali perché i ragazzi, come a Firenze facciano esperienze nelle campagne, nelle fabbriche, nei tribunali (a Bologna). “Però a distanza di un anno  – aggiunge il sindacato – il governo non ha ancora istituito una cabina di regia per lo sviluppo del rapporto scuola lavoro con ministeri e parti sociali e non è ancora stata adottata la carta dei diritti e doveri degli studenti in alternanza scuola lavoro. E questo – sottolinea la Cgil – dopo che più di 500mila studenti hanno già fatto parte del percorso nell’anno scolastico e le scuole stanno progettando altre attività per oltre un milione di studenti”.

Dal Nord al Sud, le differenze. Rispetto agli studenti che dovrebbero esser inseriti in un percorso, il picco dei non iscritti si registra al Sud e alle isole, e negli istituti professionali. Il 70% dei ragazzi ha fatto attività propedeutiche e ha realizzato esperienza di lavoro: soprattutto nel Nord-est e negli istituti tecnici. Si segnala un calo al Sud e isole e nei licei. Tra i vari problemi segnalati dalla ricerca della Cgil, c’è l’esistenza di pochissima laboratori territoriali, più diffusi nel Nord-ovest, meno nelle regioni del centro.

In quali settori si fa esperienza. I percorsi nelle scuole sono stati attivati nell’81% dei casi da offerte di privati, nel 44% dei casi all’interno di accordi di collaborazione con filiere produttive locali, nel 49,8% col coinvolgimento di soggetti pubblici, nel 35,6 da protocolli di intesa previsti dall’ufficio scolastico regionale e dal Miur.

L’80% delle scuole ha progettato i percorsi per i ragazzi a partire da offerte di privati nate in modo occasionale. Circa 1 scuola su due ha siglato accordi di rete territoriali con soggetti pubblici o accordi con filiere, questo soprattutto nelle scuole del centro Italia.

Gli istituti professionali hanno siglato accordi soprattutto con filiere produttive, i licei con pubbliche amministrazioni. L’87% delle scuole hanno sottoscritto convenzioni con imprese, con enti pubblici il 76%. Gli istituti tecnici con imprese, nel 98% dei casi, i licei nel 60. Il 58% ha siglato convenzioni con soggetti del terzo settore ed enti privati, il 56% soprattutto del Nord-ovest. I licei ‘lavorano’ più col terzo settore rispetto alle altre scuole

Assunzioni, i fortunati della Buona Scuola: anche l’anno prossimo avranno l’assegnazione provvisoria

da La Tecnica della Scuola

Assunzioni, i fortunati della Buona Scuola: anche l’anno prossimo avranno l’assegnazione provvisoria

I 48mila docenti assunti con la fase C del piano straordinario della Buona Scuola dovevano essere quelli più esposti agli spostamenti di sede.

Alla resa dei conti, sono stati i più tutelati. E, per quanto ne sappiamo, il trend positivo per loro non cambierà.

Facciamo un piccolo passo indietro. Sino a fine autunno 2015, quando il 90% dei docenti in procinto di essere assunti, come ultimo atto delle immissioni in ruolo della L. 107/15, sembrava destinato a fare le valigie. Del resto, è sempre stato così: gli ultimi assunti si vanno a collocare sui posti liberi, anche se lontani. Invece, venne data loro la possibilità di completare l’eventuale supplenza annuale da loro sottoscritta.

Arriviamo alla scorsa estate, quando l’algoritmo ha mandato almeno un docente su tre a centinaia di chilometri da casa. In diversi casi anche sbagliando. Con gli errori pure accertati.

Inevitabili, a quel punto, sono arrivate le conciliazioni. Ma anche i toni concilianti. Perché le pressioni su Parlamento e Miur da parte dei “gestori” degli enti locali – sindaci, governatori, assessori – hanno sortito l’effetto di creare dei posti aggiuntivi (creati spesso dal nulla), al fine di rendere efficaci le domande di assegnazione provvisoria prodotte proprio da quei docenti destinati non certo a due passi dal domicilio.

Prima di loro, a trovare posto vicino casa erano stati gli 8mila della fase B delle assunzioni della Buona Scuola: l’anno prima, invece, erano stati spediti lontano da casa, per via della strana scelta del legislatore della L. 107 di collocare prima loro sui posti liberi. Dopo l’anno di sofferenza, però, hanno fatto valere la maggiore età aggiudicandosi quasi sempre le collocazioni sull’ambito chiesto, anche interprovinciale.

Prima di loro, a sorridere, erano stati i docenti più “giovani” della fase C, in prevalenza messi sui posti del potenziamento (spesso a due passi dall’abitazione).

Arriviamo ai nostri giorni. Con i prof assunti con la Legge 107 che già pensano al futuro prossimo. Perché sanno bene che nel settembre 2017 terminerà l’anno di assegnazione provvisoria. E, logica vuole, torneranno nell’ambito territoriale dove sono stati collocati.

Il condizionale, però, mai come in questa occasione è d’obbligo. Perché a quanto ci risulta, l’assegnazione provvisoria interprovinciale verrà loro concessa anche il prossimo anno. Terminato il quale, potranno pure tentare il trasferimento nella terra natia o giù di lì. Quella che, proteste a parte, nei fatti molti di loro non hanno mai lasciato e probabilmente mai lasceranno. Ecco perché non dovrebbero indignarsi se li chiamiamo “i fortunati della Buona Scuola”.

Fermati i docenti con oltre 36 mesi di supplenze

da La Tecnica della Scuola

Fermati i docenti con oltre 36 mesi di supplenze

“È giunto il momento che sul tetto dei 36 mesi per conferire le supplenze annuali, introdotto per non incappare nelle sanzioni UE sull’abuso di precariato, il MIUR esca allo scoperto”: così Anief che spiega come “dopo le mancate assegnazioni di contratti a tempo determinato da parte di alcuni dirigenti scolastici (per via di un errato anticipo di applicazione del comma 131 della Legge 107) che decorre solo dal 1° settembre scorso, ora ci sia confusione su quale tipologia di posti vada adottato il provvedimento”.

Sarebbe dunque fondato il sospetto, scrive Anief , “che anche le supplenze attribuite al 30 giugno vengano coinvolte dal MIUR in questa nuova norma. Con un serio monitoraggio nazionale sui posti oggi in organico di diritto, si scoprirebbe che almeno il 70% delle cattedre coperte con supplenze fino al 30 giugno, oggi in organico di fatto, sono in realtà senza titolare”.

“La stessa decisione del MIUR di spostarne 25mila in organico di diritto, attraverso la Legge di Stabilità 2017 già approvata dal Consiglio dei Ministri, dà ragione alla nostra tesi. D’altronde i numeri non sono opinioni dal momento che, oltre le 96mila cattedre di sostegno, ce ne sono altre 38mila in deroga per via di una norma sbagliata. Finché tale spostamento della natura di decine di migliaia di posti, dal 30 giugno al 31 agosto, non verrà effettuato, è per noi evidente che il blocco delle supplenze riguardi solo i posti ritenuti scoperti a tutti gli effetti. Quelli considerati fino al 30 giugno dell’anno successivo non rientrano nella normativa del 36 mesi e vanno assegnati anche ai supplenti che hanno superato tale soglia. Invitiamo, sin d’ora, a segnalare alle sedi territoriali Anief tutte le situazioni in cui, invece, la supplenza dovesse essere negata: il sindacato è pronto a dare battaglia”.

Formazione docenti: può il collegio docenti deliberare obblighi per tutti?

da La Tecnica della Scuola

Formazione docenti: può il collegio docenti deliberare obblighi per tutti?

Presto i collegi docenti saranno chiamati a deliberare sul Piano Formativo triennale con le Unità Formative da svolgere. Ma può il collegio imporre con una delibera carichi di lavoro obbligatori per tutti i docenti?

Come spiegato in un precedente articolo, le azioni formative per gli insegnanti di ogni istituto sono inserite nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa, che va ad integrare il Ptof, elaborato dal collegio docenti sulla base degli indirizzi del dirigente scolastico.

Le Unità Formative devono indicare la struttura del percorso formativo, nel quale sono comprese sia le attività in presenza, sia tutti quei momenti che contribuiscono allo sviluppo delle competenze professionali.

 

I collegi devono stare attenti alle delibere e non andare oltre le proprie competenze.

Va ricordato che il collegio dei docenti ha potere deliberante esclusivamente in materia di funzionamento didattico ed esercita tale potere nel rispetto della libertà di insegnamento garantita a ciascun docente (T.U. n. 297/94, art. 7, vigente). Gli obblighi di lavoro e gli impegni del personale docente, articolati in attività di insegnamento ed in attività funzionali insegnamento, sono descritti nel piano annuale delle attività e corrispondono a quanto definito nel Contratto.

Solo il Contratto collettivo può stabilire diritti e obblighi relativi al rapporto di lavoro.

Lo stabilisce il D.L.vo n. 165/2001, aggiornato alla riforma Brunetta. Il Contratto di lavoro vigente riconosce l’importanza di aggiornamento e formazione quale diritto/dovere intrinseco alla funzione docente.

La legge 107/2015 stabilisce invece che la formazione in servizio dei docenti è obbligatoria, e quindi un dovere, ma serve il rinnovo contrattuale per determinare la quantificazione oraria e le modalità.

Il Ministero lo sa benissimo, infatti non impone alcuna quantificazione oraria obbligatoria.

Anzi sottolinea che “è importante qualificare, prima che quantificare, l’impegno del docente considerando non solo l’attività in presenza, ma tutti quei momenti che contribuiscono allo sviluppo delle competenze professionali”. “L’obbligatorietà non si traduce, quindi, automaticamente in un numero di ore da svolgere ogni anno, ma nel rispetto del contenuto del piano”.

 

Ciò premesso, quali criteri possono seguire i collegi docenti per le Unità Formative?

 

1) Fare in modo che sia riconosciuta la formazione pregressa di quei docenti che hanno sempre svolto attività formative come dovere deontologico (e sono il 75-76%, come riporta lo stesso Miur).

2) Comprendere nelle Unità Formative tutti quei momenti che contribuiscono allo sviluppo delle competenze professionali (formazione a distanza, ricerca/azione, lavoro in rete, approfondimento personale e collegiale, documentazione, progettazione), come indicato dal piano nazionale.

3) Comprendere nelle Unità Formative le opportunità di apprendimento formali, informali e non formali, come avviene in Europa e negli ordini professionali.

4) Fare riferimento a come è strutturata la formazione negli ordini professionali, come suggerisce lo stesso Miur. L’ordine degli ingegneri, ad esempio, opera una distinzione fra attività di formazione formale (master, dottorati di ricerca, corsi universitari con esame finale); formazione non formale (frequenza frontale o a distanza di corsi e seminari riconosciuti); formazione informale (aggiornamento legato all’attività professionale dimostrabile, pubblicazioni, brevetti, partecipazione a commissioni tecniche e di studio, partecipazione a interventi di carattere sociale/umanitario inerenti l’ambito professionale). Potrebbe essere un utile modello di riferimento.

5) Va tenuto presente che “Le scuole riconoscono come Unità Formative la partecipazione a iniziative promosse direttamente dalla scuola, dalle reti di scuole, dall’Amministrazione e quelle liberamente scelte dai docenti, purché coerenti con il Piano di formazione deliberato dal Collegio Docenti” come è scritto nel piano nazionale.

 

Documenti: Miur, Piano nazionale per la formazione dei docenti 2016-2019

 

Per approfondire: Piano formazione docenti: le buone intenzioni e le criticità.

Ok bipartisan Camera a videosorveglianza in asili

da tuttoscuola.com

Ok bipartisan Camera a videosorveglianza in asili

La Camera ha approvato la legge sulla videosorveglianza negli asili e nelle strutture per anziani e disabili con con 279 sì. I contrari sono stati 22 e 69 gli astenuti. Il provvedimento passa all’esame del Senato. Le norme sono il frutto dell’intesa raggiunta a Montecitorio sulle diverse proposte depositate in commissione.

E’ prevista l’introduzione di un sistema di videosorveglianza con telecamere a circuito interno per garantire la sicurezza in alcune strutture pubbliche e private, quali gli asili nido, le scuole dell’infanzia o le strutture socio-assistenziali, che ospitano categorie di soggetti particolarmente vulnerabili.

La necessità di una regolamentazione della materia nasce, ad avviso dei proponenti, dall’aumento dei casi di maltrattamenti perpetrati a danno di bambini, anziani e disabili all’interno delle strutture che li ospitano.

E’ stabilito un termine di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore delle legge per consentire alle strutture di adeguarsi.

Provvedimento Tribunale Lecce 20 ottobre 2016, n. 44352

Con provvedimento n. 44352/2016 il Tribunale di Lecce ha dichiarato l’’illegittimità dell’’assegnazione di una docente, patrocinata dall’Avv. Simona Manca, all’’Ambito territoriale Veneto disponendo il suo trasferimento in uno degli Ambiti della Puglia.

Nella fattispecie il Giudice del Lavoro ha accertato macroscopici errori da parte del sistema informatico del MIUR che ha gestito la procedura di mobilità, con violazione della regolamentazione della formazione delle graduatorie e pregiudizio dei principi di buon andamento ed imparzialità dell’’azione amministrativa.

Sotto il profilo del periculum in mora la situazione di emergenza è stata ravvisata nella significativa distanza tra luogo di residenza e sede assegnata con conseguente incidenza sulla sfera personale e familiare.

Avv. SIMONA MANCA