L’Europa che non c’è

L’Europa che non c’è

di Maurizio Tiriticco

25 marzo 1957! Un avvenimento di grande importanza! I Trattati di Roma! Italia, Francia, Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo (Benelux) sottoscrivono due documenti istitutivi rispettivamente della Comunità economica europea (CEE) e della Comunità europea dell’energia atomica (CEEA o Euratom). Un grande passo in avanti rispetto a quanto era avvenuto nel 1952 con la nascita della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca), a cui avevano aderito l’Italia, la Francia, la Germania federale e il Benelux (Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo). Quello del 1957 fu un evento per molti versi entusiasmante: Paesi che fino a un decennio precedente avevano combattuto tra loro, sottoscrivono un patto a cui, inizialmente, molti di noi non credettero. Si trattava di un’utopia!!! Quando mai tre Paesi (il Benelux non era molto rappresentativo), che da sempre avevano trovato motivi per scatenare conflitti e guerre, avrebbero vissuto in pace!? Ma utopia, invece, non fu! Tant’è vero che il primo nucleo di sei Paesi oggi è cresciuto e ne conta addirittura 28. Quella utopia di CEE e CEEA divennero e sono oggi l’Unione Europea!!!

Sono trascorsi circa 60 anni, più di mezzo secolo, e i Paesi europei non hanno più conosciuto guerre! I giovani di oggi difficilmente possono capirlo, e sanno che oggi le guerre riguardano solo altre parti del mondo, non l’Europa; ma i vecchi come me ne avvertono tutta l’importanza e ne sono felici. E di questo primo nucleo della CEE (Comunità Economica Europea), oggi Unione Europea, nata con i Trattati di Maastricht del 1992, furono teorici e fondatori uomini come Konrad Adenauer, Jean Monnet, Robert Schuman, Paul Henri Spaak, Winston Churchill, e i nostri Altiero Spinelli, il “sognatore” e Alcide De Gasperi, il “fondatore”.

Dopo i Trattati di Roma seguirono anni estremamente interessanti e positivi per l’economia della nuova Europa che si andava costruendo. La soppressione dei dazi doganali favorì la produzione e lo scambio delle merci, anche e soprattutto dei prodotti alimentari. E, a seguire, nell’89, la riunificazione delle due Germanie, dell’Est e dell’Ovest contribuì a “ridisegnare” sulla carta geografia un’Europa dalle prospettive estremamente interessanti sotto il profilo economico e politico. Il fatto poi che il Regno Unito – la perfida Albione, come definita durante il fascismo – nel medesimo ’89 aderisse alla CEE, fu considerato di estremo interesse. Quel Regno Unito che da secoli aveva fatto della sua configurazione geografica motivo di splendido isolamento, si ritrovava invece in una comunità dai confini e dalle prospettive molto più ampie.

Segue uno schema riassuntivo dello sviluppo della CEE e della UE.

25 marzo 1957 – i 6 Paesi fondatori, Italia, Francia, Germania, Belgio, Olanda, Lussemburgo (BeNeLux)

1 gennaio 1973 – più Regno Unito, Irlanda, Danimarca (9 Stati membri)

1 gennaio 1981 – più Grecia (10 Stati membri)

1 gennaio 1986 – più Spagna e Portogallo (12 Stati membri)

1 gennaio 1995 – più Austria, Svezia, Finlandia (15 Stati membri)

1 maggio 2004 – più Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Cechia, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, Cipro, Malta (25 Stati membri)

1 gennaio 2007 – più Bulgaria e Romania (27 Stati membri)

1 luglio 2013 – più Croazia (28 Stati membri)

Sotto il profilo formale, quindi, l’Europa è cresciuta, ma… non c’è rosa senza spine, come si suol dire! A mio vedere, alcune vicende di questi ultimi anni hanno cominciato a costituire pericolosi fattori di crisi che rischiano di erodere quell’ottimismo che ci aveva condotto a gioire perché l’”Europa”, quella politica, e non solo economica, si andava via via solidificando! Tant’è vero che qualcuno già vagheggiava una futura Unione degli Stati di Europa! E perché no? In effetti sono ben 50 – quindi molti di più degli Stati europei – gli Stati che costituiscono da molti anni a questa parte gli Stati Uniti d’America!

Il fatto è che gli Stati Uniti d’Europa non ci sono. Ciò che è accaduto con la Brexit è abbastanza esemplare. E’ come se, dopo il varo della Costituzione degli Stati Uniti, approvata nel 1789, il Texas o la California, si fossero defilati qualche anno dopo. Gli Stati Uniti d’Europa in effetti ben pochi li vogliono. Basta ricordare due eventi: Roma, 29 ottobre 2004, venne approvata la Costituzione europea! Un documento forse eccessivamente lungo, ma di un’estrema importanza politica e civile! Quindi, un evento eclatante! Ma all‘atto della ratifica, due Paesi, Francia e Olanda, in sede di referendum, lo bocciarono. Per cui si ripiegò su un documento estremamente più debole e meno significativo, il Trattato, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007. Parafrasando la famosa espressione di Klemens von Metternich a proposito del nostro Paese, possiamo dire che, di fatto, oggi “la parola Europa è un’espressione geografica, una qualificazione che riguarda la lingua, ma che non ha il valore politico che gli sforzi degli ideologi rivoluzionari tendono ad imprimerle”.

Oggi, purtroppo, l’Unione europea costituisce più una serie di vincoli che occasioni di opportunità. Sembra che si preoccupi solo di costruire pesanti e spesso ingiustificati limiti alle attività economiche dei singoli Paesi più che sostenerli in uno sviluppo armonico e mirato. E la colpa, se così si può dire, non è della Merkel che è “cattiva”, ma di un’organizzazione elefantiaca che nei decenni ha snaturato – se non addirittura tradito – lo spirito innovatore e costruttivo degli Spinelli, dei De Gasperi e degli Adenauer.

Se poi pensiamo alle mille difficoltà che le la massicce immigrazioni e i suicidi dell’Isis creano giorno dopo giorno, non c’è affatto da stare allegri. Certo, esistono gli obiettivi dell’Europa 2020 che è opportuno ricordare, come emersi dalle Conclusioni del Consiglio del 12 maggio 2009 in materia di Education and Training. Con quelle conclusioni sono stati fissati cinque obiettivi relativi ai traguardi che l’UE dovrebbe raggiungere entro il 2020: 1) abbandoni scolastici inferiori al 10%; 2) innalzare le competenze di base: i 15enni insufficienti in literacy, matematica e scienze inferiori al 15% 3) diplomati dell’istruzione superiore: almeno il 40% tra i 30 e i 34 anni di età; 4) istruzione della prima infanzia: almeno il 95% dei bambini tra i 4 anni e l’età dell’istruzione primaria debbono partecipare all’istruzione per l’infanzia; 5) apprendimento permanente: almeno il 15% degli adulti devono partecipare ad attività di apprendimento.

Quindi, ancora quattro anni di tempo per realizzare i suddetti obiettivi! Ce la faremo? Non so, comunque qualcuno dice che l’ottimismo è la virtù dei forti! E noi… cerchiamo di esserlo!!!

Sostegno, un altro anno nero: cattedre coperte dai non specializzati. Mentre in molte zone gli abilitati sono disoccupati

da Il Fatto Quotidiano

Sostegno, un altro anno nero: cattedre coperte dai non specializzati. Mentre in molte zone gli abilitati sono disoccupati

Il sistema incompiuto danneggia gli alunni disabili e le loro famiglie, ma anche i docenti, perché tutto è ancora basato sulle supplenze temporanee (su cui lo Stato risparmia). All’ultimo concorsone nella maggior parte delle Regioni c’erano meno candidati che posti messi a bando. Da qui il paradosso: al Nord i presidi disperati sono costretti a mandare in cattedra insegnanti senza il titolo di specializzazione. Al Sud docenti qualificati restano a casa e, a causa del blocco delle graduatorie, non si possono nemmeno spostare. Ecco le loro storie

Amianto nelle scuole, le denunce si moltiplicano. “È nel 10% delle strutture”. Ma gli istituti non si fanno censire

da Il Fatto Quotidiano

Amianto nelle scuole, le denunce si moltiplicano. “È nel 10% delle strutture”. Ma gli istituti non si fanno censire

A Milano gli alunni mangiano in palestra perché il refettorio è “contaminato”. A Firenze è la magistratura a verificare la presenza della sostanza tra i banchi dopo un decesso sospetto. In Basilicata la rimozione è avvenuta dopo molti richiami. Legambiente ha raccolto dati in oltre 6mila edifici: uno su dieci presenta problemi. Una scuola su tre non ha risposto al questionario dell’Osservatorio nazionale amianto. I fondi? Solo il 9% dei fondi #scuolesicure sono stati usati per le bonifiche

di

Amianto tra i banchi di scuola: i casi di istituti italiani in cui si presenta il problema nelle strutture, dai tetti alle mense alle palestre, sono sempre meno sporadici. A Milano nei giorni scorsi il comitato genitori della scuola di via San Mamete ha presentato alla commissione istruzione del comune una lettera per denunciare il fatto che i bambini mangiano in palestra perché il refettorio è pieno di amianto ed è stato dichiarato inagibile. A Firenze, all’istituto “Leonardo da Vinci” dove a seguito di una denuncia fatta da un professore poi morto per neoplasia, si è aperta un’inchiesta, lo scorso mese d’agosto il Gip Alessandro Moneti ha respinto la richiesta d’archiviazione e ha accolto l’istanza presentata dall’Ona (Osservatorio nazionale aminato) decidendo di proseguire le indagini “per verificare la reale presenza di amianto nelle strutture dell’istituto e non limitatamente all’immobile che ospita le lezioni del biennio, accertando la correttezza e l’esaustività oltre che la completa applicabilità all’ambiente”. Moneti vuole capire chi ha fatto le operazioni di demolizione e bonifica e verificare le modalità con cui sono state eseguite. Intanto al professionale di Policoro in Basilicata dopo 365 giorni di pressione da parte di “Cittadinanzattiva” la Provincia nei giorni scorsi è intervenuta ed ha finalmente deciso di rimuovere il materiale tossico: “Il preside si è mosso. Ha avvisato l’ente locale ma solo dopo mesi sono intervenuti”, spiega Maria Antonella Tarsia, segretaria regionale di “Cittadinanzattiva”.

Storie di battaglie che sono in linea con l’allarme lanciato da Legambiente che ogni anno pubblica un rapporto sulla qualità dell’edilizia scolastica andando a monitorare i 6.332 edifici di proprietà dei comuni capoluoghi di provincia: il 10% di questi ha certificato casi di amianto. “La sensibilità da parte delle amministrazione comunali – spiegano i responsabili del dossier – c’è ma nel 2014 (anno su cui è riferito l’ultimo rapporto disponibile) si è dovuto fare i conti con un calo dei monitoraggi (90,3% contro il 92,2% dell’anno precedente) nonostante i casi certificati siano in crescita di due punti e mezzo”.

Sono più al Nord (13,3%) gli edifici con casi certificati rispetto al Sud dove la percentuale è del 6% e al Centro che si attesta al 4,6%. Parametri, questi ultimi, che vanno letti con i numeri che indicano i comuni che hanno effettuato i monitoraggi: al Nord sono il 94,9%, al Centro il 93,3% e al Sud l’83,3%. Nelle isole, invece, i controlli sono stati eseguiti nel 66,7% a fronte di un 8,6% di casi certificati. Ma sono proprio Sicilia e Sardegna a essere quelle che negli ultimi due anni si sono date maggiormente da fare per effettuare azioni di bonifica (6,7%) contro il Sud che si ferma al 4,2%.
Ad avere gli occhi puntati sulla questione è anche l’Osservatorio nazionale amianto che due anni fa ha presentato alla Camera dei Deputati i dati raccolti: “Sono 2.400 gli istituti che registrano la presenza di materiali in amianto esponendo al rischio circa 350mila studenti e 50mila lavoratori della scuola”. Una cifra che è stata confermata da una ricerca Censis che nello stesso anno stimava in circa 2000 gli edifici scolastici con la presenza della pericolosa sostanza.

Intanto di amianto si muore: “Secondo il registro nazionale mesoteliomi – spiega il presidente dell’Ona Ezio Bonanni – istituito presso l’Inail, che censisce le neoplasie dovute all’amianto (pleura, peritoneo, pericardio e tunica vaginale del testicolo) nel 2012 (ultimo anno analizzato) erano stati registrati 63 casi nel comparto istruzione: 41 uomini e 22 donne. Venticinque insegnanti, sei bidelli, cinque tecnici di laboratorio. Non è dato sapere la loro sorte, ma considerando quanto sia fulminante la malattia dopo la diagnosi, è legittimo supporre che siano tutti deceduti”.

MANCANO DATI AGGIORNATI – Il primo problema è quello dei dati certi e aggiornati. Secondo l’Ona l’unica Regione ad avere dei numeri precisi è il Lazio che con l’Inail, il ministero della Salute e l’Istituto superiore di sanità dal giugno 2012 ha dato avvio ad una mappatura degli istituti scolastici dove vi è conoscenza della presenza di amianto. Su 2.297 scuole contattate, 789 istituti hanno risposto, 1.508 non hanno partecipato alla compilazione della scheda. Nel 16% delle scuole controllate si è riscontrata la presenza della sostanza in coperture, cassoni idrici e linoleum: 5 sono state individuate in provincia di Frosinone, 20 in provincia di Latina, 9 in provincia di Rieti, 217 in provincia di Roma e 24 in provincia di Viterbo.

Gli aggiornamenti arrivano da Legambiente che sta elaborando in queste ore il nuovo rapporto: nel 2014 la maglia nera è andata a Sassari (39% di casi), a seguire Genova (27% di casi), Bari (23%) e Firenze (16%). Una classifica che nel 2015 cambia. Secondo le anticipazioni dell’associazione, Genova resta nella lista nera mentre Bari e Firenze escono per lasciare spazio nei primi posti ad Agrigento e Forlì. Numeri che vanno a braccetto con la classifica dei municipi che hanno fatto più bonifiche negli ultimi due anni: Ragusa, Sassari, Genova e Bari.

IL NODO DEI FONDI PER GLI INTERVENTI – Ma dove si trovano i soldi per intervenire? Oggi non esistono linee di finanziamento nazionali specifiche per la bonifica dell’amianto nelle scuole: la competenza è delle Regioni. Ovviamente i fondi stanziati dallo Stato per la messa in sicurezza degli edifici scolastici possono comprendere anche questo tipo di interventi. I 400 milioni stanziati a giugno 2014 ( #scuolesicure, delibera Cipe 66/2014), in continuità con i 150 milioni del “Dl del Fare”, ad esempio, hanno visto un 19% degli interventi dedicati alla bonifica dell’amianto. Che non sempre è considerata prioritaria. Secondo i numeri della struttura di missione per l’edilizia scolastica di Palazzo Chigi dei 1.215 interventi della prima annualità dei mutui Bei (905 milioni a totale carico dello Stato) sono circa cento i cantieri dedicati in modo specifico alla bonifica dell’amianto. Percentualmente vuol dire circa il 9% degli interventi. “Sono le Regioni che autonomamente – spiega Laura Galimberti, capo struttura – stilano la graduatoria degli interventi in base alle loro priorità La Lombardia ha deciso di valorizzare questi interventi e ad oggi quasi tutte le scuole di Milano e provincia risultano bonificate”. Quasi, appunto.

Con Change The World 150 borse di studio per parlare all’Onu

da LaStampa.it

Con Change The World 150 borse di studio per parlare all’Onu

C’è tempo fino al 20 novembre per partecipare alle selezioni

Studenti italiani col sogno di fare i diplomatici. È «Change The World», iniziativa della Ong “Diplomatici”: un laboratorio formativo per studenti universitari e delle scuole superiori che si confrontano sui principali temi di rilevanza internazionale, simulando i lavori dell’Assemblea dell’Onu.

Quest’anno la Ong promuove 150 borse di studio per la partecipazione gratuita al laboratorio, che si terrà a marzo 2017 nella sede Onu a New York, da assegnare ai ragazzi più meritevoli, selezionati attraverso colloqui sul web con professori e personalità della diplomazia internazionale. La richiesta di borsa di studio deve essere presentata entro il 20 novembre.

Il tema principale del laboratorio 2017 sarà «Africa in motion: migrations, economic growth and conflicts». Il laboratorio riproduce in ogni aspetto il funzionamento delle Nazioni Unite: i ragazzi discutono in inglese le risoluzioni sui temi più attuali della geopolitica, che vengono prima elaborate in commissioni ristrette e poi votate in Assemblea Generale, proprio come fanno i veri delegati dei 191 Paesi membri dell’ONU. Gli studenti sono chiamati a rappresentare un Paese interpretando un ruolo loro assegnato (ambasciatore all’Onu, ministro o alto funzionario, responsabili delle principali Ong, parlamentari) applicando quanto appreso nei corsi di formazione che precedono il viaggio.

Change the World – ricorda una nota – è il più importante forum mondiale di studenti presso il Palazzo di Vetro, con circa 2000 studenti provenienti da oltre 90 paesi e ospiti di primissimo piano della politica e della diplomazia mondiale. Lo scopo è innanzitutto quello di comprendere il significato del rispetto, della tolleranza e della convivenza fra cittadini del mondo di diversa cultura, fede o appartenenza etnica, oltre a preparare le giovani generazioni a leggere il contesto internazionale contemporaneo, a comprenderne le dinamiche e a diventarne i futuri protagonisti.

«Io, prof di sostegno finita in laboratorio all’istituto d’agraria»

da Corriere della sera

«Io, prof di sostegno finita in laboratorio all’istituto d’agraria»

Nella: e con i disabili colleghi non specializzati

di Valentina Santarpia

Quando le hanno chiesto di fare una talea di gelsomini, si è guardata intorno imbarazzata. Nella Fronterré, 47 anni, insegnante, non ha nessuna idea di come si facciano le talee, anche se adesso è assistente tecnica di laboratorio agrario in tre istituti siciliani, a Pachino, Sortino e Avola. «Ci sono finita per caso. Sono un’insegnante di sostegno da 16 anni, e ancora conservo i messaggi dei miei ex alunni che mi chiedono di tornare. Spero di poter esaudire i loro desideri». In provincia di Siracusa, dove Nelly — come la chiamano — ha sempre avuto incarichi annuali come insegnante di sostegno, di posti vuoti ce ne sono. Ma non per lei che, immessa in ruolo con la fase B della Buona scuola, dal momento in cui ha accettato la domanda di assunzione è stata spostata in altra provincia e su altra classe di concorso.

«Ma che ne sapevo io? Anche consigliata dai sindacati ho pensato che fosse giusto compilare la domanda di assunzione. Invece se fossi rimasta in graduatoria avrei continuato ad avere le mie supplenze annuali sul sostegno e senza neanche l’angoscia della destinazione. Tanto più che quelle cattedre, parte dell’organico di fatto, ora diventeranno organico di diritto, grazie alla legge di Bilancio: e io sarei stata assunta a tempo indeterminato senza questi disagi. Mentre io mi arrabatto nei laboratori di agraria, studiando il pomeriggio piante e innesti, ai ragazzi disabili che avrebbero bisogno di persone specializzate come me verranno assegnati insegnanti senza l’abilitazione al sostegno».

Sono gli effetti perversi della riforma. Che ha deciso delle priorità nelle assunzioni: e quindi Nelly, che era della fase B, è stata «piazzata» per tappare il buco dei laboratori agrari, classe C050. «E pensare che quel diploma l’ho preso dopo la laurea in Scienze motorie, ma solo per avere tre punti in più in graduatoria».

Nessun algoritmo informatico ha tenuto conto dei suoi 16 anni e delle sue specializzazioni sul sostegno. «E sono stata fortunata perché all’inizio la destinazione era Firenze. Ma il primo anno sono riuscita ad avere il differimento perché avevo già un incarico annuale ad Augusta, sempre sul sostegno. Quest’anno con la mobilità straordinaria mi hanno mandato prima a Caltanissetta e poi spostata tra tre Comuni: faccio 200 chilometri al giorno per muovermi tra una scuola e l’altra, per fare i laboratori. Ma non è la mia materia: devo studiare chimica, fisica, biologia e chiedere aiuto ai docenti titolari di cattedra. Sono tutti comprensivi e anche i ragazzi conoscono la situazione, ma per me è umiliante».

Nelly supplisce alle sue carenze con l’esperienza: «Riesco a conquistarmi la fiducia dei ragazzi perché so come prenderli. Ma sto crollando. Sono andata al pronto soccorso perché sono svenuta. Vorrei solo che fosse fatta giustizia. L’assunzione è stata una beffa per me e per gli altri 8 mila della fase B, per questo siamo pronti a fare una class action ». Il motivo della denuncia collettiva? La discriminazione presunta rispetto ai docenti assunti con la fase C: «Il potenziamento doveva avvenire in base alle richieste delle scuole, e invece alla fine è stato realizzato in base alle immissioni in ruolo. E così quelli che avevano poche o nessuna supplenza, quindi pochi punti, sono stati avvantaggiati: sono andati su cattedre vicine a casa. E noi che davvero insegnavamo da anni, e avevamo punteggi alti, siamo stati spostati sia geograficamente che su altre cattedre. Una beffa».

Chi ci rimette? «Noi, prima di tutto: se fossi stata interessata al ruolo sarei partita nel 2004, mi sarei presa il contratto e poi sarei rientrata con la prima tornata di trasferimenti. Non l’ho fatto perché ci tenevo alla continuità didattica e alla stabilità familiare. Ma ci rimette anche il sistema scolastico: cosa ne sarà della ragazza di 17 anni che l’anno scorso non voleva neanche entrare in classe? Con me aveva imparato a gestire le emozioni e stava sviluppando un programma didattico. Ora sarà affidata a un professore qualsiasi, senza alcuna abilitazione».

Ancora 20mila docenti da nominare, gli studenti: lentezza grave e offensiva

da La Tecnica della Scuola

Ancora 20mila docenti da nominare, gli studenti: lentezza grave e offensiva

Anche gli studenti si dicono preoccupati per i ritardi di assegnazione delle cattedre che stanno caratterizzando quest’anno scolastico.

Secondo una stima dell’Unione degli Studenti, sarebbero “20.000 cattedre ancora da assegnare, e forse non tutte verranno coperte”.

Per l’associazione, “a quasi due mesi dall’inizio della scuola”, si tratta di una situazione che deriverebbe da una “inadeguatezza della gestione del trasferimento e delle assunzioni dei docenti: classi vuote, centrifuga di docenti che devono coprire le ore di “buco” e totale assenza dei docenti di sostegno”.

Secondo Francesca Picci, coordinatrice nazionale dell’Unione degli Studenti, oramai “si sta minacciando la continuità didattica: dobbiamo necessariamente denunciare come ancora siano da completare gli organici mentre le ore buco stanno diventando un fenomeno quotidiano”.

“A ciò si aggiunge la totale assenza dei docenti di sostegno, lentezza grave e offensiva nei confronti di chi, tra i banchi, ha bisogno più degli altri di un docente che lo accompagni nel percorso formativo. Questo è un attacco al diritto allo studio degli studenti disabili”, conclude Picci.

Per l’Unione degli Studenti c’è poco da stare tranquilli: “Potremmo sminuire la gravità della situazione riprendendo le dichiarazioni del Ministro rispetto a questa situazione schizofrenica, dicendo cioé che sarebbe uno scandalo “se fossimo a Natale”, ma ci è piuttosto difficile: vogliamo una scuola di qualità, e questa, anche per la pessima organizzazione (e non solo), non lo è”.

“La nostra scuola è lenta, accetta che si calpestino i diritti di noi studenti, propone una didattica da ‘900 ed è pure finanziata pochissimo: la stessa Legge di Stabilità è del tutto insufficiente a dare risposte concrete ai luoghi della formazione. Il Governo ha investito solo un quarto di quanto annunciato per la Buona Scuola, ossia 300 milioni, a monte dei tanto sbandierati 3 miliardi. Intanto a Brindisi, pochi giorni fa una una scuola è stata sgomberata dall’Asl lasciando gli studenti a studiare all’aperto per il degrado della struttura”, conclude l’associazione studentesca.

Manca l’Aec, l’alunno iperattivo è violento coi compagni di classe: i genitori se li tengono a casa

da La Tecnica della Scuola

Manca l’Aec, l’alunno iperattivo è violento coi compagni di classe: i genitori se li tengono a casa

Un bimbo iperattivo e violento, che a volte si scaglia contro i compagni: i cui genitori si coalizzano e decidono di non mandare i figli a scuola.

È accaduto a Soleto, in provincia di Lecce. L’alunno, scrivono le agenzie, ha dieci anni, frequenta la quinta primaria ed è affetto da un grave deficit neurologico: lo cosiddetta ADHD, sindrome da deficit di attenzione e iperattività, che rende difficoltoso ed impedisce in alcuni casi il normale sviluppo, l’integrazione e l’adattamento sociale di chi ne viene colpito.

Sono stati i genitori del bambino con deficit di attenzione a rendere pubblica la vicenda, dopo che questa mattina nell’accompagnarlo a scuola, hanno trovato la classe vuota.

E ora sono vittime due volte. Prima di tutto perché per il figlio lamentano da tempo la mancanza di un’assistente sociale fissa a scuola. Anche se sarebbe meglio parlare di un Aec, gli assistenti comunali che quest’anno scarseggiano ancora più che in passato per via dei finanziamenti sempre più ristretti.

“Da un anno ormai le altre mamme neppure mi guardano in faccia”, racconta la signora Maria Rosaria che non nasconde l’amarezza.

“Quest’anno – aggiunge – avevo anche deciso di spostarlo a Galatina, in un’altra scuola meglio organizzata, ma ad inizio anno scolastico mi hanno detto che non c’era più posto”.

La mattina di martedì 25 ottobre è prevista una riunione per cercare una soluzione che scongiuri la minaccia degli altri genitori di trasferire i figli in un altro istituto scolastico.

Trasferimenti, dal 2018 basta deroghe: chi si sposta rischia grosso e perde la titolarità per sempre

da La Tecnica della Scuola

Trasferimenti, dal 2018 basta deroghe: chi si sposta rischia grosso e perde la titolarità per sempre

Durerà ancora un anno la fase transitoria che porta verso la perdita della titolarità, con la mobilità che avverà solo su ambiti territoriali. Senza deroghe o “scappatoie”.

Lo ha appreso La Tecnica della Scuola da fonti vicine al Miur. Se quello in corso può essere considerato l’anno zero, che ha rotto il “ghiaccio” rispetto al passato ma con diverse eccezioni, il prossimo sarà comunque un anno di transizione, che servirà a traghettare il personale verso il 2018/19: quando le novità introdotte dalla Buona Scuola sul fronte degli organici e dei trasferimenti entreranno a pieno regime.

Ma cosa significa, tutto questo, da un punto di vista pratico? È presto detto. Sull’anno in corso c’è poco da dire: per i trasferimenti volontari, il comma 2 dell’art.3 del CCNI sulla mobilità ha previsto che il personale immesso in ruolo sino al 2014 aveva ancora titolo a partecipare alla mobilità per acquisire la titolarità in una scuola degli ambiti della provincia di attuale titolarità. Anche a livello interprovinciale, se è andato a buon fine il primo ambito indicato nella domanda di trasferimento.

Chi non è rientrato in questa casistica, ha comunque potuto fruire delle assegnazioni provvisorie. Che ancora si devono completare (a breve si passerà alla gestione delle supplenze annuali, anzi per qualche provincia, soprattutto le più piccole, queste sono state completate o sono in dirittura d’arrivo): tanti docenti, ma non tutti (almeno 15mila neo assunti o finiti negli ambiti non ce l’hanno fatta), sono così riusciti ad evitare il trasferimento lontano da casa grazie all’assegnazione provvisoria su posti, creati all’ultimo momento, in organico di fatto.

L’anno prossimo si continuerà sulla scia del presente. Con le assegnazioni provvisorie “straordinarie” che, in base alle nostre informazioni, continueranno a salvare un nutrito gruppo di docenti, che non a caso abbiamo definito “i fortunati della Buona Scuola”. Questi insegnanti, infatti, continueranno in buon numero a fruire di quello che tanti colleghi, probabilmente non a torto, considerano un privilegio. “A costo di creare ancora un po’ di organico aggiuntivo con il potenziamento scolastico”, ci è stato confermato sempre da fonti vicine a Viale Trastevere.

Una decisione che stride con la stessa Buona Scuola, visto che il comma 73 così recita: “Dall’anno scolastico 2016/2017 la mobilità   territoriale e professionale del personale docente opera tra gli ambiti territoriali”.

Di sicuro, l’anno successivo ancora, il 2018/19, sarà quello della fine delle deroghe: tra un biennio, per intenderci, in corrispondenza con la fine naturale della legislatura (un caso?), si potrà dire addio alle “ciambelle di salvataggio”. E basta anche alle assegnazioni provvisorie su organico di fatto (anche perché nel frattempo potrebbe essere ridotto ai minimi termini).

Indistintamente, tutti i neo-assunti, quelli incappati negli ambiti perché soprannumerari, pure quelli che faranno domanda di trasferimento volontaria (provinciale o interprovinciale), non si muoveranno più sulla singola scuola. Ma solo su ambito territoriale. Con tutto ciò che ne consegue. Ad iniziare dall’essere sottoposti alla chiamata diretta, quindi al giudizio dei dirigenti scolastici che dovranno esaminare il loro curriculum professionale.

Significa, in pratica, che se non troveranno il posto nell’ambito richiesto, la loro sede verrà rintracciata negli ambiti più vicini. Ma in caso negativo, la loro sede verrà rintracciata sugli ambiti di altre province. Sino a spingersi a quelle degli altri capoluoghi della propria regione, come previsto dal comma 66 della Legge 107/15.

Ma oltre alla lontananza, che per i più sfortunati potrebbe comportare spostamenti superiori ai 100 chilometri (più altrettanti per il ritorno a casa), c’è da mettere in conto pure gli altri effetti negativi della norma: chi perde la titolarità nella propria scuola, come già detto in un altro articolo, finisce negli ambiti. E non ha possibilità di ritrovare la titolarità, nemmeno con il passare del tempo (mentre oggi per otto anni conservava la precedenza nella vecchia scuola e manteneva pure la continuità didattica).

Per questo, se la norma non cambierà, si prevede che fioccheranno i ricorsi, visto che questo trattamento potrebbe essere riservato a personale con più punti di altri (rimasti però al “sicuro” nella loro scuola perché non perdenti posto).

A rischiare di più, come logica vuole, saranno i docenti delle discipline più tecniche e specifiche della scuola secondaria superiore: un insegnante (laureato o di laboratorio) di ceramica, di arti navali o ottica, che, in pratica, perde posto nella propria scuola, rischia più degli altri di finire nel girone “infernale” degli ambiti. Perché spesso non ci sono istituti limitrofi che possono accoglierlo. Così, l’algoritmo potrebbe collocarlo chissà dove. Anche a oltre 100 chilometri da casa.

Alternanza Scuola/Lavoro: per Unioncamere solo 1 impresa su 10 si è resa disponibile

da La Tecnica della Scuola

Alternanza Scuola/Lavoro: per Unioncamere solo 1 impresa su 10 si è resa disponibile

Le imprese che, nel 2015, si sono rese disponibili ad accogliere gli studenti coinvolti nell’alternanza scuola-lavoro sono state una su 10. Lo indica Unioncamere, che può contare sul ‘Registro nazionale per l’alternanza scuola-lavoro istituito presso il sistema delle Camere di commercio. Secondo lo studio le imprese disposte ad accogliere i ragazzi possono aumentare del 10% nel 2016, così come gli studenti coinvolti.

Nell’anno scolastico 2015/2016, secondo i dati prodotti dal Miur e resi noti la scorsa settimana, sono 652.641 studenti delle scuole secondarie di II grado che hanno partecipato a percorsi di alternanza Scuola-Lavoro a fronte dei273.000 dell’anno 2014/2015, segnando un +139% di ragazzi interessati.

In particolare, sono 455.062 gli studenti delle classi terze, quelli coinvolti per primi dall’obbligo previsto dalla legge ‘Buona Scuola’, che ha introdotto un numero di ore minimo da effettuare – 200 nell’ultimo triennio dei licei e 400 nell’ultimo triennio dei tecnici – e uno stanziamento di 100 milioni all’anno per questo capitolo. E dei 455.062 ragazzi delle terze, il 50% sono studenti che frequentano indirizzi liceali in cui si registra un vero e proprio boom di partecipazione all’alternanza

Faraone: “Assurdo il no alla bambina disabile per docente a domicilio. Chi ha sbagliato pagherà”

da La Tecnica della Scuola

Faraone: “Assurdo il no alla bambina disabile per docente a domicilio. Chi ha sbagliato pagherà”

La storia di Federica, otto anni, affetta da atrofia muscolare spinale, che vive a Caprileone in provincia di Messina, ha commosso l’opinione pubblica. Nonostante non riesca a muoversi né respirare autonomamente, dall’inizio della scuola la bambina aspetta l’insegnante a domicilio.

“E’ una situazione intollerabile – afferma il sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone ai microfoni del Giornale Radio Rai – perché la scuola italiana ha tutti gli strumenti economici per intervenire, con fondi della legge 440. Naturalmente ho chiesto chiarimenti all’ufficio scolastico regionale per capire per quale ragione ancora non ci sia un intervento a scuola iniziata e coloro che sono responsabili di questo ritardo pagheranno perchè, ripeto, non ci fossero le risorse, non ci fossero le possibilità allora la mancanza sarebbe a parte dello Stato e sarebbe anche quella grave, ma siccome ci sono voglio capire il motivo per cui non si procede”.

“Su questo specifico caso verificherò la situazione e interverrò immediatamente – riporta l’Ansa – ma in generale, si sappia, e lo dico a chiunque sia a conoscenza di fenomeni del genere sul territorio nazionale, che gli interventi sono possibili e le risorse economiche ci sono”.

Erasmus+, pubblicata la nuova guida per il 2017

da La Tecnica della Scuola

Erasmus+, pubblicata la nuova guida per il 2017

E’ on-line l’invito Erasmus+ a presentare proposte per l’anno 2017. Invariate, rispetto all’anno scorso, le scadenze per i SETTORI ISTRUZIONE E FORMAZIONE.

Infatti, per i progetti di Mobilità, Azione Chiave 1, resta ferma la scadenza del 2 febbraio 2017; per la presentazione di Partenariati strategici nell’ambito dell’Azione Chiave 2 il termine è sempre il 29 marzo 2017.

Oltre all’invito, è disponibile anche la Guida al Programma Erasmus+, contenente le condizioni di partecipazione e di finanziamento applicabili al Bando 2017.

Quella discrasia tra organico di fatto e organico di diritto difficile da superare

da tuttoscuola.com

Quella discrasia tra organico di fatto e organico di diritto difficile da superare

Da anni diversi ministri che si sono succeduti a viale Trastevere hanno parlato di superamento della discrasia tra organico di fatto e organico di diritto per dare maggiore stabilità al sistema.

L’argomento è stato affrontato anche dal ministro Giannini in Senato che ha dichiarato: “Il tema fondamentale che non era stato ancora risolto e che in questa legge di stabilità avrà un’opportunità di essere risolto, perché è il convitato di pietra di tutti questi temi che abbiamo discusso è quello della discrasia tra un organico di fatto e uno di diritto. Questo è il vero tema della scuola ed è quello che nel corso degli anni ha creato le complessità di base nell’assegnazione dell’organico.

La discrasia di cui ha parlato il ministro riguarda circa 30 mila posti di sostegno in deroga che ogni anno vengono aggiunti ai posti fissi dell’organico di diritto del sostegno e a circa 35 mila posti costituiti da spezzoni di cattedra ricondotti a cattedra intera.

Ricordo che per la prima volta in questa legge di stabilità – ha precisato il ministro – nel Fondo unico che riguarda la pubblica amministrazione è stata destinata una somma precisa alla risoluzione di questo problema. Sarà quindi una grande opportunità, affinché questi fondi possano definitivamente essere assegnati alla trasformazione dell’organico di fatto in organico di diritto. Insieme alle assunzioni e al concorso in atto, questo sarà il vero motore di una stabilizzazione del personale docente”.

I posti a cui si riferisce il ministro sono 25 mila, di cui 5 mila per il sostegno. Proprio in questo settore l’aumento annuale dei posti in deroga rende sempre più ampia la forbice tra diritto e fatto: quei 5 mila posti stabilizzati saranno assorbiti già l’anno prossimo, confermando la discrasia in atto.

L’impegno è certamente lodevole, ma non basta. E nel settore della disabilità l’effettivo allineamento tra posti di diritto e posti di fatto può e deve rappresentare una tutela alla continuità didattica e al diritto allo studio di oltre 200 mila alunni disabili.

Studenti creativi o ignoranti?

da tuttoscuola.com

Studenti creativi o ignoranti?

Ha fatto notizia, nei giorni scorsi, un’inchiesta condotta da un portale studentesco in occasione della  quarta edizione della “Giornata ProGrammatica” 2016, un evento promosso da Radio3 – rubrica domenicale ‘La Lingua Batte’ – insieme al Ministero dell’Istruzione in collaborazione con il Ministero degli Esteri (MAECI), l’Accademia della Crusca e l’Associazione per la Storia della Lingua Italiana (ASLI). L’iniziativa è rivolta a tutti gli studenti di lingua italiana (in Italia e all’estero) e agli Istituti di cultura italiana nel mondo con l’obiettivo di valorizzare la conoscenza della nostra lingua nazionale.

La data della Giornata ProGrammatica (19 ottobre) è stata scelta all’interno della “Settimana della lingua italiana nel mondo” fissata dal Maeci e dall’Accademia della Crusca dal 17 al 23 ottobre 2016 sul tema  “L’italiano e la creatività: marchi e costumi, moda e design”.

L’esito dell’indagine realizzata da Skuola.net, che ha interessato un campione casuale di 6000 studenti di diverso livello (scuola media, secondaria superiore e università), è per molti aspetti preoccupante, almeno per chi ritiene che alcune regole ortografiche e grammaticali di base debbano essere rispettate anche quando il significato delle espressioni impiegate, pur scorrette, non cambia.

Per esempio quasi 2 studenti di scuola media su 5 pensano che sia corretto scrivere “qualcun’altro”, con l’apostrofo, anziché “qualcun altro” e 1 su 3 studenti dell’area tecnico-professionale giudicano corretto dire “sei stato studiato?”. Molto diffuso (tranne che tra gli universitari) l’uso di “aereoporto” anziché “aeroporto”, mentre il 25% degli intervistati ritiene che “sì” si scriva “si”, senza accento, e che “un po’” si scriva con l’accento (“un pò”) anziché con l’apostrofo. E si deve considerare preoccupante che la parola “sufficiente” si scriva senza la i per il 38% degli studenti delle medie?

Certo, si tratta di errori, almeno fino a quando non entreranno nell’uso corrente (come peraltro è accaduto in non pochi casi nella storia della lingua italiana), ma secondo alcuni non sono da sottovalutare. Non per un mero ossequio alla correttezza formale ma perché starebbero ad indicare una difficoltà, per molti giovani, a controllare in modo consapevole il proprio linguaggio.

In compenso i giovani sembrano linguisticamente assai creativi: ben il 37% inserirebbe volentieri nel vocabolario il verbo “spoilerare”: un anglicismo (da “to spoil”) per dire rovinare la visione di un film o la lettura di un libro, magari giallo, anticipandone la conclusione.

Insomma: ignoranti ma creativi oppure creativi ma ignoranti? Forse tutt’e due…

Pubblicato l’Atto di indirizzo con priorità politiche 2017

da tuttoscuola.com

Pubblicato l’Atto di indirizzo con priorità politiche 2017
Inclusione scolastica, riduzione della dispersione, formazione, ricerca

Sostenere il processo di rafforzamento dell’autonomia scolastica, potenziare la formazione degli insegnanti e del personale in servizio nella scuola. Dare stabilità e certezza alla governance degli istituti scolastici attraverso lo svolgimento dei concorsi per dirigente scolastico e direttore dei servizi amministrativi. Sul sito del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca sono state pubblicate le priorità politiche per il 2017 contenute nell’annuale Atto di Indirizzo firmato dal ministro Stefania Giannini.

Fra le priorità l’inclusione scolastica, da incentivare anche attraverso l’uso di nuove tecnologie; la riduzione della dispersione; il potenziamento e il miglioramento dell’offerta formativa attraverso il rinnovamento della didattica.

Centrali anche l’investimento sul capitale umano sul fronte della ricerca e quello sul diritto allo studio: proseguirà per tutto il 2017 il processo di innovazione tecnologica a partire dalla scuola. Fra le priorità indicate anche l’attuazione della strategia prevista dal Programma Nazionale per la Ricerca.

Alternanza scuola-lavoro, nel 2015 ha risposto 1 impresa su 10

da tuttoscuola.com

Alternanza scuola-lavoro, nel 2015 ha risposto 1 impresa su 10
Unioncamere: nel 2016 prevista crescita del 10%

Le imprese che, nel 2015, si sono rese disponibili ad accogliere gli studenti coinvolti nell’alternanza scuola-lavoro sono state una su 10. Lo indica Unioncamere, che trae il dato dal ‘Registro nazionale per l’alternanza scuola-lavoro’ istituito presso il sistema delle Camere di commercio.

Secondo lo studio le imprese disposte ad accogliere i ragazzi possono aumentare del 10% nel 2016, così come gli studenti coinvolti.

Non sono stati forniti peraltro, almeno per ora, dati disaggregati, relativi – per esempio – alla dimensione delle imprese che accolgono studenti. Le imprese in Italia sono circa 4 milioni e mezzo, ma il 95% di esse è costituito da microimprese, con meno di 10 dipendenti. Sarebbe interessante sapere quante di esse si sono iscritte al Registro nazionale.