Del degrado e dell’ignoranza

Del degrado e dell’ignoranza

di Maurizio Tiriticco

O tempora o mores! La Scalinata di Piazza di Spagna! La nostra Roma offesa di giorno e di notte. Abbiamo a che fare con degli idioti che non capiscono nulla di ciò che è un monumento, un reperto, un pezzo di storia! Oggi l’idiozia sarebbe una virtù, sia per il suo etimo greco che per il suo significato. Meglio l’idiozia che l’inciviltà. Mi spiego! Come sappiamo,”Pietro Bernini alla piazza della Trinità de’ Monti, con bel capriccio, fece la fonte in forma di Barca, con Imprese del Papa”. Insomma, la Barcaccia e la Scalinata di Trinità dei Monti stanno lì da secoli! E nessun suddito romano ha mai pensato di usarla diversamente dall’attingere acqua o di spostarsi dalla Roma della piana del Tevere (quante inondazioni!) alla Roma dei Sette Colli. Per secoli questi monumenti sono rimasti indenni! In effetti, il popolino romano non era incolto e incivile, come si potrebbe credere. Le norme affisse su lastre di marmo e ancora presenti su alcuni palazzi della vecchia Roma prevedevano multe di parecchi scudi o nerbate per chi avesse gettato immondizia per strada. Ma nessun ammonimento per chi avesse imbrattato un monumento. In effetti i monumenti i sudditi del Papa li amavano e non si sarebbero mai sognati di sporcarli. Le gare erano tra quartiere e quartiere per chi avesse la chiesa più bella e le campane di mezzogiorno più festose! E mettici pure la “Corsa dei berberi” sul Corso, appunto!

Inoltre i turisti che giungevano a Roma erano nobili, artisti, letterati… quante lapidi! Qui ha dormito Tizio! Qui ha soggiornato Caio! Qui Sempronio ha scritto! Per secoli i nostri bei monumenti sono rimasti indenni, fatta eccezione del Colosseo, spogliato – com’è noto – più dai Barberini che dai barbari! Ma quella era roba pagana e ci avevano pure ammazzato migliaia di cristiani! E poi sta pure lontano dalla Roma papalina. Lo sapete di quel papa che, dovendosi recare dal Vaticano a San Giovanni, stanco di girare attorno al Colosseo, pensò di aprire un varco al centro?!?!?! Ma sarebbe costato una tombola, per cui… Insomma il popolino amava le sue cose pubbliche, e le amavano anche i turisti di allora, ricchi, pochi e colti.

MA OGGI??? Quod non fecerunt barbari (che poi tanto barbari non erano), fanno invece oggi migliaia di turisti, in larghissima maggioranza incolti e incivili, ignoranti come capre, direbbe Sgarbi! Hanno un po’ di soldi, hanno l’aereo facile ed eccoli qui curiosi più di inviare selfie a casa che non di godere delle nostre bellezze! Il consumo dell’arte per i più non è emotivo, culturale, spirituale, se vuoi, ma è fisico, corporeo. Su queste scale ci mangio i panini e poi butto la carta. Per terra? Certo! Mica me la posso portare appresso! E la fontana a che serve? A bere! Sennò, che ce l’hanno messa a fare? Forse è stato Berlusconi! E’ l’unico politico italiano di cui abbiano qualche contezza! E il bicchiere di carta dove lo getto? Nella fontana certo, sennò dove? Tanto poi l’acqua se lo porta via! E mi ci lavo pure i piedi! Sono tutti sudati e mi fanno un maleee!!! Questi sandali! Quanto ho camminato! Con tutti questi pacchi! Armani! Versace! Le Sorelle Spagnoli Che caldo nell’estate romana! Ma ritorniamoci stasera! Chissà che bella questa scala sotto la luna! Ci portiamo un panino e una birra, e poi ci facciamo pure un pisolino! Speriamo che ci sia la luna piena. Ma quant’è bella questa città! Peccato che domani dobbiamo ripartire! Solo tre giorni, tutto così in fretta! A San Pietro una fila… ci hanno perquisiti, e io con tutti questi pacchi.

A San Paolo non abbiamo fatto in tempo. Ma tanto, sarà la stessa cosa! Erano due fratelli, ammazzati tutti e due, crocifissi mi sembra… mah! Insomma Roma è proprio bella! Si dorme maluccio ma si mangia bene. Ci tornerò! Tu che ne dici. Sì, sì, perché ci è mancato il barcone sul Po! Torniamoci presto!!!

Questo è il livello culturale della massa degli stranieri che si riversa su Roma, di giorno e di notte in tutti i mesi dell’anno! E io che pensavo che gli italiani fossero tra i più ignoranti al mondo! Anche perché lo dicono le statistiche e molte ricerche internazionali. Sappiamo che il 70% degli italiani si trova al di sotto del livello minimo di comprensione nella lettura di un testo di media difficoltà. Un altro 20% possiede le competenze minime per orientarsi e risolvere, attraverso un uso corretto della lingua, situazioni complesse e problemi della vita quotidiana. Si tratta di una vera e propria emergenza sociale, perché è con lo strumento lingua che si costruiscono i campi di comunicazione tra le persone e tra le persone e le “cose”, costituite sia dai fatti della vita quotidiana interpersonale che dalle occupazioni lavorative che dai problemi sociali. Tullio De Mauro dice queste cose da anni, ma… cui prodest? La prima scolarizzazione potrebbe e dovrebbe fare molte cose, ma la nostra ministra del Miur sembra più interessata al funzionamento di un’assurda legge 107 che al funzionamento di un obbligo di istruzione decennale, di cui pochi hanno conoscenza, tuttora frantumato in tre segmenti, ciascuno dei quali, provenendo da tempi e storie diverse, fa parte a sé. A danno di una proficua e produttiva continuità!

Per concludere, lamentarsi dell’ignoranza e dell’inciviltà altrui non ci salva dall’ignoranza e dall’inciviltà nostra. In effetti sulle scalinate di Piazza di Spagna romani, italiani e stranieri sembra che facciano a gara per gettare rifiuti. E i fischi dei vigili? E chi li sente? Pistolettate, ci vorrebbero!

Abilitazioni all’estero per l’insegnamento, qualche chiarimento

Abilitazioni all’estero per l’insegnamento, qualche chiarimento

 

Abilitazioni all’estero più facili e immediatamente riconosciute in Italia? A seguito di alcune notizie circolate anche sulla stampa è bene chiarire il quadro su questo tema. Un chiarimento che abbiamo fornito anche in Parlamento.

Il riconoscimento della professione docente avviene in attuazione del principio della libera circolazione delle professioni sulla base della reciproca fiducia tra i Paesi dell’Unione Europea. Ma non esiste un “riconoscimento automatico” dei titoli ottenuti all’estero. La Direttiva 2013/55/CE, recepita in Italia dal decreto legislativo numero 15 del 2016, prevede infatti la valutazione della formazione attraverso l’analisi comparata dei percorsi formativi previsti nei due Stati membri coinvolti.

Tutti gli esami del percorso abilitante, nonché il tirocinio, devono essere svolti nel Paese che rilascia il titolo abilitante e nella lingua di quel Paese. Il riconoscimento del titolo in Italia può essere richiesto solo per gli insegnamenti per i quali il docente si è legalmente abilitato nel Paese che ha rilasciato il titolo e può essere ottenuto a condizione che tali insegnamenti trovino corrispondenza nell’ordinamento scolastico italiano.
Ovvero: l’eventuale rilascio del provvedimento finale avviene soltanto dopo accurata e attenta analisi della documentazione prodotta, nonché dalla verifica dei presupposti giuridico-amministrativi.
Quanto ai dati circolati sulle abilitazioni in Romania, è priva di fondamento la notizia relativa a 500 decreti emanati dal Miur per il riconoscimento di titoli di abilitazione all’insegnamento conseguiti in quel Paese. Peraltro, secondo gli obblighi di legge, i decreti emessi sono pubblicati sul nostro sito istituzionale.

Nel dettaglio, dal 2012 ad oggi sono state oggetto di valutazione e/o riconoscimento 170 istanze presentate da cittadini romeni che hanno svolto tutta la formazione nel loro paese d’origine e 3 istanze presentate da cittadini italiani, che non riguardano il sostegno, come da notizie circolate, che hanno svolto la formazione in Romania.

È priva di fondamento anche la notizia secondo cui questo Ministero ha stipulato convenzioni tra Università italiane e/o straniere, tanto meno con enti privati che pubblicizzano – ingannevolmente – tali informazioni.
Chi fosse interessato a svolgere tale tipo di formazione straniera non può chiedere anticipatamente al Miur garanzie sull’effettiva validità del titolo conseguito all’estero, piuttosto deve rivolgersi al Ministero dell’istruzione del Paese presso il quale ha o intende conseguire il titolo, che deve invero essere abilitante nel Paese straniero. Soltanto dopo è possibile inoltrare la richiesta di riconoscimento al Miur.

Per approfondimenti

L’ALTERNANZA SCUOLA LAVORO

L’ALTERNANZA SCUOLA  LAVORO
Orientamento, competenze e qualifiche in Europa e in Italia

Camera dei deputati, Nuova aula del palazzo dei gruppi parlamentari,via di Campo Marzio 78, Roma
Lunedì 7 novembre, ore 10.15-13.30

E’ ormai possibile, oltre che opportuno, tracciare un primo bilancio dell’esperienza dell’alternanza scuola lavoro – al secondo anno di vita in Italia -, valutandola anche nel contesto europeo.

Sicuramente positivo per questo bilancio si sta rivelando il progetto ScholarsJob, ideato e realizzato da Confsalform. Il protocollo sottoscritto recentemente da MIUR e FonarCom, fondo interprofessionale costituito dalla confederazione sindacale Confsal e da quella datoriale Cifa, favorisce attraverso ScholarsJob per l’orientamento al lavoro – divenuto una buona prassi del ministero – il raccordo tra sistema produttivo e istituzioni scolastiche. Già testato nel 2014, il progetto è operativo dal 2015. Al suo terzo  anno comincia a vantare numeri interessanti sia sul fronte delle scuole e degli alunni formati sia su quello delle imprese locali coinvolte, numeri che verranno presentati nel corso del convegno insieme a quelli delle risorse finanziarie ora a disposizione per la formazione di tutor aziendali.

Tre le sezioni tematiche dell’appuntamento di lunedì mattina: L’alternanza come percorso per nuove competenze e nuovi lavori in Europa; Scuola e lavoro insieme per la crescita economica e occupazionale; L’alternanza come esperienza nel welfare. Numerosi i rappresentanti del mondo delle istituzioni italiane ed europee, tra cui Silvia Costa, presidente Commissione cultura e istruzione del Parlamento europeo; Davide Faraone, sottosegretario Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca; Luigi Bobba, sottosegretario Ministero del lavoro e delle politiche sociali; Giampiero Bocci, sottosegretario Ministero degli interni. Per il mondo del lavoro e della scuola intervengono: Marco Paolo Nigi, segretario generale Snals-Confsal; Klaus Heeger, segretario generale Cesi-Confederazione europea dei sindacati autonomi; Marina Calderone, presidente del consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro; Andrea Cafà, presidente Cifa e presidente FonarCom; Salvatore Piroscia, direttore generale Confsalform.

PON, on line il nuovo sito web dedicato ai Fondi Strutturali Europei

PON, on line il nuovo sito web dedicato ai Fondi Strutturali Europei Per le scuole disponibile anche una guida operativa

Nuovo look per il portale dedicato ai Fondi Strutturali Europei – Programma Operativo nazionale (PON) “ Per la scuola, competenze e ambienti per l’apprendimento” 2014/2020.
Il portale è da oggi in linea ed è disponibile all’indirizzo www.istruzione.it/pon.
Un design più essenziale, anche per consentire una navigazione comoda ed ottimale da smartphone e tablet, una organizzazione delle informazioni e dei documenti più a misura d’utente, maggiori servizi e una guida operativa dedicata: il nuovo sito web dei Fondi strutturali è stato ripensato nell’ottica di una comunicazione trasparente, veloce, chiara ed efficace.
Il sito web è il principale canale informativo per quanto riguarda l’attuazione del programma comunitario. Tutti gli avvisi, le procedure e le disposizioni generali vengono sempre pubblicate sul portale e inviate alle scuole attraverso l’email istituzionale (@istruzione.it).
Dalla nuova home page del sito è sempre raggiungibile anche l’area dedicata alla precedente programmazione 2007-2013. In questa sezione è infatti possibile reperire sia gli ultimi adempimenti relativi alla chiusura del Programma, sia la documentazione sulla valutazione e sia i dossier utili ai fini della consultazione.

Da segnalare che sono due le piattaforme operative per la gestione del Pon:
Gestione degli interventi (GPU): guida i beneficiari nelle fasi di candidatura, gestione e monitoraggio delle operazioni per la corretta realizzazione delle attività;
SIF 2020 (SIDI): è la piattaforma dedicata alla gestione finanziaria

Misure urgenti e condivise nelle aree colpite dal terremoto

Misure urgenti e condivise nelle aree colpite dal terremoto. Nella legge di stabilità impegni mantenuti solo in parte. Risorse per i contratti insufficienti. Senza risposte le tante emergenze delle scuole.

Comunicato stampa di Domenico Pantaleo, Segretario generale della Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL

Nell’incontro di ieri 2 novembre iniziato alla presenza della Ministra Giannini e poi proseguito con i componenti dell’Ufficio di Gabinetto, prima di affrontare i punti già fissati all’ordine del giorno su: atto di indirizzo per il rinnovo del Ccnl; mobilità, chiamata diretta e legge di stabilità, abbiamo innanzitutto chiesto misure urgenti per gli alunni e il personale della scuola nelle aree colpite dal terremoto.

La Ministra ci ha assicurato che verranno emanati nelle prossime ore, previo monitoraggio di tutte le situazioni esistenti e in accordo con la protezione civile, i provvedimenti necessari per garantire il prosieguo delle lezioni, tenendo conto della chiusura delle scuole nelle aree interessate e dei disagi del personale scolastico costretto a trasferirsi negli alberghi.

Sugli altri punti all’ordine del giorno invece le risposte della Giannini sono state interlocutorie e non soddisfacenti rispetto al caos e all’enorme disagio di chi quotidianamente vive nelle scuole. Sono addirittura sfumati alcuni impegni sul personale ATA che la stessa ministra aveva fatto nell’incontro del 10 ottobre scorso, annunciando nella legge di stabilità un piano straordinario di assunzioni oltre il turn over e l’istituzione della figura di assistente tecnico nella scuola del primo ciclo. Chiusura totale sul rifacimento delle operazioni di mobilità i cui errori sono alla base del grave ritardo nell’assegnazione dei docenti alle scuole.

Abbiamo ribadito le nostre proposte:

per rinnovare i contratti è fondamentale aumentare le risorse disponibili, riportare nella contrattazione tutte le materie sottratte dalla legge 107/15 e dalla legge Brunetta, riaprire la discussione sulla dirigenza scolastica rispetto alla valutazione e all’assegnazione degli incarichi, aumentare le risorse a disposizione del Mof;
occorrono finanziamenti adeguati per riportare in organico di diritto tutto ciò che ormai è organico consolidato nei fatti. Questo riguarda sia i docenti che gli ATA;
è necessario superare la chiamata diretta riportando la materia integralmente nell’alveo contrattuale e eliminando ogni discrezionalità;
le poche risorse previste per le deleghe della legge 107/15 devono essere utilizzate prioritariamente per il potenziamento della scuola dell’infanzia;
è indispensabile eliminare le restrizioni sulle supplenze del personale ATA che mettono a rischio la qualità dell’offerta formativa;
occorre individuare soluzioni attraverso provvedimenti legislativi che aprano la possibilità delle stabilizzazioni per coloro i quali sono in possesso delle abilitazioni anche in relazioni a una maggiore disponibilità di organici nei prossimi anni;
occorre con immediatezza assegnare i 200 milioni del bonus per retribuire il lavoro prestato, essendo inaccettabile ogni ritardo nell’erogazione comunque motivato;
è irrinunciabile il rifacimento delle operazioni di mobilità al fine di rendere giustizia a migliaia di docenti che hanno avuto assegnate sedi sbagliate, subendo in molti casi la “farsa” di conciliazioni unilaterali.
Su questi punti misureremo nel concreto la volontà del Governo nel passare dalle dichiarazioni di principio ai fatti. È evidente anche dall’esito dell’incontro che per risolvere le molte criticità e emergenze nelle scuole il Governo e il Parlamento devono cambiare la pessima legge 107/15. Riteniamo fondamentale accompagnare il confronto con iniziative di mobilitazione della categoria a partire dai rinnovi dei contratti.

Maurizio pro Maurizio

Maurizio pro Maurizio

di Maurizio Tiriticco

Maurizio Muraglia in www.notiziedellascuola.it/formazione in data 31 ottobre scrive tra l’altro e correttamente che “attorno al tema delle competenze ormai ruotano tutti gli aspetti pedagogici e ordinamentali del sistema scuola” E aggiunge che “sul piano delle prassi didattiche si può constatare che le competenze costituiscono un orizzonte non privo di nodi critici”. E ciò vale sia per la conclusione della scuola media (cm 3/2015) che per la conclusione dell’obbligo di istruzione decennale, al termine del primo biennio dell’istruzione secondaria di secondo grado (vedi il dm 139/2007, concernente l’innalzamento dell’obbligo di istruzione, e il dm 9/2010, concernente l’adozione del modello di certificazione dei saperi e delle competenze acquisite dagli studenti al termine dell’assolvimento dell’obbligo di istruzione).Il grande assente è il triennio conclusivo degli studi secondari. In effetti, di certificazione vera di competenze a tutt’oggi nulla si è fatto. Nel cosiddetto modello di certificazione, di cui al dm 26/2009 “concernente le certificazioni ed i relativi modelli da rilasciare in esito al superamento degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria di secondo grado”, tutto si dice, ma di competenze da certificare… neanche l’ombra!

Eppure i nuovi “esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore” – di maturità neanche l’ombra! – sono stati attivati proprio per superare il concetto stesso di maturità: in sintesi, la maturità dovrebbe definire ciò che un soggetto è… e qui entra in gioco la personalità! Ma non lo dico io, lo diceva la legge 119/1969, che all’articolo 5 recita: “L’esame di maturità ha come fine la valutazione globale della personalità del candidato”. Da quel mondo forse tipico del personalismo più becero siamo passati, invece, al mondo del “fare”. Di qui l’introduzione del concetto di competenza (in sintesi, ciò che una persona sa fare)! E si è trattato di una svolta non da poco! Ma è passata nella testa di tutti i nostri insegnanti? Mah! E nella testa degli attuali responsabili del Miur?

Sic stantibus rebus, è difficile dire se veramente il concetto stesso di maturità è stato definitivamente cancellato, tant’è vero che se ne parla sempre, anche da parte ministeriale! Mah!!! La svolta è di una grande importanza ed intende avvicinarci all’Europa! In effetti dovremmo dichiarare che i nostri studenti licenziati dall’istruzione secondaria di secondo grado hanno conseguito un titolo equivalente al quarto livello dell’EQF (European Qualifications Framework). Infatti, in sede di Accordo quadro Stato/Regioni del 20 dicembre 2012 proprio questo si afferma! Ma che cos’è l’EQF? Che cos’è l’Accordo quadro del dicembre 2012? I nostri insegnanti commissari agli esami di Stato – che continuano imperterriti a chiamare di maturità – conoscono questi documenti? Mah!!!

Per comodità di chi legge riporto quanto afferma il documento europeo a proposito del livello quarto dell’EQF: “CONOSCENZA pratica e teorica in ampi contesti in un ambito di lavoro o di studio Una gamma di ABILITA’ cognitive e pratiche necessarie a risolvere problemi specifici in un campo di lavoro o di studio SAPERSI GESTIRE autonomamente, nel quadro di istruzioni in un contesto di lavoro o di studio, di solito prevedibili, ma soggetti a cambiamenti. Sorvegliare il lavoro di routine di altri, assumendo una certa responsabilità per la valutazione e il miglioramento di attività lavorative o di studio”. Si tratta della terna CONOSCENZE, ABILITA’ e COMPETENZE che i nostri studenti dovrebbero avere acquisto al termine di quell’esame conclusivo del secondo ciclo di istruzione che i più – ed anche gli insegnanti, purtroppo – insistono a chiamare di maturità. E non è un caso – e lo dico da ispettore che in campo di esami di Stato esperienza ne ha fatta – che tra un esame di maturità del 1997 – precedente regime, governato dalla legge 119/69 – e un esame di Stato conclusivo “dei corsi di istruzione secondaria superiore”, di cui alla legge di riforma 425/1997, le differenze sono state più formali (ad es. dal voto al punteggio, con il conseguente “dramma” delle griglie… “quella cha ha fatta il prof X è migliore di quella del prof. Z!”) che sostanziali. Per non dire dell’ignoranza dei funzionari del Miur che in ogni OM relativa agli esami di Stato conclusivi del secondo ciclo, insistono DA SEMPRE nel pensare e nello scrivere, purtroppo, che, “a ciascuna delle prove scritte giudicata sufficiente non può essere attribuito un punteggio inferiore a 10”. E non sanno che punteggi e voti non possono essere confusi: infatti, sono attribuiti secondo logiche diverse e con fini diversi. Mah! Così va il mondo! Anzi, il Miur!

E qui vengo al clou di ciò che voglio dire e del perché ho chiamato in causa l’altro Maurizio. Il quale afferma correttamente: “il nodo dei nodi: è la ‘cultura della valutazione formativa’, che sarebbe sottesa ai modelli di certificazione e che richiederebbe ‘processi di lunga durata’, da gestire, si aggiunge qui, attraverso una formazione iniziale ed una formazione in servizio coerenti con gli obiettivi del sistema. Non si tratta, infatti, di applicare dispositivi elaborati altrove. Si tratta di comprendere in profondità il paradigma da cui si parte, ovvero quello della tradizione trasmissiva dell’insegnamento che nel nostro Paese sa resistere pervicacemente soprattutto nell’insegnamento secondario. Occorre comprendere le ragioni di questa resistenza per valutare l’efficacia dei percorsi formativi che si propongono alle comunità professionali. Trasmettere conoscenze o promuovere competenze? La trasmissione è funzionale alla selezione e all’omologazione. La sua ancella fedele è la valutazione quantitativa, sia che si tratti di voto numerico che di scala alfabetica (A, B, C, D…) o aggettivale (ottimo, distinto, ecc.). L’insegnamento per competenze confligge con l’idea di trasmissione del sapere e pertanto anche con forme di valutazione quantitativa e statica, ivi compresi i test standardizzati nazionali. Soltanto lo sviluppo di una valutazione formativa di carattere qualitativo e descrittivo, capace di integrare traguardi (di sviluppo, naturalmente, nel primo ciclo) e processi, può sensatamente candidarsi a costituire l’asse portante della formazione sulle competenze”.

Io vorrei semplicemente aggiungere tre parole: misurare, valutare, certificare. Le prime due vengono da lontano. La terza è relativamente recente. La misurazione è una rilevazione oggettiva di un oggetto: questa camicia è di questo colore, di questo tipo di stoffa, di questa misura e costa tot. Antonio e la moglie ne prendono atto! Antonio la vuole comprare, ma la moglie lo dissuade! Ma potrebbe essere il contrario! E non dico le mille ragioni che ciascuno dei due potrebbe accampare per motivare la scelta. Al di là dell’esempio, si misura e si valuta mille volte al giorno! Basti pensare a quando andiamo al supermercato… questo prodotto costa poco (misurazione) ed è buono (valutazione), quindi lo compro! Ma un altro acquirente dice: “Lo credo che costa poco! E’ una schifezza!”. A scuola la professoressa rileva i numerosi errori di Francesca nel compito di latino. Attenzione! Se Francesca è solita “prendere” sempre otto, l’insegnante dirà: “Francesca! Ma che mi hai combinato? Quel giorno stavi male? Ti eri innamorata?”. Se, invece, Francesca prende sempre quattro ed all’ultimo compito otto, la professoressa dirà: “Francescaaa!!! Da chi hai copiatooo???”. Insomma, la misurazione è, semplificando, un’operazione oggettiva, la “conta degli errori”; la valutazione è il giudizio che si dà considerando altre variabili che vanno al di là della conta. Alla fine dell’anno, quando “si porta” – si dice così – un cinque a sei, perché Giuseppe ha una buona media in tutte le materie, il cinque è l’esito di una misurazione, il sei di una valutazione.

La certificazione è un terzo gradino rispetto alle nostre abitudini scolastiche. Implica l’acquisizione di una o più competenze, che riguardano un saper fare maturo e consapevole. In conclusione, possiamo dare le seguenti definizioni:

Conoscenze – insieme organizzato di DATI e INFORMAZIONI relative a oggetti, eventi, tecniche, regole, principi, teorie, che il soggetto ap-prende, com-prende, archivia e utilizza in situazioni operative quotidiane procedurali e problematiche

(Capacità pro) Abilità – atti concreti singoli che il soggetto compie utilizzando date conoscenze e dati strumenti; di fatto un’abilità è un segmento di competenza (un neonato che ha la mano è “capace” (potenza) di suonare il pianoforte, ma non ha ancora l’abilità

Competenza – la definizione europea – “la capacità dimostrata da un soggetto di utilizzare le conoscenze, le abilità e le attitudini (atteggiamenti): 1 – personali, (il Sé), 2 – sociali (il Sé e gli Altri) 3 – metodologiche (il Sé e le Cose) in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale. Nel Quadro Europeo delle Qualifiche le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia”.

Caro Maurizio! Ora sono stanco! Sono vecchietto e malandato! Ti ringrazio per avermi offerto l’occasione di riflettere e di scrivere un’ulteriore insieme di idiozie! Buon lavoro!

La scuola, questa sconosciuta

La scuola, questa sconosciuta

di Enrico Maranzana

 

“Liceo classico: no, il problema non è il latino” è il titolo dello scritto di Luca Ricolfi, apparso il 16 ottobre su il sole24ore.

Un’esplicita denuncia dell’inadeguatezza (formazione) e dell’inefficacia (educazione) della scuola secondaria superiore: pochi sono gli studenti che accedono agli studi universitari in grado di organizzarsi mentalmente, di astrarre, di concentrarsi, di discernere, di sintetizzare e di dominare le problematiche linguistiche. Una carenza ascritta “alla scuola di oggi che, con la sua corsa ad abbassare l’asticella, fornisce queste capacità sempre più raramente”.

Nello scritto si osserva la scuola come si osserva una scatola nera. Si considerano gli ingressi e le uscite: le dinamiche interne non sono scandagliate. Tutto è rimasto nell’indeterminatezza, non è stata identificata l’origine dello stallo in cui versa l’istituzione.

Uno scenario sconcertante sarebbe apparso se la storia degli ultimi quarant’anni fosse stata ripercorsa.

Nel 1974 la scuola è stata rimodellata in conformità alla dottrina scientifica: la complessità del suo mandato è stata abbattuta seguendo un percorso “per successive approssimazioni”.

Nel rapporto scuola società, nell’identificazione delle competenze generali necessarie all’interazione con la società contemporanea prende avvio la definizione del problema formativo; segue il riconoscimento delle capacità sottese alle competenze generali, cui mireranno tutti gli insegnamenti. Uno specifico organismo collegiale è stato preposto a ogni responsabilità.

Una ristrutturazione, una strategia che non ha prodotto effetti: stupefacente il fatto che la classe politica degli ultimi dieci anni, con sbalorditiva leggerezza, abbia attribuito l’insuccesso alla sua genesi legislativa. Se avesse fatto tesoro del postulato “un gruppo è produttivo e coeso se i membri ne condividono i traguardi” avrebbe individuato i colpevoli del malfunzionamento: i presidi non hanno mai convocato gli organismi collegiali per vincolarli alle loro responsabilità. L’origine e il senso del loro lavoro sono stati occultati e la partecipazione è stata scoraggiata.

A conferma della divergenza tra norma e prassi si trascrive, dalla legge delega n.53 del 2003, la finalità del sistema educativo: “È promosso l’apprendimento in tutto l’arco della vita e sono assicurate a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea”. Il problema dell’insegnamento del greco e del latino, in tale ambito, ha una nuova definizione: quali strumenti (“attraverso conoscenze e abilità”) sono da privilegiare per lo sviluppo di capacità e di competenze?

L’assenza di un’adeguata cultura sistemica è la causa del disservizio.

Il sillabo della lingua cinese per le scuole secondarie di II grado

Lingua e cultura cinese, on line le Linee guida per i docenti

Più di 200 le scuole che offrono corsi

Arrivano le Linee guida per la didattica della lingua cinese nella scuola secondaria di II grado. E’ da oggi disponibile on line, sul portale del Miur il Sillabo per i docenti di lingua e cultura cinese.
Si tratta di un quadro di riferimento unitario per l’insegnamento della lingua nelle scuole secondarie di II grado, una guida per gli insegnanti per progettare al meglio le attività di insegnamento e apprendimento degli alunni. L’insegnamento della lingua cinese si sta sempre di più diffondendo nel sistema scolastico italiano non soltanto nei licei linguistici, ma in tutti gli indirizzi della scuola secondaria di secondo grado.
Nell’anno scolastico 2015/16 dai primi dati – ancora provvisori – del Ministero dell’Istruzione sono state più di 200 le scuole che hanno promosso lezioni di cinese non solo in modalità curriculare, ma anche in modalità “opzionale” grazie ad autonome iniziative. Ben 149 le classi e 51 le cattedre per l’insegnamento curricolare della lingua cinese.
Emilia Romagna, Lombardia, Veneto: le regioni in cui lo studio della lingua è diffuso maggiormente. L’introduzione ordinamentale del cinese nei curricoli della scuola secondaria di secondo grado è iniziata a partire dal 2012, quando sono stati attivati i primi corsi all’interno dei percorsi dei TFA (i Tirocini Formativi Attivi) per cinese, giapponese e arabo.
Nel 2016 per la prima volta l’istituzione delle nuove classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento (Regolamento di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 14/2/2016).
Dal prossimo anno scolastico, il 2017/2018, i primi 13 docenti “di ruolo” saranno assegnati agli istituti secondari di secondo grado.
Da questo anno scolastico, intanto, i docenti avranno uno strumento in più per l’insegnamento, il Sillabo. Il documento è stato elaborato da un Gruppo di lavoro del Miur – Direzione Generale per gli Ordinamenti scolastici e la Valutazione del sistema nazionale di istruzione -, al fine di perseguire sia i fini istituzionali di cooperazione educativa tra Italia e Repubblica Popolare Cinese e sia gli obiettivi formativi prioritari indicati nella Legge 107 “La Buona Scuola”, così da rendere più omogenei e coerenti prassi e materiali didattici.
A coordinare i lavori degli esperti è stato Federico Masini, professore ordinario di Lingua e Letteratura cinese presso la Sapienza di Roma, e l’ispettrice del Miur, Gisella Langé.
Al fine sia di creare un ambiente collaborativo a supporto dei docenti e sia di offrire la possibilità di riflessione e scambio su processi e modelli didattici da adottare, è stato aperto anche un apposito forum sul sito www.cineseascuola.it.


Nota 3 novembre 2016, AOODGOSV 12129

Organico, battaglia alla camera

da ItaliaOggi

Organico, battaglia alla camera

Il Miur deve dimostrare che 400 mln fanno 25 mila posti

Alessandra Ricciardi

Nello scambio di missive e interlocuzioni tra ministero dell’economia e istruzione, la partita era quattro a uno: per i tecnici del dicastero guidato da Pier Carlo Padoan, una cattedra di organico di fatto trasformata in diritto costa allo stato 44 mila euro l’anno. Per viale Trastevere, invece, il costo è di 10 mila euro. Partendo dal presupposto, hanno ribadito i vertici del ministero di Stefania Giannini, che per quelle cattedre ad oggi lo stato paga già uno stipendio ogni anno, salvo luglio e agosto.

Differenze di vedute che hanno portato a non far passare, nel testo della legge di Bilancio 2017, la norma iniziale della Giannini che parlava della piena trasformazione dell’organico di fatto in diritto: stabilizzazione di 25 mila cattedre, tutte quelle che, comprese il sostegno, vengono costituite ogni settembre per rispondere alle esigenze strutturali delle scuole per poi, a fine lezioni, essere cancellate. Cattedre sulle quali, fin quando staranno nel fatto, non sarà possibile fare assunzioni a tempo indeterminato e neppure trasferimenti.

Il testo trasmesso alla camera all’articolo 52 stanzia 140 milioni di euro per il 2017 e 400 milioni a partire dal 2018. Per la Giannini, bastano a creare 25 mila posti fissi, appunto. Per il Mef 11 mila e basta.

La battaglia ora si sposta in parlamento. Due i fronti: un pressing sul ministero dei rapporti per il parlamento per introdurre, in sede emendativa, un correttivo che autorizzi la piena trasformazione dell’organico di fatto in diritto. E contemporaneamente un pressing sui partiti di maggioranza perché sposino e sostengano un emendamento ad hoc per allargare la platea.

La relazione tecnica all’articolo 53, che si pubblica, precisa che i nuovi posti che si creeranno con il fondo andrano a incrementare l’organico dell’autonomia, «in misura corrispondente a una quota di posti derivanti, in applicazione dei vigenti ordinamenti didattici e quadri orari, dall’accorpamento degli spezzoni di orario aggregabili fino a formare una cattedra o un posto intero, anche costituiti tra più scuole». I posti saranno determinati altresì «tenuto conto della spesa annuale di personale, delle progressioni economiche di carriera, nonché degli arretrati e delle ricostruzioni di carriera». La partita inizia.

Contratto, altri 520 mln a bilancio E così aumenti di 50 euro al mese

da ItaliaOggi

Contratto, altri 520 mln a bilancio E così aumenti di 50 euro al mese

Ma servono anche per le assunzioni, decisivi i decreti attuativi

Marco Nobilio

Più soldi per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici. Nel disegno di legge di stabilità definitivo, rispetto alla bozza del 24 ottobre, sono stati stanziati 520 milioni di euro in più per la copertura finanziaria del 2017 e 780 milioni in più a partire dal 2018. I fondi a disposizione, dunque, passano dai 1400 milioni inizialmente previsti per il 2017 agli attuali 1920 e dai 1850 milioni previsti nella prima stesura per gli anni dal 2018 in poi agli attuali 2.630. Ancora troppo pochi per coprire i 180 euro mensili medi di perdita salariale accumulati dal 2009, data di stipula dell’ultimo contratto economico, dai lavoratori dei comparti del pubblico impiego, scuola in testa. Ma comunque sufficienti ad assicurare un aumento netto in busta paga compreso tra i 40 e i 50 euro. Sempre che i fondi non vengano utilizzati in massima parte per finanziare le nuove assunzioni.

L’articolo 52 del disegno di legge di stabilità, infatti, nell’individuare i fondi per il pubblico impiego, non distingue le risorse dirette a coprire i costi della contrattazione collettiva da quelli necessari a finanziare le assunzioni. La determinazione degli importi, infatti, è stata demandata a successivi provvedimenti del governo. La situazione, dunque, è ancora incerta: per sapere qualcosa di più preciso bisognerà attendere l’emanazione dei decreti di attuazione. Oltre tutto al tavolo negoziale siederà anche un convitato di pietra: il consiglio direttivo della Banca entrale europea. Che con la lettera inviata all’allora presidente del Consiglio, Mario Monti, aveva intimato al governo italiano di «valutare una riduzione significativa dei costi del pubblico impiego, se necessario, riducendo gli stipendi». Un comando già osservato dall’esecutivo tramite il blocco della contrattazione collettiva e il ritardo di un anno della progressione di carriera. Che però rischia di costituire un forte ostacolo nel percorso di adeguamento dei salari al costo della vita. A maggior ragione se si pensa che è ancora lontano l’obiettivo del rientro del deficit del bilancio della stato e il clima a Bruxelles è sempre più teso.

Oltre tutto sulla riapertura del contratto pendono anche altre incognite. Prima fra tutte la determinazione degli spazi di manovra della contrattazione collettiva nella definizione delle regole sulla mobilità e le assenze tipiche (assenze per malattia, permessi e congedi). La legge 15 del 2009, infatti, ha precluso al tavolo negoziale la facoltà di derogare le norme di legge facendo salve le deroghe introdotte fino al 2009. E successivamente sono state introdotte ulteriori disposizioni che sanzionano con la nullità le clausole difformi disponendone la sostituzione automatica con le norme di legge con cui contrastano.

Per esempio, se le parti dovessero confermare alcuni istituti quali i permessi per motivi personali oppure la preclusione della riduzione dello stipendio nel primo mese di astensione facoltativa, c’è il rischio reale che tali deroghe, oggi pacificamente applicate, non possano più trovare copertura legale. E ciò le renderebbe automaticamente nulle. Nel caso dei permessi per motivi personali e familiari, si ritornerebbe alla vecchia disciplina prevista dal decreto 278/2000, che prevede tale possibilità solo in caso di gravi motivi familiari. Mentre per l’astensione facoltativa, dovrebbe applicarsi la disciplina legale, che prevede la retribuzione al 30% e non al 100% come dispone l’attuale contratto. In buona sostanza, dunque, prima di aprire le trattative, sarebbe opportuno che parti procedessero ad un’attenta ricognizione delle leggi attualmente in vigore rispetto alla singole fattispecie contrattuali, verificando quali tra queste risultino derogate dal contratto e quali altre no.

E soprattutto sarebbe opportuno verificare se il governo sia orientato nel senso della conservazione dei diritti acquisiti oppure sia incline a ritenere che si debba procedere alla loro cancellazione, riscrivendo le regole in senso più restrittivo. Nel qual caso sarebbe opportuno attendere l’emanazione di un provvedimento legislativo che faccia salve le deroghe esistenti. Nel secondo caso, probabilmente, sarebbe più utile rifiutare di stipulare nuovi accordi, consentendo così ai lavoratori dei comparti del pubblico impiego, scuola compresa, di potere continuare a giovarsi dell’attuale disciplina contrattuale, che rimarrebbe applicabile in forza del principio dell’ultrattività dei contratti collettivi. Un’ulteriore ipotesi potrebbe essere quella di procedere con un nuovo contratto solo economico, lasciando intatta la parte normativa.

Si parlerà anche di questo nell’incontro tra i rappresentanti delle organizzazioni sindacali Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda-Unams e il ministro Stefania Giannini fissato a viale Trastevere per il 2 novembre prossimo. All’ordine del giorno vi sono, peraltro, anche altre questioni scottanti, quali: la mobilità, gli organici e i criteri per la chiamata diretta.

Maestre verso l’uscita anticipata

da ItaliaOggi

Maestre verso l’uscita anticipata

Il lavoro nelle scuole dell’infanzia è considerato usurante

Introduzione dell’Ape, istituto finanziario a garanzia pensionistica; pensionamento anticipato per i lavoratori precoci e per quelli occupati in mansioni usuranti o gravose; cumulo gratuito di tutti i contributi previdenziali non coincidenti maturati in gestioni pensionistiche diverse. Sono queste le principali modifiche –concordate al termine del lungo confronto tra le organizzazioni sindacali e il ministro del lavoro, Giuliano Poletti – che saranno apportate alla normativa previdenziale vigente (decreto legge n. 201/2011 e successive modificazioni), se il disegno di legge di bilancio 2017 che le prevede, attualmente all’esame del Parlamento, sarà trasformato in legge.

Cumulo periodi assicurativi. Con effetto dal 1° gennaio 2017 sarà consentito, ai fini sia della maturazione dei requisiti contributivi per la pensione di vecchiaia(20 anni ) che per l’accesso alla pensione anticipata, il cumulo gratuito di tutti i contributi previdenziali non coincidenti maturati in gestioni pensionistiche diverse, ivi comprese le gestioni separate.

Pensionamento anticipato lavoratori precoci. A decorrere dal 1° maggio 2017 potranno accedere alla pensione anticipata con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica e senza penalizzazione alcuna i lavoratori, compresi quelli della scuola, che possano fare valere almeno 12 mesi di contribuzione per periodi di lavoro effettivo prestati prima del raggiungimento del diciannovesimo anno di età, assistano da almeno sei mesi antecedenti la domanda di pensione il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicappato in situazione di gravità o abbiano una accertata riduzione della capacità lavorativa superiore o uguale al 74 per cento ovvero che svolgano da almeno sei anni in via continuativa attività lavorative considerate gravose e usuranti. Il personale della scuola interessato è quello che presta servizio nelle scuole dell’infanzia.

Flessibilità in uscita. Ape. La possibilità di una uscita flessibile dal lavoro, da sempre auspicata anche, se non soprattutto, dai docenti della scuola dell’infanzia e della scuola primaria, sarà possibile, a decorrere dal 1° maggio 2017 mediante l’istituto dell’Ape, acronimo di anticipo finanziario a garanzia pensionistica. L’uscita flessibile sarà consentita a domanda fino a tre anni e sette mesi prima del raggiungimento dell’età anagrafica prevista dalla normativa vigente per l’accesso alla pensione di vecchiaia( 66 anni e sette mesi nel 2017 e nel 2018).

Per tutto il periodo di uscita anticipata dal lavoro e fino compimento della suddetta età anagrafica, al lavoratore che la chiede sarà corrisposta, a titolo di prestito da restituire a partire dalla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia, con rate per la durata di venti anni, una somma mensile pari a quella derivante dalla pensione maturata, ovvero una indennità a carico del datore di lavoro o dello Stato, se pubblici dipendenti, di durata non superiore al periodo intercorrente tra la data di accesso all’Ape e il raggiungimento della citata età anagrafica.

Uscita anticipata con prestito. A decorrere dal 1 maggio 2017, in via sperimentale fino al 31 dicembre 2018, l’uscita anticipata con un prestito potrà essere chiesta anche dal personale scolastico purché abbia una età anagrafica non inferiore a 63 anni, possa fare valere almeno 20 anni di contribuzione e la pensione maturata risultare pari o superiore a 1,4 volte il trattamento minimo previsto nell’assicurazione generale obbligatoria. L’ammontare di ciascuna delle 240 rate previste per la restituzione del prestito varierà a seconda del periodo richiesto di anticipo della pensione. Indicativamente dovrebbe mediamente aggirarsi tra un minimo di 50 ed un massimo di 160 euro.

Uscita anticipata a costo zero. Sempre in via sperimentale, dal 1 maggio 2017 al 31 dicembre 2018, al personale della scuola che al compimento del requisito anagrafico di 63 anni chiederà di anticipare l’uscita dal lavoro e si troverà in una delle seguenti condizioni:

– assistere da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ed essere in possesso di una anzianità contributiva di almeno 30 anni;

– avere riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore o uguale al 74 per cento ed essere in possesso di una anzianità contributiva di almeno 30 anni:

– di prestare servizio da almeno sei anni in via continuativa come insegnante nella scuola dell’infanzia ed essere in possesso di una anzianità contributiva di almeno 36 anni;

Sarà invece riconosciuta una indennità a costo zero per una durata non superiore al periodo intercorrente tra la data di accesso al beneficio di uscita anticipata dal lavoro e il conseguimento dell’età anagrafica prevista per l’accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia (66 anni e sette mesi).

L’indennità, che non potrà in ogni caso superare l’importo massimo mensile lordo di 1.500 euro, sarà erogata mensilmente su dodici mensilità nell’anno e sarà pari all’importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione.

L’avvertimento dei prof al governo: non ripetete l’errore della Fornero

da ItaliaOggi

L’avvertimento dei prof al governo: non ripetete l’errore della Fornero

L’anno lavorativo nella scuola finisce ad agosto

Franco Bastianini

Nel merito delle modifiche, come in precedenza sintetizzate, che stanno per essere introdotte nella normativa previdenziale, il giudizio dei docenti e del personale Ata interpellati su un campione di tre città , Milano, Roma, Napoli, risulta essere, in linea di massima, positivo ma a condizione che nell’applicazione dei nuovi istituti non si continui ad ignorare che ai fini pensionistici l’anno lavorativo dei dipendenti della scuola non è l’anno solare ma quello scolastico che inizia il 1° settembre e termina il 31 agosto dell’anno successivo.

Sarebbe infatti diabolico, hanno sostenuto gli interpellati, se dovesse ripetersi l’errore commesso dalla riforma Fornero che, per avere ignorato la atipicità dell’anno scolastico ha consentito un diverso trattamento pensionistico tra il personale che aveva maturato la famigerata “quota 96” entro il 31 dicembre 2011 e quello che lo avrebbe maturato entro il 31 agosto 2012 e quindi entro l’anno scolastico 2011/2012.

Giudizio comunque positivo sia per quanto riguarda la possibilità di cumulare gratuitamente tutti i contributi previdenziali non coincidenti maturati in gestioni pensionistiche diverse, ivi comprese le gestioni separate, presenti soprattutto tra il personale docente della scuola secondaria di II grado,, che per quanto riguarda la possibilità offerta ai lavoratori precoci di accedere alla pensione anticipata con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica e senza penalizzazioni.

Molte invece le perplessità sull’istituto dell’Ape. Giudizio assolutamente negativo sull’uscita anticipata che comporta la contrazione di un pesante prestito. Positivo, ma con qualche riserva sul numero degli anni di contribuzione da poter fare valere, è invece il giudizio sull’uscita anticipata a costo zero.

Nonostante risulti evidente che il personale della scuola interpellato valuti, seppure con qualche riserva(anno solare anziché anno scolastico; anticipazione in uscita eccessivamente onerosa; lavoro usurante e/o gravoso solo quello prestato dal personale della scuola dell’infanzia) positive le proposte di modifiche da apportare alla normativa previdenziale vigente, potrebbe non essere molti, soprattutto tra i docenti, quelli che a qualsiasi titolo chiederanno di anticipare l’uscita dal servizio.

Interessati sono 48.000 docenti e 12.000 Ata che nel corso del 2017 potranno fare valere almeno 63 anni di età. A utilizzare l’uscita anticipata a costo zero potrebbe essere il 20/25 per cento, l’80 per cento del quale sarebbe costituito dal personale in servizio nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria.

Sparito il raddoppio dei fondi per gli Its in legge di Bilancio

da ItaliaOggi

Sparito il raddoppio dei fondi per gli Its in legge di Bilancio

non c’è più traccia del raddoppio, più volte annunciato dal governo, dei fondi agli Its, gli Istituti tecnici superiori, le “super scuole” di tecnologia, post diploma, alternative all’università e partecipate dalle imprese.

di Claudio Tucci
Come nel gioco dell’oca si torna alla casella di partenza: nella legge di Bilancio, appena approdata alla Camera, non c’è più traccia del raddoppio, più volte annunciato dal governo, dei fondi agli Its, gli Istituti tecnici superiori, le “super scuole” di tecnologia, post diploma, alternative all’università e partecipate dalle imprese.

A saltare è anche la previsione di un nuovo pacchetto di semplificazioni, da attuare con un apposito Dpcm, per rilanciare definitivamente questi istituti, che hanno numeri ancora di nicchia (i frequentanti oscillano tra i 5-6mila ragazzi, in Germania nelle «Fachhochschulen», analoghi istituti di formazione terziaria professionalizzante, si specializzano più di 800mila studenti), ma funzionano piuttosto bene visto che oltre l’80% dei diplomati biennali ha un’occupazione, e nel 90% dei casi coerente con il titolo di specializzazione conseguito.

A sopravvivere invece è una sola disposizione, presente in manovra, che apre alle Fondazioni Its la possibilità di essere incluse tra i soggetti beneficiari di eventuali erogazioni liberali (finalizzate a innovazione tecnologia, edilizia scolastica e ampliamento offerta formativa) che sono detraibili al 19% per quanto riguarda le persone fisiche e deducibili ai fini Ires.

Il mancato stanziamento dei 13 milioni aggiuntivi (attualmente lo Stato versa la stessa cifra ogni anno) e il dietrofront sul nuovo pacchetto di semplificazioni a governance e regole contabili preoccupano il mondo delle imprese: «Gli Its sono, oggi, l’unico canale di formazione terziaria altamente professionalizzante e i profili che escono da queste super scuole sono molto richiesti dalle aziende – sottolinea il vice presidente di Confindustria per il Capitale umano, Giovanni Brugnoli -. Anche il salario di ingresso è di tutto rispetto. Certo, ci rendiamo conto delle difficoltà di bilancio. Mi auguro, tuttavia, che nel corso dell’iter parlamentare il governo riesca a trovare una soluzione».

Ma a far storcere il naso agli operatori c’è anche, e soprattutto, il passo indietro sul Dpcm “taglia burocrazia”: «Siamo disorientati – aggiunge Riccardo Rosi, vice direttore dell’Unione industriale di Torino e membro del locale Its areospazio-meccatronico -. Ogni giorno lavoriamo tra difficoltà e con una presenza eccessiva di vincoli pubblicistici, che rallentano le attività a favore dei ragazzi. Anche il ruolo dell’istituto scolastico capofila va rivisto. C’è bisogno di regole di funzionamento snelle e di una governance più semplifice».

«Gli Its sono centrali nella strategia di sviluppo dell’istruzione terziaria professionalizzante, anche in collegamento con Industria 4.0 – risponde Marco Leonardi, consigliere economico di palazzo Chigi -. Ci batteremo in Parlamento per recuperare i fondi necessari. Lavoreremo anche sulle semplificazioni. Vogliamo rilanciare, davvero, questo importante segmento formativo».

Potenziamento, faq e non circolare

da ItaliaOggi

Potenziamento, faq e non circolare

Le risposte entro la settimana

Marco Nobilio

La circolare sul potenziamento non sarà emanata: al suo posto saranno pubblicate delle faq. Secondo quanto risulta a Italia Oggi le risposte alle sollecitazioni degli addetti ai lavori, circa l’emanazione di chiarimenti da parte dell’amministrazione centrale, non avverrà con un provvedimento vero e proprio, ma con la pubblicazione di Faq: un strumento già utilizzato in passato, che consiste nella pubblicazione di domande e risposte sulle questioni più importanti, con le quali si stanno arrovellando dirigenti scolastici e docenti per dare attuazione al potenziamento.

Le faq dovrebbero essere pubblicate sul sito del ministero dell’istruzione entro questa settimana. Va detto subito che, a differenza delle note e delle circolari, le faq non vincolano gli operatori scolastici. Ma costituiscono comunque un ultime strumento per tentare di comporre le controversie in atto. Anche se, fino ad ora, la giurisprudenza non si è pronunciata circa la validità delle stesse ai fini della risoluzione delle controversie e sulla possibilità di annullarle se non legittime. Tra le questioni più scottanti c’è senz’altro quella dell’utilizzo dei docenti su cattedra di potenziamento come «tappabuchi». E cioè per la sostituzione dei docenti assenti. Che sta destando molte perplessità anche in forza del fatto che le sostituzioni, allo stato attuale, vengono disposte anche su ordini di scuola diversi per i quali i docenti interessato non risultano muniti di abilitazione. Si pensi al docente di scuola secondaria utilizzato nella scuola primaria e viceversa.