Mobilità e vincolo quinquennale sostegno

Mobilità e vincolo quinquennale sostegno, nuovi successi Anief a tutela del servizio svolto durante il precariato

Dal nord al sud Italia i Tribunali del Lavoro stanno dando ragione all’Anief sull’ulteriore illegittimità e discriminazione posta in essere dal Ministero dell’Istruzione nelle operazioni di mobilità a discapito dei docenti di ruolo che hanno svolto servizio di insegnamento con contratti di lavoro a tempo determinato. Gli Avvocati Fabio Ganci, Walter Miceli e Ida Mendicino – dopo i successi già ottenuti a Trieste, Forlì, Pisa e Roma – ottengono dal Tribunale del Lavoro di Paola (CS) dei provvedimenti esemplari che condannano l’evidente discriminazione posta in essere dal MIUR a causa del mancato riconoscimento del servizio svolto durante il precariato ai fini dell’assolvimento del vincolo quinquennale su posti di sostegno e del relativo trasferimento su posto curricolare. “Lo sciopero del prossimo14 novembre con presidio davanti Montecitorio è stato fortemente voluto anche per questo – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – il Ministero dell’Istruzione deve smetterla di considerare il servizio svolto durante il precariato come servizio “di serie B” anche nelle operazioni di mobilità e ai fini della ricostruzione di carriera dei docenti di ruolo”.

Orientagiovani

Giovedì 10 novembre, presso l’Aula Magna della Libera Università di Bolzano, si svolgerà la XXIII edizione di Orientagiovani: la manifestazione che ogni anno Confindustria dedica all’incontro tra imprenditori, giovani studenti e apprendisti.

All’evento, organizzato in collaborazione con l’Assoimprenditori Alto Adige, parteciperanno a Bolzano oltre 400 studenti. Inoltre, 90 associazioni territoriali e di categoria organizzano eventi di orientamento: vi saranno coinvolti circa 20mila studenti.

La giornata sarà aperta dagli interventi di Giovanni Brugnoli, vice presidente di Confindustria per il Capitale Umano, e di Stefan Pan, presidente Assoimprenditori Alto Adige, vice presidente di Confindustria e presidente del Consiglio delle Rappresentanze Regionali e per le Politiche di Coesione. In conclusione, dopo l’assegnazione del 12° Premio Nazionale Orientagiovani “L’impresa per i giovani”, interverrà il presidente Vincenzo Boccia.

Al centro della XXIII edizione di Orientagiovani ci sarà il nuovo paradigma di Industry 4.0 e le competenze che serviranno ai giovani per rispondere alle esigenze delle nuove fabbriche esprimendo a pieno il loro potenziale. Il titolo di questa edizione è “Industry 4.C: Connessi, Creativi, Competenti e Competitivi. Pronti alla sfida”.

Alternando spunti emozionali e casi applicativi verrà spiegato ai ragazzi quali siano le nuove tecnologie che si stanno affermando affrontando in modo semplice, divertente, creativo e dinamico temi quali cloud computing, internet of things, realtà aumentata, robotica, le nuove competenze manifatturiere.

I lavori saranno trasmessi in streaming sul sito di Confindustria (www.confindustria.it) oppure direttamente sul sito dell’evento (www.orienta-giovani.com), ma sarà possibile seguirli anche grazie ai canali social di Confindustria e di Orientagiovani (Facebook e Twitter).


Programma

Conversando…

Conversando con Barbara mia amica da sempre

 di Maurizio Tiriticco

Hai ragione, Barbara, quando in un recente post su FB, scrivendo di questa nostra bella Costituzione che qualche improvvido politico dei nostri giorni vorrebbe modificare, affermi che, quando fu scritta, “Maurizio c’era”! Ed è corretto! Sono nato nel 1928 e sono stato un convinto BALILLA MOSCHETTIERE! A proposito: puoi scaricare dal web il mio libro, che è anche divertente: il “ventennio” vissuto e visto da un bambino; un volumetto forse più adatto per studenti che non sanno nulla di quel tempo e che non arrivano mai a studiarlo perché è sempre finito l’anno scolastico! Poi dalla caduta del suo DUCE – il 25 luglio del ’43 – all’8 settembre il bambino, ormai grandicello, cade in CRISI PROFONDA! Che stava succedendo? E non ci capiva niente! Poi fortunatamente, lo zio Lele e lo zio Gino, il primo socialista da sempre, il secondo repubblicano, lo hanno aiutato a “comprendere”. Di qui l’iscrizione prima alla FGCI, poi al PCI, sezione universitaria di Roma. E poi, una volta cresciuto – almeno penso – quante lotte, quante manifestazioni! E quante volte ci siamo incontrati io e te! E quante volte abbiamo evitato le manganellate della Celere di Scelba. Una storia, o più storie, tutte da raccontare!

I ragazzi di oggi non sanno nulla di nulla – o poco o niente – del nostro passato! Dell’8 settembre, della lotta partigiana, della nascita della Repubblica! E’ molto raro che a scuola giungano a studiare la storia fino ai tempi nostri. Anche perché questi testi scolastici di storia – e non solo – pesano l’iradiddio, ovviamente per costare un sacco! Per cui sono pieni di figure, letture, grafici, sintesi, santarelli, prove di verifica quasi sempre idiote. Una prova di verifica non si improvvisa! Nasce da un ricerca che si chiama docimologia, che è una disciplina come le altre! E spesso uno storico non è un docimologo! Insomma certi manuali contengono più amenità che concetti, per cui non aiutano affatto lo studente a cogliere i nodi reale degli avvenimenti .Temo che anche molti insegnanti – e non voglio offendere nessuno – sappiano poco della nostra storia, anche perché in aula – come si suol dire – “non si deve fare politica”! E la storia più è recente più è occasione di rischio! Bella scusa!

Per non dire del “presente”. In effetti oggi è difficile capire bene che cosa sta avvenendo in Siria e a Mossul. Ci sono stato in quei Paesi, che sono ricchi di storia e di monumenti: il Krak dei Cavalieri in Siria; la Grande Moschea di Mossul, che è una delle più belle dell’intero Medioriente. Chi sta combattendo in quei luoghi e per che cosa? E poi, spostandoci al Nord, sul confine russo che sta succedendo? Ci sono anche i nostri soldati! E poi ancora, il fenomeno Trump, un incolto aspirante dittatorello, insolito per la storia degli USA! Io faccio il tifo per Hillary: prima di tutto perché è donna e poi perché sa pienamente il fatto suo che – penso – è anche il nostro! Non fare politica in un’aula scolastica è più che giusto, ma la storia è un’altra cosa! E la linea di confine tra il passato e il presente è labilissima. Alle prime elezioni, quelle del ’46, a cui parteciparono per la prima volta anche le donne, votò il 90% degli italiani!!! Ora, come sai, vota solo poco più della metà del corpo elettorale. Che tristezza! L’antipolitica, spesso per colpa della politica stessa, avanza lentamente e non sembra recedere. Il che, di fatto, rende anche poco significativo lo studio della storia nelle nostre scuole! Anzi della Geostoria! Ma che bella invenzione!!! Tutto all’insegna del risparmio!

Insomma, stiamo attraversando un periodo storico molto difficile, se non brutto! Da Nord un’Europa che ci bacchetta! Da Sud sbarchi continui di “altri da noi” che nel corso degli anni provocheranno modifiche profonde nel corpus stesso della popolazione della penisola (hai notato? non ho scritto “popolazione italiana”). Siamo alla vigilia di grossi cambiamenti socioantropologici e la nostra politica sembra incapace di tentare almeno una prima e grossolana interpretazione! E poi di agire conseguentemente! E’ troppo facile per la Rete 4 di Berlusconi e il suo mentore Maurizio Belpietro mettere il dito sulla nostre piaghe per fare spettacolo! Che pena fare audience sulle sofferenze degli abitanti dei nostri piccoli centri in cui i prefetti giorno dopo giorno inviano d’autorità immigrati. E’ chiaro che l’identità stessa di un piccolo paese viene messa a rischio! Si tratta di un fenomeno che nelle grandi città, ovviamente, è meno avvertito. Purtroppo sono fenomeni non controllati, non disciplinati, non interpretati da parte di chi dovrebbe farlo, e invece subiti dalla popolazione! E, in assenza di ogni analisi sociopolitica e successivi interventi, chi paga le conseguenze sono i nostri concittadini dei piccoli centri. Insomma con il recente terremoto fisico, visibile, distruttivo del nostro Centroitalia, fa pendant un terremoto socioeconomico, senz’altro lento e pressoché silenzioso, nelle nostre regioni del Nord, ma che avrà conseguenze molto più importanti, sul terreno della geopolitica e della composizione socioeconomica dell’intero Paese

E, a fronte di tale complessità, la politica dov’è? Ah!!! I “bei tempi” dei grandi partiti storici… linee politiche e socioeconomiche che si confrontavano su terreni teorici e pratici veramente tra loro diversi! Congressi, sezioni di partito territoriali, quotidiani e riviste di partito. Non esiste più nulla o quasi! E la chiusura della sezione romana del PD di Via dei Giubbonari è significativa di questa lenta ma inarrestabile erosione della politica delle sezioni… e quelle di tutti i partiti! Ma esistono ancora i partiti? Ce n’è uno solo, di fatto… i Cinque Stelle non vogliono essere un partito e… dimenticavo Forza Italia… esiste ancora? Dimenticavo una Lega Nord, che ormai ha rotto gli argini padani per tentare di diventare una Lega nazionale. Campa cavallo, che l’erba cresce: dice un noto proverbio. Ma il partito attualmente operativo, Unico e Solo, è veramente erede di quel compromesso storico, come Moro e Berlinguer lo avevano immaginato? In un Paese come il nostro la parola compromesso non ha mai un significato positivo! Compromessi, quanti ne vogliamo, ma storici mai! Dopo l’infausta Bolognina di Occhetto nel lontano 1989 è nato un bambinello un po’deboluccio, che nel suo sviluppo/crescita ha mostrato segni più di handicap che di opportunità.

Insomma, per concludere, abbiamo conosciuto tempi in cui i “punti di vista”, le contrapposizioni, le polemiche et al non nascevano dal nulla di un noioso dibattito televisivo tipico nei nostri giorni, anche se in effetti Lilli Gruber si dà un gran da fare per offrirci tavole rotonde di un certa dignità. Per il resto televisivo dei nostri giorni ci sono somministrati litigi facili e scontati più che linee politiche che si confrontino! Oggi scendono in tv come su un ring giovanotti di bella presenza e deputatesse sempre belle, fresche di parrucchiere – pardon, acconciatore – e di estetista. Ce ne fosse una bruttina o così così! Forse solo ai nostri tempi, cara Barbara, c’erano donne senza trucco… e senza la ricerca di una costosa eleganza! Perché l’eleganza era altrove… Ricordo Tina Anselmi, ovvero “Gabriella”, staffetta nella lotta partigiana, ci ha lasciato da poco! Nilde Iotti, una delle ventuno Madri ci ha lasciato nel 1999. E ci hanno lasciato anche le altre venti, tra cui amo ricordare Rita Montagnana, Teresa Noce, Nadia Spano, MariaFederici.

Cara Barbara! Altri tempi! Altri politici! Altre politiche! E molti/e di loro avevano “fatto” il carcere o il confino o l’esilio. I nostri oggi – grazie a una democrazia consolidata – la Turchia di Erdogan è lontana! – non rischiano nulla! Pertanto, in larga misura, vendono parole su parole, come fossero caramelle! E aspirano a far carriera nella Camera o nel Senato per garantirsi laute pensioni e vitalizi. E di politica resta poco o nulla! Mia cara! Diciamocelo! Matteo non ha oppositori!!! Comunque, la sua Leopolda è poca cosa, anche se Matteo ce la mette tutta per… perché di fatto la situazione nostra, quella europea e quella mondiale è difficile da capire, per Matteo e anche per un D’Alema, sempre più spocchioso: il quale fa di tutto per trovare un meccanico che lo aiuti a rimettersi un po’ a posto dopo essere stato inevitabilmente rottamato. Mah! Tra le Giannini e le bellocce del governo attuale (non voglio offendere nessuna, anche perché, in effetti, ce la mettono tutta per fare le cose al meglio), non so quanto sia attenta e mirata da parte loro un’analisi profonda delle realtà attuale, italiana, europea e internazionale. Che il 4 dicembre vinca il SI’ o che vinca il NO, cui prodest? Il problema non è Matteo sì, Matteo no! I problemi sono altri, ma… non lasciamoci intrappolare tra le lacrimose lamentele di un Bersani e i nervosismi di un D’Alema! La rottamazione fa male, lo so! Ma un Matteo non si batte né recriminando né imprecando

Carissima! Un abbraccio grosso cosììì!!!

La sera del 3 novembre 1966, a Firenze

La sera del 3 novembre 1966, a Firenze

di Vittorio Zedda

 

Passavo in autostrada in prossimità di Firenze,diretto a Lucca,quella sera. Avevo percorso l’autostrada Bologna – Firenze sotto il più pauroso nubifragio che io a tutt’oggi ricordi . Sul tratto appenninico l’acqua scorreva a fiumi, scendeva limacciosa lungo il pendio dei monti,grondava sull’autostrada e l’attraversava,cadendo a cascata dai viadotti , nel vuoto sottostante. La visibilità era scarsissima più per l’intensità della pioggia che per la fine del giorno. L’asfalto era viscido,scivoloso , percorso da acqua e melma. Su tutta l’autostrada c’erano auto e camion fermi, messi di traverso, persino sullo spartitraffico erboso, che allora c’era, a tratti. Molti si fermavano, evidentemente in preda al panico, non potendo vedere dove andavano a finire, non fidandosi di procedere nell’acqua limacciosa. Io invece non mi fermai. Pensavo : qui chi si ferma è perduto. Dovevo andare avanti, dovevo togliermi da quella situazione. Alla luce dei fari ,stetti alla guida non so quante ore,passando adagio a zig-zag, tra veicoli fermi, sotto il diluvio, col naso incollato al parabrezza cercando di vedere qualcosa. O almeno di indovinare. I raccordi autostradali mi evitarono l’ingresso a Firenze, dove avrei potuto anche fermarmi per una sosta, ma non volevo far stare in ansia chi mi aspettava. All’epoca i telefonini cellulari non esistevano .Arrivai a Lucca, dalle zie preoccupatissime, ad ora tarda, e raccontai. La mattina dopo la radiosveglia mi destò . Trasmetteva un appello : “ Si invita la popolazione a non uscire dalle case. Si stanno organizzando i soccorsi …” Non ci voleva molto a capire cos’era successo. Metà Toscana era sott’acqua e Firenze era stata sconvolta dal fiume in piena. Molte vie di comunicazione erano rimaste interrotte. Dovetti restare a Lucca qualche giorno, prima di rientrare a Milano.Ritornai a Firenze pochi mesi dopo, a Pasqua. Volevo vedere coi miei occhi quel che la televisione in bianco e nero aveva per mesi mostrato. Del rischio che avevo corso mi dimenticai, quando vidi Firenze, com’era.
Ho ritrovato un breve articolo ,scritto e pubblicato 50 anni fa, sulla rivista “L’Educatore italiano” – Fratelli Fabbri Editori, inserto geografico “ Toscana”. Allora scrivevo per il settore scolastico e divulgativo di quella casa editrice.
Rileggendo ora quell’articolo, mi è venuto da pensare ai cosiddetti cambiamenti climatici, che forse non sono cambiamenti,data la loro secolare ricorrenza, ma fenomeni meteorologici ciclici , la cui gravità tende però ad accentuarsi in modo più che preoccupante .Riporto sotto l’articolo.


alluvione_di_firenze_07Alluvioni a Firenze

Firenze : Pasqua 1967. In piazza del Duomo assisto al tradizionale “scoppio del carro”.La “colombina” esce sibilando dal grande portale del Duomo ed il carro è scosso da una serie di esplosioni.
Lo scoppio è andato benone e ciò significa che l’annata sarà buona. Vedo attorno facce allegre e ascolto i commenti della gente : parole piene di speranza,di augurio,battute argute com’é nel costume di questo popolo che non si lascia demoralizzare nemmeno dalle peggiori sciagure. Infatti la città,che sembrava irrimediabilmente devastata dall’alluvione,sta per risorgere. Le strade,le piazze e i palazzi mostrano ancora i segni terribili che l’acqua dell’Arno vi lasciò il 4 novembre scorso,ma l’anima di Firenze , lieta e operosa,non pare scalfita dalla tragedia.
– Che vuole, – mi dice un fiorentino – i fiumi sono come i bambini. Certe volte non sanno trattenersi. – C’è nella sua voce il tono bonario e senza rancore di un padre che giustifica le marachelle del figlio. Lo guardo con ammirazione. Sento una profonda stima per lui e per tutti i suoi concittadini che stanno rimettendo in piedi Firenze.
Ma la tragedia è ancora recente. Giro per le vie,guardo sui muri,macchiati e scrostati dall’acqua,quella striscia nera che segna a lutto tutte le case. Fu la nafta (allora utilizzata per gli impianti di riscaldamento,n.d.a.) a lasciare quel segno; durante l’alluvione,galleggiando,la nafta segnò con un’untuosa linea nera il livello raggiunto dall’acqua. In alcuni punti della città sono già comparse alcune targhette murate sulle case. C’è scritto : “Fin qui l’acqua dell’Arno il 4 novembre 1966”. Ma quella striscia di nafta è più eloquente di qualsiasi targhetta. Con il tempo le facciate di palazzi e monumenti verranno ripulite e le nuove targhette resteranno un ricordo accanto ad altre vecchie iscrizioni di marmo, ferro o pietra che vari secoli fa furono apposte su alcune case di Firenze. Vicino a Santa Croce ce n’è una che dice : “ A dì 13 settembre 1557 arrivò l’acqua d’Arno a quest’altezza”. Sono tre metri e mezzo dal suolo. Il 4 novembre 1966 l’acqua arrivò a metri 4,45. Un anziano signore mi dice :” Da ragazzo non volevo credere a mio nonno quando raccontava che un anno, ai suoi tempi, in via Maggio s’andava in barca”. Allude all’alluvione del 1844, che è poi quella cui si riferiscono le iscrizioni più recenti. Era il 3 novembre di quell’anno. Una coincidenza casuale di date? Non direi. Il 4 novembre 1333, il 15 novembre 1544,il 3 novembre 1579 Firenze finì sott’acqua in maniera più o meno disastrosa. Secondo le cronache , le alluvioni dall’anno 1177 in poi (fino al 1966,n.d.a.) furono 56, delle quali 32 gravi. Quasi tutte in periodo autunnale. Eppure anche il 4 novembre 1966 i fiorentini si sono fatti cogliere di sorpresa : 122 anni erano passati dall’ultima volta che l’Arno s’era messo a correre per le vie della città.

Iniziative didattiche Miur-Difesa

Concorsi, conferenze per gli studenti e sito web, ripartono le iniziative didattiche Miur-Difesa per le scuole per il 2016/2017

Proseguono anche per l’anno scolastico 2016/2017 le iniziative formative e didattiche previste dal Protocollo d’Intesa “Favorire l’approfondimento della Costituzione italiana e dei principi della Dichiarazione universale dei diritti umani in riferimento all’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione”, siglato tra il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e il Ministero della Difesa. “In attuazione del Protocollo d’Intesa – spiega il Sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi – abbiamo elaborato un nuovo piano di attività formative e didattiche per questo anno scolastico, che portiamo all’attenzione degli istituti scolastici e dei rispettivi organi collegiali affinché ne possano trarre stimoli e risorse utili per la loro progettazione didattica. Questi progetti ci permettono di costruire relazioni positive con i ragazzi – aggiunge il Sottosegretario -, contribuendo ad arricchirne la crescita personale e a far conoscere loro l’importanza della memoria storica”.

I concorsi sono consultabili nell’apposita sezione del sito del Miur:
http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/istruzione/dg-ordinamenti/protocollo_difesa.

Bando “Caporetto: oltre la sconfitta”

E’ promosso in occasione della ricorrenza delle celebrazioni del centenario della Prima Guerra Mondiale, e in particolare della disfatta di Caporetto del 1917, il concorso nazionale “Caporetto: oltre la sconfitta”. L’iniziativa è rivolta alle scuole di ogni ordine e grado con lo scopo di promuovere la conoscenza di quella pagina tragica della storia italiana e la riflessione sui suoi possibili significati più generali e attuali. La traccia dell’elaborato richiesto potrà essere sviluppata dagli alunni in chiave personale, oppure potrà riguardare le attuali vicende del nostro Paese e dell’Europa e gli aspetti più complessi e problematici del mondo in cui viviamo.

Sito web Progetto e Concorso “Articolo 9 della Costituzione”

Sempre più ricca la sezione del sito internet www.articolo9dellacostituzione.it dedicato alla valorizzazione del patrimonio culturale della memoria storica, in occasione della ricorrenza della Prima Guerra Mondiale. Il sito, creato nell’ambito del Progetto e Concorso nazionale “Articolo 9 della Costituzione”, in collaborazione con Fondazione Benetton Studi Ricerche ed il MIBACT, offre una serie di lezioni di esperti del settore, presentazioni, documenti, elenco di luoghi e musei della Grande Guerra, materiale audio e video. Nel corso dell’anno scolastico sarà costantemente implementato per supportare le scuole nell’elaborazione di specifici percorsi di approfondimento.

Conferenze nelle scuole

Continua il ciclo di conferenze negli istituti di ogni ordine e grado, sperimentato con successo da alcuni anni. Le conferenze, tenute dal personale militare interforze affiancato anche da testimonial, offriranno l’occasione di approfondire i temi della Costituzione e della cittadinanza attiva, con particolare attenzione al ruolo che le Forze Armate svolgono al servizio della crescita sociale, politica, economica e democratica del Paese. Quest’anno il focus sarà sulla Grande Guerra e sull’anniversario della sconfitta di Caporetto, con particolare riguardo all’attività sportiva militare e al settore paralimpico.

Progetto di educazione stradale “La Buona Strada della Sicurezza”

È rivolto agli alunni delle classi delle scuole primarie il progetto sperimentale di educazione stradale “La Buona Strada della Sicurezza”. L’iniziativa intende educare i bambini al tema della sicurezza stradale, incentivando il senso etico di responsabilità individuale e collettiva. È realizzata dall’Associazione Nazionale Autieri d’Italia (ANAI) ed è ideata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Concorso “Scuola: spazio al tuo futuro. La ISS: innovatio, scientia, sapientia”

Il Concorso, promosso dal MIUR e dal Ministero della Difesa in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), è rivolto alle scuole secondarie di II grado. Mira a promuovere le attività di ricerca e sperimentazione scientifica e tecnologica nel settore spaziale e all’elaborazione di progetti innovativi relativi alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Gli studenti verranno coinvolti nell’elaborazione di progetti di sperimentazione scientifica e tecnologica che – se considerati d’interesse ai fini della ricerca in campo spaziale – potranno essere proposti tra le attività che si svolgeranno a bordo della ISS.

Ricostruzione di carriera, il servizio pre-ruolo va valutato per intero

SCUOLA – Ricostruzione di carriera, il servizio pre-ruolo va valutato per intero: altri quattro tribunali del lavoro dicono di sì

Anche i giudici di Bologna, Trento, Bari e Pordenone sentenziano contro la posizione del Miur secondo cui, ai fini della carriera, vanno considerati solamente i primi quattro anni del servizio pre-ruolo. È più che fondata, quindi, la linea del sindacato: per il giudice va assolto “il diritto del ricorrente a vedersi ricostruita la carriera considerando integralmente tutti i periodi svolti con contratto di lavoro a tempo determinato e a percepire le differenze retributive maturate in virtù del suddetto nuovo riconoscimento, oltre interessi e rivalutazione monetaria nei limiti di legge”. Confermate, quindi, le condanne del Miur per svariate migliaia di euro: chi vuole può ancora ricorrere in tribunale.

Marcello Pacifico (presidente Anief): queste sentenze non fanno altro che rafforzare quanto sosteniamo da diversi anni e ribadito nel 2014 dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sulla base del principio di non discriminazione tra lavoratori previsto dall’articolo 4 dell’Accordo Quadro attuato con Direttiva 1999/70/CE: l’operato dei docenti e Ata precari della scuola va considerato alla stregua dei colleghi assunti a tempo indeterminato.

Contratti a termine per prof e Ata, scatta l’abuso se reiterati per oltre 36 mesi

da Il Sole 24 Ore

Contratti a termine per prof e Ata, scatta l’abuso se reiterati per oltre 36 mesi

di Giampiero Falasca

 La reiterazione dei contratti a termine degli insegnanti e del personale tecnico e amministrativo della scuola si configura come un abuso solo se, per effetto dei diversi rinnovi contrattuali, la durata complessiva del rapporto supera il periodo di 36 mesi (computo nel quale rientrano solo i rapporti instaurati a partire dal 10 luglio 2001). Qualora si configuri la violazione di questo limite, la sanzione deve dare un ristoro effettivo: pertanto, può bastare la “stabilizzazione” mediante procedura selettiva, a patto che intervenga in un tempo congruo. In mancanza di tale misura, deve essere riconosciuto un risarcimento del danno.

Questa la lunga e complessa lista di conclusioni cui è giunta la Corte di cassazione con le prime decisioni elaborate dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 187/2016 in merito all’annosa questione dei contratti a termine dei docenti e del personale Ata. I principi, tuttaiva, non riguardano le supplenze su “organico di fatto” e temporanee, per le quali l’illecito potrà essere riscontrato solo se il lavoratore fornirà una prova specifica dell’abuso, ma si applicano all’organico “di diritto”.

La vicenda è segnata da molti passaggi giudiziali. Un primo momento importante è costituto dalla sentenza della Corte di giustizia del 26 novembre 2014 (cosiddetta Sentenza Mascolo), che ha giudicato illegittima la normativa italiana nella misura in cui autorizzava la reiterazione senza limiti dei contratti a termine senza fissare tempi certi per l’espletamento dei concorsi.

Successivamente, la vicenda è passata nelle mani della Corte costituzionale, che con la sentenza n. 187/2016 ha ribadito l’illegittimità delle norme nazionali.

Con sette sentenze depositate ieri (a partire dalla n. 22552) la Cassazione definisce le condizioni per la configurabilità concreta dell’abuso e stabilisce le conseguenze sanzionatorie da applicarsi.

Riguardo al primo profilo, la sentenza stabilisce che il parametro da utilizzare per integrare l’illegittima e abusiva reiterazione dei contratti a termine consiste nel periodo massimo di tre anni (a partire dal 10 luglio 2001, quando scadeva il termine per adeguarsi al diritto comunitario). Questo limite viene rinvenuto facendo riferimento al termine previsto dalla legge per l’indizione dei concorsi di assunzione dei docenti, ma anche tenendo conto del fatto che nel settore privato il termine generale di durata massima dei contratti a termine è fissato in 36 mesi.

Con riferimento alle conseguenze sanzionatorie applicabili in caso di illecito, la Corte di legittimità introduce una rilevante distinzione. Viene considerata una sanzione efficace e idonea l’assunzione a tempo indeterminato avvenuta a seguito di procedura selettiva (o comunque l’immissione in un percorso privilegiato che, in tempi certi e ravvicinati, consenta di ottenere tale risultato). Al contrario, non può essere considerata una sanzione adeguata la sola teorica “chance” di stabilizzazione, ipotesi che si verifica quando il conseguimento del posto di ruolo non è certo è non è conseguibile in tempi ravvicinati. In tale caso, il lavoratore potrà chiedere un risarcimento del danno.

Dal Garante della privacy arriva il vademecum per le scuole

da Il Sole 24 Ore

Dal Garante della privacy arriva il vademecum per le scuole

di Alessandra Silvestri

Da oggi le scuole hanno uno strumento in più per insegnare «insegnare la privacy, rispettarla a scuola». Si tratta di un opuscolo pubblicato dal Garante della privacy che in cinque brevi capitoli , fornisce indicazioni su questioni circa la diffusione di immagini e dati tramite le nuove tecnologie.

La privacy e la scuola
L’uso a dir poco disinvolto dei social network e in generale delle nuove tecnologie da parte degli studenti crea non pochi problemi relativi alla gestione della privacy da parte della scuola e relazionali all’interno della comunità scolastica. Sono, infatti, frequenti casi di superficiale gestione della propria e dell’altrui immagine, nonché delle informazioni personali che possono dar luogo ad episodi di disagio psicologico, nella migliore delle ipotesi.

Un vademecum per la gestione dei dati sensibili e delle imagini

’’La scuola a prova di privacy’’ è il titolo della guida, pubblicata dal Garante della privacy, che potrà essere richiesta dalle scuole all’indirizzo ufficio stampa@garanteprivacy.it oppure scaricata dal sito www.garanteprivacy.it. La guida è articolata in cinque capitoli (regole generali di vita; vita dello studente; mondo connesso e nuove tecnologie; pubblicazione on line, videosorveglianza ed altri casi) e due sezioni (parola chiave; appendice – per approfondire) e, con l’obiettivo di aiutare studenti, famiglie e personale della scuola a muoversi agevolmente nel mondo della privacy, riporta i casi più frequenti affrontati dal Garante: dal trattamento dei dati personali degli studenti ( in particolare quelli sensibili) alle regole da seguire per la pubblicazione degli stessi sul sito d’Istituto e per la comunicazione alle famiglie. E ancora, dall’uso corretto dei tablet e degli smartphone a scuola alle cautele da adottare con gli alunni affetti da disturbi specifci dell’apprendimento. La guida pone, inoltre, una particolare attenzione alla ’’scuola 2.0’’ e all’uso corretto delle nuove tecnologie, al fine di prevenire atti di cyberbullismo. Come sottolinea il presidente dell’Autorità, Antonello Soro, nell’era di Internet, il ruolo della scuola nell’educazione al rispetto dei valori fondanti di una società è determinante. «E’ importante – continua Soro – riaffermare quotidianamente, anche in ambito scolastico, quei principi di civiltà, come la riservatezza e la dignità della persona, che devono sempre essere al centro della formazione di ogni cittadini».

Superiori di 4 anni, si parte

da ItaliaOggi

Superiori di 4 anni, si parte

Sperimentazione ridimensionata da 100 a 60 scuole per evitare di rinviare il decreto al Cspi

Alessandra Ricciardi

Il decreto sulla scuola breve sta subendo le ultime limature prima della firma del ministro, Stefania Giannini. Una delle correzioni dell’ultima ora riguarda la platea dei destinatari: potrebbero non essere più 100, come scritto da Italia Oggi venerdì scorso, ma 60 le scuole, licei, istituti tecnici e professionali, che potranno entrare nella sperimentazione del ciclo superiore di 4 anni e non più di 5. Così come prevedeva del resto il decreto originario.

Una modifica tecnica dettata dalla necessità di evitare che il provvedimento, intervenendo sui destinatari, possa configurarsi come una nuova sperimentazione e dunque debba essere rinviato al Cspi, il consiglio superiore della pubblica istruzione. L’organismo consultivo non era riuscito ad esprimere il parere sul precedente decreto per mancanza del numero legale nella seduta utile. Un’assenza di alcuni componenti che, a detta di alcuni rappresentanti sindacali, non sarebbe neanche stata casuale. Il parere però era stato predisposto e seppur non votato, e neppur vincolante, viale Trastevere pare aver deciso comunque di tenerne conto. Recependo gran parte delle modifiche richieste. Come, per esempio, quella sulla chiusura della vecchia sperimentazione in corso che interessa 11 istituti. E l’altra, sulla composizione delle classi che dovrà rispettare i vincoli ad oggi esistenti.

Con un nuovo decreto invece si sarebbe dovuto riprendere l’iter consultivo, non riuscendo più a rispettare i tempi del cronoprogramma che vuole che la sperimentazione parta il prossimo settembre. Per fare le iscrizioni già a gennaio, il bando per selezionare gli istituti deve essere pronto a dicembre.

La partecipazione è su base volontaria. Studenti e famiglie devono chiedere di aderire alla candidatura della propria scuola: si tratta di recuperare in quattro anni circa mille ore di lezioni, quelle di un quinto anno: un liceo classico fa 1.023 ore al quinto, uno scientifico ne fa 990, un liceo artistico addirittura 1155. Una quinta classe di un istituto tecnico ha un monte ore di 1.056. Come un liceo musicale. Non tutte le ore, leggendo il decreto alla firma della Giannini, dovranno essere recuperate, visto che la proposta deve caratterizzarsi per l’utilizzo di modalità didattiche innovative e di spazi di flessibilità. Ma gli esiti degli apprendimenti finali agli esami di stato devono essere gli stessi, le discipline non possono essere tagliate.

La scuola candidata, statale o paritaria, dovrà distinguersi per l’utilizzo delle tecnologie e dei laboratori, dovrà puntare allo sviluppo delle eccellenze, all’insegnamento di più discipline in lingua straniera (Clil), alla continuità con percorsi universitari o Istituti tecnici superiori. Un raccordo forte dovrà essere sviluppato anche con le imprese. Gli studenti dovranno partecipare a certamina, olimpiadi, summer school, a progetti di scambio internazionale e di mobilità studentesca.

Intanto, fervono i lavori sulla legge di bilancio. L’Istruzione sta predisponendo le proposte emendative, lavoro analogo nella maggioranza di governo. La Giannini torna a battere sull’organico di fatto da trasformare tutto in diritto: la proposta precisa che la trasformazione riguarda 20 mila cattedre su posto comune e 5 mila su sostegno. Ad oggi la norma, articolo 53, non dice nulla al riguardo. In ballo anche la copertura: 400 milioni dal 2018, il 2017 verrebbe coperto con i fondi ad oggi già usati per dare quei posti a supplenza. Altro intervento sull’organico del potenziamento: una quota verrà sottratta alle superiori per essere destinata a elementari e soprattutto infanzia. Raddoppiati i fondi per gli Its, da 13 a 26 milioni. La decontribuzione per chi assume gli studenti in alternanza scuola-lavoro scatterebbe comunque anche assumendo un ragazzo che ha fatto lo stage in altra impresa.

Novità sul fronte Ata. Mantenendo fede agli impegni assunti al tavolo con i sindacati, l’Istruzione ha proposto anche l’assunzione a tempo indeterminato sui posti vacanti e disponibili in organico: 5 mila i contratti in ballo.

Bonus in bilico tra card e voucher

da ItaliaOggi

Bonus in bilico tra card e voucher

Braccio di ferro al ministero dell’istruzione sull’erogazione dei fondi. E non è finita

Marco Nobilio

La consegna agli insegnanti della carta del docente per le spese di formazione e aggiornamento avverrà non prima del 15 novembre. Secondo quanto risulta a ItaliaOggi, il ritardo è dovuto a un braccio di ferro in atto tra le direzione generali del bilancio e della formazione del dicastero di viale Trastevere. La prima sarebbe orientata alla consegna di una card elettronica che i docenti potrebbero utilizzare come una qualsiasi carta di credito. Fermo restando l’onere modale dell’utilizzo per le spese di formazione e aggiornamento.

La direzione generale della formazione, invece, preferirebbe che venissero consegnati dei voucher da utilizzare solo ed esclusivamente per pagare la retta dei corsi di formazione. A questo intoppo si aggiunge anche l’enorme mole di lavoro a carico dell’amministrazione scolastica, volto a verificare che i 500 euro, che l’anno scorso sono stati versati direttamente in busta paga, siano stati spesi correttamente dagli oltre 700mila docenti di ruolo che li hanno ricevuti. La legge 107/2015, infatti, prevede che, in caso di spese non conformi all’onere modale previsto dalla legge, i docenti perdano il diritto, per un anno, a ricevere gli ulteriori 500 euro. La data del 15 novembre, dunque, potrebbe slittare ulteriormente. E se il ritardo dovesse protrarsi oltre il 4 dicembre, il rischio è che lo slittamento determini un calo di consensi nei confronti del governo, che potrebbe riflettersi anche sull’esito del referendum.

La questione dei 500 euro, peraltro, sta determinando non poche perplessità tra gli addetti ai lavori. Il comma 121 della legge 107/2015, contiene un catalogo molto ampio di utilità ai quali i docenti hanno diritto di accesso coprendone i costi attraverso l’uso della carta. Tra questi rientrano anche i corsi di formazione e aggiornamento, ma non solo. La carta, infatti, può essere utilizzata per l’acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all’aggiornamento professionale e per l’acquisto di hardware e software. Oppure per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo.

In più, il ministero ha pubblicato delle Faq dove il catalogo è stato ulteriormente ampliato in via interpretativa, per esempio, inserendo anche la legittimità dell’acquisto di strumenti musicali da parte dei docenti di musica.

Lo spesso comma 121 chiarisce, inoltre, che «la somma di cui alla Carta non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile». In pratica, si tratta di una sorta di erogazione liberale con onere modale, il cui importo non sarebbe soggetto ad imposizione fiscale. Pertanto, qualora la carta dovesse prendere la forma di voucher finalizzati solo al pagamento di rette per la partecipazione a corsi di formazione o aggiornamento, questa opzione potrebbe rivelarsi non indenne da vizi di legittimità.

Resta il fatto, però, che qualora la carta dovesse prendere la forma di una vera e propria carta di credito prepagata, questa ulteriore opzione potrebbe precluderne l’impiego in tutti gli esercizi non muniti delle attrezzature necessarie (il cosiddetto Pos). Si pensi, per esempio, ai cinema e ai teatri. Insomma, la questione è molto complessa. Sia dal punto di vista giuridico, nel senso della necessità di collegare gli strumenti attuativi alle possibilità di impiego dei 500 euro così come previste dalla legge. Sia per quanto riguarda gli strumenti materiali per consentire ai docenti di usufruirne. L’anno scorso il problema è stato risolto con un versamento diretto in busta paga dell’intera somma. Ma anche questa soluzione non sembrerebbe adatta per garantire il rispetto dei limiti di impiego previsti dalla legge.

La disponibilità dei soldi liquidi, infatti, scarica direttamente sul docente l’onere del controllo preventivo del relativo impiego. E siccome la normativa è piuttosto vaga al riguardo, il rischio che i soldi non vengano spesi nel modo giusto permane. La carta prepagata, invece, se collegata ad una serie di esercizi commerciali preautorizzati eviterebbe a monte il rischio di impieghi non corretti. Ma pone tutta una serie di difficoltà tecniche di non facile gestione.

Una soluzione definitiva potrebbe essere quella di trasformare la carta in uno sgravio fiscale, consentendo ai docenti di scaricare dalle tasse un catalogo di spese predeterminate usufruendo di una detrazione.

Ma questa soluzione necessiterebbe di un intervento legislativo che, ad oggi, non risulta essere stato preso nemmeno in considerazione. In ogni caso, fino a quando il ministero dell’istruzione o il governo non troveranno una soluzione, i docenti non potranno giovarsi dei 500 euro. E il decorso del tempo rischia di precludere agli insegnanti la possibilità di iscriversi a ai master e ai corsi di perfezionamento organizzati dalle università, oppure ai corsi di laurea presso atenei, conservatori e accademie, per l’accesso ai quali i termini di versamento delle rette scadranno entro le prime due settimane di novembre.

Addio alla titolarità della sede per tutti i prof di ruolo Dal prossimo anno vale la chiamata diretta, salvo intese

da ItaliaOggi

Addio alla titolarità della sede per tutti i prof di ruolo Dal prossimo anno vale la chiamata diretta, salvo intese

Carlo Forte

Dal prossimo anno scolastico, i docenti che otterranno il trasferimento o il passaggio di cattedra o di ruolo saranno collocati negli ambiti territoriali. La sede, infatti, non sarà più assegnata secondo i punteggi maturati, che assumeranno rilievo solo ai fini dell’inclusione negli ambiti territoriali richiesti. Ma sarà assegnata dai dirigenti scolastici per chiamata diretta. È quanto è emerso all’esito dell’incontro che si è tenuto a viale Trastevere, il 2 novembre scorso, tra il ministro dell’istruzione, Stefania Giannini e i rappresentanti dei sindacati Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda-Unams. Nel corso dell’incontro i vertici di viale Trastevere hanno anche spiegato ai rappresentanti delle organizzazioni sindacali rappresentative che la determinazione dei fondi per finanziare il rinnovo del contratto di lavoro sarà oggetto di un provvedimento ad hoc. Allo stato attuale, infatti, i fondi stanziati nella legge di stabilità sono stati individuati globalmente per finanziare sia le immissioni in ruolo che il bonus docenti. E in ogni caso la cifra messa a disposizione (si veda Italia Oggi di martedì scorso) dovrà servire a dare copertura finanziaria al rinnovo di tutti i comparti del pubblico impiego. Nel corso dell’incontro si è parlato anche di mobilità e di chiamata diretta. A questo proposito, i vertici del ministero dell’istruzione hanno ribadito che dal prossimo anno andrà a regime il nuovo sistema delineato dalla legge 107/2015. Pertanto, i trasferimenti e i passaggi non avverranno più su sede, ma su ambito. E poi, i docenti che otterranno l’accoglimento delle domande saranno assoggettati alla chiamata diretta da parte dei dirigenti scolastici. Ma su questi temi c’è stata la dichiarazione di adddivenire a un’intesa con i sindacati. Un nuovo incontro ci sarà oggi. Ecco le novità in dettaglio.

La determinazione dei fondi per il rinnovo del contratto da parte del governo e la certificazione dei livelli di rappresentatività dei sindacati effettuata dall’Aran il 26 ottobre scorso apriranno le porte all’avvio delle trattative. Al tavolo siederanno solo i rappresentanti delle organizzazioni sindacali Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda-Unams, che hanno superato, anche in questa tornata elettorale, la soglia del 5% di rappresentatività necessario ad accedere alle prerogative sindacali. E la parte pubblica continuerà ad essere rappresentata dall’Aran: l’agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni.

Due le questioni sul tappeto: la distribuzione dei soldi e la parte normativa (assenze, permessi, congedi, orario di lavoro e mobilità). Le risorse economiche messe in campo, secondo quanto risulta a Italia Oggi, sarebbero appena sufficienti a garantire un aumento di 40 euro netti a testa. Per quanto riguarda, invece, la disciplina delle assenze, dell’orario di lavoro e della mobilità, le parti dovranno fare i conti con la legge 15/2009 e con il decreto Brunetta. Che preclude alla contrattazione collettiva la facoltà di derogare le norme di legge. Ciò vuol dire che, se il legislatore non interverrà con un provvedimento ad hoc, la firma del nuovo contratto potrebbe determinare la cancellazione di importanti istituti contrattuali, quali i permessi per motivi personali oppure la maggiorazione retribuiva prevista per il primo mese di astensione facoltativa dei genitori di figli fino a 3 anni di età. In quest’ultimo caso, infatti, la disciplina legale prevede che retribuzione debba essere al 30%, mentre l’attuale contratto prevede che il primo mese debba comunque essere retribuito al 100%.

Applicando al legge 107/2015 alla lettera, i docenti, dal prossimo anno, dovrebbero perdere in via definitiva la possibilità di conservare il diritto alla titolarità della sede in caso di accoglimento delle domande di trasferimento o di passaggio. La mobilità, infatti, dovrebbe avvenire solo ed esclusivamente tra ambiti territoriali. In pratica, i punteggi vantati dai docenti interessati saranno utili solo ai fini dell’inclusione negli ambiti. Ma l’assegnazione della sede sarà effettuata direttamente dai dirigenti scolastici sulla base di valutazione discrezionali: la cosiddetta chiamata per competenze. A questo proposito, nel corso dell’incontro del 2 novembre, è emersa la volontà di contrattualizzare almeno la definizione dei criteri generali ai quali dovrebbero attenersi i presidi per scegliere i docenti. Ma anche l’attuazione di questa ipotesi non potrebbe prescindere dai vincoli imposti dalla legge 15/2009 e dalla stessa legge 107/2015 che, al comma 196 prevede che «sono inefficaci le norme e le procedure contenute nei contratti collettivi, contrastanti con quanto previsto dalla presente legge». Di qui la necessità di un intervento legislativo che riconsegni al tavolo negoziale un qualche margine di manovra. In caso contrario potrebbe risultare addirittura più vantaggioso, per la parte sindacale, astenersi dallo stipulare un nuovo contratto normativo, consentendo alle deroghe in vigore di continuare a dispiegare effetti grazie alla ultrattività dei contratti collettivi vigenti nel 2009.

Alternanza ma senza qualità

da ItaliaOggi

Alternanza ma senza qualità

Contro monitoraggio della Cgil: buco normativo sui requisti formativi della aziende

Emanuela Micucci

Il primo dato è positivo rispetto a quello del 10% fornito dal Miur. Solo il 2% degli studenti di III superiore non è stato inserito in percorsi di alternanza durante lo scorso anno scolastico. Per il resto il Monitoraggio delle esperienze di alternanza scuola-lavoro nelle scuole italiane promosso da Fcl-Cgil e Rete degli studenti medi, condotto dalla Fondazione Di Vittorio su 205 scuole in 87 province con 180.335 studenti intervistati, rivela una serie di criticità sul primo anno dell’obbligo dell’alternanza, analizzando indicatori qualitativi che l’analisi del Miur non esamina.

«Un ragazzo su 4 è fuori da percorsi di qualità e vive un’esperienza dequalificata», spiega la Cgil. «Il 10% ha partecipato solo ad attività propedeutiche, con un picco nei licei e il 14% ha partecipato solo ad esperienze di lavoro in particolar modo negli istituti professionali. Residuale la quota (4%) di chi ha fatto alternanza con l’impresa formativa simulata. E l’80 per cento delle esperienze è stato fatto almeno in parte nel periodo estivo, quando la scuola ha meno possibilità di verificare. Senza contare che al Sud la situazione è peggiore che al Nord».

Tra i principali fattori di rischio esperienze dequalificate, l’occasionalità dei percorsi. L’80% delle scuole, infatti, dichiara di averli progettati a partire da offerte di soggetti privati, nate in modo occasionale, fuori da accordi di settore e da una rete territoriale, senza stabilità di relazione. Fattore che implica uno scarso coinvolgimento dell’impresa nel suo impegno formativo, perché un’azienda che non si lega stabilmente alla scuola difficilmente si impegna in un’attività di coprogettazione e pluriennale. Il 90% dei progetti si realizzano in piccole imprese (il 40%, cioè aziende con meno di 50 dipendenti) o micro imprese ( il 50%, cioè fino a 9 dipendenti). «Un tessuto che non aiuta il controllo della capacità formativa delle aziende e che, in un quadro diffuso di occasionalità in cui si realizzano i percorsi, li rende più deboli e di minore qualità», spiega la Cgil.

Inoltre, «la normativa vigente non ha definito criteri e procedure di accreditamento della capacità formativa delle strutture ospitanti, limitandosi ad alcuni requisiti generali e riducendo le competenze richieste ai tutor aziendali all’affiancamento formativo». Così per accertare i requisiti le scuole si limitano a un criterio burocratico: il 77% il rispetto del proporzionato rapporto tra tutor e studenti, il 65% l’attivazione di un tutor con competenze professionali certificate, il 70% il settore economico connesso al seme formativo della scuola e le attrezzature necessarie.

Poco presente il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali e quello di formazione per i propri lavoratori. D’altra parte, le scuole hanno iniziato ad adeguare la propria struttura organizzativa all’alternanza curricolare, ma secondo un modello poco collegiale: l’86,3% si è dotata di un gruppo dedicato, il 61,3% ha un docente funzione strumentale alternanza. Rari i casi di collegio docenti articolato in dipartimenti, in cui si è attivato un comitato tecnico scientifico (7,4%) o si sono coinvolti soggetti esterni al gruppo alternanza (13,7%). Si delega agli specialisti: solo il 14% dei collegi sceglie i tutor, mentre le candidature volontarie prevalgono nel 56% dei casi e il restante 30% è individuato dal preside.

La scuola terremotata cento istituti inagibili e ventimila studenti ancora fuori dalle aule

da la Repubblica

La scuola terremotata cento istituti inagibili e ventimila studenti ancora fuori dalle aule

sindaco di Amatrice ferma le lezioni nel paese fino a quando non saranno rifatte le strade: “Ci hanno abbandonati”

Corrado Zunino

Anche la scuola simbolo dei tre terremoti in settanta giorni, la “Romolo Capranica” di Amatrice ricostruita in moduli in sole due settimane, si è fermata. Ieri, a fianco del prefabbricato che ospita materne, elementari e medie, è stato inaugurato il nuovo liceo, ma senza studenti nelle classi: né i piccoli né i liceali. Il sindaco Sergio Pirozzi ha emesso domenica un’ordinanza con la quale chiude «a tempo indeterminato» le scuole di ogni ordine e grado di Amatrice, ovvero quelle sistemate nei prefabbricati di Villa San Cipriano. Questo perché le strade di accesso alla città, colpita il 24 agosto e nuovamente scossa dal sisma del 30 ottobre, sono degradate al punto da essere diventate insicure. I genitori dei ragazzi che frequentavano la Capranica hanno rifiutato di trasferirsi con i figli a San Benedetto del Tronto e Pirozzi, «al fine di evitare situazioni di pericolo per gli studenti », ha chiuso tutto.

Ieri, all’incontro dei seicento sindaci alla Camera voluto dalla presidente Laura Boldrini, il sindaco di Amatrice, con una fascia tricolore prestata «perché la mia è rimasta sotto le macerie», ha detto: «Ho la sensazione che qualcuno ci stia abbandonando e sarebbe grave perché noi non vogliamo essere solo un borgo da cartolina». E ancora: «Per il dopo terremoto serviva qualcuno con pieni poteri in grado di andare in deroga: la legalità, se si scelgono le persone giuste, si può sposare con l’eccezionalità».
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, da Frosinone ha risposto: «Ai sindaci di Amatrice, Norcia, Camerino e Macerata dico che non lasceremo solo nessuno e lavoreremo insieme per rimettere a posto quei territori». La risposta concreta è arrivata, sempre ieri, dalla giunta della Regione Lazio: approvati i due interventi sulle due strade di Amatrice disfatte e attraversate dai macigni crollati con l’ultima scossa. Con tre milioni di euro, l’azienda regionale Astral costruirà anche due by-pass. Serviranno venti giorni, venti giorni persi dagli studenti di Amatrice. La situazione degli edifici scolastici nel cratere allargato si è fatta pesante. La somma delle ricognizioni in corso nelle quattro regioni interessate ha stimato quasi seicento edifici scolastici toccati dal sisma, novantasette quelli inagibili in modo parziale o totale. Almeno ventimila gli studenti che, per ora, non possono riprendere le lezioni. Negli istituti sulla costa adriatica, non a caso, sono già attrezzate aule per ospitare 7.800 ragazzi. Nelle Marche le scuole con danni sono oltre 300 e 62 quelle inagibili (15 totalmente). La Regione Abruzzo ha 268 istituti danneggiati (180 solo nella provincia di Teramo) e 17 parzialmente o completamente inagibili. In Umbria 50 scuole controllate e una decina inagibili. Nel Lazio, compresi i due istituti di Amatrice e quello di Accumoli, sono otto le scuole ferme.
A Macerata elementari e medie saranno disponibili solo la prossima settimana: due istituti sono stati chiusi e sono stati richiesti i moduli alla Protezione civile. A Camerino non si torna in classe prima del 20 novembre. La tensostruttura adibita a scuola dell’infanzia ad Arli, frazione di Acquasanta Terme (provincia di Ascoli Piceno), è stata danneggiata dal vento: per una settimana niente lezioni per 135 bambini. Una seconda struttura temporanea aprirà il 25 novembre nella frazione di Centrale. I ragazzi di Arquata del Tronto saranno trasferiti la prossima settimana a San Benedetto e in tutta Ascoli Piceno sono partiti cantieri per restituire le aule. Nell’Anconetano è stata chiusa l’elementare di Campocavallo. Sono inagibili, ancora, tutte e tre le scuole di Poggio Bustone, il paese nel Reatino di Lucio Battisti.
In Umbria ieri hanno riaperto diversi istituti. Restano serrati i quattro di Norcia, quelli di Cascia, Preci e Monteleone. Anche il Comune di Spoleto ha disposto la sospensione delle attività didattiche delle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche e private, compresi gli asili nido: totalmente inagibili una secondaria e una scuola dell’infanzia. A Foligno hanno riaperto solo i nido. Due istituti sono ancora chiusi a Perugia. A Sulmona cento genitori e altrettanti scolari sono scesi in piazza: «I nostri figli li vogliamo in scuole sicure e non sotto le macerie ». A Cittareale, domani, sarà inaugurato il primo edificio del cratere costruito con criteri antisismici.
Le segnalazioni dei comuni colpiti nelle 14 province italiane sale ancora: dai 197 di martedì scorso si è arrivati a 298 (erano 62 dopo il 24 agosto). Centoventitré sono nelle Marche, centosei in Abruzzo, cinquanta in Umbria, diciannove nel Lazio. Crescono gli sfollati, giunti ieri alla cifra più alta. Oltre quarantamila, compresi i dodicimila che dormono in auto: 31.700 sono assistiti dalla Protezione civile

Liceo breve, dal 2017/2018 piano attivo in altre 60 classi

da la Repubblica

Liceo breve, dal 2017/2018 piano attivo in altre 60 classi

Alla firma del ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, il decreto che estende il percorso quadriennale a classi di liceo, istituto tecnico e istituto professionale. Finora in Italia sono 11 gli istituti che stanno sperimentando i quattro anni d’insegnamento

Salvo Intravaia

Al via 60 nuove classi di liceo breve: la novità prende il nome di Piano nazionale di innovazione ordinamentale per la sperimentazione di percorsi quadriennali di istruzione secondaria di secondo grado. Nelle prossime ore, il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, firmerà il decreto per estendere, a partire dall’anno scolastico 2017/2018, l’esperienza quadriennale ad altre 60 prime classi di liceo, istituto tecnico e istituto professionale.

Un’operazione (firma e pubblicazione del decreto che innova l’istruzione superiore del nostro Paese) che si dovrebbe concretizzare il prima possibile. Perché le scuole secondarie superiori sono già alle prese con l’orientamento in entrata per il prossimo anno scolastico: l’annuale ‘campagna acquisti’ presso le scuole medie per convincere genitori e ragazzini a scegliere la propria scuola.

Le iscrizioni sono ormai alle porte, in genere la circolare viene pubblicata entro dicembre, e le istituzioni scolastiche interessate dovranno inserire la possibilità di effettuare questa scelta nelle informazioni da fornire a coloro che si iscriveranno il prossimo anno.

È la prima volta che il Miur contempla un ampliamento così consistente dell’accorciamento del percorso superiore. Finora sono 11 gli istituti italiani che stanno sperimentando i quattro anni d’insegnamento, 6 statali e 5 paritari. Per sperare di essere selezionati occorrerà presentare un progetto con il numero delle classi che si vorranno attivare e gli alunni – da 15 a 25 – che hanno optato per questa strada. Sarà una commissione di esperti a valutare i progetti e selezionare le 60 classi in cui fare partire la sperimentazione.

I requisiti richiesti. La candidatura dovrà distinguersi per “un elevato livello di innovazione in ordine all’articolazione e alla rimodulazione dei piani di studio”. Ma non solo. Occorrerà garantire l’insegnamento di almeno una disciplina non linguistica con metodologia Clil – interamente in lingua straniera – a partire dal terzo anno, la valorizzazione delle attività laboratoriali e l’utilizzo di tecnologie didattiche innovative. Perché, in ogni caso, occorrerà garantire agli studenti – attraverso una rimodulazione della settimana scolastica e degli orari – lo stesso numero di ore di lezione che frequentano i loro compagni impegnati in percorso quinquennali.

Nuove materie e stage di lavoro. E in più bisognerà ampliare l’offerta disciplinare con Diritto e Storia dell’Arte, secondo quanto stabilito dalla Buona scuola. Anche per i percorsi quadriennali partirà l’alternanza scuola-lavoro che si dovrà svolgere prevalentemente durante le vacanze estive e nelle pause pasquali e natalizie.

I precedenti. Per la valorizzazione delle eccellenze, la scuola dovrà partecipare a progetti di internazionalizzazione. Una lunghissima full immersion che verrà premiata con il diploma in quattro anni. La novità ripropone l’idea di accorciare il percorso scolastico che in Italia dura 13 anni per consentire agli studenti di accedere all’università o nel mondo del lavoro un anno prima. Negli anni ’90 fu l’allora ministro Luigi Berlinguer a tentare questa strada, compattando in un ciclo unico scuola primaria e media in sette anni, anziché otto. Ma l’esperienza non vide mai la luce perché l’esecutivo D’Alema cadde prima che la novità entrasse in vigore.

Così in Europa. In più della metà dei Paesi europei la scolarizzazione si conclude a 19 anni. Anticipano l’uscita a 18 anni gli alunni spagnoli, francesi e inglesi. Ma nei Paesi scandinavi – Finlandia e Norvegia –, che presentano le migliori performance sui test Ocse-Pisa, ci si diploma a 19 anni.

Rapporto UE su formazione e istruzione in Italia. Cala il numero degli abbandoni scolastici

da La Tecnica della Scuola

Rapporto UE su formazione e istruzione in Italia. Cala il numero degli abbandoni scolastici

La relazione di monitoraggio del settore dell’istruzione e della formazione è una pubblicazione annuale che riflette l’evoluzione dei sistemi di istruzione e formazione nell’UE.

E’ stata pubblicata l’edizione 2016, da cui si evince che si riduce, tra il 2012 e il 2015, il numero di abbandoni scolastici in età di obbligo formativo (fino a 16 anni). Tuttavia, nello stesso periodo, scende l’occupazione. In compenso, tornano a salire i laureati, tra i 30 e i 34 anni.

La relazione di monitoraggio del settore dell’istruzione e della formazione si basa su una vasta gamma di fonti qualitative e quantitative, tra cui i dati di Eurostat, gli studi e le indagini dell’OCSE, l’analisi dei sistemi d’istruzione svolta dalla rete Eurydice, l’analisi quantitativa delle serie di dati delle indagini e le reti universitarie.

La relazione registra i progressi compiuti dall’UE e dai singoli paesi per quanto riguarda:

  • gli obiettivi della strategia Europa 2020 relativi all’abbandono scolastico e al tasso di istruzione terziaria
  • i parametri di riferimento del programma “Istruzione e formazione 2020” in materia di partecipazione all’istruzione e all’assistenza della prima infanzia, istruzione degli adulti, risultati insufficienti nelle competenze di base e occupabilità dei neolaureati
  • le priorità tematiche trasversali, quali il finanziamento dell’istruzione e dello sviluppo professionale degli insegnanti.

Proponendo un confronto a livello internazionale e un’analisi dei singoli paesi, la relazione di monitoraggio alimenta il dibattito sui temi prioritari per l’istruzione e la formazione e della riforma dell’istruzione nazionale e rappresenta una fonte affidabile e aggiornata di informazioni per l’apprendimento tra pari tra gli Stati membri dell’UE.

La relazione di monitoraggio del settore dell’istruzione e della formazione si basa su una vasta gamma di fonti qualitative e quantitative, tra cui i dati di Eurostat, gli studi e le indagini dell’OCSE, l’analisi dei sistemi d’istruzione svolta dalla rete Eurydice, l’analisi quantitativa delle serie di dati delle indagine le e reti universitarie.