Sindrome di Tourette: e se fosse una risorsa piuttosto che un ostacolo?

Sindrome di Tourette: e se fosse una risorsa piuttosto che un ostacolo?

Mentre la società stenta ancora a conoscere (e riconoscere) questo disordine neurologico descritto per la prima volta a fine Ottocento da Gilles de la Tourette, l’Associazione Sindrome di Tourette-Siamo in tanti si dà appuntamento a Roma. Tartaglia: “Ci sono casi eclatanti di bambini, ragazzi e adulti dalle millepotenzialità”

Redattore Sociale – 10 dicembre 2016

ROMA – Non capita spesso di sentire parlare di sindrome di Tourette. E forse i più non sanno neppure che cosa sia esattamente la cosiddetta “malattia dei mille tic”: un “disturbo” i cui sintomi vennero individuati per la prima volta nel 1884 dal neurologo francese Gilles de la Tourette e magistralmente descritti, un secolo dopo, dal neuropsichiatra Oliver Sacks che parlò di una turba caratterizzata dalla produzione di gesti e atteggiamenti bizzarri, come tic, scatti, manierismi, smorfie, imprecazioni e imitazioni involontarie.

Roberto Tartaglia. Foto di Michele Palazzi/Contrasto

Eppure proprio oggi è in corso a Roma un incontro dell’Associazione Sindrome di Tourette-Siamo in tanti (Ast-Sit): l’appuntamento, intitolato “Sindrome di Tourette: ostacolo o risorsa”, è riservato ai soli soci arrivati da tutta Italia e ha lo scopo di “portare un’informazione scientifica sulla Tourette”, spiega Roberto Tartaglia, giornalista, scrittore e blogger, che ha scoperto di avere la sindrome solo nel 2010, all’età di 33 anni, e oggi è presidente di Ast-Sit. “L’obiettivo è quello di far conoscere la nostra sindrome per quello che realmente è – prosegue –. Il titolo è provocatorio, in un certo senso. Metterla in termini di problema-risorsa è una dicotomia che non ha senso, in sé, dipende da persona a persona”.

Quello che occorre, in ogni caso, è fare luce su una condizione poco nota e talvolta ignorata, perché sulla sindrome di Tourette i dati sono scarsi, se non addirittura inesistenti. “È davvero difficile dire quante persone hanno la sindrome di Tourette in Italia e nel mondo, ogni numero sarebbe del tutto indicativo – spiega Tartaglia –. Purtroppo, questo tipo di indagine risente ancora molto di carenze davvero incidenti. Non possiamo non tener conto di coloro che ancora non sanno di avere la Tourette e di coloro che lo sanno, ma non lo dicono per la paura di stigmi sociali”.

Ma come è possibile considerare un disordine neurologico caratterizzato da tic motori e verbali, e in alcuni casi anche da disturbi ossessivi compulsivi e Adhd (sindrome da deficit di attenzione e iperattività), una risorsa piuttosto che un ostacolo? “Partiamo dall’idea che la Tourette non è qualcosa che si ha, non è un virus e nemmeno uno specifico danno organico, ciò che abbiamo chiamato sindrome di Tourette è un insieme di segni e sintomi conseguenti a un bisogno compensativo del sistema nervoso, compensativo di difficoltà processuali (senso-motorie) che possono dipendere da cause diversissime tra loro. In questo senso diciamo che non è una malattia – afferma il presidente dell’ Ast-Sit –. C’è qualcuno che ne soffre, ovviamente, ma vi sono anche persone che ne traggono vantaggio. Tra i nostri soci ci sono casi eclatanti di bambini, ragazzi e adulti dalle millepotenzialità. Si va da musicisti a ballerini, da artisti a ufficiali di marina, da attori a navigatori. Se gestita, la sindrome di Tourette riesce a dare quella spinta in più che fa la differenza. Per questo motivo è importante conoscerla”.

Per fortuna, però, qualcosa comincia a cambiare anche nella società più allargata: “Abbiamo riscontrato una sempre crescente consapevolezza, da parte dei nostri soci, di alcune scuole e delle famiglie – conclude Tartaglia –. Ma anche un crescente interesse da parte dei mass media e delle istituzioni, seppur siamo ancora lontani da una percezione reale e onnicomprensiva. Ci rendiamo conto, però, che l’argomento è anche difficile da comprendere e qui entra in gioco la nostra associazione”. (ap)

Diritti dei docenti cancellati dalle GaE

Anche a Napoli l’Anief vince e tutela i diritti dei docenti cancellati dalle GaE

Anche in provincia di Napoli l’Anief consegue l’ennesimo successo nella tutela dei diritti dei docenti cancellati dalle Graduatorie a Esaurimento e ottiene l’immediato reinserimento di un nostro iscritto che il MIUR aveva “esiliato a vita” dalle GaE per non aver prodotto domanda di aggiornamento per tempo. Gli Avvocati Fabio Ganci, Walter Miceli, Francesca Lideo e Michele Speranza, con l’esperienza che da sempre li contraddistingue, ottengono dal Tribunale del Lavoro di Torre Annunziata (NA) una nuova sentenza di pieno accoglimento che condanna il Ministero dell’Istruzione per aver illegittimamente negato il reinserimento del ricorrente all’atto dell’ultimo aggiornamento valido per il 2014/2017.

Convivenze di fatto, unioni civili, permessi e congedi lavorativi

da Handylex

Convivenze di fatto, unioni civili, permessi e congedi lavorativi

Una recente Sentenza della Corte Costituzionale (depositata il 23 settembre scorso) riapre l’annosa questione relativa alla concessione dei permessi concessi ai lavoratori dipendenti che assistono un congiunto con grave disabilità ed in particolare sui requisiti di accesso a tali benefici.

La pronuncia, peraltro, giunge in uno scenario di cambiamento normativo derivante dalla recente norma sulle unioni civili e sulle convivenze di fatto, la legge 20 maggio 2016, n. 76.

Le premesse

Merita un cenno la vicenda umana che ha dato origine alla Sentenza (n. 213 del 5 luglio 2016) e che è ripercorsa in premessa della stessa.

La “storia” è quella di una coppia di fatto. Lei dipendente dell’Azienda Ospedaliera di Livorno, lui affetto da Morbo di Parkinson, separato e privo di sostegno continuativo da parte di altri familiari stretti.

Alla dipendente vengono per lungo tempo concessi i permessi lavorativi previsti dall’articolo 33 della legge 104/1992, ma nel 2011 la ASL si rende conto che la normativa vigente non ammette la concessione dei permessi per chi vive more uxorio (cioè le coppie di fatto). Quindi sospende la concessione dei permessi e trattiene in busta paga le somme per il recupero delle ore di permesso (a suo avviso) indebitamente fruite nel periodo 2003-2010, maggiorate della rivalutazione monetaria e degli interessi dalla trattenuta al saldo.

L’interessata opportunamente si rivolge al Giudice che con sentenza non definitiva dell’8 gennaio 2014, dichiara l’insussistenza del diritto dell’Azienda ospedaliera di recuperare, attraverso importi trattenuti in busta paga ed ore di lavoro, i già usufruiti periodi di permesso ex art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992 e condannava la USL alla restituzione delle somme indebitamente trattenute nonché al pagamento, in suo favore, di una somma pari alla retribuzione ad essa spettante per le ore di lavoro svolto in esecuzione del piano di recupero predisposto dalla USL, oltre accessori di legge.

La questione di legittimità costituzionale

Ma la ricorrente non chiede solo la restituzione delle somme trattenute dalla ASL da cui dipende, ma anche che fosse sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992, nella parte in cui non include il convivente more uxorio tra i beneficiari del permesso mensile retribuito, per violazione degli artt. 2, 3, 32 e 38 della Costituzione nonché dell’art. 117, in relazione agli artt. 1, 3, 7, 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007.

A questo punto il Giudice di Livorno decide di sollevare la questione di legittimità di fronte al Giudice della Legge e cioè la Corte Costituzionale.

Le considerazione e la ricostruzione dei presupposti che confermano i dubbi di legittimità sono estremamente accurati, puntuali anche nei riferimenti alla Carta dei diritti fondamentali UE e alle sentenze già pronunciate in Italia e in Europa.

La sintesi estrema della riflessione è che la comprovata convivenza di fatto è da ricondursi al concetto di “formazione sociale” comunque tutelato dall’articolo 2 della Costituzione, ma ancora prima che i permessi lavorativi sono intesi come un supporto alla persona con grave disabilità e non una mera agevolazione al lavoratore.

L’Avvocatura generale dello Stato (incaricata dal Presidente del Consiglio dei ministri) e INPS che di fronte alla Corte Costituzionale tentano di opporsi a tale lettura, non sono del medesimo avviso.

In particolare l’Avvocatura generale sottolinea come il legislatore abbia inteso correlare il diritto ai permessi retribuiti agli obblighi giuridici di assistenza che si impongono nell’ambito della famiglia fondata sul matrimonio.

Ma la Corte Costituzionale non è affatto dello stesso parere e ne motiva compiutamente le ragioni che sono insite nel diritto all’assistenza da parte della persona con disabilità e tale diritto non può essere compresso nel caso la convivenza non sia formalizzata in matrimonio.

Pertanto conclude la Corte: “la norma in questione, nel non includere il convivente tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito, vìola, quindi, gli invocati parametri costituzionali, risolvendosi in un inammissibile impedimento all’effettività dell’assistenza e dell’integrazione” (…) “Va, pertanto, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992, nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l’assistenza alla persona con handicap in situazione di gravità, in alternativa al coniuge, parente o affine entro il secondo grado.”

Risvolti operativi

Sotto il profilo giuridico è fuor di dubbio che dal momento del deposito della Sentenza non può più essere negata la concessione dei permessi lavorativi nel caso di convivenze di fatto, di coppie, cioè, che vivono more uxorio (cioè senza aver formalizzato il matrimonio).

Sotto il profilo pratico INPS (e verosimilmente anche Dipartimento Funzione Pubblica) dovranno diramare circolari applicative e fornire istruzioni operative per l’applicazione della sentenza (già comunque vigente e cogente).

Da subito gli interessati possono presentare domanda di concessione dei permessi lavorativi citando la Sentenza n. 213 del 5 luglio 2016. È verosimile che gli uffici preposti al momento tengano in sospeso la concessione dei permessi, in attesa di “istruzioni”.

I congedi biennali

Più complessa è la questione legata ai congedi retribuiti fino a due anni (articolo 42, decreto legislativo 151/2001) che, lo ricordiamo sono concessi per l’assistenza al coniuge, ai fratelli, alle sorelle, ai figli (tutti solo se conviventi) e ai genitori (anche non conviventi).

Quell’articolo non è all’oggetto della Sentenza, cioè non è stato dichiarato illegittimo nella parte in cui non prevede la concessione alle coppie di fatto.

Ragionevolmente essendovi i medesimi presupposti, in sede applicativa, anche onde evitare ulteriori contenziosi, è auspicabile che venga applicato lo stesso principio sancito dalla Corte per i permessi, ma così potrebbe non essere.

Se così non fosse si genererebbe la situazione paradossale per cui i permessi (ex art. 33, legge 104/1992) siano concessi anche alle coppie di fatto, mentre i congedi (ex art. 42, decreto legislativo 151/2001) non lo siano.

Unioni civili e convivenze di fatto

In realtà la Sentenza rafforza principi ed indicazioni espresse dalla recente legge 20 maggio 2016, n. 76 che riguarda sia le unioni civili che le convivenze di fatto.

Per definizione l’unione civile è costituita da due persone maggiorenni dello stesso sesso mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni.

Per «conviventi di fatto», invece, si intendono due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile. Il caso appunto oggetto della Sentenza della Corte.

Le persone legate in un’unione civile hanno certamente già diritto ai permessi (legge 104/1992) e ai congedi (d. lgs 151), indipendentemente dalla Sentenza, in forza dell’articolo 1, comma 20 che prevede espressamente “Al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso.”

Quindi il principio e il diritto è sancito in modo evidente anche se il successivo comma 28 prevede uno o più decreti di riordino e coordinamento complessivo della normativa.

Più debole – almeno fino alla Sentenza 213/2016 – erano, nella legge 76/2016 le espressioni riguardo alla convivenza di fatto che richiama e riconosce comunque gli stabili “legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale.”

In questo quadro, in conclusione, molto si giocherà nella produzione delle circolari applicative e anche nei decreti attesi in applicazione della legge 76/2016.

Lettera a Giancarlo Cerini

Lettera a Giancarlo Cerini

di Maurizio Tiriticco

Carissimo! Ecco il mio intervento all’evento del 12 dicembre, a Firenze, sul tema “Valutazione degli studenti, certificazione delle competenze”, di cui mi hai inviato l’invito.

Come sai, io sono molto critico riguardo a competenze raggiunte da minori alla fine della scuola primaria e della secondaria di primo grado. La competenza è una “cosa seria”! Non bisogna seguire la moda! Né giocherellarci! Altrimenti, anche a un bambino di due anni potremmo chiedere di aver raggiunto competenze! Che bello! Un bambino di 3/5 mesi “riesce ad afferrare oggetti, a scuoterli, a portarli alla bocca”. Ho copiato dal web! Ma questa sarebbe una competenza? E non, invece, l’esito di una serie di abilità, manifestate perché il bambino ha maturato e raggiunto le relative capacità? Capacità pro abilità! Comunque, ormai, avete prodotto quelle schede ignobili… per la primaria e la media… ovviamente perché gli asini si appendono dove vuole il padrone. Però, quando il padrone è una Giannini, occorrerebbe prendere le dovute distanze!

Io le presi anche da Berlinguer, quando nell’agosto del ’96 varò l’ennesima “nuova scheda di valutazione per la scuola dell’obbligo”, con la quale non ero affatto d’accordo! E non ero solo! Eppure siamo amici e parenti! Mah! Ormai, purtroppo, i giochi sono fatti! “Uno spettro si aggira” – non per l’Europa, fortunatamente – ma per tutte le scuole italiane: e non è il comunismo, ma la COMPETENZAAA!!! Che dire ormai? Avete voluto giocare con parole/concetti grossi e importanti e, purtroppo, dobbiamo far giocherellare anche i nostri insegnanti, i quali poi mi dicono sempre: “Ispettore, ma allora fino a ieri abbiamo insegnato male, non certificando competenze”?

Chissà se i nostri maestri, Mario Lodi, Gianni Rodari, Don Lorenzo, Bruno Ciari, Alberto Manzi, Alexander Neill (ti ricordi? Per lui non esistevano bambini difficili! Che cosa avrebbe detto ora dei nostri BES??? Che sono stati una bella invenzione di Dario Ianes).si sono mai preoccupati di certificare competenze! Ma neppure un Freinet, che pure faceva “lavorare” i suoi alunni di scuola elementare con una vera e propria tipografia! Hai voglia a competenze in questo caso! Ma erano tutti maestri veri, troppo seri perché potessero giocherellare con certificazione di competenze!!! In realtà, non dovremmo giocare con parole difficili e complesse con bambini che stanno crescendo! Altrimenti per le professionalità di un ingegnere o di un ragioniere o di un urologo di che dovremmo parlare? Competenze al quadrato? O alla terza? Mah! Comunque, se vi piace giocare…

Tu ed io, quando insegnavamo, non pensavamo affatto a competenze! Ciò significa che è bene non menare il can per l’aia ed essere seri. Le prime ed uniche competenze da certificare, di cittadinanza e culturali sono quelle di fine obbligo! Ma parliamo di sedicenni!!! Parlare di competenze prima di questa scadenza significa solo creare difficoltà ad alunni e insegnanti… però… se il Miur ci propone questa minestra, mangiamocela! E facciamola mangiare anche agli insegnanti, agli alunni e ai loro genitori!

Carissimo! Sono tutti cascami che stanno facendo a pezzi una scuola che, prima – sono stato ispettore anche per la scuola media – funzionava! Meglio? Non so, ma funzionava. Io e te abbiamo pure scritto un libro sulle “nuove schede di valutazione”… ti ricordi… ma poi ne sono arrivate altre… e la nostra fatica si è invecchiata nel giro di una notte! E da allora la scuola va a picco, e la 107 ne segna il de profundis! Comunque, tutte occasioni per convegni, attività di FORMIS, formazione in servizio, ora obbligatoria! Non cesserai mai, non cesserò mai, di girare scuola per scuola a spiegare il Verbo… oggi, quello della 107… ieri quello – certamente molto più serio e produttivo – dei “nuovi programmi” della scuola media del ’79 – benedetto Pedini – e della scuola primaria dell’85! Benedetta la Falcucci! Tuttavia, certi Verbi non vanno solo spiegati (che bello un convegno! Il tavolo della presidenza! Il relatore! Gli insegnanti pronti a prendere appunti… e giù applausi…), ma anche criticati! E ciò che fa questa ministra è solo criticabile! Era necessaria una 107? O sarebbe stato necessario, invece un serio riordino dei curricoli? Ma, che cos’è un curricolo? Eppure, quanto ha scritto in materia la nostra Clotilde Pontecorvo! Mah! Penseranno in tanti! Chi è costei?

Di qui, quindi da zero, occorrerebbe ripartire! Mah! Io non so come andrà a finire questa crisi di governo. Ma, se tu dovessi diventare ministro, nominami sottosegretario… e mi dirai: “Se sbaglio, mi corigerete”, come disse il Cardinale Wojtyla quando fu eletto Papa! Buon lavoro, Giancarlo! Con l’affetto – sempre critico – di sempre!

Maurizio

Mobilità 2017, i docenti assunti fino al 2014: l’anno scorso danneggiati, stavolta precedenza assoluta

da La Tecnica della Scuola

Mobilità 2017, i docenti assunti fino al 2014: l’anno scorso danneggiati, stavolta precedenza assoluta

Il contratto sulla mobilità 2017 è ancora lontano da compiersi. Eppure, già arrivano le richieste di tutela da parte di alcune categorie di docenti.

A “bruciare” tutti sul tempo è stato il gruppo FB “Docenti Immobilizzati” (che vanta 11.771 membri): attraverso il suo legale, l’avvocato Orsola Lecca, il gruppo ha fatto preciso riferimento “all’incontro sulla Mobilità 2017 tenutosi il 7 Dicembre tra MIUR e OO.SS., durante il quale sarebbe stata mostrata apertura e disponibilità da parte del Ministero a derogare rispetto al vincolo triennale di permanenza territoriale”.

Ebbene, questi insegnanti chiedono sin da subito “che ai docenti assunti entro l’ a.s. 2014-15 venga garantita precedenza assoluta nelle operazioni di Mobilità territoriale e professionale previste per il prossimo anno scolastico”. 

Pertanto, chiedono precedenza assoluta nell’assegnazione delle sedi richieste. “Tali docenti – continuano gli ‘Immobilizzati’ – sono infatti stati pesantemente danneggiati dalla Mobilità 2016, in quanto vittime di grossolani errori dell’algoritmo che ha regolamentato i trasferimenti, avvantaggiando docenti neoassunti di fasi successive, che hanno scavalcato e occupato arbitrariamente posti che sarebbero dovuti spettare con priorità ai docenti ante L.107”.

Sostengono, inoltre che la mobilità straordinaria prevista per i vecchi docenti di ruolo, che avrebbe dovuto essere esperita nel 2015, prima del piano assunzionale della Buona Scuola, ma che invece è stata posticipata di un anno, ha già “creato enormi disparità di trattamento, ledendo i diritti acquisiti di migliaia di docenti che, fuori sede anche da 15 anni e avendo già assolto il vincolo di permanenza triennale, non sono potuti ritornare dalle proprie  famiglie a causa di assegnazioni illegittime di cattedre, che hanno peraltro saturato e ingolfato il sistema

Per sindacati e Miur, quindi, è arrivata una vera e propria diffida “a rispettare il diritti acquisiti dei vecchi docenti di ruolo, adempiendo a misure di mobilità che prevedano precedenza assoluta sui docenti neoimmessi in ruolo, in modo da sanare i gravi errori di cui sono stati vittime quest’anno scolastico”.

Il gruppo FB “Docenti Immobilizzati”, chiede pertanto che si tenga conto “dei criteri adottati nel CCNI del 2016, in cui si dava attuazione a quanto previsto dalla L. 107/2015, comma 108: in caso contrario, ravvisano un’ulteriore penalizzazione nei loro confronti, con la conseguenza di vedersi costretti ad adire le vie legali per la tutela dei propri diritti”.

Precari, in diverse scuole paritarie niente stipendio: solo punti in graduatoria

da La Tecnica della Scuola

Precari, in diverse scuole paritarie niente stipendio: solo punti in graduatoria

Si torna a parlare di istituti paritari che non retribuiscono i docenti supplenti perché danno comunque loro la preziosa possibilità di acquisire punti in graduatoria.

In quelle che una volta si chiamavano scuole private, o meglio “tout court”, la prassi sarebbe diffusa: soprattutto al Sud, “sono tanti gli insegnanti che mi scrivono per segnalare questo abuso”, ha detto Paolo Latella al Venerdì di Repubblica del 9 dicembre: Latella, che è membro dell’esecutivo nazionale Unicobas e segretario regionale della Lombardia.

Indirettamente, il sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi, conferma. Anche se, ammette, “le nostre proposte di revoca della parità non fanno mai riferimento a irregolarità su pagamenti e sui contributi versati”.

L’ultimo caso – scrive Il Venerdì – riguarda una ragazza di Palermo che, fresca di laurea, lo scorso settembre ha sostenuto tre colloqui in tre istituti superiori paritari della propria città. “Dopo i complimenti per il mio curriculum”, racconta l’aspirante professoressa, “ho ricevuto sempre la stessa risposta: lavoro gratis in cambio del punteggio in graduatoria”.

Un problema che, secondo il sindacalista Unicobas, è moto difficile da scardinare. Soprattutto se il Miur può contare solo su cento ispettori in tutto il paese. “I controlli di oggi sono solo di tipo gestionale e strutturale”, afferma Latella: “Sono anni che chiediamo ispezioni incrociate che monitorino i bilanci delle paritarie e i cud dei loro insegnanti. Allora sì che questo fenomeno emergerebbe”.

A sentire Toccafondi, però, molto sarebbe stato fatto nel corso dell’ultima Legislatura. Anzi, dell’ultimo semestre: “in sei mesi abbiamo visitato con i nostri ispettori 288 istituti superiori. In 145 scuole abbiamo riscontrato irregolarità sanabili. In altri 27 casi abbiamo dovuto invece revocare la parità scolastica. Dopodiché accade che le scuole in questione si rivolgano al Tar e magari che il Tribunale amministrativo regionale annulli i nostri provvedimenti”.

È accaduto già, lo scorso anno, in un paio di istituti del Friuli (che non sta proprio nel Sud Italia): chissà se, in questi casi, i supplenti venivano pagati o a fine anno si compensava il loro lavoro solo con il certificato di servizio utile per salire di punteggio in graduatoria. E sperare così di fare il “salto” nelle scuole pubbliche. Dove lo stipendio è garantito.

Docenti di potenziamento e partecipazione ai Consigli di classe

da La Tecnica della Scuola

Docenti di potenziamento e partecipazione ai Consigli di classe

La partecipazione ai Consigli di classe è regolata da alcune norme che spiegano, con precisione e chiarezza, da chi è composto il suddetto organo collegiale.

È utile sapere che la composizione di un Consiglio di classe è regolata dal d.lgs. 297/94. All’art.5 del su citato decreto legislativo, è spiegato come sono composti i consigli di intersezione nella scuole materne, i consigli di interclasse nelle scuole elementari e i consigli di classe negli istituti di istruzione secondaria.

I consigli di intersezione sono composti dai docenti delle sezioni dello stesso plesso nella scuola materna, dai docenti dei gruppi di classi parallele o dello stesso ciclo o dello stesso plesso nella scuola elementare e dai docenti di ogni singola classe nella scuola secondaria. Fanno parte del consiglio di intersezione, di interclasse e del consiglio di classe anche i docenti di sostegno che ai sensi dell’articolo 315 comma 5, sono contitolari delle classi interessate.

Ai sensi del comma 4 dell’art.5 del d.lgs.297/94, del consiglio di classe fanno parte a titolo consultivo anche i docenti tecnico pratici e gli assistenti addetti alle esercitazioni di laboratorio che coadiuvano i docenti delle corrispondenti materie tecniche e scientifiche, negli istituti tecnici, negli istituti professionali e nei licei. Le proposte di voto per le valutazioni periodiche e finali sono formulate dai docenti di materie tecniche e scientifiche, sentiti i docenti tecnico-pratici o gli assistenti coadiutori.

Non fanno parte del Consiglio di classe gli esperti esterni o i docenti interni alla scuola che operano per insegnamenti di potenziamento e ampliamento dell’offerta formativa.

Infatti basterebbe leggere con attenzione il DPR. N.122/2009,che ha per oggetto il regolamento recante coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni, per capire che la valutazione, periodica e finale, degli apprendimenti è effettuata dal consiglio di classe, formato ai sensi dell’articolo 5 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, e presieduto dal dirigente scolastico o da suo delegato, con deliberazione assunta, ove necessario, a maggioranza. Nel comma 1 dell’art.4 del DPR 122/2009 è scritto che i docenti di sostegno, contitolari della classe, partecipano alla valutazione di tutti gli alunni, avendo come oggetto del proprio giudizio, relativamente agli alunni disabili, i criteri a norma dell’articolo 314, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297. Qualora un alunno con disabilità sia affidato a più docenti del sostegno, essi si esprimono con un unico voto. Non partecipa al Consiglio di classe, in quanto non ne è un suo componente, il personale docente esterno e gli esperti di cui si avvale la scuola, che svolgono attività o insegnamenti per l’ampliamento e il potenziamento dell’offerta formativa, ivi compresi i docenti incaricati delle attività alternative all’insegnamento della religione cattolica, forniscono preventivamente ai docenti della classe elementi conoscitivi sull’interesse manifestato e il profitto raggiunto da ciascun alunno.

In buona sostanza se è comprensibile la partecipazione dei docenti di potenziamento nei consigli di interclasse della scuola primaria e dei docenti di potenziamento che fanno delle ore di compresenza nella classe di una scuola secondaria, non si ravvisano gli estremi dell’obbligo di partecipazione in un consiglio di classe di un docente di potenziamento che si occupa di progetti di ampliamento dell’offerta formativa.

Scatta il toto ministro dell’Istruzione: da Malpezzi a Gavosto. E la Giannini?

da La Tecnica della Scuola

Scatta il toto ministro dell’Istruzione: da Malpezzi a Gavosto. E la Giannini?

Le dimissioni di Matteo Renzi da Presidente del Consiglio ha avuto le sue (ovvie) ripercussioni sulla compagine di governo. Molto probabilmente in un prossimo esecutivo non ci saranno i ministri più esposti nel primo gabinetto Renzi: Maria Elena Boschi, Marianna Madia e Stefania Giannini.

La titolare del dicastero di Viale Trastevere difficilmente sarà riconfermata.

Il Corriere della Sera ha lanciato il suo toto Ministro dell’Istruzione rilanciando sette nomi.

Stefania Giannini, Gianni Cuperlo, Francesca Puglisi, Stefano Paleari, Andrea Gavosto, Gaetano Manfredi e Simona Malpezzi.

Cuperlo, ad esempio, della riforma della scuola si è occupato attivamente, schierandosi al fianco dei sindacati quando scesero in piazza il 5 maggio del 2015: «Un’innovazione a metà», ha sempre detto. Questa potrebbe essere l’occasione per lui per «aggiustare» quello che non lo convinceva.

Puglisi, invece, senatrice della commissione Cultura, una delle anime della riforma della Buona Scuola, che ha contribuito a limare ed elaborare al fianco di Renzi. Potrebbe rappresentare la continuità ma nello stesso tempo dare un contributo molto tecnico e operativo al governo per portare a casa alcuni pezzi della 107 che rischiano di non vedere mai la luce.

Se la scelta dovesse cadere se un «tecnico» o un «istituzionale», l’ex presidente della conferenza dei rettori, ed ex rettore dell’università degli studi di Bergamo, Stefano Paleari è in pista.

Un altro nome «tecnico» è quelo del direttore della Fondazione Agnelli, Andrea Gavosto: è uno studioso del mondo della scuola, e ha spesso criticato alcuni meccanismi della riforma.

Spendibile anche il nome del presidente della conferenza dei rettori, Gaetano Manfredi, ingegnere e rettore dell’università degli studi di Napoli Federico II.

Infine la renziana, Simona Malpezzi, data come possibile successore di Giannini nelle ipotesi pre-referendum, ma dopo la sconfitta netta del Sì le sue «quotazioni» sono in discesa.

Corsi per prof di sostegno in Sardegna

da La Tecnica della Scuola

Corsi per prof di sostegno in Sardegna

La situazione disastrosa della istruzione ai disabili in tutta la Sardegna, e in particolare nella provincia di Sassari, ha indotto l’Usp e le università a concordare l’attivazione dei corsi di abilitazione per insegnanti di sostegno. Lo scrive lanuovasardegna.it di Sassari.

Sono 1841 nell’isola e 627 nel Nord Sardegna i docenti di sostegno che non hanno conseguito il titolo di specializzazione perché per oltre tre anni il ministero dell’Istruzione non ha bandito i corsi di formazione. Solo lo scorso primo dicembre il ministero ha finalmente pubblicato il bando che rimette in moto una macchina ferma da troppo tempo, con effetti negativi sia sugli insegnanti, che vogliono svolgere il loro lavoro al meglio, sia sugli studenti disabili ai quali viene impedito di poter contare su un insegnamento qualificato e certificato.

«Senza personale qualificato non ci può essere inclusione dei diversamente abili e se si considera che le certificazioni di disabilità sono in continuo aumento, a maggior ragione occorre che la scuola sia preparata ad accogliere gli studenti con tutti gli strumenti di cui hanno bisogno. E anche il docente di sostegno non deve essere lasciato solo, ma deve avere al suo fianco tutto il corpo insegnante. La formazione deve riguardare tutti». Invece, come ha sottolineato il segretario nazionale della Flc, il ministero non ha orecchie su questi temi e ha messo a concorso un numero di posti di insegnanti di sostegno (5800) ben inferiori a quelli necessari.