Scuola: i dubbi e la fiducia del CoorDown

Superando.it del 09-02-2017

Scuola: i dubbi e la fiducia del CoorDown

«Registriamo con favore la disponibilità del Governo a recepire le proposte di modifica ai Decreti Attuativi della riforma sulla scuola, riguardanti gli alunni con disabilità. Le criticità sono tante e in questa fase resteremo vigili e attenti all’evoluzione dello scenario, attendendo con fiducia gli sviluppi del confronto in corso». Lo ha dichiarato Antonella Falugiani, vicepresidente del CoorDown, dopo avere partecipato alla riunione dell’Osservatorio Permanente per l’Integrazione degli Alunni con Disabilità, assieme ai rappresentanti delle altre Federazioni e Associazioni.

«Registriamo con favore la disponibilità del Governo a recepire i contributi e le proposte di modifica che arrivano direttamente dalle Associazioni e ribadiamo ancora una volta la nostra apertura a collaborare con il Ministero per sciogliere i nodi più problematici. Le criticità sono tante, ma ci preme in particolare sottolineare l’importanza di conservare l’impianto normativo e le garanzie previste dalla Legge 104/92 e dalla Legge 328/00. In questa fase, naturalmente, restiamo vigili e attenti all’evoluzione dello scenario, lasciamo al Governo il tempo necessario per valutare con attenzione i nostri input e attendiamo con fiducia gli sviluppi del confronto».
Lo ha dichiarato Antonella Falugiani, vicepresidente del CoorDown (Coordinamento Nazionale Associazioni delle Persone con Sindrome di Down), dopo avere partecipato, assieme alle delegazioni di FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità) e FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), alla riunione dell’Osservatorio Permanente per l’Integrazione degli Alunni con Disabilità, cui erano presenti, tra gli altri, anche il sottosegretario all’Istruzione Vito De Filippo e il dirigente del Ministero Raffaele Ciambrone.
Come avevamo già riferito nel nostro giornale, tema centrale dell’incontro, sono stati segnatamente gli Schemi di Decreto Attuativi della Legge 107/15 sulla Buona Scuola, a partire dall’Atto di Governo n. 378, riguardante l’inclusione e per l’occasione Falugiani ha presentato una dettagliata relazione, frutto del lavoro del Gruppo Scuola di CoorDown, con l’obiettivo di evidenziare le criticità più rilevanti di quei testi e le possibili soluzioni.

La posizione del CoorDown era stata del resto già espressa con chiarezza, in una nota in cui si parlava di «grandi aspettative e di qualche delusione di troppo». Secondo il Coordinamento, infatti, «la tanto attesa delega che doveva ridisegnare il sistema dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità è stata accolta, fin da subito, con scetticismo da genitori e Associazioni di settore, facendo registrare poche novità interessanti e molti passi indietro sia nello Schema di Decreto sulle regole per la formazione degli insegnanti di sostegno e il loro accesso al ruolo (Atto del Governo n. 378) , sia in quello riguardante la valutazione e la certificazione delle competenze (Atto del Governo n. 384)».
In tal senso, a parere del Coordown, «l’impianto della riforma ridurrebbe notevolmente le garanzie previste fino ad oggi dal nostro ordinamento, a causa dei numerosi punti critici e dei passaggi normativi che rischiano di mettere in discussione la filosofia stessa dell’inclusione: la riforma, infatti, non prevede un procedimento più snello rispetto al precedente, non garantisce una presa in carico dell’alunno con disabilità che risulti rispettosa delle sue esigenze formative, relazionali e di vita e favorisce il rischio che la scuola si trovi a gestire l’inclusione degli studenti senza avere i necessari supporti organizzativi e finanziari». (S.B.)

Niente licenza media per gli alunni disabili, riconosciuto l’errore

Vita.it del 09-02-2017

Niente licenza media per gli alunni disabili, riconosciuto l’errore

di Sara De Carli

È il primo risultato, per quanto ancora non scritto, del confronto tra politica e associazioni sul testo della delega sull’inclusione scolastica. Da parte della ministra Fedeli c’è la disponibilità ad accogliere le osservazioni che verranno dal Parlamento. Le associazioni sono impegnate a formulare proposte, confronto aperto con la politica.

Si apre uno spiraglio per ridiscutere i testi della delega sull’inclusione degli alunni con disabilità. Fish e Fand hanno avuto tre incontri importanti, nelle scorse ore, che consentono ora di parlare – così fa un comunicato congiunto – di una «cauta soddisfazione». «Sono cauto, però abbiamo trasferito ai politici il senso di responsabilità e abbiamo trovato disponibilità a confrontarsi per migliorare il testo», afferma Vincenzo Falabella, presidente della Fish.

La prima apertura è arrivata dalla ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli che, assieme al sottosegretario Vito De Filippo, ha incontrato lunedì sera le delegazioni di Fand e Fish: «abbiamo ribadito le nostre osservazioni critiche sui decreti attuativi e i possibili interventi correttivi», spiega Falabella. «La ministra ha ribadito la disponibilità ad aprire un confronto e successivamente ad accogliere le osservazioni e i miglioramenti del testo che verranno dal Parlamento».

Incassata quindi la disponibilità del Governo a rimettere mano ai testi, il secondo passaggio è stato con le relatrici della delega alle Commissioni Cultura (VII) e Affari sociali (XII) della Camera, le onorevoli Simona Malpezzi e Elena Carnevali: Fish e Fand hanno presentato ancora e più nel dettaglio i punti critici dei decreti all’esame del Parlamento e le proposte di emendamenti. «Siamo entrati molto nel merito tecnico dei singoli emendamenti, in particolare sui cinque punti che, nel testo di delega sull’inclusione, consideriamo irrinunciabili», conferma Falabella. I cinque punti (a cui se ne aggiungono in realtà tre riguardanti altri deleghe) sono i seguenti:
1. partecipazione di tutti gli attori (persona con disabilità, famiglia enti locali e sanitari ) alla formulazione del profilo di funzionamento ed alla quantificazione delle risorse.
2. coerenza organizzativa, di contenuti e di partecipazione tra Pei e progetto individuale, e forte strutturazione degli stessi progetti attraverso il sussidio e la consulenza dei centri territoriali di supporto (CTS) e centri territoriali per l’inclusione (CTI).
3. concreta realizzazione della continuità didattica, in particolare dei docenti per il sostegno, sullo stesso alunno con disabilità.
4. declinazione dei livelli essenziali delle prestazioni in tema di inclusione scolastica ed espressa indicazione delle modalità per la loro piena attuazione.
5. tetto massimo inderogabile di 22 alunni per classe di ogni ordine e grado, in presenza di un alunno con disabilità grave o due con disabilità non grave.

La posizione di fondo è che «una delega mirata sull’inclusione scolastica degli alunni con disabilità deve avere gli alunni al centro. Senza nulla togliere agli interessi legittimi di altri soggetti, deve essere questa l’attenzione principale, gli interessi dei ragazzi e il loro diritto fondamentale all’istruzione», ribadisce con forza Falabella. «Siamo fermi su questo, forti delle nostre famiglie: la nostra posizione è critica ma propositiva, costruttiva, siamo portatori di un interesse e abbiamo gli strumenti per dare una mano per migliorare il testo». Anche qui la disponibilità a rivedere i testi c’è, benché dalle Commissioni non usciranno emendamenti veri e propri ma soltanto un parere con delle osservazioni, che andrà alla Presidenza del Consiglio: saranno quindi la ministra Fedeli e il Governo poi a dover modificare il testo e in questo senso è importantissima la disponibilità raccolta lunedì sera.

L’impegno delle associazioni quindi ora è rivolto all’approfondimento di singoli punti. «Continuità didattica e formazione iniziale e permanente degli insegnanti per noi sono punti fermi, qualificanti la delega», ripete Falabella. In sostanza, sulla continuità le associazioni ribadiscono la centralità dell’alunno e del suo diritto all’istruzione; sul numero di alunni per classe sembra ci sia disponibilità a rimettere mano al testo, tornando alla situazione attuale e pare riconosciuto anche quell’errore macroscopico della “equipollenza” che con la delega impedirebbe ai ragazzi di avere una vera licenza di terza media e quindi poi di conseguire un diploma. «Però vede, stiamo tamponando i problemi tornando alla situazione esistente, mentre la delega doveva andare in tutt’altra direzione, doveva innovare e doveva migliorare l’inclusione dei nostri ragazzi», afferma Falabella.

In questa prospettiva è un segnale positivo la “volontà di ripartenza” che è stata espressa all’interno dell’Osservatorio per l’inclusione degli alunni disabili del Miur, che mai ha visto né discusso i testi delle deleghe, riunitosi invece martedì pomeriggio: «lì devono essere fatte le proposte e le innovazioni e tutti i soggetti che vi partecipano – amministrazione, politica, parti sociali – hanno espresso la volontà di ripartire in maniera coesa. La partecipazione non deve essere uno slogan ma una buona pratica», chiude Falabella.

Anche CoorDown ha partecipato alla riunione dell’Osservatorio e sottolinea come i rappresentanti delle istituzioni si siano mostrati disponibili all’ascolto e abbiano espresso la volontà di accogliere le proposte di modifica arrivate direttamente dalle associazioni. Si apre a questo punto qualche spiraglio che lascia ben sperare per il futuro: «Le criticità sono tante, ma ci preme in particolare sottolineare l’importanza di conservare l’impianto normativo e le garanzie previste dalla legge 104/1992 e dalla legge 328/2000. In questa fase, naturalmente, restiamo vigili e attenti all’evoluzione dello scenario, lasciamo al Governo il tempo necessario per valutare con attenzione i nostri input e attendiamo con fiducia gli sviluppi del confronto», ha detto Antonella Falugiani, Vicepresidente di CoorDown.

Appare particolarmente ambizioso e oggetto di battaglia invece l’obiettivo della continuità didattica sullo stesso alunno: proprio oggi il sindacato Anief ad esempio afferma che «la continuità didattica non si garantisce legando il docente al banco dell’alunno disabile e pensare di salvaguardare i bisogni formativi dell’allievo, confermando lo stesso insegnante di sostegno per un alto numero di anni è un’illusione. Tale docente è, infatti, inserito all’interno dell’organico scolastico: all’inizio di ogni nuovo anno, sempre che abbia mantenuto la stessa sede di servizio, nulla vieta che possa cambiare allievo. Inoltre, la programmazione educativa individualizzata non è frutto del singolo docente, ma sempre e solo del Consiglio di Classe e quell’organismo ogni anno cambia volto e strategie. Ci sono i docenti precari, la mobilità, i sono i trasferimenti volontari e d’ufficio, i pensionamenti: in questo quadro, con la programmazione destinata ogni volta a settembre a mutare, con oltre la metà dei componenti cambiati, è chiaro che non si possa pensare di garantire la continuità didattica solo costringendo il docente di sostegno a rimanere sull’alunno».

Bonus Libri: impegno della ministra

Scuola – Bonus Libri =
on. Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana):
Prendiamo atto dell’impegno della ministra Fedeli sullo scandalo dei ritardi.
L’inchiesta de Il Mattino  e le proteste delle opposizioni non erano infondate.
Ora verificheremo se ci sara’ svolta

Sulla vicenda scandalosa dei bonus per i libri scolastici negati o dati con ritardo di mesi alle famiglie che piu’ hanno bisogno di sostegno, portata alla ribalta da inchieste giornalistiche in questi giorni,  prendiamo atto positivamente delle parole odierne della Ministra Valeria Fedeli.
Evidentemente le denunce giornalistiche de Il Mattino, la protesta delle opposizioni a partire da Sinistra Italiana non erano infondate.
Lo afferma Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana che ieri aveva annunciato iniziative di carattere parlamentare.
Verificheremo nelle prossime settimane – conclude l’esponente della sinistra –  se ci sara’ o meno una svolta. Perche’ e’ su questo che le Istituzioni  e la politica si giocano la propria credibilita’ .

Fedeli: “Miglioreremo decreto su inclusione scolastica”

Scuola, Fedeli: “Miglioreremo decreto su inclusione scolastica. Studentesse e studenti con disabilità devono avere pari opportunità formative”

“Tutte le studentesse e gli studenti con disabilità saranno messi nelle condizioni di svolgere al meglio il proprio percorso di studi e di concluderlo sostenendo prove che attestino le loro specifiche competenze e abilità, in base al Piano educativo individualizzato, predisposto di proposito per loro”. Così la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli risponde alle preoccupazioni espresse da famiglie, organizzazioni sindacali e associazioni che si occupano di disabilità in merito ad alcune disposizioni contenute nel decreto attuativo della Buona Scuola sull’inclusione scolastica. Con particolare riferimento agli esami conclusivi del primo grado.

“Voglio rassicurare– aggiunge Fedeli – famiglie, sindacati e associazioni. Il decreto attuativo sull’inclusione scolastica nasce dalla volontà e dalla determinazione di dare alle ragazze e ai ragazzi con disabilità pari opportunità formative e una qualità della vita all’altezza delle loro esigenze e dei loro sogni. Per questo le imprecisioni o le problematiche emerse verranno migliorate in ambito parlamentare. Abbiamo chiaro che la disabilità è ricchezza, non è qualcosa in meno ma una positiva diversità e la nostra azione sarà improntata su questo principio cardine”.

Nei giorni scorsi la Ministra Fedeli ha incontrato diversi rappresentanti delle associazioni per ascoltare le loro istanze e gli stessi sono stati ascoltati nelle Commissioni che stanno esaminando il decreto in Parlamento e nell’Osservatorio sull’inclusione del Miur. “Rispetto all’esame di secondaria di primo grado – aggiunge la Ministra – la stessa legge 104 del 1992 stabilisce chiaramente che le studentesse e gli studenti della scuola dell’obbligo debbano essere verificati in base agli obiettivi del Piano educativo individualizzato, affinché si possa ragionare sulle abilità specifiche sviluppate e potenziate durante gli anni di studio. Continueremo su questa strada e rafforzeremo una scuola di diritti e di opportunità che metta al centro le ragazze e i ragazzi, le loro peculiarità e il loro desiderio di futuro. Vogliamo costruire per loro una scuola che li accompagni nel domani. E una società che li accolga e faccia della loro diversità un’occasione di crescita globale”.

RECLUTAMENTO ATA

RECLUTAMENTO ATA

     In via di emanazione i provvedimenti per il rinnovo delle graduatorie

 

In data 8 febbraio 2017 si è tenuta presso il MIUR una riunione informativa alle organizzazioni sindacali rappresentative del comparto scuola sulle procedure di reclutamento del personale ATA e più precisamente sulla predisposizione del concorso per soli titoli per l’anno scolastico 2017/2018 (24 mesi) e sull’ emanazione del Decreto ministeriale con il quale si costituiranno le nuove graduatorie per il conferimento di supplenze gli anni scolastici 2017/18, 2018/19 e 2019/20 (terza fascia).

ATA 24 mesi

I rappresentanti del MIUR hanno anticipato che a giorni verrà pubblicata la circolare che avvierà la procedura. La data di pubblicazione dovrà essere stabilita in raccordo con le altre attività programmate. A seguito di questa nota I Direttori Generali di ciascun Ufficio Scolastico Regionale – con esclusione della regione Valle d’Aosta e delle province autonome di Trento e Bolzano – emaneranno i relativi bandi per ciascun profilo professionale e per tutte le province di competenza. Le domande dovranno essere inviate in forma tradizionale, anche per posta elettronica certificata, mentre la scelta delle scuole sarà effettuata – in un secondo tempo – on line. Dalla data di pubblicazione di ciascun bando regionale decorrerà il termine di 30 giorni per la presentazione delle domande. Ricordiamo che a tale concorso possono partecipare esclusivamente aspiranti con 24 mesi di servizio prestati nella scuola statale e nel profilo richiesto.

Graduatorie di terza fascia

Successivamente al concorso dei 24 mesi verrà emanato il DM con il quale si costituiranno le nuove graduatorie per il conferimento di supplenze brevi e saltuarie. Anche in questo caso le domande dovranno essere inviate in forma tradizionale, anche per posta elettronica certificata. Per partecipare i candidati dovranno essere in possesso del titolo di studio previsto dal contratto nazionale per il profilo professionale richiesto. Gli interessati possono concorrere per i profili professionali di assistente amministrativo, assistente tecnico, cuoco, infermiere, guardarobiere, addetto alle aziende agrarie, collaboratore scolastico. Le nuove graduatorie di circolo e di istituto sostituiranno integralmente quelle vigenti nel triennio precedente.

La Uil Scuola, ha chiesto di

  • Operare rapidamente per garantire alle scuole il tempo necessario al completamento delle operazioni ed evitare le sovrapposizioni delle scadenze
  • Mettere in condizioni le scuole di non caricare nuovamente i dati presenti al sistema confermandoli.
  • Garantire le nuove graduatorie per l’inizio dell’anno scolastico

Non aggiungere nuove certificazioni ai fini del punteggio in quanto non hanno alcuna utilità se non quella di alimentare il mercato dei corsi a pagamento

MOBILITA’, SULLA CHIAMATA DIRETTA POSIZIONI ANCORA LONTANE

MOBILITA’, SULLA CHIAMATA DIRETTA POSIZIONI ANCORA LONTANE

“Ancora una volta la proposta avanzata dall’Amministrazione sulla chiamata per competenze non ci trova d’accordo”. Così Maria Di Patre, vice coordinatrice della Gilda degli Insegnanti, commenta l’esito dell’incontro avvenuto questa mattina a viale Trastevere sull’ipotesi di CCNI mobilità 2017/2018.

“Anche in questa bozza – spiega Di Patre – mancano completamente il riconoscimento dell’anzianità di servizio e i punteggi, lasciando dunque ampia discrezionalità al dirigente scolastico. La nuova proposta ha diminuito il numero dei requisiti da 36 a 27 ma restano ancora gli incarichi organizzativi (collaboratore del dirigente, referente per progetti di reti di scuole, attività di tutoraggio, soltanto per citare qualche esempio) che nulla hanno a che fare con la buona didattica”.

“Le richieste che abbiamo avanzato al Miur – prosegue Di Patre – riguardano l’eliminazione  dall’elenco dei requisiti organizzativi; l’emanazione di una delibera o di un atto formale vincolante da parte del collegio dei docenti per la scelta delle competenze; la necessità di un numero ridotto (al massimo 4) di requisiti richiesti nelle scuole. Inoltre abbiamo chiesto che, a parità di requisiti, non si proceda con il colloquio ma osservando un criterio certo e oggettivo. In ogni caso – conclude la vice coordinatrice nazionale della Gilda – anche se il collegio dei docenti deliberasse criteri più equi e oggettivi, l’ultima parola spetterebbe sempre al dirigente”.

“Gli incontri proseguiranno mercoledì 15 e giovedì 16 febbraio e ci auguriamo che l’Amministrazione si dimostri più disponibile ad accogliere le nostre richieste”.

Università, accreditamento dei corsi

Università, maggiore gradualità nell’attuazione
delle nuove regole di accreditamento
dei corsi. Pubblicato il decreto
Fedeli: “Atto necessario, atenei
devono poter attivare piani reclutamento”

è stato pubblicato oggi, sul sito del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il decreto che rende più graduale l’attuazione delle nuove regole per l’accreditamento dei corsi universitari. Regole fissate dal decreto 987 dello scorso 12 dicembre.

“Con questo provvedimento – sottolinea la Ministra Valeria Fedeli – veniamo incontro alle richieste della Conferenza dei rettori di una maggiore gradualità di attuazione delle nuove regole. Gradualità che riguarderà anche l’introduzione delle cosiddette lauree professionalizzanti su cui attiveremo una cabina di regia che vedrà coinvolti tutti i soggetti interessati, compresi le studentesse e gli studenti. Si tratta di una scelta di buon senso, di un atto necessario. La nuova tempistica consentirà infatti agli atenei, fermi restando i paletti che riguardano l’apertura di nuovi corsi, di introdurre i nuovi parametri relativi al rapporto fra docenti e studenti senza danneggiare l’offerta esistente potendo attivare, nel frattempo, anche un apposito piano di reclutamento”.

Con il provvedimento pubblicato oggi si prevede che la verifica del possesso o meno dei requisiti di docenza venga fatta, per tutti gli atenei, in base alle regole previste dal decreto 987 del 12 dicembre 2016, con riferimento al numero di docenti necessari rispetto alla numerosità delle studentesse e degli studenti iscritti.

Nel caso in cui  la verifica dia un esito “non” positivo i corsi già accreditati fino all’anno accademico 2016/17 potranno essere mantenuti fino al 2019/2020 quando comunque dovranno rispondere alle nuove regole di accreditamento. Al contempo però non sarà consentita l’apertura di nuovi corsi se non a seguito della chiusura di un pari numero di corsi di studio esistenti.

Residenze universitarie

In Gazzetta Ufficiale il bando per nuove residenze universitarie
Aumento dei posti, tempi più rapidi, progettazione innovativa,
attenzione per l’ambiente. A disposizione 18 mln annui per il 2016/2018
Fedeli: “Attenzione alle esigenze delle studentesse e degli studenti, meno burocrazia”

Risorse per 18 milioni di euro all’anno, per il triennio 2016/2018, cui si aggiungono le economie recuperate dal Miur sui bandi precedenti; incremento dei posti disponibili; standard innovativi di progettazione che dovranno guardare, fra l’altro, all’integrazione con il tessuto cittadino e alla compatibilità ambientale; tempi più rapidi per la realizzazione degli interventi.

Sulla Gazzetta Ufficiale di oggi è disponibile il quarto bando di gara per la realizzazione di nuove strutture residenziali universitarie, secondo quanto previsto dalla legge 338/2000. Il bando prevede il cofinanziamento da parte dello Stato di interventi per la realizzazione di alloggi e residenze per studentesse e studenti.

“Il nuovo bando – sottolinea la Ministra Valeria Fedeli – pone una maggiore attenzione alle esigenze delle studentesse e degli studenti innalzando gli standard per la realizzazione delle residenze. Nella stessa direzione vanno l’obiettivo di integrare di più le nuove strutture nel tessuto urbano e lo snellimento delle pratiche burocratiche”.

Tra le novità del bando: una nuova linea di cofinanziamento per l’efficientamento energetico delle residenze, la riduzione dei tempi di realizzazione degli interventi, una maggiore attenzione alla localizzazione degli interventi nelle vicinanze delle sedi universitarie.

Insieme al bando, sono stati pubblicati anche un Decreto Ministeriale ed un Decreto Direttoriale. Il primo indica gli standard minimi dimensionali e qualitativi e le linee guida relative ai parametri tecnici ed economici per la realizzazione degli alloggi e delle residenze. Il secondo definisce l’adozione di un modello informatizzato per la formulazione delle richieste di cofinanziamento. Da settembre 2015 ad oggi sono stati investiti 100 milioni di euro per 22 residenze universitarie e un totale di oltre 3.300 posti.

Medicina, la Ministra incontra gli specializzandi

Medicina, la Ministra Fedeli
ha incontrato gli specializzandi

(Roma, 9 febbraio 2017) Si è svolto questa mattina al Miur un incontro tra la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, e i rappresentanti del Comitato nazionale aspiranti specializzandi (Cnas), dell’Associazione italiana giovani medici (Sigm) e dell’Associazione italiana medici (Aim). Durante l’incontro, a cui ha partecipato anche l’On. Filippo Crimì, sono stati affrontati diversi temi riguardanti il percorso formativo per gli aspiranti medici e le specializzazioni di area sanitaria.

In particolare, tra la Ministra e i rappresentanti delle associazioni mediche è stata registrata una convergenza su diversi punti. Tra questi, la necessità di procedere verso un ulteriore miglioramento e semplificazione dell’attuale procedura nazionale di accesso dei medici alle scuole di specializzazione di area sanitaria (procedura già oggetto  – a detta degli stessi partecipanti all’incontro – di profondi e strutturali interventi migliorativi da parte dell’Amministrazione rispetto alla originaria formula); e la necessità di approdare in tempi rapidi all’adozione della “laurea magistrale abilitante” in medicina e chirurgia, in modo da rendere concreta la possibilità per gli studenti di acquisire l’abilitazione all’esercizio della professione di medico chirurgo in tempi più rapidi, in linea con quanto già accade in altri Paesi europei.

Più alternanza e laboratori negli istituti professionali «di domani»

da Il Sole 24 Ore

Più alternanza e laboratori negli istituti professionali «di domani»

di Claudio Tucci

Più alternanza scuola-lavoro (almeno il 50% dell’orario scolastico). Robuste dosi di laboratorio, già a partire dal primo biennio. Percorsi didattici di quattro anni (e non cinque), con una identità “chiara” e “subito pratica”, valorizzando ruolo delle Regioni ed esigenze dei territori (e con la possibilità, per i neo diplomati, di ingresso diretto negli Its, gli istituti tecnici superiori).

I rilievi delle imprese
Confindustria ha inviato in Parlamento le proprie osservazioni allo schema di Dlgs che riordina l’istruzione professionale dello Stato: «Serve un cambiamento profondo e coraggioso di questo importante segmento formativo – ha spiegato il direttore dell’Area Lavoro, welfare e capitale umano, Pierangelo Albini -. In un mondo in continua evoluzione, e sotto la spinta di Industria 4.0, c’è bisogno che la scuola differenzi l’offerta didattica per formare giovani che sappiano affrontare le nuove sfide, siano essi laureati o diplomati».

I nodi sul tavolo
Oggi i percorsi professionali del secondo ciclo sono costituiti da due ordinamenti distinti: da un lato, ci sono gli Istituti statali (Ip) della durata di cinque anni, gestiti dal Miur. Dall’altro, c’è l’Istruzione e formazione professionale (Iefp) con percorsi di quattro anni (tre per la qualifica, più uno per il diploma) sotto la cabina di regia delle Regioni. La Iefp interessa circa 135mila studenti, e ottiene ottimi risultati occupazionali; l’Ip coinvolge invece circa 550mila alunni e 60mila docenti, e a causa di un approccio molto teorico e “scolasticistico”, è in grave affanno, con elevatissimi tassi di abbandono (38% nei primi due anni).

Il raccordo con l’offerta regionale
Di qui la proposta del governo di una sua riforma: «Che purtroppo però è ancora molto timida – ha incalzato Confindustria -. Il punto è che serve un’istruzione professionale di qualità che garantisca alle imprese un bacino di mestieri e professioni strategiche per l’economia manifatturiera e ai ragazzi competenze spendibili sul lavoro». In quest’ottica il Dlgs all’esame delle Camere è piuttosto carente. Sul piano della didattica, per esempio, conferma un’impostazione per “assi culturali” che non professionalizza, penalizzando le competenze costruite sull’interdisciplinarietà.

Per le imprese, quindi, la strada è puntare su formazione “on the job” e dialogo con i territori per non cannibalizzare i corsi Iefp. «Ragioniamo sull’ armonizzazione degli Ip con l’ offerta regionale – ha risposto il sottosegretario, Gabriele Toccafondi -. Ma bisogna garantire in tutt’Italia percorsi validi per i ragazzi».

Scuola, lezioni on line e tutor per studenti-atleti

da Il Sole 24 Ore

Scuola, lezioni on line e tutor per studenti-atleti

di Alessia Tripodi

 Conciliare l’attività agonistica con lo studio grazie anche a strumenti on line che aiutano a recuperare le lezioni in caso di assenze prolungate. È l’obiettivo del programma di didattica sperimentale, previsto dalla legge sulla Buona Scuola, che ha preso ufficialmente il via quest’anno, coinvolgendo in prima battuta 415 studenti delle scuole superiori. E oggi il ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, insieme al sottosegretario Miur Gabriele Toccafondi, ha tracciato un primo bilancio dell’iniziativa, nata da un’alleanza tra Miur, Coni, Cip (Comitato italiano paralimpico), Lega Serie A.

Coinvolte 37 federazioni sportive
I primi a partecipare al progetto, spiega il Miur, sono stati 415 ragazzi di 187 scuole superiori distribuite in 17 regioni, con una maggiore concentrazione in Lombardia (23%), Lazio (18%) e Piemonte (11%). Il 73% degli iscritti frequenta un liceo, il 20% un istituto tecnico e il 7% un istituto professionale, in particolare negli ultimi due anni di scuola. Sul piano sportivo, sono 37 le federazioni sportive coinvolte, per un totale di 45 discipline rappresentate: netta predominanza del calcio con 96 ragazzi-atleti, davanti a nuoto (49), atletica (40) e basket (35).

I contenuti del progetto
Gli istituti avranno a disposizione un programma che prevede due modalità di studio: quella base e quella avanzata. Quest’ultima, spiega il ministero, oltre al Programma formativo personalizzato, si avvale anche di una piattaforma digitale di e-learning come strumento integrativo della didattica in caso di assenze prolungate. Realizzata da Alfabook (Società Olivetti del gruppo Tim), la piattaforma viene messa a disposizione dalla Lega Serie A in modo gratuito: al suo interno si possono trovare integrazioni ai libri di testo, prove per l’assegnazione dei compiti e strumenti di valutazione. Ogni ragazzo sarà seguito da un tutor scolastico, 209 quelli a disposizione, e da uno sportivo.

Fedeli: «Progetto getta basi per una cittadinanza migliore per tutti»
Il programma testimonia la «qualità delle scelte che facciamo- ha sottolineato il ministro Fedeli- e dare questa possibilità significa certificare un impegno straordinario sia nello studio che nella fatica di una passione. Bisogna fare un applauso a questi ragazzi».
Al progetto «partecipa tutto il tessuto sportivo italiano- ha ricordato il segretario generale del Comitato olimpico, Roberto Fabbricini- perchè parliamo di 37 federazioni. Ma vorrei ricordare anche il ruolo delle società sportive che vivono al fianco dei loro atleti, e alle famiglie che spesso sono i primi dirigenti di un campione».
Lo ha sottolineato anche il presidente del Cip, Luca Pancalli: «Da genitore vedo le difficoltà che si incontrano quando un figlio fa sport – ha detto – e quindi c’è più soddisfazione ancora per il riconoscimento che si dà al mondo che rappresento e che attribuisce valore allo sport come strumento educativo, con un’importanza pari a quella delle altre materie». Numerosi gli studenti-atleti che hanno raccontato la loro esperienza: dal centrocampista della Lazio, Alessandro Murgia, alla karateka Carolina Amato, fino a Mattia Cardia, atleta ipovedente. Il progetto costituirà le basi per una «cittadinanza migliore per tutti- ha concluso il ministro Fedeli- Anche questo è un modo di fare scuola».

Al via un’indagine per «testare» le competenze in inglese degli alunni delle superiori

da Il Sole 24 Ore

Al via un’indagine per «testare» le competenze in inglese degli alunni delle superiori

di Claudio Tucci

Al via un’indagine sul livello di competenza della lingua inglese per studenti del terzo anno delle scuole superiori. L’iniziativa è proposta dal Miur, direzione generale per gli Ordinamenti scolastici e la valutazione, assieme ad EF Education.

L’iniziativa
L’indagine è rivolta alle scuole delle seguenti regioni: Nord Italia: Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Piemonte e Veneto. Centro Italia: Toscana, Lazio e Marche. Sud Italia: Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia. Il periodo di effettuazione dell’indagine è stato stabilito dal 15/2/2017 al 30/5/2017.

La partecipazione delle scuole è volontaria e gratuita e vede coinvolti studenti che frequentino il 3° anno di scuole secondarie di secondo grado e che non abbiamo un’età inferiore ai 16 anni di età.

Come si farà l’indagine
Per effettuare questa indagine le scuole dovranno somministrare agli studenti l’EFSET (Education First Standard English Test), un test online standardizzato di inglese creato da EF, che adegua in tempo reale il livello di difficoltà del contenuto della prova in base alle risposte corrette e/o errate fornite dall’esaminando. La durata del test è di 50 minuti (25 minuti Grammatica e Comprensione Scritta + 25 minuti Comprensione Orale).

La partecipazione delle scuole
Le scuole che desiderano partecipare all’indagine, oltre a verificare la strumentazione a disposizione, dovranno inviare la propria adesione entro il 28/2/2017 compilando il modulo al link www.ef.com/efsetmiur. Ogni scuola partecipante riceverà una relazione specifica sui risultati ottenuti dai propri studenti e ogni studente che avrà completato l’EFSET riceverà sia un attestato del livello linguistico registrato dal test in base ai parametri internazionali del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue sia l’offerta gratuita per la frequenza di un corso di inglese online per 4 settimane. Agli studenti partecipanti verrà richiesto di rispondere anche ad un questionario con domande sulle modalità di apprendimento della lingua inglese.

È vero, molti nostri studenti non conoscono l’italiano ma la colpa è anche dell’università

da la Repubblica

È vero, molti nostri studenti non conoscono l’italiano ma la colpa è anche dell’università

Marco Rossi Doria: Una replica alla lettera dei seicento docenti di vari atenei sulle scarse competenze degli iscritti: se la scuola con loro ha fallito, vanno cambiati i corsi di laurea degli insegnanti

Una replica alla lettera dei seicento docenti di vari atenei sulle scarse competenze degli iscritti: se la scuola con loro ha fallito, vanno cambiati i corsi di laurea degli insegnanti

La lettera dei seicento professori ripropone la povertà delle competenze linguistiche — non solo degli studenti universitari — come grande questione nazionale. Tullio De Mauro la chiamava la «de-alfabetizzazione degli italiani». Va affrontata con l’esame di una catena di responsabilità che riguardano ognuno, per favorire un’opera di riparazione comune.

In tanti docenti dedichiamo grandi energie a insegnare a ascoltare, leggere, scrivere correttamente, ad aumentare le parole conosciute e a utilizzarle bene e ad accompagnare a formulare le domande che vengono dal discutere e dall’esplorare il mondo. Era certamente più facile quando nelle famiglie e nelle comunità resisteva il presidio del limite e si poteva contare su un’alleanza educativa tra adulti. È più difficile insegnare lessico e grammatica mentre ci si deve dedicare anche al lessico e alle grammatiche del rispetto e alla ri-creazione dell’attenzione per arte, scienze, letteratura di fronte a fenomeni di desertificazione culturale che hanno carattere generale, non certo attribuibile alla sola scuola.

Poi, è una sfida esaltante ma anche impegnativa fare i conti ogni giorno con media che hanno trasformato gli stessi modi di imparare: organizzazione della memoria, presenza simultanea di molti codici, compresenza di procedure analogiche e logiche, relazione immediata tra produzione costruita e fruita. Questa è la prima generazione di docenti che ha perso il monopolio delle conoscenze e dei mezzi per trasmetterle. E che deve insegnare a distinguere, scegliere, confrontare, in mezzo a un mare di informazioni complesse e contraddittorie, valutando il sapere che i propri alunni hanno acquisito in moltissimi modi, anche lontano dalla scuola. Il cruciale tema posto dalla lettera-appello non può essere separato da tutto questo. Nelle scuole convivono molte cose. Troppo spesso la didattica trasmissiva, senza laboratorio, mortifica la curiosità e le straordinarie potenzialità esplorative ed espressive dei ragazzi minando la motivazione e si sottovaluta il come si parla e si scrive. Al contempo, moltissimi docenti sanno curare — insieme — curiosa ricerca, conoscenze di base solide, metodo di lavoro, padronanza della lingua. Ed è possibile imparare a farlo. Ma per anni la formazione degli insegnanti era passata da diritto-dovere a opzionale. E sia il Ministero che le Università non hanno davvero raccolto la grande lezione sul come si impara a insegnare che veniva da Mario Lodi o Emma Castelnuovo o dalle Dieci tesi per l’educazione linguistica democratica compilate da Tullio De Mauro dopo un grande lavoro cooperativo tra docenti di scuola e di università. Sono prevalse le ricette con la lista degli esercizi o l’elenco dei micro-obiettivi e gli schemi di lezione. E, invece, la vera competenza docente si costruisce come un sapiente artigianato con una ricchezza di strumenti didattici. Ma questo è un processo che implica imparare a prendere la lingua della vita e quella di più arti e discipline, usarne la potenza nel ricco lavoro in classe e curarne, al contempo, le forme, nel ri-conoscimento e nel confronto con la nostra superba tradizione letteraria. Oggi questa cosa è un’opera titanica, che a volte non avviene e altre sì, ben poco riconosciuta.

Per quanto riguarda la scuola di base, le Indicazioni nazionali per il Curricolo hanno ridato importanza all’italiano, proprio nello spirito dell’appello. Infatti, vi è stabilito esattamente ciò che si deve imparare — entro III, V classe primaria e III media — nell’ascolto e nel parlato, nella lettura, nella scrittura, nell’acquisizione ed espansione del lessico ricettivo e produttivo, negli elementi di grammatica esplicita e di riflessione sugli usi della lingua.

Dunque, non è «necessario rivedere le indicazioni nazionali» come, invece, sostengono i seicento firmatari. Per convincersene basta leggerle. E proprio a partire dalle Indicazioni si può convenire su compiti comuni. La competenza sofisticata dei docenti va posta nuovamente al centro dell’attenzione politica. Con esami obbligatori di lingua e grammatica all’università per chi insegnerà e con adeguati investimenti a sostegno della formazione dei docenti. Le verifiche delle conoscenze degli alunni vanno rese rituali. La riflessione sulle competenze linguistiche va posta come questione di tutte le discipline. E va potenziata l’analisi di ciò che fanno le scuole che ottengono buoni risultati nella lingua: il loro successo è la più importante lezione per battere la de-alfabetizzazione. Francesco Sabatini, da presidente dell’Accademia della Crusca, ci regalò parole importanti: «Non ci stancheremo mai di ripetere che se alla scuola dobbiamo attribuire tanta responsabilità specifica in questo campo, sarebbe vuoto esercizio retorico o, peggio, modo di oscurare molteplici altre responsabilità il continuare a non vedere la catena che lega allo stesso carro almeno altri due soggetti comprimari: l’università e i governi… Alla prima spetta con assoluta evidenza il compito di preparare in modo appropriato la classe degli insegnanti; ai secondi spettano i compiti, ineludibili ma troppo spesso elusi di assicurare una decorosa condizione socio-economica ai docenti e, fatto per nulla secondario, di verificare la rispondenza della formazione degli aspiranti insegnanti alle funzioni che li attendono nelle aule. Per quanto riguarda l’insegnamento dell’italiano, bisogna dirlo francamente, si ignora il fatto che la preparazione universitaria degli insegnanti nell’area specifica della linguistica italiana è stata, per lungo tempo, del tutto assente e poi ha continuato ad essere assai limitata».

Quel salto tra paura e fiducia nel futuro

da la Repubblica

Quel salto tra paura e fiducia nel futuro

Maria Pia Veladiano

Il LICEO: bene-rifugio? Investimento? Status symbol? Il liceo è per sua natura una scuola che investe nel futuro. Il titolo di studio non è immediatamente “professionalizzante”, come si dice. Dopo bisogna pensare all’università. Per cui il dato del Miur che registra la crescita di iscrizioni nei licei può restituirci uno sguardo di fiducia nel mondo che verrà, ed è una buona cosa.

Potrebbe, però, raccontare anche una paura. La paura di un mondo in cui nessun lavoro oggi immaginabile è ragionevolmente abbastanza sicuro e allora conviene scommettere (impegnare le proprie energie giovani) in una preparazione larga e flessibile, un liceo che lasci aperte tante possibilità, dopo. Anche questa è una buona cosa, se è vera.

Chi lavora nella scuola però sa che il liceo è un poco anche un marchio. Una firma. Le scuole registrano un pellegrinaggio dallo scientifico tradizionale, o anche dal classico, verso lo scientifico delle scienze applicate, che è il liceo “senza il latino”, come si dice in modo un po’ grossolano. E allora l’aumento dei licei light (soprattutto delle scienze applicate e sportivo, +0,4% insieme) potrebbe essere uno degli indicatori di quella deriva dell’apparire che affligge il nostro tempo. Mio figlio deve fare un liceo purchessia. E questa non sarebbe una buona cosa.

Sempre restando bene aderenti ai dati del Miur e cercando di interpretarli, un poco preoccupa il fatto che i licei siano scelti dalle regioni in cui di più batte la crisi del lavoro mentre Veneto, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia sono le regioni in cui i ragazzi ancora scelgono gli istituti tecnici. In queste regioni i tecnici offrono ancora una buona possibilità di impiego dopo il diploma, e sceglierli vuol dire tenere aperte entrambe le strade dopo la maturità: l’università e la professione.

Il calo dei professionali invece è un vero disastro. È il risultato di una scelta politica dissennata fatta quando si è deciso di snaturarli, togliendo quel rassicurante step intermedio che era la qualifica professionale dopo il terzo anno, rassicurante per chi temeva di non poter fare un tecnico di cinque anni e insieme trampolino per chi scopriva che invece ogni passaggio di scuola è una nuova possibilità e che si può essere migliori di come ci si immaginava.

Chi ci ha lavorato sa che gli istituti professionali sono stati il laboratorio di tante buonissime pratiche poi diventate riforme. E ascensore sociale e ammortizzatore sociale e molto altro.

Il liceo non può essere né un bene rifugio né uno status symbol. Deve essere la buona scelta di chi il greco, il latino, la matematica, le scienze li sceglie per passione.

Riforma sostegno, il ministro Fedeli e i parlamentari vogliono modificare la delega

da La Tecnica della Scuola

Riforma sostegno, il ministro Fedeli e i parlamentari vogliono modificare la delega

La legge delega sulla riforma del sostegno è modificabile: lo aveva detto il ministro dell’Istruzione qualche giorno fa. Ora ne abbiamo la conferma.

Stiamo parlando del decreto legislativo sulle “norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità (Atto 378) incluse nella Legge 107 del 2015.

“Si apre uno spiraglio per ridiscutere i testi” hanno fatto sapere le Federazioni delle persone con disabilità Fand e Fish dopo le audizioni presso le Commissioni Cultura e Affari sociali sui decreti attuativi sulla “Buona Scuola”. Tanto da esprimere “cauta soddisfazione per le aperture raccolte”.

La notizia è giunta dopo che le stesse Federazioni avevano minacciato, da questa testata giornalistica, attraverso l’avvocato Salvatore Nocera, di “intraprendere iniziative di protesta anche radicali”, qualora non fosse dato seguito agli emendamenti richiesti.

“In ordine di tempo – si legge ancora in una nota delle due federazioni – la prima apertura proviene proprio dal Ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli che, assieme al sottosegretario Vito De Filippo ha incontrato le delegazioni di Fand e Fish raccogliendo le osservazioni critiche sui decreti attuativi e profilando possibili interventi correttivi”.

“La seconda apertura si è registrata nella giornata di ieri (martedì 7 febbraio ndr), nuovamente con le Commissioni Cultura (VII) e Affari sociali (XII): anche in questa sede Fand e Fish hanno avuto l’opportunità di sostenere ancora e più nel dettaglio l’esigenza di emendare i decreti sottoposti all’esame parlamentare. La disponibilità è di entrare nel merito delle singole correzioni proposte prima di chiudere i lavori e restituire il parere alla Presidenza del Consiglio”.

L’impegno di Fand e Fish è quindi ora rivolto alla presentazione e al sostegno dei singoli emendamenti “che non sono pochi, né marginali”.

Non è specificato quali siano state richieste siano state fatte al ministro Fedeli e alle commissioni parlamentari. Sempre alla Tecnica della Scuola, Nocera aveva comunque fatto un esempio decisamente indicativo: “per un alunno cieco è molto diverso trovarsi in una scuola in cui ci sono docenti preparati sulle didattiche specifiche per la cecità, classe poco numerosa e l’utilizzo di nuove tecnologie elettroniche, rispetto a chi tutto ciò non o può avere”.

“Sulla base di questi nuovi orientamenti culturali – ha continuato l’esperto di disabilità – nel 2006 è stata approvata la Convenzione delle nazioni unite sui diritti delle Persone con disabilità che è stata ratificata dall’Italia nel 2009. Pertanto adesso la legge 104 deve essere applicata alla luce di questi nuovi principi, ai quali dovrà adeguarsi”.

Da un punto di vista pratico, significa che il docente di sostegno dovrà specializzarsi ulteriormente nella tipologia di disabilità. E che la scuola dovrà però anche garantire agli studenti ‘certificati’ tecnologie adeguate, oltre che la presenza di docenti specializzati nel corso degli anni: insomma, non proprio dei dettagli. I quali, almeno secondo le Federazioni di settore, se inseriti nella legge delega possono migliorare la qualità dell’insegnamento agli allievi con problemi di apprendimento.