Autismo, Iss: Piu’ diagnosi precoci ma casi in aumento

Redattore Sociale del 15-02-2017

Autismo, Iss: Piu’ diagnosi precoci ma casi in aumento

“C’e una combinazione tra una maggiore attenzione sui disturbi dello spettro autistico, grazie a una maggiore capacita diagnostica, con un effettivo aumento dei casi”. Risponde cosi’ Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di Sanita’ (Iss), a margine della conferenza della Fondazione italiana per l’autismo (Fia), alla domanda se ci troviamo dinanzi ad una epidemia di autismo.

Quale potrebbe essere la causa di questo aumento? Alcune “ipotesi di lavoro” mettono in risalto anche “l’esistenza di un collegamento del disturbo con gli aspetti genetici, che a loro volta sono collegati a fattori epigenetici”. Questo significa che bisognera’ studiare “l’interazione tra il genoma e i condizionamenti ambientali nel senso esteso del termine- conclude Ricciardi- poiche’ alcune mutazioni sono messe in moto da condizionamenti ambientali”. (DIRE)

La Ministra incontra il Segretario Generale dell’Ocse

Ocse, incontro Fedeli-Gurria: “La Buona scuola ha restituito al sistema educativo la centralità che merita”

(Roma, 15 febbraio 2017) La Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli ha incontrato questo pomeriggio, presso la sede del Miur, il Segretario Generale dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse) Angel Gurria, in visita a Roma per presentare il rapporto annuale “Economic Survey 2017” sull’Italia. La Ministra Fedeli ha apprezzato l’indagine fornita dall’Ocse, “che ci consente una lettura complessiva e una valutazione delle sfide e delle opportunità del nostro Paese” e la sottolineatura posta nel documento sul tema delle riforme strutturali.

Per quanto riguarda il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, la Ministra Fedeli ha apprezzato il fatto che il rapporto descriva “con accuratezza i principali temi de La Buona Scuola e ne evidenzi il potenziale impatto strutturale e di lungo termine”. Alcuni margini di miglioramento esistono, ha sottolineato Fedeli, “ma la riforma ha restituito al sistema educativo la centralità che merita: attraverso un’inversione di tendenza, si è investito per interrompere decenni di precariato, dare gambe all’autonomia scolastica, introdurre un sistema di responsabilità e merito, centrato sulla formazione e crescita professionale del personale”. Durante l’incontro la Ministra dell’Istruzione ha anche illustrato l’Alternanza Suola-Lavoro e il Piano Nazionale Scuola Digitale sottolineando “la necessità di rafforzare il collegamento fra il sistema educativo e il mondo del lavoro e la necessaria innovazione negli approcci metodologici per formare le cittadine e i cittadini e le lavoratrici e i lavoratori del futuro”.

Fondo non autosufficienza: confermati i rischi di taglio

Fondo non autosufficienza: confermati i rischi di taglio

È confermato il rischio di taglio del FNPS, Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (poco più di 300 milioni di euro) e del FNA, Fondo per le Non Autosufficienze (500 milioni per il 2017) paventato dal comunicato FISH dell’altro ieri che ne chiedeva una smentita.

Al contrario è lo stesso Ministro Giuliano Poletti a confermare che l’ipotesi sta circolando ed è oggetto di analisi da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

La conferma è arrivata in occasione dell’incontro del Tavolo sulla non autosufficienza, gruppo di lavoro che coinvolge Regioni, INPS, Associazioni, Sindacati, Ministeri del Lavoro, della Salute e dell’Economia e Finanze, presieduto ieri direttamente dal Ministro.

Poletti ha espresso ripetutamente la propria decisa contrarietà a questa prospettiva, rassicurando che la esprimerà in tutte le sedi istituzionali operando per il mantenimento integrale degli stanziamenti stabiliti dall’ultima legge di bilancio. Questa istanza è supportata anche dalla volontà di elaborare e attuare un Piano per la non autosufficienza e garantire, a breve, livelli essenziali di prestazioni che consentano omogenea esigibilità di adeguati servizi in tutta Italia. Sulla costruzione di questo impianto sta appunto operando il Tavolo per le non autosufficienze fortemente voluto dal Ministero, dalle Associazioni e dalle organizzazioni sindacali che, nell’incontro di ieri, in modo unanime, hanno espresso forte dissenso rispetto al possibile scenario di compressione.

“La FISH, sollevando immediatamente la questione, ha dimostrato quanto elevata sia la soglia di attenzione anche su questi aspetti vitali per migliaia di persone.” – commenta Vincenzo Falabella, Presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap – “Ogni azione praticabile verrà attivata per disinnescare una scelta che sarebbe devastante per il futuro delle politiche sociali. In queste azioni – ora ne siamo certi – potremo contare su un fronte comune con molte altre associazioni ed organizzazioni, ma anche sul senso di responsabilità dei parlamentari.”

Asili, slitta al 31 dicembre 2017 l’adeguamento alle norme anti incendio

da Il Sole 24 Ore 

Asili, slitta al 31 dicembre 2017 l’adeguamento alle norme anti incendio

di Claudio Tucci

Sì al rinvio al 31 dicembre 2017 del termine per l’adeguamento alle nome anti incendio da parte degli asili; e via libera anche alla «stabilizazione» dei ricercatori precari dell’Istat. Con queste due ultime novità sbarca oggi in Aula al Senato il decreto Milleproroghe.

Istat
Nell’emendamento sui precari Istat viene previsto che le procedure concorsuali dovranno essere bandite entro il 31 dicembre 2018 e si esplicita la contestuale proroga per i precari dal 31 dicembre 2017 fino alla conclusione delle procedure concorsuali e comunque non oltre il 31 dicembre 2019.

Le misure per la scuola
Per il resto, il provvedimento conferma le misure in ingresso sulla scuola: in attesa della riforma delle modalità di accesso all’insegnamento per la scuola secondaria arriva una proroga del termine dell’anno scolastico 2016/2017, previsto dall’articolo 1, comma 107, della legge n. 107 del 2015, a partire dal quale si applica il divieto di inclusione nelle graduatorie di circolo e di istituto di soggetti non muniti di abilitazione all’insegnamento. Tale termine viene prorogato all’anno scolastico 2019/2020.

Si prevede, poi, che l’organico dei collaboratori scolastici a livello nazionale è accantonato (cioè ridotto) di 11.851 unità rispetto alle necessità delle scuole. Le scuole coprono i servizi di pulizia che il personale mancante non può erogare, tramite l’acquisizione di contratti di servizio con ditte esterne. Ciò accade in quasi tutte le regioni, con particolare concentrazione nel Centro-Sud. Di qui la proroga delle convenzioni in corso, e lo slittamento al 31 dicembre 2017 del termine per individuare soluzioni normative al fine di consentire la prosecuzione dei lavori avviati in sede tecnica, di concerto con le parti sociali e le amministrazioni interessate, e di pervenire a soluzioni stabili e adeguate a tutela dei livelli occupazionali e reddituali.

Gli sgravi 2017 puntano su alternanza e apprendistato

da Il Sole 24 Ore 

Gli sgravi 2017 puntano su alternanza e apprendistato

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

 Con la fine degli incentivi generalizzati, da quest’anno le agevolazioni per le imprese sono mirate essenzialmente alle assunzioni di giovani e disoccupati di lunga durata.

Se il biennio 2015-2016 è stato caratterizzato dalla decontribuzione per tutti i nuovi ingressi a tempo indeterminato, comprese le stabilizzazioni, dallo scorso 1° gennaio sono operative tre nuove tipologie di incentivi, destinati a promuovere l’occupazione al Sud, di under29 coinvolti nel programma Ue «Youth Guarantee», di tirocinanti e apprendisti. Incentivi che si sommano a quelli in vigore da anni, destinati alle altre tipologie di apprendistato, all’assunzione degli over 50, delle donne (misure che oggi, con la fine degli sgravi targati Jobs act – e in attesa del taglio generalizzato del cuneo promesso dal governo per il 2018 – potrebbero recuperare appeal).

Bonus Sud
Iniziamo dall’incentivo ai datori di lavoro di otto regioni italiane (Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia, Campania, Abruzzo, Molise e Sardegna) che assumono con contratti a tempo indeterminato (anche a scopo di somministrazione), o di apprendistato professionalizzante, o nel caso di rapporto part-time e di trasformazione a tempo indeterminato del contratto a termine. Riguarda giovani disoccupati (privi di impiego) tra i 15 e i 24 anni, o con più di 24 anni se privi di impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi, a condizione che non abbiano avuto rapporti di lavoro negli ultimi sei mesi con lo stesso datore (a meno che non si tratti di una trasformazione a tempo indeterminato). Si tratta di uno sgravio totale dei contributi previdenziali con il tetto di 8.060 euro annui per una durata massima di 12 mesi, che si applica per le assunzioni effettuate dal 1° gennaio al 31 dicembre 2017, come previsto da un decreto dell’Anpal. Lo sgravio finanziato con 530 milioni di Fondi strutturali europei, non è cumulabile con altri incentivi.

Under29
Il secondo incentivo si applica ai datori di lavoro, su tutto il territorio nazionale, che assumono giovani non occupati e non impegnati in percorsi di istruzione o formazione con contratto tempo indeterminato (anche a scopo di somministrazione), contratto di apprendistato professionalizzante, contratto a tempo determinato (anche a scopo di somministrazione) di durata iniziale di almeno sei mesi. Destinatari della misura finanziata con 200 milioni sono gli iscritti a Garanzia giovani tra i 16 e i 29 anni, come stabilito da un secondo decreto Anpal . Anche in questo caso è previsto lo sgravio totale dei contributi previdenziali per il lavoratore assunto nel 2017 con contratto a tempo indeterminato o di apprendistato (con un tetto di 8.060 euro annui per un massimo di 12 mesi), mentre in caso di assunzione a termine per almeno sei mesi, lo sgravio è del 50% (e il tetto si dimezza a 4.060 euro annui).

Entrambi questi incentivi sono fruibili dalle imprese nei limiti del regime “de minimis” (per non incappare nelle procedure sugli aiuti di Stato). «Con la fine della decontribuzione totale – spiega il presidente dell’Anpal, Maurizio Del Conte – si è deciso di dirottare le risorse europee disponibili per obiettivi specifici, ovvero alle imprese che assumono al Sud dove la disoccupazione è più alta o che, in tutta Italia, puntano sui giovani, Ci siamo focalizzati su due segmenti deboli del mercato del lavoro, in attesa del taglio strutturale del cuneo fiscale che scatterà il prossimo anno».

Studenti in alternanza
Quanto alla terza novità, si tratta della decontribuzione per i datori che assumono con contratto a tempo indeterminato o in apprendistato giovani che hanno già svolto presso lo steso datore attività di alternanza scuola-lavoro, o, se universitari, tirocini curriculari, o effettuato un periodo di apprendistato duale. Anche in questo caso l’incentivo si applica alle assunzioni effettuate dal 1 gennaio al 31 dicembre 2017, sotto forma di sgravio totale dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con un tetto di 3.250 euro annui per un massimo di 36 mesi. Le risorse sono state stanziate dalla legge di Bilancio 2017 (7,4 milioni quest’anno) per il bonus che sarà erogato dall’Inps in base all’ordine cronologico di presentazione delle domande, nei limiti delle risorse disponibili.

«Il nuovo sistema di incentivi per il 2017 si caratterizza per una forte discontinuità con quelli applicati nel biennio precedente – commenta il giuslavorista Giampiero Falasca -. A prescindere dalle polemiche politiche che hanno accompagnato il precedente sistema, non c’è dubbio che il meccanismo previsto nel 2015 e, con forme meno convenienti, nel 2016 avesse un grande pregio: la chiarezza e semplicità applicativa, in quanto il datore di lavoro sapeva già al momento dell’assunzione se poteva fruire dell’incentivo. Con le nuove regole, si torna a sistemi – storicamente poco efficaci – caratterizzati da complesse griglie di accesso, e da un’incertezza sull’effettiva applicabilità del beneficio. L’incidenza di questi sistemi sulla decisione di assumere è molto ridotta».

Chiamata diretta, nodo vicari

da ItaliaOggi

Chiamata diretta, nodo vicari

Marco Nobilio

Nella chiamata diretta saranno determinanti le attività di collaborazione a vario titolo svolte dai docenti con i dirigenti scolastici. È quanto si evince dall’elenco dei requisiti proposti dall’amministrazione scolastica il 9 febbraio scorso ai rappresentanti dei sindacati della scuola Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda.

 

La mossa dell’amministrazione si colloca all’interno della trattativa in corso sulla cosiddetta sequenza contrattuale sulla chiamata diretta. L’intesa del 30 novembre, infatti, prevede che i criteri per la chiamata diretta dei docenti da parte dei dirigenti scolastici (cosiddetta chiamata per competenze) debbano essere definiti al tavolo negoziale. Il prossimo incontro è previsto per mercoledì prossimo 15 febbraio e le trattative proseguiranno anche il giorno successivo.

Rispetto al precedente elenco l’amministrazione ha ridotto il numero complessivo dei requisiti utili ai fini della chiamata diretta da 36 a 27. Sono spariti i riferimenti espressi al possesso di master di I e II livello. E sono stati eliminati anche i riferimenti alle esperienze di insegnamento con metodologia Clil e alla partecipazione a progetti di scambio con l’estero. E stato ridotto anche il numero dei criteri riguardanti le esperienze organizzative. In particolare per quanto riguarda lo svolgimento di incarichi di referente per alternanza scuola/lavoro e per le attività di formatore.

Ma rimangono intatti gli altri 9 criteri, sempre per quanto riguarda le esperienze organizzative: le esperienze che vengono maturate a seguito dell’assegnazioni di incarichi fiduciari ai docenti da parte del dirigente scolastico. Incarichi che, nella maggior parte dei casi, costituiscono oggetto della prestazione tipica del dirigente scolastico che, però, può delegarne lo svolgimento a docenti di propria fiducia mantenendone la responsabilità e la retribuzione. Ed è uno degli ultimi fronti su cui i sindacati chiedono al ministero di tornare sui propri passi. Intanto, è stato eliminato il riferimento al colloquio tra le modalità di selezione dei docenti: uno dei punti contestati dai sindacati.

Lo svolgimento degli incarichi di collaborazione comporta anche il diritto alla retribuzione aggiuntiva. Retribuzione che viene definita in sede di contrattazione integrativa di istituto. E che adesso, dopo l’avvento della legge 107/2015, può determinare anche la possibilità di accedere ad una corsia preferenziale per ottenere il versamento di ulteriori emolumenti collegati al cosiddetto merito. Emolumenti che vengono erogati dal dirigente scolastico, secondo discrezionalità e in riferimenti ad analoghi criteri. Che peraltro discendono direttamente dalla legge 107/2015, nella quale è inclusa un’apposita previsione in tal senso.

Ne consegue che lo svolgimento di incarichi fiduciari, prevalentemente connessi ad attività diverse dall’insegnamento, potrebbe risultare conveniente non solo economicamente, ma anche e soprattutto per rimanere nella stessa istituzione scolastica. E il dirigente scolastico, da una parte avrebbe la possibilità di assegnare ai docenti di staff una retribuzione aggiuntiva di natura discrezionale e, dall’altra parte, avrebbe la possibilità di incentivare ulteriormente tali docenti tramite l’esercizio della propria facoltà di confermarli nella propria sede scolastica di servizio.

Ai fini della chiamata diretta assumeranno rilievo anche i titoli di studio e professionali in senso stretto. Tra questi, le ulteriori abilitazioni all’insegnamento, il possesso del titolo di dottore di ricerca, la specializzazione nella metodologia Clil, le certificazioni linguistiche, la specializzazione in italiano L2 (necessaria per insegnare l’italiano agli alunni di madre lingua diversa dall’italiano) e le certificazioni informatiche. L’elenco dei criteri e la bozza di accordo a cui è allegato non prevedono la possibilità di compilare una graduatoria di aspiranti.

L’individuazione degli aventi titolo a ricevere la proposta di incarico triennale, dunque, saranno adottata dal dirigente scolastico secondo gradimento, sebbene in coerenza con il possesso dei titoli collegati ai criteri. Pertanto, qualora venisse stipulato un accordo conforme a quanto emerso nelle ultime sedute negoziali, l’individuazione del docente avverrebbe secondo discrezionalità. Si tratta di un fatto fortemente innovativo che amplia la nozione di discrezionalità amministrativa, prima collegata all’esistenza di un vuoto normativo nelle materie in cui venisse esercitata e ora espressamente prevista dal legislatore in collegamento con la nozione di clausola di gradimento, tipica di contesti di natura privatistica. Tale previsione è stata fortemente criticata dall’Autorità nazionale anticorruzione, che aveva lanciato l’allarme individuando nella procedura diversi fattori a rischio corruttivo.

L’autorità guidata da Raffaele Cantone, peraltro, per tamponare tali rischi aveva suggerito all’amministrazione di prevedere l’inserimento di un parere endoprocedimentale da parte degli organi collegiali delle istituzioni scolastiche. E questo suggerimento è stato in parte accolto dall’amministrazione.

La bozza di accordo, infatti, prevede la previa assunzione di un parere del collegio dei docenti da parte del dirigente scolastico. Parere che, però, non assumerà carattere vincolante. Almeno al momento. Ed è il secondo punto su cui i sidnacati fanno pressione perché assuma invece forma di delibera vincolante.

Secondarie, addio alla titolarità

da ItaliaOggi

Secondarie, addio alla titolarità

Dal prossimo anno, il dirigente scolastico deciderà la sede. Lo ha stabilito il ministero dell’istruzione, ma Dal prossimo 1° settembre i docenti delle secondarie non saranno più titolari nelle scuole attuali ma nell’organico dell’autonomia delle istituzioni scolastiche. Lo prevede la nota 237 emanata dal ministero dell’istruzione il 31 gennaio scorso. L’amministrazione ha stabilito che a tutto il personale docente delle scuole secondarie di I e II grado «verrà attribuita la nuova sede di organico dell’autonomia (scuole medie, istituti superiori, scuole serali, ospedaliere, carcerarie e speciali) con decorrenza 1° settembre 2017».

In pratica, i docenti delle secondarie perderanno la titolarità della scuola e la assumeranno sull’intera istituzione scolastica che tale scuola comprenda. Per esempio, il docente di scuola media titolare in una scuola, ubicata in una sezione staccata in un comune diverso da quello in cui risulta ubicata la sede centrale, perderà la titolarità nella sezione staccata e la assumerà sull’intero istituto comprensivo. Fermo restando che tale titolarità assumerà rilievo solo nelle scuole medie di cui si componga l’istituto comprensivo e non su scuole di altro ordine. E sarà poi il dirigente scolastico a decidere quale scuola media assegnare al docente interessato. Idem per le secondarie di II grado. Per esempio, il docente titolare in un istituto tecnico commerciale compreso in un istituto superiore che comprende anche un istituto professionale per il commercio perderà il diritto a rimanere nell’istituto tecnico commerciale e sarà il dirigente dell’istituto superiore di appartenenza a decidere dove dovrà andare ad insegnare.

Le disposizioni emanate dall’amministrazione centrale sembrerebbe in contrasto con il dettato della legge 107/2015. Il comma 73, dell’articolo 1, della legge dispone, infatti, che «il personale docente già assunto in ruolo a tempo indeterminato alla data di entrata in vigore della presente legge conserva la titolarità della cattedra presso la scuola di appartenenza». Dunque, l’assegnazione da parte del dirigente scolastico di classi ubicate in scuole diverse dovrebbe risultare preclusa qualora il docente interessato non venga fatto oggetto di provvedimenti di mobilità.

La legge parla chiaro: la titolarità assume rilievo sulla cattedra ubicata presso la scuola di attuale appartenenza. La scuola, non l’istituzione scolastica. In altre parole, i docenti delle secondarie, attualmente titolari su scuola, che si asterranno dal presentare le domande di mobilità, hanno diritto a conservare l’attuale titolarità su scuola. La stessa cosa vale anche qualora presentassero la domanda di mobilità, ma l’istanza non venisse accolta. La legge 107/2015, infatti, tutela espressamente i diritti acquisiti e le relative disposizioni, allo stato attuale, sono da considerarsi norme imperative di legge.

Tant’è che la legge contiene anche una disposizione che preclude alla contrattazione collettiva di introdurre deroghe nelle materie contenute nella legge stessa.

È prevedibile, dunque, che l’applicazione delle disposizioni impartite dall’amministrazione centrale darà luogo all’ennesimo contenzioso seriale. Gli elementi ci sarebbero tutti: il danno ingiusto in capo ai potenziali ricorrenti, ai quali verrebbe negato il diritto di titolarità nella scuola attuale con conseguente assoggettamento alla volontà del dirigente scolastico; la violazione di legge, derivante da una deroga peggiorativa del trattamento previsto dalla legge 107/2015, che garantisce il diritto alla conservazione del diritto di titolarità della cattedra nella scuola attuale; l’eventuale danno patrimoniale derivante dalle spese collegate al pendolarismo per raggiungere una sede diversa più lontana.

A ciò va aggiunto il fatto che la modifica della titolarità deriverebbe, almeno in parte, da una deroga introdotta dalla contrattazione collettiva, che in luogo della titolarità della cattedra nella scuola avrebbe previsto la mera titolarità sull’istituzione scolastica. Deroga che sembrerebbe non legittima da una parte per il divieto previsto in via generale dall’articolo 1 della legge 15/2009, che preclude alla contrattazione collettiva la possibilità di derogare le norme di legge. E dall’altra parte, nello specifico delle materie contenute nella legge 107, per effetto di una precisa disposizione contenuta nella legge stessa.

Va detto inoltre che la stessa legge 107/2015, quando dice che il personale docente già assunto in ruolo a tempo indeterminato alla data di entrata in vigore della legge conserva la titolarità della cattedra presso la scuola di appartenenza, potrebbe essere interpretata anche nel senso che tali docenti avrebbero diritto a mantenere la titolarità della scuola anche all’esito di provvedimenti di mobilità. D’altra parte, se è vero che la legge 107 prevede l’assoggettamento dei docenti al sistema degli ambiti e della chiamata diretta, è altrettanto vero che il comma 73, dell’articolo 1, della stessa legge è una norma speciale (se non addirittura eccezionale) che prevale, per sua natura, sulla disciplina generale che regola chiamata diretta.

Il Miur manda tutti sulle nuove classi di concorso da settembre Il Cspi: serve una clausola di salvaguardia per garantire la continuità

da ItaliaOggi

Il Miur manda tutti sulle nuove classi di concorso da settembre Il Cspi: serve una clausola di salvaguardia per garantire la continuità

Carlo Forte

Dal 1° settembre prossimo i docenti delle scuole secondarie di I e II grado saranno inquadrati nelle nuove classi di concorso previste dal decreto del presidente della repubblica 19/2017. Lo ha fatto sapere il ministero dell’istruzione con la nota 237 del 31 gennaio scorso. E nel frattempo il Consiglio superiore della pubblica istruzione ha anche dato il proprio via libera al decreto l’8 febbraio scorso. Il decreto reca la tabella con le cosiddette confluenze ed ha l’intento di ampliare la collocabilità dei docenti già in ruolo al fine di prevenire l’insorgenza di esuberi.

Il provvedimento reca anche le classi di concorso di nuovo istituzione che riguardano essenzialmente i licei musicali e coreutici. A questo proposito il Cspi ha fatto presente che sarebbe opportuno inserire alcune norme di salvaguardia per il personale a tempo indeterminato e determinato, in modo da evitare eventuali effetti distorsivi dovuti agli accorpamenti delle pregresse classi di concorso. Per questi motivi, sempre secondo il Cspi, sarebbe opportuno che per il prossimo anno scolastico non si procedesse ad applicare il nuovo regolamento, salvo che per le classi di concorso di nuova istituzione. Ciò per garantire una transizione graduale anche in considerazione dell’unificazione degli organici delle istituzioni scolastiche con più sedi o indirizzi (organico dell’autonomia).

Il parlamentino dell’istruzione ha fatto presente, inoltre, che qualora il ministero ritenesse di non accogliere questa richiesta, sarebbe opportuno inserire nel decreto una norma transitoria volta a consentire, ai docenti di ruolo titolari di insegnamenti attribuiti a una diversa classe di concorso dal decreto 19/2016, di mantenere le attuali sedi e cattedre o posti di titolarità e di partecipare alla mobilità per lo stesso insegnamento anche qualora risultino perdenti posto.

In più, per garantire la piena continuità con l’attuale situazione delle graduatorie d’istituto, il Cspi ha evidenziato la necessità di chiarire che tra i titoli di accesso ai tirocini formativi attivi rientrano non solo quelli che saranno conseguiti dagli attuali studenti iscritti a corsi di studio che davano accesso ai tirocini secondo la disciplina previgente, ma anche coloro che risultino già in possesso di tali titoli. Idem per quanto riguarda l’accesso agli elenchi di III fascia delle graduatoria di istituto.

L’organo consultivo guidato da Francesco Scrima ha fatto presente, inoltre, che in riferimento i diplomi accademici di II livello delle accademie di belle arti e degli Isia, talvolta, sono stati indicati titoli di accesso molto specifici nonché riconducibili a corsi di esclusiva attivazione territoriale. E ciò ha determinato l’esclusione di altri titoli di pari validità corrispondenti a denominazioni diverse.

Pertanto, il Cspi ha spiegato che sarebbe opportuno garantire una elencazione dei titoli rilasciati negli indirizzi delle accademie delle belle arti e degli istituti superiori per le industrie artistiche il più possibile corrispondenti alle macro-aree afferenti alle discipline di insegnamento previste ed ha auspicato un ulteriore approfondimento anche con il dipartimento per l’alta formazione artistica e musicale. Il parlamentino dell’istruzione ha evidenziato, inoltre, la necessità per la classe di concorso A/70 di posticipare all’anno scolastico 2019/2020 l’integrazione di crediti formativi universitari prevista dal decreto ai fini della validità dei titoli di accesso. Ciò per dare tempo agli aspiranti al relativo insegnamento, di modificare il proprio piano di studi in quanto all’atto dell’iscrizione tale piano non prevedeva l’obbligo introdotto.

La palla ora torna al ministero dell’istruzione, che deve decidere se e come accogliere le richieste del parlamentino della scuola.

In Italia 3 milioni e 200mila statali: 800mila sono insegnanti e 250mila Ata

da La Tecnica della Scuola

In Italia 3 milioni e 200mila statali: 800mila sono insegnanti e 250mila Ata

Con le assunzioni della Buona Scuola, hanno superato quota 800mila i docenti della scuola pubblica, di cui quasi 140 mila di sostegno o circa 100mila precari.

Poi ci sono oltre 250mila Ata e 8.200 posti da dirigente scolastico (di cui 1.400 precari).

Prima della Legge 107/2015, che ha prodotto 96mila assunzioni, tra turn over e piano straordinario con le fasi B e C, il totale dell’organico di fatto era pari a 721.590 posti, dei quali circa 110 mila solo per il sostegno.

L’ultimo dato, però solo complessivo, è stato emesso in questi giorni dalla Ragioneria generale di Stato, assieme alla mappa dell’intero pubblico impiego, cui fanno capo 3.257.014 dipendenti: i lavoratori della Scuola sono 1.085.082.

Qui di seguito, si riportano le varie amministrazioni e il numero di dipendenti, in base agli ultimi dati della Ragioneria generale dello Stato:

AMMINISTRAZIONE PERSONALE: TOTALE 3.257.014

Scuola 1.085.082

Accademie 9.174

Ministeri 153.149

Presidenza 2.128

Agenzie fiscali 51.228

Vigili del fuoco 33.572

Corpi polizia 312.205

Forze armate 181.523

Magistratura 10.270

Diplomatici 917

Prefetti 1.197

Penitenziaria 335

Enti non economici 43.341

Enti di ricerca 20.570

Università 99.134

Sanità 653.352

Autonomie locali 460.348

Autorità indipendenti 2.155

AMMINISTRAZIONE PERSONALE: TOTALE 3.257.014

Scuola 1.085.082

Accademie 9.174

Ministeri 153.149

Presidenza 2.128

Agenzie fiscali 51.228

Vigili del fuoco 33.572

Corpi polizia 312.205

Forze armate 181.523

Magistratura 10.270

Diplomatici 917

Prefetti 1.197

Penitenziaria 335

Enti non economici 43.341

Enti di ricerca 20.570

Università 99.134

Sanità 653.352

Autonomie locali 460.348

Autorità indipendenti 2.155

In tutte le classi non oltre 20 alunni? Giuliani: un sogno, portano a 22 quelle coi disabili

da La Tecnica della Scuola

In tutte le classi non oltre 20 alunni? Giuliani: un sogno, portano a 22 quelle coi disabili

Tutte le classi dovrebbero avere non più di 20 alunni. E’ auspicabile, ma con la delega della Legge 107/15 sul sostegno si alza la soglia a 22 in presenza di alunni disabili.

E in assenza di alunni con limiti di apprendimento certificati, rimane in vigore la norma che nella secondaria prevede anche 28 alunni per classe. Con possibilità di derogare ulteriormente e creare quelle classi-pollaio che fanno poi tanto scalpore a livello di opinione pubblica.

L’osservazione è stata fatta da Alessandro Giuliani, direttore della Tecnica della Scuola, nel corso della rubrica settimanale “L’angolo del direttore”, andata in onda su Radio Cusano Campus il 13 febbraio.

A Giuliani è stato chiesto se è giusto che le classi siano frequentate da non oltre 20 alunni: “su questo siamo tutti d’accordo – ha risposto – perché, anche per esperienza personale, posso dire che il gruppo sopra i 22-23 allievi diventa pesante da gestire. Oggi ci si sono molti casi di prime classi che sfiorano, a volte superano, quota 30 alunni. Siamo oltre il buon senso, anche perché spesso, soprattutto negli istituti tecnici e professionali, nel gruppo-classe sono presenti alunni difficili, con disturbi specifici dell’apprendimento oppure con situazioni familiari particolari, denominati Bes”.

“Anche quando ci sono casi che necessitano del docente di sostegno, questi non copre tutte le ore a scuola. E non sempre c’è in classe l’Aec. Così il docente si ritrova da solo, con un nutrito numero di alunni, i ‘certificati’ e altri con disturbi più lievi ma che necessitano di programmazione perlomeno semplificata. Di certo, insegnare in queste situazioni diventa davvero complicato”.

Giuliani ha anche ricordato che il limite massimo di alunni spesso è irrispettoso anche della normativa in vigore sulla sicurezza: “il sisma cui abbiamo purtroppo assistito nell’ultimo periodo ha fatto emergere questa problematica”.

I dirigenti, ad iniziare da quelli degli uffici scolastici che hanno l’ultima parola sulla formazione delle classi, farebbero bene sempre a tenere conto di questi aspetti: quando si “gonfia” oltremisura il numero di alunni per classe, chiedono se la scuola ha delle classi, dei laboratori e delle palestre in grado di ospitarli e fare lezione senza arrecare rischi in caso di evacuazione?

Durante la puntata, si è anche parlato delle altre deleghe della Legge 107/15 e dell’anomalo caso del docente di sostegno a cui il dirigente scolastico ha chiesto di seguire, all’inizio di febbraio, l’alunno che ha deciso di cambiare scuola: “ma la normativa, come hanno ricordato pure i giudici, dice che l’insegnante specializzato è assegnato alla classe e non all’alunno”, ha tenuto a dire Giuliani.

Infine, si è parlato del contratto sulla mobilità, il cui destino rimane legato a doppio filo alle forti incertezze che stanno contraddistinguendo la trattativa Miur-sindacati sulla chiamata diretta dei docenti.

Part-time 2017/2018: domande entro il 15 marzo 2017

da La Tecnica della Scuola

Part-time 2017/2018: domande entro il 15 marzo 2017

Può presentare domanda il personale docente, educativo ed Ata, ad eccezione dei Direttori dei Servizi Generali Amministrativi. L’istanza deve essere prodotta all’Ambito Territoriale della provincia di appartenenza, tramite il Dirigente scolastico della scuola di servizio.

Anche quest’anno, così come stabilito in via permanente dall’O.M. n. 55/98, è fissata al 15 marzo la data di scadenza per la presentazione delle domande per la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale o rientro a tempo pieno del personale docente e ATA a tempo indeterminato.

Il part-time può essere però concesso anche al personale a tempo determinato. Infatti, gli artt. 25, comma 6 (per i docenti), e 44, comma 8 (per gli Ata), del Ccnl scuola del 2007 hanno chiarito che “l’assunzione a tempo determinato e a tempo indeterminato può avvenire con rapporto di lavoro a tempo pieno o a tempo parziale”. Quindi, per i lavoratori che instaurano un nuovo rapporto di lavoro a tempo determinato, è possibile l’attivazione del part-time anche al momento della sottoscrizione del contratto individuale di lavoro.

Presentazione dell’istanza

La domanda può essere presentata all’Ambito Territoriale della provincia di appartenenza, tramite il Dirigente Scolastico della scuola di servizio dai docenti delle scuole di ogni ordine e grado, dal personale educativo, dal personale ATA (esclusi i Dsga) e dal personale utilizzato in altri compiti per motivi di salute che intendano trasformare il proprio rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time o modificare il proprio rapporto di part-time o ancora revocare il proprio contratto di part-time e rientrare a tempo pieno.

Nella domanda, il richiedente deve indicare esplicitamente la tipologia di part-time che si vuole ottenere, vale a dire:

  • part-time orizzontale (prestazione di servizio ridotta in tutti i giorni lavorativi);
  • part-time verticale (prestazione distribuita solo su alcuni giorni della settimana, del mese o di determinati periodi dell’anno);
  • part-time misto (combinazione delle due precedenti modalità).

Gli originali delle istanze devono essere trattenuti dalle istituzioni scolastiche per la successiva predisposizione e stipula del contratto individuale di lavoro a tempo parziale, che potrà avvenire solo previa pubblicazione da parte dell’Ufficio scolastico provinciale competente per territorio dell’elenco del personale ammesso al regime di lavoro part-time.

A titolo esemplificativo si rimanda ai modelli pubblicati dall’U.S.R. per la Liguria:

Precedenze

La Legge n. 247 del 24 dicembre 2007 ha introdotto il diritto di precedenza per “i lavoratori del settore pubblico e del settore privato affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita, accertata da una commissione medica istituita presso l’azienda unità sanitaria locale territorialmente competente”, i quali hanno appunto diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale verticale od orizzontale. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno a richiesta del lavoratore.

Il diritto di precedenza non riguarda solo i malati, ma anche chi presta loro assistenza. Infatti, la medesima legge prescrive che “in caso di patologie oncologiche riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice, nonché nel caso in cui il lavoratore o la lavoratrice assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, che assuma connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, alla quale è stata riconosciuta una percentuale di invalidità pari al 100 per cento, con necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita […], è riconosciuta la priorità della trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale”.

Analogamente “in caso di richiesta del lavoratore o della lavoratrice, con figlio convivente di età non superiore agli anni tredici o con figlio convivente portatore di handicap ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, è riconosciuta la priorità alla trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale”.

Durata del contratto

Il contratto di part-time dura, di norma, due anni scolastici per un numero di ore settimanali almeno del 50 per cento.

Al termine del biennio, in assenza di diversa comunicazione da parte dell’interessato, il part-time si intende automaticamente prorogato di anno in anno. Scaduti i primi due anni, non è pertanto richiesta la presentazione di una nuova richiesta ai fini della prosecuzione del rapporto di lavoro in regime di part-time. Devono essere invece esplicitamente richiesti il ritorno al tempo pieno o eventuali modifiche del proprio part-time.

Rientro a tempo pieno

Per quanto riguarda il personale che chiede di rientrare a tempo pieno, compete alle istituzioni scolastiche la predisposizione e la adozione del provvedimento di reintegra e la chiusura del contratto a SIDI, cui seguirà la trasmissione all’Ambito territoriale.

Può anche verificarsi il caso di lavoratori che, solo dopo un anno in part-time, chiedano di riconvertire l’orario a tempo pieno. In queste situazioni il procedimento amministrativo è affidato agli Ambiti territoriali degli Uffici scolastici regionali; pertanto le scuole dovranno trasmettere all’U.s.p. tali istanze in originale. Eventuali domande in tal senso potranno essere accolte solo se adeguatamente motivate e tenendo conto anche situazione complessiva degli organici.

Concorso docenti 2016 al giro di boa, oltre 1 posto su 3 senza vincitori

da Tuttoscuola

Concorso docenti 2016 al giro di boa, oltre 1 posto su 3 senza vincitori

I concorsi 2016 per l’assunzione di 63.712 nel triennio 2016-18 sono arrivati al giro di boa.

Dopo le ultime pubblicazioni delle graduatorie di merito degli USR di Lombardia e Lazio, le procedure concorsuali concluso hanno riguardato l’assegnazione relativa a 32.067 posti (50,3%).

Ma b, perché, a causa del numero ridotto di vincitori rispetto ai posti a concorso, rimarranno vacanti 11.265 posti (35,1%), mentre potranno essere assegnati a vincitori 20.796 posti.

Quegli 11.265 posti che non avranno vincitori rappresentano per il momento il 35% dei posti ‘lavorati’; se quella percentuale sarà confermata per le restanti procedure, la proiezione finale dei posti vacanti arriverà a 22.394, più di un terzo dei 63.712 posti messi complessivamente a concorso.

Le procedure concorsuali concluse sono, ad oggi, 1.133, il 76% del totale previsto. Si tratta, per la maggior parte, di concorsi minori con numero molto ridotto di posti a concorso.

A causa principalmente delle mille difficoltà incontrate nella costituzione delle commissioni esaminatrici (con dimissioni, sostituzioni e integrazioni), molti USR, soprattutto del Centro Italia, hanno concluso un minor numero di procedure concorsuali: l’USR Lazio ne ha concluso soltanto 55 su 98 (56%), la Toscana 60 su 87 (69%).

La Campania ne ha concluso 89 su 100, la Calabria 75 su 87 (86,2%), il Piemonte 75 su 87 (86,2%), la Lombardia 88 su 103 (85,4%), la Sicilia 80 su 96 (83,3%).

Deleghe Buona Scuola, sindacati: ‘Rivedere tutti e otto gli schemi di decreto’

da Tuttoscuola

Deleghe Buona Scuola, sindacati: ‘Rivedere tutti e otto gli schemi di decreto’

Per le sigle sindacali ascoltate in Commissione Cultura della Camera non c’è dubbio: nemmeno uno degli otto schemi di decreto delegati si salverebbe se non viene rivisto. Le deleghe così come sono non vanno, quindi, ma non sono completamente da bocciare: possono essere migliorate attuando un confronto con le parti interessante, un lavoro  “in sinergia da portare avanti” perché “non si può riformare la scuola in pochi mesi“.

>> Leggi gli otto schemi di decreto delegati

Partiamo dalla formazione dei docenti, secondo il segretario Cisl scuola, Maddalena Gizzi, concepita in maniera ‘discriminatoria’ per quel che riguarda la scuola primaria e secondaria (prevista infatti secondo la 107 solo per la scuola secondaria), fino alla delega sul Sistema integrato di educazione e istruzione (0-6) che – a detta dei rappresenti sindacali – presenta molte criticità.

A centro delle critiche è comunque ancora la delega sui docenti di sostegno: “Su questa questione bisogna essere chiari – ha detto Francesco Sinopoli della Cgil si vuole potenziare o si vuole risparmiare togliendoci fondi? In questo caso lo si dica chiaramente, perché per noi sarebbe un sonoro ‘no’ e chiederemmo il ritiro della delega. Noi riteniamo senza ombra di dubbio che il sostegno sia un settore che necessita di un investimento e non di un risparmio“.

Sempre secondo Sinopoli, andrebbe poi approfondita meglio anche la questione relativa al piano reclutamento dei docenti: “Ha bisogno di interventi correttivi” per dare risposte “a migliaia di precari e supplenti“, ha detto quindi il segretario della Flc Cgil. Il piano assunzione dei docenti attuato fino ad ora “non ha dato i risultati che speravamo: abbiamo Regioni con centinaia di cattedre scoperte“. La soluzione? Per Sinopoli una sola: “Si deve aprire una discussione pubblica su quella che deve essere la scuola italiana, non si può ricostruire il sistema istruzione in soli due mesi“.

In sintonia con le affermazioni di Gissi e Sinopoli sono anche quelle di Pino Turi, Uil scuola: “La 107 e’ una legge partita male e arrivata peggio“. Un treno “da rimettere in carreggiata“. La scuola, ha sottolineato il sindacalista, “non può essere un terreno di scontro politico e questa riforma non può trasformare il docente in un impiegato pubblico“.

Anche per Snals la riforma presenta parecchie criticità: “Non c’è stato nessun confronto con la scuola reale, e ora paghiamo lo scotto del fatto che il nuovo governo debba procedere con tempi accelerati – ha detto Achille Massenti, segretario generale vicario SnalsAbbiamo sempre contestato che in questa riforma ci sia un eccesso di deleghe: rifare la scuola per delega non è il modo migliore, perché spesso ne risultano provvedimenti non coordinati fra loro“. Poi Massenti entra nei dettagli e parla, in particolare, della delega sulla formazione iniziale degli insegnanti: “È un progetto su cui si può ragionare, ma manca la fase transitoria, che in questa riforma è solo adombrata, senza tenere conto del fatto che c’è una pluralità di categorie, quindi si rischia di creare tensioni, come sulle assunzioni: si sono volute assumere tante persone subito, senza tenere conto delle differenze, col risultato di non soddisfare nemmeno chi è stato immesso in ruolo“.

Gilda Insegnanti concentra invece l’attenzione sullo schema decreto delegato relativo al diritto allo studio: “Ci preoccupa il fatto che nella delega sul diritto allo studio non ci sia nessun riferimento ai contributi volontari che i genitori devono pagare per la scuola – dichiara Fabrizio Reberschegg, componente del centro studi nazionale di Gilda-Unams – riteniamo necessaria una defiscalizzazione di questi contributi“.

Mobilità 2017 e chiamata diretta: domani e giovedì nuovo incontro

da Tuttoscuola

Mobilità 2017 e chiamata diretta: domani e giovedì nuovo incontro

Mobilità e chiamata diretta, è tempo di risposte. Lo scorso 9 febbraio l’incontro ha aiutato ad averne qualcuna. Un incontro chiave quello che si è svolto e che, come riporta il sito della Flc Cgil, proseguirà nelle giornate di domani e di giovedì (15 e 16 febbraio): potrebbe rimettere in discussione tutta l’ipotesi d’accordo sulla mobilità firmata da poco. In ogni caso i presupposti della giornata del 9 febbraio lasciano ben sperare i sindacati.  Per Flc Cgil infatti nella riunione si sono registrati significativi passi di convergenza: “Permane ancora una significativa distanza su diverse altre parti, ma il clima al tavolo lascia sperare in una possibile soluzione condivisa tra le parti”.

Non era andato altrettanto bene l’incontro invece riguardante la cosiddetta “chiamata per competenze“, ossia l’assegnazione dei docenti dagli ambiti territoriali alle scuole, avvenuto lo scorso 7 febbraio non ha prodotto gli esiti sperati dai sindacati.

La proposta presentata da MIUR confluisce sostanzialmente nella linea tracciata lo scorso anno, quando si ruppe il tavolo negoziale della sequenza proprio sui principi che reggevano l’orientamento dell’amministrazioneafferma Flc Cgil – Ancora una volta il MIUR si affida ad una serie di operazioni generiche che lascia ampi spazi alla discrezionalità procedurale del dirigente scolastico e congela quegli aspetti partecipativi e progettuali che dovrebbero essere patrimonio di tutta l’autonomia scolastica“.

Il Collegio viene chiamato in causa solo per essere “sentito”, l’elenco nazionale è indicativo di 36 requisiti e ulteriori possibili, il dirigente definisce un ordine di priorità a suo parere e gli Uffici Scolastici Regionali di competenza intervengono nelle fasi finali dove non si nomina il punteggio. Sarebbero questi secondo il sindacato i punti di divergenza: “Per noi tutto ciò può essere considerato solo l’espressione di un punto di vista, ma nemmeno la base su cui partire per la trattativa“.

Dello stesso parere anche Uil Scuola: “L’Amministrazione ha presentato alle organizzazioni sindacali una bozza di accordo che non corrisponde in nessun modo alle richieste di parte sindacale e non rispecchia neanche quanto previsto nell’accordo politico sottoscritto il 29 dicembre 2016“. Una proposta ritenuta inaccettabile anche da Snals secondo cui verrebbe a mancare il ruolo di centralità rivestito dal Collegio docenti.