Politiche sociali umiliate: tagli pesanti ai Fondi

Politiche sociali umiliate: tagli pesanti ai Fondi

“È un pessimo segnale per il futuro delle politiche sociali in Italia. Un colpo assestato dopo aver fatto balenare l’ipotesi di progettare e costruire livelli essenziali di assistenza in ambito sociale validi in tutto il Paese, di definire un Piano per la non autosufficienza, di aprire una stagione in cui l’attenzione all’inclusione sociale fosse significativa e unificante.”

È il commento del Presidente FISH Vincenzo Falabella alla lettura della risposta all’interrogazione parlamentare dell’onorevole Donata Lenzi. Il Ministero del Lavoro conferma che – in seguito ad un’intesa che ha visto convergere Stato e Regioni del 22 febbraio scorso – i trasferimenti di alcuni fondi alle Regioni a statuto ordinario verranno ridotti per esigenze di bilancio.

Fra questi il Fondo più pesantemente colpito è quello Nazionale per le Politiche Sociali che passa nel 2017 da 313 a 99 milioni portandolo vicino al minimo storico. Ma anche il Fondo per le Non Autosufficienze verrà ridotto a 450 milioni, perdendo 50 milioni.

“Nella risposta scritta il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali sembra prendere le distanze da una decisione che indica come assunta da Regioni e Ministero dell’Economia – prosegue Vincenzo Falabella – ma per noi è rilevante l’esito e gli effetti di questa decisione che ha visto protagonisti gli assessori al bilancio ed i presidenti delle Regioni e il MEF. Peraltro lo specifico Tavolo per le non autosufficienze, di cui fanno parte oltre a FISH altre organizzazioni e sindacati, non ha ricevuto alcuna comunicazione di questa grave novità appresa da altri canali. Questo incide negativamente sulla qualità delle interlocuzioni in essere.”

La dura reazione di FISH, a cui è da ritenere ne seguiranno altre, potrebbe mettere in seria difficoltà il Ministro e l’Esecutivo anche su altri temi di rilevanza per le politiche sociali. “Gli effetti di questa intesa, oltre ai danni materiali che si faranno sentire soprattutto nelle regioni del Sud, passano sopra molte teste, oltre a quelle delle persone con disabilità e delle loro famiglie: è lo stesso Parlamento ad essere ignorato. Quei Fondi sono stati incrementati o garantiti dopo ampie discussioni in Camera e Senato. È ai Parlamentari che facciamo appello per avere adeguato sostegno. E lascia stupefatti l’atteggiamento delle Regioni che compensano le loro mancate revisioni della spesa accettando di rinunciare a parti consistenti dei trasferimenti sul sociale. Chiederemo inoltre un confronto tempestivo con il Presidente del Consiglio dei Ministri! e con il Ministro dell’Economia.”

Ma la FISH non esclude anche una mobilitazione più ampia e diffusa nel Paese, in ogni singola regione, attorno alla quale conta di trovare ampie convergenze data la gravità politica di quanto accaduto.

Mobilità verso i Licei Musicali

COMUNICATO STAMPA
relativo all’incontro fra una delegazione di docenti del Liceo Musicale di Vibo Valentia e l’on. Dalila Nesci del Movimento Cinquestelle in relazione alla questione della mobilità verso i Licei Musicali

Nel pomeriggio di Sabato 4 Marzo 2017 si è svolto il previsto incontro fra una folta delegazione di
docenti del Liceo Musicale “Capialbi” di Vibo Valentia – in rappresentanza anche di un gran
numero di docenti di Licei Musicali di altre regioni italiane (Puglia, Veneto, Campania, Abruzzo,
Sicilia, Lombardia, Lazio, etc.) – e l’on. Dalila Nesci del Movimento Cinquestelle.
I docenti hanno esposto la complicata situazione relativa alla imminente mobilità verso i Licei
Musicali da parte del personale che ormai da tanti anni è annualmente “utilizzato” sulle discipline
musicali di tali Licei. Questo personale proviene in massima parte dalla ex classe di concorso A077
(Strumento musicale nella scuola media) e in minor misura dalle ex classi di concorso A032
(Educazione musicale nella scuola media) e A031 (Musica negli istituti secondari di secondo
grado.)
Il Miur, lo scorso anno, anziché stabilizzare questi docenti che da tanti anni coprivano i suddetti
insegnamenti nei Licei Musicali (cosa che avrebbe consentito contestualmente di liberare i loro
posti di ruolo nelle Scuole medie che annualmente sono dati in supplenza a personale precario) ha
avuto la “bella” idea di indire un concorso per la copertura dei posti nei Licei Musicali, con in più la
beffa che coloro che insegnavano già da anni negli stessi Licei non avrebbero potuto
parteciparvi, dal momento che non è stata consentita la partecipazione al concorso al personale di
ruolo. Ulteriore beffa, il personale “utilizzato” nei Licei Musicali avrebbe fatto parte delle
commissioni giudicatrici del concorso che avrebbe selezionato il personale destinato a soffiare la
cattedra nei Licei agli stessi commissari.
Da aggiungere che i partecipanti al concorso non avevano la necessaria abilitazione richiesta per
la partecipazione allo stesso (che si ottiene con due anni di corso e relativi esami), ciò perché le
classi di concorso del Liceo Musicale, essendo di nuova istituzione, non contemplavano un
percorso abilitativo specifico.
Il concorso nel frattempo si è svolto lo stesso ed ora, sulla base dell’Ipotesi di mobilità firmata tra
Miur e sindacati lo scorso 31 Gennaio 2017, il 50% dei posti è previsto vada alla mobilità verso i
Licei Musicali su domanda del personale che vi ha insegnato da tanti anni in utilizzazione, l’altro
50% dovrebbe andare invece ai vincitori di concorso.
Perciò una consistente parte di personale “utilizzato” nei Licei Musicali in tutti questi anni (si può
dire a questo punto “letteralmente utilizzato”) perderà la cattedra a vantaggio dei vincitori di
concorso (concorso al quale, ricordiamo ancora una volta, gli “utilizzati”, per disposizione del
Miur, non hanno potuto accedere) e sarà costretto a ritornare, dopo tanti anni, sul vecchio posto
della Scuola media. Tutto ciò determina di conseguenza gravi ricadute negative nei confronti degli
alunni a causa di una brusca interruzione della continuità didattica.
I docenti hanno fatto presente all’on. Nesci che il concorso non andava bandito subito, ma
sarebbe stato prima necessario stabilizzare chi aveva per tanti anni insegnato nei Licei Musicali.
Tanto meno era il caso di beffare questo personale impedendogli anche di accedere allo stesso
concorso.
Di conseguenza la prevista procedura di mobilità che metterebbe fuori dai Licei una buona parte
di chi vi ha insegnato per tanti anni, ha evidenti caratteri di iniquità, dal momento che finisce
per disfarsi senza alcun riguardo, dopo lunghi periodi di “letterale utilizzazione”, di personale
docente dalla riconosciuta professionalità che ha contribuito concretamente a far crescere i Licei
Musicali, rendendoli una realtà positiva della filiera dell’insegnamento musicale in Italia.
Sarebbe opportuno dunque stabilizzare subito il personale utilizzato, e solo in un secondo
momento, attingere a coloro che hanno superato il concorso.
L’on. Nesci ha ascoltato con attenzione quanto esposto dai professori (che hanno anche stilato in
merito un documento consegnato alla parlamentare) e ha dimostrato di condividere nella
sostanza le loro rivendicazioni. Dopo l’approfondita discussione che è seguita sull’argomento,
estesa anche alle generali problematiche della scuola italiana (post legge 107/2015), l’on Nesci ha
sottolineato la scarsa capacità di recepire da parte degli ultimi governi (compreso quello in carica)
le giuste istanze dei lavoratori delle scuola. La parlamentare si è fatta dunque carico di sollevare,
nelle opportune sedi parlamentari e nelle modalità più consone, la questione della mobilità verso i
Licei Musicali in vista di ottenere dei risultati che possano soddisfare le giuste aspettative di chi
presso queste istituzioni ha insegnato per tanti anni.

Delegazione di Docenti di materie musicali del Liceo Musicale “Capialbi” di Vibo Valentia

Protesta dei disabili al Parlamento europeo

Redattore Sociale del 04-03-2017

Protesta dei disabili al Parlamento europeo: “Non prendeteci in giro”

Lunedì protesta a Bruxelles di tre reti europee che denunciano le modifiche che il Parlamento europeo sta apportando al testo della direttiva “Accessibility Act”, elaborato dalla Commissione: “Testo annacquato, si elimina l’accessibilità delle comunicazioni e dell’ambiente costruito e si escludono le piccole imprese. Ma l’accessibilità può costare poco, se tutti la applicano a prodotti e servizi”.

BRUXELLES. L’European Accessibility Act, ovvero la direttiva europea per l’accessibilità, rischia di essere quel che si dice un “buco nell’acqua”. Il testo elaborato dalla Commissione europea, ora passato in esame al Parlamento europeo, sta infatti subendo modifiche e correzioni che rischiano di ridurne drasticamente la portata e le finalità, rendendolo “inutile” per le persone con disabilità che da anni lo attendono. La denuncia arriva da tre reti europee: Edf, Age e Anec, che per il 6 marzo prossimo hanno indetto una manifestazione a Bruxelles, dalle 12 alle 15, davanti al Parlamento europeo, per chiedere agli europarlamentari di assumere una posizione più “ambiziosa” in questa importante battaglia per l’abbattimento delle barriere fisiche, tecnologiche e culturali in Europa. Nel mirino ci sono soprattutto le modifiche apportate al testo dalla Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori (Imco), che ha pubblicato la sua bozza di documento il 6 gennaio scorso.

Così, pochi giorni dopo, Edf, Age e Anec si appellavano ai membri del Parlamento europeo, indirizzando a loro una lettera aperta: “Il disegno di direttiva dell’Imco annacqua la proposta della Commissione europea e rischia di condurre a una posizione poco ambiziosa del Parlamento europeo, che non rappresenterà gli interessi e i diritti dei consumatori europei, compresi gli 80 milioni di cittadini disabili”, scrivevano. In particolare, “l’articolo 9 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (CRPD) obbliga le parti a garantire l’accesso ‘su base di uguaglianza con gli altri, all’ambiente fisico, ai trasporti, all’informazione e alla comunicazione (…) sia nelle aree urbane e nelle zone rurali’. La proposta di legge – osservano le organizzazioni – prevede invece che solo alcuni prodotti e servizi debbano essere accessibili”.

Le organizzazioni entrano quindi nel dettaglio della proposta, indicandone, punto per punto, criticità e lacune “che rischiano di influenzare negativamente gli scopi, i requisiti di accessibilità, i collegamenti con altri atti dell’Unione, le definizioni e i meccanismi che le persone con disabilità possono utilizzare per denunciare”. Se queste criticità non saranno corrette, spiegano le organizzazioni, “la proposta di legge non porterà alcun reale miglioramento nella vita dei cittadini dell’Unione europea”.

Ed ecco i punti critici: primo, “si rimuove completamente il riferimento all’accessibilità dell’ambiente costruito”; secondo, si eliminano “i requisiti fondamentali di accessibilità dall’allegato I, a favore di criteri generali di prestazione funzionale, indipendentemente dalla natura dei prodotti e servizi interessati”; terzo, “si escludono le piccole imprese dall’ambito di applicazione”; quarto, si sostiene, a torto, che “i requisiti di accessibilità esistenti nel settore dei trasporti siano sufficienti”; quinto, si indeboliscono “i riferimenti ad altri atti dell’Unione che menzionano l’accessibilità”.

Per le organizzazioni, è una grande delusione, dopo che “negli ultimi cinque anni, il Parlamento europeo ha espresso in una moltitudine di occasioni e risoluzioni il suo sostegno a un atto europeo sull’accessibilità che fosse ambizioso e fortemente vincolante per migliorare l’accessibilità di beni e servizi nel mercato europeo per le persone con disabilità”. Ora,il disegno di legge appare decisamente debole rispetto a quanto ci si attendeva: “nel momento in cui i principi fondamentali dell’UE sono sfidati – scrivono le organizzazioni – riteniamo che il Parlamento europeo debba dimostrare ai suoi cittadini che può e deve migliorare la loro vita. Il Parlamento può contribuire a rendere l’UE leader mondiale in materia di accessibilità e innovazione, stimolando il mercato interno dei prodotti e servizi accessibili”. L’Accessibility Act, insomma, così come è stato pensato e disegnato, sarebbe una grande occasione mancata. Per questo, le organizzazioni esortano “i deputati ad adottare una posizione che assicuri all’Accessibility Act di essere all’altezza del suo compito, capace di rendere davvero l’Europa più accessibili e lungimirante”.

Ora, dopo la lettera, arriva la protesta: ce ne spiega le ragioni Rodolfo Cattani, membro dell’Edf. “Attendiamo questa importante direttiva da molto tempo: ci aspettavamo (e proponevamo) che fossero accessibili tutti i prodotti e i servizi che le persone utilizzano normalmente, nonché l’ambiente cosiddetto costruito. Questo, nella convinzione che l’accessibilità sia possibile e che non sia necessariamente un costo alto, come molti sostengono. Col tempo e con gli anni si è infatti dimostrato che l’accessibilità non costa molto se viene subito inserita nel prodotto, mentre costa molto se introdotta in un secondo momento e solo da alcune aziende: così si crea infatti un monopolio di tecnologie assistite, molto dispendioso perché di nicchia, i cui costi peraltro pesano soprattutto sulle casse statali, visto che in molti casi si tratta di prodotti pagati dal servizio pubblico. Non crediamo che problema di accessibilità possa essere risolto al 100% ma gran parte delle cose può diventare accessibile. Ma l’accessibilità può costare poco e l’esempio degli Usa lo dimostra bene: il governo federale non compra nessun prodotto che non abbia l’accessibilità garantita. Così, i produttori si sono trovati nell’obbligo di rendere i prodotti accessibili. E chi li produce più accessibili ne vende di più”.

Questo doveva quindi essere il punto di partenza e il principio ispiratore dell’Accessibility Act, che avrebbe dovuto avere il compito di garantire l’accessibilità ovunque possibile, tanto nei prodotti, quanto nei servizi e negli ambienti. Accade però che “al Parlamento europeo, dove siamo sempre stati sostenuti, ci imbattiamo in questa Commissione in cui c’è poca consapevolezza delle problematiche della disabilità e una forte prevalenza di una cultura liberista estrema. Qui incontriamo dunque – riferisce Cattani – inaspettate difficoltà con il relatore. Mentre il testo elaborato dalla Commissione europea, seppur migliorabile, era una buona base di partenza, adesso la commissione lo sta trasformando in una buffonata: vogliono togliere l’accessibilità delle comunicazioni, per metterle in un’altra direttiva, che però ancora non esiste; vogliono far fuori l’accessibilità dell’ambiente costruito, per noi fondamentale: e vogliono escludere le piccole imprese, sostenendo, a torto, che un direttiva del genere le ucciderebbe. Ma la direttiva che hanno in mente loro, a noi non servirebbe a nulla. Scenderemo quindi in piazza, lunedì, perché vogliamo che questa legge passi in una forma decorosa, anche se siamo consapevoli che dovremo accettare delle limitazioni. Non siamo però disposti ad accettare questa presa in giro. Portare in pazza le persone con disabilità è sempre tanto complicato, tanto più se parliamo di paesi diversi. Ma cercheremo comunque di far sentire la nostra voce”. (cl)

Che cosa ci si aspetta oggi da un buon docente?

Che cosa ci si aspetta oggi da un buon docente?

di Maurizio Tiriticco

 

E’ l’interrogativo che si pone Andrea Gavosto, Direttore della Fondazione Agnelli in un articolo apparso su “la Repubblica” di oggi, 4 marzo 2017, intitolato “Scuola, due scelte per il futuro”. La legge 107, com’è noto, prevede nove regolamenti applicativi, per cui si vedano le lettere da a) ad i) del comma 181 dell’unico articolo, due delle quali riguardano: b) il riordino, l’adeguamento e la semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria…; e) l’istituzione del sistema integrato di istruzione e formazione dalla nascita fino ai sei anni…

Si tratta di due regolamenti chiave finalizzati ad un funzionamento efficiente ed efficace dell’intero nostro “sistema educativo di istruzione e formazione” (così lo definimmo sia con la legge 30/2000, Berlinguer, che con la legge 53/2003, Moratti), a cui si chiede, di norma, di EDUCARE il cittadino, di ISTRUIRE il futuro lavoratore e di FORMARE la persona. Sono tre impegni che vanno molto al di là di quello che assumemmo nel lontano 1861, dopo la proclamazione del Regno, di insegnare a tutti i nuovi cittadini – allora più che altro sudditi – a leggere, scrivere e far di conto. O tempora o mores! Ad oltre un secolo di distanza, conoscenze, competenze, processi lavorativi, profili professionali sono cresciuti a dismisura, potremmo dire! Nonché profondamente cambiati! Per non tirare poi in campo quei processi di globalizzazione che incidono non poco sia sui profili professionali che su quelle competenze di cittadinanza che insieme costituiscono le sfide e i traguardi proposti da questo nuovo e complesso nuovo millennio.

Andrea Gavosto nel suo articolo si sofferma soprattutto sul profilo e sulla funzione dell’insegnante e testualmente scrive tra l’altro: “Che cosa ci si aspetta oggi da un buon insegnante? Primo, sapere ciò che insegna e saperlo insegnare, ossia un giusto dosaggio tra conoscenze disciplinari e capacità didattiche. Secondo, stare in classe (a mio avviso, sarebbe più corretto parlare di aula, del concreto spazio fisico, che di classe, che riguarda l’età degli alunni) con carattere ed equilibrio, sapendo relazionarsi con gli studenti e anche con i colleghi, perché oggi la scuola ha bisogno di docenti che sappiano fare squadra, non di bravi conferenzieri nel chiuso dell’aula. Infine, capacità di dialogo con le famiglie, per rifondare un’alleanza che si sta sfaldando”.

Le sollecitazioni sono interessanti, ma occorre andare oltre, approfondire! Che cosa significa “sapersi relazionare” e, soprattutto, come si fa? Ho scritto più volte dell’insegnante animatore, o meglio dell’insegnante animaTTore… sì, con due “t”, se non con tre! Il che mi viene dalla grande lezione di Dario Fo. Chi legge si chiederà che cosa c’entri un attore con un insegnante! C’entra e come! Se un insegnante non è in grado di interessare, coinvolgere, ANIMARE – così si dice – un gruppo di alunni, è molto difficile che questi siano “incuriositi” e motivati ad appendere! Di qui la grande lezione di un Dario Fo! Chi di noi – o quale alunno – avrebbe letto e apprezzato quelle “cose” che Dario Fo, invece, è stato capace di comunicarci, coinvolgendoci fino al punto di catturare il massimo della nostra attenzione?!. Quando negli anni Settanta nelle scuole il leit motiv di ogni norma per la scuola era la “programmazione delle attività educative e didattiche” – la famosa legge 517/77 – volli mettere in guardia direttori, presidi e insegnanti dal non cadere in aride formule ingegneristiche, ma di “scaldarle”, se si può dir così, con l’animazione e scrissi, appunto, “Programmazione come Animazione”, per la Tecnodid di Napoli.

In effetti, per dirla con estrema semplicità, noi ragioniamo con l’emisfero sinistro del nostro cervello, ma ci emozioniamo con quello destro. Non a caso un certo Bruner scrisse anni fa i “Saggi per la mano sinistra”! Esortava, quindi, a non sottovalutare quale peso ha nella sollecitazione di apprendimenti la sfera che in genere chiamiamo emozionale, laddove nascono le curiosità, la voglia di scoprire, di fare, di sfidarsi, di raggiungere un obiettivo. Per me un vero insegnante è colui che, di fatto, non in-segna nulla nella testa degli alunni, ma che, invece li incuriosisce, li motiva ad appendere! In effetti, è proprio il verbo/concetto di insegnare che dovrebbe essere cancellato. All’insegna del fatto che “nessuno insegna nulla, ma tutti apprendono”: E’ una provocazione, lo so! Qualche tempo fa, quando Dario Fo calcò i nostri palcoscenici con performance così particolari e nuove per tanti di noi, scrissi più o meno così!

I rilievi critici mossi contro Dario Fo vanno letti proprio con la medesima chiave adottata dai detrattori, ma in positivo: il fatto è che è il teatro stesso, se non ogni manifestazione artistica, che è anche insegnamento in senso lato. Basti ricordare le finalità del grande teatro tragico dell’antica Grecia. Chiunque voglia “dire” qualcosa e farla accettare, cerca sempre approvazione, consenso, condivisione. Non c’è produzione artistica “gratuita”: il “dire”, l’“informare” significa anche e sempre “formare”, sollecitare la condivisione e il “fare”. Dario Fo era un pedagogo – e senza virgolette – proprio in quanto artista. In effetti, testi che, letti a scuola, sarebbero di una noia mortale, rappresentati da un Dario Fo sono tutt’altra cosa. Se poi si pensa alla contestualizzazione storica che ne faceva Dario Fo – anche alle riletture e alle transcodifiche che ne hanno sempre fatte i giullari, o il popolino stesso nelle ritualità di certe ricorrenze, nelle sacre rappresentazioni – e alla lettura che in genere se ne fa nelle aule scolastiche, la differenza è lampante! Dal coinvolgimento si passa alla noia. Si pensi alle storie di Lazzaro, di San Benedetto, delle Nozze di Cana, raccontate, drammatizzate… rivissute da Dario Fo.

E riflettevo sulla differenza che corre tra una classe scolastica annoiata, “costretta” a “studiare” su un libro inerte “O figlio, figlio, figlio! Figlio, amoroso giglio, figlio, chi dà consiglio al cor mio angustiato?” di Jacopone da Todi, per l’interrogazione del giorno dopo, e invece una platea animata da una drammatizzazione che ne avrebbe fatta Franca Rame! Altro che note a pie’ di pagina, che in effetti raffreddano il testo con la pretesa, invece, di aiutarne lettura e comprensione! Dario e Franca sono stati capaci di immergerci in un’epoca, in un mondo, in un insieme di emozioni che ci fanno rivivere da protagonisti, da “attori”, non acquisire da “lettori”. E chissà quanti spettatori allora, grazie a Dario Fo, per la prima volta, nonostante anni e anni di scuola, hanno compreso e sentito nel profondo cose che avevano sempre letto sulla carta e scarsamente capito.

Occorre, quindi, che nelle scuole un insegnante sia in grado non solo e non tanto di spiegare concetti, ma anche e soprattutto di suscitare emozioni, coinvolgimenti, partecipazione. Io non ho mai amato i Promessi Sposi, ma i miei alunni li hanno sempre amati… e mi seccava anche un po’! In effetti, una cosa è assegnare la lettura per il giorno x, altra cosa è drammatizzare l’oggetto hic et nunc. E drammatizzarlo con la partecipazione viva e creativa degli alunni. Occorre optare quindi per un insegnante anche attore, animatore, o meglio per un insegnante animaTTore, lato sensu, ovviamente, se si vuole! E se si è capaci!

Dal 4 marzo al via la Settimana dell’Amministrazione Aperta: c’è anche la Scuola

da La Tecnica della Scuola

Dal 4 marzo al via la Settimana dell’Amministrazione Aperta: c’è anche la Scuola

Dal 4 marzo arrivano sette giorni di iniziative in tutta Italia per promuovere la cultura e la pratica della trasparenza, della partecipazione e dell’innovazione nelle amministrazioni.

Per realizzare la particolare settimana nella P.A., che riguarderà organismi pubblici e nella società, sono previsti seminari, hackathon, dibattiti pubblici, webinar e tanto altro ancora.

Sarà la Settimana dell’Amministrazione Apertam che prende il via nella giornata in cui in tutto il mondo si celebra l’Open Data Day e che andrà avanti fino all’11 marzo.

Il Miur parteciperà con due eventi. Il 9 marzo, nel corso dell’#OpenMiurDay, sarà reso disponibile il Portale unico dei dati della scuola. La navigazione, semplice e intuitiva, consentirà a tutte le cittadine e tutti i cittadini di accedere a numerosi dati e informazioni che consentiranno di conoscere e approfondire il sistema di istruzione nazionale.

Il giorno dopo, venerdì 10, al ministero si terrà il primo hackathon sui dati della scuola.

Il ministero dispone infatti di un grande patrimonio di dati, frutto delle procedure amministrative e gestionali, di apposite rilevazioni statistiche, delle attività di valutazione e autovalutazione della didattica e della ricerca. Le informazioni raccolte sono state finora utilizzate per la formulazione delle politiche e per l’analisi dei sistemi scolastico, universitario e della ricerca e solo parzialmente messe a disposizione in modo aperto al più ampio pubblico.

Il Miur ha fatto sapere che, come previsto nel Piano Nazionale Scuola Digitale (http://www.istruzione.it/scuola_digitale/) e come raccomandato nel rapporto ‘BigData@MIUR’ (http://www.istruzione.it/allegati/2016/bigdata.pdf), è nelle condizioni di realizzare una strategia di sistematica valorizzazione dell’informazione sia per il soddisfacimento delle istanze sociali di trasparenza e responsabilizzazione della PA in un’ottica di open government, sia per offrire alle studentesse e agli studenti la materia prima per accompagnare la formazione e la crescita dei futuri scienziati dei dati. Il primo hackathon sui dati della scuola sarà l’evento di avvio per l’attuazione della strategia sui dati della scuola.

La SAA nasce nell’ambito delle iniziative di open government avviate dal Dipartimento della Funzione Pubblica che, su proposta delle organizzazioni della società civile aderenti all’Open Government Forum, ha assunto l’impegno di promuovere la Settimana dell’Amministrazione Aperta ogni anno, nell’ambito del terzo Piano d’Azione OGP.

Per maggiori informazioni  sulla Settimana dell’Amministrazione Aperta su open.gov.it/saa

Gli eventi si possono seguire in diretta su twitter con l’hashtag #SAA2017

Sostegno, Miur dice no al ritiro della delega ma riporta la classe a 20 alunni

da La Tecnica della Scuola

Sostegno, Miur dice no al ritiro della delega ma riporta la classe a 20 alunni

La Legge 107/15 e in particolare la delega su inclusione e sostegno sono state al centro dell’incontro di giovedì 2 marzo tra il Miur e la Rete dei 65 movimenti.

Erano presenti, oltre al ministro Valeria Fedeli e al sottosegretario Vito De Filippo, tutto lo staff di punta del ministero dell’Istruzione.

Da quanto trapelato, il Miur non intende raccogliere le istanze proposte dai rappresentanti della Rete, che chiede a gran voce il ritiro del decreto legislativo n. 378.

I temi più contestati riguardano l’utilizzo “scellerato”, secondo le associazioni, dei posti in deroga che lede il diritto al lavoro, ridistribuendo il malcontento e il disservizio.

Tra i punti critici segnalati, c’è anche la creazione dei GIT (Gruppi per l’inclusione territoriale) in sostituzione dei gruppi di lavoro per l’integrazione e più in generale l’allontanamento delle famiglie del percorso inclusivo e di sostegno.

Oggetto di discussione è stata anche l’applicazione della Legge 104 del ’92, che per le associazioni deve essere la base da cui partire e da attuare seriamente. Legge che invece il dicastero vorrebbe superare, con l’applicazione della delega e la modifica di dieci articoli. La stessa ministra Valeria Fedeli si sarebbe detta sorpresa per la richiesta di ritiro di una legge delega molto avanti nel suo iter legislativo.

Modifiche immediate, quindi accolte, invece, riguarderebbero le richieste del movimento sul limite dei 22 alunni per le classi con presenza di disabili (si dovrebbe tornare al “tetto” di 20) e la partecipazione delle famiglie nel GIT, anche se non è chiaro come potrebbe concretizzarsi.

Le associazioni annunciano altre iniziative per sensibilizzare opinione pubblica e ministero sull’argomento.

Graduatorie di istituto: entro l’8 marzo dichiarazione sostegno e scelta delle sedi

da La Tecnica della Scuola

Graduatorie di istituto: entro l’8 marzo dichiarazione sostegno e scelta delle sedi

Chiuderanno l’8 marzo le funzioni POLIS per richiedere l’inserimento negli elenchi aggiuntivi del sostegno e per la scelta delle sedi delle graduatorie di istituto dei docenti.

Con la nota 6792 del 16 febbraio 2017 il Miur, ha fornito alcune precisazioni, soprattutto in merito alla scelta delle sedi.

Innanzitutto, sono esprimibili le sedi relative all’a.s. 2016/17.

Gli aspiranti non precedentemente iscritti nelle graduatorie di istituto possono scegliere le istituzioni scolastiche della provincia in cui è ubicata la Scuola alla quale è stato inoltrato il modello di domanda A3.

Fermo restando il carattere triennale delle graduatorie di istituto costituite a decorrere dall’a.s. 2014/15, i docenti che già figurano nelle graduatorie di qualsiasi fascia per insegnamenti diversi da quelli per i quali si chiede l’inserimento in II fascia aggiuntiva, possono inserire/cambiare una o più istituzioni scolastiche della Provincia di iscrizione, ai soli fini dell’inserimento nella II fascia aggiuntiva per la finestra temporale del 1° febbraio 2017. In particolare, le sedi già espresse ad inizio triennio o in occasione delle precedenti finestre temporali, possono essere cambiate, esclusivamente, con sedi nelle quali sono presenti gli insegnamenti per i quali si chiede l’inserimento nella finestra temporale del 1° febbraio 2017. Pertanto, non possono essere sostituite le sedi ove risultino, già, impartiti gli insegnamenti per i quali si richiede l’inserimento in II fascia aggiuntiva nella presente finestra temporale.

In caso di sostituzione di sedi, l’aspirante potrà figurare nella nuova istituzione scolastica prescelta, solo per quegli insegnamenti per i quali si chiede l’inserimento nella II fascia aggiuntiva relativa alla finestra temporale del 1° febbraio 2017 e per i quali ha presentato il modello A3 e non, anche, per gli altri, eventuali, insegnamenti per i quali era precedentemente iscritto nelle sedi sostituite o per i quali risulta iscritto in altra fascia delle graduatorie di istituto di diverse istituzioni scolastiche.

La scuola capofila precedentemente scelta può essere sostituita tra le preferenze, ma rimarrà comunque, per tutta la durata del triennio, referente della trattazione della posizione dell’aspirante.

La scelta delle sedi si effettua utilizzando il modello B allegato alla nota stessa (trasmissione tramite POLIS).

Non sono tenuti a presentare istanza di scelta delle sedi i docenti che intendano confermare tutte le istituzioni scolastiche espresse negli anni scolastici precedenti.

Per quanto riguarda, nello specifico, i Licei Musicali e coreutici, in attesa che siano completate al SIDI le confluenze relative alle classi di concorso A031, A032 ed A077, i docenti aventi titolo all’inclusione nelle graduatorie della II fascia aggiuntiva i quali abbiano espresso, nel modello B, tra le preferenze i Licei Musicali, dovranno comunque compilare, entro il medesimo termine dell’ 8 marzo 2017, anche il modello B/1. Tale modello dovrà essere trasmesso, tramite raccomandata A/R, consegna a mano con rilascio di ricevuta o via PEC in formato digitale, ad uno dei Licei musicali e/o coreutici indicati nel modello B, il quale inoltrerà copia della domanda agli altri Licei musicali e/o coreutici.

Relativamente ai docenti già inseriti in III fascia per i medesimi insegnamenti per i quali si chiede l’iscrizione in II fascia aggiuntiva, che intendono confermare i Licei Musicali precedentemente espressi, non essendo le relative operazioni automatizzate, è opportuno ripresentare il modello B1.

Invece, coloro che sono già inseriti in seconda fascia non devono ripresentare il modello B1.

Alla nota sono allegati i seguenti modelli ed elenchi:

  • Modello B (fac-simile)
  • Modello B1
  • Allegato E al DPR 89/2010
  • Legenda sedi esprimibili
  • Elenco province con deroga due circoli didattici
  • Elenco istituti omnicomprensivi
  • Elenco scuole speciali
  • Elenco scuole slovene
  • Elenco scuole con sezioni di Liceo Musicali e/o Coreutico

Licei musicali, preoccupazione per rischio taglio ore di esecuzione interpretazione

da La Tecnica della Scuola

Licei musicali, preoccupazione per rischio taglio ore di esecuzione interpretazione

1+1 = 3? È questa la domanda che moltissimi docenti e studenti dei licei musicali italiani si stanno ponendo.

Non si tratta di un quesito matematico quanto piuttosto di un “problema” legato agli organici della disciplina esecuzione e interpretazione.

In questi giorni, infatti, dalla DG Personale del Miur sono usciti rumors, divenuti ieri articoli apparsi su diversi organi di stampa, sul modo con cui conteggiare / quantificare l’organico di diritto per la disciplina esecuzione e interpretazione nei licei musicali.

Entro maggio, infatti, gli uffici scolastici provinciali devono definire l’organico di diritto dei licei musicali, operazione propedeutica a alla mobilità professionale e alle immissioni in ruolo.

Dunque: 1+1 = 3? Per capirci qualcosa facciamo un passo indietro: l’allegato E del DPR. n.89/2010 che istituisce il liceo Musicale fissa in 99 ore annuale l’orario annuale per il biennio per l’insegnamento “esecuzione ed interpretazione”.

Sul versante pratico ciò si è tradotto per ogni studente in 2 ore di lezione individuale di primo strumento e 1 ora di secondo strumento.  Il che si traduce, ovviamente, in altrettante ore di organico per la disciplina esecuzione e interpretazione. In una classe prima di 25 studenti, ad esempio, le ore totali di esecuzione e interpretazione risultano così essere 75.

In questi anni (dal 2010 ad oggi) non tutti gli uffici scolastici regionali hanno applicato questo schema: ad esempio in Lombardia il calcolo per l’organico è da sempre stato, sul versante docente, 1+1, prevedendo per gli studenti la seconda ora di strumento 1 come ora di “ascolto”, ovvero la partecipazione alla lezione di un compagno.

La stessa operazione è stata tentata dall’USR del Lazio nel 2015, ma senza successo visto che il Tar si è espresso sospendendo immediatamente l’esecutività del provvedimento dell’USR sostenendo che “in sostanza, è stata decurtata n. 1 h. a settimana di lezione frontale relativamente al primo strumento, proprio in quanto trasformata in ora di mero ascolto musicale”.

Riconciliare la scuola con la vita, un’esperienza concreta

da Tuttoscuola

Riconciliare la scuola con la vita, un’esperienza concreta

Non è casuale che in alcuni momenti della storia del nostro Paese, in riferimento al sistema scolastico, in luoghi e in contesti ambientali differenti nascano idee, si avanzino proposte di cambiamento, si manifestino preoccupazioni e ansie verso il futuro della scuola. La domanda ricorrente è: che scuola sarà?

Ciò che personalmente mi colpisce è la convergenza molto forte tra posizioni sociali, culturali, educative provenienti da contesti e ambienti molto differenti. Al riguardo mi permetto di partecipare al confronto promosso dal prof. Dario Nicoli sul numero di dicembre di Tuttoscuola (acquistabile qui) su “come riconciliare la scuola con la vita”, prendendo spunto dalla “provocazione” del prof. Innocent Smith, a seguito della sua analisi del sistema scolastico italiano.

Intendo partecipare al confronto con il racconto dell’esperienza personale e professionale che sto facendo da alcuni anni in uno dei Collegi della rete delle scuole dirette dai Padri Gesuiti nel nostro Paese. Ricorro al genere “racconto” perché penso che lo “sguardo dal di dentro” aiuti a cogliere meglio le sinergie, le convergenze, le complementarietà tra le esigenze di cambiamento, le criticità del sistema, la condivisione o meno delle soluzioni adottate sul piano istituzionale e soprattutto tra le idee innovative provenienti da contesti differenti (associazioni professionali, associazioni di genitori, movimenti studenteschi, opinion leader, inchieste e resoconti giornalistici, saggi, gruppi di ricerca, università e centri studi, …).

Le linee guida per il curricolo

La Legge n. 107/2015 ha l’intenzione di mettere in movimento il mondo della scuola, anzi di portare a termine il progetto dell’autonomia scolastica avviato verso la fine degli anni ’90. Il MIUR “ha scelto a parole di sostituire i programmi con il curricolo, ma non ha abbandonato l’idea dirigista del passato, come se il nuovo possa emergere dagli adempimenti” (I. Smith).

Le novità metodologiche e di contenuto della legge n. 107/2015 vanno tuttavia nella direzione di aprire le finestre della scuola, per far entrare la vita, il mondo. E questa esigenza è particolarmente sentita da chi vive nella scuola: si avverte la necessità che la scuola si contamini con quanto avviene nel mondo, creando collegamenti tra “dentro” e “fuori”.

Le Indicazioni nazionali, le Linee guida emanate per l elaborazione dei curricoli nel primo e nel secondo ciclo di istruzione di fatto non costituiscono il punto di riferimento per l elaborazione dei curricoli reali, cioè quelli messi a punto dai docenti in base al contesto, alle caratteristiche e alle scelte formative della mission scolastica, alle esperienze positive realizzate sulla base di idee innovative nei contenuti, nelle metodologie, nell’organizzazione del tempo e degli ambienti di apprendimento.

Lo sforzo compiuto a livello dei Collegi della rete dei Gesuiti è stato quello di superare “una nuova forma di burocrazia” (moduli, modelli e format  corrispondenti a sigle quali PToF, RAV, PNSD, ASL, PDM PEI, PDP, CLIL) attraverso l’ascolto e il coinvolgimento responsabile, propositivo, innovativo degli studenti, dei docenti e dei genitori, dei dirigenti e dei responsabili del coordinamento delle azioni formative e didattiche.

Il lavoro in atto mira proprio a definire in chiave dinamica le Linee guida per l elaborazione del curriculum, partendo da istanze dei docenti quali:
“Ci piacerebbe che le linee guida siano chiare, non troppo sovrabbondanti, non eccessivamente dettagliate. Vorremmo che ci fosse un attenzione che è al tempo stesso una sfida: far emergere nel documento la ricchezza dei percorsi formativi di ciascuna scuola, trovando anche nuovi modi di raccontare e di narrare il vissuto e l’esperienza. E fondamentale a nostro avviso rendere i docenti partecipi del cambiamento perché possano esserne i reali protagonisti. Dare strumenti concreti per procedere. Curare il coinvolgimento non solo dei docenti ma anche degli studenti e delle famiglie. Considerare e narrare il curriculum dal punto di vista dei ragazzi”.

Nella redazione del curriculum riteniamo importante partire dall’ ascolto degli studenti: è la strada per fare incontrare il curriculum ideale con quello reale. Che possa essere un documento flessibile, che lasci emergere la dimensione interiore della relazione educativa, che consideri centrale la rilettura delle esperienze formati- ve: in conclusione che possa essere un curriculum a più dimensioni.

Queste le istanze più ricorrenti emerse nei Seminari di formazione dei dirigenti responsabili e dei docenti, istanze che non possono essere ignorate e che rappresentano le “domande reali” di una comunità che si sta dando linee guida per elaborare progetti globali di rinnovamento educativo e didattico, in grado di agganciare le scuole alle dinamiche più interessanti dello sviluppo culturale, sociale, economico, di durata poliennale, centrate sui valori (es. giustizia) e sui principi pedagogici fondamentali e verificate da esperti attraverso visite di accompagnamento, finalizzate al miglioramento della singola comunità scolastica e dell’intero sistema.

La tradizione educativa dei gesuiti alla base della “Riconciliazione tra scuola e vita”

Il percorso di riflessione e di ricerca sul curriculum nelle scuole ignaziane muove formalmente i primi passi nel 2012, a seguito dell’incontro a Boston, nel luglio dello stesso anno, dei responsabili delle istituzioni educative nel mondo. La Vision di Boston riassumibile in tre parole chiave: rete, internazionalità e tecnologia che diventano elementi essenziali nel cammino di rinnovamento intrapreso dalle scuole ignaziane impegnate a educare cittadini del mondo a partecipare alla globalizzazione della solidarietà, della cooperazione e al tempo stesso attivo prodotto di questo incontro che anima e vivifica in modo significativo il cammino delle scuole ignaziane italiane.

Questo processo di riflessione e di innovazione incrocia negli anni le Riforme della Scuola italiana. Nel nostro Paese si apre un confronto serio, approfondito e in chia- ve prospettica tra le proposte delle Indicazioni Nazionali del MIUR, la pedagogia ignaziana e le nuove sfide globa- li della società a livello mondiale.

Sin da subito emerge con chiarezza la centralità dell e- laborazione di un curriculum condiviso a livello della rete delle scuole ignaziane italiane.
Strettamente correlata all elaborazione del curriculum appaiono parimenti nodali:

– la definizione del Profilo dello studente ignaziano espresso in termini di competenze che si desidera che quest ultimo acquisisca al termine del ciclo di studi; ( nell incontro del Sipei a Manresa nel 2105 è inserito il profilo internazionale dell alunno delle scuole della Compagnia di Gesù: conscious, competent, compassionate, committedi, integrazione tra scuola, pastorale, tutoria;

– la condivisione di percorsi formativi e didattici a livel- lo della singola scuola (curriculum verticale, diparti- menti orizzontali e verticali) e a livello di rete, allo scopo di promuovere lo scambio tra buone pratiche, la messa in comune di risorse;

– la partecipazione degli allievi liceali all esperienza di alternanza scuola – lavoro, dove i “Servizi sociali” rappresentano un esperienza particolarmente importante per gli allievi;

– la formazione dei docenti e il loro coinvolgimento nel- la elaborazione condivisa di progetti formativi e didattici allo scopo di promuovere la collaborazione tra i docenti, di rifuggire il rischio dell’autoreferenzialità, di valorizzare la creatività degli insegnanti a partire dalla loro passione, di far crescere tra i docenti il senso di appartenenza e l assunzione responsabile del progetto educativo.

In questi quattro anni questo processo di cambiamento è stato accompagnato da una Commissione Curriculum formata da responsabili coordinatori e da docenti dei vari Collegi della rete, in collaborazione con altre com- missioni (Tutoria, Pastorale) allo scopo di riannodare i tanti fili che apparivano disconnessi. Pian piano, at- traverso il confronto di tutte le componenti del processo di formazione (compresi i genitori e gli studenti) i fili si sono ricomposti in un disegno organico e coerente e a livello di rete si sono programmate concrete azioni per continuare a camminare con sicurezza ma anche ri- schiando (come ci ha invitato a fare Papa Francesco) con l obiettivo di realizzare qualcosa di veramente signifi- cativo per i nostri giovani.

*Coordinatore didattico dei licei – Istituto Sociale – Torino

Maestra innamorata

MAESTRA INNAMORATA, SEI TU CHE MI INNAMORI di Umberto Tenuta

CANTO 795

O MIA MAESTRA INNAMORATA,

SEI TU, SOLO TU, CHE MI INNAMORI

O MIA MAESTRA INNAMORATA,

SOLO CON TE IO MI INNAMORO

SOLO CON TE DIVENTO UNO STUDENTE!

 

Studente ─dal latino studere, amare─ è colui che ama il sapere.

Ama il sapere, ama conoscere, ama apprendere.

E studenti si nasce.

Già nel grembo materno, il bimbo esplora, ricerca, ascolta, impara.

E, nato, apre gli occhi esploratori al mondo che lo circonda.

E con le tenere manine tocca di qua e di là.

─Che cosa è quello che vedo?

─Chi sei tu che mi guardi, incantata dal mio bel visino?

─Che cosa è questa luce accecante che entra dalla finestra?

─Ma dove io sono venuto?

─O meraviglioso mondo che dinanzi ai miei occhi si squaderna, ora io ti conoscerò!

Il bimbo dispiega tutta la sua innata curiosità.

A un anno il bimbo pattina, a tre anni legge e suona il violino.

A sei anni, quando arriva alla scuola primaria, il bambino ha già acquisito un vasto repertorio di conoscenze, di capacità e di atteggiamenti.

Lo ha acquisito spontaneamente, senza alcuna imposizione.

Ora entra nell’aula della scuola, e tutto diventa obbligatorio.

Dove e come stare seduto, come e quando parlare, che cosa fare, e soprattutto che cosa imparare!

Che assurda contraddizione ridurre lo studio a dovere, obbligo e, peggio ancora, costrizione!

Ma tu, o amata Maestra, tu che hai conservato intatta la tua innata curiosità, tu che la tua innata curiosità hai trasformato in amore della conoscenza, tu che tutto ami conoscere, tu nulla imponi.

Il tuo AMORE contagi.

Il tuo amore della Poesia.

Il tuo Amore della Geografia.

Il tuo amore della Biologia.

Il tuo amore della Filosofia.

Il tuo amore dell’Astronomia.

Il Tuo amore della Storia.

Il tuo amore di ogni umana conoscenza.

Tu, innamorata di ogni umana conoscenza, tu nulla imponi.

Tu di tutto tutti innamori.

Tu, solo tu, hai titolo a salire in cattedra.

E non i tuoi odiati colleghi!

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:
http://www.edscuola.it/dida.html
Altri saggi sono pubblicati in
www.rivistadidattica.com
E chi volesse approfondire questa o altra tematica
basta che ricerchi su Internet:
“Umberto Tenuta” − “voce da cercare”