(NON) TI PREMIO: INDAGINE SUL BONUS PREMIALE NELLE SCUOLE

(NON) TI PREMIO: L’INDAGINE DELLA FLC CGIL DI BARI SUL BONUS PREMIALE NELLE SCUOLE DELLA PROVINCIA

 

Il questionario di gradimento, la scheda di autovalutazione, il DS che decide “a suo insindacabile giudizio” il grado di eccellenza di un suo docente, i risultati delle prove INVALSI, le domande delatorie ai genitori (“il docente usa il cellulare in classe?”), la valutazione della reputazione del docente nel territorio.

Sono solo alcuni dei criteri elaborati dai comitati di valutazione, al termine dell’a.s. 2015/2016, per stabilire l’assegnazione del bonus premiale ai docenti “più meritevoli” della scuola. E su questi criteri la FLC CGIL di Bari ha realizzato un’indagine (126 Istituti analizzati a Bari e provincia).

 

Uno dei più discussi provvedimenti contenuti nella legge 107, la valutazione premiale dei docenti, vanta già un anno, il 2015/2016, in cui è stato variamente e maldestramente applicato.
Sollecitati da una prima analisi effettuata dalla FLC nazionale nell’estate 2016 e dal confronto coi lavoratori della nostra provincia in questi mesi, abbiamo compiuto un lavoro di esame quantitativo e qualitativo dei criteri di valutazione elaborati dai singoli Istituti scolastici di Bari e provincia, enucleando alcune criticità alle quali chiediamo di porre particolare attenzione.

 

La legge 107/2015 ha concentrato nel Dirigente Scolastico pressoché ogni responsabilità in merito alla scelta dei docenti da “premiare”. E’ importante, allora, che il lavoro dei Comitati di Valutazione sia svolto in modo organico e consapevole, in modo da costituire un valido supporto alle competenze dirigenziali. Inoltre, la natura competitiva di una valutazione che invece potrebbe essere migliorativa, ci interroga sull’opportunità di una operazione che rischia di portare solo rancori e scontri nei nostri collegi docenti.

 

Come si è svolta l’indagine? Abbiamo analizzato i criteri di valutazione di 126 Istituti di Bari e provincia sugli attuali 202 Istituti (di cui 2 CPIA), vagliandoli attraverso una apposita scheda.

Ne abbiamo ricavato un dossier che cerca di evidenziare punti di forza e criticità e di avviare una riflessione seria, competente e condivisa nelle nostre scuole e con le nostre Istituzioni.

 

Quali sono stati i problemi principali?

Trasparenza: dei 126 istituti presi in considerazione è stato possibile passare in rassegna analiticamente soltanto 83 istituzioni scolastiche, alla luce della mancata pubblicazione dei criteri di valutazione nelle restanti 43. E’ evidente che questa circostanza costituisce di per sé un problema di trasparenza e accesso alle informazioni “civico”.

Criteri discrezionali e soggettivi: ben il 42% delle scuole esaminate ha inserito criteri soggettivi e discrezionali nelle proprie griglie di valutazione. Uno degli strumenti più utilizzati in questo tipo di valutazione è il questionario “reputazionale”, da sottoporre a studenti e genitori. Per alcuni comitati il questionario costituisce addirittura l’unico strumento di valutazione utilizzato. Genitori e studenti sono stati invitati a compilare, in forma anonima, questionari in cui si valutano i docenti della propria classe, talvolta anche con domande dal sapore delatorio (“Usa il cellulare in classe?”) o focalizzate sulla motivazione suscitata negli alunni dalle materie di insegnamento (con la sola scelta SI/NO). In altri casi si è escogitata una scheda di autovalutazione, consistente in un’analisi di se stessi e della propria efficacia e qualità (ma l’autoanalisi, procedimento pedagogicamente fondato, non è certo finalizzabile a ricevere o meno un premio in denaro) e di eterovalutazione, ossia di analisi di altri colleghi dello stesso collegio docenti! Fra i criteri che abbiamo potuto leggere in queste griglie, c’è la qualità del lavoro d’aula, il carisma, l’empatia. Si tratta di requisiti totalmente aleatori, ai quali il docente deve attribuire addirittura un punteggio o, in un caso, indicare di possederli o meno (SI/NO). Proprio la soggettività di questa autovalutazione comporta, poi, il fatto che il DS possa confermare o modificare il punteggio che l’insegnante si è attribuito o che ha assegnato ai colleghi. Ci chiediamo quale sia l’obiettivo di una operazione di questo tipo, che contrappone il parere del docente (implicitamente sentito come poco affidabile) a quello del Dirigente (depositario, invece, di certezze incontrovertibili). Cosa può scaturire da questa procedura, se non la sensazione di subire un giudizio dall’alto, soggettivo quanto quello che lo stesso docente può attribuirsi, in quanto condotto senza reali strumenti valutativi se non l’opinione di un “superiore” o di un collega?

 

Il punteggio bonus del DS: confliggendo apertamente con la normativa ministeriale, alcuni Dirigenti Scolastici si attribuiscono la facoltà di assegnare un punteggio “extra” ulteriore e slegato da quello assegnato dalla griglia elaborata dal comitato di valutazione. I DS che utilizzano questa modalità affermano di potersi attribuire questo margine discrezionale in quanto hanno a disposizione varie forme di monitoraggio: colloqui con genitori, studenti e docenti, accertamento delle affermazioni fatte dai docenti nelle proprie schede, constatazione sul campo (durante le lezioni in aula) delle “performance attestate”.

 

Troppe” assenze, nessun bonus: leggiamo nella stessa ottica elitarista e competitivista le preclusioni all’accesso al bonus da parte di chi avesse effettuato un determinato numero di assenze. Il risultato? Docenti affetti da patologie o fruitori di inviolabili diritti contrattuali (malattia del bambino, gravidanza ecc.) vengono esclusi dal bonus, come se ciò inficiasse necessariamente la qualità del loro insegnamento, discriminando a prescindere fra “assenteisti” e “presenzialisti”.

 

Le percentuali: a ciò si aggiunge la decisione destinare il “premio” a percentuali ridotte di docenti (in media il 30%, sino a giungere a situazioni limite, con solo 9 docenti premiati su 80). Eppure il Miur, per quanto pilatesco nelle sue decisioni sul bonus, aveva auspicato in una nota una erogazione non eccessivamente ristretta.

Comprendiamo, così, le scelte di alcuni Dirigenti, i quali hanno preferito rivendicare la qualità del proprio Istituto nella sua interezza, distribuendo il bonus in modo generalizzato (2 casi del campione) e puntando sul lavoro in team.

 

Rispetto ad elargizioni in denaro da parte del Dirigente Scolastico (che, normativamente, non può rivestire il ruolo di autonoma e unilaterale autorità salariale), crediamo in un modello di progressione di carriera che segua criteri contrattuali e condivisi, decisamente preferibili a bonus premiali, discrezionalmente definiti e assegnati.

Se una certezza l’abbiamo, è che i docenti italiani avrebbero avuto bisogno di iniziative che incentivassero un’idea di scuola come sistema e che gli studenti avrebbero avuto il bisogno civico e formativo di sentirsi protagonisti, finalmente, di una comunità educante. La desolante conclusione a cui giungiamo, dopo questa analisi, è che le scuole sono state lasciate sole ad arrabattarsi e a tentare di gestire (con più o meno danni) un provvedimento divisivo e lontano anni luce dalla scuola di qualità che si dovrebbe perseguire. Nessuna indicazione sul profilo di docente che la scuola di oggi richiede, nessun ragionamento pedagogico, nessuna base teorica fondata. Solo determinismi aziendalistici, inni alla produttività, invettive contro i fannulloni. E muri sempre più spessi a dividere le classi, i banchi, le cattedre.

 

Se un ragionamento autentico è urgente, deve ripartire da qui: dal momento in cui hanno smesso di ascoltare la scuola.


Indagine sul bonus premiale

La tavola di programmazione

La tavola di programmazione

di Gennaro Palmisciano

La tavola di programmazione è uno strumento della programmazione che contiene contenuti e obiettivi minimi previsti per il percorso didattico relativo alle discipline coinvolte (si va da una a più). Essa indica conoscenze, abilità e competenze per ciascun modulo (articolato in Unità di Apprendimento).

O.M. mobilità 2017/2018 è in dirittura d’arrivo

da La Tecnica della Scuola

O.M. mobilità 2017/2018 è in dirittura d’arrivo

Già nella serata di martedì 7 marzo 2017 sarà terminato l’excursus normativo dell’Ordinanza Ministeriale per la mobilità 2017/2018.

Infatti il prossimo 7 marzo al Miur sono convocati i sindacati per mettere a punto gli ultimi aspetti della suddetta ordinanza e controllare la predisposizione dei moduli delle domande di trasferimento e mobilità professionale.

Per la pubblicazione della su citata ordinanza ministeriale, che richiama gli articoli concordati dell’ipotesi del CCNI sulla mobilità 2017/2018, si dovrebbe attendere la firma definitiva dell’accordo comprendente le norme di assegnazione dei docenti da ambito a scuola e la successiva certificazione da parte della Funzione pubblica.

È proprio sull’accordo delle regole di assegnazione dei docenti da ambito a scuola che non esiste ancora una convergenza tra Miur e Sindacati. Infatti risulta esserci, rispetto gli accordi firmati dalle parti il 29 dicembre 2016, una evidente divergenza di intenti. Secondo le osservazioni sindacali, il Miur mantiene un numero ancora troppo elevato di requisiti e non cede sul fatto che debba essere il Ds a decidere quale docente incaricare dall’ambito per un triennio.

Quindi al momento, vista la divergenza esistente tra parte dei sindacati e Miur, non è assolutamente scontato che si possa arrivare ad un accordo contrattuale con tutte le sigle sindacali pronte a firmare.

Oltre questo problema ostativo, che potrebbe comportare un contratto mancante di qualche firma sindacale, c’è poi da attendere l’ok dei dipartimenti dei ministeri economici.

Sarebbe addirittura clamoroso se si arrivasse ad una mobilità 2017/2018che si basasse soltanto sull’ordinanza ministeriale che verrà chiusa nella serata del 7 marzo 2017.

Comunque ci sarà da attendere fino a martedì sera per conoscere, attraverso le indicazioni del nascituro Om sulla mobilità 2017/2018, le date presumibili della presentazione delle domande, del termine ultimo comunicazione al SIDI delle domande di mobilità e dei posti disponibili, pubblicazione dei movimenti.

Nella suddetta Ordinanza Ministeriale di mobilità 2017/2018 è stato previsto che la revoca delle domande di mobilità presentate on line sarà possibile presentando richiesta scritta alla segreteria della propria scuola di servizio soltanto se pervenuta non oltre il decimo giorno prima del termine ultimo per la comunicazione al SIDI dei posti disponibili.

Competenze digitali, arrivano fino a 25mila euro a scuola di fondi Pon: bando già on line

da La Tecnica della Scuola

Competenze digitali, arrivano fino a 25mila euro a scuola di fondi Pon: bando già on line

Arrivano 80 milioni del Pon per lo sviluppo delle competenze digitali degli studenti attraverso la didattica innovativa.

Ciascuna scuola potrà ricevere fino a 25mila euro che consentiranno agli istituti beneficiari di attivare fino a 140 ore in più all’anno di ‘educazione digitale’.

ll bando, fa sapere il Miur, è stato pubblicato il 4 marzo on line sul sito dedicato www.istruzione.it/pon.

Sono diverse le iniziative che potranno essere messe in campo dalle scuole grazie ai fondi Pon: pensiero computazionale, per sviluppare la capacità di analizzare e risolvere problemi e per apprendere le basi della programmazione; percorsi di ‘cittadinanza digitale’ per un uso consapevole dei media, della Rete e dei dati, e per avere gli strumenti per valutare la qualità, l’integrità e la veridicità delle informazioni; apprendimento pratico attraverso esperienze e obiettivi concreti, anche in sinergia con progetti di robotica educativa e artigianato digitale.

A lanciare l’iniziativa è stata la ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli.

“Le competenze digitali sono parte integrante dell’alfabetizzazione del nostro tempo, sono fondamentali per la costruzione di una cittadinanza piena, attiva e informata e per lo sviluppo sostenibile del nostro Paese, per superare il disallineamento tra sistema educativo e domanda della società”, a detto il responsabile del Miur.

Che poi aggiunge: “offrire alle ragazze e ai ragazzi percorsi di cittadinanza digitale significa renderli cittadini attivi e protagonisti e non fruitori passivi. Il digitale è una grande opportunità per loro e lo è anche per le nostre e i nostri docenti. Inoltre, educare le nostre studentesse e i nostri studenti ad un uso consapevole e adeguato della Rete significa impegnarsi concretamente per contrastare fenomeni come bullismo e cyberbullismo, significa contrastare la diffusione del linguaggio dell’odio, un fronte su cui il Miur è da tempo impegnato e vuole continuare ad impegnarsi”.

Il Piano Nazionale Scuola Digitale, continua Fedeli, “rappresenta uno dei tasselli più importanti e stimolanti dell’attuazione della Buona Scuola e ha generato grande interesse e partecipazione da parte del personale. A partire dagli animatori e dai team per il digitale. La sua rapida attuazione è facilitata proprio da questo entusiasmo e dalla voglia di innovare che hanno dimostrato gli stessi insegnanti”.

“È una strada lungo la quale dobbiamo proseguire, portando a compimento tutte le azioni previste e, quindi, generando un profondo cambiamento all’interno della scuola italiana. Fino a poco tempo fa parlare di digitale a scuola era quasi un tabù. Oggi vediamo docenti che organizzano laboratori di pensiero computazionale ed esperienze educative guidate dall’innovazione non in poche scuole all’avanguardia, ma in moltissime scuole d’Italia. Dobbiamo far sì, con questo bando, che il fronte dell’innovazione raggiunga quante più scuole possibili”, conclude il ministro.

I progetti proposti dalle scuole dovranno avere al centro, in particolare, due aree: lo sviluppo del pensiero logico e computazionale e della creatività digitale e lo sviluppo delle competenze di “cittadinanza digitale”.

Per quanto riguarda la prima area le iniziative proposte dovranno porre particolare attenzione all’interazione creativa tra digitale e manuale, anche attraverso esperienze di making, robotica educativa e Internet delle cose, e al coding.

Sul fronte della cittadinanza digitale, le proposte dovranno concentrarsi soprattutto su: educazione all’uso positivo e consapevole dei media e della Rete, anche per il contrasto all’utilizzo di linguaggi violenti e alla diffusione del cyberbullismo, alle discriminazioni; educazione alla valutazione della qualità e dell’integrità delle informazioni, alla lettura, scrittura e collaborazione in ambienti digitali; educazione all’uso dei nuovi linguaggi del digitale.

Le scuole potranno “caricare” i progetti dal 20 marzo al 5 maggio.

Fse, 26 mln per la formazione giovani

da La Tecnica della Scuola

 

Fse, 26 mln per la formazione giovani

Oltre 26 milioni di euro a favore della formazione professionale strategica e per l’alta qualificazione professionale dei giovani. I bandi sono per cinque filiere produttive e la loro scadenza per la presentazione, solo on line, è prevista per il 30 novembre.

Il finanziamento, attraverso il Por Fse 2014-2020 e nell’ambito del progetto “Giovanisì”, è per la formazione professionale e i percorsi di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (Ifts) e le cinque filiere produttive strategiche per il sistema produttivo della Toscana sono: Agribusiness, Carta, Marmo, Meccanica e Energia, Turismo e Cultura.

Il primo bando per la formazione professionale integrata è rivolto ad Associazioni temporanee di imprese o di scopo, che includono almeno un’Agenzia informativa accreditata e una o più imprese, con la partecipazione eventuale di Istituti di istruzione superiore ed Università.

I progetti da presentare dovranno integrare: percorsi per la creazione di impresa e per il lavoro autonomo sia per a giovani fino a 29 anni disoccupati sia per persone oltre i 30 anni, percorsi per il conseguimento di qualifiche per l’inserimento lavorativo, interventi per occupati lavoratori e imprenditori

Por Fse 2014-2020, formazione strategica: cinque bandi per cinque filiere

Il bando per i percorsi IFTS si rivolge ad un insieme di soggetti: Istituti scolastici di istruzione secondaria, Enti, Centri, Agenzie di formazione, Università e Imprese, anche in associazione tra loro, che dovranno fare squadra per co-progettare e realizzare percorsi di Ifts in Toscana.

Una legge a tutela dei diritti dei dislessici

da La Tecnica della Scuola

Una legge a tutela dei diritti dei dislessici

Oltre due milioni di italiani, almeno il 3 per cento della popolazione, soffrono di disturbi specifici dell’apprendimento che può interessare la decodifica del linguaggio scritto, la capacità di calcolo o quella di lettura.

Una proposta di legge appena depositata in Parlamento prevede specifiche disposizioni per favorire l’inserimento lavorativo e sociale degli italiani che convivono con questo disagio.

Nonostante già la legge 170 del 2010 si sia  occupata di sostenere il percorso scolastico dei ragazzi con Dsa, in Italia manca ancora una precisa normativa in ambito lavorativo.

La pdl depositata a Montecitorio è stata pensata proprio in funzione degli oltre 12mila studenti italiani con disturbi specifici dell’apprendimento che ogni anno concludono la loro esperienza formativa e provano a inserirsi nel mondo del lavoro.

I problemi che si trovano davanti sono importanti  e quindi la necessità di predisporre norme in grado di sostenere l’inserimento lavorativo delle persone con DSA, a partire dalle modalità di selezione, evitando ogni forma di possibile discriminazione.

Come prevede il primo articolo della proposta di legge, nei concorsi pubblici tutti i soggetti con DSA potranno sostituire le prove scritte con un colloquio orale. E in particolare è assicurata la possibilità di «utilizzare strumenti compensativi per le difficoltà di lettura, di scrittura e di calcolo, e di usufruire di un prolungamento dei tempi stabiliti per l’espletamento delle medesime prove».

8 marzo: le studentesse contano, via al mese delle STEM

da Tuttoscuola

8 marzo: le studentesse contano, via al mese delle STEM

In vista del prossimo 8 marzo le scuole di ogni ordine e grado sono invitate a effettuare un approfondimento dei temi legati alla parità di genere e alla lotta alle discriminazioni di cui all’articolo 3 della Costituzione Italiana. Lo ricorda il Miur attraverso una circolare.

Infatti il prossimo 8 marzo ricorre, come ogni anno, la festa della donna, un’occasione per ricordare le conquiste sociali, politiche ed economiche del genere femminile, ma anche le discriminazioni di cui sono state e sono tuttora oggetto le donne.

Questa ricorrenza, ricorda ancora la circolare, sarà la data simbolo che, come per lo scorso anno scolastico, darà avvio al mese delle STEM sostenuto dal Miur in collaborazione con il Dipartimento delle Pari opportunità della Presidenza del Consiglio, per la promozione delle discipline STEM (Science, Technology, Engineering, and Mathematics) nelle scuole.

Leggiamo nella circolare che “In Italia la percentuale di donne che occupano posizioni tecnico-scientifiche è tra le più basse dei Paesi Ocse: il 31,71% contro il 68,9% di uomini e solo il 5% delle quindicenni italiane aspira a intraprendere professioni tecniche o scientifiche. Tali dati impongono un’ampia riflessione su quale ruolo la scuola, attraverso specifici percorsi di orientamento e formazione possa intraprendere per fare accrescere la consapevolezza nelle studentesse e negli studenti dell’irrinunciabilità del proprio pari contributo allo sviluppo sociale e culturale del Paese, anche in ambiti ritenuti tradizionalmente ed erroneamente poco attrattivi per le donne”.

“Il mese delle STEM” offre alle scuole una serie di strumenti utili a diffondere la passione per le materie scientifiche e tecnologiche e la consapevolezza della straordinaria opportunità, anche professionale, che le STEM possono offrire, contribuendo a sradicare uno stereotipo di genere.

A partire dall’8 marzo quindi tutte le scuole interessate potranno:

collegarsi all’indirizzo www.noisiamopari.it ed avere accesso ai materiali informativi proposti per il Mese delle STEM dai soggetti che hanno risposto ad apposita manifestazione d’interesse.
aderire all’iniziativa “Le studentesse contano!” del MIUR per la promozione e valorizzazione delle eccellenze attraverso l’invio di un videomessaggio da parte delle studentesse appassionate di una delle materie STEM che racconti la propria esperienza. Tutti i soggetti coinvolti potranno selezionare una studentessa al fine di destinarle un percorso di formazione specifico in una delle discipline STEM per loro e per la loro scuola. Il video potrà essere inviato attraverso il portale www.noisiamopari.it, all’interno del quale saranno disponibili anche tutte le istruzioni e le caratteristiche che i video dovranno rispettare. Si invitano, inoltre, le Istituzioni scolastiche che aderiranno al mese delle STEM ad animare e prevedere ogni tipo di attività scolastica connessa a questo tema, svolta anche in orario pomeridiano.

Burnout, cos’è quel malessere che può colpire anche gli insegnanti

da Tuttoscuola

Burnout, cos’è quel malessere che può colpire anche gli insegnanti

Da un po’ di anni a questa parte si è finalmente iniziato a parlare di burnout, la forma di forte stress lavorativo che può rivelarsi patologica.

Nel 2015 la presidentessa dell’Eurodap (Associazione Europea disturbi da Attacchi di Panico), nel rilevare come il profilo psicologico del copilota che ha provocato lo schianto dell’aereo della Germanwings che ha trascinato alla morte 149 persone, presentasse probabilmente segnali riconducibili a tale stato mentale, ha dichiarato che le categorie maggiormente a rischio per la sindrome del ‘burnout’ sono quelle dei piloti, ma anche dei medici e degli insegnanti.

‘Burnout’ è il termine inglese traducibile come ‘bruciato’ o ‘esaurito’ che sta dunque ad indicare una sindrome da esaurimento emotivo causata appunto dallo stress lavorativo. L’esaurimento è la prima reazione allo stress prodotto da eccessive richieste di lavoro o da cambiamenti significativi, ma tale sindrome, rilevano gli esperti, è anche caratterizzata dalla dimensione del cinismo, con un atteggiamento freddo e distaccato nei confronti del lavoro e delle persone che si incontrano sul lavoro. Un atteggiamento così negativo, rilevava la presidentessa dell’Eurodap Paola Vinciguerra, “può compromettere seriamente il benessere di una persona, il suo equilibrio psico-fisico e la sua capacità di lavorare”.

Insomma, “l’altissimo livello di stress – spiegava – in alcuni soggetti può diventare molto pericoloso e causare atti che potrebbero mettere in pericolo la vita di chi ne soffre e di chi gli sta accanto. Il burnout è proprio l’esito patologico dello stress al quale determinate categorie di persone sono sottoposte a causa del loro lavoro”.

Per chi è affetto da burnout, sottolineava, “gli ambienti lavorativi perdono le caratteristiche di un luogo sicuro dove socializzare, fare squadra, conseguire risultati comuni. Al contrario si assiste a spaccature, nel tentativo di raggiungere traguardi individuali, e la tensione si accumula quotidianamente senza possibilità di soluzione”. Per certe categorie, in primis quella dei piloti, concludeva la presidente, “è quindi fondamentale che si monitorizzi lo stato psicologico, cosa che non viene assolutamente fatta da protocollo, ed è anche necessario insegnare tecniche di gestione dello stress che permettano di non entrare in dimensioni psichiche patologiche”.

Gli insegnanti non certo immuni da questi problemi, anzi. Qualche tempo fa Vittorio Lodolo D’Oria, medico e autore di molti studi sul burnout affermava che “ad ammettere di essere stressato per il lavoro ripetitivo e logorante è un’altissima percentuale di chi lavora dietro la cattedra. Poi ci sono le vere e proprie patologie. E anche in questo caso non c’è da sottovalutare la situazione. Perché dalle ultime rilevazioni risultano almeno 24mila psicotici e 120mila depressi nella categoria. Infine, ci sono tutte le altre malattie della psiche più lievi ma non per questo da trascurare, come i disturbi dell’adattamento e di personalità”.

Per gli insegnanti, come si sa, non è previsto alcun controllo né all’inizio della carriera né successivamente. Non è il caso di pensarci? Quei rari casi, anche recenti, di violenze su bambini nelle scuole dell’infanzia da parte di insegnanti anziani non sono forse un campanello d’allarme?