Performance formative e professionali delle donne

PIU’ BRAVE A SCUOLA E ALL’UNIVERSITA’,
MA PENALIZZATE SUL MERCATO DEL LAVORO

Le donne italiane sono più brillanti lungo il percorso formativo rispetto agli uomini ma scontano un forte divario in termini occupazionali, contrattuali e retributivi.

Bologna, 6 marzo 2017 – Le donne italiane registrano risultati più brillanti lungo il percorso formativo e in quasi tutti gli indirizzi di studio rispetto ai colleghi maschi, ma sul mercato del lavoro scontano ancora un forte divario in termini non solo occupazionali e contrattuali, ma anche e soprattutto retributivi.
L’identikit delle performance formative e professionali delle donne, dalla scuola superiore all’università fino al mercato del lavoro, arriva dalle Indagini AlmaDiploma e AlmaLaurea. La lettura dei dati conferma un differenziale a favore dei maschi che non diminuisce con il passare del tempo e permane anche quando le donne intraprendono percorsi disciplinari che offrono maggiori chance occupazionali o dove sono storicamente più presenti.

BRAVE GIÀ TRA I BANCHI DI SCUOLA
Veloci, preparate e con le idee chiare. Il Rapporto 2016 sul Profilo dei diplomati conferma che le donne nel campo della formazione se la cavano meglio dei loro colleghi e questo fin dalla scuola media inferiore, che concludono portando a casa un voto d’esame molto spesso più elevato dei maschi: il 38% delle ragazze contro il 29% dei ragazzi ottiene 9 (su 10) o più. E quando arrivano tra i banchi delle superiori, che siano quelli di un liceo, un tecnico o un professionale, le femmine raggiungono ancora una volta ottimi risultati.
Sono più regolari: il 91% delle femmine non fa ripetenze contro l’85% dei maschi.
Raggiungono voti più alti: il voto medio di diploma è rispettivamente 78,3 su cento per le ragazze contro 75,2 dei ragazzi.
Studiano di più: il 39% dedica allo studio e ai compiti a casa più di 15 ore settimanali contro il 16% dei maschi.
Compiono più esperienze internazionali: il 41% delle femmine contro il 28% dei maschi, in particolare organizzate dalla scuola. Le ragazze d’altronde intraprendono in maggior misura percorsi formativi linguistici e per questo conseguono anche un maggior numero di attestati (37% contro 28%).
Sono maggiormente impegnate in attività di carattere sociale: il 20% delle ragazze svolge attività di volontariato contro il 14% dei ragazzi.
Nel tempo libero intraprendono più attività culturali e non perché devono, ma perché lo vogliono: le svolgono il 55% delle femmine, in larga parte su iniziativa personale, contro il 41% dei loro colleghi.
Sono maggiormente interessate a proseguire gli studi soprattutto con l’università: 75% delle ragazze contro il 61% dei ragazzi.

BRILLANTI ALL’UNIVERSITÀ
Il Rapporto 2016 sul Profilo dei laureati conferma che le donne, nella quasi totalità dei percorsi di studio, continuano ad avere performance più brillanti rispetto ai loro colleghi uomini, sia in termini di regolarità negli studi che di voti1. Tra i laureati del 2015, dove è nettamente più elevata la presenza della componente femminile (60%), la quota delle donne che si laureano in corso è superiore a quanto registrato per i loro colleghi, il 48% contro il 44% degli uomini e il voto medio di laurea è uguale a 103,2 su 110 per le prime e a 101,1 per i secondi.
Non solo, le donne si iscrivono all’università più frequentemente spinte da forti motivazioni culturali (36% contro il 30% degli uomini) e hanno svolto più tirocini e stage riconosciuti dal proprio corso di laurea, il 59% contro il 51% dei maschi.
Le laureate inoltre provengono in misura maggiore da contesti famigliari meno favoriti sia dal punto di vista culturale che socio-economico. Così il 26% delle donne ha almeno un genitore laureato contro il 32% dei maschi. Un differenziale che permane considerando anche la classe sociale: il 20% delle donne proviene da una famiglia di estrazione economica elevata contro il 24% dei loro colleghi2. Non stupisce quindi che tra le donne, più brave ma provenienti da contesti famigliari più svantaggiati, sia maggiore la percentuale di chi ha usufruito di borse di studio: il 24% contro il 19% dei maschi.

PENALIZZATE SUL MERCATO DEL LAVORO
Lo conferma il Rapporto 2016 sulla condizione occupazionale dei laureati che registra ancora una volta significative e persistenti disuguaglianze di genere.
Il Rapporto mostra che tra i laureati magistrali, a cinque anni dal conseguimento del titolo, le differenze di genere si confermano significative e pari a 10 punti percentuali: lavorano 80 donne e 90 uomini su cento. E a un lustro dal titolo il lavoro stabile diventa una prerogativa tutta maschile: può contare su un posto sicuro, infatti, il 78% degli occupati e il 67% delle occupate. In particolare, ha un contratto a tempo indeterminato il 48% delle donne rispetto al 58% degli uomini. È naturale che queste differenze siano legate anche alle diverse scelte professionali maturate da uomini e donne; le seconde, infatti, tendono più frequentemente ad inserirsi nel pubblico impiego e nel mondo dell’insegnamento, notoriamente in difficoltà nel garantire, almeno nel breve periodo, una rapida stabilizzazione contrattuale.
Le differenze di genere si confermano anche dal punto di vista retributivo. Tra i laureati magistrali che a cinque anni lavorano a tempo pieno emerge che il differenziale è pari al 20% a favore dei maschi: 1.624 euro contro 1.354 euro delle colleghe. Se è vero che questo risultato è influenzato da diversi fattori, è altrettanto vero che, a parità di ogni altra condizione, gli uomini guadagnano in media 168 euro netti mensili più delle donne. A ciò si aggiunge che il titolo di laurea è efficace per lavorare più per gli uomini che per le donne: rispettivamente l’88,5% contro l’82,5%.
A ulteriore conferma che ancora oggi le donne fanno più fatica dei loro colleghi a realizzarsi professionalmente, basti pensare che a cinque anni dal titolo magistrale svolge un lavoro ad elevata specializzazione (compresi i legislatori e l’alta dirigenza) il 46% delle donne e il 56% degli uomini.

SE HANNO FIGLI SONO ANCORA PIÙ PENALIZZATE
La lettura dei dati conferma che le donne sono più penalizzate sul lavoro se hanno figli.  Il forte divario in termini occupazionali, contrattuali e retributivi tra maschi e femmine, infatti, aumenta in presenza di figli.
Il differenziale occupazionale a cinque anni dalla laurea sale addirittura a 28 punti percentuali tra quanti hanno figli: isolando quanti non lavoravano alla laurea, il tasso di occupazione è pari all’88% tra gli uomini, contro il 60% delle laureate. Anche nel confronto tra laureate, chi ha figli risulta penalizzata: a cinque anni dal titolo lavora il 79% delle laureate senza prole e il 60% di quelle con figli (un differenziale di 19 punti percentuali).
Tra i laureati con figli il differenziale retributivo sale al 32%, sempre a favore degli uomini (in tal caso si considerano quanti hanno iniziato l’attuale lavoro dopo la laurea e lavorano a tempo pieno): percepiscono 1.754 euro contro i 1.331 delle colleghe.

LE DONNE PAGANO PEGNO IN TUTTI I PERCORSI DI STUDIO
I vantaggi della componente maschile sono confermati a parità di gruppo disciplinare, a tal punto che le donne pagano un pegno maggiore, soprattutto in termini retributivi, anche quando intraprendono i percorsi formativi che hanno un maggior riscontro sul mercato del lavoro, come i percorsi di Ingegneria, Professioni Sanitarie, Economico-Statistico o Scientifico.
Quando intraprendono la strada delle Professioni Sanitarie, dove si registrano in entrambi i casi risultati brillanti, le differenze tra uomini e donne permangono: nei tassi di occupazione (97% per i maschi e 94% per le femmine), nella stabilità (rispettivamente 96% e 92%) e soprattutto nelle retribuzioni, rispettivamente 1.733 euro mensili netti contro i 1.434.
Anche per chi opta per Ingegneria, non solo restano marcate le differenza a livello di occupazione (lavorano 90 donne su cento e 95 uomini su cento), ma le donne sono più precarie e percepiscono un guadagno mensile netto di gran lunga inferiore a quello dei loro colleghi. Può contare su un posto sicuro il 78,5% delle occupate e l’85% degli occupati e su una retribuzione di 1.588 euro contro i 1.759 degli uomini.
La situazione non cambia neanche quando scelgono un percorso Economico-Statistico o Scientifico: in questo caso non solo restano elevate le differenze occupazionali (rispettivamente 89% contro il 92% dei maschi; 80% contro il 90%), e contrattuali (il 77% contro l’83% sono stabili; 58 contro il 69%), ma anche le retribuzioni sono sempre inferiori: 1.423 euro contro il 1.638 euro e 1.494 contro il 1.810.
E nei percorsi dove storicamente la presenza femminile è più marcata come nell’Insegnamento, in ambito Letterario, Psicologico e Linguistico? Anche in questo caso il divario tra femmine e maschi permane.
Così, laddove le differenze a livello retributivo calano come nel Letterario e Insegnamento (1.234 euro mensili netti per donne contro 1.331 euro percepiti dai colleghi; 1.227 contro i 1.304), le donne restano comunque penalizzate: hanno meno chance occupazionali dei loro colleghi (rispettivamente 71% contro il 75%; 77% contro l’87%), e una minore stabilità (48,5% contro il 54%; 66,5% contro il 70%).
Se puntano alla strada della Psicologia, gli uomini non solo sono più occupati (87% contro il 78%) ma anche più stabili (78,5% contro il 69%) e percepiscono guadagni superiori (1.435 euro contro 1.190) delle colleghe.
Infine, nel solo indirizzo di studio in cui le donne hanno la meglio dal punto di vista occupazionale rispetto ai loro colleghi, il percorso Linguistico (lavora l’86% delle femmine contro il 79% dei maschi), dove possono contare anche sullo stesso livello di stabilità (in entrambi i casi 54%), le retribuzioni sono di gran lunga a favore dei maschi (1.453 euro contro 1.331).

1 Le donne ottengono voti di laurea leggermente inferiori agli uomini solo nei gruppi Letterario e Insegnamento (differenze sotto il mezzo punto su 110). Le donne risultano meno regolari degli uomini solo nel gruppo Chimico-farmaceutico (-2,5 punti percentuali di laureati in corso).

2 Le donne hanno un background socio-culturale più favorito degli uomini solo nei gruppi Ingegneria e Architettura.

I figli della libertà

A scuola senza compiti, materie e voti: si può?
A Varese un documentario e un dibattito sui linguaggi non autoritari

Martedì 7 marzo al Multisala Impero proiezione del film “I figli della libertà”, realizzato da genitori che hanno scelto per la propria figlia un percorso scolastico alternativo. L’appuntamento è promosso dalla Scuola Montessori Percorsi per Crescere. Presente anche Makula, la prima scuola media parentale a pedagogia attiva di Varese

Martedì 7 marzo arriva a Varese, al Multisala Impero in contemporanea con altre 14 sale in tutta Italia, il film che racconta un nuovo modo di andare a scuola. I figli della libertà è il documentario realizzato da due genitori, Luca Basadonne e Anna Pollio, per raccontare la scelta educativa fatta per la loro figlia Gaia: per lei hanno provato un percorso alternativo, senza voti, né materie, né compiti, che ha puntato sul trarre insegnamento dalla vita, dal confronto e dai viaggi. Può funzionare? È possibile per un bambino imparare in modo non convenzionale? E la scuola può rinunciare al linguaggio autoritario, ed essere veramente democratica?
«La visione di questo film, dove due genitori mettono in discussione non solo il sistema scolastico, ma anche se stessi, stimola riflessioni sulle scelte educative, su come si confrontano con il “mondo reale” e sulla possibilità di sperimentare, con i propri figli, linguaggi non autoritari e non costrittivi» spiega Elisabetta Bellini, coordinatrice della Scuola Montessori di Percorsi per Crescere di Varese, che organizza la proiezione al Cinema Impero in collaborazione con Makula, la prima scuola media parentale a pedagogia attiva di Varese.
«Quello di “imparare facendo”, lasciando al bambino la propria autonomia nel percorso di crescita, è uno dei principi cardine del metodo Montessori –spiega ancora Bellini–. Parlare di “scuola non autoritaria” però non vuol dire abdicare al progetto educativo: sulla scorta dell’esperienza montessoriana, daremo risposte ai dubbi dei genitori che vogliono immaginare, per i propri figli, una scuola diversa»
Per Percorsi per Crescere interverrà il dottor Carlo Alberti, sociologo e formatore, mentre per la scuola media parentale Makula interverrà Marco Bertaglia, genitore di un bambino che ha frequentato la scuola primaria paritaria Montessori di Varese e che ha proseguito il percorso scolastico a Makula. Mediatrice del dibattito sarà Chiara Achini, psicologa e genitore-fondatore (insieme ad altri due genitori) di Makula.

I figli della libertà
Martedì 7 marzo – Ore 20
Varese, Cinema Impero
Ingresso 8 euro. Biglietti acquistabili online su
http://www.movieday.it/event/event_details?event_id=832

Scuola Montessori di Percorsi per crescere (www.percorsipercrescere.it) – La scuola Montessori Percorsi per crescere è nata nel 1998: inizialmente solo come nido, quindi negli anni per far fronte alle crescenti richiesti si è estesa anche alla scuola dell’infanzia e, dal 2006, alla primaria. Le insegnanti sono specialiste del metodo Montessori, grazie a una formazione specifica, mentre la supervisione pedagogica è affidata a Grazia Honegger, una delle ultime allieve di Maria Montessori. L’asilo nido e la scuola dell’infanzia si trovano in via Maggiora 10, mentre l’ingresso della scuola primaria è in via Duca degli Abruzzi 118, sempre a Calcinate del Pesce (Varese).

L. Liukas, Hello Ruby

 

8 MARZO 2017
AL VIA LA SECONDA EDIZIONE DEL “MESE DELLE STEM”. PER L’OCCASIONE IL CENTRO STUDI ERICKSON PROPONE IL VOLUME “HELLO RUBY” DI LINDA LIUKAS

Trento, marzo 2017 – A partire dalla data simbolica dell’ 8 marzo, prende il via la seconda edizione del “Mese delle Stem”, l’iniziativa lanciata dal MIUR per stimolare le scuole a promuovere, con il supporto di università, enti esterni, associazioni, imprese, attività didattiche legate alle discipline scientifiche. Oggi infatti uno degli stereotipi più diffusi è quello di una presunta scarsa attitudine delle studentesse verso le discipline STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) che conduce a un divario di genere in questi ambiti sia interno al percorso di studi sia nelle scelte di orientamento prima e professionali poi. Sviluppare competenze nelle materie STEM significa avere la possibilità di accedere a professioni con prestigio e retribuzioni maggiori, oggi ancora prevalentemente appannaggio degli uomini. A questo proposito il Centro Studi Erickson propone Hello Ruby di Linda Liukas, una delle voci più nuove e originali nel panorama degli studi e della letteratura sul coding. Finlandese, classe 1986, è stata nominata nel 2013 Campione digitale della Finlandia dal Commissario UE per l’Agenda Digitale ed è anche la fondatrice di Rails Girls, una community senza fini di lucro sorta per insegnare i principi fondamentali della programmazione a più di 10.000 donne, e oggi attiva in oltre 230 città in tutto il mondo.

Linda Liukas adotta il linguaggio della narrazione per avvicinare e spiegare in modo semplice le basi del pensiero computazionale scegliendo, come protagonista del suo libro Ruby – una simpatica bambina che introduce i più giovani alle meraviglie della tecnologia, dell’informatica e del coding. Con uno sguardo e un tributo alla didattica italiana: “Dunque come mai, cento anni dopo, il metodo Montessori continua a funzionare? E perché il Reggio Emilia Approach mi è di grande ispirazione? Credo che la risposta sia semplice: entrambi questi movimenti pedagogici mi hanno aiutata a riscoprire il senso di meraviglia che provo per tutto ciò che è tecnologia. Ed è la meraviglia che mi permette di inventare nuove pratiche didattiche e percorsi intrisi di bellezza alla scoperta dell’informatica”, afferma Liukas. E proprio come Alice nel Paese delle Meraviglie, Ruby, bambina dotata di fervida immaginazione, si addentra nel mondo del coding dove tutto è possibile se ci si mette in testa di farlo. Mentre Ruby si imbarca nella sua avventura, attraverso la narrazione i bambini faranno conoscenza dei concetti base del coding. “In tutto il processo di esplorazione e sperimentazione, i bambini imparano l’astrazione, la collaborazione, l’alfabetizzazione digitale e a sviluppare una quantità tale di idee così potenti che mai mi sarei aspettata” – commenta Liukas – “Per questo motivo la maggior parte degli esercizi che propongo prevedono dei punti di discussione e sono pochissimi quelli che hanno risposte giuste o sbagliate. Credo sia importante dare ai bambini il permesso di fidarsi di loro stessi e sapere che ci siano più risposte giuste a una domanda”.

Proprio come insegnato da Maria Montessori, il libro propone l’idea di non usare le parole come scorciatoie verso la conoscenza. I concetti del pensiero computazionale diventano più affascinanti quando ci rendiamo conto della loro presenza intorno a noi. Inspirata da Maria Montessori, Liukas si è impegnata a rendere l’informatica qualcosa di concreto, specifico e comprensibile per un bambino. Chi ha detto infatti che la matematica e l’informatica sono materie noiose? Grazie alle attività incluse in ogni capitolo, i futuri piccoli programmatori saranno entusiasti di mettere in pratica la loro immaginazione.

Hello Ruby è il primo volume della collana “STEM”, la nuova collana Erickson dedicata a storie e narrazioni che stimolano la curiosità verso la scienza, sviluppando il pensiero logico-scientifico. Si tratta di libri pensati per giovani lettori e lettrici che vogliono sperimentare, inventare e provare a realizzare i propri progetti.

Durante questa seconda edizione del “Mese delle Stem” è importante ricordare che i progetti riguarderanno anche la formazione degli insegnanti. Nei prossimi giorni il Ministero, in collaborazione con il Dipartimento per le Pari Opportunità, metterà a disposizione sul sito www.noisiamopari.it, con richiamo sul sito istituzionale www.istruzione.it, una piattaforma su cui potranno essere caricate le proposte di progetto e attività.

Concorsi pubblici solo orali per i dislessici

Vita.it del 06-03-2017

Concorsi pubblici solo orali per i dislessici: presentata una proposta di legge

Offrire gli strumenti a istituzioni e aziende per inserire al meglio le persone con dsa nel contesto lavorativo, e superare ogni discriminazione: questi gli obiettivi della prima proposta di legge per l’inserimento delle persone con disturbi specifici dell’apprendimento nel mondo del lavoro, presentata ai primi di marzo alla Camera. Ecco il testo completo.

Prove orali al posto di quelle scritte nei concorsi pubblici, e l’istituzione, nelle aziende, di una figura manageriale specificamente formata per favorire l’inserimento lavorativo delle persone con dsa. Sono questi alcuni dei punti qualificanti della prima proposta di legge (in allegato il testo completo) che riguarda l’inserimento delle persone con Disturbi specifici dell’ apprendimento nel mondo del lavoro, presentata il 1° marzo alla Camera a firma dell’On. Laura Coccia e dell’On. Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro. Obiettivo della pdl è offrire gli strumenti a istituzioni e aziende per inserire al meglio le persone con dsa in un contesto lavorativo che valorizzi al meglio le diverse potenzialità, per superare ogni discriminazione e assicurare pari opportunità.

Le nuove norme si rendono necessarie, secondo i promotori, perché la legislazione italiana offre già un buon quadro di riferimento per gli anni della scuola con la legge 170/2010, ma risulta carente per il mondo universitario e del lavoro. In particolare le imprese, anche volendo favorire l’inclusione professionale, non hanno però la possibilità di assegnare ai responsabili dell’inserimento lavorativo dei dipendenti con disturbi specifici di apprendimento progetti personalizzati.

A queste e ad altre lacune sovviene la proposta, che prevede appunto l’introduzione di modalità di esecuzione di prove e colloqui che permettano di «valorizzare le competenze a prescindere dalle aree di debolezza, con la garanzia di utilizzo di strumenti e misure di supporto adeguati al profilo funzionale e alle necessità individuali». Nelle prove scritte dei concorsi pubblici indetti da Stato, Regioni, Comuni e dai loro enti strumentali deve quindi essere assicurata la possibilità di sostituire i test tradizionali con un colloquio orale, o di utilizzare strumenti compensativi per le difficoltà di lettura, di scrittura e di calcolo, e di usufruire di un prolungamento dei tempi stabiliti per l’espletamento delle medesime prove, come previsto dalla legge n.170 del 2010. Tali prove – esplicita la proposta – devono essere esplicitamente previste nei relativi bandi di concorso.

Inoltre, le imprese, per favorire l’inclusione professionale di persone con disturbi specifici di apprendimento «devono avere la possibilità di attribuire al responsabile dell’inserimento lavorativo nei luoghi di lavoro la predisposizione di progetti personalizzati per facilitare lo sviluppo delle potenzialità in azienda di tali dipendenti». La pdl prevede dunque che le Regioni definiscano strutture e specialisti pubblici o privati accreditati per le valutazioni diagnostiche e le certificazioni delle persone con disturbi specifici di apprendimento. «E’ necessario dare alle aziende gli strumenti per valutare le reali capacità di un candidato in un ambiente adatto all’interno dell’azienda», scrivono i relatori nell’introduzione, «e contestualmente sviluppare soluzioni per supportare il lavoratore dislessico stesso nella comprensione e nello sviluppo delle sue capacità e dei suoi punti di forza». Infine, il testo prevede modalità semplificate per altre forme di valutazioni concernenti l’ambito sociale, come esami di teoria per la patente di guida e altre situazioni assimilabili.

di Gabriella Meroni

Il taglio ai fondi sociali scuote le associazioni: “Atto gravissimo”

da Redattore sociale 06 marzo 2017
Il taglio ai fondi sociali scuote le associazioni: “Atto gravissimo”

Il Fondo per le politiche sociali passa da 313 a 99 milioni e quello per la non autosufficienza da 500 a 450 milioni. Forum: pesanti conseguenze per cittadini e famiglie. Fand: politiche sociali umiliate. Comitato 16 novembre: governo e regioni hanno giocato con la disabilità gravissima

Roma – “Un atto gravissimo – peraltro deciso senza coinvolgere il  Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – che avrebbe pesanti conseguenze per i cittadini e le famiglie che si trovano in condizioni di forte disagio e che quindi hanno più bisogno del sostegno delle istituzioni. La spesa sociale italiana necessiterebbe di maggiori investimenti per rafforzare le misure di inclusione sociale delle persone svantaggiate, non certo di tagli che minacciano la realizzazione di servizi sociali di base e rappresentano inaccettabili passi indietro”. Il Forum nazionale del terzo settore commenta così la notizia del taglio al Fondo nazionale per le Politiche sociali (da 313 a 99 milioni) e del Fondo non autosufficienza (da 500 a 450 milioni), legato all’esigenza delle regioni di elidere alcuni capitoli di spesa in modo da raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica, che prevedono un ridimensionamento delle spese a livello di bilancio statale e regionale. Riduzione di fatto confermata dal sottosegretario al Lavoro e Politiche sociali, Luigi Bobba, che rispondendo in Commissione Affari sociali ad una interrogazione sul tema della deputata Pd Lenzi ha confermato che l’ipotesi è in campo, sottolineando che è in corso una trattativa fra le regioni e il Ministero dell’Economia.

Forum chiede “chiarimenti da parte del Governo sulle informazioni circolate, auspicando che si provveda a una loro repentina smentita: la grave situazione sociale del Paese non consente l’adozione di una misura così dannosa che porterebbe ad un ulteriore aggravamento della condizione delle persone più deboli e con più difficoltà”.
“La sforbiciata è prevista dall’intesa siglata la settimana scorsa tra Stato e Regioni sul contributo degli enti locali all’equilibrio di bilancio. – commenta la Fand – I risparmi imposti alle Regioni per contribuire all’equilibrio di bilancio andranno dunque ad incidere pesantemente sul Fondo non autosufficienze e sul Fondo per le politiche sociali. Il Fondo destinato al sostegno delle persone non autosufficienti scende quindi al livello cui era stato portato con l’ultima legge di Bilancio, perdendo i 50 milioni aggiuntivi promessi lo scorso novembre dal Ministro del lavoro Giuliano Poletti ai malati di Sla e sbloccati solo il 22 febbraio (l’incremento era stato inserito nel dl Sud)”. Ancora peggio per il Fondo politiche sociali, “che ne esce decimato, perdendo 211 sui 311,58 milioni stanziati nell’ottobre 2016”. “Si tratta di soldi che servono a finanziare, per esempio, gli asili nido, le misure di sostegno al reddito per le famiglie più povere (nel frattempo l’approvazione al Senato della legge per il contrasto alla povertà è stata rinviata alla prossima settimana), l’assistenza domiciliare e i centri antiviolenza”.

“Il fatto è di una gravità inaudita e quel che ancor più sconcerta – afferma il presidente Franco Bettoni – è il fatto che la Fand che, in questi mesi, ha partecipato ad incontri e confronti con il Ministro del Lavoro proprio per arrivare ad un aumento del Fondo per la non Autosufficienza, non abbia ricevuto alcuna informativa al riguardo e ne sia venuta a conoscenza per altri canali; questo atteggiamento certamente non giova ed anzi mette in discussione la qualità dei rapporti fino ad oggi intercorsi con gli organismi istituzionali. Mi sento comunque in dovere di rimarcare l’assoluta buona fede e correttezza del Ministro Poletti che a dicembre ha mantenuto la parola data, spendendosi personalmente per l’aumento del Fondo per la non Autosufficienza, fondo che oggi tuttavia è stato ridotto per scelte certamente non sue, poiché artefici della manovra risultano viceversa essere gli assessori al bilancio ed i presidenti delle Regioni ed il MEF”. “È evidente che con questi tagli, le politiche sociali del nostro paese ne escono  pesantemente umiliate: queste politiche sono sbagliate e inopportune, e non solo feriscono le persone più vulnerabili, negando diritti ed inclusione sociale, ma paralizzano il nostro Paese. È puro autolesionismo tagliare la spesa per le politiche sociali e sanitarie anziché utilizzarla come un formidabile investimento per creare sviluppo, innovazione e buona occupazione” La Fand annuncia che sta “valutando tutte le possibili iniziative per contrastare questa grave scelta politica, sia chiedendo un confronto diretto con il Presidente del Consiglio dei Ministri e con il Ministro dell’economia, sia organizzando, se del caso, una ampia mobilitazione del mondo della disabilità, oggi così pesantemente colpito”.

Sul suo blog il Comitato 16 novembre, che rappresenta gli ammalati di Sla e di tutte le patologie altamente invalidanti che conducono alla totale non autosufficienza scrive: “Governo e Regioni hanno giocato con la disabilità gravissima. Ricordiamo infatti che il Governo aveva mantenuto la promessa fatta al mondo della disabilità il 30 novembre 2016, a seguito dell’ennesimo presidio organizzato dal Comitato 16 novembre, stanziando effettivamente 500 milioni di euro nel 2017 ma, solo pochi mesi dopo, d’intesa con le Regioni, ha deciso di tagliare questi 50 milioni in più”. Ma ”come si può pensare di far partire un Piano per la non autosufficienza senza le risorse necessarie? – si chiede il comitato -. Come si pensa di pagare prestazioni e servizi che rientrerebbero nei livelli minimi di assistenza? Per capire meglio la portata dell’insufficienza delle risorse ricordiamo, a Governo e Regioni, che nel 2010 per 5000 ammalati di Sla e malattie similari furono stanziati 100 milioni di euro. Oggi parliamo di una platea di beneficiari allargata all’ennesima potenza, centinaia di migliaia di persone cui dare assistenza con una quota parte del 40% del Fondo non autosufficienza, ovvero 180 milioni di euro. Praticamente impossibile!”.  Anche per tale motivo “solo nelle more del reperimento di ulteriori fondi e al solo scopo di uscire da una situazione disperata e di emergenza, il Comitato 16 novembre chiede nuovamente al Governo, così come ha già fatto in occasione del Tavolo nazionale sulla non autosufficienza del 14 febbraio scorso, che la quota parte del Fondo nazionale destinata alle persone con disabilità gravissime, venga elevata dal 40% al 60% e, al tempo stesso, il Comitato 16 novembre, invita le altre organizzazioni presenti al Tavolo nazionale, dai sindacati alle associazioni, a fare fronte comune su questa richiesta. Nel frattempo chiediamo con forza al Governo di ripristinare immediatamente il Fondo a 500 milioni per restituire ai disabili gravissimi quella dignità che resta un diritto fondamentale e, a se stesso, un minimo di credibilità”. Senza risposte soddisfacenti il Comitato annuncia “fin da ora forme di protesta a tutti i livelli”.

Irrinunciabile smartphone. “Ma i divieti non servono”

da Repubblica 

Irrinunciabile smartphone. “Ma i divieti non servono”

È proibito (con deroghe) nelle aule italiane. Tra sequestri, denunce e polemiche Pochi ragazzi ne fanno a meno. L’esperto: “Rafforza la dipendenza dai genitori”

di ELENA DUSI

ROMA. Verso il futuro a testa bassa. Occhi in giù, mani sotto al banco, dita che saltellano fra i tasti del telefono mentre il professore spiega. Diversi paesi, Italia inclusa, cercano di arginare il fenomeno vietando i cellulari a scuola. E anche il candidato presidente francese Emmanuel Macron ieri ha annunciato di voler bandire l’uso dei telefonini fino al collège (a 15 anni). Il divieto è già previsto dal Code de l’éducation. Ma Macron ha scelto di ribadirlo in un mondo che sta andando in realtà in direzione opposta. New York nel 2015 ha cancellato il veto per la pressione dei genitori, troppo in ansia senza contatti continui con i figli. E la proibizione che vige in Italia dal 2007 è stata in parte superata dal Piano nazionale per la scuola digitale. Il testo del 2015 non ha rango di legge, ma con quel suo definire “troppo drastico” il divieto del 2007, finisce di fatto con l’autorizzarne le deroghe.

Il risultato è che oggi in Italia ogni scuola può scegliere se ammettere o no telefonini e tablet (ovviamente solo per scopi didattici). Secondo i dati del Ministero dell’Istruzione, il 70% dei 33mila edifici scolastici è connesso via cavo o wireless. Rita Marchignoli, maestra e “animatrice digitale” di una scuola primaria a Fidenza, con i suoi alunni di 7 anni usa i tablet per fare lezione. “Mi trovo bene. Loro partecipano con interesse. Così riesco a coinvolgere anche chi non parla bene la lingua o è disabile”. E Ilenia Melli, che insegna matematica alle secondarie di primo grado di Rubiera, in provincia di Reggio Emilia, ha presentato ai suoi ragazzi un quiz cui bisognava rispondere con un’app sul cellulare. “Si sono divertiti. Da allora sono loro a preparare un test ogni settimana”.

Ma poi c’è l’altro lato della medaglia. “A scuola? Il cellulare lo uso sempre. Sono stata rimproverata e mi hanno sequestrato il telefono, ma è più forte di me e non posso trattenermi dal rispondere a un messaggio” racconta una ragazza 15enne intervistata nel rapporto “Net Children Go Mobile”, coordinato da Giovanna Mascheroni dell’Università Cattolica di Milano. Alla domanda su quanto tempo passi con il telefono in mano, la ragazza risponde: “Sempre”.

Una ricerca della London School of Economics nel 2015 ha calcolato che alla maturità, nelle scuole dove il cellulare è vietato, i ragazzi ottengono voti del 6,4% più alti. Ma quando in Italia i professori hanno deciso di adottare l'”approccio drastico” della legge, a finire nei guai sono stati loro. È successo a Forlì nel 2014, quando un insegnante ha sequestrato il cellulare a un ragazzo che guardava foto porno e si è visto arrivare a scuola il giorno dopo la madre insieme a un avvocato. O a gennaio di quest’anno, quando un 18enne di Treviso ha denunciato la scuola per sequestro illegittimo e abuso di potere.

Sul fatto che i divieti non servano sono d’accordo Pier Cesare Rivoltella, che alla Cattolica insegna Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento, e Giorgio Tamburlini, pediatra e presidente del Centro per la Salute del Bambino di Trieste. Ma mentre il primo sostiene che il cellulare “va fatto usare, affinché venga naturalizzato nelle pratiche scolastiche quotidiane”, il pediatra mette in guardia (proprio nel giorno in cui il Centro ha presentato a Trieste, insieme al Garante della Privacy, la ricerca “Uso delle tecnologie digitali nei primi anni di vita”): “Il telefonino sempre in mano rafforza la dipendenza fra figli e genitori. Ed è ormai evidente che ostacola lettura profonda e uso critico delle nozioni”

Global Teacher Prize, Italia partner del premio da un milione di dollari: a breve il vincitore

da La Tecnica della Scuola

Global Teacher Prize, Italia partner del premio da un milione di dollari: a breve il vincitore

Per la prima volta il Forum mondiale per l’istruzione e le competenze (Global Education & Skills Forum – Gesf) avrà un Paese partner: sarà l’Italia ad avere questo ruolo.

L’annuncio ufficiale è arrivato il 5 marzo, a due settimane dal Forum, giunto alla sua quinta edizione, che si svolgerà a Dubai il 18 e 19 marzo, dove si svolgerà la proclamazione del vincitore del Global Teacher Prize 2017, dal valore di un milione di dollari.

L’Italia sarà rappresentata da un insegnante di Bergamo: sarà Armando Persico – ex commercialista che insegna dal 1996 – fra i 50 finalisti a Dubai e a fare da Ambasciatore dei docenti italiani.

Definito comunemente “il Davos dell’istruzione”, il Forum, patrocinato dallo sceicco Mohammed Bin Rashid Al Maktoum, vicepresidente e primo ministro degli Emirati Arabi Uniti, nonché emiro di Dubai, avrà al centro il tema “Come creare veri cittadini del mondo“.

“Il Gesf 2017 sarà un’importante opportunità – ha dichiarato la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli – per raccogliere le opinioni e le sollecitazioni dei rappresentanti di molte istituzioni di tutto il mondo sull’istruzione e per lanciare, davanti a un pubblico d’eccezione, il nostro programma di educazione alla cittadinanza globale. Inoltre questo evento rappresenterà un trampolino di lancio per gli incontri e gli eventi nel campo della sostenibilità sociale, della riduzione delle disuguaglianze, dell’innovazione e delle competenze che si svolgeranno nel corso dell’anno sotto la presidenza italiana del G7″.

Per celebrare la collaborazione, nell’ambito del Gesf l’Italia sarà anche protagonista di un evento speciale, una “Italy night”, nel quale sarà messo in risalto il meglio della cultura italiana nell’ottica della cittadinanza globale.

Sunny Varkey, fondatore della Varkey Foundation, la fondazione con sede a Londra promotrice del Forum e del Premio Mondiale dell’insegnamento, ha spiegato la scelta dell’Italia come partner: “Durante tutta la sua ricca storia, l’Italia ha donato al mondo la sua cultura, il suo sapere e la sua ricerca intellettuale. Ed è proprio per proseguire la sua tradizionale apertura verso l’esterno che il Paese ha adesso collocato l’educazione alla cittadinanza mondiale al centro della propria agenda politica. Siamo lieti e onorati di darle il benvenuto in qualità di partner del Gesf 2017. Gli italiani sono consapevoli che l’istruzione è la chiave per una società più giusta, pacifica e inclusiva”.

Tra i principali relatori che guideranno le sessioni del Gesf 2017 vi sono Sadhguru, un autore e poeta di successo, yogi e mistico, Julia Gillard, il ventisettesimo primo ministro australiano, Thomas Friedman, editorialista del NY Times e autore vincitore del Premio Pulitzer, Irina Bokova, direttore generale dell’Unesco, Andreas Schleicher, direttore della Direzione per l’istruzione e le competenze dell’Ocse, Tariq Al Gurg, amministratore delegato di Dubai Cares e Jim Ryan, undicesimo preside della facoltà di scienze della formazione dell’Università di Harvard.

Delega sostegno: continuano le proteste, Rete movimenti aderisce a sciopero 17

da La Tecnica della Scuola

Delega sostegno: continuano le proteste, Rete movimenti aderisce a sciopero 17

Sull’incontro svoltosi qualche giorno fa con la ministra Fedeli sullo schema di decreto in materia di sostegno e inclusione il giudizio della “Rete dei 65 movimenti” è del tutto negativo. Il comunicato diramato poche ore fa non lascia spazio ad equivoci.
“Siamo davanti ad un governo che ha dimostrato una totale inadeguatezza nel gestire una materia delicatissima come quella dei minori disabili – si legge nel comunicato – assumendosi una grave responsabilità politica. Per questo motivo la delegazione della rete si è resa disponibile a lavorare ad un nuovo testo a condizione che quello attuale venga ritirato”.
La Rete, che in realtà consta oggi di 103 movimenti, tra cui associazioni per la disabilità e per la scuola, gruppi, comitati, genitori e studenti ribadisce la propria richiesta di ritiro del provvedimento anche se nel corso dell’incontro la Ministra è stata chiara: il Governo attende che le Commissioni di Camera e Senato esprimano il proprio parere per poter emanare il decreto definitivo.
“Il dialogo non è mai esistito – accusano i movimenti della Rete – e i provvedimenti sono il frutto di un lavoro svolto esclusivamente da parte di uno staff tecnico, la cui componente politica non si è mai voluta confrontare con il mondo associativo rappresentativo delle persone con disabilità e delle loro famiglie, né con il mondo associativo rappresentativo dei lavoratori del comparto scuola”.
Per la verità dal 19 gennaio, quando è iniziato il percorso parlamentare degli 8 schemi di decreto, le Commissioni hanno svolto più di 70 audizioni ascoltando sindacati, associazioni e altri organismi, ma la Rete ha preferito non presentarsi e ha parlato di “audizioni farsa”.
Nel merito della questione va segnalato che nel corso dell’incontro con la Ministra, i tecnici del Miur hanno garantito che ci saranno alcune modifiche al testo depositato in Parlamento.
Modifiche che la stessa Rete riassume nel proprio comunicato:  “Permane il limite di 20 alunni per classe in presenza di alunni disabili; fortunatamente viene reintrodotta la possibilità agli alunni con disabilità di conseguire il diploma di licenza media sostenendo prove differenziate e cancellato il concetto di equipollenza; viene garantito l’inserimento della componente famiglia in seno al comitato di valutazione, sebbene non sia chiaro a quale livello e con quale ruolo; il personale ATA verrebbe chiamato ad esplicare un servizio di assistenza di base agli alunni con disabilità e non in sostituzione degli assistenti igienico personali, senza però che sia stato chiarito cosa si intenda per ‘assistenza di base’; infine il Miur ha ben compreso che i posti in deroga sul sostegno contribuiscono all’allontanamento dell’obiettivo della continuità didattica, scaricando la responsabilita al MEF non disponibile a mettere a bilancio la trasformazione di tali posti in organico di diritto. Su questo ultimo punto però potrebbero esserci delle aperture”.
La Rete dei 65 movimenti chiede quindi che “le forze politiche e sindacali che non si sono ancora pronunciate o che dissentono da una riforma peggiorativa, aderiscano alla rete dei 65 movimenti facendo pervenire una loro posizione netta”.
Per intanto, la Rete dichiara di aderire allo sciopero del 17 marzo proclamato da Cobas, Unicobas, Usb, Anief e Federata e annuncia che intende continuare la mobilitazione attraverso nuove iniziative di sensibilizzazione e di lotta.

Tornano gli scioperi: lezioni a rischio 8 e 17 marzo

da La Tecnica della Scuola

Tornano gli scioperi: lezioni a rischio 8 e 17 marzo

Dopo la “tregua” invernale, tornano gli scioperi nelle scuole pubbliche: il primo stop si svolgerà nel giorno della festa internazionale della donna, l’8 marzo.

Per la scuola ha aderito solo un grande sindacato: la Flc-Cgil, come annunciato in anteprima dalla Tecnica della Scuola il 22 febbraio scorso.

Sarà uno sciopero particolare. Prima di tutto perché non ha dato l’adesione alla giornata di possibile fermo del lavoro, la confederazione guidata da Susanna Camusso, la quale ha detto che ogni comparto si regolerà come crede meglio (nella PA ha aderito, assieme ai lavoratori della Conoscenza, solo il comparto dei Beni Culturali). Poi ci saranno le altre “sigle”: Usi, Slai Cobas, Cobas, Confederazione dei Comitati di Base, Usb, Sial Cobas, Usi-Ait, Usb, Sgb.

In secondo luogo, perchè si tratterà di una protesta “globale”, di stampo principalmente “femminista”, a cui hanno aderito 40 Paesi del mondo e anche la Women’s March di Washington.

La coincidenza con la Giornata internazionale della donna non è casuale: l’idea è stata avviata in Argentina alcuni anni fa, per poi allargarsi a macchia d’olio. A lanciarla furono le donne di Rosario, parlando anche di sciopero “produttivo e riproduttivo”, per dimostrare che se le donne si fermano, si ferma anche il mondo.

Ogni donna lavoratrice deciderà come aderire. Senza condizionamenti: lo farà partecipando ad assemblee, dibattiti, cortei, flash mob, conferenze e letture in piazza.

Dopo nemmeno 10 giorni, è stato indetto un nuovo sciopero: si svolgerà venerdì 17 marzo.

Stavolta, però, specifico per la Scuola: la protesta è stata indetta dai sindacati di base e da diverse altre sigle, da Cobas e Unicobas fino a Usb, Anief e FederAta: l’obiettivo è dire no, principalmente, ai decreti delegati della Legge 107/15, che proprio entro quel giorno torneranno nelle “mani” del Governo per l’approvazione definitiva e le modifiche chieste da alcuni organismi istituzionali, in particolari le commissioni parlamentari che in queste ultime settimane hanno audito un alto numero di associazioni, movimenti e sindacati di categoria.

 

Digitalizzazione, ecco perché è un’occasione da non perdere

da Tuttoscuola

Digitalizzazione, ecco perché è un’occasione da non perdere

È un dato di fatto che negli ultimi anni (e lo sarà ancora di più nei prossimi) la nostra vita quotidiana è cambiata a causa (o grazie) all’utilizzo di nuove modalità di comunicazione con i nostri interlocutori sociali. Sono modalità – non sempre facilmente assimilabili – da cui emerge la sempre maggiore importanza del fattore tecnologico per uno sviluppo incisivo della società. Qui si può subito notare il ritardo complessivo con cui si confronta l’Italia in questo ambito rispetto alla maggior parte dell’Europa.

E’ un ritardo dovuto a diversi fattori. Il primo è l’ancora scarsa conoscenza degli strumenti tecnologici da parte di una buona fetta di cittadini. Una carenza questa che è dovuta anche a una diffidenza nativa verso ciò che in ogni caso ha riflessi importanti sullo svolgersi della vita quotidiana. Il secondo deriva dalla constatazione della dispersione e della disomogeneità degli stimoli digitali proposti al cittadino che si ritrova spesso smarrito nella loro gestione, traendo l’impressione che il decantato snellimento burocratico sia in effetti soprattutto un affastellarsi di richieste – certo di impronta digitale – del tutto slegate tra loro.

Manca insomma un’incisività adeguata alla rivoluzione digitale, al di là di una diffusa generosità di intenti e di casi particolari di eccellenza. Tra questi ultimi vanno annoverati, secondo autorevoli indagini europee, la digitalizzazione del registro delle imprese e dei rapporti con il fisco nonché l’approvvigionamento elettronico (e-procurement). Di fronte a tale situazione, da tempo sono in essere le politiche strategiche italiane di attuazione della digitalizzazione, nelle quali si valorizzano tra l’altro le necessarie sinergie tra il livello centrale, regionale e le Province autonome di Trento e Bolzano. Il tutto naturalmente in piena consonanza con gli obiettivi di crescita fissati dall’Unione Europea per il cui raggiungimento è fissata la scadenza (ravvicinata) del 2020. In tale contesto non sfugge l’importanza assunta dall’istituzione scolastica sia quale snodo fondamentale della Pubblica Amministrazione che per il suo compito precipuo di formare cittadini coscienti di esserlo e dunque in grado di collaborare efficacemente allo sviluppo sociale del Paese.

Una buona informazione/formazione digitale dà inoltre respiro a un’economia oggi in difficoltà anche per la carenza di lavoratori che possiedano competenze sufficienti in tale ambito. Secondo alcuni studi, a breve potrebbero ammontare ad alcune centinaia di migliaia i posti di lavoro pericolanti per insufficienza di personale adeguato (e dunque, nel nostro caso, “informatizzati”).

Cosa ci si aspetta concretamente dalla scuola? Senza dubbio di prendere consapevolmente parte all’ampio processo innovativo di sviluppo delle infrastrutture tecnologi- che nonché di digitalizzazione della gestione documentale (dematerializzazione) e dei procedimenti amministrativi che ha investito e investe oggi la pubblica amministrazione (e, dunque, anche l’amministrazione delle istituzioni scolastiche). Il che consiste, in buona sostanza, nel perseguire la graduale eliminazione dei meri adempimenti, semplificando i processi e i servizi essenziali e consentendo così risparmi di tempo e di costi per i cittadini. Oltre che nell’erogare servizi efficaci e non solo efficienti, che rendano appetibile e consigliabile il ricorso alle nuove tecnologie.

Nel contesto specificatamente educativo e didattico, ci si attende – per la creazione di una mentalità ben predisposta all’utilizzo consapevole e intelligente dell’informatica nella quotidianità – il potenziamento dei percorsi formativi tecnologici, della lingua inglese e dell’alternanza scuola lavoro. Così da favorire poi l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, ineluttabilmente proteso verso una maggiore informatizzazione anche per ragioni di concorrenza sul mercato non solo italiano, ma europeo e mondiale.

Ruolo fondamentale nel pro- cesso sopra descritto potrà essere svolto dallo sviluppo di un solido sistema di formazione continua, finalizzato alla riqualificazione della popolazione attiva e dei lavoratori. A tale scopo risultano anche idonei i Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (CPIA), tra i cui compiti ritroviamo quelli dell’alfabetizzazione informatica, linguistica e – con un progetto di recente lanciato dal Miur – anche dell’educazione finanziaria.

Naturalmente per realizzare il rinnovamento dei processi e dei servizi occorre formare (e valorizzare) il personale ausiliario, tecnico, amministrativo e DSGA delle istituzioni scolastiche; così come per formare gli alunni occorre prima formare i docenti. Ben vengano, pertanto, le sistematiche iniziative di formazione poste in campo dal MIUR su entrambi i fronti, che hanno visto assegnare cospicui finanziamenti dapprima al Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD), successivamente al Piano nazionale per la formazione dei docenti 2016-2019 (comunicato il 3 ottobre 2016) e, di recente, al Piano di formazione per il personale ATA per il 2016-2017 (cfr. circolare del MIUR n. 40587 del 22 dicembre 2016).

Negli ultimi due casi, l’organizzazione delle attività formative è affidata alle scuole-polo per la formazione di ciascuna rete di ambito, che opereranno in collaborazione con gli staff regionali e sulla base di una preliminare rilevazione del fabbisogno formativo. Di conseguenza, si può pensare che la formazione erogata sarà aderente agli effettivi bisogni formativi del personale della scuola e delle istituzioni scolastiche, dunque, contribuirà a quello sviluppo oggi necessario di una mentalità ben predisposta all’utilizzo dell’informatica nella vita. In conclusione, è opportuno segnalare che se da una parte diviene essenziale per rimanere al passo con i tempi suscitare un atteggiamento psicologico di fiducia nella digitalizzazione, dall’altra è indispensabile che ciò avvenga attraverso l’indicazione chiara dei benefici per l’individuo e la società, identificando con altrettanta chiarezza i rischi da evitare. Tanto per non dimenticare il ruolo educativo che la scuola tuttora esercita.

Paola Senesi

Nota 6 marzo 2017, AOODGPER 9684

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione
Direzione generale per il personale scolastico

Ai Direttori Generali degli USR
p.c. Al Capo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione

Nota 6 marzo 2017, AOODGPER 9684

Oggetto: Documento di lavoro per lo sviluppo del Piano di formazione docenti 2016-2019. Questioni operative.

Giornata Europea dei Giusti

La Giornata europea dei Giusti (European day of the Righteous) è celebrata ogni anno il 6 marzo, anniversario della morte di Moshe Bejski, per commemorare coloro che si sono opposti ai genocidi ed ai totalitarismi.


Giornata Europea dei Giusti, Fedeli: “Celebrazione importante
mette al centro responsabilità, tolleranza, solidarietà”

‘I Giusti del dialogo: l’incontro delle diversità per superare l’odio’ è il tema scelto quest’anno per la Giornata europea dei Giusti che si celebra oggi in oltre cinquanta città italiane e nel mondo. La Giornata è stata istituita dal Parlamento Europeo su proposta di Gariwo (l’acronimo di Gardens of the Righteous Worldwide) nel 2012.

“La Giornata Europea dei Giusti è una celebrazione di grande valore, perché sottolinea  l’importanza della responsabilità, della tolleranza, della solidarietà e ci ricorda l’insegnamento scritto nel Talmud: Chi salva una vita salva il mondo intero” sottolinea la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli.

“Che lottino contro i fondamentalismi, la pulizia etnica, i genocidi o che vengano in soccorso di quanti tentano di lasciare i propri Paesi dilaniati dalle guerre, i Giusti sono al contempo la spina nel fianco dei prepotenti e la parte migliore dell’umanità – sottolinea Fedeli-. Sono donne e uomini che scelgono di mettere a repentaglio la propria vita, il proprio status e il proprio benessere per una causa più alta, la salvezza di altri esseri umani”.

Le celebrazioni della Giornata andranno avanti anche nei prossimi giorni con un fitto programma di eventi. In particolare, la Ministra Fedeli parteciperà alla cerimonia di piantumazione di alcuni ciliegi commemorativi, il prossimo 15 marzo, presso il Giardino dei Giusti di Milano sul Monte Stella, insieme al Sindaco di Milano, Giuseppe Sala; al Presidente del Consiglio Comunale di Milano, Lamberto Bertolé; a Gabriele Nissim; al Vicepresidente dell’UCEI Giorgio Mortara; a Piotr Jakubowski, rappresentante del Giardino dei Giusti di Varsavia; al portavoce di Amnesty International Italia in rappresentanza di Raif Badawi, Riccardo Noury; al Direttore del Centro di Ricerche Etty Hillesum, Klaas Smelik, e al ciclista della memoria Giovanni Bloisi. Quest’anno i ciliegi saranno piantati per ricordare Etty Hillesum, la giovane ebrea olandese morta ad Auschwitz che rifiutò la logica dell’odio verso i tedeschi nonostante la persecuzione; Lassana Bathily, il musulmano che ha nascosto gli ebrei nell’Hyper Cacher di Parigi nell’attentato del 2015; Raif Badawi, blogger saudita simbolo della lotta per una società libera dal fondamentalismo e Pinar Selek, la scrittrice turca costretta all’esilio per aver difeso i diritti delle minoranze.

La cerimonia sul Monte Stella sarà il culmine delle celebrazioni italiane che si aprono oggi con l’inaugurazione del Giardino Virtuale dei Giusti, presso la Sala Alessi di Palazzo Marino.

Programma Operativo Nazionale – Integrazione all’autorizzazione dei progetti Avviso 6076 del 04 aprile 2016

Programma Operativo Nazionale – Integrazione all’autorizzazione dei progetti Avviso 6076 del 04 aprile 2016 per le istituzioni scolastiche individuate come “Snodi Formativi Territoriali”

Integrazione all’autorizzazione dei progetti del 06 marzo 2017

Decreto Legislativo 6 marzo 2017, n. 40

Decreto Legislativo 6 marzo 2017, n. 40

Istituzione e disciplina del servizio civile universale, a norma dell’articolo 8 della legge 6 giugno 2016, n. 106. (17G00053)

(GU n.78 del 3-4-2017 )

Capo I

Definizioni e finalita’

 
 
 
                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 
 
  Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione; 
  Visto l'articolo 1, comma 2, della legge 6  giugno  2016,  n.  106,
recante  «Delega  al  Governo  per  la  riforma  del  terzo  settore,
dell'impresa  sociale  e  per  la  disciplina  del  servizio   civile
universale», che conferisce al Governo la delega ad adottare  decreti
legislativi per la revisione della disciplina in materia di  servizio
civile nazionale, individuando le relative procedure; 
  Visto l'articolo 8 della citata legge n. 106 del 2016 che individua
i principi e criteri direttivi nel rispetto  dei  quali  deve  essere
esercitata la delega; 
  Vista la legge 8 luglio  1998,  n.  230  recante  «Nuove  norme  in
materia di obiezione di coscienza» e successive modificazioni; 
  Vista la legge 6 marzo 2001, n. 64,  concernente  «Istituzione  del
servizio civile nazionale» e successive modificazioni; 
  Vista la preliminare  deliberazione  del  Consiglio  dei  ministri,
adottata nella riunione del 9 novembre 2016; 
  Sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8  del  decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281; 
  Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni  della  Camera  dei
deputati e del Senato della Repubblica; 
  Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri,  adottata  nella
riunione del 10 febbraio 2017; 
  Sulla proposta  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  di
concerto con il Ministro del lavoro e  delle  politiche  sociali,  il
Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale,  il
Ministro  dell'interno,  il  Ministro  della  difesa  e  il  Ministro
dell'economia e delle finanze; 
 
                                Emana 
                  il seguente decreto legislativo: 
 
                               Art. 1 
 
 
                       Oggetto e denominazioni 
 
  1. Il presente decreto, in attuazione  della  delega  disposta  con
l'articolo 1 della legge 6 giugno 2016, n. 106, detta  norme  per  la
revisione della disciplina in materia di servizio  civile  nazionale,
nel  rispetto  dei   principi   e   criteri   direttivi   individuati
dall'articolo 8 della medesima legge. 
  2. Nel presente decreto sono denominati: 
  a) «Piano triennale»:  strumento  di  programmazione  del  servizio
civile universale che si attua  per  piani  annuali,  articolati  per
programmi di intervento; 
  b) «Piano annuale»: strumento che individua, sulla base  del  Piano
triennale, i programmi di intervento del servizio  civile  universale
prioritari per l'Italia e per l'estero; 
  c) «Settore»: ambito di intervento in cui si realizza  il  servizio
civile universale; 
  d)  «Programma  di  intervento»:  documento  proposto  dagli   enti
iscritti  all'albo  degli  enti  di   servizio   civile   universale,
contenente  un  insieme  organico  di  progetti  di  servizio  civile
universale coordinati tra loro e finalizzati ad intervenire in uno  o
piu' settori, anche aventi ad oggetto specifiche aree territoriali; 
  e) «Progetto di servizio civile universale»:  elaborato  contenente
modalita', tempi e risorse per la realizzazione  delle  attivita'  di
servizio civile universale; 
  f) «Sede di attuazione»: articolazione organizzativa  dell'ente  di
servizio civile universale  nella  quale  si  svolgono  le  attivita'
previste nel progetto ovvero  articolazione  organizzativa  di  altri
enti, pubblici o privati, legati da  specifici  accordi  all'ente  di
servizio civile universale; 
  g) «Ente  di  servizio  civile  universale»:  soggetto  pubblico  o
privato iscritto all'albo degli enti di servizio civile universale; 
  h) «Consulta nazionale per il servizio civile  universale»:  organo
consultivo della competente struttura della Presidenza del  Consiglio
dei ministri in ordine alle questioni  concernenti  l'attuazione  del
servizio civile universale; 
  i)  «Operatore  volontario   del   servizio   civile   universale»:
volontario  impegnato  nella  realizzazione   del   servizio   civile
universale in Italia o all'estero; 
  l)  «Rappresentanza   degli   operatori   volontari»:   organo   di
rappresentanza  degli  operatori  volontari,  articolato  a   livello
nazionale e a livello regionale; 
  m) «Fondo nazionale per il servizio civile»: fondo istituito  dalla
legge 8 luglio 1998, n. 230, nel quale affluiscono le risorse di  cui
all'articolo 11 della legge 6 marzo 2001, n. 64  nonche'  le  risorse
comunitarie per il finanziamento degli interventi di servizio  civile
universale. 
                               Art. 2 
 
 
       Istituzione del servizio civile universale e finalita' 
 
  1. E' istituito il servizio civile universale finalizzato, ai sensi
degli articoli 52, primo comma e 11 della Costituzione,  alla  difesa
non armata e nonviolenta della Patria, all'educazione, alla pace  tra
i  popoli,  nonche'  alla  promozione  dei  valori  fondativi   della
Repubblica, anche con riferimento agli articoli 2 e 4, secondo comma,
della Costituzione. 
                               Art. 3 
 
 
                        Settori di intervento 
 
  1. I settori di intervento nei quali si realizzano le finalita' del
servizio civile universale di cui all'articolo 2 sono i seguenti: 
  a) assistenza; 
  b) protezione civile; 
  c) patrimonio ambientale e riqualificazione urbana; 
  d) patrimonio storico, artistico e culturale; 
  e) educazione e promozione culturale e dello sport; 
  f)  agricoltura  in  zona  di  montagna,  agricoltura   sociale   e
biodiversita'; 
  g) promozione della pace tra i popoli, della  nonviolenza  e  della
difesa  non  armata;  promozione  e   tutela   dei   diritti   umani;
cooperazione  allo  sviluppo;  promozione  della   cultura   italiana
all'estero e sostegno alle comunita' di italiani all'estero. 

Capo II

Programmazione e attuazione del servizio civile universale

                               Art. 4 
 
 
                           Programmazione 
 
  1. La programmazione del servizio civile universale  e'  realizzata
con un  Piano  triennale,  modulato  per  Piani  annuali  ed  attuato
mediante programmi di intervento, proposti  dagli  enti  di  servizio
civile  universale  nell'ambito  di  uno  o  piu'  settori   di   cui
all'articolo 3. 
  2. Il Piano triennale e i Piani annuali tengono conto del  contesto
nazionale e internazionale e delle specifiche aree  geografiche,  ivi
comprese quelle estere, nonche'  delle  risorse  del  bilancio  dello
Stato, di quelle comunitarie e di altre risorse destinate al servizio
civile universale, rese disponibili da soggetti pubblici o privati. 
  3. Il Piano triennale e i Piani annuali,  in  relazione  a  ciascun
anno, contengono: 
  a) la definizione degli obiettivi e  degli  indirizzi  generali  in
materia di servizio civile universale, anche al fine di  favorire  la
partecipazione dei giovani con minori opportunita'; 
  b) la programmazione degli interventi in materia di servizio civile
universale,  per  l'Italia  e  per  l'estero,   anche   a   carattere
sperimentale, e l'individuazione di quelli ritenuti prioritari; 
  c) l'individuazione degli standard qualitativi degli interventi. 
  4. Il Piano triennale ed i Piani  annuali  sono  predisposti  dalla
Presidenza del Consiglio  dei  ministri  sentite  le  amministrazioni
competenti per i settori previsti dall'articolo 3 e le regioni e sono
approvati con decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
previo  parere  della  Consulta  nazionale  per  il  servizio  civile
universale e della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. 
                               Art. 5 
 
 
                       Programmi di intervento 
 
  1. I programmi di intervento possono riguardare uno o piu'  settori
di cui all'articolo  3,  anche  aventi  ad  oggetto  specifiche  aree
territoriali, e si articolano in progetti. 
  2. I progetti  indicano  le  azioni,  con  riferimento  ai  settori
inseriti  nel  relativo   programma   di   intervento;   gli   ambiti
territoriali, ivi  comprese  le  sedi  di  attuazione  come  definite
nell'articolo  1,  comma  2,  lettera  f);  il  numero  di  operatori
volontari e la loro distribuzione nelle predette sedi di  attuazione;
il personale dell'ente coinvolto nello svolgimento  delle  attivita',
in relazione alla tipologia e alla dimensione dei progetti. 
  3. Le sedi di attuazione devono essere rispondenti ai requisiti  di
sicurezza, ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2008,  n.  81  e
successive  modificazioni,  nonche'  funzionali  all'attuazione   del
progetto,  dotate  dei  servizi  essenziali  e  di  adeguate  risorse
tecnologiche e strumentali. 
  4.  Le  attivita'  di  servizio  civile  universale,  previste  dal
progetto e svolte dagli operatori volontari, sono realizzate  con  il
coinvolgimento di personale dell'ente in possesso di idonei titoli di
studio, o di qualificata esperienza nelle relative  funzioni,  ovvero
che abbia effettuato specifici corsi di formazione. 
  5. I programmi di intervento sono presentati da  soggetti  iscritti
all'albo  degli  enti   di   servizio   civile   universale,   previa
pubblicazione di un avviso pubblico, e  sono  valutati  ed  approvati
dalla Presidenza del Consiglio dei ministri,  con  il  coinvolgimento
delle  regioni  interessate  e  nei   limiti   della   programmazione
finanziaria prevista all'articolo 24. 
  6.  I  programmi  di  intervento  che  riguardano  specifiche  aree
territoriali di una singola regione o di piu' regioni limitrofe  sono
valutati ed approvati dalla Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri
d'intesa con le regioni interessate. 
  7. Fermo restando quanto previsto dal comma 6,  anche  i  programmi
che si realizzano in specifiche aree  territoriali,  come  le  citta'
metropolitane, sono approvati sulla  base  delle  priorita'  e  degli
obiettivi definiti dai Piani di cui all'articolo 4, comma 4. 
  8. Al fine di assicurare la riduzione dei tempi della procedura  di
valutazione, la trasparenza e  la  semplificazione,  i  programmi  di
intervento sono trasmessi alla Presidenza del Consiglio dei  ministri
esclusivamente in via telematica. Il  decreto  recante  l'elenco  dei
programmi approvati e' pubblicato sul sito istituzionale a cura della
Presidenza del Consiglio dei ministri. 
  9. Le amministrazioni pubbliche, gli enti locali,  gli  altri  enti
pubblici territoriali e gli enti del terzo settore possono realizzare
programmi di intervento di servizio civile universale,  al  di  fuori
della programmazione finanziaria di cui all'articolo 24, con  risorse
proprie presso i soggetti accreditati all'albo degli enti di servizio
civile universale, previa approvazione da parte della Presidenza  del
Consiglio dei ministri. 

Capo III

Soggetti del servizio civile universale

                               Art. 6 
 
 
                        Funzioni dello Stato 
 
  1. La programmazione, l'organizzazione e l'attuazione del  servizio
civile universale, nonche' l'accreditamento degli enti, le  attivita'
di controllo ed ogni ulteriore  adempimento  relativo  alle  funzioni
attribuite in  materia  di  servizio  civile  universale  allo  Stato
dall'articolo 8 della legge 6 giugno 2016, n. 106, sono svolte  dalla
Presidenza del Consiglio dei ministri senza nuovi e maggiori oneri  a
carico della finanza pubblica, nei limiti della  dotazione  organica,
di personale dirigenziale e non dirigenziale  vigente  alla  data  di
entrata in vigore del presente decreto. 
                               Art. 7 
 
 
             Funzioni delle regioni e province autonome 
 
  1. Le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano: 
  a) sono sentite dalla Presidenza del  Consiglio  dei  ministri,  ai
sensi dell'articolo 4, comma 4, nella  fase  di  predisposizione  del
Piano triennale e dei Piani annuali; esprimono il parere in  sede  di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
Province autonome di Trento e di Bolzano sul decreto  del  Presidente
del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 4, comma 4; 
  b) sono coinvolte nella valutazione  dei  programmi  di  intervento
approvati  dalla  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri,  con  le
modalita' previste all'articolo 5, commi 5, 6 e 7; 
  c) esprimono il parere in  sede  di  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento  e
di  Bolzano  sul  documento  di  programmazione  finanziaria  di  cui
all'articolo 24; 
  d) attuano programmi di  servizio  civile  universale  con  risorse
proprie presso i soggetti accreditati all'albo degli enti di servizio
civile universale, previa approvazione della Presidenza del Consiglio
dei ministri, consistente nella verifica del rispetto dei principi  e
delle finalita' del servizio civile universale  di  cui  al  presente
decreto. 
  2. Le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, previa
sottoscrizione di uno o piu' accordi con la Presidenza del  Consiglio
dei ministri, possono svolgere le seguenti funzioni: 
  a) formazione da erogare al personale degli enti di servizio civile
universale, anche avvalendosi di enti di servizio  civile  universale
dotati di una specifica professionalita'; 
  b) controllo sulla gestione delle attivita' svolte  dagli  enti  di
servizio civile  universale  nei  territori  di  ciascuna  regione  o
provincia autonoma; 
  c) valutazione dei risultati relativi agli interventi svolti  dagli
enti di servizio civile universale  e  realizzati  nei  territori  di
ciascuna regione o provincia autonoma o citta' metropolitana; 
  d) ispezioni presso gli enti  di  servizio  civile  universale  che
operano unicamente negli ambiti territoriali delle  regioni  e  delle
province  autonome,  finalizzate   alla   verifica   della   corretta
realizzazione degli interventi, nonche' del  regolare  impiego  degli
operatori di servizio civile universale. 
  3. Fino alla data della sottoscrizione  degli  accordi  di  cui  al
presente articolo, ovvero in caso  di  mancata  sottoscrizione  degli
stessi, la  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  provvede  allo
svolgimento delle attivita' previste al comma 2. 
  4. Resta ferma  la  possibilita'  per  le  regioni  e  le  Province
autonome di Trento e di Bolzano di istituire, nella  loro  autonomia,
un servizio civile regionale con finalita' proprie e non assimilabile
al servizio civile universale. 
                               Art. 8 
 
 
          Funzioni degli enti di servizio civile universale 
 
  1.  Gli  enti  di  servizio  civile   universale,   come   definiti
dall'articolo 1, comma 2,  lettera  g),  presentano  i  programmi  di
intervento; curano la realizzazione  degli  stessi;  provvedono  alla
selezione, alla  gestione  amministrativa  e  alla  formazione  degli
operatori volontari impegnati nel servizio civile universale; attuano
la formazione dei formatori; svolgono le attivita' di  comunicazione,
nonche'   quelle   propedeutiche   per   il   riconoscimento   e   la
valorizzazione delle competenze acquisite dagli  operatori  volontari
durante lo svolgimento del servizio civile universale. 
  2. Al fine di garantire una maggiore efficacia  ed  efficienza  dei
programmi   di   intervento   ed   assicurare    una    piu'    ampia
rappresentativita', gli enti di servizio  civile  universale  possono
costituire reti con altri soggetti pubblici e privati, ivi incluse le
reti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera p) della legge 6  giugno
2016, n. 106. 
  3.  Gli  enti  di  servizio   civile   universale   cooperano   per
l'efficiente gestione del servizio civile universale  e  la  corretta
realizzazione degli interventi. 
                               Art. 9 
 
 
              Compiti e ruolo degli operatori volontari 
                   del servizio civile universale 
 
  1. I giovani ammessi a svolgere il  servizio  civile  universale  a
seguito di bandi pubblici  di  selezione  sono  denominati  operatori
volontari del servizio civile  universale  e  svolgono  le  attivita'
previste nell'ambito dei progetti, nel rispetto di  quanto  stabilito
dal contratto di cui all'articolo 16 e dalla normativa in materia  di
servizio civile universale. 
  2. E' istituita, senza nuovi e maggiori oneri a carico del bilancio
dello Stato, la rappresentanza degli operatori volontari,  articolata
a livello  nazionale  e  a  livello  regionale,  con  l'obiettivo  di
garantire  il  costante  confronto  degli  operatori  volontari   del
servizio civile  universale  con  la  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri. La partecipazione alle attivita' di detto organismo non da'
luogo alla corresponsione di indennita', compensi, rimborsi  spese  o
altri emolumenti comunque denominati. 
  3. La rappresentanza nazionale e' composta da  quattro  membri  che
durano in carica due anni, di  cui  tre  eletti  dai  delegati  degli
operatori volontari delle regioni e delle  province  autonome  e  uno
eletto dai delegati degli operatori volontari in servizio all'estero.
I delegati delle regioni, delle province autonome e  degli  operatori
volontari in servizio all'estero sono eletti con modalita' on line da
tutti gli operatori volontari in servizio, in proporzione  al  numero
dei giovani impegnati in ciascuna  regione  e  provincia  autonoma  e
all'estero per  la  realizzazione  dei  programmi  di  intervento  di
servizio civile universale. La rappresentanza regionale  e'  composta
da 22 membri, di cui 19 in rappresentanza degli  operatori  volontari
in  servizio  nei  territori  regionali, 2  in  rappresentanza  degli
operatori volontari in servizio nelle Province autonome di  Trento  e
di  Bolzano  e 1  in  rappresentanza  degli  operatori  volontari  in
servizio all'estero, che durano in carica due anni e sono eletti  dai
delegati delle regioni, delle province autonome e dai  rappresentanti
degli operatori volontari in servizio all'estero. 
  4. In fase di prima applicazione, e comunque  per  un  periodo  non
superiore a dodici mesi, sono componenti della rappresentanza di  cui
al comma 2, a livello regionale,  i  delegati  delle  regioni,  delle
province autonome e degli operatori volontari in servizio  all'estero
in carica alla data di entrata in vigore del presente  decreto  e,  a
livello nazionale, i rappresentanti nominati in  seno  alla  Consulta
nazionale per il servizio civile, in carica alla data di  entrata  in
vigore del presente decreto. 
                               Art. 10 
 
 
        Consulta nazionale per il servizio civile universale 
 
  1. E' istituita, senza nuovi e maggiori oneri a carico del bilancio
dello Stato, la Consulta nazionale per il servizio civile universale,
organismo di consultazione, riferimento e confronto  in  ordine  alle
questioni concernenti il servizio civile universale. 
  2. La Consulta nazionale  per  il  servizio  civile  universale  e'
composta da non piu' di quindici membri,  nominati  con  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri, di cui sette  scelti  tra  gli
enti iscritti all'albo di cui all'articolo  11  e  le  reti  di  enti
maggiormente  rappresentative  con  riferimento  a  ciascun   settore
individuato all'articolo 3; due scelti nell'ambito dei  coordinamenti
tra enti; uno  designato  dalla  Conferenza  delle  regioni  e  delle
province autonome, uno designato dall'Associazione  nazionale  comuni
italiani; quattro eletti in seno alla rappresentanza nazionale di cui
all'articolo 9, comma 3. 
  3. L'organizzazione ed il funzionamento  della  Consulta  nazionale
per il servizio civile universale sono disciplinati con  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri. 
  4. La partecipazione alle attivita' della Consulta nazionale per il
servizio civile universale  non  da'  luogo  alla  corresponsione  di
indennita', compensi, rimborsi  spese  o  altri  emolumenti  comunque
denominati. 
  5. Fino alla nomina della Consulta nazionale per il servizio civile
universale, e comunque per un periodo non  superiore  a  dodici  mesi
dalla data di entrata in vigore del presente decreto, resta in carica
la Consulta nazionale per il servizio civile nominata  in  base  alla
previgente normativa. 

Capo IV

Realizzazione del servizio civile universale

                               Art. 11 
 
 
            Albo degli enti di servizio civile universale 
 
  1. E' istituito presso la Presidenza del  Consiglio  dei  ministri,
senza nuovi e maggiori oneri  a  carico  del  bilancio  dello  Stato,
l'albo degli enti di servizio civile universale. 
  2. All'albo  degli  enti  di  servizio  civile  universale  possono
iscriversi  amministrazioni  pubbliche  e,  previo  accertamento  del
rispetto della normativa antimafia di cui al  decreto  legislativo  6
settembre 2011, n. 159,  enti  privati,  in  possesso  dei  requisiti
previsti dall'articolo 3 della legge 6 marzo 2001, n. 64. 
  3. Al fine di assicurare la qualita',  l'efficienza  e  l'efficacia
del servizio civile universale, le amministrazioni  pubbliche  e  gli
enti privati devono possedere i seguenti livelli minimi di  capacita'
organizzativa di cui alla lettera b) dell'articolo 3 della  legge  n.
64 del 2001: 
  a) un'articolazione organizzativa  di  cento  sedi  di  attuazione,
aventi i requisiti di  cui  all'articolo  5,  comma  3,  ivi  incluse
eventuali sedi all'estero e sedi di altri  enti  pubblici  o  privati
legati da specifici accordi all'ente di servizio civile universale; 
  b) una dotazione di personale qualificato  in  possesso  di  idonei
titoli di studio, o di esperienza biennale nelle  relative  funzioni,
ovvero che abbia svolto specifici corsi di  formazione  e  costituita
da: un coordinatore responsabile del servizio civile  universale;  un
responsabile della sicurezza  ai  sensi  del  decreto  legislativo  9
aprile 2008,  n.  81  e  successive  modificazioni;  un  responsabile
dell'attivita' di formazione degli operatori volontari e dei relativi
formatori,  ivi  inclusa  la  valorizzazione  delle  competenze;   un
responsabile   della   gestione   degli   operatori   volontari;   un
responsabile  dell'attivita'  informatica;  un   responsabile   delle
attivita' di controllo, verifica e valutazione  del  servizio  civile
universale. 
  4. L'albo di cui al comma  1  e'  articolato  in  distinte  sezioni
regionali alle quali  possono  iscriversi  enti  di  servizio  civile
universale che operano  esclusivamente  nel  territorio  di  un'unica
regione e che hanno, con riferimento alla capacita' organizzativa  di
cui all'articolo 3, comma 1, lettera b) della legge 6 marzo 2001,  n.
64, un'articolazione minima  di  trenta  sedi  di  attuazione,  fermo
restando gli ulteriori requisiti di cui all'articolo 5, comma 3,  del
presente decreto e quelli previsti dal comma 3, lettera b). 
  5. Al fine di garantire la trasparenza,  la  semplificazione  e  la
riduzione dei termini del procedimento, a  decorrere  dalla  data  di
entrata  in  vigore  del  presente  decreto,  tutte  le  istanze   di
iscrizione all'albo degli enti di  servizio  civile  universale  sono
trasmesse alla Presidenza del Consiglio dei  ministri  esclusivamente
con modalita' telematica. 
  6. In via transitoria, e comunque per un periodo  non  superiore  a
dodici mesi dalla data di entrata in  vigore  del  presente  decreto,
sono fatti salvi i procedimenti di iscrizione agli albi  di  servizio
civile nazionale gia' avviati in base alla previgente disciplina. Gli
enti iscritti all'albo nazionale o agli albi delle  regioni  e  delle
province autonome, al  fine  della  presentazione  dei  programmi  di
intervento di cui all'articolo 5, devono  essere  in  possesso  della
capacita' organizzativa di cui al comma 3, che puo' essere conseguita
anche mediante la costituzione di  specifici  accordi  tra  gli  enti
medesimi. 
                               Art. 12 
 
 
                      Servizio civile in Italia 
 
  1. I soggetti ammessi a svolgere il servizio civile  universale  in
Italia, nella percentuale individuata nel Documento di programmazione
finanziaria di cui all'articolo 24, possono effettuare un periodo  di
servizio, fino a tre  mesi,  in  uno  dei  Paesi  membri  dell'Unione
europea, ovvero usufruire per il medesimo periodo  di  un  tutoraggio
finalizzato alla facilitazione dell'accesso al  mercato  del  lavoro,
secondo le modalita' dei programmi di intervento annuali. 
  2. Nell'ambito dei programmi di intervento in Italia, la Presidenza
del Consiglio dei ministri eroga contributi finanziari agli enti, nei
limiti delle risorse annualmente assegnate al Fondo nazionale per  il
servizio civile, a parziale copertura delle spese  sostenute  per  le
attivita' di  formazione  generale  degli  operatori  volontari,  per
quelle connesse  all'impiego  di  giovani  con  minori  opportunita',
nonche' per quelle di tutoraggio previste al comma 1. 
  3. I contributi  di  cui  al  comma  2  sono  erogati  al  fine  di
assicurare, attraverso una maggiore capacita' operativa  degli  enti,
un incremento  della  qualita'  dell'intervento  e  adeguati  livelli
qualitativi delle attivita' formative, nonche' l'accrescimento  delle
conoscenze degli operatori volontari. 
  4. Limitatamente al periodo di servizio civile universale svolto in
uno dei Paesi dell'Unione europea di cui al comma 1,  agli  operatori
viene erogato il trattamento economico previsto in caso  di  servizio
all'estero  e  agli  enti  si  applicano  le  disposizioni   di   cui
all'articolo 13, comma 2. 
                               Art. 13 
 
 
                     Servizio civile all'estero 
 
  1. I soggetti ammessi a  svolgere  il  servizio  civile  universale
all'estero,  nella   percentuale   individuata   nel   documento   di
programmazione  finanziaria,  possono  svolgere  il  servizio  civile
universale anche nei Paesi al di fuori dell'Unione  europea,  per  un
periodo non  inferiore  a  sei  mesi,  nell'ambito  di  programmi  di
intervento  realizzati  nei  settori  di  cui  all'articolo  3,   per
iniziative  riconducibili  alla  promozione  della   pace   e   della
nonviolenza nonche' alla cooperazione allo sviluppo. 
  2.  Nell'ambito  dei  programmi  di   intervento   all'estero,   la
Presidenza del Consiglio dei  ministri  eroga  contributi  finanziari
agli enti, nei limiti delle risorse annualmente  assegnate  al  Fondo
nazionale per il servizio civile, a parziale  copertura  delle  spese
sostenute per le attivita' di gestione degli operatori volontari, ivi
compresa la fornitura del vitto e dell'alloggio in relazione all'area
geografica, nonche' per le attivita'  di  formazione  generale  e  di
gestione degli interventi e per la polizza assicurativa sanitaria. 
  3. I contributi  di  cui  al  comma  2  sono  erogati  al  fine  di
assicurare, attraverso una maggiore capacita' operativa  degli  enti,
un incremento della qualita' dell'intervento, nonche' garantire  agli
operatori volontari  adeguati  livelli  qualitativi  delle  attivita'
formative in relazione ai Paesi  di  attuazione  dell'intervento,  la
salute, la sicurezza e l'accrescimento delle conoscenze. 
  4. Gli enti  che  realizzano  programmi  di  intervento  all'estero
garantiscono  lo  svolgimento  delle  iniziative  in  condizioni   di
sicurezza adeguate ai rischi connessi alla realizzazione dei medesimi
programmi. 

Capo V

Disciplina del rapporto di servizio civile universale

                               Art. 14 
 
 
                     Requisiti di partecipazione 
 
  1. Sono ammessi a svolgere il servizio civile universale,  su  base
volontaria, senza distinzioni  di  sesso,  i  cittadini  italiani,  i
cittadini di Paesi appartenenti all'Unione europea  e  gli  stranieri
regolarmente soggiornanti in Italia che, alla data  di  presentazione
della domanda, abbiano compiuto il diciottesimo  e  non  superato  il
ventottesimo anno di eta'. 
  2. L'ammissione al servizio civile universale  non  costituisce  in
alcun  caso,  per  il  cittadino  straniero,   presupposto   per   il
prolungamento della durata del permesso di soggiorno. 
  3. Non  possono  essere  ammessi  a  svolgere  il  servizio  civile
universale gli  appartenenti  ai  Corpi  militari  e  alle  Forze  di
polizia. 
  4. Costituisce causa di esclusione dal servizio  civile  universale
l'aver  riportato  condanna,  in  Italia  o  all'estero,  anche   non
definitiva alla pena  della  reclusione  superiore  ad  un  anno  per
delitto non colposo ovvero ad una pena anche di entita' inferiore per
un delitto contro la persona o concernente  detenzione,  uso,  porto,
trasporto, importazione o esportazione illecita  di  armi  o  materie
esplodenti  ovvero  per  delitti  riguardanti  l'appartenenza  o   il
favoreggiamento a gruppi eversivi, terroristici,  o  di  criminalita'
organizzata. 
                               Art. 15 
 
 
                       Procedure di selezione 
 
  1.  La  selezione  dei  giovani  da  avviare  al  servizio   civile
universale si svolge a seguito dell'indizione di un bando pubblico ed
e' effettuata dagli enti iscritti all'albo di  cui  all'articolo  11,
nel  rispetto   dei   principi   di   trasparenza,   semplificazione,
pubblicita', parita' di trattamento e divieto di discriminazione,  in
modo da garantire  la  riduzione  dei  tempi  della  procedura  e  la
pubblicita' delle modalita'  di  attribuzione  dei  punteggi  nonche'
degli esiti delle valutazioni. 
  2. Gli enti nominano apposite commissioni composte da membri che al
momento  dell'insediamento  dichiarano,  ai  sensi  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, di  non  essere
legati da rapporti di  parentela  con  i  giovani  partecipanti  alla
selezione e di non incorrere in  alcuna  causa  di  incompatibilita'.
All'esito  della  selezione,  le  commissioni  redigono  il  relativo
verbale, contenente il punteggio per ogni elemento di valutazione con
riferimento a ciascun candidato. 
                               Art. 16 
 
 
           Rapporto di servizio civile universale e durata 
 
  1. Il rapporto di servizio civile universale  si  instaura  con  la
sottoscrizione del relativo  contratto  tra  il  giovane  selezionato
dall'ente accreditato e la Presidenza del Consiglio dei ministri, non
e' assimilabile ad alcuna forma  di  rapporto  di  lavoro  di  natura
subordinata o parasubordinata e non  comporta  la  sospensione  e  la
cancellazione dalle liste di collocamento o dalle liste di mobilita'. 
  2. Il contratto, finalizzato allo svolgimento del  servizio  civile
universale, recante la data di  inizio  del  servizio  attestata  dal
responsabile  dell'ente,  prevede   il   trattamento   giuridico   ed
economico, in  conformita'  all'articolo  17,  nonche'  le  norme  di
comportamento alle quali l'operatore volontario deve attenersi  e  le
relative sanzioni. 
  3.  Gli  assegni  attribuiti  agli  operatori  in  servizio  civile
universale, inquadrati nei  redditi  derivanti  dalle  assunzioni  di
obblighi di fare, non fare o permettere, sono esenti  da  imposizioni
tributarie e non sono imponibili ai fini previdenziali. 
  4. Il servizio civile universale, che puo' svolgersi  in  Italia  e
all'estero, ha durata non inferiore ad otto mesi e  non  superiore  a
dodici mesi, anche in  relazione  alla  tipologia  del  programma  di
intervento. 
  5. Nell'attuazione del servizio  civile  universale  gli  operatori
volontari  sono  tenuti  a  realizzare  le  attivita'  previste   dal
progetto, nel rispetto di quanto stabilito nel contratto  di  cui  al
comma 1, e non possono svolgere attivita'  di  lavoro  subordinato  o
autonomo, se incompatibile con il corretto espletamento del  servizio
civile universale. 
  6. Agli operatori volontari e' assicurata la formazione, di  durata
complessiva non inferiore a ottanta  ore,  articolata  in  formazione
generale, di durata minima di trenta ore, e in formazione  specifica,
di durata minima di cinquanta ore e commisurata alla  durata  e  alla
tipologia del programma di intervento. 
  7. L'orario di svolgimento del  servizio  da  parte  dell'operatore
volontario si articola  in  un  impegno  settimanale  complessivo  di
venticinque ore, ovvero di un monte  ore  annuo  per  i  dodici  mesi
corrispondente a 1145 ore e per otto mesi corrispondente a 765 ore. 
  8. I soggetti che hanno gia' svolto il servizio civile nazionale ai
sensi delle legge 6 marzo 2001, n. 64 e quelli che  hanno  svolto  il
servizio  civile  universale  non  possono  presentare   istanze   di
partecipazione ad ulteriori selezioni. 
                               Art. 17 
 
 
                  Trattamento economico e giuridico 
                      degli operatori volontari 
 
  1. Ai giovani ammessi a svolgere il servizio civile  universale  e'
corrisposto  un  assegno  mensile   per   il   servizio   effettuato,
incrementato da eventuali  indennita'  in  caso  di  servizio  civile
all'estero, nella misura prevista  dal  Documento  di  programmazione
finanziaria dell'anno di riferimento  di  cui  all'articolo  24.  Con
cadenza biennale  si  provvede  all'incremento  dell'assegno  mensile
sulla base della variazione, accertata  dall'ISTAT,  dell'indice  dei
prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. In  fase  di
prima  applicazione,  l'assegno  mensile  e'  quello  corrisposto  ai
volontari in servizio civile nazionale, in Italia e all'estero,  alla
data di entrata in vigore del presente decreto. 
  2. L'assegno mensile di  cui  al  comma  1  viene  corrisposto  nel
rispetto  dei  criteri   di   effettivita'   del   servizio   svolto,
tracciabilita', pubblicita' delle  somme  erogate  e  semplificazione
degli adempimenti amministrativi  mediante  il  ricorso  a  procedure
informatiche. 
  3. Le condizioni generali di assicurazione per  i  rischi  connessi
allo svolgimento del  servizio  civile  universale  sono  predisposte
dalla  Presidenza  del   Consiglio   dei   ministri   previo   parere
dell'Istituto per la vigilanza delle assicurazioni. 
  4. Per i soggetti iscritti al Fondo pensioni lavoratori  dipendenti
e alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi,  agli  iscritti  ai
fondi   sostitutivi   ed   esclusivi   dell'assicurazione    generale
obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti ed  alla
gestione di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto  1995,
n. 335, i periodi corrispondenti al  servizio  civile  universale  su
base volontaria sono riscattabili, in tutto o  in  parte,  a  domanda
dell'assicurato, e senza oneri a carico del Fondo  nazionale  per  il
servizio civile, con le modalita' di cui all'articolo 13 della  legge
12 agosto 1962, n. 1338 e successive modificazioni, e sempreche'  gli
stessi non siano gia' coperti da contribuzione in alcuno  dei  regimi
stessi. 
  5.  Gli  oneri  da  riscatto  possono  essere  versati  ai   regimi
previdenziali di appartenenza in unica soluzione ovvero in centoventi
rate mensili senza l'applicazione di interessi per la rateizzazione. 
  6. L'assistenza sanitaria agli  ammessi  a  prestare  attivita'  di
servizio  civile  universale  e'  fornita  dal   Servizio   sanitario
nazionale.  Per  i  periodi  di  svolgimento  del   servizio   civile
universale in Paesi al  di  fuori  dell'Unione  europea  l'assistenza
sanitaria e' garantita mediante polizze assicurative stipulate  dagli
enti che realizzano i programmi di intervento. 
  7. Agli operatori  volontari  del  servizio  civile  universale  si
applicano le disposizioni di cui agli articoli 16 e  17  del  decreto
legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di  tutela  e  sostegno
della maternita'. Dalla data di sospensione  del  servizio  a  quella
della sua ripresa e' corrisposto l'assegno di cui al comma 1, ridotto
di un terzo, a carico del Fondo nazionale per il servizio civile. 
                               Art. 18 
 
 
            Crediti formativi universitari ed inserimento 
                        nel mondo del lavoro 
 
  1. Le universita' degli studi ai fini del conseguimento  di  titoli
di studio possono riconoscere, nei limiti  previsti  dalla  normativa
vigente, crediti formativi a favore  degli  operatori  volontari  che
hanno svolto attivita' di servizio civile universale rilevanti per la
crescita professionale e per il curriculum degli studi.  Resta  fermo
quanto disposto dall'articolo 10, comma 2, della legge 6 marzo  2001,
n. 64. 
  2. Con accordo sancito in  sede  di  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento  e
Bolzano  sono  definiti  i  criteri  per  il  riconoscimento   e   la
valorizzazione delle competenze acquisite dagli  operatori  volontari
durante lo svolgimento del servizio civile  universale,  in  funzione
del loro utilizzo nei percorsi di istruzione e in ambito lavorativo. 
  3. Lo Stato, le regioni e le province autonome,  nei  limiti  delle
rispettive competenze, possono stipulare convenzioni con associazioni
di  imprese  private,  con  associazioni  di   rappresentanza   delle
cooperative e con altri enti senza finalita' di  lucro,  al  fine  di
favorire il collocamento nel mercato del lavoro dei giovani che hanno
svolto il servizio civile universale. 
  4.  Il  periodo  di  servizio  civile   universale   effettivamente
prestato, salvo quanto previsto dal comma 5, e' valutato nei pubblici
concorsi con le stesse modalita' e  lo  stesso  valore  del  servizio
prestato presso amministrazioni pubbliche. 
  5. Ferme restando le riserve  di  posti  previste  dalla  normativa
vigente, ai fini della compilazione delle graduatorie di  merito  dei
concorsi pubblici relativi all'accesso nelle  carriere  iniziali,  le
pubbliche amministrazioni possono prevedere nei relativi bandi, oltre
i titoli di  preferenza  indicati  all'articolo  5  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  9  maggio  1994,  n.  487,  anche   lo
svolgimento del servizio civile universale completato senza demerito. 
  6.  La  cessazione  anticipata  del  rapporto  di  servizio  civile
universale comporta la decadenza dai benefici previsti  dal  presente
articolo, salva l'ipotesi  in  cui  detta  interruzione  avvenga  per
documentati motivi di salute,  per  causa  di  servizio  o  di  forza
maggiore ed il periodo di servizio prestato sia pari  ad  almeno  sei
mesi. 
                               Art. 19 
 
 
       Attestato di svolgimento del servizio civile universale 
 
  1. Agli operatori volontari  e'  rilasciato  dalla  Presidenza  del
Consiglio dei ministri, al termine  dello  svolgimento  del  servizio
civile universale  compiuto  senza  demerito,  un  attestato  per  il
periodo di servizio civile universale effettuato,  con  l'indicazione
delle relative attivita'. 

Capo VI

Controllo, verifica e valutazione del servizio civile universale

                               Art. 20 
 
 
           Controllo sulla gestione delle attivita' svolte 
              dagli enti del servizio civile universale 
 
  1.  La  legittimita'  e  la  regolarita'  del  funzionamento  delle
procedure di realizzazione dei programmi di  intervento  di  servizio
civile universale posti in essere dagli enti iscritti all'albo di cui
all'articolo 11 e' assicurata mediante il controllo  sulla  gestione.
All'esito  del   controllo   sono   adottati   eventuali   interventi
correttivi. 
  2. Il controllo di cui al comma 1 e'  effettuato  dalla  Presidenza
del Consiglio dei  ministri,  sulla  base  di  uno  specifico  «Piano
annuale», pubblicato sul sito istituzionale. 
                               Art. 21 
 
 
        Valutazione dei risultati dei programmi di intervento 
 
  1. La valutazione dei risultati dei  programmi  di  intervento  sui
territori e  sulle  comunita'  locali  interessate  e'  svolta  dalla
Presidenza del Consiglio dei  ministri,  tenendo  conto  delle  linee
guida di cui all'articolo 7, comma 3, della legge 6 giugno  2016,  n.
106. 
  2. L'esito della valutazione di cui al comma 1 e'  oggetto  di  uno
specifico rapporto annuale, redatto dalla  Presidenza  del  Consiglio
dei ministri, anche con l'eventuale supporto di enti terzi dotati  di
comprovata  qualificazione  in  materia,  e   pubblicato   sul   sito
istituzionale. 
                               Art. 22 
 
 
             Verifiche ispettive sulle attivita' svolte 
              dagli enti del servizio civile universale 
 
  1. Il rispetto delle norme  per  la  selezione  e  l'impiego  degli
operatori volontari nonche' la corretta realizzazione  dei  programmi
di intervento da parte degli enti di servizio civile universale  sono
oggetto di  verifiche  ispettive,  effettuate  dalla  Presidenza  del
Consiglio dei ministri, anche per il tramite delle  regioni  e  delle
province  autonome.  Per  le  verifiche  ispettive  sugli  interventi
all'estero la Presidenza del Consiglio dei ministri  puo'  avvalersi,
attraverso il Ministero degli  affari  esteri  e  della  cooperazione
internazionale  e  d'intesa  con  esso,  del  supporto  degli  uffici
diplomatici e consolari all'estero. 
  2. Nello svolgimento delle verifiche ispettive di cui al  comma  1,
resta  fermo  il  regime  delle  sanzioni   amministrative   previsto
dall'articolo 3-bis della legge 6 marzo 2001, n. 64. 
                               Art. 23 
 
 
                       Relazione al Parlamento 
 
  1. Il Presidente del Consiglio dei ministri presenta ogni  anno  al
Parlamento, entro il 30 giugno,  una  relazione  sull'organizzazione,
sulla gestione e sullo svolgimento del servizio civile universale. 

Capo VII

Disposizioni finanziarie, transitorie e finali

                               Art. 24 
 
 
               Fondo nazionale per il servizio civile 
 
  1. Il servizio civile universale e' finanziato dal Fondo  nazionale
per il servizio civile, istituito ai  sensi  dell'articolo  19  della
legge 8 luglio 1998, n. 230, e collocato  presso  la  Presidenza  del
Consiglio dei ministri. Al Fondo affluiscono tutte le risorse di  cui
all'articolo 11 della legge 6 marzo 2001, n. 64, nonche'  le  risorse
comunitarie destinate all'attuazione  degli  interventi  di  servizio
civile universale. Resta ferma la possibilita' per i soggetti privati
di concorrere alle forme di finanziamento previste  dall'articolo  11
della legge 6 marzo 2001, n. 64. 
  2. Ai fini dell'erogazione dei trattamenti  previsti  dal  presente
decreto,   la   Presidenza   del   Consiglio   dei   ministri    cura
l'amministrazione e la programmazione annuale delle risorse di cui al
Fondo nazionale per il servizio civile, formulando annualmente, entro
il 31 gennaio dell'anno di  riferimento,  un  apposito  documento  di
programmazione finanziaria, previo parere  della  Consulta  nazionale
del servizio civile universale e della Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento  e
di Bolzano. Il documento di programmazione  finanziaria  puo'  essere
variato con apposita nota infrannuale, ove se ne manifesti l'esigenza
e sussistano adeguate risorse finanziarie  disponibili.  La  nota  di
variazione e' predisposta con le stesse formalita' del  documento  di
programmazione  finanziaria  entro  il  30  settembre  dell'anno   di
riferimento. 
  3. Il documento di programmazione finanziaria di cui al comma 2, in
relazione alle risorse disponibili stabilisce: 
    a)  il  contingente  complessivo  degli  operatori  volontari  da
avviare al servizio civile universale nell'anno  di  riferimento  con
l'indicazione del numero di: 
  1. operatori volontari da avviare in Italia; 
  2. operatori volontari da avviare all'estero; 
  3. operatori volontari  impegnati  in  interventi  in  Italia,  che
possono svolgere un periodo di servizio nei Paesi dell'Unione europea
secondo le modalita' previste dall'articolo 12, comma 1; 
  4. operatori volontari per l'accompagnamento dei grandi invalidi  e
ciechi civili di cui all'articolo 1 della legge 27 dicembre 2002,  n.
288 e all'articolo 40 della legge 27 dicembre 2002, n. 289; 
  b) la quota delle risorse del Fondo da utilizzare per le  spese  di
funzionamento ai sensi dell'articolo 7 della legge 6 marzo  2001,  n.
64; 
  c) la quota  di  risorse  del  Fondo  vincolata,  a  richiesta  dei
conferenti, ai sensi dell'articolo 11, comma 2, della legge  6  marzo
2001, n. 64, allo sviluppo di  programmi  di  intervento  in  aree  e
settori di impiego specifico; 
  d) la quantificazione e le modalita' di erogazione  dei  contributi
da erogare alle regioni o province autonome per le attivita'  di  cui
all'articolo 7, comma 3, nonche' la quota relativa ai  contributi  da
erogare agli enti di servizio civile universale per le  attivita'  di
cui agli articoli 12, comma 2, e 13, comma 2; 
  e) la quantificazione dell'assegno mensile  da  corrispondere  agli
operatori volontari in Italia e  all'estero,  nonche'  gli  eventuali
oneri assicurativi e accessori. 
  4. Al Fondo nazionale per il servizio civile  di  cui  al  presente
articolo continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all'articolo
1 del  decreto-legge  16  settembre  1999,  n.  324,  convertito  con
modificazioni dalla legge  12  novembre  1999,  n.  424,  nonche'  le
disposizioni del  decreto  legislativo  30  giugno  2011,  n.  123  e
successive modificazioni e  le  previsioni  di  cui  al  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri 22  novembre  2010,  pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 286 del 7 dicembre 2010. 
                               Art. 25 
 
 
                 Clausola di invarianza finanziaria 
 
  1. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza  pubblica.  Le  amministrazioni
interessate  provvedono  all'attuazione  delle  disposizioni  con  le
risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili  a  legislazione
vigente. 
                               Art. 26 
 
 
                     Norme transitorie e finali 
 
  1. Fino all'approvazione del primo  Piano  triennale,  il  servizio
civile universale si attua, in  via  transitoria,  con  le  modalita'
previste dalla previgente normativa in  materia  di  servizio  civile
nazionale. 
  2. Fino all'adozione dei provvedimenti di attuazione  dell'articolo
6, le funzioni ivi previste e  ogni  ulteriore  adempimento  relativo
alla  realizzazione  del   servizio   civile   universale,   comprese
l'amministrazione e la gestione del Fondo nazionale per  il  servizio
civile di cui all'articolo 24, sono  svolti  dal  Dipartimento  della
Presidenza del Consiglio  dei  ministri,  competente  in  materia  di
servizio civile nazionale alla data di entrata in vigore del presente
decreto. 
  3.  Ai  fini  dell'applicazione  agli  enti  di   servizio   civile
universale delle sanzioni  amministrative  di  cui  all'articolo  22,
comma 2, il termine «progetto» contenuto nell'articolo  3-bis,  comma
2, della legge 6 marzo 2001, n.  64,  si  intende  riferito  anche  a
«programmi di intervento». 
  4. Il rinvio all'articolo 9, commi 1 e 2, del decreto legislativo 5
aprile 2002, n. 77, contenuto nell'articolo 28, comma 2, della  legge
11 agosto 2014, n. 125, si intende riferito all'articolo 16, comma 1,
e all'articolo 17, comma 1, del presente decreto. 
  5. Il decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77, e' abrogato. 
  Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito
nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare. 
    Dato a Roma, addi' 6 marzo 2017 
 
                             MATTARELLA 
 
 
                                  Gentiloni Silveri,  Presidente  del
                                  Consiglio dei ministri 
 
                                  Poletti,  Ministro  del  lavoro   e
                                  delle politiche sociali 
 
                                  Alfano,   Ministro   degli   affari
                                  esteri   e    della    cooperazione
                                  internazionale 
 
                                  Minniti, Ministro dell'interno 
 
                                  Pinotti, Ministro della difesa 
 
                                  Padoan,  Ministro  dell'economia  e
                                  delle finanze 
 
Visto, il Guardasigilli: Orlando