#8Marzo2017 – Tutti i numeri delle donne nel mondo dell’Istruzione
Archivi giornalieri: mercoledì 8 Marzo 2017
L’inglese per alunni e studenti con disabilita’ visiva
Superando.it del 08-03-2017
L’inglese per alunni e studenti con disabilita’ visiva
Specializzato nell’insegnamento della lingua inglese ad alunni e studenti con disabilità visiva, ha sede a Pesaro il CLI (Centro Linguistico Internazionale) dell’IRIFOR (l’Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione dell’UICI), unico Centro con specifica preparazione per la “Certificazione Cambridge”, rivolto a corsisti ipovedenti e non vedenti italiani. in questi giorni sono state aperte le iscrizioni al corso di preparazione (gratuito) per l’esame utile alla “Certificazione Cambridge”, rilasciata dal CLA (Centro Linguistico di Ateneo) dell’Università di Urbino.
PESARO. Specializzato nell’insegnamento della lingua inglese ad alunni e studenti con disabilità visiva, il nuovissimo CLI (Centro Linguistico Internazionale) dell’IRIFOR (l’Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione dell’UICI-Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) è oggi l’unico Centro con specifica preparazione per la Certificazione Cambridge (sia Preliminary che First), per corsisti ipovedenti e non vedenti italiani, che in pochi giorni di attività è già stato contattato da decine di persone attente e interessate alle varie attività previste.
La sede è a Pesaro (Via Rossi, 75), in seno all’UICI provinciale, presieduta dalla consigliera nazionale dell’IRIFOR Maria Mencarini, vera e propria “artefice” dello stesso CLI.
“Fiore all’occhiello” della struttura è Eleonora Borromeo, insegnante di lingue e tiflologa, esperta cioè in problematiche della disabilità visiva, che segnala come si siano appena aperte le iscrizioni al corso di preparazione per l’esame utile alla Certificazione Cambridge, rilasciata dal CLA (Centro Linguistico di Ateneo) dell’Università di Urbino. Tale corso sarà gratuito, partirà in maggio e si articolerà su quattro mesi di lezioni impartite tramite una piattaforma di apprendimento online. (Gianluca Rapisarda)
Il diritto di contare, di Theodor Melfi
Il diritto di contare
di Mario Coviello
Nella Virginia segregazionista degli anni Sessanta, la legge non permette ai neri di vivere insieme ai bianchi. Uffici, toilette, mense, sale d’attesa, bus sono rigorosamente separati. Da una parte ci sono i bianchi, dall’altra ci sono i neri. Nonostante le leggi di segregazione a Langley , gestito dal NACA, ente precursore della NASA, venne assunto un team interamente femminile di cosiddetti “computer umani”, fra cui un certo numero di insegnanti di matematica afro-americane. Esse rimanevano segregate, mangiavano in locali separati, lavoravano in un reparto isolato denominato West Computing ed erano pagate meno delle colleghe bianche. Ma il loro lavoro eccezionale si distinse fra tutti fino a prevalere su quello degli uomini, al punto che esse divennero indispensabili alla missione più audace mai progettata fino a quel momento: spedire nello spazio John Glenn e fargli compiere un’orbita completa intorno alla Terra.
Prima ancora che la NASA ne comprendesse la genialità e iniziasse a trarne beneficio, le tre donne erano già incredibilmente speciali.
Katherine G. Johnson, nata nel West Virginia, si era da subito dimostrata un fenomeno, iniziando le scuole superiori a 10 anni e laureandosi in Matematica e Francese a 18 anni. Fu una delle prime a frequentare la West Virginia University e fu chiamata a lavorare a Langley nel 1953. Era una madre single con tre figli.
Dorothy Vaughan, originaria del Missouri e laureatasi a 19 anni, prima di andare a Langley nel 1943 aveva lavorato come insegnante di matematica. Divenne rapidamente responsabile del gruppo West Computing.
Mary Jackson,di Hampton (Virginia), laureata in Fisica e Matematica, entrò a Langley nel 1951 con il ruolo di Ingegnere aerospaziale, specializzata in esperimenti nella galleria del vento e in dati sui velivoli aerospaziali. Si avvalse sempre della sua posizione per aiutare le altre.
Il regista Theodor Melfi cerca di restituirci la percezione di cosa significasse essere insieme donna e afroamericana nei primi anni ’60, partendo dalla descrizione di un contesto esplosivo in cui collidevano Guerra Fredda, corsa allo spazio (che stava all’epoca vincendo l’URSS), scontri razziali e nascita dei movimenti per i diritti civili. Il diritto di contare comunque evita per quanto possibile stereotipi e luoghi comuni sull’argomento, non riducendo il tutto al classico scontro tra bianchi e neri. Fuori delle ore di lavoro queste donne sono infatti anche madri e mogli e c’è un percorso e una lotta da portare avanti per affermare sé stesse anche dentro le mura di casa, non solo alla NASA o nella società razzista dell’epoca.
Come spiega Melfi, “non importava il colore della pelle, la razza e il sesso: serviva qualcuno di intelligente e brillante che portasse avanti un progetto scientifico in grado di ridefinire le nozioni sullo spazio”. Le tre donne operarono a Langley in un’epoca in cui i computer non erano ancora quelli che conosciamo oggi, e avevano il compito di eseguire calcoli avanzati per tracciare le traiettorie dei razzi spaziali e le rotte del loro rientro sulla Terra.
Tutto questo nell’America e nella Virgina del 1961: due anni prima della marcia su Washington del Reverendo King, e quando Kennedy stava ancora lavorando sulle leggi che avrebbero garantito i diritti civili alla popolazione afroamericana e che sarebbero sfociate nel Civil Right Act, e dell’istituzione della Commissione Presidenziale sullo Status delle Donne.
Da un lato il sogno di Katherine Johnson, e di Dorothy Vaughn e Mary Jackson, quindi; dall’altro il sogno kennediano della conquista dello Spazio. Due sogni e due utopie che si sono realmente intrecciate come solo la realtà può fare, e che sono diventati realtà grazie alla capacità di poche persone di essere visionarie. Di guardare oltre i numeri, come dice Kevin Costner nei panni di Al Harrison, director of the Space Task Group, e vedere qualcosa che non c’è ancora: essere già lì, dove il resto del mondo deve ancora arrivare.
Un direttore che quando scopre che Khatherine fa un chilometro all’andata e uno al ritorno per andare al bagno nella zona riservata alle impiegate di colore, abbatte con un martello l’insegna dei bagni riservati solo ai bianchi e sbotta “qui alla NASA la pipì è tutta dello stesso colore”.
E Dorothy è costretta in una biblioteca riservata ai soli bianchi a prendere ‘in prestito’ un libro imprescindibile e Mary sollecita l’ego di un giudice per frequentare un corso di ingegneria interdetto ai neri.
Nel film gli altri attori bianchi sono Kirsten Dunst e Jim Parsons – bianchi un po’ rigidi e un po’ ariani sono quelli che affermano “non ho niente contro di voi”, sottintendendo “voi” neri , esplicitando senza volerlo il problema. E Dorothy replica “Lo so. So che è quello che lei crede”.Glen Powell è il simpatico e progressista John Glenn.
La qualità più grande del film di Theodore Melfi è quella di sfogliare una pagina sconosciuta della NASA. Pagina ‘bianca’ coniugata fino ad oggi al maschile. Se la storia, il contributo delle scienziate afroamericane alla conquista dello spazio, è una novità, la maniera di raccontarla è appassionante.
Dorothy in una biblioteca riservata ai soli bianchi per prendere ‘in prestito’ un libro imprescindibile e Mary davanti a un giudice di cui sollecita l’ego per frequentare un corso di ingegneria interdetto ai neri.
Il film esce in Italia oggi 8 marzo , giornata dedicata alla festa delle donne.
Pare che l’ormai ultranovantenne Katherine G. Johnson sia rimasta sorpresa per il grande interesse nato tardivamente sulla attività svolte da lei e dalle sue colleghe e abbia affermato di aver svolto solo il proprio lavoro cercando di trovare una soluzione ai problemi che andavano risolti. Ad ogni modo ha consigliato a chiunque ne abbia uno: “Attenetevi al problema. Qualunque esso sia, c’è sempre una soluzione. Una donna può risolverlo e anche un uomo può farlo… se gli concedete più tempo”.
La matematica è troppo spesso relegata dietro le quinte oppure nascosta sotto il tappeto come se fosse polvere. Ma arriva il giorno in cui diventa una materia essenziale, perché bisogna calcolare le traiettorie e la corsa allo spazio può essere vinta dall’Unione Sovietica. E’ quello il momento in cui ci si rende conto che occorre superare ogni pregiudizio: non importa se sia uomo o donna, né se sia di colore oppure no, dobbiamo dare a tutti la possibilità di esprimere il proprio talento.
E tre donne abili con i numeri tracciano segni su una lavagna che altri fissano a bocca aperta. Il talento per la matematica è qualcosa di esplosivo. Le soluzioni vengono fuori da una combinazione di duro lavoro ed intuito inatteso. Ecco perché si tratta di un film da vedere: perché il nostro futuro dipende anche dalla matematica e dai calcoli. Ed è venuto finalmente il momento – per tutti – di riconoscerlo esplicitamente.
Il male della scuola
Il male della scuola? L’assenza della cultura dell’organizzazione
di Enrico Maranzana
La ministra Fedeli ritiene che la continuità didattica facilitata dalla legge 107/2015 sia la via maestra per il miglioramento del servizio scolastico.
Un assunto condiviso dai politici e dai mezzi di comunicazione.
Un inequivocabile sintomo di una stantia concezione dell’istituzione scolastica.
La barra del timone della gestione, per la dinamicità e la complessità del mondo contemporaneo e l’imprevedibile evoluzione del sapere, punta verso la crescita delle qualità individuali degli studenti: dovranno essere in grado d’interagire con l’ignoto.
Ecco perché l’attuale finalità del sistema é lo sviluppo di capacità e di competenze: la conoscenza non è più la sua finalità, é il mezzo per la loro promozione.
La nuova finalizzazione ha fatto esplodere la dimensione del problema scolastico:
- La conoscenza e i libri di testo, circoscrivendo l’ambito d’intervento, fornivano certezze e sicurezza, definivano l’output di sistema, specificavano la responsabilità dei singoli insegnanti;
- La progettazione di processi d’apprendimento, mirati alla promozione di capacità e di competenze, ha dilatato le responsabilità dell’istituzione scolastica e l’ha collocata nel campo della ricerca educativa.
Collegialmente si ipotizzano e si formulano strategie, nodo d’ingresso alla progettazione e alla gestione di unità d’apprendimento. Queste sono finalizzate alla conquista sia dei traguardi di sistema, sia di quelli delle diverse discipline.
La collocazione della scuola nel campo della ricerca educativa, la cui sostanza è la progettazione, risale agli anni 70 del secolo scorso: s’identifica la finalità, si scompone in obiettivi, si formulano ipotesi, si gestiscono strategie, si ottengono risultati, si capitalizzano gli scostamenti risultati attesi-risultati ottenuti.
Nel 1974 è stata introdotta una struttura decisionale i cui organismi, per onorare il mandato costitutivo, agivano in conformità della prassi sopraindicata; mandato che nel 1999 è stato sintetizzato: “Progettazione e attuazione di interventi di educazione, formazione, istruzione”.
La progettazione formativa riguarda il rapporto scuola-società: quali competenze generali1 deve essere in grado di esibire lo studente al termine del suo percorso scolastico?
La progettazione educativa riguarda il consolidamento e lo sviluppo delle capacità2 sottese alle competenze generali.
La progettazione dell’istruzione riguarda l’adeguamento delle capacità, oggetto della progettazione educativa, alla specificità degli studenti delle diverse classi.
La progettazione dell’insegnamento, l’ideazione di unità d’apprendimento costituisce il momento esecutivo. Un’attività complicata e impegnativa: il duplice livello di obiettivi preclude la possibilità d’una sua assegnazione ad un singolo insegnante.
L’onere di realizzare le unità d’apprendimento sarà dato ai dipartimenti disciplinari.
La dichiarazione delle capacità sollecitate e delle competenze specifiche stimolate caratterizzerà l’inizio del lavoro di progettazione: sarà riportata sulla parte iniziale d’una scheda di programmazione.
Per assicurare la convergenza degli obiettivi delle schede di programmazione redatte dai diversi dipartimenti, sarà istituita una commissione, sottordinata al Collegio dei Docenti, per indirizzare e coordinare i lavori dei dipartimenti disciplinari.
Commissione che avrà anche il compito di ideare prove comuni a tutte le classi di pari livello per “valutare periodicamente l’andamento complessivo dell’azione didattica per verificarne l’efficacia in rapporto agli orientamenti e agli obiettivi programmati, proponendo, ove necessario, opportune misure per il miglioramento dell’attività scolastica3”, misure da sottoporre al Collegio.
I dipartimenti disciplinari, ricevuto il benestare dalla commissione indirizzo-coordinamento- valutazione, realizzano il materiale didattico, comprensivo delle prove di controllo di fine attività: i docenti le proporranno ai loro studenti.
L’analisi degli esiti delle prove finali di tutte le classi, consentirà al dipartimento di validare/migliorare la produzione.
La struttura organizzativa prefigurata consente di superare un’anomalia della scuola: la coincidenza della figura/funzione del controllore con quella del controllato.
I voti assegnati dagli insegnanti esprimono il giudizio sulle prestazioni degli studenti ma, sintetizzati, sono il parametro di valutazione sia del lavoro del docente, sia del sistema scuola.
La progressione dei lavori illustrata prevede sia un controllo volto a guidare, confermare e ri-orientare lo studente [valutazione formativa], sia la rilevazione del grado di conseguimento delle competenze specifiche, accertamento con finalità amministrative [valutazione sommativa].
Per riportare alla normalità la gestione scolastica sarebbe sufficiente assegnare a soggetti diversi le due modalità valutative: attribuire al docente il monitoraggio dei processi d’apprendimento mentre la misurazione dei livelli di competenza potrebbe essere assegnata a un organismo alle dipendenze dei dipartimenti disciplinari.
In rete sono visibili:
un’unità di apprendimento: percorso didattico sui numeri naturali e sistemi di numerazione;
un’unita didattica con scheda di programmazione: Laboratorio di matematica: Pitagora
1 I regolamenti di riordino del 2010 contengono ampi repertori di capacità e di competenze generali. Si veda ad esempio Il profilo culturale, educativo e professionale dei Licei.
2 Se ne trascrive un sottoinsieme: Analizzare Applicare Argomentare/Giustificare Comunicare Comprendere Decidere/Scegliere Generalizzare Interpretare Memorizzare Modellare Progettare Relativizzare Riconoscere Ristrutturare Sintetizzare Sistematizzare Trasferire Valutare.
3 TU 297/94 art. 7, comma 2, lettera d
L’importanza della Famiglia nell’alternanza Scuola – Lavoro
L’importanza della Famiglia nell’alternanza Scuola – Lavoro
di Cinzia Olivieri
Ata, si assume solo tra precari
da ItaliaOggi
Ata, si assume solo tra precari
Il turnover è però ridotto rispetto al fabbisogno reale
Nicola Mondelli
Si è messa in moto la macchina ministeriale finalizzata all’indizione dei concorsi per soli titoli per l’accesso ai ruoli provinciali relativi ai profili professionali dell’area A (collaboratore scolastico e B (assistente amministrativo e tecnico, cuoco, guardarobiere, infermiere) del personale Ata e alla costituzione delle graduatorie provinciali permanenti utili per l’anno scolastico 2017/2018 e all’aggiornamento di quelle già costituite negli anni precedenti.
Una nota ministeriale del 28 febbraio 2017 ha infatti autorizzato gli uffici scolastici regionali a indire i predetti concorsi non mancando, opportunamente, di raccomandare che la pubblicazione dei relativi bandi avvenga entro il 20 marzo e ciò al fine di dare uniformità alla pubblicazione delle graduatorie definitive, utili per le operazioni di corretto avvio dell’anno scolastico 2017/2018.
Ogni ufficio scolastico regionale dovrà pertanto disporre gli appositi bandi fissando la data a partire dalla quale e quella entro la quale gli interessati potranno presentare la domanda. La partecipazione al concorso è comunque riservata al solo personale Ata non di ruolo che, alla data di scadenza fissata nei singoli bandi di concorso, potrà fare valere una anzianità di almeno due anni di servizio (24 mesi, ovvero 23 mesi e 16 giorni, anche non continuativi) prestato in posti corrispondenti al profilo professionale per il quale il concorso è stato indetto e/o in posti corrispondenti a profili professionali dell’area del personale Ata immediatamente superiore a quella del profilo cui si concorre.
La domanda, indirizzata all’ufficio scolastico territoriale della provincia in cui l’interessato presta servizio o vi abbia prestato, andrà presentata in formato cartaceo direttamente oppure spedita a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno e potrà essere finalizzata all’inserimento nelle graduatorie provinciali permanenti valide, appunto, per l’anno scolastico 2017/2018 ovvero, se già inseriti nelle stesse, all’aggiornamento del punteggio e della posizione di graduatoria.
La domanda dovrà inoltre essere compilata utilizzando esclusivamente gli appositi modelli predisposti dal ministero dell’istruzione.
Il personale che intende usufruire dei benefici di cui all’articolo 21 (diritto di scelta prioritaria tra le sedi disponibili) e all’articolo 33, commi 5,6 e 7 (diritto di scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona disabile che si assiste) della legge 104/1992 deve unire alla domanda di partecipazione al concorso un apposito allegato H, sia se già incluso nelle graduatorie permanenti sia se ne chieda l’inserimento ex novo.
Fin qui il dato tecnico della procedura concorsuale per soli titoli riservata al personale Ata ai sensi dell’articolo 554 del decreto legislativo n. 297/1994 e della O.M. 23/2/2009, n. 21, dato che non si discosta sostanzialmente da quello contenuto nella procedura per lo svolgimento del concorso bandito nell’anno scolastico 2015/2016.
In particolare viene ribadito che è valutabile come servizio svolto presso enti pubblici anche il servizio civile volontario svolto dopo l’abolizione dell’obbligo di leva.
Sottolineato come ancora una volta il personale Ata sia stato completamente ignorato dalla riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione di cui alla legge 13 luglio 2015, n. 107, quella dei concorsi per soli titoli rimane pertanto l’unica strada praticabile per l’accesso ai ruoli provinciali.
Una strada che oltre a poter essere percorsa esclusivamente da personale con alle spalle anni di servizio a tempo determinato, è in grado, al momento dato, di consentire l’accesso ai ruoli solo di un numero ridotto di aspiranti e ciò principalmente a causa sia di una costante riduzione degli organici che della tendenza a non coprire tutti i posti che si rendono vacanti per dimissioni o collocamento a riposo per raggiunti limiti di età.
Pesa inoltre, anche se limitatamente al profilo dei collaboratori scolastici, la non disponibilità per l’immissione in ruolo degli 11.851 posti accantonati per consentire l’utilizzazione degli oltre 18 mila ex Lsu nelle pulizie delle scuole.
Scuola-lavoro, i nodi al pettine
da ItaliaOggi
Scuola-lavoro, i nodi al pettine
A giorni i chiarimenti dell’Istruzione. I diritti-doveri degli studenti ? Carta ferma al Lavoro
Emanuela Micucci
In dirittura d’arrivo l’aggiornamento della Guida operativa sull’alternanza scuola-lavoro. Il Miur dovrebbe pubblicare già questa settimana il testo in cui si chiariscono i quesiti più frequenti posti fino dalle scuole al ministero. Mentre entro marzo dovrebbe arrivare l’attesa Carta degli studenti e delle studentesse in alternanza, pronta ma ferma al ministero del lavoro per il parere prima di inviata al Consiglio di Stato per l’effettiva emanazione.
Dalle linee guida sull’alternanza degli studenti disabili alla questione della mancata copertura assicurativa degli alunni nel tragitto casa-struttura ospitante, dall’infortunistica al lavoro minorile. E ancora, i periodi di studio all’estero, le attività sportive. Passando per i compensi a dirigente scolastico e a dsga e alle spese ammissibili. Fino ai candidati esterni all’esame di Stato.
Questi alcuni dei temi oggetto dell’integrazione della Guida operativa, presentati di recente alle organizzazioni sindacali in un apposito incontro al Miur, chiedendo loro di inviare osservazioni. Senza, tuttavia, illustrare i contenuti della risposte a quegli argomenti.
«I chiarimenti devono partire dal fissare principi di riferimento per le scuole», spiega il delegato della Fc-Cgil, Gigi Caramia. «Se l’alternanza è obbligatoria, deve essere gratuita per i ragazzi: si pensi alle spese per il trasporto o per l’acquisto di materiale». L’attività di alternanza deve essere connessa con il Ptof della scuola. Allora, un’attività lavorativa retribuita del ragazzo non può essere riconosciuta come alternanza. Né lo possono essere quelle nell’azienda familiare o i “lavoretti estivi”, prassi diffuse soprattutto nei licei come raccontano gli studenti… Il personale deve essere retribuito dalla contrattazione».
C’è poi la questione dell’alternanza per chi supera gli esami di idoneità e per i candidati esterni alla maturità. Il Miur punterebbe a riconoscere le loro attività lavorative, partendo dal dato che la maggior parte degli idonei è uno studente lavoratore, lasciando però aperto il caso degli allievi dell’istruzione familiare e, per tutti, il reale svolgimento del numero minimo di ore fissato dalla legge.
Mentre la delega sulla valutazione stabilisce l’alternanza come requisito per l’ammissione all’esame di Stato per i soli candidati interni esonerando quelli esterni. Ma, poiché l’alternanza entra per tutti nel colloquio orale, prevede poi per i candidati esterni la presentazione di una «relazione o elaborato» che «ha ad oggetto l’esperienza di lavoro eventualmente svolta».
Chiamata diretta, il Miur fa fuori punteggi e anzianità di servizio
da ItaliaOggi
Chiamata diretta, il Miur fa fuori punteggi e anzianità di servizio
Oggi nuovo incontro con i sindacati, verso la stretta
MArco Nobilio
È fissata per oggi alle 10 la riunione a viale Trastevere, tra sindacati e rappresentanti del ministero dell’istruzione, che dovrebbe portare alla stipula dell’accordo che dovrebbe regolare la chiamata diretta. Le parti stanno discutendo sulla base di un’ulteriore proposta dell’amministrazione, che prevede un’altra riduzione del numero dei requisiti (che ora scendono a 19) da correlare alle competenze richieste ai docenti destinatari della chiamata diretta. Nella tabella che elenca questi requisiti non vi è traccia dell’anzianità di servizio e non si fa alcuna menzione di punteggi da applicare per misurare il peso dei singoli titoli. I dirigenti scolastici, dunque, sceglieranno secondo gradimento e, se lo riterranno opportuno, potranno giovarsi di un parere del collegio dei docenti. Parere non vincolante e nemmeno obbligatorio.
Tra le clausole dell’accordo ne n’è una che prevede, infatti, che qualora il collegio, seppur regolarmente convocato, non renda il parere, il dirigente scolastico potrà dare corso alla procedura come se nulla fosse successo. Resta il fatto, però, che rispetto alle proposte precedenti le posizioni delle parti si sono molto avvicinate. Soprattutto dopo che l’amministrazione ha accettato di cancellare dall’elenco delle competenze il titolo di avere ricoperto l’incarico di collaboratore del dirigente scolastico. È probabile, dunque, che si giungerà presto a mettere un punto fermo sull’intesa, in un senso o nell’altro.
Anche perché l’amministrazione ha necessità di avviare subito le procedure di mobilità a domanda (trasferimenti e passaggi) per le quali sono stati già ipotizzati termini molto stretti (dal 14 al 31 marzo o, al massimo, fino al 3 aprile). Così da normalizzare le procedure e scaglionare le operazioni senza ingorghi estivi. La bozza di accordo sulla chiamata diretta reca anche una tabella di marcia cui dovranno attenersi i dirigenti scolastici e gli uffici scolastici, che prevede la fissazione di termini unici su tutto il territorio nazionale per i relativi adempimenti. In ogni caso, le operazioni di chiamata diretta si svolgeranno facendo riferimento ai posti e alle cattedre che rimarranno disponibili all’esito dei trasferimenti e dei passaggi di cattedra e di ruolo. E sarà data priorità ai titolari delle precedenze anche se titolari su ambito.
Quest’anno, infatti, nella medesima procedura convivranno le operazioni di trasferimento e passaggio su istituzioni scolastiche (che daranno titolo all’assunzione della titolarità della sede nell’istituzione scolastica di arrivo) e le operazioni di attribuzione della titolarità su ambito. Pertanto, i docenti titolari su ambito saranno assoggettati all’alea della chiamata diretta. E ciò dovrà avvenire necessariamente all’esito delle operazioni di mobilità: il docente che avrà mantenuto od ottenuto la titolarità sull’istituzione scolastica non sarà sottoposto alla chiamata diretta; i docenti titolari o trasferiti su ambito dovranno, invece, partecipare alla lotteria degli incarichi triennali che si volgerà in due fasi. La prima, mediante la presentazione di un curriculum con il quale il diretto interessato dovrà tentare di invogliare il dirigente scolastico della scuola dove vi siano disponibilità di posti a rivolgergli una proposta di incarico. La seconda tramite l’ulteriore assoggettamento all’alea del trasferimento d’ufficio in una delle scuole dove saranno rimasti posti ancora vuoti all’esito delle operazioni di chiamata diretta.
Le disponibilità residue (ubicate presumibilmente in luoghi svantaggiati) potranno rimanere vuote essenzialmente per 3 motivi: nel caso in cui il dirigente scolastico abbia deciso di astenersi dall’attivare le procedure di conferimento degli incarichi oppure, qualora abbia proceduto, non abbia trovato alcun docente di suo gradimento oppure, infine, pur avendo indirizzato le proposte di incarico i docenti destinatari di tali proposte abbiano ritenuto di non accettare. In tali casi sarà l’ufficio scolastico ad assegnare le sedi ai docenti rimasti senza incarico. Infine, dopo questa operazione, l’ufficio procederà ad assegnare la sede ai neoimmessi in ruolo, prima ai docenti tratti dalle graduatorie di merito dei concorsi ordinari e poi individuandoli tramite lo scorrimento delle graduatorie a esaurimento. L’avvio delle procedure di chiamata diretta dovrà avvenire entro un termine unico, distinto per ciclo di istruzione, e sarà fissato entro un dato numero di giorni prima della pubblicazione degli esiti della mobilità. Sarà unico su tutto il territorio nazionale il termine per l’invio delle proposte di candidatura corredate di curricula da parte dei docenti interessati.
Unici anche i termini l’avvio delle procedure di individuazione per l’invio delle proposte di incarico e per la formalizzazione degli incarichi stessi. Ciò dovrebbe dare tempi certi alle operazioni, che dovranno necessariamente concludersi in tempo utile per consentire lo svolgimento delle operazioni di mobilità annuale (utilizzazioni e assegnazioni provvisorie) e di assunzione dei supplenti sia da parte degli uffici che dei dirigenti scolastici.
Precariato, un piano pluriennale
da ItaliaOggi
Precariato, un piano pluriennale
Iter slim per i prof già abilitati e con 36 mesi di servizio
Alessandra Ricciardi
Rispunta il piano pluriennale per assumere i precari storici della scuola. Era stato ventilato anche all’inizio della Buona scuola, la riforma del governo di Matteo Renzi, allora prevalse il «tutti e subito» del premier. Poi non sono stati tutti, anche perché nel frattempo nuovi docenti si sono abilitati e altrettanti hanno ottenuto dai giudici il diritto a essere inseriti nelle graduatorie a esaurimento. E neppure subito, viste le lentezze e le difficoltà che hanno connotato l’ultimo concorso. Ora la ministra Valeria Fedeli si trova a dover fronteggiare il pressing dei precari delle graduatorie ad esaurimento, 80 mila di cui 30 mila diplomati magistrali inseriti dai Tar, circa 65 mila solo tra infanzia e primaria. E poi ci sono i precari della seconda fascia, non in Gae, quelli della terza fascia con più di 36 mesi di servizio e tutti quelli che hanno insegnato per brevi periodi e comunque avanzano pretese. Una platea ancora da definire soprattutto a livello territoriale. La radiografia promessa dal sottosegretario all’istruzione Vito De Filippo, nei giorni scorsi in parlamento, non è ancora ultimata. Sarà decisiva per definire modalità e tempistica del nuovo piano.
Le decisioni sull’architettura complessiva vanno però prese velocemente: il parlamento dovrà consegnare il parere al decreto attuativo della Buona scuola, uno dei nove decreti delegati previsti, su formazione e reclutamento entro la prossima settimana. Nel giro di un mese, il ministero dovrà recepire le eventuali modifiche. Solo in questo spazio si potrà definire il nuovo piano pluriennale. Essenziale dunque le interlocuzioni che in questi giorni vedono in campo Pd e ministero.
Un dato sta emergendo abbastanza chiaramente intanto: i posti a disposizione sono insufficienti per avviare la cosiddetta fase transitoria già da questo prossimo settembre per mettere in ruolo i docenti abilitati della seconda fascia, dopo il superamento di una sola prova orale, che consisterebbe nella simulazione di una lezione. Percorso semplificato, rispetto a quello già previsto dalla delega, anche per i precari non abilitati con più di 36 mesi di servizio. Allo studio inoltre la possibilità di derogare al tetto del 10% di idonei del concorso da mettere in graduatoria: lì dove i vincitori dovessero essere di più rispetto ai posti messi a concorso, in presenza di cattedre disponibili, si andrebbe allo scorrimento della lista degli idonei senza ricorrere a un nuovo concorso. Essenziale dunque è che il piano sia articolato su più anni.
Per il prossimo settembre la disponibilità di posti vacanti dovrebbe andare dai 45 mila ai 55 mila, il differenziale è dato dalle cattedre di organico di fatto da mettere in diritto e su cui prosegue il braccio di ferro tra l’Economia, che resiste sulle 11 mila, e l’Istruzione, che ne chiede 20 mila. Del pacchetto di posti, che già sconta il turnover e le assunzioni residue del 2016/2017, il 60% andrà a nuove assunzioni, il 40% a mobilità. Con la naturale conseguenza che lì dove si dovessero scoprire cattedre causa trasferimenti, anche in questo caso si andrà ad assunzioni. Insomma, la percentuale delle assunzioni a settembre dovrebbe salire rispetto al 60% previsto sulla carta. Ma comunque non basta.
«Se il governo Renzi», dice Francesca Puglisi, capogruppo del partito democratico in commissione istruzione al senato, «non avesse investito 3 miliardi all’anno e altri 400 milioni nell’ultima legge di bilancio per la stabilizzazione dell’organico di fatto, svuotando gran parte delle graduatorie di prima fascia, oggi non potremmo iniziare a pensare soluzioni per la stabilizzazione dei precari di seconda e terza fascia di istituto con 36 mesi di servizio». La mozione votata al senato la scorsa settimana mette nero su bianco la necessità di garantire la continuità didattica agli studenti, eliminando la precarietà dei docenti, in stretta relazione, dice sempre la Puglisi, con quanto previsto dalla legge 107. Un obiettivo pienamente condiviso dalla Fedeli, che però vuole evitare errori e caos, quelli che hanno accompagnato il piano varato dal suo predecessore, Stefania Giannini. Il nuovo piano è anche un biglietto da visita per il Pd che sarà alle prossime elezioni.
Dirigenti scolastici, il concorso slitta ad aprile: «Nuovo regolamento»
da Corriere della sera
Dirigenti scolastici, il concorso slitta ad aprile: «Nuovo regolamento»
Era stato annunciato a dicembre, il nuovo concorso per presidi che avrebbe dovuto colmare le carenze del sistema ed evitare le reggenze complesse che negli ultimi anni hanno reso complicatissima la vita di alcuni dirigenti scolastici
Valentina Santarpia
Sarà bandito ad aprile il concorso per dirigenti scolastici: sono queste le ultime novità che arrivano dal ministero dell’Istruzione dopo l’ennesimo rinvio. Atteso da anni, per coprire almeno un migliaio di posti vuoti fino al 2020, era stato annunciato dalla ministra Stefania Giannini lo scorso anno come una delle novità del nuovo corso del sistema scolastico. Obiettivo? Evitare presidi che gestiscono fino a 8 istituti distanti tra loro e con differenti esigenze, e restituire finalmente alla figura del dirigente tutta la dignità che il nuovo ruolo di responsabilità disegnato dalla Buona scuola le attribuiva. Il concorso doveva svolgersi a dicembre, con una prova preselettiva, una prova scritta ed una orale per accertare le competenze anche linguistiche e infine un corso di formazione dirigenziale di 4 mesi più un tirocinio di altri 4 mesi. Ma il bando non è mai arrivato.
La conta dei posti vuoti
Il ministero della Funzione pubblica e quello delle Finanze, quando hanno visto il regolamento, hanno infatti riscontrato delle imprecisioni, delle irregolarità, delle carenze nelle procedure, che avrebbero potuto inficiare il concorso. E allora hanno spedito tutto di nuovo al mittente. I tecnici del Miur si sono rimessi al lavoro, e adesso hanno prodotto un nuovo regolamento, che per le linee generali assomiglia al precedente ma chiarisce alcuni aspetti procedurali considerati fondamentali. Questo regolamento dovrà ricevere il visto del Consiglio di Stato, e solo allora si potrà bandire il concorso. Non prima di un mese e mezzo. Con la speranza che non ci siano altri intoppi, pena il serio rischio stallo per diverse regioni. Due anni fa l’Anief stimava che nel 2016 ci sarebbe stata una scuola su 4 senza preside, e di fattole scuole senza preside nello scorso anno scolastico erano stimate sulle 1500, con un numero record di reggenze in Lombardia (più di 150), in Veneto (135), in Emilia (173), a Roma (90). Difficile immaginare che, se il concorso verrà bandito in aprile, potrà portare nuovi presidi in classe già a settembre. Quindi nell’anno scolastico 2017-2018 la situazione sembra destinata a peggiorare.
Il piatto piange
Per non parlare degli stipendi. Quello di un preside si aggira intorno ai 50-60 mila l’anno, ma chi ha una reggenza percepisce appena 700 euro in più (lordi) al mese: quindi le reggenze di fatto permettono allo Stato di risparmiare, ma ingolfano le competenze dei presidi. Che infatti sono sul piede di guerra e hanno promosso una petizione per chiedere strumenti di lavoro efficaci e retribuzioni giuste: «La complessità gestionale di un’istituzione scolastica non è seconda a nessun’altra amministrazione né per ampiezza di competenze né per numero di addetti o di soggetti governati. Appare pertanto con ogni evidenza che l’attuale trattamento economico riservato ai dirigenti scolastici è del tutto ingiustificato», scrivono. E al danno, in certi casi, si aggiunge la beffa: Udir segnala la richiesta da parte del ministero dell’Istruzione di cifre fino a 10 mila euro per retribuzioni percepite ingiustamente da dirigenti scolastici calabresi e veneti tra il 2012 e il 2015. «La lettera ad personam sta arrivando a 600 presidi veneti e presto anche a quelli calabresi: in alcuni casi le cifre da restituire sarebbero del 25% superiori a quelle pattuite dai sindacati rappresentativi nei CCNL e nei CIR firmati per effetto del dimensionamento, che nei tagli colpisce pure i dirigenti lucani», denuncia il sindacato, concludendo: «Siamo alla follia: hanno stipendi dimezzati e ora il ministero vuole indietro i soldi».
Deleghe L.107/15, alla primaria arrivano le lettere A-B-C-D-E al posto dei voti
da La Tecnica della Scuola
Deleghe L.107/15, alla primaria arrivano le lettere A-B-C-D-E al posto dei voti
Cresce l’attesa sulle probabili modifiche, previste per la settimana prossima, ai decreti applicativi del comma 181 della Legge 107/2015, l’ultima riforma della scuola.
Il 17 marzo è il termine ultimo per l’espressione dei pareri delle Camere sugli otto schemi di decreto, che dal giorno dopo torneranno al Governo per l’ok definitivo.
Ma quali sono le proposte emendative, anche frutto delle audizioni di sindacati e associazioni del mondo della scuola?
Secondo l’Ansa, già dall’8 marzo potrebbe arrivare qualche “verdetto”. Rispecchiando, così, l’auspicio espresso qualche giorno fa dal ministro dell’Istruzione, secondo cui i pareri dei parlamentari sarebbero giunti attorno al 10 marzo.
Ora, a quanto ci risulta, è stata una previsione ottimistica. Perché ancora non sarebbe quadrato il cerchio su diversi decreti. E si potrebbe arrivare così sino all’ultimo giorno possibile, forse anche ora.
Ad iniziare da quello su valutazione, certificazione delle competenze ed esami di stato. In queste ore – scrive ancora l’Ansa – ancora si discute dell’opportunità o no di dare voti nel primo ciclo: nella riforma si propone di sostituirli con le lettere A-B-C-D-E.
Più di un dubbio, tra i parlamentari coinvolti, ci sarebbe anche la “media del 6”, come requisito minimo per l’ammissione agli esami di maturità (mentre oggi è indispensabile la sufficienza in tutte le discipline del quinto anno, condotta compresa. Mentre aver partecipato ai test Invalsi, a prescindere dall’esito, resterebbe, invece, passaggio necessario.
Nel decreto su formazione e reclutamento modifiche dovrebbero riguardare sia i tempi della fase transitoria, che durerà almeno fino al 2020, sia i precari non abilitati con più di 36 mesi di servizio: sono i docenti non di ruolo inseriti oggi solo nella terza fascia d’istituto, in possesso però dei titoli di accesso e del servizio minimo per rivendicare l’immissione in ruolo.
Sostanziali cambiamenti sono attesi anche nel decreto relativo all’inclusione scolastica degli alunni disabili: il tetto degli studenti per classe dovrebbe tornare a 20 e correzioni dovrebbero consentire un maggior coinvolgimento delle famiglie nei “luoghi di decisione” oltre che “sanare” la questione dell’esame di terza media (al centro delle polemiche la previsione di un attestato di credito formativo agli alunni disabili invece del diploma di licenza).
8 marzo, basta stereotipi: le studentesse contano, al Miur incontro sul linguaggio dell’amministrazione
da La Tecnica della Scuola
8 marzo, basta stereotipi: le studentesse contano, al Miur incontro sul linguaggio dell’amministrazione
“Chi ha detto che la matematica e le materie scientifiche o tecnologiche non sono adatte alle ragazze?”.
“Non c’è nulla che una studentessa e uno studente non possano ottenere impegnandosi. Il nostro è il Paese di Rita Levi Montalcini, una delle più grandi scienziate della storia. Un Paese con incredibili studiose e ricercatrici. Purtroppo le nostre ragazze sono condizionate inconsapevolmente da pregiudizi e stereotipi secolari. Voi studentesse contate. Non lasciate che qualcuno affermi il contrario”.
A dirlo è stata la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, nel lanciare la seconda edizione del Mese delle #Stem che prenderà il via l’8marzo, in occasione della Giornata Internazionale della Donna.
L’iniziativa è realizzata in collaborazione con il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri e rientra nella strategia di attuazione della Buona Scuola (comma 16) e nell’azione 20 prevista dal Piano Nazionale Scuola Digitale.
Il Mese delle #Stem – ricorda il Miur – ha l’obiettivo di sensibilizzare le nuove generazioni sul tema delle pari opportunità e sul superamento degli stereotipi e delle false credenze fra cui quella che vorrebbe le ragazze meno inclini allo studio delle cosiddette discipline Stem (acronimo di Science, Technology, Engineering and Math).
Cosa accadrà, dunque, dall’8 marzo? Per un mese tutte le scuole italianepotranno collegarsi al sito del Miur www.noisiamopari.it e avere accesso a materiali informativi raccolti grazie al coinvolgimento di enti, associazioni ed esperti e messi a disposizione per sensibilizzare e orientare le studentesse e gli studenti allo studio delle materie scientifiche e tecnologiche.
Le ragazze e i ragazzi potranno conoscere le esperienze di vita e professionali di scienziate e ricercatrici, potranno mettersi alla prova attraverso percorsi di formazione e didattica specifica o in giochi logico-matematici, potranno entrare in contatto con le ricadute di queste discipline nella quotidianità e nel processo di sviluppo del Paese.
Ogni scuola potrà, inoltre, aderire all’iniziativa “Le studentesse contano!” selezionando una ragazza talentuosa e appassionata ad una di queste discipline, alla quale destinare un percorso di formazione specifico, che verrà svolto con il coinvolgimento dell’intero istituti di appartenenza.
Tutti i materiali prodotti e tutte le attività – che potranno essere svolte anche in orario extrascolastico – costituiranno una documentazione di buone pratiche che sarà ospitata sul sito del Miur.
La giornata dell’8 marzo sarà dedicata anche alla riflessione sul superamento del divario fra uomini e donne nel linguaggio, a partire da quello amministrativo. Alle ore 12.30 nella Sala della Comunicazione del Miur, si terrà infatti il convegno dal titolo “Donne e linguaggio dell’amministrazione”, tavola rotonda sull’utilizzo dei generi grammaticali nella redazione di testi normativi e degli atti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
All’incontro prenderanno parte la Ministra Fedeli, che ha fortemente voluto questo momento di approfondimento; Claudio Mazzarini, Presidente dell’Accademia della Crusca; Cecilia Robustelli, docente di Linguistica e filologia all’Università di Modena e Reggio Emilia; Sabrina Bono, prima Capo di Gabinetto donna del Miur, e Claudia Arletti, vice caporedattrice de “La Repubblica” e autrice del libro “Sindaco e sindaca. Il linguaggio di genere”. A valle dell’incontro, sarà istituito un gruppo di lavoro interno al Ministero per la redazione di un documento di indirizzo sul linguaggio da utilizzare all’interno dell’Amministrazione.
A completamento di questo momento di approfondimento, verranno inoltre intitolate all’interno del Miur due sale: una a Tullio De Mauro, il linguista recentemente scomparso cui si deve uno studio e una ricerca sulla nostra lingua che sono eredità straordinaria per il nostro Paese, l’altra a Franca Falcucci, prima donna a ricoprire l’incarico di Ministra dell’Istruzione negli anni ’80 del secolo scorso, il cui contributo è stato determinante per la costruzione di una scuola inclusiva nei confronti delle studentesse e degli studenti con disabilità.
Durante il corso della giornata, la Ministra Fedeli parteciperà alle 11 alle celebrazioni della Giornata Mondiale della Donna che si terranno al Quirinale alla presenza del Presidente Mattarella, che premierà le scuole vincitrici del concorso “Donne per la pace”.
Cisl-Scuola vs Flc-Cgil: sciopero 8 marzo improprio e inutile
da La Tecnica della Scuola
Cisl-Scuola vs Flc-Cgil: sciopero 8 marzo improprio e inutile
Con un neanche troppo ironico comunicato Cisl Scuola prende nettamente le distanze dallo sciopero dell’8 marzo e quindi anche dai “cugini” della Flc-Cgil.
“Il diritto delle donne al riconoscimento di una piena ed effettiva parità in ambito sociale e lavorativo, il contrasto duro e determinato alla violenza di genere, la lotta a ogni forma di discriminazione e di asservimento sono per la Cisl Scuola principi inderogabili e obiettivi da assumere anche nella definizione delle proprie strategie sindacali. L’8 marzo è come sempre l’occasione per ribadirli in tutta la loro importanza, con modalità e iniziative che favoriscano il massimo di unità, coinvolgimento e condivisione“: così si apre il comunicato a firma della segretaria nazionale Maddalena Gissi.
“Per la missione che svolge – aggiunge Gissi – la scuola contribuisce in modo determinante ad affermare una cultura di dignità e rispetto, presupposto indispensabile per contrastare alla radice l’insorgere di comportamenti discriminatori: la celebrazione dell’8 marzo offrirà certamente lo spunto per dare particolare risalto a questi temi nell’azione educativa e didattica”.
La conclusione è scontata: “Pensiamo che sia questo il modo migliore per valorizzare la ricorrenza”; meno scontate le ultime due righe (ma, si sa, in genere il veleno sta proprio nella coda): “senza alcun bisogno di inseguire iniziative estemporanee che utilizzano impropriamente gli strumenti dell’azione sindacale”.
Il riferimento alla Flc-Cgil non è per nulla casuale.
Ancora pochi giorni per richiedere il part-time: c’è tempo fino al 15 marzo
da La Tecnica della Scuola
Ancora pochi giorni per richiedere il part-time: c’è tempo fino al 15 marzo
Può presentare domanda il personale docente, educativo ed Ata, ad eccezione dei Direttori dei Servizi Generali Amministrativi. L’istanza deve essere prodotta all’Ambito Territoriale della provincia di appartenenza, tramite il Dirigente scolastico della scuola di servizio.
Anche quest’anno, così come stabilito in via permanente dall’O.M. n. 55/98, è fissata al 15 marzo la data di scadenza per la presentazione delle domande per la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale o rientro a tempo pieno del personale docente e ATA a tempo indeterminato.
Il part-time può essere però concesso anche al personale a tempo determinato. Infatti, gli artt. 25, comma 6 (per i docenti), e 44, comma 8 (per gli Ata), del Ccnl scuola del 2007 hanno chiarito che “l’assunzione a tempo determinato e a tempo indeterminato può avvenire con rapporto di lavoro a tempo pieno o a tempo parziale”. Quindi, per i lavoratori che instaurano un nuovo rapporto di lavoro a tempo determinato, è possibile l’attivazione del part-time anche al momento della sottoscrizione del contratto individuale di lavoro.
Presentazione dell’istanza
La domanda può essere presentata all’Ambito Territoriale della provincia di appartenenza, tramite il Dirigente Scolastico della scuola di servizio dai docenti delle scuole di ogni ordine e grado, dal personale educativo, dal personale ATA (esclusi i Dsga) e dal personale utilizzato in altri compiti per motivi di salute che intendano trasformare il proprio rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time o modificare il proprio rapporto di part-time o ancora revocare il proprio contratto di part-time e rientrare a tempo pieno.
Nella domanda, il richiedente deve indicare esplicitamente la tipologia di part-time che si vuole ottenere, vale a dire:
- part-time orizzontale (prestazione di servizio ridotta in tutti i giorni lavorativi);
- part-time verticale (prestazione distribuita solo su alcuni giorni della settimana, del mese o di determinati periodi dell’anno);
- part-time misto (combinazione delle due precedenti modalità).
Gli originali delle istanze devono essere trattenuti dalle istituzioni scolastiche per la successiva predisposizione e stipula del contratto individuale di lavoro a tempo parziale, che potrà avvenire solo previa pubblicazione da parte dell’Ufficio scolastico provinciale competente per territorio dell’elenco del personale ammesso al regime di lavoro part-time.
A titolo esemplificativo si rimanda ai modelli pubblicati dall’U.S.R. per la Liguria:
Precedenze
La Legge n. 247 del 24 dicembre 2007 ha introdotto il diritto di precedenza per “i lavoratori del settore pubblico e del settore privato affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita, accertata da una commissione medica istituita presso l’azienda unità sanitaria locale territorialmente competente”, i quali hanno appunto diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale verticale od orizzontale. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno a richiesta del lavoratore.
Il diritto di precedenza non riguarda solo i malati, ma anche chi presta loro assistenza. Infatti, la medesima legge prescrive che “in caso di patologie oncologiche riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice, nonché nel caso in cui il lavoratore o la lavoratrice assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, che assuma connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, alla quale è stata riconosciuta una percentuale di invalidità pari al 100 per cento, con necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita […], è riconosciuta la priorità della trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale”.
Analogamente “in caso di richiesta del lavoratore o della lavoratrice, con figlio convivente di età non superiore agli anni tredici o con figlio convivente portatore di handicap ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, è riconosciuta la priorità alla trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale”.
Durata del contratto
Il contratto di part-time dura, di norma, due anni scolastici per un numero di ore settimanali almeno del 50 per cento.
Al termine del biennio, in assenza di diversa comunicazione da parte dell’interessato, il part-time si intende automaticamente prorogato di anno in anno. Scaduti i primi due anni, non è pertanto richiesta la presentazione di una nuova richiesta ai fini della prosecuzione del rapporto di lavoro in regime di part-time. Devono essere invece esplicitamente richiesti il ritorno al tempo pieno o eventuali modifiche del proprio part-time.
Rientro a tempo pieno
Per quanto riguarda il personale che chiede di rientrare a tempo pieno, compete alle istituzioni scolastiche la predisposizione e la adozione del provvedimento di reintegra e la chiusura del contratto a SIDI, cui seguirà la trasmissione all’Ambito territoriale.
Può anche verificarsi il caso di lavoratori che, solo dopo un anno in part-time, chiedano di riconvertire l’orario a tempo pieno. In queste situazioni il procedimento amministrativo è affidato agli Ambiti territoriali degli Uffici scolastici regionali; pertanto le scuole dovranno trasmettere all’U.s.p. tali istanze in originale. Eventuali domande in tal senso potranno essere accolte solo se adeguatamente motivate e tenendo conto anche situazione complessiva degli organici.
Part-time per i neo-immessi in ruolo
Il CCNL Scuola, all’art. 39, disciplina i rapporti di lavoro a tempo parziale per i docenti, mentre l’art. 58 riguarda il personale ATA.
Per i docenti, il comma 1 dell’art. 39, prevede che “L’Amministrazione scolastica costituisce rapporti di lavoro a tempo parziale sia all’atto dell’assunzione sia mediante trasformazione di rapporti a tempo pieno su richiesta dei dipendenti interessati, nei limiti massimi del 25% della dotazione organica complessiva di personale a tempo pieno di ciascuna classe di concorso a cattedre o posti o di ciascun ruolo e, comunque, entro i limiti di spesa massima annua previsti per la dotazione organica medesima”.
Per il personale ATA, il comma 1 dell’art. 58 dispone: “Per il personale di cui al precedente art. 44, nelle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative possono essere costituiti rapporti di lavoro a tempo parziale mediante assunzione o trasformazione di rapporti a tempo pieno su richiesta dei dipendenti, nei limiti massimi del 25% della dotazione organica provinciale delle aree di personale a tempo pieno, con esclusione della qualifica di DSGA e, comunque, entro i limiti di spesa massima annua previsti per la dotazione organica medesima“.
Per coloro che otterranno l’immissione in ruolo dal 1° settembre 2017, la richiesta di part-time deve essere presentata alla stipula del contratto e deve essere indirizzata, per il tramite del Dirigente scolastico della scuola di servizio, all’Ambito Territoriale competente.
Sciopero delle donne 8 marzo, Fedeli contraria: ‘Questo non è il mio modo di operare’
da Tuttoscuola
Sciopero delle donne 8 marzo, Fedeli contraria: ‘Questo non è il mio modo di operare’
Domani, 8 marzo, giornata nera a causa dello sciopero che coinvolgerà i trasporti e la scuola. Saranno infatti tantissimi gli istituti chiusi per darsi appuntamento in piazza per le manifestazioni organizzate in diverse città per rivendicare migliori condizioni di lavoro e per sostenere lo sciopero globale della donna, lanciato dal movimento “Non una di meno”. In proposito si è espressa la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli in un’intervista rilasciata a Repubblica.
“La piattaforma di ‘Non una di meno’ che prevede lo sciopero per l’8 marzo non è il mio modo di operare – ha detto Fedeli – Sottovaluta i passi importanti che il Parlamento ha fatto, come mettere soldi sull’astensione dal lavoro retribuita al cento per cento se la donna denuncia il proprio partner violento. O il piano straordinario con finanziamenti per i centri anti-violenza. Non basta? E’ qualcosa, e va riconosciuto“.
“Semmai – ha continuato la ministra – c’è un tema su cui siamo molto in ritardo: contrastare discriminazioni e violenza sulle donne riguarda gli uomini, dobbiamo discuterne e affrontarlo insieme. Questa piattaforma non ha unito, e mi dispiace. Il Parlamento italiano ha fatto passi concreti. Non riconoscerli non è utile“, dichiara Fedeli, che propone: “Perché non andare piuttosto sui luoghi di lavoro a coinvolgere le persone? Così si rischia di discutere dello strumento, lo sciopero, non di discriminazioni”. In casa, racconta Fedeli, “non ci sono mai, lavoro dalle 7 del mattino a sera tardi. Ma da quarant’anni il mio impegno contro la discriminazione è quotidiano” ed “è da qui che devono partire le donne. Dal pretendere rispetto reciproco e dal condividere le responsabilità“.
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