DOCUMENTO D’INDIRIZZO DEL CONSIGLIO NAZIONALE

Il Consiglio Nazionale ANP, riunitosi a Tivoli l’1 e il 2 aprile, ha preso in esame la situazione politica generatasi nei rapporti con il Governo in seguito alle ultime decisioni che incidono pesantemente sulle prerogative dei dirigenti delle scuole e, al tempo stesso, sugli interessi dell’utenza.

Dopo ampio dibattito è stato votato all’unanimità un Documento di indirizzo sulla cui base saranno emanati nei prossimi giorni tutti gli atti conseguenti, consistenti nella proclamazione dello stato di agitazione della categoria e nell’articolazione tecnica delle forme di protesta ritenute necessarie.

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DOCUMENTO D’INDIRIZZO DEL CONSIGLIO NAZIONALE ANP

Tivoli, 2 aprile 2017

Il 30° anniversario della fondazione di ANP coincide con una profonda trasformazione della linea politica del Governo, il cui spartiacque è rappresentato dall’Intesa politica del 30 novembre 2016 tra il Dipartimento della Funzione Pubblica e tre sindacati confederali.

ANP aveva salutato con favore la breve stagione riformatrice che ha prodotto nel settembre 2014 il documento “La Buona Scuola” e nel luglio 2015 la legge 107, malgrado alcuni evidenti limiti, nella convinzione che il decisore politico volesse “cambiare verso” al sistema scolastico, rimettendolo al servizio del Paese, della sua crescita, delle speranze delle nuove generazioni.

Proprio per questo motivo, ci sentiamo legittimati a denunciare la pesante inversione di marcia rappresentata dalla citata intesa e dal successivo accordo del 29 dicembre, volti esclusivamente al recupero di un consenso che in occasione del referendum istituzionale è comunque mancato.

In questo scenario rischiano di saltare alcuni capisaldi della riforma e torna ad essere messo in discussione il ruolo stesso del dirigente scolastico, nel segno di un recupero della contiguità tra Governo e sindacato di comparto.

Era inevitabile che nel nuovo clima concertativo il ruolo del dirigente scolastico subisse l’attacco più pesante, in quanto emblema di un cambiamento che al falso mito della collegialità ha sostituito una significativa responsabilizzazione del sistema, delimitando i ruoli e introducendo meccanismi di pianificazione e di riconoscimento del merito che davano valore e sostanza all’autonomia delle istituzioni scolastiche.

ANP non è disposta ad accettare:

che venga messa in discussione la gerarchia delle fonti alla base del nostro stato di diritto. Nessuno riuscirà a convincerci che una norma pattizia possa avere la prevalenza su una norma di legge;
che le prerogative che i dirigenti di tutte le altre funzioni pubbliche esercitano in piena autonomia siano subordinate, nella scuola, a prassi co-decisionali e ad accordi sindacali del tutto impropri, dal momento che il dirigente scolastico resta l’unico soggetto giuridico a rispondere in termini di responsabilità e di valutazione;
che i dirigenti scolastici siano considerati gli “sherpa” dell’amministrazione scolastica sui quali far gravare tutti i carichi burocratici senza però riconoscerne il ruolo sul piano giuridico e retributivo;
che i diritti dei cittadini siano subordinati agli interessi delle categorie sindacalmente rappresentate. La scuola esiste per chi vi studia e va costruita e gestita sulle esigenze degli alunni e delle loro famiglie. I dirigenti scolastici sono pienamente consapevoli del loro ruolo di garanti dell’interesse generale;
che si perpetui una iniqua ed umiliante sperequazione retributiva tra i dirigenti scolastici e gli altri dirigenti pubblici, resa ancor più penalizzante dall’acclarata disparità di carichi di lavoro e di responsabilità che grava sui primi. La prossima riapertura dei tavoli contrattuali deve sanare questa situazione: nessuno pensi a nuovi rinvii e a nuove giustificazioni;
che si attivi una procedura di valutazione, nella quale continuiamo a credere solo se applicata nei tempi dovuti e riferita ad un ruolo dirigenziale autorevole e pieno. Se le regole del gioco, sancite da una legge dello Stato, dovessero cambiare in corso d’opera non avrebbe più senso parlare di valutazione, l‘operazione si ridurrebbe infatti ad un inutile e vuoto gioco di ruolo o,peggio, in un’azione di condizionamento e svuotamento delle funzioni dirigenziali.
Non vogliamo che la compostezza della categoria venga erroneamente scambiata per passività e che la riserva di pazienza a cui finora abbiamo attinto sia considerata inesauribile. Non è così; stavolta la misura è colma e ANP sente il dovere di farsi interprete di questo profondo malessere.

ANP chiede pertanto al Governo di tutelare l’interesse generale della scuola, i diritti degli studenti e delle famiglie e il ruolo dei dirigenti scolastici che ne sono i garanti.

Nell’attesa che questo si verifichi non solo sul piano legislativo ma anche su quello contrattuale, ANP proclama lo stato di agitazione della categoria e chiama tutti i dirigenti scolastici a difendere i loro diritti e la dignità del loro lavoro attraverso l’adozione delle seguenti forme di protesta:

indisponibilità ad ottemperare a tutte le incombenze relative alla procedura valutativa a partire dalla compilazione del portfolio, fino a quando non saranno dati ai dirigenti strumenti e poteri coerenti con la qualifica dirigenziale;
indisponibilità a gestire la procedura della chiamata diretta in tempi troppo ristretti e coincidenti col periodo estivo, anche in risposta alle azioni successive dell’Amministrazione che hanno contraddetto l’istituto stesso della chiamata;
motivata indisponibilità ad assumere le reggenze;
motivata rinuncia preventiva o dimissioni da incarichi non obbligatori affidati dall’Amministrazione scolastica;
motivata indisponibilità a sostituire nel primo grado di giudizio l’Avvocatura dello Stato;
indisponibilità a rispondere a richieste di dati già in possesso dell’Amministrazione, ponendo un freno alle richieste ripetute di monitoraggio e di rilevazione.
ANP inoltre conferma la volontà di organizzare una manifestazione nazionale a cui sarà invitata l’intera categoria e a promuovere nei territori un nuovo ciclo di assemblee, aperte ai rappresentanti politici, a sostegno della prossima tornata contrattuale nazionale.

La scuola italiana tra innovazione e restaurazione

La scuola italiana tra innovazione e restaurazione
Un grazie a Francesco Scoppetta

di Stefano Stefanel

 

Francesco Scoppetta è un dirigente scolastico andato in pensione da non molto. Di recente ha pubblicato un libro molto bello sulla scuola (La fabbrica dei voti finti, Armando, Roma 2017) e me lo ha inviato per posta con una dedica molto significativa: “A Stefano Stefanel che può capire bene “cosa” ho scritto e soprattutto “perché” dopo una intera vita lavorativa. Con tanta stima. Francesco Scoppetta”. Non solo capisco perfettamente il “cosa” e il “perché”, ma anche ritengo che Scoppetta, come pochi, sia andato col suo libro al centro dei problemi della scuola italiana. Il suo libro è venato di amara ironia e di un pessimismo “sistemico” e ciò trova conferma nei fatti più di quanto lo trovino il mio ottimismo e la mia propensione a vedere il lato buono delle cose. Nel libro di Scoppetta c’è qualche eccesso nelle generalizzazioni, ma il libro dalla prima all’ultima pagina sta “sul pezzo” e trasmette la grande competenza e la grande passione di chi ha sempre lavorato per la scuola e non solo nella scuola.

Credo che sia io sia Scoppetta abbiamo un grande e reale difetto: riteniamo che l’istruzione e gli apprendimenti dei giovani non siano beni negoziabili. Il libro di Scoppetta invece dimostra – al di là di ogni ragionevole dubbio – come la negoziazione del diritto all’apprendimento sia l’elemento caratterizzante del sistema scolastico italiano, chiuso tra interessi corporativi, difese ideologiche, mansionari irrealistici, diritti dei lavoratori che non coincidono se non in minima parte con quello del soggetto che viene a scuola per apprendere. Si sa che quando uno scrive di avere un difetto vuol far capire al lettore che uno invece ha un grosso pregio. In questo caso invece penso seriamente che sia io sia Scoppetta siamo “difettosi” perché incapaci di adeguarci all’esistente e sempre critici verso una realtà scolastica che bara sui dati e non vuole assumersi delle responsabilità reali per gli esisti degli apprendimenti di questi studenti e sulla loro spendibilità nel mondo del lavoro e dell’università.

Non recensirò comunque qui il libro di Scoppetta, che invito caldamente a leggere, ma trarrò alcuni spunti dal suo libro per commentare la complessa attualità che ci sta davanti e che mette a dura prova anche un “ottimista catastrofista” come sono io. Catastrofista perché immagino che ogni stupidaggine produca una catastrofe definitiva, ottimista perché constatando che queste mie temute catastrofi non avvengono mai e così ogni giorno mi dico che le cose non potrebbero andare meglio. Questo contro tutti coloro che vengono smentiti dalla realtà e non se ne capacitano prendendosela con direttamente quella realtà: “Non abbiamo raccolto le firme per il referendum? Colpa del sistema e della Cgil”; “Tutti fanno l’alternanza scuola lavoro? Esperienza fallimentare in mano a poteri forti”; “La Riforma Gelmini delle superiori non ha distrutto la scuola secondaria? Solo perché gli insegnanti sono bravi e qualunque riforma gli passa a lato”; “La Buona scuola sta portando più soldi e più personale alle scuole? Il problema è un altro”; “La valutazione dei dirigenti? Necessaria, ma non questa”; “La valutazione dei docenti? Solo se seria”. Si potrebbe continuare ad enumerare aporie e scantonamenti vari, ma in questo il libro di Scoppetta è imbattibile. Le frasi sono mie, non di Scoppetta, ma mi sono venute in mente leggendolo. Speriamo mi perdoni.

 

PIERO ROMEI

Scoppetta ha il grande merito di tratteggiare il reale “passaggio a nord ovest” della scuola italiana: Piero Romei. Da ottimista dico che senza la lettura di Romei del sistema scolastico e del concetto di organizzazione che vi è sotteso non ci sarebbe stata l’autonomia scolastica con tutto quello che ha portato (e che io nel complesso giudico estremamente positivo). Personalmente penso che l’autonomia della scuola italiana sia incompiuta in un solo punto: la responsabilità. Tutte le componenti della scuola, a partire dai sindacati e dai dirigenti scolastici, vogliono una responsabilità “à la carte”, dove ogni soggetto decide che responsabilità vuole assumersi e quale invece non vuole assumersi. In questi giorni è partita la valutazione dei dirigenti scolastici, prevista dalle norme codificate nel 2001 e istitutive della dirigenza scolastica e precisata dalla legge 107/2015. La valutazione è rimasta tema latente fino a che il Miur non ha costituito i Nuclei di valutazione e non li ha associati ai dirigenti scolastici, creando la piattaforma, la formazione per i nuclei, il portfolio, un calendario di massima delle visite.

I sindacati dei docenti, ma che associano anche un certo numero di dirigenti scolastici (CGIL, CISL, UIL, SNALS, GILDA) e ANP in breve tempo hanno preso la strada maestra propria di ogni cancellazione che si rispetti, attraverso l’argomento che ti stende: “la valutazione è necessaria e dovuta, ma questa che è partita è sbagliata, quindi fa fermata e rivista”. Il risultato temo e credo sarà l’archiviazione anche di questo tentativo che sembrava stesse riuscendo. Le motivazioni stanno tutte nelle teorie di Romei, ma lette all’incontrario, laddove la responsabilità non va assunta insieme all’autonomia, ma vanno analizzati preliminarmente i termini e laddove l’autonomia concessa dallo stato alle sue autonomie funzionali non sia quella ritenuta corretta ne consegue anche la decadenza del concetto di responsabilità e di conseguenza anche quello connesso di valutazione, che della responsabilità è il primo corollario.

Le organizzazioni a legami deboli apprendono: la lezione di Piero Romei è chiara se non nella testa di chi lavora a scuola nella prassi quotidiana, dove ogni scuola elabora pratiche e documenti in forma totalmente autonoma di cui intende rispondere solo in senso positivo. In tutto questo le autonomie funzionali sono ben spalleggiate dal Ministero, che, ad esempio, lascia in mano ai privati come Eduscopio le classifiche delle scuole secondarie, lavandosi le mani anche delle conseguenze.

 

VALUTAZIONE ANNO ZERO

Lo sviluppo di interessanti documenti come il Piano Triennale dell’Offerta Formativa, il Rapporto di Autovalutazione e il Piando di Miglioramento (si possono anche scrivere distesamente, non occorre chiamarli sempre come astronavi sovietiche) mostra i gravi danni prodotti nella scuola italiana da soggetti preposti alla valutazione degli apprendimenti che non hanno mai studiato come si valuta. Scoppetta nel libro parla degli insegnanti come di “grandi misuratori” e infatti il grande problema della scuola è che gli insegnanti misurano i propri studenti attraverso prodotti obsoleti (compiti e intererogazioni), dentro scale autodefinite e autoreferenziali, che seguono criteri vaghi e applicabili in qualsiasi modo, con tempistiche che negano l’importanza dell’apprendimento sempre sottomesso ai tempi della misurazione.

Tutto il richiamo al non-formale e all’informale si frange su un formale autoreferenziale, che definisce solo il rapporto stretto tra ciò che è stato direttamente insegnato e ciò che viene riprodotto in modo simile. La valutazione – come da sempre ci ammonisce Cinzia Mion – è un’altra cosa, ma vaglielo a spiegare ai docenti che ancora ritengono che il libro di testo sia l’elemento più importante di supporto allo studio. Così avviene che le scuole elaborino curricoli (che sono per lo più programmi bulimici), ma poi utilizzino libri di testo generici per attuarli. Come faceva l’autore del libro a conoscere il curricolo della scuola quando scriveva il libro di testo? Ovviamente non lo conosceva, così ha elaborato il programma che va avanti per suo conto qualunque sia il curricolo scritto nel PTOF. Se il Piano di Miglioramento prevede, ad esempio, la redazione di curricoli verticali, quello stesso Piano dovrebbe anche definire in che modo vengono sostituiti i libri di testo generalisti, non certo scritti per la realizzazione di quel miglioramento.

Se si cambia il metodo di valutazione anche gli esisti cambiano: il libro di Scoppetta porta un numero incredibile di esempi e di casi (anche tratti da altri contesti) in cui la procedura influenza pesantemente l’esito, senza che agli attori protagonisti (gli insegnanti) venga mai in mente che laddove due metodi di valutazione danno esisti diversi sullo stesso soggetto o sullo stesso argomento nessuno dei due ha diritto di prevalere, ma davanti al dubbio si deve agire sempre a favore dell’incolpevole “oggetto” di tanta confusione metodologica. Anche perché gli “attori non protagonisti” (gli studenti) si difendono con forza: se il compito o l’interrogazione devono avvenire su nozioni, studio mnemonico, ripetizione di quanto ascoltato allora il docente deve dire da che pagina a che pagina interrogherà. Un manuale, una versione dei fatti, uno spazio di pagine, un contenuto: le competenze, gli apprendimenti, il problem solving e tutto il resto lo lasciamo agli studi eruditi dei seguaci di Romei (che non sappiamo chi è ma di certo sarà uno bravo). In realtà la scuola attraverso la valutazione dovrebbe correggere gli errori non punirli.

 

TRE AFORISMI

Termino con tre citazioni da Scoppetta che sono anche tre aforismi da tenere a mente:

  • Si producono competenze insegnando sempre sulla base di un contenitore unico delle conoscenze che è il libro?”
  • Una scuola di qualità non è la scuola che promuove tutti o che boccia molto: è quella che insegna bene e fa apprendere molti
  • Nella scuola invece ogni prof. misura a modo suo il sapere (…). La differenza tra misurazione e valutazione non si intende cogliere. Neppure il saper fare è contemplato”.

Qualcosa di nuovo, di Cristina Comencini

“Qualcosa di nuovo”, un film di Cristina Comencini
Donne e uomini alla ricerca della loro identità

 di Mario Coviello

“Voi donne passate metà della vita a programmare cosa volete fare da grandi, e l’altra metà a disfare tutto ciò che avete programmato”.

Ci vuole Luca che con Maria si scopre prestante, un diciannovenne capace di riflettere su se stesso e sui suoi genitori separati, per fare una disamina specifica e sottile, rapida ed efficace, della personalità confusa e in fondo un po’ fragile di due amiche quarantenni.

Maria e Lucia sono molto diverse e amiche intime fin dal liceo. Sono in grado di confrontarsi, criticarsi, e cercare di completarsi a vicenda in ogni occasione che le veda riunirsi.

Tanto una, la bionda, impiegata separata con due figli, è solare, disinvolta, e per nulla indifferente ai richiami dell’altro sesso, tanto l’altra, cantante jazz separata pure lei ma senza figli, appare spigolosa ed intransigente con gli uomini , tanto da essere single da una vita , e sempre incaricata di risolvere i problemi più imbarazzanti in cui finisce avviluppata l’altra più estroversa ed ingenua amica.

Il giorno in cui entrambe, per un equivoco buffo, verranno coinvolte contemporaneamente in una focosa relazione con Luca, un aitante studente appena abbandonato dalla fidanzata coetanea, ecco che per le due donne avverrà uno stravolgimento che porterà ognuna delle due ad avvicinarsi, in gesti, atteggiamenti, comportamenti, ai tratti dell’amica: cambiandole in meglio.

Vira sui toni della commedia comica “ Qualcosa di nuovo”, l’ultima fatica di Cristina Comencini. La storia è affidata a due attrici Micaela Ramazzotti, la svampita dolente ma di cuore, oca ma dotata di una saggezza interiore celata molto bene, e Paola Cortellesi, che è anche una delle sceneggiatrici, a suo agio in versione jazz, e che sul finale si prodiga pure in un divertente siparietto al ritmo di “Girls just want to have fun” della mitica Cindy Lauper.

Il duo Ramazzotti-Cortellesi, dà vita a fortissimi momenti di comicità, nei quali la loro chimica è palpabile. Se il peculiare fascino della Cortellesi, accompagnato dal suo incredibile talento canoro (la sua versione del brano di Etta James è tra i momenti più riusciti della pellicola), riesce a creare un personaggio che alterna calore femminile e freddezza, risultando sempre credibile, il suo perfetto contraltare è la Ramazzotti, che tratteggia un ennesimo personaggio amabile nonostante tutte le sue imperfezioni, la cui mimica riesce a superare in alcuni casi la performance della coprotagonista, rivelandosi completamente a suo agio in un contesto brillante. A loro la Comencini affianca il giovane di talento Eduardo Valdarnini, capace di tenere perfettamente testa alle sue colleghe , donando spessore e carisma al suo Luca.

Paola Cortellesi sul film ha detto: “A volte la donna viene dipinta come l’angelo del focolare, in questo caso invece i due personaggi sono completamente sbagliati, sono donne imperfette che commettono errori e non se ne rendono conto, anzi perseverano e non hanno minimamente paura di sbagliare”. Le due attrici dettano ritmi e tempi del film, innescando una commedia degli equivoci e uno scambio di ruoli da screwball comedy: “Sono una l’opposto dell’altro, più Lucia diventa rigida e austera più Maria si fa piccola piccola e chiede scusa. Mi sono lasciata completamente andare al mondo di Cristina Comencini e al suo modo di raccontare a me sconosciuto con piani sequenza lunghissimi. Non smetteva mai di girare, ma ci lasciava fare tutta la scena fino alla fine; era un modo di recitare un po’ teatrale per me assolutamente nuovo”

È la reinvenzione dell’identità la principale chiave di lettura di Qualcosa di nuovo, basato sulla piéce teatrale La scena scritta e diretta per il teatro da Cristina Comencini. Identità di genere tanto femminile quanto maschile, in un presente caratterizzato dalla rivoluzione dei ruoli e dei rapporti di potere, dalla disgregazione della famiglia tradizionale e dalla crisi economica, e dalla mancanza di un’educazione sentimentale e sessuale che non insegni tanto come mettere un preservativo, quanto come si debba rispettare la natura e le inclinazioni degli altri, e la libertà di essere altro da noi.

Qualcosa di nuovo parla anche di maternità negata, ricattatoria, accogliente, colpevole e generosa; di amicizia femminile, disposta alla solidarietà ma anche esposta alla severità del reciproco giudizio; dell’esigenza delle donne di avere accanto un uomo “ma anche”: dolce ma anche forte, comprensivo ma anche protettivo, dotato di sensibilità ma anche virilmente assertivo, tenero ma anche muscoloso. E mentre le donne sono specialiste nell’essere tante cose insieme, gli uomini sembrano disorientati da queste aspettative (apparentemente) contraddittorie.
Luca, ad esempio, si relaziona con coetanee che sembrano sapere esattamente quello che vogliono, quando il ventenne maschio di oggi difficilmente sa decidere di che colore scegliere la camicia al mattino. Le “donne mature” Lucia e Maria, invece, hanno già superato la fase in cui si attenevano rigidamente ai loro progetti di vita, e anche quella del successivo smantellamento del castello di carte da loro costruito con ottusa determinazione: sono dunque libere di sperimentare, anche con un liceale che usa bene le mani ed è capace di ascoltare. Lucia e Maria cominciano a dire a Luca quello che non riescono a dire a se stesse, e scoprono quanto stia loro stretto il personaggio che si sono ritagliate nel tempo.

Vivo forse è l’aggettivo più giusto con il quale si può descrivere il film nel suo insieme, questo grazie alla spontaneità e naturalezza con cui ciascun attore si è calato nel proprio ruolo ed alla freschezza che la Comencini ha saputo donare al film. L’ho trovata davvero una bella commedia.

Per una scuola efficace

Per una scuola efficace

di Enrico Maranzana

 

“Sistema educativo di istruzione e formazione” è la denominazione della scuola del 2003 che, nel 2015, è diventata: “Sistema nazionale di istruzione e formazione”.

Il ricorrente termine “sistema” sintetizza la progressiva dilatazione del problema educativo degli ultimi 50 anni: gli insegnamenti hanno perso la loro autonomia per essere collocati all’interno di un coordinato e sinergico flusso di forze, teso al conseguimento del fine istituzionale[1].

L’art.2 della legge 53/2003 identifica l’orientamento del sistema scolastico e lo esprime in termini generali: “È promosso l’apprendimento in tutto l’arco della vita e sono assicurate a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea”.

Il comma 7 della legge 107/2015 definisce per elencazione gli “obiettivi formativi ritenuti prioritari”: “Competenze linguistiche”, “competenze matematico-logiche e scientifiche”, “competenze nella pratica e nella cultura musicale” ..[2]

“Competenza” è la parola chiave.

La finalità del sistema scolastico è espressa in termini di competenze.

Le competenze possono essere generali o specifiche. Quelle generali costituiscono il traguardo di sistema; le competenze specifiche attengono a una singola disciplina.

 

Le competenze generali vincolano la progettazione didattica dei docenti[3].

Al Consiglio di classe é delegata la funzione del coordinamento didattico e della realizzazione dei rapporti interdisciplinari: in ambito sistemico costituisce l’organo responsabile del successo formativo[4].

Il suo compito primario è armonizzare i traguardi generali con la specificità della classe con cui interagisce, per progettare percorsi d’apprendimento unitari.

Il Consiglio di classe è l’organo operativo della struttura organizzativa[5]: è sottordinato al Collegio dei docenti che “programma l’azione educativa” per ipotizzare e governare itinerari volti ai traguardi identificati dal Consiglio di Istituto[6].

Il Piano Triennale dell’Offerta Formativa è il programma di lavoro del Consiglio di classe:

  • Elenca le competenze generali che il dirigente scolastico ha richiesto al Consiglio di Istituto;
  • Identifica le capacità sottese alle competenze generali[7];
  • Formula strategie per “programmare l’azione educativa”[8];
  • Indica modalità e tempi per verificare l’efficacia dell’azione didattica[9].


[1] “Se correttamente interpretate, tutte le discipline curriculari – sia pure in forme diverse – promuovono nell’allievo comportamenti cognitivi, gli propongono la soluzione di problemi, gli chiedono di produrre risultati verificabili, esigono che l’organizzazione concettuale e la verifica degli apprendimenti siano consolidate mediante linguaggi appropriati. Nella loro differenziata specificità le discipline sono, dunque, strumento e occasione per uno sviluppo unitario, ma articolato e ricco, di funzioni, conoscenze, capacità e orientamenti indispensabili alla maturazione di persone responsabili e in grado di compiere scelte”. CFR programmi scuola media 1979

 

[2] Il legislatore confonde i fini con i mezzi: più del 50% dei “traguardi formativi ritenuti prioritari” è sbagliato.

 

[3] Il Miur nel 2010 ha commesso un duplice errore:

  • Le indicazioni nazionali non rispettano i vincoli posti dai regolamenti di riordino: l’ordine gerarchico delle norme è stato infranto [DM<DPR]

Le competenze specifiche sono state stilate indipendentemente dai traguardi indicati dalle competenze generali.

  • Le competenze specifiche non possono essere definite centralmente perché l’autonomia delle istituzioni scolastiche attribuisce alle singole scuole il compito della loro elaborazione e adozione [progettazione educativa, formativa, dell’istruzione].

 

[4] Assegnare premi a docenti privi del mandato conferito dal Consiglio di classe è sintomo dell’assenza della cultura sistemica.

[5] Il T.U. 297/94 disegna una struttura decisionale con organi strategici, organi tattici e organi operativi.

 

[6] Il Consiglio d’istituto “elabora e adotta gli indirizzi generali” e li esprime sotto forma di competenze generali. Norma non scalfita dalla legge 107/2015 che stabilisce: “Il PTOF è approvato dal Consiglio di Istituto”.

 

[7] Un sottoinsieme: Analizzare   Applicare Argomentare/Giustificare   Comunicare Comprendere   Decidere/Scegliere Generalizzare   Interpretare   Memorizzare   Modellare   Progettare   Relativizzare   Riconoscere   Ristrutturare   Sintetizzare   Sistematizzare   Trasferire   Valutare.

 

[8] Dal progetto ministeriale Mercurio: “Essenziale costituire un progetto comune cui ciascuna disciplina concorra con la propria specificità di metodi e di oggetti. I principi ispiratori dovrebbero essere quelli di graduare la complessità delle competenze ..”

 

[9] “Valuta periodicamente l’andamento complessivo dell’azione didattica per verificarne l’efficacia in rapporto agli orientamenti e agli obiettivi programmati, proponendo, ove necessario, opportune misure per il miglioramento dell’attività scolastica” TU 297/94 art. 7 lettera d)

Miur Art: Prima Biennale Nazionale dei Licei Artistici

Miur Art
Il Palazzo dell’Istruzione ospita la Prima Biennale Nazionale dei Licei Artistici
L’inaugurazione domani con la Ministra Fedeli
Le opere resteranno in esposizione fino all’8 giugno

Dal 2 aprile all’8 giugno 2017, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ospiterà la mostra Miur Art, una selezione delle opere della 1ª Biennale Nazionale dei Licei Artistici, esposte dal 15 dicembre al 15 gennaio a Palazzo Venezia a Roma. Domani l’inaugurazione ufficiale alla presenza della Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, dalle ore 11.00. Interverrà lo storico dell’arte Claudio Strinati, che è stato Presidente della Giuria della Biennale.

Attraverso un percorso di visita guidato, sarà possibile accedere alle sale più importanti del Ministero, solitamente chiuse al pubblico, e scoprire il patrimonio storico-artistico del Palazzo di Viale Trastevere. Nei suggestivi ambienti e spazi di rappresentanza del Palazzo saranno istallate alcune delle opere realizzate da studentesse e studenti per la 1ª Biennale Nazionale dei Licei Artistici, sul tema “Il Gioco”.

“La scuola italiana racchiude in sé molte eccellenze e offre molte opportunità alle nostre studentesse e ai nostri studenti. Riconoscerle e valorizzarle è un percorso di merito: per questo abbiamo fortemente voluto che le opere della Prima Biennale dei Licei Artistici fossero esposte al Ministero – dichiara la Ministra Valeria Fedeli -. La  novità della Biennale dei Licei artistici, che con intelligenza e organizzazione ha dato evidenza, quest’anno, alla qualità del lavoro collettivo di oltre novanta istituti italiani, allargando e confrontando l’esperienza con altre scuole d’arte d’eccellenza in tutto il mondo, è destinata a lasciare una traccia. La prima di queste è la mostra che abbiamo organizzato al Miur. Nelle prossime settimane la apriremo in orari dedicati in cui sarà possibile visitare il Palazzo dell’Istruzione che è la casa della scuola, dell’università e della ricerca e che deve essere visto e conosciuto dalle cittadine e dai cittadini”.

Visita Guidata al Palazzo
Il percorso di visita guidata permetterà di scoprire le vicende costruttive del Palazzo dell’istruzione, ideato dall’architetto Cesare Bazzani nel 1911, già autore della Galleria Nazionale di Arte Moderna a Valle Giulia, e di ripercorrere le grandi trasformazioni urbanistiche che interessarono Roma agli inizi del XX secolo. Il Palazzo di Viale Trastevere, come la gran parte dei palazzi ministeriali romani è infatti legata alla creazione della cosiddetta Terza Roma: lanuova Capitale del Regno d’Italia che si sviluppò, con sventramenti e grandi infrastrutture, a discapito della vecchia Roma ottocentesca, destinata a diventare Roma Sparita.

Il Palazzo dell’Istruzione di Viale Trastevere viene comunemente considerato uno degli esempi più belli e significativi dell’architettura eclettica romana di inizio Novecento. I visitatori potranno accedere agli ambienti e alle sale più importanti del Ministero, solitamente chiuse al pubblico, e vedere i luoghi in cui viene gestito il funzionamento del sistema educativo italiano. Di particolare pregio si segnalano i due  Scaloni d’Onore, La Biblioteca, gli Uffici del Ministro, gli Uffici del Capo di Gabinetto e il Salone dei Ministri, decorati dalle pitture di Antonino Calcagnadoro, Rodolfo Villani e Paolo Paschetto. Le Sale conservano allestimenti e mobilio originali degli anni Venti e Trenta, tra i quali spicca l’eccezionale serie di lampadari in vetro di Murano.

La 1ª Biennale Nazionale dei Licei Artistici – Il Gioco
Il Palazzo del Ministero dell’Istruzione ospiterà nelle sue sale parte delle opere prodotte dagli studenti in occasione della 1ª Biennale Nazionale dei Licei Artistici. La Biennale (Palazzo Venezia – Roma, 15 dicembre 2016 – 15 gennaio 2017), evento realizzato sotto l’Alto Patrocinio del Parlamento Europeo ha rappresentato una nuova e importante occasione per mettere al centro la qualità, la creatività e la bellezza della scuola italiana. La prima edizione ha avuto come tema il Gioco ed ha permesso agli studenti dei Licei artistici di cimentarsi in una vera e propria mostra-concorso, per mettere in risalto le loro abilità e per favorire l’incontro tra le scuole, innanzitutto, ma anche tra i licei artistici e il pubblico che frequenta i luoghi della cultura. Le opere esposte saranno più di quaranta e rappresenteranno gli studenti di tutte le regioni d’Italia e di alcuni Paesi esteri.

Giorni e orari di apertura al pubblico
L’accesso al Palazzo dell’Istruzione e alla Biennale avviene in base al seguente calendario, solo su prenotazione tramite e-mail: urpstaff@istruzione.it

Giornata mondiale per la consapevolezza sull’Autismo

Giornata mondiale per la consapevolezza sull’Autismo

Le Nazioni Unite hanno proclamato il 2 aprile Giornata Mondiale dell’Autismo: Autism Europe e World Autism Awareness Day


La facciata del Miur si tinge di blu

La facciata del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca si tinge di blu, nelle serate dell’1 e del 2 aprile, per accedere l’attenzione sull’autismo. L’evento si svolge in collaborazione con Rai Cultura.
Il Miur aderisce infatti alla campagna mondiale “Light it up blue” lanciata dall’Onu in occasione della Giornata mondiale della consapevolezza sull’Autismo. Di blu si tingeranno anche edifici simbolo come l’Empire State Building di New York, la Cn Tower di Toronto, la Statua del Cristo Redentore a Rio de Janeiro e, in Italia, il Quirinale, palazzo Montecitorio, la sede Rai di viale Mazzini.

Domenica 2 aprile, nel cortile centrale del palazzo del Miur, alla presenza della Ministra Valeria Fedeli, si svolgerà un flash mob di sensibilizzazione: centinaia di palloncini blu saranno fatti volare de studentesse e studenti.

Negli ultimi anni sta crescendo l’impegno del Ministero per supportare le studentesse e gli studenti con autismo e le docenti e i docenti che li seguono quotidianamente. In particolare sono in corso di attivazione 14 master sull’autismo rivolti a circa 1.500 insegnanti e finanziati dal MIUR. È in corso di revisione e rifacimento il portale per l’inclusione scolastica sul quale docenti e famiglie potranno trovare lezioni video, materiale didattico e informativo.

Negli ultimi anni stati inoltre attivati Centri Territoriali di Supporto a livello provinciale (CTS) presso i quali operano alcuni docenti specializzati sulle nuove tecnologie per l’inclusione, sui DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) e sulle disabilità, fornendo consulenza alle scuole. L’esperienza dei CTS sarà ora raccolta e valorizzata all’interno di scuole polo che daranno anche continuità agli Sportelli Autismo, centri di consulenza per insegnanti e scuole attivati dal 2015 sempre all’interno dei centri territoriali.

Centrale sarà la formazione delle e dei docenti, rilanciata grazie ad un Piano con obiettivi e indirizzi nazionali che ha il sostegno fra i temi indicati come prioritari. Nella formazione sarà coinvolto tutto il personale della scuola, non solo le e gli insegnanti per una sempre migliore inclusione di alunne e alunni che hanno bisogno di supporto.

Giornata mondiale per la consapevolezza dell’Autismo

2 aprile 2017
“Giornata mondiale per la consapevolezza dell’Autismo”

OSSERVATORIO – CENTRO STUDI ERICKSON
LE 10 STRATEGIE EDUCATIVE PER COINVOLGERE IL BAMBINO CON AUTISMO IN CLASSE

Dario Ianes, co-fondatore del Centro Studi Erickson, approfondisce il tema durante un Webinar gratuito lunedì 3 aprile, ore 17:00

In occasione della Giornata mondiale per la consapevolezza dell’autismo, il Centro Studi Erickson vuole riflettere sugli ostacoli e sulle sfide principali che un bambino con autismo deve affrontare a scuola. Se dal 60 al 90% di bambini con autismo diventano adulti non autosufficienti, il 15-20% è in grado invece di vivere e lavorare all’interno della comunità con vari gradi di indipendenza, soprattutto coloro che sviluppano il linguaggio entro i 5 anni.

L’età scolare, dei 6-7 anni, è quindi un momento decisivo nella storia del bambino con autismo e, anche se in questa fase il carattere dell’intervento è sempre più centrato sulla famiglia, la scuola rappresenta comunque uno spazio privilegiato del progetto terapeutico considerando che i bambini con autismo trascorrono la maggior parte della loro giornata nell’ambiente scolastico. Fondamentale è quindi che la scuola comprenda l’importanza di garantire il supporto a questi bambini per favorire interamente l’adattamento, il benessere e l’inclusione reale.

L’Osservatorio del Centro Studi Erickson suggerisce 10 strategie educative per coinvolgere il bambino con autismo in classe. Strategie che ogni insegnante potrebbe adottare per facilitare lo sviluppo cognitivo ed emotivo di questi bambini

Osservarlo…
per capire la forma di comunicazione che il bambino comprende meglio e quella con cui comunica spontaneamente.
Conoscerlo…
per individuare i punti di forza e programmare le attività anche in base ai suoi interessi specifici.
Costruire la relazione…
riducendo la confusione, eliminando le distrazioni ed evitando il sovraccarico cognitivo.
Strutturare l’ambiente…
definendo gli spazi, organizzando le attività, rendendo prevedibili le relazioni e anticipando i cambiamenti.
Definire gli obiettivi…
a breve, medio e lungo termine, nell’ottica di un Progetto di Vita che sviluppi maggiormente l’autonomia.
Definire compiti e contenuti…
di difficoltà adeguata e che favoriscano strategie di generalizzazione.
Aiutarlo…
utilizzando rinforzi positivi e offrendo aiuti visivi e modelli da imitare.
Comunicare…
impartendo istruzioni chiare, concise e affermative.
Stimolare l’interazione sociale…
facendo lavorare il bambino in rapporti uno a uno o in piccoli gruppi.
Prepararlo al futuro…
utilizzando le storie sociali, la Comunicazione Aumentativa e Alternativa o altre tecnologie assistive che aiutino il bambino a essere autonomo in un contesto di vita reale.

Per approfondire questi temi è possibile seguire un Webinar gratuito con Dario Ianes, Docente ordinario di Pedagogia e Didattica Speciale e co-fondatore di Erickson, che sarà trasmesso sul canale YouTube delle Edizioni Centro Studi Erickson lunedì 3 aprile alle ore 17.00.

Per seguire il Webinar cliccare: https://www.youtube.com/watch?v=8mrgA1Tt1kM&feature=youtu.be