Coordinamenti nazionali dirigenza scolastica: riunione 3 maggio 2017

Comunicato unitario dei coordinamenti nazionali dirigenza scolastica di FLC CGIL, CISL SCUOLA, UIL SCUOLA, SNALS CONFSAL (riunione del 3 maggio 2017)

Le strutture nazionali di coordinamento della dirigenza scolastica di FLC CGIL, CISL SCUOLA, UIL SCUOLA, SNALS CONFSAL si sono riunite congiuntamente a Roma il 3 maggio 2017 per definire le iniziative di mobilitazione dei dirigenti scolastici finalizzate al raggiungimento dei seguenti obiettivi:
• aprire immediatamente il confronto sul rinnovo del contratto dell’Area della dirigenza dell’Istruzione e della Ricerca per ricondurre alla regolazione contrattuale le materie sottratte attraverso interventi legislativi (valutazione, formazione e mobilità) e per superare la differenziazione salariale all’interno della categoria e nel rapporto con il resto della dirigenza pubblica;
• escludere dalla procedura di valutazione anche la classificazione in fasce dei dirigenti oltre alla sua ricaduta sulla retribuzione;
• escludere dalle responsabilità della dirigenza scolastica i compiti impropri ed estranei alla realizzazione del servizio educativo di istruzione e di formazione;
• superare le problematiche che ostacolano la continuità e l’efficienza della gestione delle scuole autonome.
Indicono le seguenti iniziative di mobilitazione della categoria:
• astensione dalla compilazione della seconda parte del portfolio (autovalutazione e bilancio delle competenze) e dalla compilazione della terza parte del portfolio (obiettivi e azioni professionali) sostituita con una comunicazione all’USR di aver svolto tutte le
azioni professionali in tutte le aree di processo collegate con gli obiettivi del RAV, necessarie alla direzione, al coordinamento e alla gestione delle attività stabilite nel Piano di Miglioramento e nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa e rese realizzabili dalle risorse professionali e finanziarie messe a disposizione della scuola;
• astensione dalla partecipazione alle iniziative di formazione organizzate dall’Amministrazione sulla valutazione dei dirigenti scolastici;
• astensione dalla partecipazione alle conferenze di servizio indette dall’Amministrazione;
• svolgimento di assemblee regionali dei dirigenti scolastici indette unitariamente da FLC CGIL, CISL SCUOLA, UIL SCUOLA, SNALS CONFSAL in tutte le sedi degli USR, il giorno 25 maggio 2017, con richiesta di incontro di delegazioni con il Direttore Generale;
• invio di formale diffida ai Direttori Generali di ciascuna regione da parte dei responsabili regionali delle OO.SS. a non mettere in atto nei confronti dei dirigenti scolastici una valutazione classificatoria dei dirigenti lesiva della loro dignità e delle loro prospettive
professionali;
• invio di formale diffida ai Direttori Generali di ciascuna regione da parte dei responsabili regionali delle OO.SS. a dare seguito immediatamente alla valutazione dello stress lavoro correlato dei dirigenti scolastici.
Le strutture nazionali di coordinamento della dirigenza scolastica di FLC CGIL, CISL SCUOLA, UIL SCUOLA, SNALS CONFSAL invitano i dirigenti scolastici assunti a seguito dei due ultimi concorsi di inoltrare ai Direttori Generali gli atti di invito e diffida sull’equiparazione economica interna già inviate nel 2013 e nel 2014.

Scuola, al via le prove Invalsi: anche per chi ha “bisogni speciali”

Redattore Sociale del 03-05-2017

Scuola, al via le prove Invalsi: anche per chi ha “bisogni speciali”

Il 3, il 5 e il 9 maggio le prove che rilevano “i livelli standard di apprendimento”. Sono anonime, ma la disabilità o il “bisogno speciale” devono essere segnalati nella scheda. Spetta alla dirigenza stabilire se e come possa partecipare anche chi ha una disabilità grave o intellettiva. In ogni caso, i risultati dei “Bes” sono valutati separatamente, “così da non incidere sul risultato medio della scuola o della classe”.

ROMA. E’ tempo di prove Invalsi: si inizia oggi, con la prova d’Italiano nelle seconde e quinte classi delle scuole primarie, che venerdì si cimenteranno nella prova di Matematica e il questionario. Il 9 maggio toccherà invece alle secondarie di secondo grado. Le prove, lo ricordiamo, servono a rilevare i livelli standard di apprendimento in alcune classi dei diversi gradi di scuola: nessuna valutazione personale, dunque, tanto che i test sono anonimi. Non certo un esame, quindi, ma comunque un momento accompagnato da una certa “solennità” e da un minimo di tensione. E se qualcuno, per protesta, resta a casa – tanto tra gli insegnanti, quanto tra gli studenti – tanti sono invece dietro il banco, a rispondere alle domande, perché si possano misurare le loro competenze. Tra questi, non mancano gli alunni con disabilità: le prove Invalsi sono infatti anche per loro, seppur in certi casi “differenziate” e comunque non considerate nella valutazione media finale. Le modalità di somministrazione, specifiche per le diverse disabilità, come pure per i cosiddetti “Bes”, sono state indicate dall’Invalsi stesso in una nota dedicata.

Qui si sottolinea, in premessa, che “le prove Invalsi non sono finalizzate alla valutazione individuale degli alunni, ma al monitoraggio dei livelli di apprendimento conseguiti dal sistema scolastico, nel suo insieme e nelle sue articolazioni”. Per quanto riguarda gli alunni con “bisogni educativi speciali” (bisogni dovuti a disabilità ma non solo), “le esigenze di questi allievi – si legge nella nota – sono, per loro natura, molteplici e difficilmente individuabili a priori in modo completo ed esaustivo. Da ciò discende che la valutazione del singolo caso può essere effettuata in modo soddisfacente solo dal Dirigente scolastico, che conosce esattamente la situazione del singolo studente e, pertanto, può adottare tutte le misure idonee per coniugare, da un lato, le necessità di ogni allievo con bisogni educativi speciali e, dall’altro, il regolare svolgimento delle prove per gli altri studenti, senza che per questi ultimi venga modificato il protocollo di somministrazione standard che è garanzia fondamentale per assicurare l’affidabilità delle rilevazioni”.

Va premesso che in nessun caso viene esclusa a priori la partecipazione alle prove da parte di alunni con disabilità, per quanto grave essa possa essere. Ciò che invece cambia, a seconda del “bisogno speciale”, è la modalità di somministrazione, come pure l’inclusione dei risultati nei dati di classe e di scuola”. Occorre conciliare, in altre parole, da un lato l’esigenza di correttezza e attendibilità della rilevazione, dall’altro il diritto all’inclusione, in tutte le sue declinazioni, per gli alunni con disabilità o bisogni speciali. A tal fine, “qualunque sia la tipologia di disabilità di un alunno, essa deve essere segnalata sulla Scheda risposta dei singoli studenti, barrando l’opzione più appropriata fra quelle di seguito indicate: disabilità intellettiva; ipovedente; non vedente; Dsa (disturbo specifico apprendimento); altro. Ciò consentirà – spiega Invalsi – di considerare a parte i risultati degli alunni disabili e di non farli rientrare nella elaborazione statistica dei risultati di tutti gli altri alunni”.

Disabili gravi e intellettivi: decide la scuola. Per quanto riguarda gli alunni con disabilità grave o intellettiva, “la decisione di farli partecipare o meno (e se sì con quali modalità), seguiti da un insegnante di sostegno, alle prove – spiega Invalsi – è rimessa al giudizio della singola scuola”. In particolare, la dirigenza ha facoltà di escludere dalle prove gli alunni con disabilità intellettiva o altra disabilità grave, impegnandoli nei giorni delle prove in un’altra attività; oppure, di farli partecipare insieme agli altri studenti della classe, “purché sia possibile – precisa Invalsi – assicurare che ciò non modifichi in alcun modo le condizioni di somministrazione, in particolare se si tratta di classi campione”.

Disabilità visiva e Dsa. Per quanto riguarda gli alunni ipovedenti o non vedenti, questi “partecipano alle prove nelle stesse condizioni degli altri (i fascicoli loro destinati sono stampati con caratteri ingranditi o sono in scrittura Braille)”. Anche gli alunni con diagnosi di Dsa partecipano alle prove nelle stesse condizioni degli altri. Invalsi ribadisce però che “in ogni caso, i risultati di tutti gli alunni per cui sia stata segnalata sulla Scheda-risposta individuale una condizione di disabilità, verranno elaborati in maniera a se stante, così da non incidere sul risultato medio della scuola o della classe”. (cl)

Alunni disabili, “l’assistenza igienica non spetta a noi”

Redattore Sociale del 03-05-2017

Alunni disabili, “l’assistenza igienica non spetta a noi”: la protesta del personale ATA

Sul sito di FederAta, una nota critica verso le nuove mansioni che il decreto inclusione assegna ai collaboratori scolastici. “Illegittimo obbligare il collaboratore scolastico a questa mansione così problematica, perché non è uno specialista. Lotteremo per i diritti dei nostri colleghi”.

ROMA. Cambiare il pannolino all’alunno disabile, oppure provvedere alla sua pulizia, non può essere compito del collaboratore scolastico: lo afferma con decisione FederAta, il sindacato del personale Ata, che sulla sua pagina ha pubblicato, alcuni giorni fa, una nota di denuncia contro la direzione indicata dalla Buona Scuola e, in particolare, dal decreto inclusione, recentemente approvato.

“Con molta probabilità nel prossimo Contratto, tra le mansioni del profilo del collaboratore scolastico, sarà inserito il cambio obbligatorio del pannolino per l’alunno disabile. E’ una vergogna – scrive il sindacato – perché sono operazioni tanto delicate e intime da non poter rientrare nel profilo professionale del collaboratore. E sarebbe del tutto arbitrario e illegittimo obbligarlo a questa mansione così problematica, perché non è uno ‘specialista’ e non ha una preparazione professionale specifica in tal senso”.

Una preparazione a cui non può provvedere, per il sindacato, un semplice corso di formazione: “è necessaria una adeguata e seria formazione professionale socio-sanitaria, nell’interesse e per il rispetto del ragazzo con gravi disabilità”. Di qui la protesta di FederAta: “ribadiamo il nostro ‘sì’ nel prestare ausilio materiale agli alunni con disabilità, nell’accesso dalle aree esterne alle strutture scolastiche, all’interno e nell’uscita da esse, nonché nell’uso dei servizi igienici e nella cura dell’igiene personale, ma ci opponiamo fermamente e diciamo ‘no’ al cambio pannolino e alla pulizia intima dell’alunno disabile. Purtroppo – osserva ancora il sindacato – quello che stanno decidendo su questo delicato argomento va nella direzione opposta e penalizzerà ancora una volta i più deboli e gli indifesi: gli alunni con grave disabilità, i quali verranno accuditi da personale non preparato e non qualificato, che potrebbe involontariamente procurare altri danni a questi ragazzi. Lotteremo per i diritti dei nostri colleghi – annuncia infine il FederAta – i quali devono poter svolgere serenamente e con professionalità il loro servizio all’interno della comunità scolastica”.

Dello stesso avviso è Gianluca Rapisarda, direttore scientifico di Irifor, che su Orizzonte Scuola dichiara: “Il problema è che le mansioni a carico del personale Ata rispetto all’assistenza igienico-personale degli alunni/studenti con disabilità sono state ulteriormente aggravate con la definitiva approvazione del decreto attuativo della Buona Scuola sull’inclusione scolastica. Infatti, con la sua entrata in vigore, ai collaboratori scolastici saranno affidati dei nuovi e più pesanti compiti. Altro che pannolini o meno!”.

Sotto accusa, in particolare, finisce l’articolo 3, comma 4, del decreto 378, che prevede appunto nuove incombenze per il personale Ata: “qui si legge infatti – riferisce Rapisarda – che il collaboratore scolastico si dovrà occupare personalmente dell’assistenza di base igienico-personale degli alunni disabili e per questo dovrà partecipare a dei corsi di formazione generale previsti dal piano nazionale. Mentre oggi il supporto da parte dei collaboratori scolastici è facoltativo – continua – visto che solitamente è il personale specializzato con corsi di formazione da 900 ore ad occuparsi dei bisogni degli allievi con disabilità, con l’avvenuta approvazione della riforma questi saranno obbligati ad occuparsi della loro assistenza di base igienico-personale. La cosa più sorprendente è che, nonostante il D.Lgs 378 preveda corsi di formazione obbligatori per il personale ATA, esso però non si cura di specificare nel dettaglio né le modalità di svolgimento, né il numero di ore di tali iniziative formative. Credo che, se non si provvederà ad un serio piano di assunzione in ruolo dei collaboratori scolastici e se il numero di ore di formazione obbligatoria previsto per quelli già in servizio rimarrà di 40 (come previsto dall’art 47 del loro Ccnl), non si riuscirà mai a sostituire adeguatamente Operatori sociali che hanno effettuato una formazione di n. 900, come stabilisce la legge e come viene richiesto dagli Enti Pubblici per i servizi socio-assistenziali in favore degli alunni/studenti con gravi disabilità”. (cl)

LA RABBIA DEI PRESIDI, VERSO LA MANIFESTAZIONE DEL 25 MAGGIO

LA RABBIA DEI PRESIDI, VERSO LA MANIFESTAZIONE DEL 25 MAGGIO

Scenderemo in piazza il prossimo 25 maggio, a Roma, per far sentire le nostre ragioni. E sono già tantissime le adesioni tra i dirigenti scolastici, da tutta Italia. Chiamiamo infatti a raccolta l’intera categoria, perché questo è il momento di farsi sentire: saremo al Ministero dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca in viale Trastevere e contemporaneamente saremo a Montecitorio. Con tutta la nostra rabbia.

Perché è esplosa #larabbiadeipresidi? Perché non vogliamo che la compostezza della categoria venga erroneamente scambiata per passività e che la riserva di pazienza, a cui finora abbiamo attinto, sia considerata inesauribile. Non è così: stavolta la misura è colma e ANP sente il dovere di farsi interprete di questo profondo malessere.

ANP chiede pertanto al Governo di tutelare l’interesse generale della scuola, i diritti degli studenti e delle famiglie e il ruolo dei dirigenti scolastici che ne sono i garanti.

Portiamo quindi avanti le nostre rivendicazioni, a difesa di una scuola moderna che possa davvero guardare al futuro: i presidi infatti hanno subito una grave lesione delle loro prerogative professionali a seguito della politica governativa, con particolare riferimento all’intesa del 30 novembre 2016 che ha restituito ai sindacati il controllo sulla gestione del personale ed ha subordinato la legge agli accordi contrattuali. Viviamo inoltre una inaccettabile situazione di sperequazione retributiva con i colleghi, di pari livello, in servizio presso le altre amministrazioni pubbliche. Come se non bastasse abbiamo una enorme e sempre crescente mole di adempimenti connessi all’esercizio della funzione, spesso aggravata da una scarsa connessione con gli obiettivi triennali assegnati a ciascun dirigente.

Servono soluzioni efficaci non solo sul piano legislativo ma anche su quello contrattuale, nell’attesa che questo si verifichi ANP ha proclamato lo stato di agitazione della categoria e chiama tutti i dirigenti scolastici a difendere i loro diritti e la dignità del loro lavoro.

Come? Con la manifestazione nazionale ma anche attraverso varie forme di protesta:

l’indisponibilità ad ottemperare a tutte le incombenze relative alla procedura valutativa a partire dalla compilazione del portfolio, fino a quando non saranno dati ai dirigenti strumenti e poteri coerenti con la qualifica dirigenziale;
l’indisponibilità a gestire la procedura della chiamata diretta in tempi troppo ristretti e coincidenti col periodo estivo, anche in risposta alle azioni successive dell’Amministrazione che hanno contraddetto l’istituto stesso della chiamata;
la motivata indisponibilità ad assumere le reggenze;
la motivata rinuncia preventiva o dimissioni da incarichi non obbligatori affidati dall’Amministrazione scolastica
la motivata indisponibilità a sostituire nel primo grado di giudizio l’Avvocatura dello Stato;
l’indisponibilità a rispondere a richieste di dati già in possesso dell’Amministrazione, ponendo un freno alle richieste ripetute di monitoraggio e di rilevazione.

Basta dare senza ricevere

Tutti uniti, andiamo nella stessa direzione. A Roma, il 25 maggio!


Ancora sulla compilazione del Portfolio

Ad integrazione e chiarimento del comunicato pubblicato in data 2 maggio, si conferma che tutte le forme di mobilitazione dei dirigenti scolastici a suo tempo deliberate dal Consiglio Nazionale rimangono in vigore, compresa l’astensione dalla compilazione del Portfolio finalizzato alla valutazione.

La richiesta indirizzata al Ministro ha l’unico fine di evitare, anche all’Amministrazione, un adempimento burocratico dispendioso e fine a se stesso, stante che la procedura valutativa – oltre ad essere priva di ricadute retributive – si concluderebbe addirittura dopo la cessazione dal servizio nel caso dei colleghi che saranno collocati in quiescenza con il 31 agosto.

Per tutti gli altri, la mobilitazione va invece mantenuta con forza, stante che essa fa parte di un pacchetto di iniziative – inclusa la manifestazione del 25 maggio prossimo – che tutte sinergicamente sono rivolte a sostenere le rivendicazioni della categoria. Ulteriori indicazioni circa il comportamento da tenere in materia di Portfolio saranno diffuse in tempo utile.

Test Invalsi No ai quiz delle diseguaglianze

Scuola – Test Invalsi =
sen. Alessia Petraglia (Sinistra Italiana)
No ai quiz delle diseguaglianze 

“I test invalsi rappresentano un’idea di scuola che non ci piace, dove prevale la valutazione selettiva che ratifica solo le disuguaglianze e si ignorano invece percorsi e strategie per ottenere esiti soddisfacenti per tutti gli alunni”.  

Lo afferma  Alessia Petraglia, capogruppo di Sinistra Italiana in Commissione Istruzione al Senato.

“Con queste prove – prosegue l’esponente della sinistra – la competizione fra docenti, alunni e scuole sostituirà la collaborazione e la solidarietà, elementi che caratterizzano le migliori esperienze di comunità educanti. La valutazione è un tema delicato che non si può affrontare in maniera parziale, si deve tener conto di molteplici aspetti. Attraverso i risultati ottenuti nei test Invalsi non si possono misurare gli esiti educativi di quelle scuole che riescono, spesso con risorse del tutto insufficienti, a motivare alla frequenza anche gli alunni più svantaggiati, prevenendo abbandoni e ritardi scolastici. Non si possono valutare quei docenti che non lasciano nessuno indietro, riuscendo ad integrare alunni migranti arrivati da poco nel nostro Paese, anche senza potere fruire di tempi di docenza aggiuntivi per percorsi individualizzati o per la predisposizione di attività di laboratorio”.

“Noi di Sinistra Italiana da sempre proponiamo di riportare le prove alla caratteristica della ricerca, da realizzarsi, quindi, su di un campione statistico di scuole, così come avviene nel resto dell’Europa, rendendo volontaria l’adesione delle scuole stesse. L’utilizzo delle prove a quiz, come criterio di giudizio della qualità della scuola e dell’insegnamento – conclude Petraglia – non è accettabile ed è lesiva del ruolo sociale della scuola”.

TEST INVALSI SCELTA POLITICA CHE HA FATTO CILECCA

SCUOLA. GALLO (M5S): TEST INVALSI SCELTA POLITICA CHE HA FATTO CILECCA

Quando il M5S parla del SISTEMA DEI TEST INVALSI lo fa facendo riferimento all’insieme delle politiche governative SEMPLICISTICHE, BANALI, POPULISTE E QUALUNQUISTE fatte negli ultimi 12 anni da tutti i governi che sui temi dei risultati di un sistema scolastico, della sua qualità ha fatto totalmente CILECCA. 

Fare i test in modo obbligatorio, mettere i dati nel curriculum o nelle prove di esame, o sulla pagella, scegliere di utilizzare i TEST INVALSI e l’ente INVALSI come principale perno della valutazione della scuola, del dirigente, della classe, dei docenti e degli studenti sono scelte politiche. Tutte scelte governative indipendenti dal lavoro e la professionalità di un ente di ricerca come l’Invalsi. Il M5S ha intenzione di rimettere in discussione un sistema di scelte politiche che fanno cilecca, che non stanno migliorando la qualità della scuola. Noi siamo dalla parte di tutti gli italiani, docenti e studenti che vogliono contrastare le scelte governative che non fanno che peggiorare la scuola.

Scuola-lavoro obbligatoria per l’ammissione alla prova

da Il Sole 24 Ore 

Scuola-lavoro obbligatoria per l’ammissione alla prova

di Laura Virli

Il Dlgs attuativo del comma 181 della legge 107/2015 cambierà, a partire dall’anno scolastico 2018-2019, la valutazione e le modalità di svolgimento degli esami di Stato per la scuola secondaria di secondo grado.

Queste, in sintesi, le numerose modifiche introdotte che hanno operato un restyling profondo al disegno dell’esame di Stato nato nel lontano 1997 in forza della legge 425.

Ammissione agli esami

Per i candidati interni, i requisiti di ammissione agli esami passeranno dai due attuali a quattro: oltre alla frequenza per almeno tre quarti delle lezioni e minimo sei in tutte le discipline e nel comportamento, saranno necessari lo svolgimento di almeno 200 ore nei licei e 400 nei tecnici e professionali di alternanza scuola lavoro, e la partecipazione ai test Invalsi in italiano, matematica e inglese. In ogni caso, previa deliberazione motivata del consiglio di classe, potranno essere ammessi anche coloro che riporteranno meno di 6 in una disciplina.

Per i candidati esterni, l’ammissione all’esame sarà subordinata, oltre che al superamento dell’esame preliminare, anche alla partecipazione alle prove Invalsi presso la scuola dove sosterranno l’esame, nonché allo svolgimento di attività di alternanza scuola lavoro.

Il credito scolastico

Si darà più peso al percorso scolastico che all’esame. Il credito scolastico massimo, infatti, passerà dagli attuali 25 punti a 40, così distribuiti: 12 al terzo, 13 al quarto e 15 al quinto anno. In fase di regime transitorio, per i candidati che svolgeranno l’esame negli anni scolastici 2018/2019 e 2019/2020, sarà necessario effettuare una conversione dei punteggi già attribuiti secondo la tabella allegata al decreto (allegato A).

La commissione

La composizione delle commissioni rimarrà invariata: un presidente proveniente da un’altra scuola, tre commissari esterni e tre interni per ciascuna delle due classi. Rimarrà la regola di assegnare ad ogni classe non più di trentacinque candidati.

Le prove scritte

Eliminata la terza prova, il cosiddetto “quizzone”, pertanto le prove scritte scenderanno a due (italiano e prova di indirizzo); ognuna delle due prove scritte varrà fino a 20 punti (non più 15) per un totale massimo di 40 punti; saranno utilizzate griglie comuni per la correzione delle prove al fine di uniformare i criteri di valutazione delle commissioni.

Il colloquio

La commissione potrà assegnare al colloquio fino a 20 punti (non più 30). Questa fase sarà volta ad accertare il conseguimento del profilo culturale, educativo e professionale dello studente e la sua capacità argomentativa e critica a partire da un testo o da un documento scelto tra alcune proposte elaborate dalla commissione; quindi, non sarà più lo studente a scegliere l’argomento (l’esposizione della cosiddetta “tesina”) con cui iniziare l’orale.

Durante il colloquio il candidato presenterà anche l’esperienza di alternanza scuola-lavoro svolta nel triennio, mediante una breve relazione o un elaborato multimediale. Tra le novità anche la valutazione delle conoscenze e competenze maturate dal candidato nell’ambito delle attività relative a “Cittadinanza e Costituzione” (previste dalla legge 169/2008), di cui si dovrà fare menzione nel Documento del 15 maggio (documento elaborato dal consiglio di classe entro il 15 maggio, contenente indicazioni significative per la commissione d’esame riguardo all’azione educativa e didattica realizzata nell’ultimo anno di corso).

Esito dell’esame

Anche nel nuovo decreto, l’esito finale sarà espresso in centesimi e il punteggio minimo da conseguire per superare l’esame sarà sempre di 60/100. Cambierà, invece, l’attribuzione del bonus di 5 punti. Con il nuovo Dlgs sarà possibile attribuire il bonus a coloro che abbiano ottenuto almeno 30 punti di credito (non più 15) e 50 punti nelle prove d’esame (non più 70).

Inoltre, sarà più facile avere la lode perché, rispetto alla norma attuale, non sarà necessario ottenere almeno otto in tutte le discipline e nel comportamento nell’ultimo triennio; per tutti coloro che otterranno il punteggio massimo di 100 punti senza aver fruito del bonus, sarà sufficiente aver conseguito all’unanimità sia il credito scolastico che il punteggio massimo nelle tre prove d’esame.

Diploma finale

Al diploma finale, anche in relazione alle esigenze connesse con la circolazione dei titoli di studio nell’ambito dell’Unione europea, sarà allegato il curriculum della studentessa e dello studente. In esso saranno riportate le discipline ricomprese nel piano degli studi, le attività svolte in ambito extra scolastico, le attività di alternanza scuola-lavoro e i livelli di apprendimento conseguiti nelle prove Invalsi, compresa la certificazione della lingua inglese secondo il Qcre per le lingue (Quadro comune di riferimento europeo).

Dal 2018 test Invalsi anche in quinta superiore

da Il Sole 24 Ore 

Dal 2018 test Invalsi anche in quinta superiore

di La. Vir.

Nessun passo indietro, nel Dlgs approvato dal Consiglio dei ministri, in materia di valutazione ed esami di Stato che punta a rafforzare il ruolo dell’Invalsi, perché lo ritiene determinante per accompagnare i processi di autovalutazione delle scuole e per far crescere il sistema di istruzione in Italia.

Le prove Invalsi oggi

Le prove, a carattere nazionale, sono somministrate nelle materie di italiano e matematica per verificare i livelli di apprendimento conseguiti dagli studenti (Dpr 80/2013). Sono interessati solo alcuni anni del ciclo di studi: le classi II e V della scuola primaria, le classi III della scuola secondaria di primo grado e le classi II della scuola secondaria di secondo grado.

In terza media sono inserite nell’esame di licenza e gli esiti concorrono alla votazione finale del diploma. Nelle altre classi si effettuano nel mese di maggio.

Dal 2017-2018, nel primo ciclo le prove si svolgeranno tutte nel mese di aprile. Ne consegue che in terza media il test non farà più parte dell’esame di licenza, non inciderà sul voto finale del diploma e gli esiti saranno inseriti nella certificazione delle competenze. A fianco della prova di italiano e di matematica, nelle classi V della scuola primaria e III della scuola secondaria di primo grado, saranno introdotte, per la prima volta in Italia, prove sulle abilità di comprensione e uso della lingua inglese, coerenti con il Qcre per le lingue (Quadro comune di riferimento europeo), eventualmente in convenzione con gli enti certificatori.

Test in quinta superiore

Dal 2018-2019, si completerà il processo di valutazione degli apprendimenti degli studenti italiani, che oggi inizia in seconda primaria e si ferma in seconda superiore. I test in italiano, matematica e inglese sbarcheranno anche in quinta superiore, in aggiunta alle normali prove somministrate al secondo anno. Tali verifiche si svolgeranno durante l’anno. I livelli di apprendimento conseguiti e la certificazione della lingua inglese saranno indicati, in forma descrittiva, in una specifica sezione del curriculum dello studente allegato al diploma finale.

Studenti con disabilità

Gli studenti con disabilità e Dsa parteciperanno alle prove standardizzate, pur con i necessari adattamenti alle prove predisposti dal consiglio di classe.

Per gli studenti di terza media e di quinta superiore la partecipazione alle prove sarà obbligatoria, pena la non ammissione agli esami di Stato. In caso di assenze per gravi e documentati motivi, valutati dal consiglio di classe, saranno previste sessioni supplettive. Anche l’ammissione dei candidati privatisti all’esame di Stato di primo e secondo ciclo sarà subordinata alla partecipazione alle prove Invalsi. Saranno, invece, ammessi, senza l’espletamento delle prove Invalsi, gli studenti frequentanti le scuole italiane all’estero.

Le modalità di partecipazione nella provincia autonoma di Bolzano saranno stabilite sulla base di convenzioni stipulate tra la provincia e l’Invalsi. Nelle scuole con lingua di insegnamento slovena le prove Invalsi potranno essere tradotte o elaborate in lingua slovena.

Invalsi obbligatoria

Riguardo alla diatriba sulla non obbligatorietà di coinvolgimento dei docenti nella procedura Invalsi, il Dlgs non lascia dubbi: «le azioni relative allo svolgimento delle rilevazioni nazionali costituiscono per le istituzioni scolastiche attività ordinaria d’istituto».

In ogni caso, grazie alla sperimentazione avviata dall’Invalsi negli anni scorsi, le prove saranno computer based, modalità che solleverà i docenti da compiti meramente adempitivi.

#BastaBufale. Boldrini e Fedeli: dal prossimo anno progetto di educazione civica digitale nelle scuole

da Il Sole 24 Ore 

#BastaBufale. Boldrini e Fedeli: dal prossimo anno progetto di educazione civica digitale nelle scuole
«Il fenomeno delle fake news ha radici strutturali e non va sottovalutato perché danneggia la collettività e la qualità del dibattito pubblico e della democrazia. L’educazione delle nuove generazioni è la prima soluzione di lungo termine al problema. Per questo motivo Camera dei deputati e Miur realizzeranno insieme, a partire dal prossimo anno scolastico, un progetto di informazione, comunicazione e sensibilizzazione civica rivolto a tutte le scuole».
Lo hanno annunciato ieri la presidente della Camera, Laura Boldrini e la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, nel corso dell’evento “#BastaBufale. Impegni concreti” che si è tenuto nella Sala della Regina di Montecitorio.

Hanno preso parte all’iniziativa Vincenzo Boccia, Presidente di Confindustria, Maurizio Costa, Presidente della FIEG (la Federazione degli Editori di Giornali), Monica Maggioni, Presidente della Rai, Richard Allan, Vicepresidente Public Policy Facebook EMEA, il debunker Paolo Attivissimo e il fumettista Makkox. «L’obiettivo – ha aggiunto Fedeli – è quello di promuovere il protagonismo delle studentesse e degli studenti per la realizzazione di un decalogo che li aiuti a riconoscere le notizie false e che fornisca loro indicazioni su come informarsi in modo corretto e completo».
Il progetto di educazione civica digitale vedrà coinvolti come parte attiva anche la Rai, la Fieg, Confindustria, Facebook e Google. «Dare il via nel nostro Paese a un progetto di educazione civica digitale vuol dire restituire la fiducia che migliaia di italiani ci hanno dato firmando l’appello #bastabufale», ha concluso Boldrini.

Dal 2018 test Invalsi anche nelle quinte della secondaria

da La Tecnica della Scuola

Dal 2018 test Invalsi anche nelle quinte della secondaria

Il Consiglio dei ministri, ha approvato un Dlgs in materia di valutazione ed esami di Stato per accompagnare i processi di autovalutazione delle scuole e per far crescere il sistema di istruzione in Italia.

Le prove, a carattere nazionale, riguarderanno italiano e matematica e coinvolgeranno le classi II e V della scuola primaria, le classi III della scuola secondaria di primo grado e le classi II della scuola secondaria di secondo grado.

Dal 2017-2018, nel primo ciclo le prove si svolgeranno tutte nel mese di aprile per cui nella ex terza media il test non farà più parte dell’esame di licenza, non inciderà sul voto finale e gli esiti saranno inseriti nella certificazione delle competenze. A fianco della prova di italiano e di matematica, nelle classi V della scuola primaria e III della scuola secondaria di primo grado, saranno introdotte prove sulle abilità di comprensione e uso della lingua inglese, coerenti con il Qcre per le lingue (Quadro comune di riferimento europeo), eventualmente in convenzione con gli enti certificatori.

Dal 2018-2019 i test in italiano, matematica e inglese, riporta anche Il Sole 24 Ore, si svolgeranno pure in quinta superiore, in aggiunta alle normali prove somministrate al secondo anno. Tali verifiche si svolgeranno durante l’anno. I livelli di apprendimento conseguiti e la certificazione della lingua inglese saranno indicati, in forma descrittiva, in una specifica sezione del curriculum dello studente allegato al diploma finale.

Gli studenti con disabilità e Dsa parteciperanno alle prove standardizzate, pur con i necessari adattamenti alle prove predisposti dal consiglio di classe.

Per gli studenti di terza media e di quinta la partecipazione alle prove sarà obbligatoria, pena la non ammissione agli esami di Stato, mentre  «le azioni relative allo svolgimento delle rilevazioni nazionali costituiscono per le istituzioni scolastiche attività ordinaria d’istituto», quindi i docenti non si possono più rifiutare di fare assistenza.

In caso di assenze per gravi e documentati motivi, si legge sul Sole 24 Ore, saranno previste sessioni suppletive. Anche l’ammissione dei candidati privatisti all’esame di Stato di primo e secondo ciclo sarà subordinata alla partecipazione alle prove Invalsi. Saranno, invece, ammessi, senza l’espletamento delle prove Invalsi, gli studenti frequentanti le scuole italiane all’estero.

Le modalità di partecipazione nella provincia autonoma di Bolzano saranno stabilite sulla base di convenzioni stipulate tra la provincia e l’Invalsi. Nelle scuole con lingua di insegnamento slovena le prove Invalsi potranno essere tradotte o elaborate in lingua slovena.

In ogni caso le prove saranno computer based, modalità che solleverà i docenti da compiti meramente adempitivi.

Fondi Pon, 30mila euro a scuola per tutelare il patrimonio culturale, artistico, paesaggistico

da La Tecnica della Scuola

Fondi Pon, 30mila euro a scuola per tutelare il patrimonio culturale, artistico, paesaggistico

Ottanta milioni di euro per promuovere nelle scuole italiane la conoscenza, la tutela e il valore del patrimonio culturale, artistico e paesaggistico.

Perché si tratta di un bene comune e di un volano per uno sviluppo democratico del Paese.

Li mette a disposizione il Miur attraverso il bando PON pubblicato il 2 maggio, l’ultimo del piano in 10 azioni da 840 milioni di euro lanciato lo scorso gennaio dalla ministra Valeria Fedeli per una scuola più aperta, inclusiva e innovativa.

Grazie alle risorse previste, le scuole selezionate potranno, ad esempio, adottare beni culturali, artistici o paesaggistici; favorire l’accesso, l’esplorazione e la conoscenza, anche attraverso il digitale,  del  patrimonio; costruire progetti di territorio per un turismo sostenibile dal punto di vista culturale, sociale e ambientale; sviluppare  contenuti  digitali  per le scuole (Open Educational Resource); promuovere la creatività delle studentesse e degli studenti; intervenire con iniziative di riqualificazione e rigenerazione urbana, soprattutto nelle aree periferiche e marginali, rendendo le ragazze e i ragazzi protagonisti del rilancio dei territori.

Ogni progetto presentato dalle istituzioni scolastiche singolarmente potrà ricevere fino a un massimo di 30mila euro e fino a 120mila euro per i progetti di reti costituite da almeno 3 istituzioni scolastiche, un ente locale e almeno un’istituzione, un ente o un’associazione senza scopo di lucro competenti sulle tematiche oggetto dell’Avviso.

Sono due le caratteristiche fondamentali richieste ai progetti: si dovrà valorizzare molto la dimensione pratica ed esperienziale delle attività e si dovranno organizzare momenti di condivisione e confronto con la cittadinanza, anche in sinergia con amministrazioni locali, società civile e altri soggetti, per una scuola aperta e che sia comunità educante di riferimento, che promuova la conoscenza del patrimonio anche sul territorio.

Le scuole avranno tempo dalle ore 10 del 22 maggio alle ore 15 del 10 luglio per presentare le proprie proposte progettuali.

“Per costruire una cittadinanza piena – ha detto la ministra Valeria Fedeli – è fondamentale sensibilizzare le studentesse e gli studenti al proprio patrimonio culturale, artistico  e  paesaggistico  con l’obiettivo  formativo  di  educarli alla  sua tutela,  trasmettendo  loro  il  valore  che  ha  per  la  comunità,  e valorizzandone  a  pieno  la dimensione di bene comune e il potenziale che può generare per lo sviluppo democratico del Paese. È, infatti, attraverso la conoscenza e la valorizzazione del patrimonio che si definisce il diritto di partecipazione dei cittadini alla vita culturale, indicato nella Dichiarazione universale delle Nazioni Unite dei diritti dell’uomo del 1948”.

“Le risorse previste da questo bando evidenziano l’attenzione del Governo al rapporto tra le giovani e i giovani e il nostro patrimonio culturale, artistico e paesaggistico. Il nostro patrimonio è fonte di conoscenza, strumento di valorizzazione delle diversità culturali e di promozione del dialogo interculturale. Ed è anche un pezzo importante del futuro sviluppo del nostro Paese anche in un’ottica di sostenibilità”.

Il video sul bando.

Concorsi per infanzia e primaria ancora in alto mare per gli errori di partenza

da Tuttoscuola

Concorsi per infanzia e primaria ancora in alto mare per gli errori di partenza

A poco meno di un anno dalle prove scritte dei concorsi per posti comuni di docente nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, risultano concluse con l’approvazione delle graduatorie di merito soltanto sei procedure concorsuali (su 18) per la scuola primaria e due (su 18) per la scuola dell’infanzia: 8 su 36, mentre dietro già scalpitano alcune prove suppletive.

Per il concorso di primaria sono in corso da mesi le prove orali in nove regioni, mentre in altre tre (Emilia Romagna, Sardegna e Toscana) non si sono nemmeno concluse le correzioni delle prove scritte.

Non è diversa la situazione del concorso per la scuola dell’infanzia, dove sono in corso da alcuni mesi le prove orali in undici regioni, mentre in altre cinque (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Toscana e Veneto) non si sono nemmeno concluse le correzioni degli scritti.

Considerati i tempi avanzati, è possibile che per alcune regioni le graduatorie per le nomine dei vincitori (attese un anno fa con toni eccessivamente fiduciosi dall’ex ministro Giannini per il 1° settembre 2016) non siano pronte nemmeno al 1° settembre 2017.

Nel settembre scorso non è stata fatta alcuna nomina dai due concorsi, perché nessuna graduatoria di merito era stata approvata. In parte questo si ripeterà anche per il prossimo settembre con buona pace per la stabilizzazione del settore, obiettivo finale del concorso.

Si tratta di un risultato complessivo che forse va oltre le peggiori previsioni, ma che era già annunciato al momento dell’emanazione dei bandi nel febbraio dell’anno scorso.

Cosa ha determinato questo guaio? Le cause sono almeno due e hanno un nome: preselezione e commissioni.

Prove Invalsi 2017 oggi al via: ecco le date, ma attenzione agli scioperi

da Tuttoscuola

Prove Invalsi 2017 oggi al via: ecco le date, ma attenzione agli scioperi

Ormai, ci siamo, via alle prove Invalsi. I primi a farci i conti saranno, come sempre, gli studenti della scuola primaria, poi sarà il turno di quelli delle superiori. Gli ultimi a svolgerle saranno invece i ragazzi di terza media che le vedranno sui loro banchi durante il loro esame. Vediamo insieme le date prove Invalsi 2017, ma attenzione agli scioperi.

Prove Invalsi 2017 scuola primaria, le date

3 maggio 2017Invalsi di Italiano per la seconda e quinta elementare
5 maggio 2017Invalsi di Matematica per la seconda e quinta elementare + questionario per gli studenti di quinta

Prove Invalsi 2017 scuola secondaria, le date

9 maggio 2017prove Invalsi Italiano e Matematica (II secondaria di secondo grado). Una novità: quest’anno gli studenti della seconda superiore compileranno il questionario studente al computer e non più in formato cartaceo come gli anni scorsi. La compilazione è già avvenuta tra il 16 e il 27 gennaio 2017. I questionari di Matematica e di Italiano, invece, verranno somministrati sempre in formato cartaceo a maggio.

Prova Invalsi 2017 terza media

15 giugno 2017 – Prova Invalsi di terza media. Si terrà come ogni anno nell’ambito dell’esame di terza media.

Prove Invalsi 2017: attenti agli scioperi

In concomitanza con lo svolgimento delle rilevazioni Invalsi, infatti, USB e Unicobas scuola ha indetto uno sciopero di mansione del personale docente. Tale azione di sciopero riguarda soltanto la procedura di somministrazione delle prove Invalsi, mentre per il resto della giornata il personale rimane regolarmente in servizio. Per quanto riguarda la correzione dei test sia per la scuola primaria che per la secondaria di II grado vale la possibilità dello sciopero breve delle attività funzionali. I sindacati autonomi precisano che la durata di questo sciopero breve non può superare le 4 ore al giorno. Probabilmente, però, lo sciopero del 9 maggio potrebbe non esserci. A dirlo è stata la Commissione di Garanzia che, sulla base delle regole in vigore, ha comunicato ai sindacati coinvolti (Cobas, Unicobas e Usb) che lo sciopero è irregolare. Le norme sugli scioperi, infatti, prevedono un intervallo di almeno 6 giorni fra un sciopero e l’altro e, proprio poche ore prima che Cobas e Unicobas proclamassero l’astensione dal lavoro per i giorni 3 e 9 maggio, l’Usae aveva già indetto uno sciopero generale di tutte le categorie, pubbliche e private, per il 12 maggio.

Il valore pedagogico delle leggi

Il valore pedagogico delle leggi
Proposta di riflessione per gli insegnanti,aspiranti dirigenti scolastici

di Vittorio Zedda

 

La scuola è ed è stata, per noi dirigenti scolastici ,ambito professionale, servizio, studio,istituzione,impegno etico personale e vita vissuta,prima come insegnanti, poi come dirigenti. Una volta conclusa la carriera di insegnante ,restiamo comunque ancora intimamente legati agli aspetti pedagogici e didattici del nostro pregresso impegno docente, anche se dobbiamo interpretarlo ed esprimerlo attraverso le nuove e del tutto diverse funzioni e competenze del dirigente”. E’ ovvio, utile e giusto che le radici del proprio e personale impegno educativo permangano a motivazione profonda e coerente anche della scelta professionale dirigenziale e del suo esercizio, la quale, però , pur mantenendo la stessa sensibilità e passione educativa, si colloca ed opera su un ben diverso piano giuridico e funzionale. Costituisce a tutti gli effetti una professione “altra” rispetto a quella docente. Lo “Scolastico” della funzione sembra però talvolta in alcuni di noi mettere in secondo piano il “Dirigente”, quasi che l’esercizio , mediato attraverso il corpo docente,della competenze pedagogico-didattiche della funzione , e il fascino degli aspetti ideali dell’esser rimasti in fondo appassionati maestri, fossero sufficienti ad interpretare al meglio in ogni suo aspetto il ruolo dirigenziale. Non è così. E non è utile alla gestione delle scuole, e alla migliore erogazione del servizio educativo e didattico,un dirigente che riveli o una insufficiente formazione specifica o una sottovalutazione della stessa, e nemmeno releghi se stesso, per converso, al triste ruolo di burocrate. E’ un antico problema ,tutt’altro che irrilevante,di cui mi sono molto occupato , quando, a cavallo fra gli anni 70 e 80, una campagna politico- sindacale tentò di sostituire la figura del capo d’istituto di nomina ministeriale previa selezione concorsuale , con una diversa figura di capo d’istituto elettivo : un non-senso giuridico e funzionale, che avrebbe destrutturato l’organizzazione e il servizio, precipitando la funzione dirigenziale scolastica nei meandri del peggior sottobosco politico , o peggio clientelare, negandone la professionalità di alto profilo.. Da quel mio impegno di allora nacque l’ANDIS, Associazione Nazionale dei Dirigenti Scolastici, in cui riversai le mie convinzioni per un rilancio di una funzione dirigenziale scolastica , che appariva monca e incompiuta a seguito dei decreti delegati del ’74. Ipotizzavo così’ per il capo d’istituto un nuovo assetto giuridico e funzionale , in cui un fattivo impegno del dirigente scolastico volto all’innovazione mi appariva come un imprescindibile dato di necessità, assieme con uno stabile collegamento fra dirigenti sul territorio, per un efficace interscambio fra quelle che si andavano lentamente prefigurando non più come semplici scuole o istituti fra loro scollegati, ma come unità scolastiche autonome coordinate da reti di reciproco sostegno , supporto e collaborazione. Punto di partenza e riferimento nodale di una funzione dirigenziale rinnovata fu lo studio dei diritti degli alunni della scuola dell’obbligo,discenti minori affidati all’istituzione, in coerente riferimento alle indicazioni e ai principi in tema d’istruzione previsti dalla Costituzione .Oggi diamo per acquisite molte delle convinzioni per cui all’epoca dovemmo lottare. Talune,peraltro, restano ancora allo stato di buone intenzioni. Ripercorriamone alcuni punti nodali. “Dirigente” è termine che definisce e qualifica una funzione giuridica e amministrativa di elevata responsabilità,incardinata in un ambito di autonomia, che necessita quindi di una specifica base tecnico-professionale , acquisibile efficacemente attraverso un mirato e imprescindibile iter formativo . Emanazione delle leggi di questa nostra Repubblica democratica, anche la Dirigenza Scolastica trae linfa da una dottrina giuridica evolutasi attraverso la filosofia del diritto, il diritto costituzione,il diritto amministrativo , i codici civili e penali,la legislazione scolastica e i relativi regolamenti. E’corroborata in radice, come detto, dalle scienze psicopedagogiche; è sempre più attenta alle scienze dell’organizzazione e della gestione dei sistemi complessi; è idealmente arricchita e orientata da fondamenti etici ispirati e dedotti dallo snodo innovatore che radica nei valori della Resistenza e della conseguente e successiva evoluzione culturale ,sociale e organizzativa del nostro paese . E’ questa,in sintesi, l’ “ottica” funzionale e operativa che distingue il nostro ruolo specifico nell’istituzione, in interazione ed in confronto con le altre professionalità del mondo scolastico. Nello studio della funzione del Dirigente Scolastico,non diamo quindi al “Dirigente” meno attenzione o rilievo di quel che diamo allo “Scolastico” . Equilibriamo il significato e il contenuto ponderale dei due termini , in cui il dirigente è il sostantivo, la sostanza preminente , e lo “scolastico “ è l’ambito ma non il limite d’un ruolo fortemente interattivo con la più vasta realtà sociale, culturale e politica. In questo risiede anche la convinzione di un necessario collegamento funzionale fra dirigenti scolastici nel territorio ,superando l’isolamento professionale cui il dirigente potrebbe essere soggetto. Nell’ambito amministrativo di competenza la responsabilità del dirigente è personale e quindi è circoscritta all’istituzione scolastica territoriale cui è preposto. .Ma il dirigente partecipa anche di una più vasta responsabilità collettiva ,in termini di impegno civico,di etica pubblica ,di apporto al bene comune nei confronti dell’ intero consorzio sociale e nazionale, che travalica quindi il ristretto ambito amministrativo di competenza. A ciò ogni dirigente può far fronte meglio attraverso opportune forme di coesione e confronto categoriale fra dirigenti, rientrando in un tale impegno anche il dovere previsto di operare in ogni forma opportuna al buon funzionamento e al miglioramento del servizio. C’è in questa visione del ruolo dirigenziale anche un dato di prospettiva, un necessario processo di crescita ,che si attiva con l’impegno e l’esperienza nella “costruzione” personale della propria professionalità che può radicare solo in un suo attento ed impegnato esercizio,nel tempo. Ma ripartiamo dal nodo centrale della questione ,dal passaggio da una funzione ad un’altra. Questo richiede l’acquisizione di competenze , che generalmente non appartengono alla sfera delle conoscenze e delle sensibilità professionali di un docente, che sappiamo funzionalmente e culturalmente orientato verso altre finalità operative e contenutistiche. E’ qui sta il nocciolo della raccomandazione rivolta a quegli insegnanti che ambiscono a cimentarsi nel ruolo dirigenziale, attraverso le selezioni previste attraverso le forme concorsuali e i corsi connessi. Noi Dirigenti, che non siamo certo estranei ad un impegno di educazione alla Legalità , dobbiamo sempre avere ben presente la valenza della funzione e la sua essenza giuridica, che comporta una specifica conoscenza, una coerente coscienza ed una conseguente sensibilità, anche di tipo istituzionale. Ne va dell’efficacia della nostra azione a vantaggio di un’utenza per il cui preminente interesse operiamo. Relegare , svilire o deprezzare gli aspetti giuridici della funzione come se appartenessero ad una riduttiva visione “burocratica” del ruolo è un errore e un non-senso. Altra cosa sono i macchinosi adempimenti burocratici di un apparato amministrativo da riformare , spesso di aggravio per l’espletamento della funzione. Ma gli aspetti giuridici, e anche amministrativi , procedurali ed esecutivi,al cui processuale sviluppo migliorativo anche i Dirigenti sono chiamati espressamente per “funzione” a dare un contribuito radicato nella migliore esperienza professionale, vanno continuamente approfonditi e direi “coltivati”,alla pari con quelli pedagogico-didattici. Ricordiamoci che un preciso dovere giuridicamente sancito, è quello che vincola ciascun membro della pubblica Amministrazione a contribuire e a collaborare al miglioramento e al buon funzionamento ,anche in termini di apporto personale di fondate proposte finalizzate all’efficacia,efficienza, speditezza e trasparenza dell’istituzione nell’ambito di competenza per il quale opera, specie se in posizione di elevata responsabilità. Chi ha svolto per anni la funzione dirigenziale, ha maturato questo aspetto del ruolo. Tra la funzione docente e la funzione dirigente c’è una profonda e sostanziale differenza ,perché ciascuna delle due si pone su un proprio “ piano” e con responsabilità di diverso ambito ed estensione. E’ un dato di base da acquisire .Agli aspiranti dirigenti , spesso ,com’è naturale ,ancora così intimamente e sentitamente “insegnanti” e inclini a vedere come “burocratico” persino ciò che ha invece un razionale e radicato fondamento giuridico, bisognerebbe far notare quanta buona “pedagogia” c’è nelle leggi , e non solo nei principi generali di un diritto dalle millenarie radici ,cui tanto deve la nostra civiltà. Ce n’è e tanta, di “buona pedagogia” negli aspetti legali e giuridici della funzione,nella loro ispirazione democratica e repubblicana , nella loro finalizzazione vincolata al preminente pubblico interesse e al bene comune. Aspetti comunque sempre migliorabili come in ogni umana attività ,ma non per questo trascurabili. Approfondire e maturare intimamente questo aspetto e coltivare quindi una “sensibilità istituzionale” agevola un corretto passaggio da una funzione all’altra ,così diverse, da non poter essere interpretata la seconda solo come parziale modifica o sviluppo per successione della prima . Questo è il nodo, per me dedotto dall’esperienza professionale e associativa, su cui è bene si soffermi lo studio, la riflessione e la ricerca personale di chi è interessato ad affrontare efficacemente un passaggio ed un approccio alla Dirigenza, per una sempre più matura acquisizione della coscienza del ruolo.