52.000 posti per le assunzioni

Raggiunta intesa Mef-Miur sul consolidamento dell’organico di fatto

Fedeli: “Un altro passo per il miglioramento del sistema e la continuità didattica”

Padoan: “Processo di riforma va avanti”

Prosegue l’impegno del Governo per la qualità del sistema scolastico: sono circa 52.000 i posti disponibili quest’anno per le assunzioni di docenti. Si tratta di cattedre che verranno coperte con contratti a tempo indeterminato, favorendo così la continuità didattica e una maggiore stabilità del personale.
Nella serata del 9 maggio è stata raggiunta l’intesa tra Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e Ministero dell’Economia e delle Finanze sull’attuazione della norma inserita in legge di Bilancio che prevede la trasformazione di 15.100 posti dell’organico di fatto, assegnati ogni anno a supplenti, in altrettanti posti dell’organico di diritto da coprire con docenti di ruolo con contratti a tempo indeterminato.
A questi si aggiungeranno i posti rimasti liberi a seguito dei pensionamenti (circa 21.000) e i posti già vacanti e disponibili (circa 16.000). In tutto, quest’anno, saranno dunque disponibili circa 52.000 posti per le assunzioni a tempo indeterminato che serviranno a garantire maggiore continuità didattica e a dare una risposta alle legittime aspettative delle precarie e dei precari storici e delle vincitrici e dei vincitori del concorso. Le procedure di assunzione avverranno nel corso di questa estate con decorrenza dei contratti dal primo settembre.
La collaborazione tra le due Amministrazioni è stata fondamentale per raggiungere questo risultato, che conferma il continuo impegno del Governo in favore dell’istruzione scolastica. L’intesa prevede il monitoraggio dell’evoluzione dell’organico con l’obiettivo di contenere il fenomeno del precariato e garantire continuità nello svolgimento dell’attività didattica.
“La scuola merita questo riconoscimento”, sottolinea la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli. “Trasformare ciò che oggi è organico di fatto in organico di diritto significa scegliere di continuare a investire sulla qualità della formazione delle e dei docenti, mettendo al centro gli interessi di studentesse e studenti, famiglie, insegnanti”. L’intesa raggiunta, aggiunge Fedeli, è “frutto dello sforzo comune” compiuto dal Miur e dal Mef nell’effettuare i necessari calcoli a partire da quanto stanziato per questo capitolo nella legge di Bilancio 2017”.
“Andremo avanti con le assunzioni”, sottolinea la Ministra, facendo riferimento ai posti derivanti da turnover e concorsi, “e continueremo ad operare trovando le condizioni per rendere l’insieme degli organici scolastici sempre più formati”. Quello compiuto ora “è un ulteriore passo importante nel percorso aperto con la Buona scuola”, sottolinea Fedeli, aggiungendo che “l’obiettivo adesso è quello di garantire a studentesse e studenti di trovare tutte le docenti e tutti i docenti in cattedra a settembre fin dal primo giorno di scuola”.
“La trasformazione di incarichi di fatto con l’inserimento nell’organico stabile del personale docente è parte di un processo complessivo di riforma che procede senza interruzioni” ha osservato il Ministro dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan. “Una gestione avveduta e lungimirante delle finanze pubbliche – ha aggiunto Padoan – è una condizione necessaria per sostenere il percorso delle riforme e ne rende possibile l’attuazione”.

Una scheda che certifica cosa?

Una scheda che certifica cosa?

di Maurizio Tiriticco

 

Ottima – e ovviamente ineludibile – è stata la scelta a suo tempo operata dalla nostra amministrazione di “agganciare” le competenze da fare acquisire ai nostri alunni al termine del primo ciclo di istruzione (14 anni di età) e dell’obbligo di istruzione (16 anni di età) al primo e al secondo livello degli otto indicati dall’European Qualifications Framework, di cui alla “Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio” del 18 dicembre 2006. Si tratta di una scelta con cui si sono volute modulare le finalità del nostro “sistema educativo nazionale di istruzione e formazione” con quelle degli altri Paesi membri dell’Unione europea, fatte salve, ovviamente, le nostre peculiarità nazionali.

Si vedano al proposito comparativamente sia la citata Raccomandazione che il dm 139 del 22 agosto 2007 e i due relativi allegati. Il primo riguarda gli “assi culturali” distinti in quattro ambiti: quello dei linguaggi; quello matematico; quello scientifico-tecnologico; quello storico-sociale. Il secondo indica e descrive le otto “competenze chiave di cittadinanza da acquisire al termine dell’istruzione obbligatoria”.

Tali competenze riguardano lo sviluppo/crescita dell’alunno/persona – in relazione alle suddette otto competenze chiave europee indicate tra parentesi – in considerazione di:

  1. a) la costruzione del SE’, cioè della persona in quanto tale (imparare ad imparare; progettare), come esito dei processi di “formazione”;
  2. b) la costruzione di corrette e significative relazioni del SE’ con gli ALTRI anche in quanto cittadino (comunicare; collaborare e partecipare; agire in modo autonomo e responsabile), come esito dei processi di “educazione”;
  3. c) la costruzione di corretti rapporti con le COSE, con il FARE (risolvere problemi, individuare collegamenti e relazioni; acquisire e interpretare l’informazione), anche in quanto futuro lavoratore, come esito dei processi di “istruzione”.

E’ opportuno ricordare al proposito le finalità che ci siamo proposti quando, alla fine del secolo scorso, abbiamo varato il Regolamento relativo all’autonomia delle istituzioni scolastiche con il dpr 275/99. In effetti, il comma 2 dell’articolo 1 così recita (le maiuscole sono mie): “L’autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di EDUCAZIONE, FORMAZIONE e ISTRUZIONE mirati allo sviluppo della PERSONA UMANA, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il SUCCESSO FORMATIVO, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento”. Giova ancora sottolineare che: a) la FORMAZIONE afferisce alla persona; b) l’EDUCAZIONE afferisce al cittadino; c) l’ISTRUZIONE al soggetto che apprende in funzione di un significativo inserimento nel mondo del lavoro; tutti fattori che giustificano ed esigono il SUCCESSO FORMATIVO.

Tra parentesi, vorrei ricordare che con il regime fascista il Ministero della Pubblica Istruzione fu rinominato dell’Educazione nazionale. Le ragioni sono ovvie: un regime dittatoriale non può non investire anche il campo dell’EDUCAZIONE, ovviamente… a tutto tondo e a senso unico! Ricordo che gli alunni ogni anno, nella ricorrenza del 28 ottobre 1922, “marcia su Roma”, giuravano: «Nel nome di Dio e dell’Italia giuro di eseguire gli ordini del Duce e di servire con tutte le mie forze e se è necessario col mio sangue la causa della Rivoluzione Fascista».

Questa lunga premessa mi consente di riconoscere che è senz’altro corretta la scelta operata dal Miur di proporre alle scuole del primo ciclo una “scheda di certificazione delle competenze al termine del primo ciclo di istruzione” costruita e scandita sulle otto competenze chiave europee, di cui alla citata Raccomandazione del 18 dicembre 2006. Giova ricordare che anche le competenze da certificare al termine dell’obbligo di istruzione sono le medesime, ovviamente secondo una lettura e un peso maggiori.

Ciò che invece non mi convince del tutto è la declinazione – o meglio, la riscrittura – che viene operata dall’amministrazione, per quanto riguarda le competenze descritte, ricavate dal profilo dello studente di cui alle “indicazioni nazionali” relative al primo ciclo di istruzione (dm 254/2012). Mi sembra che si sia operata una sorta di dissoluzione delle materie di studio… o discipline – forse più elegante – in favore di un “saper fare” che delle discipline richiama solo e volutamente un’eco lontana! Rilevo quanto segue.

Fanno parte della stessa voce (n. 2 della scheda) le lingue straniere. Ma, se un alunno va “bene “ in inglese e “male” in una seconda lingua comunitaria, come la mettiamo? Non vengono distinte le competenze matematiche da quelle scientifico-tecnologiche (n. 3 della scheda): entrambi afferiscono, in effetti, a materie/discipline diverse. Non viene distinta la storia dalla geografia (n. 8 della scheda): in effetti, non è detto che un alunno “vada bene o male” in ambedue le discipline! Per non dire poi del fricandò che viene fatto per gli “ambiti motori, artistici e musicali”. Un alunno può saltare un metro e novanta, ma non sapere nulla di arte, e viceversa! Un altro può avere un gran talento nel disegnare e dipingere, ma non salta neanche trenta centimetri. Un altro ha un gran talento nella chitarra, ma non sa tenere un pennello in mano!

Insomma, che fine hanno fatto le materie di studio, o – se è più elegante – le discipline di apprendimento? Per non dire poi che, nella melassa che viene offerta – debitamente copiata dall’elenco delle “competenze chiave europee” – le tre competenze “imparare ad imparare”, “sociali e civiche” (esiste una disciplina che si chiama Educazione e Cittadinanza che però nella scheda non viene citata!!!), “spirito di iniziativa e imprenditorialità”, non si capisce che cosa “ci fanno” intercalate tra discipline di studio, anche se malamente!

Eppure, nelle Indicazioni nazionali relative al primo ciclo di istruzione, le materie di apprendimento figurano chiaramente indicate e le copio: Italiano; Lingua inglese e seconda lingua comunitaria; Storia; Geografia; Matematica; Scienze; Musica; Arte e Immagine; Educazione Fisica; Tecnologia (e ovviamente l’IRC). E gli insegnamenti, come prassi, sono distribuiti secondo determinate ore. E’ giustificato il fatto che un conto sono i tre anni scolastici di scuola media, altro conto il “termine del primo ciclo di istruzione”, ma non si comprende in quale misura le suddette discipline abbiano contribuito a far maturare competenze che appaiono mille mille lontane da ciò che i singoli insegnanti “hanno fatto” nelle loro quotidiane attività.

Il fatto è che una competenza ha sempre un carattere trasversale, non rigidamente disciplinare. Ed ancora: un conto è l’apprendimento per discipline, altro conto lo sviluppo e la maturazione di determinati “saper fare”, che passano ovviamente attraverso l’acquisizione di date conoscenze, la maturazione di date abilità operative: si tratta, quindi, quel sostrato operativo di conoscenze e abilità che costituiscono la condizione prima ed unica per l’acquisizione e la padronanza di competenze.

A conclusione delle considerazioni fin qui condotte, non sembra che la scheda proposta dal Miur possa riflettere a pieno ciò di cui un soggetto in età di apprendimento abbia veramente acquisito in materia di competenze al compimento dei 14 anni di età e di otto anni di istruzione obbligatoria. Non sarebbe, allora, il caso di procedere a una revisione e ad una riscrittura più puntuale e conforme della scheda di certificazione delle competenze maturate al termine del primo ciclo di istruzione?

Insegnare l’Europa

9 maggio Festa dell’Europa

“Insegnare l’Europa”: nelle scuole e online il nuovo numero della rivista «La ricerca»
Loescher Editore dedica all’Unione Europea l’ultimo numero della sua rivista d’approfondimento “La ricerca”

www.laricerca.loescher.it

Torino, 9 maggio 2017 – È dedicato al tema dell’Europa e del suo insegnamento nella scuola italiana e degli altri stati membri, il nuovo numero della rivista «La ricerca» di Loescher Editore (n. 12, maggio 2017). In un momento in cui il processo di integrazione europea sembra messo in crisi dai nuovi populismi e dai vecchi nazionalismi, appare quanto mai opportuno fermarsi a riflettere su quanto è stato fatto e su quanto invece ci sia ancora da fare in ambito educativo per aiutare i cittadini più giovani a immaginarsi in una dimensione europea.

Scrive nel suo editoriale il direttore Sandro Invidia: “Ai miei figli cerco di instillare il dubbio sulle facili certezze di chi circoscrive i propri confini all’orto di casa o, peggio, rintraccia tra paralleli e meridiani i segni di ineluttabili destini e fatali missioni. A loro vorrei poter dare la scala che permetta di guardare ben al di là dei muri, ahimè non solo metaforici, che i miei coetanei oggi si affannano a erigere a difesa delle proprie paure”. 

Nell’anno in cui anche il Salone del Libro di Torino propone ai suoi visitatori di scavalcare i muri e di andare “oltre il confine”, la storica rivista torinese intende contribuire al dibattito in corso con una serie di riflessioni, di analisi e di proposte affidate a intellettuali, studiosi e docenti italiani e internazionali.

All’intervento di apertura di Pietro Graglia, storico e specialista delle relazioni internazionali, è affidato il compito di impostare il problema di come insegnare l’Europa, cioè “trasformare in narrazione condivisa con gli studenti un tema così sfuggente e così originale quale il processo di integrazione europea”. L’ipotesi avanzata dello storico è quella di insegnare la complessità di un processo misto, nel quale si fondono idealità alte e interessi molto concreti […] Un compito appassionante, che coinvolge la storia delle relazioni internazionali e quella intellettuale, la storia dei partiti e dei movimenti e la storia sociale, la storia economica e commerciale e quella delle organizzazioni militari”. 

Altre risposte a questa sfida sono fornite da Franco Cardini, che nell’articolo L’Europa: le radici e la storiadopo aver proclamato la sua “profonda fede europeistica” (accompagnata dalla delusione per la mancata unità politica), intraprende un ricco e articolato percorso sulle origini del concetto di Europa dall’antichità al presente, giungendo a formulare ipotesi e scenari per il prossimo futuro. Alle parole di Remo Ceserani, autore storico della casa editrice Loescher, è affidato il compito di invitare i docenti delle scuole e delle università italiane a superare le consuete frontiere nazionali, andando a collocare la cultura italiana nel contesto dell’Europa e della più ampia comunità mondiale. Seguono, sempre nella sezione Saperi della rivista, due interventi: il primo di Paolo Corbucci, che per il MIUR segue le attività relative a Cittadinanza e Costituzione, dedicato all’educazione alla cittadinanza in una prospettiva europea; e quello di Pier Virgilio Dastoli, presidente del Movimento Europeo in Italia. A chiusura della prima parte del numero quattro poesie di Elisa Biagini, di cui due inedite.

La parte centrale del numero è occupata dal Dossier L’Europa nei libri di testoCome spiega Francesca Nicola nell’articolo introduttivo, “di solito in questi Dossier traduciamo riflessioni di autori stranieri, nell’idea che un punto di vista diverso possa contribuire a chiarire i problemi che troviamo a casa nostra”, ma questa volta la situazione è diversa. Quello che è apparso chiaro fin dall’inizio è che “in nessun Paese esiste una pedagogia dell’Europanon vi sono all’estero buone pratiche o soluzioni didattiche efficaci per risolvere un problema la cui complessità è testimoniata da questo numero della Ricerca. Ecco perché – aggiunge Nicola – abbiamo scelto di spiegare come non si dovrebbe insegnare l’Europa, o comunque ciò che non va nel modo in cui oggi generalmente la si insegna”.

La sezione Scuola si apre con un’intervista ad Alessandro Fusacchia, ex capo di gabinetto del MIUR, che sottolinea il ruolo determinante della scuola nel percorso di costruzione dell’Unione Europea. Segue un articolo di Carmelina Maurizio, insegnante e valutatrice Erasmus, che illustra agli addetti ai lavori come realizzare un buon progetto di mobilità nella scuola. Infine, nell’articolo Uniti nella diversità, Simone Giusti affronta il nodo del rapporto tra insegnamento linguistico, intercultura e traduzione a scuola, mettendo in evidenza la necessità di valorizzare l’atto del tradurre in ambito educativo. Chiude il fascicolo, come di consueto, un breve racconto della scrittrice e insegnante Giusi Marchetta.

La ricerca” è distribuita nelle scuole secondarie di primo e secondo grado ed è consultabile gratuitamente sul sito www.laricerca.loescher.it.

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La ricerca è una testata indipendente, distribuita nelle scuole secondarie di primo e secondo grado e consultabile gratuitamente sul sito www.laricerca.loescher.it. Dopo anni di sospensione, La ricerca rinasce nell’aprile 2012 con l’obiettivo di creare uno strumento capace di offrire alla casa editrice e ai suoi autori l’occasione di continuare il dialogo culturale, didattico e educativo avviato dalla progettazione dei libri di testo, oltre che interloquire direttamente con il proprio pubblico, fatto di professionisti esigenti, ma anche di studenti e genitori, disponibili al confronto. Il sito della testata contiene, oltre alla rivista cartacea scaricabile, un aggiornamento quotidiano di articoli di attualità, istruzione, cultura; la sezione “Scritto da voi”; un’area dedicata alle normative riguardanti l’istruzione; e i Quaderni della Ricerca, numeri monografici destinati all’approfondimento disciplinare, didattico, culturale.

Loescher Editore (www.loescher.it) è una storica casa editrice italiana, nata a Torino nel 1861, specializzata nella pubblicazione di libri di testo per la scuola secondaria di primo e secondo grado. Si occupa inoltre di Italiano per stranieri, di Istruzione degli adulti e della promozione e distribuzione, in esclusiva per l’Italia, dei testi Cambridge University Press, Helbling Languages, Clé International. Il catalogo Loescher comprende i marchi D’Anna, Bonacci, Derva e Thema.

Tutta un’altra scuola

Scuola =

Tutta un’altra scuola – Convegno di Sinistra Italiana

Venerdi 12 maggio 2017  a Roma

Caffe’ Letterario Via Ostiense 95

Ore 15 – 19

Con Vertecchi, Christian Raimo, Sinopoli segretario Flc Cgil, Bagni Presidente Cidi

Conclude Nicola Fratoianni

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La cattiva scuola di Renzi e Gentiloni e’ compiuta. I decreti, salutati come un’iniezione di civiltà per il Paese, portano invece a compimento il disegno di un ritorno al passato. Questa,definita riforma epocale, per di piu’ a costo zero, e’  in realta’ ben poca cosa. E rischia di produrre effetti negativi nel corpo profondo della scuola.

Sinistra Italiana ne parla con insegnanti, docenti, studenti, famiglie, esperti venerdi’ prossimo  12 Maggio 2017  a Roma in un primo momento di riflessione e proposta per mettere in cantiere tutta un’altra scuola.

I lavori si svolgeranno presso il Caffe’ Letterario via Ostiense 95 dalle ore 15 alle ore 19

Coordina Alba Sasso, introduce la responsabile nazionale scuola di SI Claudia Pratelli

“Un sapere per la cittadinanza” con Giuseppe Bagni Presidnete Nazionale CIDI, Francesca Picci la coordinatrice nazionale dell’UDS Unione degli Studenti, Andrea  Ranieri

“La scuola che include, la scuola che promuove” con Simonetta Fasoli, Christian Raimo, Benedetto Vertecchi

“Autonomia, responsabilita’, liberta’”  con Angela Nava, on. Annalisa Pannarale, sen. Alessia Petraglia, Francesco Sinopoli segretario nazionale Flc Cgil

Conclude il segretario nazionale di Sinistra Italiana  Nicola Fratoianni

Happy Hand in Tour, l’edizione 2017/18

Happy Hand in Tour, l’edizione 2017/18

 

In dodici mesi, fra il 2015 e il 2016, Happy Hand in Tour ha raggiunto, con 154 iniziative nei centri commerciali IGD presenti in 11 regioni italiane, decine di migliaia di persone coinvolgendo 500 volontari, 200 tra associazioni e gruppi sportivi, culturali, musicali. Un successo popolare che ha colto il messaggio culturale basato innanzitutto sul principio che la disabilità non è dipendenza, né malattia, ma un fatto strettamente connesso all’ambiente, alla cultura e ai pregiudizi. Un successo all’insegna della festa, delle performances musicali, artistiche e sportive, dell’incontro con il variegato popolo dei visitatori-fruitori dei Centri Commerciali.

E ora Happy Hand in Tour scalda i motori per un nuovo giro d’Italia con vecchi e nuovi partner.

Nuovamente l’ambiente, che consente di avvicinare moltissime persone, sarà quello dei centri commerciali, scenario che è possibile praticare grazie ad una società come Immobiliare Grande Distribuzione (IGD), uno dei principali player in Italia nel settore immobiliare della grande distribuzione organizzata, che sviluppa e gestisce appunto centri commerciali su tutto il territorio nazionale.

Al suo fianco la FISH, la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, che raggruppa decine di Associazioni di persone con disabilità e delle loro famiglie e il CIP, il Comitato Italiano Paralimpico, di cui fanno parte le tante federazioni italiane dello sport praticato dalle persone con disabilità.

Ma l’edizione 2017/18 vedrà il sostegno di altri autorevoli supporter: il CSI, Centro Sportivo Italiano e UISP, l’Unione Italiana Sport Per tutti, vale a dire le due associazioni che maggiormente favoriscono la promozione dell’attività sportiva in Italia.

La nuova edizione di Happy Hand in Tour sarà presentata a Roma, in una specifica conferenza stampa, mercoledì 10 maggio alle ore 12 presso la Sala Cristallo dell’Hotel Nazionale in Piazza di Monte Citorio 131.

Alla conferenza, coordinata da Lorenzo Sani, Presidente di WTKG (Willy The King Group), saranno presenti il Direttore Generale alla Gestione di IGD Daniele Cabuli, il Presidente FISH Vincenzo Falabella, il Presidente CIP Luca Pancalli, il Presidente UISP Vincenzo Manco ed il Presidente CSI Vittorio Bosio.

Insieme a loro gli atleti FISDIR (sindrome di down) Carmelo Messina, Riccardo Piggio e Luca Magagna, recenti campioni del mondo nel calcio a 5.

La Carta della Generazione Erasmus presentata oggi a Firenze

La Carta della Generazione Erasmus presentata oggi a Firenze

La Ministra Fedeli: “Continuare su questa strada per estendere il Programma”

Il Sottosegretario Gozi: “Strumento migliore per creare generazione di cittadini europei”

 

FIRENZE, 9 MAGGIO 2017 – Avviare un dialogo tra decisori politici, studenti e partecipanti al Programma Erasmus per dare un nuovo impulso all’Europa di domani. Con questo obiettivo si è svolta questa mattina a Firenze, nel Salone de’ Cinquecento in Palazzo Vecchio, la conferenza “Erasmus+ e il futuro dell’Europa”. L’evento si inserisce nell’ambito delle celebrazioni organizzate dal 7 al 9 maggio nel capoluogo toscano dalle Agenzie nazionali Erasmus+ Indire, Inapp e ANG per i trenta anni dalla nascita di Erasmus. Presenti, tra gli altri, la Ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, il Sottosegretario con delega alle Politiche e agli Affari europei, Sandro Gozi, e il Sottosegretario al Ministero del Lavoro, Luigi Bobba.

Nella prima parte della mattinata, rappresentanti di Indire, garagErasmus ed Erasmus Student Network Italia hanno consegnato ai decisori politici la Carta della Generazione Erasmus, il documento politico-culturale elaborato da studenti ed ex partecipanti al Programma nell’ambito degli Stati Generali della Generazione Erasmus. Il documento integrale può essere scaricato sul sito indire.it.

A seguire, si è svolta la tavola rotonda, con rappresentanti istituzionali italiani ed europei e una selezione di storie di successo raccontate da alcuni pionieri Erasmus che hanno vissuto la loro esperienza di mobilità nei primissimi anni del Programma. Presenti anche alcuni testimonial, volti noti del mondo della tv, del giornalismo e dello sport che negli anni dell’università sono partiti per l’Erasmus.

Durante la conferenza, per celebrare i 30 anni di un programma da molti definito “il più grande successo dell’Europa”, si è esibita l’Orchestra Erasmus, formata da 40 studenti che provengono da venti conservatori italiani.

La Ministra Valeria Fedeli ha dichiarato: «È un impegno del governo leggere ed attuare quanto scritto nella carta della Generazione Erasmus. Ringrazio tutti quelli che hanno contribuito in trent’anni a rafforzare l’Erasmus. Credo sia importante continuare su questa strada ed estendere l’esperienza dell’Erasmus sempre di più alle ragazze e ai ragazzi che non hanno risorse economiche per poter partecipare. Dobbiamo impegnarci su questo nel corso del prossimo Consiglio dell’Istruzione a livello europeo. Bisogna strutturare la possibilità di fare Erasmus anche alle scuole superiori – ha aggiunto la Ministra – e, altrettanto importante soprattutto per le novità che abbiamo messo in campo in Italia con le esperienze di alternanza scuola lavoro, attivare scambi professionali dentro il programma Erasmus. Dobbiamo lavorare perché quando le ragazze e i ragazzi partano per l’Erasmus si trovino sempre in condizioni di sicurezza e soprattutto dobbiamo impegnarci per immettere nei percorsi formativi scolastici l’educazione europea, la conoscenza della storia dell’Europa».

Il Sottosegretario Sandro Gozi ha aggiunto: «L’Europa è la sua storia, il suoi valori, la fatica di tanti per raggiungere le conquiste che oggi a molti sembrano scontate. Ma è anche un fantastico moltiplicatore di opportunità e il miglior antidoto ai populismi. L’Europa è il futuro, i giovani, la possibilità di viaggiare e imparare lingue e culture diverse. È per questo che oggi la festeggiamo nel modo migliore celebrando i 30 anni del programma Erasmus. Oggi dobbiamo dire grazie all’Europa perché grazie ad essa, dopo due guerre mondiali, abbiamo avuto sessant’anni di pace e prosperità: siamo passati dalla generazione Auschwitz alla generazione Erasmus. Essendo l’Erasmus lo strumento migliore per creare una generazione di cittadini europei bisognerebbe estenderlo anche oltre l’ambito universitario».

Il Direttore dell’Agenzia nazionale Erasmus+ Indire, Flaminio Galli, ha dichiarato: «La consegna della Carta ai decisori politici al Festival d’Europa conclude un percorso iniziato tre mesi fa a Roma, quando la nostra Agenzia, insieme a ESN e garagErasmus, ha invitato gli studenti della Generazione Erasmus a immaginare un futuro diverso per l’Europa. Siamo orgogliosi di aver favorito questo cammino, nella speranza che la Carta della Generazione Erasmus possa diventare un punto di riferimento per giovani, cittadini e istituzioni, contribuendo alla costruzione di un’Europa più unita e integrata».

È possibile vedere la registrazione dell’evento accedendo alla pagina ufficiale YouTube di Erasmus+ INDIRE.

Hashtag ufficiale: #erasmus30

Nella foto, da sinistra: Davide Capecchi, Maria Pia Di Nonno, la Ministra Valeria Fedeli, il Sottosegretario al Ministero del Lavoro Luigi Bobba, il Sottosegretario alle Politiche e agli Affari Europei Sandro Gozzi, il Presidente della Fondazione garagErasmus Francesco Cappè, il Presidente Erasmus Student Network Italia Simone Acquaviva, il Presidente INDIRE Giovanni Biondi.

Sostegno alle mobilitazioni studentesche

La FLC CGIL sostiene le mobilitazioni studentesche, nel giorno delle prove Invalsi, per una scuola “migliore e di qualità”

La FLC CGIL sostiene con convinzione le mobilitazioni del 9 maggio indette dall’Unione degli studenti. Siamo al loro fianco, per riaffermare anche noi il bisogno di riscrivere le regole fondamentali di una scuola moderna e inclusiva, che non lasci nessuno indietro. La deriva sempre più ideologica della valutazione, introducendo diseducativi meccanismi di competizione tra studenti e tra singoli istituti, ripropone antichi vizi che credevamo eliminati. Bene fanno gli studenti a scendere in piazza oggi per affermare il loro bisogno di una scuola diversa, “gratuita e di qualità”, universale, pubblica, nel senso pieno del termine di res pubblica, laica, e plurale.

Nel nostro Paese secondo alcuni la competizione fra scuole dovrebbe contribuire a risolvere le criticità emerse dalle indagini nazionali e internazionali sui livelli di apprendimento raggiunti dagli studenti, incentivando il miglioramento delle istituzioni scolastiche in termini di efficacia e di efficienza. Da qui la centralità delle informazioni che le famiglie possono ricevere per effettuare la scelta. In particolare quella sui livelli delle conoscenze e competenze ottenuti dagli studenti che frequentano quelle scuole. In questa direzione viene sempre più piegato l’Invalsi.

Nel modellino tutto funziona. Nella realtà no. Nella realtà come dimostra ciò che è accaduto e sta accadendo nei Paesi dove questa idea di scuola si è sperimentata, chi si trova nelle condizioni di operare la scelta sono i figli delle famiglie più istruite e spesso relativamente più agiate, con l’effetto più che di favorire una competizione virtuosa quello di produrre un vero e proprio rischio segregazione. Nelle scuole dei quartieri più difficili e nelle zone più disagiate si concentrano i figli di chi per ragioni culturali ed economiche non è nelle condizioni di orientare la scelta. Il punto non è quello di consentire una scelta informata ma come si fa ripartire anche nel nostro Paese quella mobilità sociale che da tempo è in crisi, come si costruiscono le condizioni per far sì che la scuola sia uno strumento di contenimento delle disuguaglianze e non un moltiplicatore. Le presunte ragioni “meritocratiche” che hanno coperto ideologicamente gli interventi sulla scuola degli ultimi anni dai tagli della Gelmini, al primitivismo della chiamata diretta, del bonus docenti e di tutto il managerialismo straccione della legge 107/15, compreso l’assurdo sistema di valutazione dei dirigenti scolastici che funge da strumento di pressione per introdurre una competizione interne alle scuole e tra le scuole producono l’effetto opposto. Alimentano le disuguaglianze costruendo una scuola che specchiandole nei fatti le moltiplica.

La scuola è costruzione di senso, è capacità di sviluppare relazioni umane, è la possibilità di offrire saperi “utili”, prima di tutto a costruire cittadinanza, è l’affermazione del “noi” come comunità di apprendimento e di insegnamento. La mobilitazione degli studenti in tante città di oggi (https://twitter.com/uds_Studenti) insieme alle assemblee e tutte le iniziative che si sono tenute in questi giorni nelle scuole promosse dal sindacato, che hanno al centro, tra gli altri temi, proprio quello della valutazione e della sua deriva ideologica, rappresentano non solo una scelta legittima degli studenti e del personale che ha deciso di prendervi parte ma ci auguriamo la base di partenza di una nuova e vasta mobilitazione per rilanciare in questo Paese le vere priorità della scuola pubblica certamente molto lontane da un modello di scuola pensato per aderire alle disuguaglianze esistenti piuttosto che per combatterle.

INVALSI si, INVALSI no?

INVALSI si, INVALSI no?

La community ScuolaZoo risponde

#NonValutateciLInvalsi

#PiùAlberiMenoInvalsi

 

Milano, 9 maggio 2017 – Le prove INVALSI approdano agli istituti superiori e puntuale, come ogni anno, parte la polemica: sono inutili? Dovrebbero essere boicottati dagli studenti? Tolgono tempo all’insegnamento del programma scolastico? ScuolaZoo, la più grande community online di studenti in Italia, ha chiesto a circa 260 studenti tra la prima e la quinta superiore quale fosse il loro punto di vista sulla prova INVALSI, cercando anche di capire se la percezione sta mutando negli anni.

 

L’indagine è stata condotta sia fra coloro che affronteranno la prova quest’anno, sia fra coloro che l’hanno sostenuta in passato. Le differenze? Sembra che le prove INVALSI stiano guadagnando terreno sull’essere prese “seriamente” dagli studenti: il 31,5% di coloro che l’hanno sostenuta in passato hanno dichiarato di averla boicottata o consegnando il foglio in bianco, o pasticciandolo con risposte ironiche oppure rimanendo a casa da scuola. Quest’anno, ammesso e non concesso che manterranno la decisione dichiarata, pare che il 72,5 % di loro sia intenzionato a svolgere seriamente la prova, facendo calare il numero di coloro che si dichiarano per il boicottaggio al 27,5%.

 

Probabilmente questa variazione si deve al fatto che gli insegnanti stessi, rispetto agli anni passati, stanno dedicando più attenzione verso la preparazione a questa prova: sono gli stessi studenti a dichiararlo. Il 62,5% di loro ha dichiarato di essere stato preparato adeguatamente dai propri insegnanti; solo il 45,5% di chi ha svolto la prova in passato ha dichiarato lo stesso. Allo stesso modo, pare essere migliorata la comunicazione che i professori fanno della prova INVALSI agli studenti: oggi il 38% dei prof fa passare ai ragazzi il messaggio che è una prova importante; in passato succedeva solo nel 27,5% dei casi. Rimane comunque inalterata la percentuale di professori che non si sbilancia nei commenti a riguardo (dal 39% degli anni passati, al 38% di quest’anno).

 

Due dati continuano a essere negativi: un terzo dei professori utilizza ancora l’INVALSI per avere una valutazione in più per i propri studenti, nonostante il test debba essere anonimo per legge (secondo gli intervistati lo fa il 32,5% dei professori, contro il 39% degli anni passati). Oltre a questo c’è ancora un 20% di professori che aiuta i ragazzi durante la prova, per far sì che il punteggio di classe salga….

 

Sembra proprio quindi che la partecipazione corretta e seria da parte degli studenti alla prova sia quasi proporzionale all’impegno e alla correttezza che i professori mettono nell’organizzarla e spiegarla alle proprie classi.

 

Sono però le opinioni personali dei ragazzi sull’INVALSI a lasciare perplessi, opinioni che, a quanto pare, risentono di quel 38% di professori che si trincera dietro a un “No comment” quando si parla di INVALSI, o dietro al 19,5% di loro che dichiara sia una prova utile solo al MIUR, o ancora dietro al quel 4,5% di professori che dichiara apertamente sia una prova completamente inutile.

 

Tra i banchi l’opinione più diffusa è che l’INVALSI non serva a niente, se non a sprecare carta. Il problema non è l’idea di un sistema unico di valutazione, il problema sono le domande che hanno poco a che fare con il programma svolto e che non tengono conto delle differenze che ci sono tra le varie scuole. Alcuni esempi?

Tutte le risposte dei ragazzi della Community ScuolaZoo

Dalla legalità alla responsabilità

Intervento dell’On. Claudio Fava sulle mafie al liceo Highlands di Roma per “Invito alla Lettura” 2017

Dalla legalità alla responsabilità: portare la mafia fuori dai libri di Storia
A 39 anni dalla morte di Peppino Impastato, Claudio Fava interviene in occasione dell’Invito alla Lettura organizzato dal liceo Highlands per sfatare alcuni luoghi comuni sulle mafie

La mafia non è un fenomeno localmente circoscritto o appartenente al passato.I morti ammazzati dalla mafia non sono eroi usciti dai libri di Storia.Non è solo compito delle istituzioni combattere la mafia; non servono strumenti particolari e non ci sono “momenti giusti” per farlo.
Questi sono solo alcuni dei luoghi comuni che l’On. Claudio Fava – vicepresidente della commissione parlamentare antimafia, giornalista e scrittore – ha voluto affrontare e demolire nel suo intervento al liceo Highlands di Roma, avvenuto lo scorso 5 maggio in occasione dell’Invito alla Lettura, manifestazione che l’Istituto organizza ogni anno, sulla scia del Il maggio dei libri. Il tema scelto per l’edizione 2017 è stato infatti “Mafie e società: leggere per fare memoria” ed i ragazzi sono stati preparati ad affrontarlo non solo con la lettura di testi, ma anche con altri strumenti multimediali, tra cui la visione del film I cento passi, dedicato alla vicenda dei Peppino Impastato, della cui sceneggiatura è co-autore proprio Claudio Fava.
L’onorevole ha innanzitutto delineato il nuovo volto della mafia, passata dall’era delle grandi stragi siciliane a quella del radicamento nel tessuto economico e sociale di tutta Italia, attraverso la “compiacenza” degli imprenditori. Ha dunque invitato ragazzi e docenti a cambiare il punto di vista ed il lessico con cui ci si riferisce ai fenomeni mafiosi, innanzitutto prendendo le distanze dalla retorica della commemorazione delle vittime, che le ha relegate a figure leggendarie di opere letterarie o cinematografiche, dimenticando che erano semplicemente persone impegnate nel loro quotidiano e che “nessuno per vocazione vuole fare l’eroe o il martire!”.Altro sforzo da compiere, anche in termini linguistici, è il passaggio dal concetto di “legalità” a quello di “responsabilità”: “parlare della mafia come di una questione di legalità rischia di indurci a delegare il problema ai tribunali, ai giudici, alle sentenze… mentre se vogliamo davvero risolverlo, dobbiamo farcene carico in prima persona”.
Questo è proprio ciò che insegna la storia di Peppino Impastato: un ragazzo comune, proveniente da una famiglia fortemente radicata nel contesto mafioso del loro piccolo paese, che combatte la mafia con un programma satirico trasmesso da una radio locale, facendosi beffe in particolare del boss Gaetano Badalamenti. Ma quella che sembrava una “ragazzata” diventa in poco tempo un’efficace arma di “risveglio delle coscienze”, tanto da far tremare lo stesso Badalamenti, che ne ordinerà l’omicidio senza mai rivendicarlo.
Ed ecco che la storia di Peppino sfata anche l’ultimo luogo comune: che non si possa denunciare o combattere la mafia se non si hanno gli strumenti giusti. È quanto dimostra anche l’impegno di sua madre – analfabeta – e dei suoi amici, che con le stesse povere armi si sono battuti in ogni modo per far emergere la verità sulla sua morte, ottenendo, dopo più di 20 anni, la condanna all’ergastolo di Badalamenti per il suo omicidio.
L’on. Fava ha quindi concluso l’incontro rivolgendo ai ragazzi un energico appello, rifacendosi proprio alle parole di Peppino Impastato: “Ragazzi, mettetevi dall’altra parte di questa linea immaginaria che vi vuole semplici spettatori! Alla vostra età non potete rassegnarvi a certe cose o aspettare il momento giusto o di avere gli strumenti adeguati per combatterle! Non abituatevi a ciò che accade sotto i vostri occhi, rendendolo normale!”.

L’ordinamento degli studi e il profilo del Dirigente scolastico nel Regno Unito

L’ordinamento degli studi e il profilo del Dirigente scolastico nel Regno Unito

di Pietro Boccia

 

L’istruzione, nel Regno Unito, è obbligatoria dai cinque ai sedici anni e si divide in quattro sistemi scolastici diversi: Inghilterra, Galles, Irlanda del Nord e Scozia. La scuola primaria è di sei anni, articolata in due o tre cicli per le prime tre nazioni; è di sette anni e a ciclo unico per la Scozia. La scuola secondaria è, poi, nei primi tre Paesi, articolata su tre cicli di un triennio e di due bienni; l’ultimo biennio può essere frequentata anche in alternanza scuola-lavoro. In Scozia, invece, la scuola secondaria è articolata in due cicli di quattro e di due anni.

L’istruzione nel Regno unito si configura in local authority mantained schools (scuole pubbliche) e in indipendent schools (scuole private).

L’ordinamento scolastico si suddivide, poi, in:

Primary Schools (Scuola primaria dai cinque agli undici anni).

Secondary Schools (Scuola secondaria dagli undici ai sedici anni).

Upper secondary education (Scuola superiore dai sedici ai diciotto anni).

Il curriculum degli studi, nel Regno Unito, si articola in quattro Key stages.

Le discipline obbligatorie d’insegnamento sono: disegno e tecnologia, educazione artistica e musica, educazione fisica, geografia, lingua inglese, lingua straniera, matematica, storia, tecnologie informatiche. Nell’ultimo Key stage, il numero delle discipline obbligatorie diminuisce.

Nell’Irlanda del Nord, le discipline obbligatorie per i quattro Key stages si diversificano. Esse sono: ambiente e società, arte e disegno, educazione fisica, educazione religiosa, geografia e storia, lingua inglese, matematica, musica, scienze e tecnologia, studi creativi ed espressivi.

I dirigenti scolastici nel Regno Unito, nei livelli d’istruzione (pre-primaria, primaria – primary schools – e secondaria – secondary schools -) sono denominati headteachers. Hanno lo status di dipendenti; non dipendono, tuttavia, dallo Stato e, quindi, sono assunti dai Las (autorità educative locali) oppure dallo school governing body (organo di governo della scuola).

Gli headteachers, per potersi candidare, devono essere insegnanti professionalmente qualificati e possedere un’esperienza elevata dal punto di vista didattico e gestionale, nonché essere incaricati come vice headteacher.

A partire dal 2004, con il regolamento, detto Education Head Teachers’ Qualifications Regulations, viene, nel Regno Unito, stabilito l’obbligo, per i nuovi headteachers, di possedere la National Professional Qualification for Headship (qualifica professionale nazionale) che deve essere acquisita entro quattro anni dalla nomina. Per conseguire tale qualifica bisogna sottoporsi a un programma che, in base alle competenze, alle qualifiche e alle esperienze del candidato può durare dai sei ai quindici mesi.

I posti di headteachers, che vengono messi a concorso, sono resi noti attraverso bandi pubblici.

Lo school governing body predispone una lista di candidati, che avanzano richiesta. Esso, dopo aver selezionato le domande, sottopone i candidati al colloquio e propone all’autorità educativa locale (Las), che nomina o esonera gli headteachers.

In local authority mantained schools (scuole pubbliche) gli headteachers sono assunti con contratto sia a tempo indeterminato sia a tempo determinato e, quando è necessario, possono essere rimossi direttamente dallo school governing body.

Nel Regno Unito, la normativa postula, per la sottoscrizione di contratti a tempo determinato a favore dei headteachers, trasparenza e chiarezza. Tali contratti possono essere concessi per supplenza e per coprire incarichi per un periodo fissato dalla legge.

Gli headteachers sono soggetti ai regolamenti disciplinari, previsti e decisi dallo school governing body. Possono anche essere licenziati, per gravi motivi, senza preavviso o destituiti dall’incarico per incapacità, in base a procedure fissate dallo school governing body.

Le modalità per arrivare a tali decisioni possono essere assunte dall’autorità educativa locale che trasmette un rapporto allo school governing body e per conoscenza all’headteacher o dagli ispettori, i quali, dopo un’ispezione sono tenuti a comunicare sulla qualità della capacità di coordinamento e di gestione dell’istituzione scolastica.

La normativa permette, tuttavia, ad alcuni headteachers, quando non sono riusciti, pur offrendo un servizio accettabile, a migliorare l’offerta formativa di “ritirarsi dignitosamente” (Supported Early Retirement Scheme for Heads).

Lo headteacher viene valutato all’interno del Performance Management annuale. Tale valutazione si fonda sulle disposizioni normative del 2001 (Education School Teacher Appraisal Regulations) e sulla nuova versione degli standard nazionali (National Standards for Headteachers), predisposta, nel 2004, dal Department for Education and Skills.

Gli standard nazionali stabiliscono che lo headteacher deve operare positivamente in sei macro-aree, in altre parole “creare il futuro, guidare l’apprendimento e l’insegnamento, gestire l’organizzazione, assumersi le responsabilità, promuovere l’autoformazione e il lavoro in collaborazione, rafforzare i rapporti con la comunità”.

La valutazione è svolta sugli obiettivi che lo headteacher deve raggiungere annualmente entro il 31 dicembre da un nucleo, composto da un consulente esterno, scelto all’interno della Cambridge Education Associates, e da due o tre componenti dello school governing body.

Alla fine del processo valutativo, lo headteacher si confronta con il consulente esterno e con i membri che rappresentano lo school governing body; questi devono esaminarne i risultati raggiunti e stabilirne sia gli obiettivi riguardanti la prossima offerta formativa sia i criteri per monitorare durante l’anno scolastico i miglioramenti.

AA.VV. (a cura di A. De Santis), L’insegnante di sostegno

Con l’attivazione del Tirocinio Formativo Attivo per Attività di
Sostegno – 3° Ciclo – indetto dal Ministero Istruzione Università e
Ricerca con Decreto Ministeriale 1° Dicembre 2016 n. 948 si apre una nuova stagione di concorsi rivolti a tutti i docenti precari e non in possesso di abilitazione specifica all’insegnamento che intendono essere ammessi ai corsi per la specializzazione per le attività di sostegno nelle scuole di ogni ordine e grado.

“L’insegnante di sostegno. Manuale per le procedure concorsuali e per il Tirocinio Formativo Attivo”, pubblicato da Editoriale BM Italiana anche in formato ebook, ricalca, ampia e porta a sintesi la proposta di formazione e aggiornamento condotta dai coautori (in questo caso Dirigenti Scolastici) in diverse sessioni di lavoro, ed è finalizzato a favorire lo studio e l’apprendimento individuale. In una prospettiva di utilizzo pratico, l’augurio è quello che l’impianto possa risultare uno strumento utile anche per il corso della vita professionale dei futuri insegnanti di sostegno.
L’impianto si caratterizza per la ricerca di brevi saggi introduttivi alle varie tematiche richieste dai diversi bandi universitari che definiscono i programmi d’esame per l’accesso ai TFA. In particolare, alla luce delle precedenti due tornate di Tirocinio Formativo Attivo per Attività di Sostegno, sono stati affrontati i principali argomenti finalizzati a sviluppare nel candidato le competenze necessarie al superamento dei test preselettivi. Gli argomenti trattati risultano impostati secondo una tecnica che tende a suscitare l’interesse del candidato, ad attivare istantanei momenti di verifica circa quanto è stato letto e a determinare opportunità di riflessione e approfondimento.
Per questo, al candidato si suggerisce di seguire il percorso logico presente nel volume: dopo una breve lettura del saggio introduttivo, ci si può dedicare alla schematizzazione prevista nelle slides di approfondimento e infine cimentarsi nell’esercitazione con i test attinenti alla tematica affrontata. Una completa bibliografia ragionata consente inoltre di fornire spunti di ricerca e riflessione su ogni specifica materia. Completa e arricchisce il volume una serie di tracce utili fin da ora per affrontare l’eventuale prova scritta successiva al superamento dei test preselettivi.

Fedeli: “L’Europa allarghi l’Erasmus anche a chi non può”

da LaStampa

Fedeli: “L’Europa allarghi l’Erasmus anche a chi non può”

«Dobbiamo impegnarci affinché l’Europa allarghi la possibilità di partecipare all’Erasmus anche a quei ragazzi che provengono da famiglie che non hanno disponibilità economica. Mi sono impegnata a portare la questione al Consiglio Istruzione in Europa e lo farò perché lo considero importante, così come considero importante la possibilità di fare Erasmus in modo strutturato e coordinato anche per gli ultimi anni delle scuole superiori». Lo ha detto ieri il ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli nel corso dell’esordio dell’Orchestra Erasmus, composta da studenti Erasmus di conservatori e istituti musicali di tutt’Italia che hanno suonato nell’ambito del Festival d’Europa.

Il concerto, dedicato al ricordo delle ragazze vittime nell’incidente stradale di Freginals, in Spagna, è stato preceduto dal saluto delle autorità delle tre Agenzie nazionali Erasmus+ Indire, Ang, Inapp e della vicesindaca del Comune di Firenze Cristina Giachi.

«Considero particolarmente significativo – ha proseguito il ministro – che apriamo le celebrazioni dei 30 anni di Erasmus con il ricordo delle ragazze che purtroppo ci hanno lasciato più di un anno fa. Ricordando quel dramma ci dobbiamo impegnare affinché le attività che i nostri ragazzi svolgono nel momento in cui studiano all’estero siano più tutelate, con una rete di assicurazioni molto più coordinata in campo europeo».

«In questi trent’anni – ha detto Sara Pagliai, coordinatrice dell’agenzia nazionale Erasmus+ Indire -l’Erasmus è cambiato molto: nel 1987 soltanto un paio di migliaia di studenti in tutta Europa parteciparono, oggi siamo a sei milioni di persone che si sono mosse. È veramente una grossa crescita, il mondo era diverso, l’Europa era diversa: c’era ancora il muro di Berlino, era un’Europa divisa, non c’erano i voli low cost. Adesso siamo un’Europa unita di opportunità, anche se ci sono molte crisi che stanno attraversando questa nostra casa comune. Dobbiamo ripartire da Erasmus per rilanciare l’idea di un’Europa che sia davvero la casa di tutti i cittadini».

Panino a scuola rispettando le condizioni igienico-sanitarie

da Il Sole 24 Ore 

Panino a scuola rispettando le condizioni igienico-sanitarie

di Laura Virli

Negli ultimi mesi si è molto parlato della questione “panino” o, per meglio dire, del pasto da casa in alternativa alla ristorazione scolastica. E anche il Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione è tornato ad occuparsi della questione; la recente Nota n. 348 ha infatti fornito delle linee guida per il consumo a scuola del pasto domestico, diritto riconosciuto dai tribunali a partire dal mese di giugno, primo fra tutti il tribunale di Torino.

La sentenza storica
Nell’anno scolastico 2014-2015, circa 60 famiglie si rivolsero al Tribunale di Torino affinché venisse riconosciuto il diritto dei propri figli a consumare a scuola il pasto portato da casa e, di conseguenza, la possibilità di non usufruire del servizio mensa offerto dal Comune di Torino. Principio confermato con la sentenza n. 1049/2016 del Tribunale di Torino.

Le indicazioni del Miur agli uffici scolastici regionali
Si suggerisce agli uffici scolastici regionali di supportare le scuole al fine di evitare situazioni critiche; di mantenere rapporti costanti con le scuole, per evitare che esse si discostino dalle pronunce della magistratura; di favorire il dialogo delle scuole con le famiglie, accogliendone richieste e segnalazioni per contemperare le esigenze di tutti gli alunni; e di dialogare con gli enti locali responsabili dell’erogazione e della gestione del servizio mensa.

Le indicazioni del Miur alle scuole
Saranno le singole scuole a valutare le soluzioni più idonee a far consumare agli allievi il pasto domestico, assicurando la tutela delle condizioni igienico-sanitarie e il diritto alla salute, ed evitando il più possibile la possibilità di scambio di alimenti, al fine di evitare eventuali contaminazioni.
Tra i suggerimenti da adottare, quello di utilizzare misure analoghe a quelle impiegate nei casi di consumo di pasti speciali, nonché chiedere il supporto del servizio di igiene degli alimenti e della nutrizione, operanti presso le A.S.L..
Tutto ciò in attesa dell’esito dei ricorsi presso la Corte di Cassazione proposti dall’amministrazione contro le sentenze con le quali è stato sancito il diritto di portare da casa il pasto da consumare a scuola.

Ridurre le ore di lavoro e tessera dello studente, ecco come risollevare l’occupazione

da La Tecnica della Scuola

Ridurre le ore di lavoro e tessera dello studente, ecco come risollevare l’occupazione

Per migliorare l’occupazione sarebbe opportuno ridurre le ore di lavoro ed introdurre la tessera elettronica, sul modello di quella sanitaria.

Una tessera dove riassumere il percorso formativo e le attitudini dello studente.

La proposta è giunta dal segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, nel corso di una tavola rotonda sui temi della formazione, che si è svolta questa mattina, a Lecce, nell’ambito della ‘Settimana del Lavoro’ organizzata dall’Università del Salento.

Secondo il sindacalista “l’industria 4.0 genererà sviluppo ma, paradossalmente, potrà causare una drastica riduzione dell’occupazione: a quel punto, sarà meglio redistribuire il lavoro piuttosto che sussidi o assistenza. Ecco perché sarà bene cominciare a pensare a una riduzione dell’orario di lavoro”.

Per Barbagallo, “l’Università ha un ruolo fondamentale in questa delicata fase di trasformazione. L’offerta formativa deve tenere conto dell’impellente necessità di riqualificazione, ma anche delle vocazioni del territorio, per evitare la migrazione dei nostri giovani ai quali non possiamo offrire solo la prospettiva del trasferimento all’estero. Scuola, formazione e lavoro devono essere fortemente interconnessi per superare il problema dell’incontro tra domanda e offerta”.

“A questo proposito, potrebbe essere utile la creazione di una tessera elettronica, sul modello di quella sanitaria, che raccolga tutto il percorso formativo e le attitudini dello studente. Nel nostro Paese, però – ha proseguito Barbagallo – non c’è solo un problema di scarsa occupazione, ma anche di scarsa produttività derivante dalla mancanza del benessere lavorativo. Le cosiddette “aziende belle” hanno visto accrescere la loro produttività sino al 40% ed è questa la strada da percorrere se vogliamo vincere la sfida della competitività”.

Alternanza scuola-lavoro, da settembre un tutor orientatore ogni 5 scuole

da La Tecnica della Scuola

Alternanza scuola-lavoro, da settembre un tutor orientatore ogni 5 scuole

“A settembre partiremo con 300 tutor” scolastici e aziendali, il cui compito sarà quello di mettere in relazione direttamente le scuole e l’apparato delle imprese.

L’annuncio è del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, ospite di Corriere Tv lunedì 8 maggio.

Secondo Poletti, l’operato dei tutor sarà fondamentale “per orientare i giovani e sostenere l’alternanza scuola-lavoro”.

Il responsabile del dicastero del Lavoro ha detto che l’iniziativa si attuerà in collaborazione con il ministero dell’Istruzione e che questo progetto (in capo all’Anpal, l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro) prevede l’individuazione di un tutor ogni 5 scuole superiori e che l’obiettivo è arrivare a “mille tutor”.

Rimane da capire quale sarà il ruolo aggiunto dei tutor indicati dal ministro Poletti – ma anche una decina di giorni fa dal sottosegretario Gabriele Toccafondi – rispetto agli attuali: da quasi vent’anni, infatti, ogni scuola assegna le attività di collegamento con il mondo del lavoro – prima denominate “terza area”, poi alternanza scuola-lavoro – a delle figure interne (funzione strumentale, tutor di classe) ed esterne (tutor aziendale).