Gruppo di lavoro sull’adolescenza

Gruppo di lavoro sull’adolescenza:
al via prime audizioni con sindacati e studenti
Fedeli: “Dialogo e ascolto saranno centrali
per condividere un processo di cambiamento.
In ottobre seminario internazionale conclusivo”

Sono iniziate il 10 maggio, con le audizioni di sindacati e studenti, le attività del Gruppo di lavoro sull’adolescenza voluto dalla Ministra Valeria Fedeli e coordinato dalla Consigliera Anna Serafini.

Numerose le audizioni previste, sul tema “Educazione e Nuovi adolescenti” con  l’insieme dei protagonisti della comunità educativa: scuola, famiglie, studenti, mondo dei saperi, associazioni e professioni.

“Nelle attività del Gruppo di lavoro sull’adolescenza saranno centrali il dialogo e l’ascolto affinché si possa giungere, tramite un processo condiviso, a delineare i cambiamenti nei diversi contesti e le attuali sfide educative – sottolinea la Ministra Fedeli -. Il percorso si concluderà con un seminario internazionale, in programma per il prossimo ottobre, in cui saranno presentate le riflessioni e le proposte emerse da questo confronto. Valorizzare ad una riflessione sulla qualità educativa  – conclude la Ministra – è anche il modo per radicare con maggiore efficacia  le misure contro le diseguaglianze, contro la povertà educativa e la dispersione scolastica”.

Cinque anni per tutti è meglio!

Cinque anni per tutti è meglio!

 

Premessa

 

Primavera, tempo di domande di mobilità per i lavoratori della scuola (docenti, personale educativo e ATA). Una mobilità che dall’intesa di fine anno scorso (guarda caso, a scuole chiuse) da un lato se da un lato contemplava la deroga del vincolo triennale per i trasferimenti provinciali – ma per un numero limitato di lavoratori e lavoratrici! – tuttavia confermava, con limitazioni del tutto insoddisfacenti, uno dei pilastri della legge 107-2015 (la “scuola alla buona”), ossia la chiamata diretta (vanamente ribattezzata “per competenze” per celare le ovvie applicazioni clientelari e feudali che essa comporta in un tessuto dalla scarsa etica come quello del potere nell’amministrazione pubblica italica). Abbiamo già espresso le nostre fondate critiche a quell’intesa. Per noi di Risorgimento socialista SCUOLA DELLA REPUBBLICA E CHIAMATA DIRETTA SONO INCONCILIABILI.

Il nuovo indirizzo del MIUR appare segnato, com’era stato previsto, da segnali ambivalenti: chi attendeva una netta discontinuità con la rimozione del precedente e contestatissimo abbinamento Giannini-Faraone dopo la sconfitta referendaria del 4 dicembre è di fatto rimasto deluso. Già il caso dell’intesa politica di fine anno sulla prossima mobilità dei docenti mostrava un differente approccio ministeriale, più felpato e concertativo, che cerca di neutralizzare mediante qualche concessione il profondo dissenso di larga parte del mondo della scuola, con l’esito di un più netto solco fra sindacati e lavoratori in lotta. Un simile approccio ha segnato anche la contestuale approvazione delle deleghe, con cui la fatidica legge 107 veniva a configurarsi come (ennesima) riforma organica nella quasi completa indifferenza dello stesso mondo della scuola: il nostro partito, fra i pochi, ha aderito alle scarne manifestazioni di protesta contro tale approvazione.

 

È restato in sordina un altro tema, potenzialmente dirompente, sul quale vogliamo fare luce.

 

 

NO ALLE SUPERIORI QUADRIENNALI: RIDUZIONISMO DIDATTICO E DISEGUAGLIANZE FRA STUDENTI

Col nuovo anno è ora il caso della “riscoperta” della sperimentazione delle superiori in quattro anni, con l’autorizzazione di altre cento prime classi: un esperimento che si pensava fosse saltato con il cambio ai vertici del ministero. La nuova ministra dell’Istruzione, secondo indiscrezioni di stampa apparse mesi fa su Il Sole 24 e di recente su ItaliaOggi, avrebbe ripreso l’iter amministrativo con un decreto che arriverà al Cspi (il Consiglio superiore della pubblica istruzione, l’organo tecnico-consultivo del Miur) per il parere.

 

Non riteniamo, semplicisticamente, che il senso profondo di questa sperimentazione sia di natura economica (il solito contenimento delle spese, cioè tagli, di triste gelminiana memoria) ma di natura didattica, ma in una direzione pressoché opposta alla nostra concezione di didattica: nostra non solo in relazione alla nostra connotazione politica (socialisti e antiliberisti) ma soprattutto perché chiaramente rinveniente dalla Costituzione.

 

Nonostante le precedenti annualità di sperimentazione non si riesce ancora a capire come in quattro anni si possano raggiungere realmente (al di là di indicazioni effimere come quelle delle prove Invalsi) i medesimi obiettivi formativi di un percorso quinquennale. La stessa comparazione intrascolastica (ossia all’interno di una stessa scuola), nella quale ci dovranno essere una classe a 4 anni e classi a 5, pare non essere una soluzione esauriente.

 

Ciò per due motivi dettati da buon senso e da una reale esperienza didattica. Il primo riguarda il tema dell’aporia, generata dalla concentrazione di programmi e materie in 4 anni, fra eccessivo carico didattico (fra cui l’orario allungato, l’anticipo di materie come la filosofia per i licei al secondo anno) e esigenza pedagogica di tempi più distesi per un’effettiva ricostruzione personale del sapere, da declinare peraltro anche in termini di “competenze” (a meno che esse non siano, come sospettato da più parti, il passpartout per una valutazione leggera, ossia non orientativa né deontologicamente fondata).

I processi di apprendimento appaiono penalizzati per molti studenti reali perché, come insegna la letteratura specialistica, non possono essere predeterminati né meccanicamente indirizzati. Inoltre, proprio l’insistenza nelle ultime indicazioni nazionali, da un lato, di uno studio multidisciplinare (chiamato impropriamente “interdisciplinare”) e, dall’altro, dell’approfondimento del Novecento mal si conciliano con tempi ristretti, spesso contingentati, in virtù della necessità di un numero adeguato di verifiche scritte e orali.

Questo per noi è riduzionismo didattico e le indicazioni trapelate dagli organi di stampa su progetti contraddistinti da un elevato livello di “innovazione didattica” (essendo pertanto le restanti scuole segnate da un atavico conservatorismo didattico?) e da altri elementi à la page (metodologia Clil; le immancabili tecnologie digitali; l’alternanza scuola-lavoro da rafforzare “a prescindere”; la partecipazione a progetti di mobilità internazionale) di quella che possiamo definire la peggiore delle neolingue, il didattichese (erede del “latinorum” dei don Abbondio, Azzeccagarbugli e simili), non riescono a nascondere una particolare predisposizione alla narrazione del nulla di nuovo, salvo appunto la concentrazione dei programmi e degli anni di corso.

 

VEDI ALLA VOCE “DISUGUGLIANZE”

Nondimeno, come spesso capita di sottolineare, ad essere decisivo è il solito differenziale di capitale sociale: in altri termini, ciò che conta non è tanto la qualità dell’offerta formativa dell’istituto quanto la disponibilità di una rete sociale dietro ogni alunno. Al di là di chi è dotato di precoci proprie capacità di apprendimento-rendimento scolastici (i due aspetti non sono fra loro strettamente consequenziali, come sanno in molti), per gli altri che faranno più fatica con simili carichi di lavoro la differenza sarà data dal patrimonio della propria famiglia: culturale, in primo luogo, per chi ha genitori o parenti portatori di discreti livelli culturali, ma anche socio-economico (influenza sul corpo docente e sui presidi, possibilità di lezioni privati o altri supporti, come viaggi all’estero per potenziare le lingue straniere). Siamo alle solite: la propria rete familiare assume carattere predittivo di percorsi e risultati, nel quadro di una generale ritirata dei servizi pubblici nel contrastare le forme più odiose di disuguaglianza socio-economica, agli antipodi del chiaro dettato costituzionale dell’articolo 3, comma secondo:

 

«È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.»

 

C’è infine un ultimo aspetto che ha sempre a che fare con la disuguaglianza e che dovrebbe divenire obiettivo di mobilitazione degli studenti italiani. Non si capisce bene come mai si debba accettare che, a parità di percorsi, alcuni studenti (una minoranza spesso già elitaria di suo) possano ricevere il diploma dopo 4 anni di corso e altri, la maggioranza (il popolo degli studenti, le cui famiglie spesso sono state segnate dagli effetti della persistente crisi), invece un anno dopo. Passo dopo passo stiamo tornando alla situazione degli anni ’50, alla vecchia scuola media differenziata su base socio-culturale e, perché no?, su base territoriale.

 

Chiediamo pertanto ai sindacati della scuola, alle organizzazioni studentesche, ai genitori consapevoli, alle forze politiche e alla cittadinanza attiva di contrastare questa sperimentazione. Ciò, lo ribadiamo, non per sole preoccupazioni, pur legittime, sui livelli occupazionali ma soprattutto per le ricadute didattiche, proprio per coerenza con gli obiettivi di una scuola della Costituzione.

 

Siamo al rovesciamento di una didattica basata sui principi costituzionali: in tal senso questa sperimentazione non è che il correlato paradidattico della proposta, sconfitta!, di revisione costituzionale.

Scuola e ricerca pubblica – lotta contro disuguaglianze e clientele – legalità sostanziale – scorrimento sociale – sviluppo civile: sono queste le nostre stelle polari del nostro impegno.

RACCHETTE DI CLASSE AL 3° ANNO

RACCHETTE DI CLASSE AL 3° ANNO
Binaghi: “Il tennis nelle scuole occasione unica”

Ben 20 Regioni partecipanti e circa 500 istituti scolastici coinvolti, circa 60 mila bambini protagonisti. Sono solo alcuni dei numeri di “Racchette di Classe”, il progetto promosso e sviluppato dalla Federazione Italiana Tennis e dalla Federazione Italiana Badminton in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Universita e della Ricerca. Giunto al terzo anno, Racchette di Classe si colloca nell’ambito dei Protocolli d’intesa CONI, CIP, MIUR ed è stato convalidato ed inserito nel programma dell’attività motoria e sportiva per le scuole primarie. Nella splendida cornice Foro Italico, all’interno della sala conferenze del Centro Stampa degli Internazionali BNL d’Italia, è stata presentata la terza edizione di questo progetto di successo, alla presenza del Presidente della Federazione Italiana Tennis Angelo Binaghi, del Presidente del Coni Giovanni Malagò, della Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli e del Presidente della Federazione italiana Badminton Carlo Beninati. In sala, tra gli altri, anche Nicola Pietrangeli, Rita Grande, Mara Santangelo e l’Amministratore Delegato di Coni Servizi Alberto Miglietta.

“Per noi Racchette di Classe è un’occasione unica – le parole del Presidente Binaghi in conferenza stampa – “una conferenza con il presidente del Coni e una Ministra della Repubblica. Nicola Pietrangeli invece rappresenta la storia del nostro sport, può testimoniare che una cosa così non era mai accaduta nel nostro sport. Questo sarà un tassello di una settimana indimenticabile, dal punto di vista istituzionale, perché abbiamo cominciato con il Sindaco di Roma, oggi abbiamo la Ministra, poi chiuderemo con il Presidente della Repubblica Mattarella il giorno della finale. Si direbbe che abbiamo fatto un botto tutto insieme, per cui potrete capire il mio stato d’animo e la mia emozione. Leggevo nei giorni scorsi sui giornali di quanto il Presidente del Coni voglia rinforzare il rapporto tra il Coni e le scuole. Credo quindi che questa conferenza stampa abbia un significato più profondo che travalica la settimana di grande tennis. In questo meraviglioso posto che è stato così ben allestito dalla Coni Servizi, nei prossimi dieci giorni si incontreranno al cospetto di tutti i media i più forti giocatori e le più forti giocatrici di questo sport. Sarà un momento di grandissima visibilità. Sono attesi più di 200 mila spettatori paganti, batteremo il record dello scorso anno, però noi oggi cominciamo dalla parte più importante perché i bambini e la scuola vengono prima di tutto. Anzi io penso che siano il fine ultimo. Le imprese dei grandi campioni devono ispirare lo spirito emulativo di questi ragazzi, devono fare in modo che lo sport si diffonda sempre di più con messaggi positivi per i nostri giovani e i nostri ragazzi. In questi anni la nostra Federazione ha avuto qualche buona idea e una buona dose di fortuna. Abbiamo una televisione, gli Internazionali BNL d’Italia sono arrivati a un livello di visibilità che solo dieci anni fa era impossibile pensare. Abbiamo avuto dei risultati straordinari, però il successo più grosso di questo corso della Federazione che ho l’onore di guidare credo sia il rapporto con la scuola. Per noi era una sconosciuta. Tutti i miei predecessori avevano sempre fatto programmi mega galattici che avrebbero dovuto portare nella scuola e invece non ci sono mai riusciti. Quindi lei capisce quanta soddisfazione abbiamo provato tre anni fa, quando abbiamo capito che con la collaborazione con il suo ministero avremmo potuto finalmente colmare questo gap ed entrare finalmente nelle scuole. Per noi questa è stata una cosa eccezionale, capita nel momento giusto, di grande crescita e noi continueremo ad investire sul progetto. Non abbiamo limiti perché lo riteniamo strategico non solo per il compito che ogni federazione, come la nostra, deve svolgere, che è quello di diffusione dello sport tra i giovani. Ma lo riteniamo anche strategico per cercare di acquisire del materiale umano sempre migliore per il nostro settore tecnico. Noi abbiamo iniziato due anni fa, avevamo tremila bambini che hanno preso per la prima volta in mano una racchetta da tennis o di badminton. L’anno successivo i bambini sono diventati 20.000, quest’anno sono stati addirittura 60.000. Abbiamo coinvolto tutte le parti di Italia, abbiamo avuto oltre 400 Istituti scolastici coinvolti, a questa festa finale parteciperanno 1.400 bambini che provengono da tutta Italia con i loro 600 insegnanti. Non ci poniamo limiti. Per noi l’anno scorso poter essere accolti dal suo predecessore è stato come vincere il torneo dello Slam. Ci poniamo come obiettivo che in ogni scuola di Italia si cominci a conoscere gli sport della racchetta. L’anno prossimo diventeremo ancora più forti con il Tennis Tavolo, sentirà parlare molto di questo progetto e confidiamo che lei ci dia una mano nei nostri sforzi”.

Ha poi preso la parola la Ministra Valeria Fedeli, non solo appassionata ma tennista praticante, che ha scherzato con Pietrangeli in sala. “Ringrazio i Presidenti delle Federazioni, il Presidente Malagò ma soprattutto le ragazze e i ragazzi che hanno partecipato, le loro famiglie e i loro docenti. Progetti come ‘Racchette di classe” sono importanti perché con essi si è iniziato un percorso di qualificazione dei contenuti forniti dalla scuola, utili per accrescere le competenze e le conoscenze delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi. Per molto tempo si è avuta l’idea, sbagliata, che lo sport fosse solo esercizio fisico e non contenuto educativo. Lo sport è invece l’occasione per fare scuola oltre la scuola, è una componente fondamentale nella formazione e nella crescita di ciascun individuo, è voglia di incontro, spirito di confronto. Avvicinare le nostre ragazze e i nostri ragazzi all’attività motoria e sportiva sin dall’infanzia significa insegnare loro valori e stili di vita, perché lo sport insegna molte cose: a stare in gruppo, a conoscere regole e valori importanti nelle relazioni, a rispettare e accettare gli altri, ad adottare uno stile di vita di cui lo sport e il movimento fisico sono parte integrante. ‘Racchette di classe’ è anche un progetto educativo che sostiene fortemente l’inclusione, parte essenziale della cultura didattica e formativa delle nostre scuole. Tutti gli sport devono entrare già dalla scuola primaria e devono essere aperti a ragazze e ragazzi, senza alcun tipo di discriminazione. Per questo sono molto contenta di partecipare a questa iniziativa, oggi, perché il tennis e il badminton sono sport fortemente inclusivi, non hanno un’impronta di genere, come purtroppo accade ancora per alcune discipline, e sono diffusi tanto tra le sportive quanto tra gli sportivi. Questo è il messaggio che dobbiamo trasmettere alle scuole, alle studentesse e agli studenti, alle e agli insegnanti, alle famiglie, e lo stiamo facendo con azioni concrete come questo progetto, come il bando PON sulle competenze di cittadinanza globale che ha fra le tematiche l’educazione motoria. È giusto che anche le istituzioni pubbliche, con la collaborazione delle federazioni e del Coni, facciano la loro parte con risorse pubbliche perché lo sport è importante, appartiene al percorso formativo, è un valore sociale ed educativo per le nostre ragazze e i nostri ragazzi”.

“E’ una iniziativa eccellente” – il commento del presidente del Coni Malagò – “Il Miur sta facendo molto per portare lo sport nelle scuole con tante iniziative importanti. Qualche decennio fa era impensabile questa cosa. Certo, non possiamo fare il paragone con altri paese, come quelli anglosassoni ad esempio che hanno strutture con impianti sportivi dedicati. Ma stiamo recuperando. Non possiamo accontentarci, la strada è ancora lunga ma è un dato di fatto che in Italia, come mostrano le statistiche, non è mai stato fatto così tanto sport come adesso. Quindi ben vengano queste iniziative”.

“Grazie al Miur che ha approvato e sostenuto questo progetto in cui crediamo” – le parole del presidente della Federazione italiana Badminton, Carlo Beninati – “questo sport è entrato ufficialmente nelle scuole come offerta formativa e dà ai nostri giovani la possibilità di vivere una esperienza fantastica. Il progetto facilita l’integrazione sociale dei ragazzi”.
L’attenzione si è poi spostata alla Next Gen Arena dove, con tutti i bambini e le bambine delle scuole presenti, si è svolta la cerimonia di premiazione dei progetti speciali di alcune scuole sotto un sole che ha esaltato i colori e i profumi del Foro Italico.

CHIAMATA DIRETTA: SU CRITERI VOTO AL BUIO, INVITO AD ASTENSIONE

CHIAMATA DIRETTA: SU CRITERI VOTO AL BUIO, GILDA INVITA AD ASTENSIONE
“Oltre ai modi, anche i tempi sono del tutto sbagliati: sulla chiamata diretta non ci siamo proprio e confermiamo la nostra netta contrarietà verso l’accordo sottoscritto tra il Miur e gli altri sindacati rappresentativi e che, in piena coerenza con la nostra posizione, non abbiamo firmato”. È quanto afferma Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, in merito alle riunioni dei collegi dei docenti convocate in questi giorni dai dirigenti scolastici per scegliere i criteri da seguire nell’individuazione degli insegnanti da inserire negli organici delle scuole.
“Con le procedure di mobilità e le assegnazioni provvisorie ancora aperte – spiega Di Meglio – è totalmente illogico convocare adesso i collegi dei docenti. Si rischia soltanto di perdere tempo nel deliberare criteri che poi, a operazioni di trasferimento concluse, potrebbero rivelarsi inadeguati rispetto al fabbisogno degli istituti scolastici. Perciò – conclude il coordinatore della Gilda – invitiamo i docenti ad astenersi dal voto al buio”.

Elvira Serafini è il nuovo segretario generale

Snals-Confsal: Elvira Serafini è il nuovo segretario generale del sindacato autonomo

 

Roma, 10 maggio.  Si è concluso il Consiglio nazionale dello Snals-Confsal – tenutosi a Fiuggi dall’8 al 10 maggio – con l’elezione di Elvira Serafini a nuovo segretario generale del sindacato autonomo dei lavoratori della scuola.

Serafini, 62 anni, tarantina, è stata negli ultimi 10 anni segretario provinciale di Taranto e consigliere nazionale. La candidatura è avvenuta all’unanimità. E’ la prima donna ad assumere la carica di segretario generale dello Snals-Confsal.

Nel primo giorno dell’assise, Nigi aveva chiesto al Consiglio di accettare le sue dimissioni. Alla guida del sindacato dal 2001, Nigi lascia con l’obiettivo di “accelerare il rinnovamento”. “Lascio, ha dichiarato, uno Snals forte nella confermata consistenza associativa e nella sua capacità propositiva, lontano dalle ideologie e dalle mode ricorrenti che tanto hanno danneggiato la scuola pubblica italiana e chi vi lavora”.

Nigi, che è anche segretario generale della Confsal (cui lo Snals aderisce), dichiara di voler puntare su una politica sempre più incisiva della confederazione autonoma, giunta sotto la sua guida a essere la quarta confederazione sindacale italiana.

Spetta ora al nuovo segretario generale Serafini portare avanti il rinnovamento dello Snals, favorendo anche il ricambio generazionale: “La nostra base è ampia, il sindacato è ben radicato ed è fortemente impegnato nella lotta contro la deriva di questa scuola dal ‘merito perduto’. La nostra visione è chiara, proseguiremo a lavorare per la serietà degli studi, per la difesa della professionalità dei docenti, per il riconoscimento e il rispetto sociale della figura dell’insegnante”.

Forum Europeo della disabilità (EDF)

European Disability Forum –Forum européen des personnes handicapées
Rue du Commerce 39-41, 1000 Brussels, Tel : +32/2/282.46.00, Fax : +32/2/282.46.09
E-mail : info@edf-feph.org – Website : http://www.1million4disability.eu

Forum Europeo della disabilità (EDF)

Nel 1997 le organizzazioni europee e nazionali di persone con disabilità e i familiari di queste ultime che non erano in grado di rappresentarsi da sole decisero di costituire il Forum Europeo della Disabilità (EDF).

L’EDF è una piattaforma unica e indipendente in Europa, con un ruolo attivo verso le istituzioni dell’Unione Europea e i suoi responsabili politici, che cerca di proteggere e difendere i diritti delle persone con disabilità. La sua aspirazione, perseguita attraverso attività quotidiane, è quella di influenzare la legislazione dell’Unione Europea, in quanto ogni decisione e iniziativa di quest’ultima hanno un impatto diretto su tutti gli ambiti della vita quotidiana dei cittadini europei con disabilità.

E’ passato un decennio dall’inizio della nostra battaglia. Oggi, noi, persone con disabilità e familiari di persone con disabilità che non possono rappresentarsi da sole possiamo guardare indietro ed essere fieri del contributo dato alla promozione dei nostri diritti in Europa.
Oggi, dobbiamo anche guardare al futuro e continuare ad impegnarci per influenzare e rafforzare le misure legislative di non discriminazione in Europa, per assicurare che la piena integrazione delle persone con disabilità nella società diventi una realtà. Noi dobbiamo fare questo perché la disabilità è una questione di Diritti Umani e perché la disabilità è un argomento che riguarda tutti noi.

DIETRO ALLA DISABILITA’…

  • Le persone con disabilità non sono una piccola minoranza: siamo più di 50 milioni in Europa e rappresentiamo più del 10% della popolazione europea.
  • In una famiglia su quattro vive una persona con una disabilità.
  • Rispetto agli studenti non disabili, sono il doppio quelli con disabilità impossibilitati a raggiungere un livello di istruzione universitario.
  • La maggioranza dei bambini con disabilità non hanno pari opportunità di accesso all’istruzione.
  • Le nostre fonti di reddito sono costituite molto più spesso da sussidi statali che non da stipendi di lavoro. Inoltre, questi redditi di solito sono molto più bassi di quelli delle persone non disabili.
  • Siamo esposti a tassi di disoccupazione doppi rispetto alle persone non disabili.
  • Viviamo in un ambiente inaccessibile, nonostante rappresentiamo, insieme alle persone con temporanea mobilità ridotta, il 40% della popolazione.
  • Tra le persone con disabilità, una su due non ha mai partecipato ad attività ricreative, culturali o sportive, e non ha mai avuto accesso a teatri, cinema, concerti, biblioteche.
  • Dobbiamo continuamente affrontare l’isolamento e il pregiudizio.
  • Ci sono più di 200.000 persone con disabilità obbligate a vivere in istituzioni chiuse, senza il diritto di fare delle scelte sulla propria vita e private dei più fondamentali diritti umani.
  • La libera circolazione delle persone nell’Unione Europea è per noi solo un concetto astratto, perchè il più delle volte sorgono ostacoli che ci impediscono di lasciare il luogo dove viviamo.

1997-2007: LA DECADE CHE HA APERTO LA STRADA

La prima conquista del Forum Europeo della Disabilità aprì la strada, nel 1997, ad una nuova era per le persone con disabilità in Europa: l’adozione dell’Articolo 13 del Trattato di Amsterdam sulla non discriminazione, il primo e unico riferimento alla disabilità inserito in un trattato europeo. Un successo notevole che stabilì la base legale per la tutela delle persone con disabilità dalla discriminazione e che assegnò all’Unione Europea la responsabilità di operare per raggiungere questo obiettivo. Un risultato che non sarebbe mai stato possibile senza la vasta mobilitazione in tutta Europa delle persone con disabilità e delle organizzazioni che le rappresentano.

In questi dieci anni di intenso lavoro a livello nazionale ed europeo, l’EDF ha seguito le innumerevoli iniziative e decisioni legislative delle istituzioni europee, le quali hanno cambiato e continueranno a cambiare la vita delle persone con disabilità in Europa:

  • un numero crescente di città europee offre trasporti pubblici accessibili alle persone con mobilità ridotta, migliorando la loro capacità di spostarsi in autonomia;
  • i datori di lavoro devono applicare le procedure di assunzione del personale su basi paritarie e devono adattare il luogo di lavoro alle necessità delle persone con disabilità assunte;
  • una persona con disabilità può avviare un’azione legale contro il datore di lavoro che l’abbia discriminata durante le procedure di assunzione o durante il periodo di formazione;
  • sono sempre più numerosi i siti web pubblici accessibili alle persone con disabilità;
  • aumentano gli ascensori progettati secondo gli standard di accessibilità;
  • aumentano i prodotti e i servizi di tecnologia per l’informazione e la comunicazione (cellulari, personal computer e software) accessibili alle persone cieche o ipovedenti;
  • l’euro è la valuta con le monete e le banconote più accessibili mai avute prima in Europa;
  • aumentano i medicinali venduti con la confezione e le note informative leggibili in Braille;
  • le persone con disabilità hanno il diritto di beneficiare di servizi di assistenza di qualità quando viaggiano in aereo, dall’aeroporto di partenza fino a quello di arrivo;
  • promosso dall’EDF, l’Anno Europeo delle Persone con Disabilità – celebrato nel 2003 – ha stimolato, sia a livello europeo che locale, una nuova consapevolezza riguardo alla disabilità. Nel corso di esso, poi, in vari Paesi europei sono state attuate molte iniziative di governo e a carattere legislativo;
  • nelle gare di assegnazione degli appalti pubblici per la fornitura di prodotti o servizi, le autorità devono verificare che tali forniture rispettino i requisiti di accessibilità per le persone con disabilità;
  • il 35 % dei fondi europei destinati alle aree regionali e locali deve finanziare progetti che rispettino i principi di non discriminazione e di piena accessibilità per le persone con disabilità;
  • la Convenzione Internazionale sui Diritti delle Persone con Disabilità, fortemente voluta e promossa dall’EDF e adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel dicembre del 2006, è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che può essere applicato all’Unione Europea e ai suoi Stati membri.

Invalsi, anche alle superiori partecipazione superiore al 97%

da Il Sole 24 Ore

Invalsi, anche alle superiori partecipazione superiore al 97%

di Claudio Tucci

La revoca dello sciopero proclamato per ieri dai sindacati di base (chiesta, e ottenuta, dalla
commissione di garanzia) e le proteste di alcune migliaia di studenti non hanno fermato i test Invalsi: secondo l’Istituto di valutazione è stata del 97,07% (dato in aumento rispetto allo scorso anno quando fu del 90,95%) la partecipazione complessiva degli studenti alle prove in seconda superiore. I ragazzi interessati erano 543.635.

Invalsi: prove regolari
«Il grado di partecipazione delle classi alla prova di italiano e di matematica – è detto in una nota Invalsi – è tale da garantire ampiamente la significatività della rilevazione sia per le classi campione sia per quelle non campione. Entro le ore 18 del 10 maggio 2017 gli osservatori esterni dovranno inviare all’Invalsi i dati delle classi campione. Alle ore 18 di oggi sono già pervenuti i dati del 78,65% delle classi campione».

La posizione degli studenti
Ma, secondo gli studenti, la protesta è stata molto alta: «Nonostante le numerose minacce pervenute dai presidi nelle scuole in moltissimi hanno boicottato le prove Invalsi non entrando a scuola o invalidandole. Ma non ci fermiamo qui, denunceremo i casi di minacce e ritorsioni, il boicottaggio e l’astensione sono nostri diritti», ha dichiarato Francesca Picci, coordinatrice nazionale dell’Unione degli Studenti, ricordando che «ogni anno vengono spesi 14 milioni di euro per questi test standardizzati ed escludenti mentre non si investe sul diritto allo studio e non si combatte la dispersione scolastica che interessa ormai più di 750 mila ragazzi».

Forza Italia: avanti con l’Invalsi
Sono, invece, incomprensibili le proteste per Elena Centemero, responsabile nazionale scuola e università di Forza Italia. «Poter svolgere un monitoraggio attento delle competenze che gli studenti maturano nel corso dell’anno, potendo così far emergere buoni esempi da estendere a livello nazionale o criticità da risolvere, è condizione per costruire un’offerta formativa omogenea e migliorare la qualità dell’istruzione. Non si capisce in che modo questo possa ledere ai nostri giovani. Quanto alle domande, erano molto ancorate all’attualità. Nel questionario di matematica, ad esempio, si è parlato di economia (con una domanda sull’andamento della produzione industriale), di risparmio (con un quesito sui prezzi scontati di un supermercato), di immigrazione (con l’analisi di una statistica
sulla presenza di studenti stranieri in Italia)».

Licei brevi, la Fedeli ci riprova

da ItaliaOggi

Licei brevi, la Fedeli ci riprova

Finito in un cassetto negli ultimi mesi di Stefania Giannini all’Istruzione, ora il progetto dei licei brevi torna in pista. Il decreto, rivisto dopo alcune interlocuzioni con il Consiglio superiore della pubblica istruzione, a cui il testo è tornato per il parere ufficiale, ha portato la sperimentazione da 60 prime classi a 100. Eliminando dal progetto chi la sperimentazione dei 5 anni in 4 l’ha già fatta, una decina di istituti. In caso contrario, era il rischio paventato, si sarebbe configurata non più una sperimentazione ma una riforma a regime per pochi. Senza tra l’altro nessun controllo sugli esiti e la qualità dei percorsi già svolti.

Se non ci saranno nuovi stop, il decreto dovrebbe essere firmato dalla ministra Valeria Fedeli entro maggio, dopo i pareri e i controlli di rito, così da consentire l’avvio della gara nazionale per selezionare i migliori 100 progetti, presentati da scuola statali e paritarie, in tempo utile per far partire la sperimentazione dall’anno scolastico 2018/19.

Il corso di studi deve garantire attraverso gli strumenti della flessibilità didattica e organizzativa il raggiungimento degli stessi obiettivi di apprendimento del percorso ordinario. Il percorso dei 4 anni deve e caratterizzarsi per innovazione didattica, valorizzazione dei laboratori, insegnamento di una disciplina in lingua straniera (Clil) a partire dal terzo anno, insegnamenti opzionali, progetti di orientamento con il mondo del lavoro e attività di alternanza.

Un tour de force per gli studenti che arriveranno alla maturità al termine del quarto anno. Un anno in meno di scuola, una riduzione della durata dei cicli scolastici che potrebbe fare da apripista a un riforma più generale. Per ora, la sperimentazione sarà ristretta a 100 istituti superiori, che dovranno essere selezionati facendo attenzione ai progetti presentati ma anche alla distruzione sul territorio.

L’obiettivo è arrivare a una valutazione degli esiti affidati a un Comitato scientifico regionale che relazionerà al Comitato scientifico nazionale. Composto da esperti nominati dal ministro dell’istruzione, il Comitato nazionale verificherà i risultati dell’innovazione, anche rispetto agli standard internazionali, e gli eventuali correttivi e misure di sostegno. Un vaglio scientifico, che era mancato per le precedenti sperimentazioni e che potrebbe essere la base per un ampliamento del progetto ad altre scuole.

Ghizzoni: il nuovo reclutamento chiude con il passato Ma per avere stabilità e continuità il percorso è lungo

da ItaliaOggi

Ghizzoni: il nuovo reclutamento chiude con il passato Ma per avere stabilità e continuità il percorso è lungo

Il nuovo sistema di formazione iniziale e accesso al ruolo degli insegnanti della scuola secondaria opera un mutamento di paradigma: mai più defatiganti precariati a cui seguivano abilitazione e concorso, ma subito un concorso per accertare le competenze disciplinari e poi, solo per i vincitori, un percorso triennale retribuito di formazione, tirocinio e inserimento progressivo nella professione fino all’assunzione a tempo indeterminato.

Molta attenzione ha suscitato la disciplina transitoria, che condizionerà il successo del nuovo sistema se riuscirà a chiudere con il passato con equità, vale a dire avendo riguardo per i diritti degli attuali docenti precari, formati sul campo, dotati di esperienza e spesso in possesso dell’abilitazione all’insegnamento. Si tratta di una sfida complessa, che deve contemperare anche i diritti dei futuri docenti, i «nuovi entranti» nel mondo della scuola, e deve tenere conto dell’estrema diversificazione delle situazioni, per cui in alcune regioni e per alcuni insegnamenti il precariato storico è già esaurito o quasi, mentre in altre regioni e per altri insegnamenti in migliaia hanno già i requisiti per l’assunzione in ruolo.

La fase transitoria si rivolge a quattro categorie di precariato scolastico. La prima è formata dai docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento (Gae), che hanno maturato il diritto all’assunzione per disposizione della legge 107. La seconda è costituita dai vincitori del concorso del 2016, che accederanno al ruolo sulla base della graduatoria di merito (Gm); a loro si aggiungono, per il periodo di validità della graduatoria, anche gli idonei. La terza categoria è formata dagli attuali abilitati. Queste tre categorie si riferiscono a platee chiuse, destinate ad estinguersi, a differenza della quarta che invece continuerà ad alimentarsi in forme fisiologiche per le necessità strutturali della scuola: ci si riferisce ai supplenti non abilitati che comunque insegnano, in particolare su posti dell’organico di fatto non assegnabili a docenti di ruolo. Gli appartenenti alla terza e alla quarta categoria non hanno maturato il diritto all’assunzione, pertanto la disciplina transitoria prevede che dovranno sottoporsi ad apposite prove e percorsi valutativi e formativi differenziati.

Un cardine di tutta la normativa è, infatti, che non si dà corso ad alcuna sanatoria, ma si graduano le prove e i percorsi di accesso alla scuola a seconda della formazione acquisita e dell’esperienza maturata. Così gli abilitati della terza categoria confluiranno in una nuova graduatoria di merito regionale (Gmr), mentre ai supplenti della quarta categoria, in considerazione dei servizi resi per il funzionamento della scuola per almeno tre anni, sarà riservato, a regime, un concorso biennale per l’inserimento in un percorso di formazione e accesso al ruolo.

Alla graduazione dei percorsi corrisponde quella dei posti riservati ad ognuna delle categorie. Il 50% dei posti vacanti e disponibili è innanzitutto destinato all’assunzione dalle Gae. Via via che esse si svuoteranno (in molti casi lo sono già), i posti residui andranno a disposizione, progressivamente, delle altre categorie. La disposizione transitoria determina poi come saranno utilizzati i posti vacanti e disponibili nei primi quattro anni, dal 2017/18 al 2020/21, al netto di quelli utilizzati per le Gae. Per i primi due anni, si tratta dei posti già banditi dal concorso 2016 e quindi andranno tutti alle Gm (ove fossero già esaurite, si attingerà dalle nuove Gmr). Nei successivi due (fatto salvo lo scorrimento di eventuali Gm ancora vigenti), tutti i posti del 2019/20 e l’80% di quelli del 2020/21 saranno riservati alle Gmr. Infine il 20% dei posti del 2020/21, più quelli eventualmente residuati dalle Gmr, saranno riservati ai supplenti non abilitati, secondo la graduatoria del loro concorso riservato (il primo sarà bandito nel 2018).

I posti vacanti e disponibili del 2021/22, al netto di quelli eventualmente riservati alle Gae, saranno riservati per un massimo dell’80% alle Gmr degli abilitati. Il 60% dei posti restanti (quindi al minimo il 12% dei posti iniziali) sarà riservato ai supplenti non abilitati, mentre l’altro 40% (quindi al minimo l’8% dei posti iniziali) sarà assegnato ai nuovi entranti sulla base del primo concorso che sarà anch’esso bandito nel 2018, in modo che i vincitori possano occupare i posti a loro destinati a partire dal 2021/22, dopo il triennio di formazione e tirocinio.

Queste percentuali saranno via via modificate per i posti disponibili dal 2022/23 in poi. La quota per gli abilitati scenderà dall’80% sino al 20%, che diventerà una percentuale fittizia appena la categoria sarà esaurita. La quota per i supplenti non abilitati scenderà anch’essa dal 60 al 20% a regime. In corrispondenza salirà la quota restante da assegnare interamente ai nuovi entranti.

La transizione per portare stabilità e regolarità a un sistema purtroppo viziato da scelte del passato disorganiche e contraddittorie è necessariamente lunga, ma in grado di garantire ai giovani spazi sicuri e crescenti. Ad esempio, su 100 posti del 2029/30 (banditi con il concorso del 2026), al massimo 20 saranno riservati agli abilitati (se ve ne saranno ancora), al massimo altri 20 ai supplenti non abilitati e quindi almeno 60 ai nuovi entranti. Un sistema di vasi comunicanti che, con lo svuotamento di alcuni e il parallelo riempimento di altri, potrà grantire equità e opportunità a tutti.

Spuntano cattedre extralarge per salvare i soprannumerari

da ItaliaOggi

Spuntano cattedre extralarge per salvare i soprannumerari

Antimo Di Geronimo

Cattedre extralarge per evitare l’insorgenza di soprannumerari ed esuberi nelle scuole secondarie di II grado. Lo prevede la bozza di circolare sugli organici di quest’anno, alla quale stanno lavorando in questi giorni i tecnici del dicastero di viale Trastevere. A differenza che in passato, quando le cattedre delle secondarie venivano costituite assemblando ore frontali di insegnamento ad un certo numero di ore a disposizione, adesso la legge prevede che tutte le cattedre debbano essere formate da 18 ore di insegnamento frontale. Ciò ha creato non pochi problemi, solo in parte superati con l’avvento dei posti di potenziamento. Grazie ai quali è stato reso possibile fare fronte all’emergenza delle sostituzioni. La riconduzione di tutte le cattedre a 18 ore, però, determina spesso l’impossibilità di assemblare spezzoni in modo tale da rispettare il limite massimo delle 18 ore. E in assenza della possibilità di costituire cattedre con ore a disposizione, ciò ha determinato l’insorgenza di un maggior numero di soprannumerarietà. L’amministrazione, pertanto, ha intenzione di disporre la possibilità di costituire cattedre anche oltre il limite ordinamentale delle 18 ore. L’eccedenza però dovrà essere limitata a un massimo di un paio d’ore in più. Dunque fino a 20 ore. Salvo casi eccezionali in cui tale limite potrà essere superato. Resta il fatto, però, che il limite delle 18 ore è un limite fissato contrattualmente. Pertanto, eventuali eccedenze, per quanto regolarmente retribuite per tutto l’anno scolastico, costituirebbero comunque prestazioni di lavoro straordinario, E dunque, dovrebbero previamente essere proposte ai diretti interessati, che sarebbero liberi di non accettare. Ipotesi, questa, meramente residuale. Perché la prospettiva di diventare soprannumerari renderebbe comunque altamente probabile l’accettazione. Nondimeno, la giurisprudenza di settore è costante nel ritenere che l’assegnazione d’ufficio costituisca una violazione contrattuale. Di qui la possibilità di probabili soccombenze in giudizio per l’amministrazione. Nel caso in cui non fosse possibile costituire le cattedre con sole ore frontali, gli uffici potranno utilizzare anche frammenti delle cattedre di potenziamento eventualmente attivate. Se neanche in questo caso fosse possibile costituirle, per salvare le titolarità sarà permesso costituire cattedre anche con ore a disposizione, purché le ore di insegnamento frontale non risultino inferiori a 15.

Organici, potenziamento blindato

da ItaliaOggi

Organici, potenziamento blindato

La bozza di circolare reca un incremento di 9.600 cattedre di diritto, come autorizzato dal Mef. I sindacati contestano: servono 25 mila posti in più

Marco Nobilio

Cattedre di potenziamento blindate. Le scuole potranno ottenere la modifica della classe di concorso a cui sono imputati i posti di potenziamento solo se i posti risulteranno vacanti e disponibili. E in ogni caso, tali posti dovranno essere utilizzati in via prioritaria per assorbire i soprannumerari. Sono queste alcune delle novità più importanti contenute in una bozza di circolare alla quale stanno lavorando i tecnici del ministero dell’istruzione per fissare le regole di costituzione degli organici del personale docente (si veda ItaliaOggi di giovedì scorso). Quest’anno, peraltro, per dare attuazione alle disposizioni contenute nella legge 107/2015, l’amministrazione centrale dovrebbe unificare l’organico di diritto e l’organico di fatto. In pratica, anziché costituire due organici distinti, il primo sulla base delle previsioni calcolate sul numero delle iscrizioni (organico di diritto) e il secondo sulla base delle reali esigenze riscontrabili a settembre (organico di fatto) l’amministrazione dovrebbe costituire un solo organico, che dovrebbe prendere il nome di organico dell’autonomia. Per fare ciò il ministro ha chiesto al ministero dell’autonomia di autorizzare la costituzione, fin da ora, di circa 25 mila posti in più. In pratica, il ministero dell’istruzione vorrebbe costituire un organico su base previsionale inglobando i posti che prevede di costituire a settembre.

Il numero di posti richiesti, peraltro, non consente di per sé l’unificazione tra organico di diritto e organico di fatto. Perché quest’ultimo dovrebbe essere costituito con 30.262 posti in più rispetto all’organico di diritto. La stima si basa sui posti già attivati quest’anno in organico di fatto. E in ogni caso costituisce un limite invalicabile, a prescindere dalle eventuali ulteriori esigenze che dovrebbero essere riscontrate a settembre. Ma il ministero dell’economia ha già detto di non essere disposto ad autorizzarne più di 9.600. Di questi, 2.200 circa dovrebbero essere destinati alla costituzione delle cattedre dei licei musicali. Che fino a quest’anno sono state formate solo nell’organico di fatto. E altri 2 mila posti dovrebbe essere riservati al sostegno. Solo i rimanenti, dunque, dovrebbero essere destinati alle altre classi di concorso. Secondo quanto risulta a ItaliaOggi, a seguito di un negoziato ancora in corso tra i vertici dei due dicasteri, via XX settembre avrebbe intenzione di autorizzare un ampliamento del numero, che dovrebbe essere fissato tra 12 mila e 13 mila posti. Dunque, appena un terzo di quelli di cui si compone attualmente la differenza tra l’organico di diritto e l’organico di fatto. Ciò nondimeno, a viale Trastevere si sono portati avanti con il lavoro e la circolare con le nuove regole sugli organici è già stata abbozzata e il manuale di gestione al Sidi, ad uso delle scuole, è già a disposizione degli addetti ai lavori.

I sindacati, in un primo incontro al Miur, hanno contestato la riduzione delle cattedre da 25 mila a 9.600 e hanno espresso la loro contrarietà a dar vita a un organico di diritto che poi potrebbe cambiare strada facendo se il Mef dovesse cedere qualche unità in più. Nella bozza di circolare l’amministrazione centrale avrebbe già chiarito che i posti di potenziamento non possono essere modificati dalle scuole in riferimento alle classi di concorso già assegnate. L’assegnazione delle classi di concorso, infatti, è stata operata per dare attuazione al piano straordinario di assunzioni disposto dalla legge 107/2015. Piano ormai a regime, che è stato disposto per svuotare in gran parte le graduatorie a esaurimento. Ciò ha precluso all’amministrazione centrale di accogliere le richieste che erano state avanzate dalle scuole in ordine alle varie classi di concorso indicate ai fini della costituzione dei posti di potenziamento. Proprio perché, a fronte della necessità di svuotare le Gae, l’amministrazione ha dovuto disporre le immissioni in ruolo secondo le risorse disponibili in graduatoria.

Non sono rari i casi, dunque, in cui a fronte di richieste di insegnanti di determinate classi di concorso, le scuole abbiano ottenuto l’assegnazione di docenti di potenziamento di classi di concorso diverse. E siccome la stessa legge 107/2015 vieta le modifiche delle classi di concorso dei posti di potenziamento se ciò crea esuberi, l’amministrazione ha spiegato alle scuole che potranno modificare in organico le classi di concorso di tali posti solo questi posti risulteranno vacanti e disponibili. In altre parole, se il posto di potenziamento è vuoto, la scuola può chiedere la modifica della classe di concorso. Ma se il posto è occupato da un titolare, la modifica non è possibile. Perché altrimenti i docenti che lavorano su questi posti andrebbero in soprannumero, se non addirittura in esubero. E proprio per evitare l’insorgenza di soprannumerari e nuovi esuberi, l’amministrazione centrale sarebbe sul punto di disporre l’obbligo, per le scuole, di assorbire sui posti di potenziamento già attivati anche i docenti che dovessero risultare soprannumerari in sede di costituzione degli organici del prossimo anno. Tanto più che, quest’anno, nelle scuole secondarie le graduatorie di istituto saranno unificate e nella stessa graduatoria saranno inseriti tutti i docenti dell’istituzione scolastica a prescindere dalle scuole di appartenenza e dal comune di servizio.

Test Invalsi tra le polemiche: costano 14 milioni l’anno, il 20% dei prof aiuta gli alunni

da La Tecnica della Scuola

Test Invalsi tra le polemiche: costano 14 milioni l’anno, il 20% dei prof aiuta gli alunni

La Tecnica della Scuola lo aveva previsto: la revoca dello sciopero proclamato per il 9 maggio dai sindacati di base non ha bloccato le proteste contro i test Invalsi.

Perché se è vero che, dati Invalsi alla mano, su scala nazionale avrebbero partecipato alle prove circa il 97% degli studenti (su 543.635 allievi delle scuole superiori interessati). Ma è altrettanto vero che in migliaia hanno manifestato in tutta Italia hanno cercato di boicottare le prove.

A Roma, secondo il Fronte della Gioventù comunista, l’85% degli studenti di seconda ha consegnato il test in bianco al Liceo Argan, il 70% al D’Assisi e il 60% all’Itis Hertz.

A Milano adesione quasi totale al Liceo Omero, dove il 95% degli alunni si è rifiutato di svolgere la prova, mentre l’Iis Oriani – Mazzini ha boicottato al 70%.

A Trento la scorsa notte il Coordinamento degli studenti medi ha chiuso l’entrata dei quattro licei della città mettendo un catenaccio ai cancelli e coprendo con silicone le serrature delle porte d’ingresso mentre a Bari i ragazzi hanno tenuto stamani un sit in all’università.

I quesiti proposti erano molto ancorate all’attualità: nel questionario di matematica, ad esempio, si è parlato di economia (con una domanda sull’andamento della produzione industriale), di risparmio (con un quesito sui prezzi scontati di un supermercato), di immigrazione (con l’analisi di una statistica sulla presenza di studenti stranieri in Italia).

“Nonostante le numerose minacce pervenute dai presidi nelle scuole in moltissimi hanno boicottato le prove Invalsi non entrando a scuola o invalidandole. Ma non ci fermiamo qui, denunceremo i casi di minacce e ritorsioni, il boicottaggio e l’astensione sono nostri diritti”, ha detto Francesca Picci coordinatrice nazionale dell’Unione degli Studenti, ricordando che “ogni anno vengono spesi 14 milioni di euro per questi test standardizzati ed escludenti mentre non si investe sul diritto allo studio e non si combatte la dispersione scolastica che interessa ormai più di 750 mila ragazzi“.

Anche la Flc-Cgil ha sostenuto le proteste. “Siamo al loro fianco – ha detto il segretario generale Francesco Sinopoli – per riaffermare anche noi il bisogno di riscrivere le regole fondamentali di una scuola moderna e inclusiva, che non lasci nessuno indietro. La deriva sempre più ideologica della valutazione, introducendo diseducativi meccanismi di competizione tra studenti e tra singoli istituti, ripropone antichi vizi che credevamo eliminati”.

Ad alimentare le polemiche è stato anche un sondaggio di ScuolaZoo, che ha chiesto a circa 260 studenti il proprio punto di vista sulla prova Invalsi, cercando anche di capire se la percezione stia mutando negli anni. Ebbene, il 31,5% di coloro che l’hanno sostenuta in passato ha dichiarato di averla boicottata o consegnando il foglio in bianco, o pasticciandolo con risposte ironiche oppure rimanendo a casa da scuola.

Il 62,5% ha riferito di essere stato preparato adeguatamente dai propri insegnanti; solo il 45,5% di chi ha svolto la prova in passato ha dichiarato lo stesso. Parte anche essere migliorata la comunicazione che i professori fanno della prova Invalsi agli studenti: oggi il 38% dei prof fa passare ai ragazzi il messaggio che è una prova importante; in passato succedeva solo nel 27,5% dei casi. Ma c’è ancora un 20% di professori che aiuta i ragazzi durante la prova, per far sì che il punteggio di classe salga.

Unicobas e Gilda: astenersi sulle delibere per la chiamata diretta

da La Tecnica della Scuola

Unicobas e Gilda: astenersi sulle delibere per la chiamata diretta

Con il recente contratto integrativo sulla mobilità cambieranno le regole per la chiamata dei docenti dagli albi territoriali: i collegi dei docenti potranno infatti deliberare i criteri ai quali i dirigenti dovranno attenersi.

Ma i problemi non mancano, tanto che si sta formano un fronte contrario a questo meccanismo.
Unicobas, per esempio, ha già deciso di dare una indicazione precisa: far mancare i numero legale o astenersi tutti da qualunque decisione in merito (o in alternativa adottare una delibera contraria alla chiamata diretta sulla base di un modello che il sindacato stesso sta predisponendo) e lasciare che il dirigente si assuma in prima la persona la responsabilità sulle modalità con cui chiamare i docenti titolari sugli ambiti.
Nettamente contrari anche i Cobas che in questo momento stanno discutendo sulle indicazioni da dare ai docenti.
Anche secondo la Gilda degli insegnanti affidare la chiamata diretta ad una delibera del colegio non rappresenta una soluzione adeguata: il sindacato di Rino Di Meglio invita quindi i docenti ad astenersi su eventuali delibere proposte dai dirigenti scolastici.
C’è però un altro aspetto che sta complicando la vicenda: il passaggio attraverso il collegio dei docenti con una delibera che definisce i criteri è previsto da una ipotesi contrattuale che non si è ancora tradotta in un contratto definitivo. In molti si stanno chiedendo se sia legittimo modifcare una norma contenuta nella legge 107 sulla base di quando previsto da una semplice ipotesi contrattuale.
I problemi applicativi del contratto sulla mobilità sono insomma parecchi e l’impressione che si ha in questa fase è che Ministero e sindacati firmatari si stiano accorgendo solo ora che non bastano 5 firme apposte ad un contratto per superare i nodi della legge 107.

Licei musicali, solo una sezione per provincia: a rischio le immissioni in ruolo

da La Tecnica della Scuola

Licei musicali, solo una sezione per provincia: a rischio le immissioni in ruolo

Le immissioni in ruolo nei licei musicali sono a rischio. Infatti, dal Miur arriva la proposta che vedrebbe la riduzione delle sezioni di questi licei, passando dalle attuali due ad una soltanto.

La possibilità sembrerebbe concreta, riporta Italia Oggi, e se fosse confermata si avrebbero ripercussioni sulle sezioni già attivate e soprattutto, metterebbe a rischio la costituzione delle cattedre intere in organico di diritto, lasciando un vuoto per tutti i vincitori di concorso che aspettano l’assunzione in ruolo da un anno.

Dal prossimo anno, quindi, le ore delle materie di indirizzo dei licei musicali, potrebbero essere inserite in organico di diritto. Si prevede quindi, una diminuzione oraria per quanto riguarda le lezioni individuali di 1° e 2° strumento per i primi quattro anni, dove entrambi gli strumenti avranno un’ora settimanale. Al quinto anno, via lo studio del secondo strumento e raddoppio delle ore del primo (due ore settimanali).

Per i laboratori di musica di insieme, potranno essere messe a disposizione non più di 12 ore settimanali, assegnate agli insegnanti dello strumento afferente il laboratorio attivato privilegiando le cattedre completate.
Per esempio, riporta ancora Italia Oggi, se un docente di viola non dovesse completare le 18 ore settimanali, potrà integrare le ore rimanenti con quelle di laboratorio di musica di insieme per archi.

Se le ore delle altre materie, specie quelle teoriche insegnate con il metodo collettivo di classe, non rischiano grossi tagli e ridefinizioni, quindi il vero problema della bozza degli organici sono quindi le ore di strumento, che avrà come conseguenze, garantire una didattica “sufficiente” agli alunni, e soprattutto metterebbe in seria difficoltà i professori, dato che, come abbiamo accennato in apertura, il nuovo assetto dovrebbe prevedere una sola sezione di liceo musicale per provincia, anche se, ribadiamo, ancora non è stata fornita alcuna ufficiale indicazione ministeriale.

Infine, l’altra proposta del Ministero sarebbe quella di fissare il numero massimo di alunni per classe di liceo musicale a 27, in base a tale numero calcolare le risorse da assegnare in organico di diritto, anche se in questa soluzione, si aggiungerebbe un altro problema, ovvero quello di assicurare le ore di lezione di strumento musicale a tutti gli studenti che eccedono tale limite.

In attesa dell’emanazione finale da parte del Miur, stando così le cose, oltre il numero di problemi che abbiamo enumerato fin qui, sorge il pensiero che, forse, se venissero confermati questi tagli, il liceo musicale farebbe un passo indietro, non previsto.

Avvisi PON, necessarie modifiche a dati e documenti inseriti nelle piattaforme

da La Tecnica della Scuola

Avvisi PON, necessarie modifiche a dati e documenti inseriti nelle piattaforme

Il Miur ha avviato le procedure di controllo di primo livello sulle spese certificate dalle Istituzioni Scolastiche, nell’ambito degli avvisi Lan Wlan, Ambienti digitali, Scuole polo in ospedale e Ambienti digitali per CPIA, ai fini della rendicontazione alla Commissione Europea.

A tal fine, con nota 4664 il Ministero ha comunicato la necessità di acquisire ulteriore documentazione e/o modificare quella già inserita nelle piattaforme GPU e SIF.

In particolare, entro il 26 maggio dovranno essere inseriti in GPU:

  • Decreto/Delibera di assunzione in bilancio
  • Determina a contrarre
  • DURC per la fase di aggiudicazione
  • Provvedimento di aggiudicazione a firma del Dirigente Scolastico (laddove previsto).

Invece, dal 16 maggio potranno essere effettuate eventuali modifiche a documenti o a dati già inseriti in GPU (sulle procedure, sulle spese generali, sugli incarichi o altre sezioni).

Infine, nella piattaforma SIF dovrà essere inserito un DURC per ciascun pagamento.