Nasce il Registro siciliano per la sclerosi multipla

Vita.it del 15-05-2017

Nasce il Registro siciliano per la sclerosi multipla

Lo firmano oggi a Messina l’assessore regionale alla salute, Baldo Gucciardi e il presidente nazionale della Fism, Federazione italiana sclerosi multipla, Mario Alberto Battaglia, alla presenza del ministro Beatrice Lorenzin. «Il Registro è un nostro impegno concreto per individuare i bisogni delle persone con sclerosi multplia e fornire le risposte che si attendono» ha spiegato Mario Alberto Battaglia.

MESSINA. Sarà il ministro della salute, Beatrice Lorenzin, a sancire la nascita del Registro Regionale per la sclerosi multipla: lunedì 15 maggio, a Messina, l’assessore regionale alla salute, Baldo Gucciardi e il presidente nazionale della Fism, Federazione italiana sclerosi multipla, Mario Alberto Battaglia, firmeranno la nascita del Registro. Il Registro della sclerosi multipla è uno strumento che raccoglierà i dati di tutti i pazienti affetti da sclerosi multipla seguiti nei diversi centri della Regione, con finalità epidemiologiche, di sanità pubblica e di ricerca volta a migliorare le conoscenze sulle cause e sui trattamenti della malattia: si tratta di oltre 9mila persone solo in Sicilia e 113mila in Italia. Un momento unico, perché i dati del registro saranno utili per promuovere l’equità di accesso alle cure confrontando le pratiche assistenziali dei diversi centri, e per valutare politiche assistenziali di carattere nazionale e locale. «Il registro è promosso dalla Fondazione Italiana Sclerosi Multipla e dall’Università degli Studi Aldo Moro di Bari», ha spiegato il prof. Mario Alberto Battaglia, «è un nostro impegno concreto per individuare i bisogni delle persone con SM e fornire le risposte che si attendono. Lo scorso anno, in dieci regioni in Italia tra cui la Sicilia, abbiamo sostenuto con una borsa di studio un assistente di ricerca che ha aiutato a inserire i dati aggiornati di tutti i pazienti seguiti. Anche quest’anno continua il nostro impegno per aiutare i centri i principali ad inserire i dati ed avviare speditamente il registro».

Insieme al Registro Regionale verrà siglata anche una convenzione tra l’IRCCS RCCS Neurolesi Bonino Pulejo e l’Associazione italiana sclerosi multipla, rappresentata dal presidente nazionale dell’associazione Angela Martino. La convenzione riguarda un progetto sperimentale di declinazione del Pdta, Percorso diagnostico terapeutico assistenziale per la SM della Regione Sicilia: la sperimentazione pilota riguarda l’organizzazione del centro SM, il reparto ed il collegamento ospedale-territorio. In Sicilia, nel 2014, fra le prime regioni in Italia, è stato approvato il documento “Percorso diagnostico terapeutico assistenziale integrato per la gestione della sclerosi multipla” ed è stata approvata la Rete regionale dei centri per la Sclerosi multipla definita secondo il modello hub e spoke. Nel nuovo Centro sclerosi multipla, IRCCS Neurolesi Bonino Pulejo e AISM intendono sperimentare un modello che potrà essere replicato negli altri centri clinici del territorio siciliano. Il Pdta aziendale consentirà la definizione di strumenti che permettono all’Azienda di delineare il miglior percorso praticabile all’interno della propria realtà identificando i processi e i protocolli operativi per assicurare una presa in carico unitaria delle persone con SM seguite dal Centro in tutte le fasi di malattia e per i differenti livelli di disabilità, anche con attenzione ai necessari e opportuni collegamenti con la rete dei servizi territoriali, definendo i ruoli e le competenze di ogni servizio.

Disturbi dello spettro autistico

Regioni.it del 15-05-2017

Disturbi dello spettro autistico, la Giunta regionale approva la proposta di legge

CAMPOBASSO. Disturbi dello spettro autistico, approvata in Giunta regionale la proposta di legge su iniziativa del presidente Paolo di Laura Frattura. “La risposta che dovevamo a tante famiglie del nostro Molise”, il suo commento.

“Un passo avanti – dichiara il presidente della Regione –, che tutto il nostro Molise fa in termini di attenzione e vicinanza strutturate nei riguardi di bambini, adolescenti e adulti affetti da questo complesso disturbo che investe in particolare la capacità relazionale. A differenza di altre realtà che hanno provveduto diversamente, con linee guida o altri provvedimenti, noi abbiamo scelto di dare al nostro intervento la forma di legge regionale”.

Tra le finalità principali della pdl varata questa sera a Palazzo Vitale, la piena integrazione sociale, scolastica e lavorativa delle persone portatrici del disturbo dello spettro autistico (Asd) e dei disturbi pervasivi dello sviluppo (Dps).

“Abbiamo immaginato un sistema di tutela complesso, concentrato sulla persona nella famiglia e nella società, con una prima declinazione del Dopo di noi. Il testo, che abbiamo costruito con il nostro Servizio regionale di programmazione rete dei soggetti deboli, dell’integrazione socio-sanitaria e della riabilitazione, mira a garantire assistenza di natura sanitaria e ad agevolare le condizioni che consentano davvero a tutti l’opportunità dei diritti di cittadini. Attenzione reale alle famiglie: non saranno lasciate più sole”.

Famiglia. Nelle disposizioni regionali in materia di disturbi dello spettro autistico e disturbi pervasivi dello sviluppo, viene riconosciuto il ruolo determinante della famiglia quale parte attiva nell’elaborazione e nell’attuazione del progetto di vita della persona con disturbi Ads e Dps, di concerto con i professionisti specializzati (neuropsichiatri, psichiatri, psicologi, educatori, terapisti occupazionali, logopedisti, psicomotricisti, assistenti sociali, tecnici della riabilitazione). “La famiglia è attore significativo del progetto terapeutico – evidenzia il presidente –, per questo ne sosteniamo il lavoro di cura, promuovendo iniziative di sostegno e di consulenza alla famiglia con la figura del parent training e favorendo la collaborazione con la scuola, i servizi sanitari e quelli sociali”.

Cure. Dal punto di vista sanitario, la proposta di legge prevede livelli di prima diagnosi in tutto il Molise attraverso l’attivazione di unità multidisciplinari specifiche per portatori di Ads e Dps, composte da psichiatri, psicologi, Pls e assistenti sociali presso i distretti sociosanitari dell’Asrem. Per le diagnosi secondaria e terziaria, non presenti nel Servizio sanitario regionale del Molise, saranno definite apposite convenzioni con centri specializzati.

Coordinamento, Centri e Consulta. Verranno istituiti il Coordinamento regionale, i Centri regionali e la Consulta.

Il coordinamento si occuperà di progettare e gestire i programmi di inclusione sociale, scolastica e lavorativa; di progettare e gestire le attività formative specifiche per operatori sanitari, sociosanitari, sociali e scolastici; di progettare e gestire attività formative a supporto dei caregiver e dei familiari; di coordinare le attività di tutti i soggetti presenti nelle filiere assistenziali; di monitorare gli esiti dei percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali e di implementarli in base agli esiti dei monitoraggi svolti.

I Centri regionali, deputati a diagnosi e cure, saranno attivati presso la Neuropsichiatria infantile e per l’età adulta presso il Dipartimento di salute mentale.

La Giunta regionale istituisce la Consulta permanente delle associazioni di volontariato e di promozione sociale.

“Costituiremo una rete integrata di cura e assistenza multiprofessionale e multisetting, comprensiva di attività diurne, semiresidenziali e residenziali. I centri – assicura il presidente –, serviranno in maniera omogenea tutto il nostro territorio. E ancora ci piace evidenziare la prevista promozione di iniziative di co-housing per favorire forme di coabitazione integrata anche in attuazione del Dopo di noi”.

Verrà istituita la banca dati per rilevare i parametri epidemiologici dei disturbi Asd e Dps.

Di rilievo, per Frattura, la collaborazione con la scuola “per favorire la formazione dei nostri bambini e ragazzi affetti da autismo e per agevolare l’inserimento nel mondo del lavoro”.

“La nostra proposta di legge, costruita al termine di un’attenta fase di confronto e ascolto, corrisponde a quanto possiamo garantire e attuare concretamente nel nostro Molise, nell’intenzione ferma di offrire la giusta assistenza. È un provvedimento – conclude il presidente Paolo Frattura –, che inquadra il disturbo all’interno della nostra società ed è un aspetto, questo, cui teniamo molto. Arriva dopo anni di vuoto, siamo certi che il Consiglio regionale provvederà quanto prima all’approvazione definitiva”.

Passo avanti per la sperimentazione delle superiori a quattro anni

da Il Sole 24 Ore 

Passo avanti per la sperimentazione delle superiori a quattro anni

di Claudio Tucci

Passo avanti per la sperimentazione, la prima su scala nazionale, delle superiori a quattro anni (anziché i cinque canonici). La bozza di decreto che autorizza 100 prime classi degli istituti scolastici del secondo ciclo, quindi tutti: licei, tecnici, professionali, statali e paritari, ha ricevuto semaforo verde, seppur con una serie di osservazioni, da parte del Consiglio superiore della pubblica istruzione (Cspi), l’organo tecnico-consultivo del ministero dell’Istruzione. Il provvedimento potrà ora essere adottato dalla ministra, Valeria Fedeli (gli step successivi sono Corte dei conti e pubblicazione ufficiale). Le novità, quindi, non arriveranno subito il prossimo anno (le iscrizioni si sono chiuse a febbraio); ma più realisticamente si partirà a settembre 2018.

Il progetto
Dopo alcuni esperimenti negli anni passati (avviati poi concretamente in appena una manciata di licei e istituti tecnici, parte statali e parte paritari) l’idea di approfondire progetti per accorciare la durata delle superiori fu rispolverata dall’ex titolare del Miur, Stefania Giannini. Si studiò a fondo la questione per diverso tempo, poi la la crisi del governo Renzi, accantonò l’iniziativa. La bozza di decreto era comunque pronta, e la ministra Valeria Fedeli, al suo insediamento, decise di fargli comunque iniziare l’iter amministrativo. Che ora ha portato al primo “Sì”. Certo, il Cspi ha fissato dei paletti: ha chiesto che la sperimentazione sia fortemente presidiata dal ministero, con linee guida preventive e che ci sia una vigilanza attenta da parte degli ispettori (per evitare possibili abusi e scorciatoie); e che, soprattutto, non ci siano ripercussioni negative su offerta formativa e docenti («non ci sarà nessuna riduzione di organico», assicurano dal Miur).

In Europa è già realtà la scuola superiore a 4 anni
Del resto, l’abbreviazione (di un anno) del percorso di studi permetterà di far uscire i ragazzi dalle aule a 18 anni, come avviene da tempo, in molti paesi europei (tra cui Spagna, Francia, Regno Unito, Portogallo, Ungheria, Romania – in Finlandia l’ultima campanella suona, addirittura, a 17 anni). E aiuterà, anche, a contrastare l’abbandono scolastico: già oggi, raccontano dal ministero dell’Istruzione, sono centinaia gli studenti che vanno all’estero al quarto anno di scuola.

La sperimentazione
La sperimentazione, delineata dalla bozza di decreto, «è molto seria», ha commentato il sottosegretario, Gabriele Toccafondi. Il corso di studi “quadriennale” dovrà garantire, anche attraverso la flessibilità didattica e organizzativa, l’insegnamento di tutte le discipline previste dall’indirizzo di riferimento in modo da assicurare agli alunni il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento e delle competenze previste per il quinto anno di corso (entro ovviamente il “nuovo” termine del quarto anno). Insomma, «non è un nuovo indirizzo di studi, ma una vera e propria sperimentazione metodologica – ha spiegato Carmela Palumbo, a capo da anni della dg per gli Ordinamenti scolastici e la Valutazione del Miur -. L’esame di Stato rimane lo stesso, e identico sarà anche il diploma finale conseguito dagli alunni. Il senso di questa iniziativa è capire se in quattro anni si riusciranno a raggiungere i medesimi obiettivi formativi di un percorso quinquennale».

La bozza di decreto prevede che le scuole interessate a partecipare alla sperimentazione dovranno presentare un progetto, caratterizzato da un elevato livello di innovazione didattica. Si potrà chiedere l’attivazione di prime classi con in media 25-30 alunni (saranno quindi bocciate aule con pochi studenti). Il percorso di studi “abbreviato” dovrà poi prevedere un potenziamento delle lingue, anche attraverso la metodologia Clil; bisognerà valorizzare le attività laboratoriali e le tecnologie digitali; oltre ovviamente a un generale rafforzamento del curriculo, a partire dall’alternanza scuola-lavoro obbligatoria e attraverso la partecipazione a progetti di mobilità internazionale. Sarà necessario, inoltre, rimodulare il calendario scolastico ed eventualmente potenziare l’orario settimanale delle lezioni. «Vogliamo progetti validi – ha tagliato corto Toccafondi -. In caso contrario, saranno scartati».

Al via cabina di regia per combattere la dispersione scolastica

da Il Sole 24 Ore 

Al via cabina di regia per combattere la dispersione scolastica

di Cl. T.

Combattere la povertà educativa è la base per combattere le altre povertà: da lì partono le disuguaglianze, così come le opportunità. Lo ha detto la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, aprendo i lavori della cabina di regia istituita al ministero sulla dispersione scolastica. La cabina è presieduta dalla ministra ed è composta da rappresentanti di ministero, Anci, Upi, regioni, ministero del Lavoro, e tre esperti Marco Rossi Doria (che coordina la cabina in assenza della ministra), Anna Serafini e Marco Giovannini.

«Entro luglio la cabina di regia produrrà un documento operativo. La riduzione delle diseguaglianze – sottolinea Fedeli – è un diritto da garantire ai nostri ragazzi».

I numeri
A livello europeo quando si parla di “dispersione scolastica” l’indicatore utilizzato per la quantificazione del fenomeno è quello degli early leaving from education and training (ELET) con cui si prende a riferimento la quota dei giovani tra i 18 e i 24 anni d’età con al più il titolo di scuola secondaria di I grado, o una qualifica di durata non superiore ai 2 anni, e non più in formazione. La strategia di miglioramento Europa2020 prevede che l’Italia porti la quota degli abbandoni precoci al 10%. Nel 2006 questa quota era pari al 20,8%, nel 2015 al 14,7 per cento.

Lorenzin: norme per obbligo vaccini a scuola entro una settimana. Fedeli: lavoriamo insieme

da Il Sole 24 Ore 

Lorenzin: norme per obbligo vaccini a scuola entro una settimana. Fedeli: lavoriamo insieme

di Alessia Tripodi

Varare il decreto sull’obbligo dei vaccini «entro la prossima settimana». È questo l’obiettivo indicato dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin al termine della riunione del cdm di oggi. E, dopo le polemiche di ieri, arrivano anche le rassicurazioni della titolare dell’Istruzione, Valeria Fedeli: «Quello sull’obbligo vaccinale «è un caso che non c’è, lavoreremo per risolvere e per costruire concretamente l’obbligo dei vaccini senza ledere il diritto alla scuola».

Lorenzin: risposta a drammatico calo coperture
«Come annunciato ho presentato all’attenzione del Consiglio dei Ministri il testo base di decreto legge sull’obbligo vaccinale nelle scuole», ha detto oggi Lorenzin, spiegando che «durante la seduta ho avuto conferma dal presidente Gentiloni circa la volontà di avviare subito un approfondimento collegiale, che è già iniziato tra i tecnici della Salute, del Miur e della presidenza del Consiglio».

«Diamo tutti insieme una risposta concreta alla popolazione per la tutela della loro salute, dei loro figli e delle famiglie a fronte del drammatico calo della copertura vaccinale» ha aggiunto quindi Lorenzin.

Fedeli: lavoriamo insieme
Anche se si dice «stupita del modo con cui ha proceduto Lorenzin», oggi la titolare dell’Istruzione Fedeli smentisce le voci di divisioni nel governo e afferma: «Lavoreremo per risolvere e per costruire concretamente l’obbligo dei vaccini senza ledere il diritto alla scuola». E dà ragione a Matteo Renzi, il quale ieri – irritato dall’annuncio dell’arrivo del provvedimento sui vaccini e dalla successiva smentita di Palazzo Chigi – aveva tuonato: «Nel governo manca un coordinamento e l’impressione è che ognuno fa quello che gli pare».
Dopo il Cdm di oggi, in una nota la ministra dell’Istruzione dichiara di aver «molto apprezzato richiamo al coordinamento e alla collegialità con cui Paolo Gentiloni ha aperto il Consiglio dei Ministri». «Ho sempre detto che sono favorevole all’obbligo di vaccinazione, tanto più se il ministero della Salute segnala l’esistenza di un’emergenza nazionale» ha aggiunto, spiegando che «da questo discende che i vaccini debbono essere obbligatori per ogni bambina e bambino sul territorio nazionale e che tale norma deve valere per ogni
luogo pubblico».

Contemperare diritto a salute con quello all’istruzione
«In questo quadro l’obbligo delle vaccinazioni nelle scuole deve applicarsi contemperando allo stesso tempo – ribadisce la ministra Fedeli – oltre al diritto costituzionale alla salute, il diritto costituzionale all’istruzione. Il rispetto della norma sarebbe in capo a Comuni, Regioni e Stato per bambine e bambini da 0 a 6 anni, in capo allo Stato per la scuola dell’obbligo, cioè tra i 6 e i 16 anni».
«Nel governo siamo tutti d’accordo – assicura la titolare Miur – che la strada verso l’obbligatorietà delle vaccinazioni a livello nazionale sia quella giusta. E sono convinta – conclude – che sapremo costruire concretamente insieme, come del resto Miur e Salute stavano facendo dall’inizio di febbraio, norme che tutelino i diritti costituzionali alla salute e all’istruzione».

Anche dalle scuole qualifiche sul «modello» regionale

da Il Sole 24 Ore 

Anche dalle scuole qualifiche sul «modello» regionale

di Gianni Bocchieri

L’istruzione e la formazione professionale è il segmento del sistema generale di istruzione e formazione di competenza delle Regioni, erogato dai loro Centri di formazione professionale (Cfp) accreditati o dagli istituti scolastici statali e paritari.

Oltre alla diversa natura dei soggetti che li erogano, i percorsi di istruzione e formazione professionale si differenziano anche per la loro diversa metodologia didattica. I primi si ispirano alla Vocational education training (Vet) di stampo europeo con una didattica per competenze, l’utilizzo di un metodo induttivo orientato ad insegnare un mestiere. I secondi mantengono un approccio più legato alle discipline e al trasferimento delle conoscenze, da acquisire attraverso lo studio e non attraverso esperienze lavorative.

Inoltre, come per altre competenze esclusive e concorrenti, non tutte le Regioni hanno costruito un loro sistema di Cfp accreditati, preferendo affidare l’erogazione di tutti i percorsi di Istruzione e formazione professionale agli istituti scolastici professionali, in via sussidiaria.

Due percorsi distinti

In questo composito quadro, l’istruzione e la formazione professionale ha finito per articolarsi in due distinti percorsi: quello dell’istruzione professionale erogata nelle scuole statali e paritarie, secondo il modello “scolasticistico” ministeriale, con il rilascio della qualifica al terzo anno, in via sussidiaria su delega delle Regioni e con il rilascio del diploma dopo gli esami di stato al quinto anno (Ip) e quello dell’istruzione e della formazione professionale erogata dai Cfp, con la forte integrazione tra istruzione, formazione e lavoro ispirato alla Vet, con il rilascio della qualifica al terzo anno, del diploma professionale regionale al quarto anno e della specializzazione professionale al quinto anno (IeFp).

La frammentazione dell’offerta formativa di questo segmento ha finito per confondere le famiglie e gli studenti, che hanno preferito scegliere altri percorsi a prescindere dalla loro vocazione. In questo modo, l’istruzione e la formazione professionale è stata finora la scelta formativa residuale e si è sempre più caratterizzata per essere il rimedio di ultima istanza della dispersione scolastica, destinata alle fasce più deboli degli studenti.

Adottato definitivamente dal Consiglio dei ministri dello scorso 7 aprile, il decreto delegato della Buona scuola si propone di accrescere l’identità di questi percorsi differenziandoli rispetto a quelli dell’istruzione tecnica e di superare la frammentazione dell’offerta formativa professionale, pur considerando il quadro a geometria molto variabile con cui le Regioni hanno costruito i loro modelli regionali di IeFp.

Modelli da avvicinare

In particolare, il decreto si propone di avvicinare il modello della Ip a quello della IeFp, principalmente attraverso due modifiche al testo iniziale del decreto, richieste fortemente dalle Regioni. La prima modifica riguarda la possibilità per le istituzioni scolastiche di attivare percorsi di istruzione e formazione professionale per il rilascio della qualifica e del diploma professionale quadriennale secondo gli standard formativi delle singole Regioni, in accordo con l’Ufficio scolastico regionale, previo accreditamento regionale. La seconda modifica riguarda la costruzione di un’unica filiera professionalizzante verticale, attraverso un sistema di “passerelle” per cui gli studenti della IeFp possono concludere il loro percorso nella Ip, con il diploma statale al quinto anno. Viceversa, gli studenti della Ip possono conseguire il diploma professionale regionale al quarto anno sia nei percorsi della IeFp erogati dai Cfp o dalle istituzioni scolastiche statali e paritarie accreditate dalle stesse Regioni.

Sul versante della Ip, pur confermandone la durata quinquennale, la novità più rilevante riguarda l’articolazione dei percorsi nel 2+3 al posto dell’2+2+1. In particolare, nel biennio si assolverà l’obbligo di istruzione e le istituzioni scolastiche potranno prevedere specifiche attività finalizzate ad accompagnare e supportare gli studenti, anche facendo ricorso alla rimodulazione dei quadri orari. Nel successivo triennio specialistico, si potrà realizzare la nuova curvatura professionalizzante attraverso una didattica più personalizzata e più orientata alle attività laboratoriali. Infine, il decreto prevede che la didattica della Ip sia organizzata per assi culturali, con insegnamenti omogenei, superando l’impostazione per discipline e favorendone anche una maggiore flessibilità organizzativa.

I nuovi profili passano da 6 a 11

da Il Sole 24 Ore 

I nuovi profili passano da 6 a 11

di G. Boc.

Rispetto alla sua versione originaria, il testo del decreto legislativo sull’Istruzione professionale ha recepito le più importanti richieste delle Regioni finalizzate all’integrazione tra i due sistemi di Istruzione e formazione professionale, della IeFp e della Ip, seppure la delega riguardasse solo l’Istruzione professionale statale.

Nell’invariato quadro del vigente riparto delle competenze costituzionali, ministero dell’Istruzione e Regioni hanno condiviso la finalità di delineare un sistema di «formazione ai mestieri», preservando i sistemi di Istruzione e formazione professionale costruiti nel corso degli anni con il contributo dei territori.

La condivisione continuerà anche nell’attuazione delle principali novità del decreto, attraverso una serie di atti da approvare in sede di Conferenza Stato Regioni e Province autonome o in quella Unificata.

Nuovi profili professionali

In primo luogo, l’intesa in sede di Conferenza Stato Regioni e Province autonome dovrà essere raggiunta sul decreto del ministro dell’Istruzione (Miur), con cui andranno definiti i nuovi profili professionali, passati da 6 ad 11, che dovranno essere correlati ai codici Ateco e declinati in termini di competenze, abilità e conoscenze. Questo stesso provvedimento dovrà stabilire la modalità di passaggio al nuovo ordinamento nell’anno scolastico e formativo 2018/2019.

Le Regioni dovranno poi stipulare appositi accordi con gli Uffici scolastici regionali (Usr) per definire le modalità di realizzazione dei percorsi di IeFp all’interno delle istituzioni scolastiche, in via sussidiaria, secondo gli standard definiti da ciascuna Regione.

Previa intesa in sede di Conferenza Stato Regioni e Province autonome, sempre con decreto del Miur dovranno essere definiti i criteri generali per favorire il raccordo tra i due sistemi. In particolare, Stato e Regioni dovranno disciplinare il meccanismo delle cosiddette passerelle ovvero i passaggi tra i percorsi di istruzione professionale (Ip) e quello di istruzione e formazione professionale (IeFp) compresi nel repertorio nazionale dell’offerta di istruzione e formazione professionale.

Infine, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, con Dm del Miur, di concerto con il ministro del lavoro, previa intesa in sede di Conferenza unificata, dovranno essere determinati i criteri e le modalità per l’organizzazione e il funzionamento della “Rete nazionale delle scuole professionali”, in cui confluiranno anche le istituzioni formative accreditate a livello regionale allo scopo di promuovere l’innovazione, il permanente raccordo con il mondo del lavoro, l’aggiornamento periodico degli indirizzi di studio. Nata per rafforzare gli interventi di supporto alla transizione dalla scuola al lavoro, diffondere e sostenere il sistema duale realizzato in alternanza scuola-lavoro e in apprendistato, questa Rete dovrà anche raccordarsi con la Rete nazionale delle politiche attive del lavoro costituita dal decreto di riordino dei servizi per il lavoro e le politiche attive del lavoro.

Portata innovativa

Insomma, la reale portata innovativa del provvedimento potrà essere misurata proprio in sede di sottoscrizione dei diversi provvedimenti cui è rimandata l’attuazione del rapporto tra Ip ed IeFp. Solo così si potrà valutare se le Regioni vorranno dotarsi di un sistema di IeFp, da affiancare stabilmente al sistema della Ip ministeriale, anche attraverso l’apprendistato duale che il decreto finanzia anche per i prossimi anni, con uno stanziamento di 25 milioni annui a decorrere dal 2018.

Chiamata diretta: niente punteggi, colloqui utili secondo l’ANP

da La Tecnica della Scuola

Chiamata diretta: niente punteggi, colloqui utili secondo l’ANP

“Nel CCNI sulla mobilità – sostiene l’Anp – si fa largo uso di espressioni imprecise, ambigue e giuridicamente atecniche. E così, su tali imprecisioni lessicali si basa la fantasiosa – e illegittima – interpretazione sindacale che mira unicamente ad ingannare i dirigenti, creando una sconcertante confusione mediatica e facendo loro credere che le cose stiano come i sindacati vorrebbero”.

In queste ore, il sindacato presieduto da Giorgio Rembado interviene sulla questione della chiamata per competenze non solo per polemizzare con i sindacati del comparto, accusati di una “libera e fantasiosa interpretazione contra legem” del CCNI ma soprattutto per fornire le proprie indicazioni operative.

La procedura da seguire, secondo l’Anp, è questa.

1. Definire, in coerenza con il PTOF e per ogni singolo posto che sia concretamente vacante e disponibile, le competenze professionali che il docente da chiamare deve possedere.

2. Acquisire il parere del collegio dei docenti sui soli requisiti (cioè titoli ed esperienze); ciò significa che il dirigente deve porre in votazione la proposta di requisiti che ritiene più correlati alle competenze. Il parere può essere favorevole oppure contrario (eventuali iniziative “di rifiuto” della deliberazione sono ininfluenti sul proseguimento della procedura).

3. Procedere con proprio atto datoriale alla individuazione dei requisiti; un eventuale parere contrario del collegio, posta la natura tecnica dello stesso, può convincere il dirigente a riconsiderare la propria proposta.

4. Definire i criteri di valutazione delle candidature e pubblicare i relativi avvisi.

5. Integrare, eventualmente, gli avvisi a seguito di modifiche al numero dei posti indotte dalle procedure di mobilità.

6. Individuare i docenti da assegnare all’organico dell’autonomia, avvalendosi anche di colloqui, senza redigere alcuna graduatoria. “Ricordiamo, al riguardo – sottolinea l’ANP – che il potere datoriale di individuazione ha carattere discrezionale ed è vincolato solo dal generale obbligo di buona fede e correttezza. Se il dirigente non ritiene idoneo alcun docente dell’ambito non conferisce incarichi”.

7. Pubblicare gli incarichi conferiti e i relativi curricula.

La “scaletta” proposta dall’Anp si basa su una analisi puntuale del testo del CCNI condotta alla luce delle disposizioni della legge (sial la 107 sia il TU 165 del 2001).
Secondo legge e contratto – chiarisce l’Anp – gli “elementi di giudizio” su cui il dirigente deve basarsi nell’individuazione dei docenti sono tre: curriculum, esperienze professionali, competenze professionali.

Ora, aggiunge l’Anp, il CCNI (con il relativo allegato) fornisce indicazioni solo in merito al curriculum (identificato con la parola “titoli”) ed alle esperienze professionali. L’insieme di titoli ed esperienze è ribattezzato con il termine “requisiti”.

Non solo, ma la deliberazione del Collegio non può che riguardare l’espressione di un parere – sui soli requisiti – che non ha carattere vincolante per il dirigente”.

“Il CCNI – conclude l’analisi del sindacato di Rembado – nulla dice (né potrebbe dirlo, ancora una volta a pena di nullità) sulle competenze professionali la cui definizione da parte del dirigente è libera – purché resti entro i limiti di coerenza con il PTOF – e rientra nella sua piena ed esclusiva competenza”.

Una Cabina di regia per combattere la dispersione

da La Tecnica della Scuola

Una Cabina di regia per combattere la dispersione

La ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, aprendo i lavori della cabina di regia (composta da rappresentanti di ministero, Anci, Upi, regioni, ministero del Lavoro, e tre esperti Marco Rossi Doria, che coordina la cabina in assenza della ministra, Anna Serafini e Marco Giovannini) istituita al ministero sulla dispersione scolastica ha detto che combattere la povertà educativa è la base per combattere le altre povertà: da lì partono le disuguaglianze, così come le opportunità. «Entro luglio la cabina di regia produrrà un documento operativo. La riduzione delle diseguaglianze – sottolinea Fedeli – è un diritto da garantire ai nostri ragazzi».

A livello europeo quando si parla di “dispersione scolastica” l’indicatore utilizzato per la quantificazione del fenomeno è quello degli early leaving from education and training (ELET) con cui si prende a riferimento la quota dei giovani tra i 18 e i 24 anni d’età con al più il titolo di scuola secondaria di I grado, o una qualifica di durata non superiore ai 2 anni, e non più in formazione.

La strategia di miglioramento Europa2020 prevede che l’Italia porti la quota degli abbandoni precoci al 10%. Nel 2006 questa quota era pari al 20,8%, nel 2015 al 14,7 per cento.

Tfa Sostegno: tra 10 giorni i test pre-selettivi

da La Tecnica della Scuola

Tfa Sostegno: tra 10 giorni i test pre-selettivi

A bando messi appena 9mila posti, a fronte di circa 50mila liberi, mentre le prove sono state confermate per il 25 e 26 maggio.

Le prove preselettive, come abbiamo già pubblicato,  potranno essere svolte solo dagli abilitati all’insegnamento, previo pagamento di una tassa (fino a 200 euro) agli atenei anche se rimangono asperità come quello di obbligare ai test anche i candidati risultati idonei al precedente Tfa.

Una delle situazioni più scandalose, fa notare Anief,  è quella del Piemonte, dove a fronte di 1.240 posti libri sono stati messi a bando appena 200 posti. Tra l’altro, anche su scala nazionale, il numero è destinato a crescere, visto il trend di iscrizioni degli alunni disabili negli ultimi anni, tenendo conto dei pensionamenti e dei docenti che ogni anno decidono di spostarsi sull’insegnamento curricolare.

Ma aggiunge pure che “il decreto legislativo collegato alla Legge 107/2015, l’Atto n. 378, in questi giorni all’approvazione definitiva del Quirinale e a un passo dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, cambierà il percorso di accesso alla professione, rendendolo più lungo e complesso, ma non comporta alcuna soluzione sul fronte dei

In marcia la proposta di ridurre a 4 anni le superiori

da La Tecnica della Scuola

In marcia la proposta di ridurre a 4 anni le superiori

Riprende la marcia la sperimentazione, la prima su scala nazionale, delle superiori a 4 anni anziché 5 nella forma della bozza di decreto che autorizza 100 prime classi degli istituti scolastici del secondo ciclo (licei, tecnici, professionali, statali e paritari).

Nonostante una serie di osservazioni, da parte del Consiglio superiore della pubblica istruzione (Cspi), il provvedimento sembrerebbe pronto per essere adottato, per cui a settembre 2018 potrebbe partire.

La bozza di decreto, come è noto e come da qualche anno si discute, era comunque pronta da tempo e ora la ministra Valeria Fedeli ha deciso di riportarla nei binari dell’iter amministrativo, seppure con qualche dubbio da parte del Cspi (che non ha potere di veto ma solo di consiglio): sperimentazione fortemente presidiata dal ministero, con linee guida preventive; vigilanza attenta da parte degli ispettori (per evitare possibili abusi e scorciatoie); evitare ripercussioni negative su offerta formativa e docenti («non ci sarà nessuna riduzione di organico», assicurano dal Miur).

Il Sole 24 Ore, che riporta la notizia, aggiunge pure che l’abbreviazione di un anno del percorso di studi permetterà di far uscire i ragazzi dalle aule a 18 anni, come avviene da tempo, in molti paesi europei e aiuterà, anche, a contrastare l’abbandono scolastico.

«Non è un nuovo indirizzo di studi, ma una vera e propria sperimentazione metodologica – ha spiegato Carmela Palumbo, a capo da anni della dg per gli Ordinamenti scolastici e la Valutazione del Miur -. L’esame di Stato rimane lo stesso, e identico sarà anche il diploma finale conseguito dagli alunni. Il senso di questa iniziativa è capire se in quattro anni si riusciranno a raggiungere i medesimi obiettivi formativi di un percorso quinquennale».

La bozza di decreto prevede che le scuole interessate a partecipare alla sperimentazione dovranno presentare un progetto, caratterizzato da un elevato livello di innovazione didattica. Si potrà chiedere l’attivazione di prime classi con in media 25-30 alunni (saranno quindi bocciate aule con pochi studenti).

Il percorso di studi “abbreviato” dovrà poi prevedere un potenziamento delle lingue, anche attraverso la metodologia Clil; bisognerà valorizzare le attività laboratoriali e le tecnologie digitali; oltre ovviamente a un generale rafforzamento del curriculo, a partire dall’alternanza scuola-lavoro obbligatoria e attraverso la partecipazione a progetti di mobilità internazionale. Sarà necessario, inoltre, rimodulare il calendario scolastico ed eventualmente potenziare l’orario settimanale delle lezioni.

 

Galli della Loggia, le bocciature e la cassa integrazione

Ernesto Galli della Loggia, le bocciature e la cassa integrazione

di Stefano Stefanel

Con l’articolo Le scuole italiane e il tabu delle bocciature (Corriere della sera, 29 aprile 2017) Ernesto Galli della Loggia ha collegato la scarsa serietà della scuola italiana con le poche bocciature e la non selettività dell’esame di stato (l’ex esame di maturità). La superficialità con cui chi non fa parte del mondo della scuola affronta i problemi di scuola molto spesso fa scambiare delle idee generali e confuse per proposte rigeneratrici.

L’esame di stato conclusivo non è selettivo, ma non lo è neppure l’esame di laurea con la discussione della tesi. Perché dovrebbe essere selettivo un esame che sancisce la fine di un percorso? L’Università ha mai bocciato un candidato che discuteva la tesi di laurea? Quello che si può dire è invece che l’esame di stato è molto difficile, per nulla selettivo e molto inutile. Inutile non perché non boccia, ma perché altera le scelte degli studenti prima dell’ingresso all’università o nel mondo del lavoro costringendoli ad una gigantesca prova tuttologica nel momento in cui di certo non si è tuttologi (19 o 20 anni).

La questione delle “poche” bocciature italiane merita poi un punto esclamativo. Poiché sia l’Ocse, sia l’Unione Europea certificano che siamo uno dei Paesi dell’Ocse col più alto tasso di dispersione e certamente il Paese dell’Unione Europea tra i più sviluppati con il più alto tasso di dispersione. O questi organismi mentono insieme ai dati che forniscono oppure si boccia troppo e non troppo poco. Con il termine dispersione si intendono gli abbandoni, la non frequenze e appunto le bocciature. Firmiamo protocolli (Lisbona 2000, Eu 2020) in cui ci impegniamo a ridurre drasticamente la dispersione, ma poi ci troviamo ad inneggiare a chi invoca maggiori bocciature.

Il sistema italiano boccia e non sa cosa fare dei bocciati, che devono ripetere le stesse cose (sia quelle che sanno sia quelle che non sanno) senza che vi sia un sistema organizzato di recupero (magari per livelli, non per anni). Ogni bocciatura ci costa dai 15.000 ai 30.000 euro l’anno (dati Ocse) e questo conto non solo non ci spaventa, ma quasi ci convince che più soldi buttiamo più siamo seri e rigorosi.

Un piccolo dubbio però insorge sui 6.000 dirigenti non valutati e sugli 800.000 insegnanti non valutati che valutano gli studenti e di fatto sanciscono la più grande dispersione del mondo progredito. Forse qualcosa non torna nei conti e nelle ideologie. Siamo talmente ossessionati da ciò che sta in basso che non riusciamo ad alzare la testa. L’importante è bocciare, non fare in modo che i migliori abbiamo quello che gli spetta (un lavoro a tempo indeterminato a 23 anni, ad esempio). Così non potendo dare ai migliori la soddisfazione di veder premiati i loro sforzi riteniamo che i migliori possano essere contenti vedendo i molti bocciati. La promozione non è un valore in sé, ma vale solo se ci sono i bocciati.

Questo ridicolo modo di pensare poggia le basi su due grandi pilastri del sistema scolastico: il valore legale del titolo di studio (è più importante il “pezzo di carta” del come e del dove quel titolo è stato acquisito) e le classi di concorso, attraverso cui si insegna agli studenti non ciò di cui abbisognano, ma quello che sta scritto in antichi programmi che stanno alla base delle abilitazioni dei docenti, che neppure per un attimo nel loro corso di studi hanno dovuto studiare come si valuta l’apprendimento degli studenti.

In Italia si boccia troppo fondamentalmente perché le scale di valutazione sono soggettive e in virtù della libertà di insegnamento ognuno degli 800.000 scrive i numeri che vuole in riferimento alle prestazioni che interessano a lui. E infatti l’ostilità verso l’Invalsi viene dal mondo della scuola, non dall’esterno.

Le bocciature sono come la cassa integrazione: ti faccio ripetere anche se non so se serve, ti tengo in cassa integrazione anche se non faccio niente per risolvere il problema che ti ha portato lì. Gli eccessi sono il quasi milione di ragazzi dal 17 ai 25 anni che non  fa niente (non studia e non lavora) e i 7 anni di cassa integrazione concessi ai lavoratori Alitalia per traghettarli da un fallimento all’altro. Non avendo successo l’Italia si avventura a contare i bocciati e dato che giudica che sono troppo pochi ne invoca altri. Incurante – come Galli della Loggia – di quello che il mondo dice di noi e delle strade che ci indica di percorrere.

Bene Lorenzin su proposta obbligo vaccini a scuola

Pompei Finas: Bene Lorenzin su proposta obbligo vaccini a scuola a tutela degli studenti e del personale scolastico

“L’esecutivo ed in particolar modo la Ministra Lorenzin, ha dimostrato grande attenzione sul tema della salute e della prevenzione nelle scuole, i vaccini dovevano essere obbligatori per ogni bambina e bambino presente sul territorio nazionale già da tempo” Cosi in una nota Filippo Pompei segretario nazionale Finas che prosegue: ” chiederemo alla Ministra Fedeli, vista la grande attenzione sul tema del contrasto alle bufale ed alla diffusione della corretta informazione, di realizzare una campagna informativa nelle scuole secondarie di secondo grado per promuovere la prevenzione del vaccino antinfluenzale a partire dall’inizio dell’anno scolastico, troppo spesso infatti vi è stata una grande disinformazione su questo strumento di prevezione, specialmente sui social e nella rete, la salute degli studenti è un tema importante e pertanto devono essere consapevoli della concreta efficacia dei vaccini.”
Cosi conclude la nota del Segretario Nazionale Finas Pompei

DIDAMATICA 2017

“Le tecnologie Digitali al centro dell’alternanza Scuola-Lavoro”

DIDAMATICA 2017 – Roma 15 e 16 Maggio 2017

Si svolgerà a Roma lunedì 15 e martedì 16 maggio la 31^ edizione del convegno annuale, organizzata con e presso il CNR – Consiglio Nazionale delle Ricerche

Tema di questa edizione sono Le tecnologie Digitali al centro dell’alternanza Scuola-Lavoro.
Anche quest’anno i lavori si svilupperanno in due momenti ben definiti, ma strettamente interconnessi: alle sessioni generali di confronto sui temi fondanti – attraverso relazioni invitate, tavole rotonde, esperienze significative -, in particolare in relazione alle competenze che la scuola è chiamata a dare ai giovani si affianca la conferenza scientifica vera e propria, con la presentazione dei lavori scientifici sottomessi sulla base di questa Call for Paper.
Gli argomenti per i quali si sollecitano contributi sono distribuiti nelle seguenti aree:

Preparati a vivere nel Nuovo Mondo Digitale
§  Platform Economy, Sharing Economy, Circular Economy, Service Economy, Gig Economy. Come possiamo prepararci al nuovo modo di produrre valore?
§  Dalle auto a guida autonoma alla robotica, all’intelligenza artificiale: quali saranno gli spazi per il lavoro umano?  Come può la formazione tenere il passo?

Nuovi saperi per i nuovi lavori
§  Nuove tecnologie digitali e nuovi lavori: cosa insegnare oggi ai giovani?
§  Nuove tecnologie digitali e ‘vecchi lavori’ rivisitati, nulla sarà più come prima!
§  Algoritmi, Logica, Semantica: nuove forme di pensiero e nuova educazione al digitale

Innovare la formazione per formare all’Innovazione
§  Nuove metodologie nella formazione all’innovazione per la Pubblica Amministrazione e per le Imprese
§  Nuove tecnologie e nuove metodologie formative
§  Come cambiano le competenze e il ruolo del formatore
§  ‘Discente-Docente-Tecnologia-Metodologia-Contenuti-Contesto’: le sei dimensioni che attraversano il cambio di paradigma.

La persona al centro del Nuovo Mondo Digitale
§  Ecosistemi digitali e nuova ecologia della mente
§  Dagli oggetti ‘smart’, alla ricchezza intangibile dei Big Data, alla pervasività dei ‘Social’: bastano le competenze tecniche per interagire con tutto questo?
§  Stiamo andando verso la mutazione finale: Homo Digitalis?

Nuove soluzioni formative di supporto all’alternanza scuola-lavoro
§  Quali tecnologie e metodologie per supportare la cooperazione scuola – imprese?
§  Alternanza scuola-lavoro: tecnologie per massimizzare lo scambio di competenze e di valori
§  Benefici, rischi e problematiche nel rapporto tra scuola e lavoro

I nuovi orizzonti tecnologici e metodologici per la formazione
§  Flipped classroom, blended teaching, peer-to-peer learning, remote teaching, gaming: quale sono le metodologie emergenti? Quali sopravviveranno nel medio-lungo periodo?
§  Infrastrutture Cloud, tecnologie mobili e nomadiche, macchine che apprendono, intelligenza artificiale, robot antropomorfi, assistenti virtuali (Cortana, Siri, Alexa): quale sarà l’impatto delle nuove tecnologie sui modi di studiare, apprendere, insegnare?
§  MOOCs (Edx, Udacity, Coursera, Khan, Federica), TED, Wikipedia, Edutopia, Quora, Wolfram Alpha, Big Data, Linked Open Data, YouTube, Vimeo: quale senso avrà il libro di testo? Quali saranno le nuove fonti del sapere?

Nota 15 maggio 2017, AOODGOSV 5276

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione
Segreteria del Direttore

Ai Direttori generali e ai Dirigenti preposti agli Uffici scolastici regionali
LORO SEDI
All’Intendente Scolastico della provincia di
BOLZANO
All’Intendente Scolastico per la scuola in lingua tedesca
BOLZANO
All’Intendente Scolastico per la scuola in lingua località ladine
BOLZANO
Al Dirigente del Dipartimento Istruzione per la Provincia di
TRENTO
Al Sovrintendente agli studi della Valle D’Aosta
AOSTA
Ai Dirigenti Scolastici delle Scuole di ogni ordine e grado
LORO SEDI
e p.c. Al Capo di Gabinetto
SEDE
Al Capo Segreteria tecnica della on.le Ministra
SEDE
Al Capo Ufficio Stampa
SEDE

Oggetto: Prima edizione della Fiera Didacta Italia – attività di formazione per docenti

Dal 27 al 29 settembre 2017, presso la Fortezza da Basso di Firenze, si terrà la prima edizione della Fiera Didacta Italia, inserita dal Miur tra gli eventi previsti dal Piano pluriennale per la formazione in servizio dei docenti.
L’iniziativa rappresenta la prima edizione italiana di Didacta International, il più importante appuntamento fieristico dedicato all’istruzione che si tiene in Germania da oltre 50 anni. Sulla base del Memorandum d’intesa firmato dal Miur, dall’associazione Didacta International e dalla Camera di Commercio italiana per la Germania (Itkam), quest’anno, per la prima volta, una nuova edizione dell’evento si svolge in un paese straniero.
Come ha sottolineato la ministra Valeria Fedeli nel corso della presentazione della manifestazione di Firenze, questa “rappresenta un segnale concreto dell’apertura del sistema di istruzione e formazione italiano al confronto. Un confronto nazionale e interno, quindi, con tutti gli operatori interessati, i protagonisti della scuola, gli enti, le associazioni, le imprese. E un confronto internazionale, con le esperienze di successo di paesi europei che possono offrire spunti di riflessione e modelli per le iniziative di questo genere in Italia”.
Allestita in un’area di 15.000 metri quadrati, Fiera Didacta Italia ha l’obiettivo di favorire il dibattito sul mondo dell’istruzione tra enti, associazioni, imprenditori, addetti ai lavori. Vi sarà dunque una parte espositiva, animata da aziende che operano nei settori della scuola, dell’editoria e della formazione; ma il cuore dell’evento sarà un ampio programma di formazione e aggiornamento per i docenti, con oltre 80 iniziative tra convegni, seminari e workshop, curati dall’Indire che è partner scientifico della manifestazione.
Si potrà utilizzare la Carta Docente per acquistare il biglietto di ingresso valido per i tre giorni della Fiera e per prenotare la partecipazione ai workshop, chiedendo alla propria scuola il riconoscimento dell’attività ai fini della formazione in servizio. Acquistando il biglietto per la fiera, il docente dovrà prenotare almeno 4 workshop; ogni 4 workshop sarà riconosciuta dalla scuola di appartenenza 1 Unità Formativa Certificata.
Tutte le informazioni sulla Fiera sono disponibili sul sito http://fieradidacta.indire.it/, dove è possibile consultare il programma della manifestazione in continuo aggiornamento, acquistare il biglietto e prenotare i workshop e i percorsi formativi.
Fiera Didacta Italia è organizzata da FirenzeFiera insieme alle principali istituzioni del territorio (Regione Toscana, Comune di Firenze, Camera di Commercio di Firenze) e da Didacta International, con il supporto della Camera di Commercio italiana per la Germania (Itkam) e di Florence Convention & Visitors Bureau; è patrocinata dal Miur, dal Dipartimento delle Politiche Europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dall’Ambasciata della Repubblica Federale Tedesca in Italia, dal Centro Italo-Tedesco Villa Vigoni, da Unioncamere e da Assocamerestero. L’Indire è partner scientifico di Fiera Didacta Italia e organizzatore degli eventi della manifestazione.

IL DIRETTORE GENERALE
Carmela Palumbo