OLIMPIADI DI ROBOTICA 2017

VINCITORI OLIMPIADI DI ROBOTICA 2017

Selezionati e premiati questa mattina i migliori progetti della seconda edizione del concorso organizzato dal MIUR. Il primo premio va a “Self Orientating Neck Natural Yarn (S.O.N.N.Y.)” dell’Istituto Tecnico Archimede di Catania

Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci
Via San Vittore 21, Milano

All’indirizzo
http://www.museoscienza.org/areastampa/materiali.asp sono disponibili alcune immagini e il comunicato stampa

 

Milano, 23 maggio 2017. Si è svolta questa mattina al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci la premiazione della seconda edizione delle Olimpiadi di Robotica organizzate dal MIUR, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

Questi i progetti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti della giuria fra i 23 finalisti:
classificato: Self Orientating Neck Natural Yarn (S.O.N.N.Y.) dell’Istituto Tecnico Archimede di Catania, insegnante Domenico Ardito, studenti Vincenzo Catalano e Giovanni Mirulla;
classificato: RobEAR 2.0 dell’I.T.S.T. E. Morselli di Gela (CL), insegnante Pietro Giannone, studenti Simone Marino e Giuseppe Ferlante;
classificato: Mulino Tecnologico dell’I.T.T.S. di Argenta (FE), insegnanti Luigi Doria e Daniele Verri, studenti Alessandro Zucchini e Mattia Trioschi;
classificato: DuckietownHS dell’I.S.I.S. Ferraris – Buccini di Marcianise (CE), insegnante Antonio Sacco, studenti Luigi Maietta, Saverio Varletta e Mattia Romanucci;
classificato: REX – Robot Exhibitor dell’I.S. Carlo Anti di Villafranca (VR), insegnante Federico Beghini, studenti Leonardo Aprili, Pasquale Garofalo e Federico Reggiani.

I primi tre classificati vincono un viaggio a Londra per visitare la mostra “Robots” al Science Museum.
Il quarto e il quinto classificato ricevono la menzione speciale e 500 euro ciascuno per attrezzare il laboratorio di robotica della scuola.

Le Olimpiadi di Robotica, rivolte alle studentesse e agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado, sono organizzate dal MIUR per promuovere l’attività didattica sperimentale, accrescere le competenze digitali delle ragazze e dei ragazzi, favorire percorsi interdisciplinari e inclusivi, sviluppare il pensiero creativo, la capacità di innovazione, il problem-solving e per incentivare l’orientamento alle carriere scientifiche.

Per partecipare alle Olimpiadi, ogni progetto viene finalizzato alla creazione e alla realizzazione di un automa in grado di compiere un’azione completa in una delle seguenti tipologie:

  • Gioco (ad esempio sport di squadra, scacchi, etc.);
  • Soccorso/Salvataggio;
  • Danza;
  • Esplorazione;
  • Progetti speciali.

Questa mattina una delegazione di studentesse, studenti e insegnanti di ciascun progetto finalista ha fatto una breve presentazione e dimostrazione del proprio prototipo davanti alla giuria. I progetti sono stati valutati in base alla capacità di funzionare dei prototipi, alla chiarezza nella presentazione da parte delle studentesse e degli studenti, alla creatività e innovatività, all’interdisciplinarietà e al coinvolgimento di altre ragazze e altri ragazzi o esperti esterni nella progettazione e realizzazione del prototipo.

La giuria era composta da:

  • Edvidge Mastantuono – Dirigente Ufficio I DG Ordinamenti Scolastici del Miur;
  • Giulio Sandini – Direttore Dipartimento di Robotica, Scienze Cognitive e del Cervello IIT di Genova;
  • Aldo Massimo Bocciardi – Direttore Struttura Complessa di Urologia presso ASST Grande Ospedale Metropolitano di Milano;
  • Giovanni Legnani – Professore di Robotica Università di Brescia;
  • Michele Di Benedetto – Project Manager Educational Activities OMRON;
  • Stefano Buratti – Responsabile Sviluppo Attività Educative Area Tecnologica Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano.

La cerimonia di premiazione è stata moderata dalla giornalista scientifica Simona Regina. In quest’occasione Giulio Sandini e Aldo Massimo Bocciardi hanno tenuto un breve intervento per raccontare alle ragazze e ai ragazzi le prospettive della robotica nella loro professione.

Manchester: un minuto di silenzio nelle scuole alle 12

Inviata circolare alle istituzioni scolastiche

A seguito dell’attentato di Manchester la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli ha inviato una circolare alle scuole affinché questa mattina, alle ore 12.00, sia rispettato un minuto di silenzio in memoria delle giovani e dei giovani che hanno perso la vita.

“In questa giornata importante, in cui in tutta Italia ricordiamo, insieme a migliaia di ragazze e ragazzi, le stragi di venticinque anni fa per dire no a qualsiasi forma di violenza, ho trovato giusto ricordare le vittime di Manchester all’arrivo a Palermo. Ho voluto dire alle studentesse e agli studenti che era successa una cosa grave e violenta per rafforzare in loro la convinzione che ogni forma di violenza va contrastata. Anche questa è scuola”, ha dichiarato Fedeli.

“Per lo stesso motivo chiediamo un minuto di silenzio alle 12.00 in tutte le scuole, per portare il pensiero a quelle giovani e quei giovani che erano ad ascoltare un concerto. E che mentre ascoltavano un linguaggio di pace, la musica, sono rimasti vittime di questa grave violenza”.

Scuola-lavoro, percorsi «protetti»

da Il Sole 24 Ore

Scuola-lavoro, percorsi «protetti»

di Gabriele Taddia

Per la tutela della salute e della sicurezza, lo studente che inizia un percorso di alternanza scuola-lavoro in un’azienda è equiparato in tutto e per tutto a un lavoratore. Le imprese hanno dunque precisi obblighi da rispettare, che è bene ripercorrere prima di accogliere gli studenti per questo tipo di esperienze.

Le regole generali

Il sistema di alternanza scuola- lavoro è stato compiutamente disciplinato dalla legge 107 del 13 luglio 2015 (articolo 1, commi da 33 a 43), per incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti, intendendosi, per alternanza scuola-lavoro, una metodologia didattica che consente agli studenti che frequentano gli istituti di istruzione superiore di svolgere una parte del proprio percorso formativo presso un’impresa o un ente.

Nonostante sia chiaro, in base alla legge 977/1967, che in nessun caso lo studente minorenne in esperienza scuola-lavoro acquista la qualifica giuridica di lavoratore minore, è altrettanto certo che dal momento in cui inizia il suo percorso in azienda, per quanto riguarda la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, è in tutto e per tutto equiparato a un lavoratore. Il Dlgs 81/2008 prevede infatti che debba essere considerato lavoratore la persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, nonché il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento previsti dall’articolo 18 della legge 196/1997, e da specifiche disposizioni delle leggi regionali promosse per realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro.

Gli obblighi dell’azienda

A carico dell’impresa ospitante, si configura dunque la necessità di adempiere ad almeno tre compiti fondamentali prima di inserire lo studente nell’organizzazione aziendale:

la sorveglianza sanitaria, per verificare l’idoneità alla mansione o comunque l’idoneità a essere impiegato in un determinato contesto professionale e ambientale;

la formazione relativa ai rischi generali e specifici dell’azienda;

la consegna dei dispositivi di protezione individuale (Dpi) necessari e sufficienti per assicurare allo studente la possibilità di svolgere la sua esperienza in assoluta sicurezza (ad esempio casco, guanti eccetera).

La sorveglianza sanitaria

Per quanto riguarda la sorveglianza sanitaria, le linee guida del ministero dell’Istruzione prevedono che sia possibile stipulare specifici accordi in modo che questi adempimenti si considerino assolti tramite una visita medica preventiva, da affidare al medico competente dell’istituzione scolastica, ovvero dal dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria locale.

Nonostante questo, è evidente che sarebbe più opportuno che fosse il medico competente dell’impresa a compiere una valutazione di idoneità alla mansione, perché maggiormente a conoscenza del contesto in cui lo studente deve operare, essendo peraltro obbligatoria la valutazione del medico aziendale in presenza di rischi specifici rinvenibili nell’ambiente di lavoro sulla base della valutazione del rischio dell’azienda. Deve essere valutata ogni possibile controindicazione alla presenza dello studente lavoratore, si pensi alla presenza nell’ambiente di agenti (polvere, agenti chimici o biologici e così via), ai quali la persona può essere allergica. La valutazione va anche rapportata all’età del soggetto interessato, per sua natura in fase di crescita.

La formazione

Per quanto riguarda la formazione in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, l’articolo 1, comma 38, della legge 107/2015 prevede che questaattività sia svolta dalle scuole secondarie di secondo grado, tramite l’organizzazione di corsi rivolti agli studenti inseriti nei percorsi di alternanza ed effettuati secondo quanto disposto dal Dlgs 81/2008, restando invece a carico dell’azienda l’onere di prevedere ed espletare un percorso formativo adeguato, riguardante i rischi specifici dell’ambiente di lavoro e della mansione cui sarà addetto lo studente.

L’assicurazione

Sarà onere dell’istituzione scolastica curare l’assicurazione presso l’Inail, poiché – come già precisato – lo studente in alternanza scuola-lavoro acquisisce in tutto e per tutto lo status di lavoratore.

Da questo consegue, inevitabilmente, che tutti gli infortuni occorsi nell’ambiente di lavoro risultano indennizzabili.

Quanto all’ultimo aspetto, ovvero il caso in cui allo studente accada un infortunio nell’ambiente di lavoro, se lo studente stesso ne dà notizia al solo soggetto ospitante, quest’ultimo è obbligato a notificare senza ritardi l’evento al dirigente scolastico, per assicurare la possibilità di comunicare immediatamente le assenze per infortunio o per malattia professionale, consentendo così al soggetto obbligato di effettuare le relative denunce entro i termini previsti dalla legge.

I 12 vaccini obbligatori per la scuola in sole 4 punture

da Il Sole 24 Ore

I 12 vaccini obbligatori per la scuola in sole 4 punture

di Redazione Scuola24

Le 12 vaccinazioni rese obbligatorie per l’iscrizione ai nidi e alle scuole materne proteggono da altrettante malattie infettive, ma per i bambini si traducono in sole 4 punture e vanno effettuate secondo una precisa tempistica.

L’esperto
A fare il punto sul calendario delle immunizzazioni previste dal decreto approvato dal Consiglio dei ministri, è il responsabile del Tavolo tecnico sulle vaccinazioni della Società italiana di pediatria (Sip), Rocco Russo. «È stata fatta una selezione – afferma – di 12 malattie infettive prevenibili con il vaccino per garantire che i bambini siano protetti al meglio e si possano evitare epidemia». In realtà, però, le iniezioni da fare sono quattro, poichè molti vaccini sono combinati. Le prime 6 vaccinazioni rese obbligatorie sono anti-poliomelitica, anti-difterica, anti-tetanica, anti-epatite B, anti-pertosse e anti Haemophilus influenzae tipo B. Queste, spiega l’esperto, «sono tutte raggruppate in un unico vaccino esavalente che viene fatto dal 60/mo giorno di vita in 3 dosi: a 3, 5 e 11-12 mesi di vita».

I vaccini
Diventa obbligatoria anche la vaccinazione anti-meningococcica B, che «viene fatta a distanza di 15 giorni dall’esavalente in 4 dosi: a 3, 4, 6 e 12-15 mesi». Obbligatori, poi, anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite e anti-varicella: «Queste vaccinazioni sono somministrate con un unico vaccino quadrivalente in un’unica dose al 13/mo mese di vita, con un richiamo previsto a 5 anni di età». Infine, l’anti meningococcica C, che «viene somministrata al 14/mo mese, con un richiamo tra gli 11 e i 18 anni».

Grazie a tali vaccinazioni selezionate come obbligatorie, sottolinea Russo, «si garantisce la migliore qualità di vita ai bambini, considerando che i danni delle malattie e le loro complicanze sono ben superiori alle eventuali, leggere e transitorie reazioni da vaccino». Un decreto reso appunto necessario a causa delle basse coperture vaccinali che oggi si registrano: «La copertura per l’esavalente nei bambini nati nel 2013, infatti – rileva – è del 93,4%, contro una soglia minima necessaria fissata sopra il 95%; quella per il meningococco C è al 76%, mentre per il ceppo B non ci sono ancora dati poichè la vaccinazione è stata introdotta da un paio d’anni». Ma «il maggior problema – conclude – si ha per parotite, morbillo, varicella e rosolia che, complessivamente, registrano una copertura di appena l’85%».

Presidi in trincea: «Altro che sceriffi Lavoriamo per 4 e siamo sottopagati»

da Il Corriere della Sera

Presidi in trincea: «Altro che sceriffi Lavoriamo per 4 e siamo sottopagati»

La Buona scuola doveva trasformarli in super manager, ma a furia di correzioni si sono moltiplicati solo gli oneri. Mentre il ritardo del concorso fa aumentare le reggenze: 3000 per l’anno prossimo. Ecco perché hanno deciso di ricorrere al Tar. E di scendere in piazza

di Valentina Santarpia

Bistrattati, oberati di incarichi e responsabilità, gravati da compiti burocratici ma snaturati nelle funzioni principali, sottopagati e spesso costretti a fare i salti mortali per reggere una, due, anche venti plessi scolastici alla volta. I presidi, anzi i dirigenti scolastici, così correttamente denominati dopo la legge che li ha equiparati ai dirigenti pubblici nel ‘97 pur senza riconoscere loro il corrispettivo economico – non stanno vivendo una stagione d’oro. Dal preside-sceriffo disegnato dalla riforma della Buona scuola, che sembrava poter accentrare tutte le mansioni di un vero e proprio manager della scuola, oggi «il dirigente è una figura isolata, tutti lo attaccano, e pretendono che intervenga», ammette Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale presidi, che rappresenta il 53% dei 7273 presidi italiani. «Sembravamo destinati ad avere tutto il potere tra le mani- sintetizza Rembado, lanciando una massiccia azione di protesta per il prossimo 25 maggio – e invece non solo non è avvenuto, ma sono state snaturate persino molte funzioni che ci erano state attribuite, con la conseguenza che per noi è diventato sempre più complicato fare il nostro dovere». Al punto che, per provocazione, domenica scorsa un gruppo di presidi toscani è andato a scuola: per dimostrare che il lavoro non finisce mai.

La retromarcia degli stipendi

Un esempio su tutti? La chiamata diretta dei docenti, che doveva essere fiore all’occhiello della riforma, e che invece è finita in un mezzo flop: nonostante l’impegno dei dirigenti, che hanno lavorato in pieno agosto per assegnare gli incarichi con la speranza di bloccare per tre anni i docenti migliori per la propria scuola, alla fine gli incarichi sono stati nella gran parte dei casi dati per assegnazioni provvisorie dell’Ufficio scolastico regionale, e più che i dirigenti a scegliere sono stati gli insegnanti stessi, che hanno preferito sedi più vicine a casa. Risultato? Molte cattedre rimaste occupate dai supplenti fino a ottobre, incarichi annuali anziché triennali, e assegnati più per dinamiche sindacali che per venire incontro alle esigenze della scuola. «Al danno la beffa», sintetizza Rembado, ricordando che a fronte di queste nuove grane non siano ancora arrivati i vecchi riconoscimenti: «Lo stipendio resta fermo a 2300-2400 euro, e in alcune Regioni i dirigenti si sono visti arrivare persino le richieste di risarcimento (fino 2-300 euro) per arretrati assegnati ingiustamente dal ministero dell’Economia». Per non parlare del fatto che «ci sono enormi differenze di trattamento economico tra chi ha avuto l’incarico prima del 2001 e dopo», incalza Marcello Pacifico di Confedir. «Ai vecchi presidi veniva riconosciuta l’anzianità di servizio come docenti, ai nuovi no: assurdo, perché all’incarico si può ambire solo se si hanno cinque anni di anzianità come docente». Ecco perché i dirigenti solo di nome hanni deciso di ricorrere al Tar del Lazio.

3000 reggenze in arrivo

Ma non è solo una questione di soldi. I presidi sono i dirigenti pubblici che hanno il maggior carico di personale da gestire: in media, nelle amministrazioni pubbliche ci sono una trentina di dipendenti per ogni dirigente; nella scuola, ogni preside è a capo di 144 persone, tra docenti e personale Ata (bidelli e amministrativi, per capirci), e quindi anche occuparsi del loro contratto integrativo di istituto, tenendo le relazioni coi diversi sindacati. Un dirigente scolastico è responsabile in materia di appalti, per cui deve rispettare il codice degli appalti per ogni acquisto che effettua. È responsabile della sicurezza degli edifici e delle persone: se casca un cornicione la «colpa» è sempre sua. E se c’è un giudizio in tribunale, lui può essere chiamato al posto dell’Avvocatura dello Stato a rappresentare l’amministrazione scolastica. Il tutto diviso tra numeri che non sono quelli di un esercito nutrito, tutt’altro: mancano 799 presidi all’appello per completare la pianta organica, ci sono attualmente 1133 reggenze, ovvero un preside che regge più scuole, e a settembre la situazione è destinata a peggiorare: 450 posti si libereranno per i pensionamenti, ma non ci saranno nuove assunzioni perché il bando per il nuovo concorso per presidi, annunciato mesi fa, è stato rinviato ancora una volta. «In totale stimo in 3000 le presidenze che andranno a reggenza l’anno prossimo», dice Rembado, sottolineando che soprattutto in Lombardia e Veneto ci saranno più presidi super-eroi, costretti a barcamenarsi tra decine di istituti e diverse reggenze. L’assessore veneto alla scuola, Elena Donazzan, ha già chiesto di incontrare Valeria Fedeli: «Al ministro per l’Istruzione ho rappresentato la gravissima carenza di organico per i dirigenti della scuola in Veneto e ho chiesto un incontro ad hoc sulla situazione regionale. Al 1° settembre 2017 saranno 206 i posti vacanti e nei prossimi anni andranno in pensione altri 142 presidi».

La protesta

Ed è proprio in vista di questo ennesimo smacco, che i presidi alzano la voce: «Non solo la manifestazione al Miur e a Montecitorio per il 25 – spiega Mario Rusconi, presidente dell’Anp Lazio – ma abbiamo deciso di dare altri segnali di protesta: rifiuteremo le reggenze e tutte le commissioni non obbligatorie, e non saremo più disposti a svolgere compiti burocratici per l’amministrazione centrale, che spesso ha già i dati che ci richiede ma solo per disorganizzazione ci impone un surplus di lavoro. Ci rifiuteremo anche di compilare i moduli per farci valutare: non perché ostacoliamo la valutazione- conclude Rusconi – ma perché vogliamo dare un segnale chiaro: se fino ad ora il sistema ha retto, è stato grazie ai nostri sacrifici. Ma se ci fermiamo, ne risente tutto l’andamento della vita scolastica».

Commissari esterni maturità 2017: tra una settimana tutti i nomi

da Il Corriere della Sera

Commissari esterni maturità 2017: tra una settimana tutti i nomi

È iniziato il tam tam sui social network,alla ricerca di anticipazioni e soffiate per conoscere in anticipo i nomi dei professori. Il Miur pubblica la lista degli aiuti che i maturandi possono usare per svolgere le tracce

Meno trenta alla maturità: sarà la cabala a muovere gli studenti sul Web? Google Trend, lo strumento che ne misura la febbre (e la frequenza delle ricerche) indica, come tema caldo del giorno, «Commissari maturità 2017». A un mese dall’esame di Stato, i maturandi stanno setacciando la rete, per cercare informazioni sui professori che li interrogheranno e valuteranno le loro prove. Conoscerli – oltre a soddisfare smanie scaramantiche – serve a elaborare strategie di studio, a cercare di indovinare abitudini, caratteristiche personali e quali argomenti più stanno loro più a cuore. Ma l’elenco completo delle commissioni viene generalmente pubblicato sul sito del Miur dedicato all’esame di Stato tra gli ultimi giorni di maggio e i primi di settembre (l’anno scorso i nomi dei commissari esterni sono usciti il 7 giugno; nel 2015 uscirono il 5 giugno).

Maturità 2017, da Gramsci a Trump: il «toto tema»
Anticipazioni

Anche quest’anno, dunque, bisognerà aspettare ancora almeno una settimana per scoprire i nomi e dare un volto ai prof, cercandoli magari sui social network. Come ogni anno, però, prima della pubblicazione dei nomi online, gli elenchi delle commissioni d’esame vengono consegnati alle scuole. E si può chiedere alla segreteria di prenderne visione. Ecco perché nei giorni precedenti si scatenano le richieste di soffiate e anticipazioni. Conoscere in anticipo i nomi dei commissari esterni, il loro background e la scuola di provenienza, può anche servire per mettere a punto la tesina, con i giusti approfondimenti.

«Sì impegno, no panic»

Un piccolo riepilogo, intanto. La commissione per l’esame di maturità 2017 è mista: composta cioè da tre commissari esterni, tre interni e un presidente esterno. Il Miur, come anticipato in gennaio, continua ad accompagnare sui social il percorso di avvicinamento alla Maturità 2017. Il motto è «Si impegno, no panic». L’ultimo contributo pubblicato è una tabella con i «sì» e i «no» dell’esame. Qualche esempio? Via libera a orologio, calcolatrici scientifiche e/o grafiche, attrezzature informatiche e di laboratorio (se previste), vocabolario, rispetto delle regole e impegno. Pollice verso per telefoni cellulari, calcolatrici cas/wireless o con connessione elettrica, connessione a internet, libri di testo, trucchi per copiare. E, naturalmente, #Nopanic.

Scuola, i presidi in sciopero della fame: “Costretti a fare i burocrati, la misura è colma”

da Repubblica

Scuola, i presidi in sciopero della fame: “Costretti a fare i burocrati, la misura è colma”

Protesta davanti al ministero: digiuno a rotazione fino a venerdì. “Fedeli ascolti le nostre richieste”

di SALVO INTRAVAIA

PRESIDI in sciopero della fame. Da questa mattina davanti alla sede del ministero dell’Istruzione, in viale Trastevere, fino al 26 maggio i dirigenti scolastici si alterneranno nella clamorosa protesta in base alle Regioni di provenienza. Si comincia con i dirigenti scolastici campani, piemontesi e di Lazio, Liguria, Abruzzo e Valle d’Aosta. A promuovere l’iniziativa senza precedenti l’associazione Dirigentiscuola, che raccoglie circa 500 aderenti. Ma la sensazione è che al sit-in con incatenamento parteciperanno anche tanti non iscritti al sindacato. Perché, spiegano i diretti interessati, “la misura è colma”.

Francesco Nuzzaci, preside dell’Istituto comprensivo di Porto Cesareo in provincia di Lecce spiega che “sono diversi i motivi che spingono la categoria a scendere in piazza con una forma di protesta tanto rumorosa”. “In primis, l’equiparazione economica e normativa con gli altri dirigenti dello stato. Noi presidi – continua Nuzzaci – abbiamo molte più responsabilità e percepiamo poco più dei nostri insegnanti. Chiediamo anche una mobilità in uscita verso gli altri comparti statali e una valutazione scolastica vera, non quella messa in piedi dal ministero. Inoltre, non ci si può chiedere di curare la didattica per migliorare la qualità dell’offerta formativa e poi impegnarci nelle mansioni burocratiche più minuziose. Occorrono figure intermedie alle quali assegnare queste mansioni”.

Convintissimo, nonostante i suoi 66 anni di età, di intraprendere lo sciopero della fame il battagliero Gennaro Di Martino, a capo dell’Istituto comprensivo Sauro Morelli di Torre del Greco, in provincia di Napoli. “Siamo esasperati – spiega – soprattutto per le responsabilità. La situazione è ormai diventata insostenibile. Perché le responsabilità – prosegue – sono ormai enormi e spesso non abbiamo gli strumenti adeguati”. Basta fare qualche esempio. “Sulla sicurezza nei luoghi di lavoro siamo disarmati: le scuole sono di proprietà degli enti locali e non abbiamo neppure i fondi per i lavori anche di piccola manutenzione. Però siamo responsabili di qualunque cosa accada a scuola: incidenti e altro. E non possiamo neppure chiudere un plesso perché è il sindaco che può farlo. In molti casi siamo datori di lavoro, con tutto quello che comporta questo carico. E – conclude – a livello retributivo siamo addirittura all’assurdo: quattro diversi contratti e livelli di retribuzione differenti in base al concorso vinto”.

I presidi in sciopero chiedono di incontrare la ministra Valeria Fedeli e proseguiranno la protesta fino a venerdì prossimo, quando saranno i capi d’istituto di Puglia e Molise a dare il cambio ai colleghi di Toscana, Sardegna, Triveneto.

 

Pensione anticipata, Gentiloni firma l’Ape Social: sperano in 60mila, ci sono pure le maestre

da La Tecnica della Scuola

Pensione anticipata, Gentiloni firma l’Ape Social: sperano in 60mila, ci sono pure le maestre

Parte ufficialmente l’Ape social, l’anticipo pensionistico gratuito fino a tre anni e sette mesi oppure in cambio di una quota minima di qualche decina di euro al mese.

Il 22 maggio, il premier, Paolo Gentiloni, ha firmato gli attesi decreti, con oltre tre settimane di ritardo, visto che il provvedimento sarebbe dovuto entrare in vigore lo scorso 1° maggio.

L’Ape social, ricordiamo, si rivolge ad una “platea” di lavoratori decisamente selezionata: spetta, infatti, solo ai lavoratori pubblici e privati con almeno 63 anni di età purchè siano disoccupati che hanno esaurito gli ammortizzatori da almeno tre mesi; ai lavoratori precoci con almeno 41 anni di contributi; ai soggetti che assistono il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave; agli invalidi civili con un grado di invalidità pari o superiore al 74%; ai dipendenti che svolgono da almeno sei anni in via continuativa un lavoro particolarmente difficoltoso o rischioso (tra i quali operai edili, operatori ecologici, facchini, maestri della scuola dell’infanzia, infermieri organizzati su turni ecc). Tutti mestieri ad alto rischio burnout.

Il conteggio dei sei anni richiesti si può calcolare nell’ambito degli ultimi sette.

La platea potenziale per il 2017 è di 60.000 persone (35.000 per l’Ape social e 25.000 per i precoci), mentre altri 45.000 potrebbero avere i requisiti nel 2018 (20.000 Ape social e 25.000 precoci).

Le prime domande dovranno essere presentate entro il 15 luglio in modo da mettere a punto la graduatoria e avere una risposta dall’Inps entro il 15 ottobre. In caso di risorse insufficienti avranno la priorità coloro che sono più vicini all’età per la pensione di vecchiaia. La misura “social” è sperimentale in vigore dal 1 maggio 2017 al 31 dicembre 2018, mentre quella per i precoci è stabile.

L’Ape social – ricorda l’Inps – è riconosciuto nel limite di 300 milioni di euro per il 2017, 609 milioni di euro per il 2018, 647 milioni di euro per il 2019, 462 milioni di euro per il 2020, 280 milioni di euro per il 2021, 83 milioni di euro per il 2022 e 8 milioni di euro per il 2023.

Qui di seguito, vi proponiamo un approfondimento (realizzato dall’Ansa) sulle caratteristiche dell’Ape Social avviata ufficialmente con la firma del premier Gentiloni del 22 maggio 2017.

COME FUNZIONA: L’indennità è corrisposta per 12 mensilità nell’anno, fino all’età prevista per il conseguimento della pensione di vecchiaia o comunque fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione anticipata. Nel caso in cui le risorse finanziarie stanziate siano insufficienti rispetto al numero degli aventi diritto, la decorrenza dell’indennità è differita dando priorità ai richiedenti più anziani.

QUANTO SPETTA: L’indennità è pari all’importo della rata mensile di pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione (se inferiore a 1.500 euro) o pari a 1.500 euro se la pensione è pari o maggiore di questo importo. L’importo dell’indennità non è rivalutato.

COSA SERVE PER ADERIRE: Per ottenere l’indennità è necessario avere almeno 63 anni di età e almeno 30 anni di anzianità contributiva per disoccupati e disabili. Per i lavoratori che svolgono attività difficoltose o rischiose l’anzianità contributiva minima richiesta è di 36 anni; maturare il diritto alla pensione di vecchiaia entro tre anni e sette mesi; non essere titolari di pensione diretta. L’assegno è compatibile con lo svolgimento di lavoro dipendente soltanto nel caso in cui i relativi redditi non superino gli 8.000 euro annui e con lo svolgimento di attività di lavoro autonomo nel limite di reddito di 4.800 euro.

PRECOCI: I lavoratori precoci, ovvero coloro che hanno lavorato almeno un anno prima dei 19 anni, potranno andare in pensione con 41 anni di contributi. Il requisito in futuro (nel 2019) sarà adeguato alla speranza di vita. Potranno fare richiesta i lavoratori precoci disoccupati che hanno esaurito gli ammortizzatori da almeno tre mesi, invalidi con un grado di almeno il 74% o coloro che svolgono da almeno sei anni in via continuativa un’attività gravosa.

La domanda va presentata all’Inps entro il 31 luglio in caso di requisiti raggiunti entro il 2017 e entro il 1 marzo degli anni successivi per i requisiti che si raggiungono entro l’anno. Le domande sono accolte entro il limite di spesa di 360 milioni per il 2017, 550 milioni per il 2018, 570 per il 2019 e per 590 milioni a decorrere dal 2020.

Il contratto della mobilità tutela i perdenti posto

da La Tecnica della Scuola

Il contratto della mobilità tutela i perdenti posto

Qualcuno muove critiche contro i sindacati per avere firmato il contratto della mobilità, ma è proprio per tale contratto che i perdenti posto sono tutelati.

Infatti mentre la legge 107/2015 avrebbe obbligato i docenti soprannumerari a finire nel girone degli ambiti territoriali, senza potere avere più titolarità su scuola e nemmeno il rientro condizionato nella scuola di precedente titolarità, è merito del CCNI sulla mobilità 2017/2018, firmato dalla Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola e Snals, che i docenti perdenti posto troveranno titolarità in un’altra scuola e potranno condizionare, per otto anni, il rientro nella scuola in cui sono stati individuati perdenti posto.

A tal proposito è utile ricordare che per il comma 6 dell’art.20del CCNI mobilità 2017/2018, il perdente posto della scuola dell’infanzia e della primaria che presenti domanda di trasferimento può condizionarla o meno al permanere della situazione che determina la necessità del suo trasferimento d’ufficio. In ogni caso il perdente posto partecipa alla mobilità con il punteggio dei trasferimenti a domanda, nel caso della domanda condizionata il docente pur avendo il punteggio della domanda volontaria è considerato come un trasferito d’ufficio.

Ai sensi del comma 2 art.22 il perdente posto della scuola secondaria di I e II grado, può condizionare la sua domanda di trasferimento al permanere della propria posizione di soprannumerarietà, rispondendo negativamente alla domanda contenuta nell’apposita casella del modulo di domanda. Nel caso rispondesse affermativamente alla domanda suddetta, significherebbe che la domanda non sarà condizionata al rientro, per i successivi otto anni, nella scuola da cui è stato individuato perdente posto. In tal caso il docente perdente posto partecipa al trasferimento come tutti gli altri docenti, senza godere di precedenze per essere perdente posto. Qualora non venisse trasferito per mancanza di posti disponibili rispetto le preferenze espresse, e se permanesse, dopo le operazioni di mobilità, lo status di perdente posto, allora il docente verrebbe trasferito d’ufficio in una scuola dell’ambito di titolarità, in mancanza di questa eventualità verrà trasferito in una scuola di un ambito viciniore sulla base dell’apposita tabella di prossimità tra ambiti.

Quindi mentre la legge 107/2015 toccava profondamente gli interessi della titolarità sulle scuole dei docenti e in particolare dei perdenti posto, il contratto sulla mobilità 2017/2018 si ristabilisce il principio per cui chi è un perdente posto ha il diritto alla titolarità su scuola e, se lo desidera, al rientro nella scuola di precedente titolarità per i successivi otto anni.

Classi di concorso: cosa cambia per titoli di accesso a graduatorie e concorsi

da La Tecnica della Scuola

Classi di concorso: cosa cambia per titoli di accesso a graduatorie e concorsi

Il Miur, con nota 5499 del 19 maggio 2017, ha fornito alcune anticipazione sul contenuto del DM 259/17 di revisione e aggiornamento delle classi di concorso per l’accesso ai ruoli del personale docente della scuola secondaria di primo e secondo grado.

Sebbene al momento tale decreto è in corso di registrazione presso i competenti organi di controllo, poiché gli interventi correttivi in esso contenuti sono direttamente funzionali allo svolgimento di tutte le operazioni propedeutiche all’avvio del prossimo anno scolastico 2017/2018, il Miur trasmette le tabelle in allegato al decreto che individuano la corrispondenza tra le discipline contenute nei quadri orari di cui ai DPR n. 89/2009, 87/2010, 88/2010 e 89/2010 e le classi di concorso di cui al previgente ordinamento ed al DPR n. 19/2016.

Questo per consentire nell’immediato la definizione dell’organico dell’autonomia e di assicurare conseguentemente l’ordinato svolgimento delle procedure di reclutamento del personale docente.

Il Miur evidenzia che nella tabella A allegata al suddetto DPR n. 19/2016 la denominazione di “LICEO SPORTIVO” va letta come “LICEO SCIENTIFICO indirizzo SPORTIVO” e la definizione “LM 11-Conservazione e restauro dei beni culturali” va letta come “ LM11-Scienze per la conservazione dei beni culturali”.

Il Ministero precisa anche che, ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 14, comma 17 e seguenti, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, nonché le disposizioni contrattuali sulla mobilità del docente individuato soprannumerario, i docenti con incarico a tempo indeterminato assegnati a insegnamenti attribuiti a una diversa classe di concorso mantengono le attuali sedi e cattedre finché permangono in servizio nella medesima istituzione scolastica.

Infine, come evidenziato dalla Flc Cgil, uno degli interventi correttivi più importanti riguarda la validità dei titoli di studio conseguiti entro la data di entrata in vigore dello stesso (23 febbraio 2016). Con il DM 259/17 si chiarisce definitivamente che chi ha acquisito i titoli di studio entro la data di entrata in vigore del nuovo regolamento (23 febbraio 2017), potrà fare riferimento ai titoli richiesti per le pregresse classi di concorso (DM 39/98 e DM 22/05) confluite nelle nuove. Questa precisazione è valida per l’accesso alle graduatorie d’istituto di III fascia, per l’accesso ai TFA e per l’accesso ai futuri concorsi previsti dal Decreto legislativo 59/17.

Insegnamento delle lingue straniere a scuola: nuovo rapporto Eurydice

da La Tecnica della Scuola

Insegnamento delle lingue straniere a scuola: nuovo rapporto Eurydice

Nelle scuole europee, quali sono le lingue straniere più studiate? A quale età si inizia a studiarle? Qual è il livello di conoscenza atteso alla conclusione dell’istruzione obbligatoria?

A queste e ad altre domande risponde il nuovo Rapporto Eurydice Key Data on Teaching Languages at School in Europe, il quale descrive le principali politiche educative concernenti l’insegnamento e l’apprendimento delle lingue in 42 sistemi educativi europei.

Si tratta di dati ottenuti combinando fonti europee e indagini internazionali di tutti i paesi dell’Unione europea, oltre a Bosnia – Erzegovina, Svizzera, Islanda, Liechtenstein, Montenegro, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Norvegia, Serbia e Turchia.

In questa quarta edizione del rapporto sono analizzati 60 indicatori organizzati nei diversi capitoli – contesto, organizzazione, partecipazione, insegnanti e processi educativi.

Riportiamo alcuni dei risultati emersi dal rapporto.

Apprendimento precoce della lingua straniera

Dall’indagine Eurydice emerge che nella maggioranza dei Paesi gli alunni cominciano a imparare una prima lingua straniera come materia obbligatoria tra i 6 e i 7 anni, ossia nei primi anni dell’istruzione primaria.

Anche l’Italia rientra tra questo gruppo, grazie alla legge 53/2003 che ha introdotto l’insegnamento obbligatorio dell’inglese a partire dal primo anno della scuola primaria (6 anni).

Purtroppo, in molti stati, sono poche le ore dedicate alle lingue straniere nel livello primario. Nella maggioranza dei paesi, infatti, questa percentuale varia dal 5 al 10% del volume orario totale.

Obbligatorietà della seconda lingua straniera

A livello secondario inferiore sempre più studenti studiano una seconda lingua straniera.

In diversi Paesi, l’apprendimento di una seconda lingua straniera è ora obbligatorio per tutti gli alunni degli ultimi anni dell’istruzione primaria (Danimarca, Grecia e Islanda); in altri, è obbligatorio a partire dall’inizio dell’istruzione secondaria inferiore (Repubblica ceca, Francia, Italia, Malta e Polonia).

Alcuni curricoli nazionali cercano di garantire che tutti gli studenti abbiano l’opportunità di farlo. Per esempio, in Belgio (Comunità francese), Spagna, Croazia, Slovenia, Svezia, Liechtenstein e Norvegia, l’apprendimento di due lingue non è un obbligo per tutti gli studenti prima del termine dell’istruzione obbligatoria; tuttavia, tutti gli studenti, se vogliono, hanno il diritto di imparare due lingue durante questo periodo.

L’inglese la lingua più studiata

Com’è immaginabile, nella maggioranza dei paesi europei l’inglese è la lingua straniera più insegnata durante l’istruzione primaria e secondaria.

Quando i sistemi educativi prevedono lo studio di una lingua straniera specifica obbligatoria, si tratta generalmente dell’inglese.

Quando una lingua straniera che non sia l’inglese è obbligatoria, spesso si tratta di una lingua ufficiale di Stato, come ad esempio il francese nella Comunità tedesca e fiamminga del Belgio e a Cipro, il tedesco, inglese e francese sono tutte lingue obbligatorie in Lussemburgo, in Svizzera, oltre all’inglese, a seconda dei cantoni, sono obbligatori il tedesco, il francese, l’italiano o il romancio.

Sostegno linguistico per gli studenti immigrati neoarrivati

Quasi tutti i Paesi prevedono corsi supplementari di lingua di istruzione per alunni immigrati e più di un terzo dei sistemi educativi europei offre a questi studenti un insegnamento personalizzato o un curriculum individualizzato.

L’Italia rientra in questo gruppo di paesi; infatti, il nostro paese ha optato fin dall’inizio per la piena integrazione degli alunni immigrati a scuola che non può tuttavia prescindere dall’acquisizione di una buona conoscenza dell’italiano come L2.

Il flop dello School Bonus: solo 27 donazioni per un totale di quasi 60mila euro

da La Tecnica della Scuola

Il flop dello School Bonus: solo 27 donazioni per un totale di quasi 60mila euro

Lo School Bonus? Un flop. Con il bonus per le scuole, lo ricordiamo, si intende lo strumento che consente a chiunque di fare donazioni alla scuola che preferisce, statale o paritaria, vedendosi riconosciuto un credito di imposta, con un tetto fino a 100mila euro, pari al 65% per le donazioni effettuate nel 2016 e 2017 e del 50% per le elargizioni messe a disposizione nel 2018.

Una bella misura, ma in pratica impossibile da realizzare. Il bilancio dei primi sei mesi di vita – sono al momento gli unici dati disponibili – è, infatti, impietoso: solo 27 donazioni per un totale di 58mila euro. Quattro imprese hanno donato 10mila euro. Tutti gli altri sono privati cittadini. Nove donazioni sono sotto i 100 euro e 13 sono tra i 100 e i 500 euro.

La novità legislativa è stata poco pubblicizzata e poi anche il meccanismo si presenta troppo complesso, così come segnala Quotidiano.net.

Lo school bonus pone vincoli molto stretti prevedendo solo tre aree di intervento, ovvero ricostruzione di nuove scuole, ristrutturazioni e manutenzione edilizia, aumento dell’occupabilità. Cosa significhi di preciso quest’ultimo concetto non è chiaro perché manca la circolare attuativa che dovrebbe fare luce su quali interventi sono sottoposti a sconto fiscale e quali no. A rendere tutto più complicato anche il percorso per gli istituti pubblici. il versamento deve essere fatto alla Tesoreria dello Stato, che passa al ministero delle Finanze, poi alla Ragioneria, al Miur e infine alla scuola destinataria, decurtato del 10% che finisce in un fondo destinato a scuole meno ‘fortunate’.

Totoesame maturità 2017: tra i temi favoriti i 25 anni dalla strage di Capaci

da Tuttoscuola

Totoesame maturità 2017: tra i temi favoriti i 25 anni dalla strage di Capaci

Meno un mese alla maturità: i maturandi sembrano essere già concentrati al massimo e hanno le idee abbastanza chiare su cosa gli potrebbe capitare davanti la mattina del 21 giugno. Lo racconta l’aggiornamento del totesame di Skuola.net che ha coinvolto circa 4mila maturandi del 2017. Luigi Pirandello è il grande favorito della vigilia.

L’analisi del testo è la traccia che scatena il dibattito. Ma se fino a qualche tempo fa sembrava lanciatissima l’ipotesi Dario Fo ora questa pista, nella mente dei maturandi, si sta lentamente sgonfiando (passando dal 9% all’8% di preferenze). E allora si rispolverano le vecchie conoscenze, gli autori habitué dell’Esame di Stato: così Giuseppe Ungaretti – uscito già nel 2006 e nel 2011 – risale dall’8% fino al 10% (piazzandosi al secondo gradino del podio), mentre Eugenio Montale – apparso ben tre volte negli ultimi 14 anni: 2004, 2008, 2012 – vede aumentare le proprie quotazioni (dal 6% al 9%), scalzando dal terzo posto proprio Dario Fo e Dante Alighieri. Anche se, in realtà, il dominatore del sondaggio è un altro: Luigi Pirandello, vero favorito della vigilia (un mese fa era al 17%, oggi addirittura al 20%). Il candidato perfetto: nonostante la sua importanza, infatti, non esce dal 2003; nel 2017, poi, ricorre il 150esimo anno dalla sua nascita.

Quasi tutti d’accordo, invece, sulle tracce che chiamano in ballo anniversari legati a personaggi famosi. Perché l’estate 2017 non può che coincidere con il ricordo di due tra le pagine più tragiche della nostra storia recente: la strage di Capaci, in cui morirono il giudice antimafia Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della sua scorta e l’attentato di via D’Amelio a Palermo, che costò la vita al suo collega e amico Paolo Borsellino. Tutti elementi che hanno portato i maturandi a immaginare favorita una traccia del genere: la pensa così il 28%. Medaglia di bronzo, invece, per i 60 anni dalla morte di Umberto Saba (si ferma al 12%).

La maturità lascia parecchio spazio anche all’attualità. Il terrorismo è ormai un argomento che è entrato nella nostra quotidianità e si presta a decine d’interpretazioni. Per questo i ragazzi lo mettono ai vertici dei pronostici: le sue quotazioni non si scostano dal 20% di preferenze. Subito dietro un altro avvenimento che ha fatto discutere: l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti d’America; per il 13% dei maturandi, sarà oggetto di una traccia della prima prova. Di sottofondo, rimangono vivi gli echi dell’emergenza immigrazione che, periodicamente, si riaffaccia alla ribalta. Per questo il 9% continua a inserirla nel terzetto dei temi sulla storia recente.

Tanta Europa e tanta politica anche ai primi posti delle ricorrenze più gettonate dai maturandi come probabili tracce per un saggio breve di tipo storico, sociale o di attualità. Così, se all’inizio della primavera si sono celebrati i 60 anni dalla firma dei Trattati di Roma (primo atto formale con cui si sancì l’unione politica tra i Paesi europei), il 21% degli studenti scommette ancora – dopo le sortite del tema sull’Europa del 2005, 2006 e 2014 – che possano uscire alla maturità.

Prende, invece, forza un anniversario fondamentale per la storia d’Italia, che sicuramente monopolizzerà la fine del 2017: i 70 anni dalla firma della Costituzione repubblicana (testo protagonista già nel biennio 2007-2008, prima e dopo il 60esimo anniversario). Quanto basta per attirare i favori del 15% dei maturandi. Ma lo stesso risultato è raccolto dai 20 anni del Premio Nobel a Dario Fo che, in questo modo, recupera i voti persi per l’analisi del testo.

Ore di sostegno insufficienti, Miur dovrà pagare 10 mila euro a famiglia di alunno disabile

da Tuttoscuola

Ore di sostegno insufficienti, Miur dovrà pagare 10 mila euro a famiglia di alunno disabile

Il ministero dell’Istruzione dovrà pagare un risarcimento di oltre 10 mila euro per non aver assegnato il giusto numero di ore di sostegno a un alunno disabile di quinta elementare: lo ha stabilito il tribunale di Roma, facendo seguito alla pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione (n. 25011/2014): i giudici, secondo quanto riporta redattoresociale.it, hanno spiegato che ‘il diritto all’istruzione è parte integrante del riconoscimento e della garanzia dei diritti dei disabili, per il conseguimento di quella pari dignità sociale che consente il pieno sviluppo e l’inclusione della persona umana con disabilita”, perché ‘il diritto all’istruzione dei disabili è oggetto di specifica tutela da parte sia dell’ordinamento internazionale che di quello europeo ed interno’.

Nella sentenza è stato fatto riferimento anche all’articolo 24 della Convenzione di New York del 13 dicembre 2006 sui diritti delle persone con disabilità (resa esecutiva in Italia con la legge di autorizzazione alla ratifica del 3 marzo 2009, n. 18). Una linea analoga confermata anche dai giudici ordinari di La Spezia e Savona, che condanna il Miur a 7mila euro di spese di soccombenza.

Nel caso in questione, per l’alunno con disabilità erano state richieste dai medici – e quindi indicate nel Piano educativo individualizzato – 22 ore di sostegno, ma solo 12 gli erano poi state effettivamente assegnate: secondo il Tribunale ordinario di Roma, in questo modo il ministero dell’Istruzione avrebbe negato il corretto monte ore di sostegno, andando oltre le proprie responsabilità, aggravate dalla reiterazione di una condotta discriminatoria e lesiva dei diritti degli alunni disabili.

La sentenza evidenzia come l’attribuzione al minore, da parte dell’amministrazione scolastica, di un limitato numero di ore di sostegno “rende sufficientemente provato il danno non patrimoniale arrecato al medesimo minore, in periodo particolarmente delicato del suo percorso evolutivo”. Plaude Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal: “La nostra ‘battaglia di civiltà”, iniziativa che offre tutela legale gratuita alle famiglia con alunni disabili, ha raggiunto un ulteriore importante risultato grazie a questa sentenza del Tribunale di Roma , perché è stato ribadito al Ministero che la presenza del docente specializzato per l’insegnamento agli alunni con limiti di apprendimento non puo’ essere negata o concessa a discrezione dell’amministrazione. Perché in materia di sostegno all’alunno in situazione di handicap il ‘Piano educativo individualizzato’ obbliga l’amministrazione scolastica a garantire all’alunno il corretto supporto per il numero di ore programmate, senza lasciare alcun potere discrezionale nel ridurne l’entità in ragione delle risorse disponibili”.

Sciopero dirigenti scolastici giovedì 25 maggio

da Tuttoscuola

Sciopero dirigenti scolastici giovedì 25 maggio

Settimana calda per i Dirigenti scolastici. Le motivazioni della protesta vanno dalla situazione stipendiale di stagno alle enormi responsabilità, anche penali, derivanti delle nuove norme sulla sicurezza, sino ai carichi di lavoro ormai divenuti insopportabili con un numero sempre più alto di studenti e lavoratori da gestire. Per lo stesso giorno, Anp ha organizzato una manifestazione nazionale a Roma; gli altri sindacati di categoria delle assemblee regionali in tutte le sedi degli Usr, con richiesta di incontro di delegazioni con il Direttore Generale.

Sciopero dirigenti scolastici, Udir: ‘Non sia inteso come giorno di vacanza’

Secondo Udir non ha senso aderire a una protesta così importante, alla quale parteciperanno praticamente tutte le organizzazioni a tutela dei presidi, presentandosi in modo così disunito. Marcello Pacifico (Confedir-Udir) spiega che “l’iniziativa di giovedì prossimo non può essere intesa come un giorno di vacanza. Serve la massima coesione. Dobbiamo quindi essere uniti e per arrivarci non basta prendere le ferie. Per questi motivi, sarebbe bene che anche gli altri dirigenti scolastici aderiscano al nostro sciopero: il messaggio da inviare al Governo deve essere forte. Perché chi guida una scuola in Italia non è un dirigente pubblico di serie B”. Il sindacato ricorda ai dirigenti scolastici che durante la loro assenza, dovuta allo sciopero, dovranno indicare il collaboratore incaricato, altro collaboratore o il docente più anziano in servizio. E, con apposita Circolare, la propria assenza anche al personale docente e Ata della scuola.